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Tesis sobre el tema "Metodologia sperimentale"

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Solco, Adriana. "Metodologia della ricerca educativa e della ricerca formativa". Doctoral thesis, Universita degli studi di Salerno, 2014. http://hdl.handle.net/10556/1548.

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Resumen
2013-2014
Questo lavoro nasce dall’esigenza di riflettere sul ruolo che l’Autonomia scolastica ha rivestito nella gestione della Scuola. Il punto di partenza è stata l’esigenza di conoscere l’evoluzione che l’autonomia scolastica ha apportato nella cultura organizzativa della scuola, nella gestione del personale e nella sua valorizzazione da parte dei Dirigenti scolastici. Una delle più rilevanti innovazioni in campo scolastico è stata indubbiamente l’attribuzione dell’Autonomia alle Istituzioni Scolastiche. Il lavoro di ricerca ha riguardato, difatti, lo sviluppo e le pratiche professionali dei Dirigenti scolastici nella gestione delle risorse umane, a seguito dell’Autonomia scolastica. Il nostro non vuole essere una formalizzazione sull’Autonomia scolastica, né vuole fornire risposte certe, affermando in quale Paese viene meglio gestita l’Autonomia scolastica, perché a nostro avviso le sistematizzazioni sono strutturate nel tempo e variano a secondo degli angoli di visuale. L’intento principale è stato quello di guardare con occhi lucidi come i Dirigenti scolastici affrontano i problemi quotidiani nella gestione delle risorse umane in Italia e in Inghilterra al fine di trarre spunti di miglioramento per il futuro. [a cura dell'autore]
XXII n.s.
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SALA, MARTINA. "LO STAGE SPERIMENTALE NELLA SOCIAL WORK EDUCATION. UNA RICERCA ESPLORATIVA SUL MODELLO DELL'UNIVERSITA' CATTOLICA DEL SACRO CUORE". Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2017. http://hdl.handle.net/10280/17726.

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Questo lavoro di ricerca si colloca nell’ambito della Social Work Education e indaga gli Stage sperimentali in Servizio sociale, una nuova forma di tirocinio proposta al terzo anno del corso di laurea in Scienze del Servizio Sociale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e Brescia. La tesi osserva l’evoluzione della professione di assistente sociale e della sua formazione, dedica attenzione alla Social Work Education di stampo relazionale ed in particolare a delle esperienze di campo innovative a livello internazionale. La parte empirica si concentra sugli Stage sperimentali: attraverso uno strumento originale sono stati raccolti 315 questionari on-line da laureati tra l’anno accademico 2008-2009 e 2014-2015 che hanno sostenuto questa attività. L’indagine ha osservato le caratteristiche fondamentali dei progetti realizzati sul campo e ha riscontrato continuità con il modello teorico degli Stage basato sull’approccio relazionale; si è infatti rilevata la presenza negli Stage sperimentali di: costruzione partecipata delle progettualità, ingaggio di collaboratori riflessivi non necessariamente professionali, innovazione relativa rispetto al contesto. Si è anche rilevato il proseguire di un numero rilevante progetti al termine degli Stage curricolari grazie al contributo dei partner coinvolti e lo scaturire dalle esperienze di Stage di nuove occasioni di lavoro per i neo assistenti sociali.
This study takes palce in the field of Social Work Education and investigates the Social Work Unconventional Placements, a new frame of placement proposed at the third year of Catholic University Social Work degree (Milan-Brescia). The thesis argues the evolution of Social Work profession and its education, giving attention to the Relational-way of Social Work Education and to international innovative practice learning experiences. The research project focused on Unconventional Placement inspired by Relational Social Work method. To collect data and opinions of UC Social Work bachelors an original survey was created. The on-line survey was administered to 315 former-social work students that practiced this activity in 2008-2015. The research explored the main characteristics of the Unconventional Placements realized by the students during their Social work education path. Findings from the study confirmed the presence of distinctive traits related to the theoretic model of Unconventional Placement developed in Relational SWE framework: participatory approach to projects, reflexive involvement of professional/non-professional partners, innovation in the specific context. The survey observes the carry on of a considerable number of projects after the end of curricular placements, through the community project partners activation; from Unconventional Placements emerge new job opportunities for new social workers involved.
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SALA, MARTINA. "LO STAGE SPERIMENTALE NELLA SOCIAL WORK EDUCATION. UNA RICERCA ESPLORATIVA SUL MODELLO DELL'UNIVERSITA' CATTOLICA DEL SACRO CUORE". Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2017. http://hdl.handle.net/10280/17726.

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Questo lavoro di ricerca si colloca nell’ambito della Social Work Education e indaga gli Stage sperimentali in Servizio sociale, una nuova forma di tirocinio proposta al terzo anno del corso di laurea in Scienze del Servizio Sociale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e Brescia. La tesi osserva l’evoluzione della professione di assistente sociale e della sua formazione, dedica attenzione alla Social Work Education di stampo relazionale ed in particolare a delle esperienze di campo innovative a livello internazionale. La parte empirica si concentra sugli Stage sperimentali: attraverso uno strumento originale sono stati raccolti 315 questionari on-line da laureati tra l’anno accademico 2008-2009 e 2014-2015 che hanno sostenuto questa attività. L’indagine ha osservato le caratteristiche fondamentali dei progetti realizzati sul campo e ha riscontrato continuità con il modello teorico degli Stage basato sull’approccio relazionale; si è infatti rilevata la presenza negli Stage sperimentali di: costruzione partecipata delle progettualità, ingaggio di collaboratori riflessivi non necessariamente professionali, innovazione relativa rispetto al contesto. Si è anche rilevato il proseguire di un numero rilevante progetti al termine degli Stage curricolari grazie al contributo dei partner coinvolti e lo scaturire dalle esperienze di Stage di nuove occasioni di lavoro per i neo assistenti sociali.
This study takes palce in the field of Social Work Education and investigates the Social Work Unconventional Placements, a new frame of placement proposed at the third year of Catholic University Social Work degree (Milan-Brescia). The thesis argues the evolution of Social Work profession and its education, giving attention to the Relational-way of Social Work Education and to international innovative practice learning experiences. The research project focused on Unconventional Placement inspired by Relational Social Work method. To collect data and opinions of UC Social Work bachelors an original survey was created. The on-line survey was administered to 315 former-social work students that practiced this activity in 2008-2015. The research explored the main characteristics of the Unconventional Placements realized by the students during their Social work education path. Findings from the study confirmed the presence of distinctive traits related to the theoretic model of Unconventional Placement developed in Relational SWE framework: participatory approach to projects, reflexive involvement of professional/non-professional partners, innovation in the specific context. The survey observes the carry on of a considerable number of projects after the end of curricular placements, through the community project partners activation; from Unconventional Placements emerge new job opportunities for new social workers involved.
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De, Marchi Luca <1985&gt. "Validazione idromorfologica dei siti di riferimento fluviali in Friuli-Venezia Giulia e sviluppo di una metodologia sperimentale per la valutazione della qualità morfologica dei corsi d'acqua di risorgiva". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/4754.

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Condizioni di riferimento tipo specifiche che descrivano i siti senza (o con piccoli) disturbi antropici sono una delle basi per l'applicazione della Direttiva Europea Quadro Acque; secondo le indicazioni di questa, per poter essere definiti “di riferimento”, i tratti necessitano di risultare in condizioni elevate sia per quanto riguarda i “classici” parametri chimico-fisici e biologici, sia, innovativamente, per quelli idromorfologici. In questo lavoro, tramite il calcolo dell'Indice di Qualità Morfologica (Rinaldi et al., 2011), ho potuto effettuare la validazione morfologica dei siti candidati, proposti seguendo la metodologia “criteri per la selezione dei siti di riferimento fluviali per la direttiva 2000/60/EC” (Buffagni et al., 2008) adottata dall'ARPA FVG. Tale metodologia ha permesso di identificare 23 tratti idonei in tre delle quattro idroecoregioni presenti in Friuli-Venezia Giulia (02, 03, 07), mentre i criteri richiesti sono risultati troppo penalizzanti per l'idroecoregione 06 “Pianura Padana”. La seconda parte del lavoro è stata quindi incentrata sullo sviluppo di un metodo sperimentale, basato sull'IQM, per la valutazione morfologica dei corpi idrici più rappresentativi della porzione veneto-friulana dell'HER 06: i corsi d'acqua di risorgiva. Ho modificato gli indicatori per il calcolo dell'IQM in modo che risultassero specifici per il contesto. Questo ha reso il metodo più sensibile alle variazioni morfologiche peculiari dei corsi d'acqua di risorgiva e, a sua volta, ciò ha permesso di stilare una lista di tratti potenzialmente candidabili a “siti di riferimento” (per la cui validazione dovrà essere sviluppata la procedura di eccezione prevista nel metodo Buffagni).
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Cancellieri, Roberto. "Analisi comparativa sperimentale sulle metodologie di addensamento delle terre in laboratorio". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amslaurea.unibo.it/363/.

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Tale studio è posto all'interno di una ricerca più ampia relativa al migliorametno della progettazione e del controllo delle stabilizzazioni a calce. il costipamento dei terreni in laboratorio, necessario per la fase di progettazione, avviene tramite l'apparecchiatura Proctor, dispositiv poco rappresentativo delle reali sollecitazioni cui è sottoposto il terreno in sito. Sono quindi state indagate le possibilità di utilizzare per tale scopo un macchinario come la Pressa Giratoria, attualmente normalizzata solamente per la compattazione dei conglomerati bituminosi, ma che meglio rappresenta il comportamento del terreno sotto l'azione dei rulli.
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Cecconi, Giulia <1993&gt. "METODOLOGIE DEL DESIGN PER LA CREAZIONE DEL PORTFOLIO". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/15537.

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Il termine creatività è molto complesso, non ha una definizione univoca e statica, e di recente il suo significato si è legato a quello di innovazione e e design. La creatività è quindi entrata nel settore economico e manageriale, ed è proprio da qui che sono nate metodologie e processi come il Design Thinking. Partendo da questo scenario, in tempi più recenti, è nato il Life Design, una metodologia che aiuta ad avere una maggiore consapevolezza di sé e a rispondere a domande relative al quotidiano, in particolare riguardanti la propria situazione lavorativa. Gli autori Burnett e Evans scrivono “A well-designed life is a marvelous portfolio of experiences, of adventure, of failures that taught you important lessons, and helped you know yourself better”. È possibile quindi creare un collegamento tra le metodologie del design e l’elaborazione del portfolio personale, inteso come una sorta di autobiografia, una narrazione che racconta un processo e una riflessione. La sua finalità è di individuare i passaggi successivi che possano valorizzare la propria traiettoria di vita, riflettendo anche su temi come il riconoscimento, la memoria, e le prospettive di uno sviluppo futuro come promessa, trattate da Ricoeur.
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Fonte, Valentina <1976&gt. "Una metodologia d'intervento olistico per il recupero delle dislessie in età evolutiva: esperienza sonoro-musicale e linguistica creativa quale approccio educativo-didattico integrato". Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/4607.

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Il progetto si snoda tra gli ambiti di ricerca della pedagogia speciale, delle neuroscienze e dell’educazione linguistica, muovendo da una positiva esperienza concreta e proponendo un approccio “olistico” al recupero delle abilità di base nelle dislessie in età evolutiva mediante esercizi di linguistica creativa ed esperienze sonoro-musicali, laddove l’azione delle frequenze sonore può stimolare il sistema percettivo-cognitivo e al contempo attivare per risonanza meccanismi di autoregolazione nel soggetto. Design. L’efficacia dell’azione della musica è indagata inizialmente su 4 individui “normodotati”, quindi su un panel di 5 soggetti con dislessia di tipo disfonetico e misto, misurando l’evoluzione dei principali parametri di benessere psico-fisico e i valori della coerenza emisferica cerebrale. I dati ottenuti e lo studio di caso su un soggetto adolescente con dislessia, lungo un follow-up di 2 anni, consentono di definire un modello di attività didattiche e proposte operative, valutandone gli effetti su altri 4 casi scelti in ambito scolastico (“embedded case study”), relativamente al potenziamento delle abilità di lettoscrittura e al rafforzamento del concetto di sé attraverso pre-, durante- e post-test (lettura di parole e non-parole con e senza crowding, prova MT di comprensione testuale, Test di valutazione multidimensionale dell’autostima e analisi della produzione testuale con il software “Èulogos”). Results. L’analisi delle evidenze empiriche attesta la valenza delle strategie utilizzate, rivelando effettivi miglioramenti nelle abilità di lettoscrittura, nella capacità espressiva, nelle componenti socio-emotiva e motivazionale, nella prassia e nell’integrazione spazio-temporale dei soggetti in esame. Ciò va in direzione della trasferibilità dell’approccio e del modello multimodale adottato.
This project refers to various research areas, from special education to neuroscience and language education. It starts from a real and positive experience and develops into an “holistic” approach to the recovery of basic skills in developmental dyslexia. This goal is achieved by creative linguistic exercises and musical experiences, where the action of sound frequencies can stimulate the perceptual-cognitive system, activating at the same time self-regulation mechanisms by resonance. Design. The effectiveness of music is initially investigated on 4 “normal” subjects, then on a panel of 5 subjects with disphonetic and mixed dyslexia. The investigation is carried on by measuring the evolution of the main parameters of physical and mental wellbeing and the hemispheric coherence brain values. The collected data and the case study of a teenager with dyslexia, through a 2 years’ follow-up, are used to define a model of learning activities and operational guidelines. The effects of these guidelines are investigated on other 4 cases chosen in a secondary school (“embedded case study”), with reference to the implementation of reading and writing skills and the development of self-concept across pre-, during -and post –test: words and non-words lists with and without crowding effect, MT evidence of textual understanding, multidimensional self-esteem assessment test and analysis of textual production by the software “Èulogos”. Results. Analysis of empirical evidence shows the effectiveness of the used strategies to reveal the actual improvements of literacy skills, expressive capability, socio- emotional and motivational dimensions, praxia and space-temporal integration of the studied cases. This suggests the possibility of the transferability of the adopted multimodal approach.
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Buratti, Luca. "Valutazione sperimentale di metodologie di rettificazione e impatto su algoritmi di visione stereo". Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2016. http://amslaurea.unibo.it/11648/.

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Ricavare informazioni dalla realtà circostante è un obiettivo molto importante dell'informatica moderna, in modo da poter progettare robot, veicoli a guida autonoma, sistemi di riconoscimento e tanto altro. La computer vision è la parte dell'informatica che se ne occupa e sta sempre più prendendo piede. Per raggiungere tale obiettivo si utilizza una pipeline di visione stereo i cui passi di rettificazione e generazione di mappa di disparità sono oggetto di questa tesi. In particolare visto che questi passi sono spesso affidati a dispositivi hardware dedicati (come le FPGA) allora si ha la necessità di utilizzare algoritmi che siano portabili su questo tipo di tecnologia, dove le risorse sono molto minori. Questa tesi mostra come sia possibile utilizzare tecniche di approssimazione di questi algoritmi in modo da risparmiare risorse ma che che garantiscano comunque ottimi risultati.
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TEOLDI, Cristian. "Metodologie e criteri di controllo di un'interfaccia aptica ridondante: analisi numerica e sperimentale". Doctoral thesis, Università degli studi di Bergamo, 2017. http://hdl.handle.net/10446/77233.

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The present work deals with the development of a 4-DOF redundant haptic interface, with particular focus on the redundancy coordination methods. The work is divided into two distinct parts: (i) numerical analysis and (ii) experimental analysis. The first part presents the description of the main characteristics of the device, the kinematic structure of the mechanism and the different methods used for the resolution of the inverse kinematics. Moreover an improvement of two selected methods is shown, along with results obtained from several simulations. In the second part, after a presentation of the experimental setup, the results of the implementation on physical device are shown. At the end of this part, the final choice of the best method is made. As integration of the research activities, the thesis introduces the haptic controllers currently available in literature and shows a first implementation of simple virtual environments using the physical platform previously described.
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TOSINI, Andrea. "Verifica sperimentale di metodologie di test tailoring con eccitazione stocastica monoassiale e multiassiale". Doctoral thesis, Università degli studi di Ferrara, 2018. http://hdl.handle.net/11392/2488189.

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Gli attuali standard in tema di test dinamici accelerati sono pensati per essere implementati su shaker monoassiali, trascurando dunque l’effetto di componenti di eccitazione in altre direzioni. L’effetto di tali componenti, normalmente presenti nelle reali applicazioni meccaniche, viene solamente simulato eseguendo più test in successione, uno per ogni direzione ortogonale. Studi reperibili nella letteratura scientifica hanno messo in luce come questa metodologia non solo sia dispendiosa in termini di tempo, ma può anche portare a guasti del dispositivo oggetto di test non osservabili nelle effettive condizioni operative. Partendo da queste considerazioni è stata messa a punto una campagna sperimentale usando lo shaker elettrodinamico multiassiale disponibile presso l’Università degli Studi di Ferrara. L’attività sperimentale è consistita in test su singolo asse e multiassiali, con tre differenti livelli di eccitazione e differenti gradi di correlazione fra gli assi. La ricerca è stata condotta su provini di acciaio intagliati, con una geometria creata ad-hoc per garantire il controllo accurato dello stato tensionale nella zona più sollecitata. La campagna sperimentale ha permesso un’approfondita analisi della cosiddetta Inverse Power Law quando viene applicata a casi monoassiali e multiassiali. I risultati dei test monoassiali hanno evidenziato come la variazione della risposta dinamica causata dall’accumulo di danneggiamento sia di primaria importanza nella corretta determinazione del coefficiente di accelerazione della legge. Inoltre, la stessa legge è stata applicata anche a test multiassiali dove si è potuto osservare come la sua affidabilità predittiva sia influenzata dal livello di coerenza fra le eccitazioni. In particolare, si è potuto constatare come un basso livello di coerenza renda il coefficiente di accelerazione particolarmente suscettibile alla numerosità campionaria dei test e alla scelta dei livelli RMS di accelerazione.
Current standards on accelerated dynamic tests are commonly intended to be implemented on single-axis shakers discarding, thus, the effect of the excitation components in other directions. The effect of those components, normally present in real operational environments, is only simulated performing multiple tests in succession for each orthogonal direction. Studies available in the scientific literature highlighted how this methodology not only is time consuming but also may lead to failures of the device under test not observable in real operating conditions. Starting from these considerations an experimental research has been performed using a multi-axis electrodynamic shaker available at the University of Ferrara. The experimental campaign consisted in single-axis and multi-axis tests, with three distinct levels of excitation and different degree of correlation among axes. The activity was carried out on notched steel specimens, with a simple geometry crafted ad-hoc in order to carefully control the stress state in the most stressed zone. The experimental campaign allowed an insight analysis of the so-called Inverse Power Law when it is applied on single-axis and multi-axis scenarios. The outcomes of single-axis tests put evidence on how the variation of the dynamic response due the propagating damage is of primary importance in the correct determination of the acceleration coefficient of the law. In addition, the same formulation was also applied to multi-axis tests where it has been observed how its predictive reliability is affected by the level of coherence between the simultaneous excitations. In particular, it has been shown how a low coherence level makes the acceleration coefficient particularly susceptible to the sample size of tests and to the RMS levels of adopted acceleration.
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Rocco, Valeria. "Valutazione della resistenza a compressione della muratura: confronto tra diverse metodologie sperimentali". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2019.

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Resumen
La muratura è una tecnica di costruzione tra le più antiche e le più utilizzate da sempre per l'elevata durabilità, resistenza e semplicità del processo di fabbricazione. Perciò, un ampio numero di vecchie strutture rappresentano un patrimonio da tutelare attraverso prima la valutazione del livello di sicurezza e poi attraverso degli interventi. Per la preparazione dei modelli numerici utilizzati nell'analisi e verifica devono essere stimati i parametri meccanici, come la resistenza a compressione, il modulo elastico e il coefficiente di Poisson. A tal fine possono essere svolte prove distruttive, prove debolmente distruttive e prove non distruttive. Tecniche non distruttive, come prove soniche, sclerometriche, penetrometriche e radar possono essere molto utili per avere una valutazione qualitativa della muratura, ma per una valutazione quantitativa attraverso delle correlazioni empiriche che legano i risultati di tali prove con le caratteristiche meccaniche della muratura si giunge spesso a dei risultati non ancora affidabili. Quando ci si trova nelle condizioni di limitare il più possibile il danneggiamento e si è alla ricerca di risultati più attendibili si ricorre alle tecniche debolmente distruttive. Tra queste la tecnica dei martinetti piatti già ampiamente utilizzata e riconosciuta dalla normativa come prova valida. Recentemente si è posta l’attenzione verso una tecnica nuova, veloce e non-distruttiva, che consiste nell’estrazione di piccoli campioni cilindrici sottoposti a compressione, ma la procedura di prova e l’affidabilità dei risultati sono ancora in fase di sperimentazione. La presente tesi è stata sviluppata con l'obiettivo di valutare il comportamento a compressione della muratura mediante prove debolmente distruttive attraverso un confronto con prove distruttive standard e di contribuire alla ricerca e alla sperimentazione di tecniche moderatamente distruttive nell'analisi di strutture esistenti.
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Lami, Mattia. "Metodologie di analisi per la determinazione sperimentale della posizione angolare del punto morto superiore". Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amslaurea.unibo.it/8469/.

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Campione, Ivo. "Integrazione tra analisi termografica e rilievo tridimensionale: studio metodologico e verifiche sperimentali". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2017.

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Resumen
La termografia 3D, tema oggetto di molta ricerca negli ultimi anni, sfrutta tecniche di data fusion che consentono l’integrazione tra dato termografico e dato tridimensionale, proveniente da strumenti di ingegneria inversa. La termografia 3D ha numerose applicazioni e potenzialità, le più note in ambito ingegneristico, medico e di conservazione dei beni culturali. Partendo dalla tesi di dottorato dell’Ing. Francesca Lucchi e da un’accurata analisi dello stato dell’arte, è stata sviluppata una metodologia, per quanto possibile rigorosa ma di agevole implementazione, per unire i dati provenienti da un laser scanner e da una termocamera, al di fine di creare una nuvola di punti completata con i valori delle temperature. Poiché la radiazione percepita dai sensori della termocamera è affetta da un errore sistematico dipendente dalla geometria dell’oggetto esaminato, nella seconda parte della tesi è stato applicato un modello di correzione delle temperature che sfrutta la conoscenza della geometria dell’oggetto, e sono stati effettuati vari esperimenti per verificarne l’efficacia. La tecnica di integrazione messa a punto in questo lavoro di tesi, anche attraverso la scrittura di codice originale in Matlab, non necessita di una lunga fase iniziale di set-up, e consente di mantenere i due dispositivi completamente indipendenti tra loro, rendendola particolarmente versatile ma mantenendo allo stesso tempo un elevato livello di precisione ed accuratezza.
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Pagani, Valentina <1986&gt. "Attività e metodologie applicate nei processi auto-valutativi degli studenti : uno studio nel contesto universitario italiano e spagnolo". Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/17803.

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L’obiettivo del lavoro è stato quello di riflettere sulle opinioni che gli studenti hanno sull’auto-valutazione e proporre l’utilizzo del modello KWL come supporto. La tesi sostiene che gli studenti abbiano bisogno di sperimentare nuove metodologie in grado di dare loro maggiore responsabilità e maggiore autonomia nel processo d’apprendimento. Al progetto hanno partecipato studenti e docenti dell’Universidad Autónoma de Madrid, dell’Università di Padova, Verona e Venezia. Mediante un questionario e un’intervista semi-strutturata con gli studenti, si sono raccolte opinioni in merito alle pratiche auto-valutative. In aggiunta, utilizzando il modello KWL, sono emerse ulteriori riflessioni a riguardo. Dai dati raccolti emerge il riconoscimento delle difficoltà nell’utilizzare pratiche auto-valutative, poiché poco suggerite dai docenti, e il tentativo spontaneo di adottare strumenti più inclusivi e più naturali, come il peer feedback, permettendo uno sviluppo più profondo delle conoscenze.
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Turchetto, Matteo. "Metodologie teoriche e sperimentali per la progettazione di connettori di sicurezza nel settore petrolifero". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2013. http://hdl.handle.net/11577/3425264.

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A gradually increasing number of marine applications in the oil industry require an effective connection for transferring liquids from the oceanic platform to the tanker or from the tanker to the harbor. The design requirements of these systems are high due to safety issues. MIB Italiana S.p.A. company operates precisely in the sector of manufacture of safety connection devices for the transfer of these liquids. In 2010, MIB started a research project aimed at technological development named “Integrated Environment for physical and virtual simulation and design of safety devices for the petrochemical industry”(Sa.Re.Sim.). The aim of this project is to implement an integrated simulation environment (AIS) composed of units which generate technical/technological information, managed by a specific software, them to be used to optimize the design of new components. These units can be of various types, from the physical simulation to the dimensional inspections, from the design drawings to the technical inspections. PhD Activity comes as part of this project: starting from its coordination, proceeding during the various stages of development, until the completion of that. Some issues were actively treated such as business process analysis, geometric CAD modeling, implementation of Knowledge-based design methodologies and Geometric Product Specification. Moreover, taking inspiration from some issues observed, issues of geometric and dimensional inspections were treated. Research work focused on potential and criticality of multi-sensor measuring machines and their applications in industrial and biomedical sector.
Un numero via via crescente di applicazioni marine del settore petrolifero richiedono un collegamento efficace per il trasferimento di liquidi da una piattaforma oceanica alla nave cisterna o dalla nave cisterna al porto. I requisiti progettuali di questi sistemi sono elevati a causa delle problematiche di sicurezza. L’azienda MIB Italiana S.p.A. opera appunto nel settore della produzione di organi di connessione di sicurezza per il trasferimento di tali liquidi. Nel 2010 MIB ha avviato un progetto di ricerca finalizzato allo sviluppo tecnologico denominato Ambiente Integrato per la simulazione fisica e virtuale e la progettazione di componenti di sicurezza per il settore petrolchimico (Sa.Re.Sim.). Obiettivo di tale progetto è quello di implementare un ambiente integrato di simulazione (AIS) composto da unità che producano delle informazioni di tipo tecnico/tecnologico, gestite mediante uno specifico software, da poter essere utilizzate per ottimizzare la progettazione di nuovi componenti. Tali unità possono essere di varia natura, dalla simulazione fisica ai controlli dimensionali; dai disegni progettuali ai collaudi tecnici. L’attività di dottorato nasce nell’ambito di questo progetto: a partire dal suo coordinamento, proseguendo nelle varie fasi di sviluppo, fino al completamento dello stesso. Sono state affrontate attivamente alcune tematiche quali l’analisi dei processi aziendali, la modellazione geometrica CAD, l’implementazione di metodologie di progettazione Knowledge-based e la Specificazione Geometrica dei Prodotti. Inoltre, prendendo spunto da alcune problematiche riscontrate in azienda, durante il dottorato si sono affrontate parallelamente le tematiche dei controlli geometrici e dimensionali. Il lavoro di ricerca ha riguardato le potenzialità e criticità delle macchine di misura multi-sensor e le relative applicazioni nel settore industriale, in generale, e biomedicale, in particolare.
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Petretto, Francesco. "Studio sperimentale di metodologie di ripristino e controllo degli scavi in trincea per reti di servizi urbani". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amslaurea.unibo.it/572/.

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Cavalletto, Luisa. "LA CURA DEL PAZIENTE CON EPATITE C: dall'epidemiologia alla buona pratica clinica attraverso metodologie sperimentali e di laboratorio". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2010. http://hdl.handle.net/11577/3426953.

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The increasing morbidity and mortality for liver diseases and particularly for hepatocellular carcinoma (HCC) widely started worldwide screening programs and healthcare strategies targeting on the early diagnosis and care of chronic viral hepatitis. This PhD thesis focused on care of patients with chronic hepatitis C by the study of the epidemiologic, clinical and experimental profile: a) to identify patients with the higher risk of liver damage and clinical evolution and b) to applied the most effective antiviral therapy schedule consisting of Peg-IFN and ribavirin, the only applicable chance for allowing viral eradication and avoiding progressive liver damage and related-complications. Therefore the research consists in 4 studies that described: 1. the characterization of viral HCV infection in the Veneto region, 2. the identification of non-invasive serum and tissue markers of liver fibrosis useful for the staging of liver viral disease, 3. the adherence to antiviral therapy and pathogenic mechanisms of depression induced by interferon; 4. the use of the antiviral therapy in the Veneto region: analysis of costs and effectiveness. Project descriptions: 1. Background: Chronic HCV infection represents a major cause of end-stage liver disease and liver cancer worldwide. Antiviral therapy is the only effective chance to allows viral eradication and to avoid progression of liver damage. Aim of the study: This analysis dealt with about 3,000 cases with chronic hepatitis C who underwent a clinical follow-up, according to the stage of liver disease (chronic hepatitis or cirrhosis, respectively every 6 or 12 months) and that were recruited for antiviral treatment with Peg-IFN-alfa and ribavirin, when indicated, with the purpose of viral eradication and of related cost-analysis to derive the golden healthcare strategy. Methods: Virological tests were performed a) to determine the HCV-genotype, based on reverse hybridization, where in addition to the region 5'NC, was also considered the core region to useful subtyping of HCV-genotype 1 (method: VERSANT HCV 2.0, INNO-LIPA) and b) to monitor viral load or serum HCV-RNA by a quantitative assay (method: COBAS TaqMan Real-Time PCR, linearity range 43-69000000 IU/mL) before, during and after (6 months) of therapy. A statistical analysis was performed to compare the distribution of genotypes in 2 subset of cases with onset of infection before or after 1995 (the date of application routine screening for HCV by techniques of molecular biology) and to identified the best response predictor to antiviral therapy. Results: During a FU-period of 5 years, respectively 1949 and 978 cases with suggestive HCV infection exposure before or after 1995 were analyzed. The comparison showed a significantly difference in epidemiologic characteristics of the population and of the HCV-genotype profile distribution, confirming the concurrent presence of at least 2 HCV-outbreaks characterized: the first, by previous transfusion risk, older age and HCV infection with viral genotypes 1b and 2 and presence of cirrhosis in 24% of cases, the second, mainly by males, younger, with a history of drug abuse, HCV genotype 1a, 3 and 4 and presence of cirrhosis in 10%. Overtime the number of infection with HCV-1b and 2 decreased of 10% (72.8% vs. 62.8%), while the HCV-1a, 3 and 4 increased (27.2% vs. 37.2%) (p <0.01). ROC curves were used to assess the main predictive viral load related to a sustained virologic response to therapy (or absence of viral replication 6 months after cessation of treatment) identifying a cut-off of HCV-RNA <5.2 log (IU/mL) with an Odds Ratio equal to 6 fold respect to higher levels of viraemia (p<0.001). Conclusions: Two cohort of patients with chronic HCV infection were identified by the epidemiological profile, characterized by a different genotype distribution. The best virologic predictor of response to therapy was the lower viraemia at baseline. 2. Background: Recently the ov-serpin squamous cell carcinoma antigen (SCCA) was detected in serum associated with IgM (SCCA-IC) in about one third of patients with chronic hepatitis and in up two third of cases with hepatocellular carcinoma. The development of standardized ELISA and ICH methods for determination of SCCA in serum and liver makes these biomarkers very interesting for their potential clinical relevance. Aim of the study was to relate serum levels and tissue SCCA to histological evolution during chronic HCV infection. Material and Methods: Sixty-three consecutive out-patients (33/30 M/F; mean age 48,2±12,2 yrs) with chronic hepatitis, HCV-RNA positive, that underwent biochemical tests and liver biopsy, were tested for SCCA-IC (Hepa-IC, Xeptagen, Italy) and tissue-SCCA (Hepa-Ab, Xeptagen) at the same time. Ishak histologic score was used for necro-inflammatory grading and fibrosis staging. Steatosis degree was scored as: 1 (0-10%) or 2 (>10%) of hepatocytes (x40). The normal upper limit of SCCA-IC was 120 AU/ml, while tissue-SCCA was undetectable in controls. Statistical evaluation was performed by T-test, U-test and Chi-square test as appropriate. The accuracy of SCCA-IC to diagnose disease evolution was defined by ROC curve analysis. Results: Based on histological findings the study population was grouped in cases without (F3) septal fibrosis. Serum SCCA-IC levels and liver-tissue SCCA showed a significant correlation (p=0.01). ROC curve analysis for comparison of SCCA-IC levels in cases without and with liver disease evolution discriminated the value of 190 AU/ml as the best cut-off for the prediction of evolution. Conclusions: Serum SCCA-IC appears significantly correlated to SCCA expression in the liver and being circulating levels significantly higher in patients with liver disease evolution. This serum marker may represent a simply and reliable predictor of early progression to HCV-related cirrhosis. 3. Background: Peg-interferon (IFN) and Ribavirin (RBV) is the antiviral standard of care for chronic hepatitis C (CHC). This drug-schedule can provoke in about 15-60% of cases, moderate-severe mood affections threatening adherence to therapy. Since IFN doesn’t cross blood-brain barrier, the role of a second messenger mediating the neuro-psychiatric disorders is discussed and particularly cytokines IFN-induced, through lymphocytes T activation, could have an influence on the mood by modulation of serotonine and kynurenine systems. Aim of the study was to evaluate the prevalence and severity of depressive symptoms during Peg-IFN and RBV antiviral therapy for CHC and than a) to identify risk-cases for neuro-psychiatric symptoms and to compare the different scales used for predicting early anxiety-depressive axis alterations, particularly between the self & hetero administrations, b) to correlate neuro-psychiatric side effects to serum tryptophan and kynurenine levels, and c) to prevent anxiety and depression, ameliorating adherence and compliance to antiviral therapy using SSRI. Methods: Thus, fifty-three out-patients with CHC prospectively recruited in our hepatologic unit, received an antiviral schedule with Peg-IFN-alpha 2a or 2b plus Ribavirin according to genotype (HCV-1-4 for 48 weeks and HCV-2-3 for 24 weeks). The study was done by a trained medical staff and using standard methods as: the Mini International Neuropsychiatric Interview, Hamilton Depression and Anxiety scale, Beck Depression Inventory and Hospital Anxiety and Depression Scale and respective cut-off to grade neuropsychiatric affections. Measurement of tryptophan and kynurenine were analysed by HPLC and the mean changes in biological measures and the intensity of depressive symptoms were estimated by ANOVA overtime: at baseline, 4 and 24 wks during therapy and 3 months after the end-of-therapy. Results: At baseline, 6 cases had a diagnosis of Major Depressive Disease (MDD) as defined by MSD-IV international criteria and fourteen cases developed an IFN-induced depressive disease (IFN-DD) after 4-24 wks of therapy. All these cases were supported with SSRI administration. None of risk-patient dropped-out from this study. All cases showed an evident level-drop in the tryptophan levels, while kynurenine showed a spike after 4-24 weeks of therapy, confirming the patho-physiological involvement of this pathway on TRP depletion by the increase of the KYN/TRP ratio. Conclusions: The prevalence of Peg-IFN-induced depression disease (IFN-DD) reached 30% of cases in the present study, showing in all cases a mild grade of mood affection by all psychiatric scales used. After 4-wk of therapy, a BDI score >9 points identified cases with high-risk of IFN-DD. Subjects with IFN-DD showed a significant correlation with the decrease in serum tryptophan more than 2 ug/mL respect to baseline levels and this feature was closely associated to increase of kynurenine levels and KYN/TRP ratio in all cases. Treatment with SSRI in risk-cases, strongly restored QoL and adherence to antiviral therapy and reverted serum tryptophan depletion. 4. Background: The use of Peg-interferon (IFN) alpha-2a or 2b type plus Ribavirin (RBV) for chronic hepatitis C therapy in real life practice is significantly targeted to avoid the three fold mortality rates associated to untreated cases, by inducing viral eradication and liver damage regression, so as to define the patients “definitively cured” from liver disease. Aim of this analysis was to describe the modalities of antiviral treatment in the Veneto region, in particular the therapy-schedule mainly used and compare the cost-efficacy of treatment with the 2 available Peg-IFNs with strategies proposed as in the every day practice. Methods: Twelve on-line hepatologic units, centralized by a network prospectively collected data of 450 subjects that underwent antiviral therapy for chronic hepatitis or cirrhosis. A post-hoc retrospective analysis of cases treated from January 2003 to December 2005 was performed, grouping the study population in 167 cases treated with Peg-IFN alpha-2a (PEGASYS, Roche, fixed-dose of 180μg/weekly) and 288 that received Peg-IFN alpha-2b (PEG-INTRON, Schering-Plough, weight-adjusted-dose from 50 to 150 μg/weekly), both in combination therapy with Ribavirin (RBV). Results: Overall SVR, obtained with the Peg-IFN-α2a or α2b plus RBV regimens, was the same (61%), however Peg-IFN-α2b was used at a suboptimal dose in 58% of cases that received <1mcg/kg/week, while 95% of cases treated with Peg-IFN-α2a received the 180 mcg/week. Thus, cases treated with Peg-IFN-α2b<1, showed a lower SVR than those treated with a dose>1mcg/kg/week, respectively 50%vs.66% (p=0,006), particularly in HCV-genotype 1 and 4 (32% vs. 53%; p=0,00). Conclusions: By one-way sensitivity analysis, the Peg-IFN-α2b>1 or Peg-IFN-α2a schedules were favoured in HCV-genotype 1 and 4, while the Peg-IFN-α2b<1 in genotype 2 and 3 was the best choice saving about 1800-4500€ per SVR (81%).
L'aumento di morbilità e la mortalità per malattie del fegato e, in particolare per il carcinoma epatocellulare (HCC), in tutto il mondo ha comportato la necessaria implementazione di programmi di screening e di strategie sanitarie per la diagnosi precoce e la cura delle epatiti croniche virali. Le ricerche svolte nell’ambito di questo dottorato incentrate sulla cura del paziente con epatite C, si sono articolate su aspetti epidemiologici clinici e sperimentali diretti in particolar modo ad identificare i soggetti a rischio evolutivo e le caratteristiche virologiche più rilevanti nella cura standard dell’epatite C costituita da Peg-IFN e Ribavirina che oggi consente la guarigione di circa la metà dei pazienti. Vengono pertanto presentati 4 studi che hanno riguardato: 1. la caratterizzazione virale dell’infezione nella regione Veneto 2. lo studio sulla stadiazione non-invasiva della fibrosi epatica e confronto di marcatori sierici e tessutali. 3. l’aderenza alla terapia antivirale e sui meccanismi patogenetici della depressione indotta da interferone 4. l’impiego della terapia antivirale nel Veneto: modalità d’uso efficacia e costi. 1. Il primo progetto di ricerca ha riguardato circa 3.000 casi con epatite cronica C, che sono stati sottoposti a controlli periodici in base allo stadio della malattia (epatite cronica e/o cirrosi) e, dove indicato, sottoposti a trattamento antivirale con PEG-IFN alfa e ribavirina allo scopo di eradicare l’infezione. Sono stati eseguiti test virologici a) per determinare il genotipo di HCV con il metodo VERSANT HCV 2.0, INNO-LIPA e b) per il monitoraggio quantitativo di HCV-RNA con metodo COBAS TaqMan Real-Time PCR, range di linearità 43-69.000.000 IU / mL, prima della terapia e 6 mesi dopo l'interruzione del trattamento. L'analisi effettuata ha confrontato la distribuzione dei genotipi in circa duemila casi con infezione virale contratta prima dell’anno 1995 (data di applicazione routinaria dello screening di HCV mediante tecniche di biologia molecolare), rispetto a 978 casi con infezione contratta probabilmente nel periodo successivo. E’ stata riscontrata una diversa prevalenza di genotipi nei casi con infezione prima e dopo il 1995: HCV-1b e HCV-2 globalmente interessavano il 72,8% prima del 1995, mentre rappresentano nel periodo successivo il 62,8% (-10%). Al contrario HCV-1a, HCV-3 e HCV-4 mostrano cumulativamente un aumento del 10% interessando prima del 1995 il 27,2% delle infezioni e il 37,2% nel periodo successivo (p <0.01). Questa osservazione ha confermato la presenza nel tempo di almeno 2 episodi di epidemia caratterizzati; il primo da una popolazione con importante rischio trasfusionale, sesso femminile, età media più avanzata, infezione con HCV-1b e HCV-2 e presenza di cirrosi nel 24% dei casi; il secondo, da soggetti maschi, più giovani, con una storia di abuso di droga, infezione con HCV 1a, HCV-3 e HCV-4 e presenza di cirrosi nel 10%. I livelli di viremia valutati con una ROC-curve hanno mostrato un cut-off di HCV RNA <5.2 log (IU / mL) come il principale fattore predittivo di risposta sostenuta nei pazienti sottopost a terapia antivirale (SVR) con un Odds ratio di circa 6 volte rispetto ai livelli viremici più elevati. 2. Recentemente l'antigene del carcinoma a cellule squamose (SCCA) è stato rilevato nel siero in forma di immunocomplesso con IgM (SCCA-IC) in circa un terzo dei pazienti con epatite cronica e fino a due terzi dei casi con carcinoma epatocellulare. La standardizzazione di metodiche ELISA e di immunoistochimica per la determinazione della SCCA nel siero e nel fegato rende oggi questo biomarcatore molto interessante per la potenziale rilevanza clinica. Questo secondo studio ha valutato la correlazione dei livelli sierici e l’espressione tessutale di SCCA specialmente in relazione al rischio evolutivo istologico da infezione cronica da HCV in 63 pazienti affetti da epatite cronica con attiva replicazione virale (33/30 M / F, età media 48,2 ± 12,2 anni) sottoposti a test biochimici di funzionalità epatica, biopsia epatica con valutazione istologica secondo lo score di Ishak. Sulla base dei reperti istologici la popolazione in studio è stata raggruppata in casi senza ( F3) fibrosi settale. I livelli sierici di SCCA-IC e l’espressione nel fegato di SCCA hanno mostrato una correlazione statisticamente significativa (p=0.01), inoltre, mediante l’analisi delle ROC-curves è stato identificato un livello di SCCA pari a 190 UA ml, come il migliore cut-off per la discriminazione dei casi senza e con evoluzione fibrotica della malattia epatica. 3. Questo terzo progetto di ricerca ha studiato la prevalenza e la gravità dei sintomi depressivi durante la terapia antivirale per l'epatite C cronica con Peg-IFN-alfa e Ribavirina (RBV), allo scopo di: a) individuare i casi più a rischio di sintomi neuro-psichiatrici confrontando le diverse scale utilizzate per la valutazione iniziale di ansia-depressione ed in particolare tra i test auto- o etero-somministrati, b) correlare gli effetti collaterali neuro-psichiatrici con i livelli sierici di triptofano e chinurenina e c) verificare l’efficacia della terapia antidepressiva con SSRI per controllare l'ansia e la depressione IFN-indotta. Sono stati prospetticamente reclutati 53 pazienti sottoposti ad un ciclo di terapia antivirale con PEG-IFN-alfa 2a o 2b + ribavirina per un periodo di 48 settimane se con genotipo HCV-1-4 e di 24 settimane se con HCV-2-3. Sono stati somministrati i seguenti tests: Mini International Neuropsychiatric Interview, scala di Hamilton per la depressione e ansia, Beck Depression Inventory e Hospital Anxiety and Depression Scale; è stata eseguita la misurazione del triptofano e chinurenina mediante HPLC e i dati ottenuti sono stati valutati con l’analisi statistica per misure ripetute ANOVA. Prima dell’inizio della terapia, 6 casi avevano già una diagnosi di depressione maggiore della malattia (MDD), come definito dal DMS-IV, mentre 14 casi svilupparono una depressione IFN-indotta (IFN-DD) nel corso di 4-24 settimane di terapia e quindi vennero sostenuti con la somministrazione di SSRI. E’ stata registrata una prevalenza di depressione PEG-IFN-indotta (IFN-DD) del 30%. Dopo 4 settimane di terapia, un punteggio di BDI>9 punti ha consentito di discriminare i casi ad alto rischio di IFN-DD che hanno inoltre mostrato una significativa diminuzione del triptofano >2 ug/ml rispetto ai livelli pre-terapia, correlata all’aumento dei livelli di chinurenina e del rapporto KYN/TRP. Il trattamento con SSRI in questi casi ha consentito un miglioramento della QoL e dell’aderenza alla terapia antivirale e anche un incremento dei livelli di triptofano nel siero. 4. L'attuale standard di cura per il trattamento dell'infezione cronica da virus dell'epatite C (HCV) è la terapia di combinazione con Peg-interferone (IFN) alfa-2a o 2b più Ribavirina (RBV). Questo studio ha valutato le modalità del trattamento antivirale nella regione Veneto, in particolare farmaco-utilizzazione e costo-efficacia nella pratica clinica di ogni giorno del trattamento con i 2 Peg-IFN disponibili. Dodici centri epatologici collegati on-line hanno prospetticamente raccolto dati su 450 soggetti sottoposti a terapia antivirale per l'epatite cronica o cirrosi. L’analisi post-hoc dei casi trattati da gennaio 2003 a dicembre 2005 è stata eseguita confrontando 167 casi trattati con Peg-interferone alfa-2a (Pegasys, Roche, a dose fissa di 180μg / settimana) e 288 che hanno ricevuto PEG-IFN alfa-2b (PEG-INTRON, Schering-Plough, con dose di 50-150 μg /settimana) e ribavirina (RBV). Complessivamente la SVR ottenuta con il Peg-IFN-α2a o α2b e RBV è risultata identica (61%), tuttavia i dati di farmaco-utilizzazione hanno mostrato che Peg-IFN-α2b è stato prescritto con un dosaggio sub-ottimale in ben il 58% dei casi con dosi di <1mcg/kg/settimana, mentre il 95% dei casi trattati con PEG-IFN-α2a ha ricevuto la dose piena di 180mcg/settimana. L’analisi di efficacia nei casi trattati con PEG-IFN-α2b<1 ha mostrato una risposta virologica sostenuta inferiore rispetto a quelli trattati con una dose >1mcg/kg/settimana (rispettivamente 50% vs. 66%, p=0,00) ed in particolare, nel caso di genotipo HCV-1-4 (32% vs. 53%, p=0,00). L’analisi di sensibilità ad una via ha indicato che il trattamento con Peg-IFN-α2b>1 o PEG-IFNα2a sono risultati costo-efficaci in caso di infezione da HCV-1-4, mentre Peg-IFN-α2b<1 si è dimostrato il trattamento di scelta in caso di infezione da HCV-2-3 consentendo un risparmio di circa 1.800-4.500€xSVR (81%).
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Torricelli, Noemi. "Metodologie per l’analisi dei dati sperimentali e delle prestazioni di un sistema per il recupero di calore con espansore volumetrico". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2017.

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L’elaborato presenta l’attività svolta nell’arco degli ultimi mesi sul banco prova ORC presente al laboratorio di micro-generazione al dipartimento DIN della sede di ingegneria di via Terracini a Bologna. Il primo scopo di questa tesi è quello di presentare un metodo efficiente per l’individuazione automatica degli intervalli stazionari, fondamentali per ricavare punti di funzionamento dell’impianto. A partire dai valori medi che assumono le variabili sugli intervalli stazionari, si ricavano i dati sperimentali necessari per l’analisi del sistema, che compongono le curve caratteristiche di impianto. Il problema dell’individuazione automatica degli intervalli stazionari è stato trattato in letteratura da diversi autori; in questo lavoro sono stati studiati ed applicati tre diversi metodi, per valutarne l’efficacia e scegliere il migliore per il caso studio. Il metodo di individuazione automatica degli intervalli stazionari deve essere preciso, veloce nell’individuare i transitori e possibilmente applicabile in real-time. Una volta ricavato un certo numero di punti di funzionamento, si possiedono i dati sperimentali utili alla modellazione dei componenti di impianto. La seconda parte dell’elaborato tratta appunto la modellazione numerica dell’espansore volumetrico a pistoni, a partire da modelli di riferimento proposti in letteratura. I modelli vengono applicati sui dati sperimentali a disposizione, ricavati su intervalli di funzionamento stazionario e validati, confrontando i dati ottenuti numericamente con quelli sperimentali. I modelli investigati vengono confrontati in base all’accuratezza di calcolo e al livello di dettaglio nel descrivere i vari contributi di perdita. L’intento della modellazione è quello di prevedere il comportamento dell’espansore ed ottenere informazioni utili in merito alle sue prestazioni, al variare delle condizioni operative o di progetto.
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De, Rosa Giorgio. "Sperimentazione di metodologie innovative di indagine termografica in campo industriale". Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2014. http://amslaurea.unibo.it/6997/.

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La termografia è un metodo d’indagine ampiamente utilizzato nei test diagnostici non distruttivi, in quanto risulta una tecnica d’indagine completamente non invasiva, ripetibile nel tempo e applicabile in diversi settori. Attraverso tale tecnica è possibile individuare difetti superficiali e sub–superficiali, o possibili anomalie, mediante la rappresentazione della distribuzione superficiale di temperatura dell’oggetto o dell’impianto indagato. Vengono presentati i risultati di una campagna sperimentale di rilevamenti termici, volta a stabilire i miglioramenti introdotti da tecniche innovative di acquisizione termografica, quali ad esempio la super-risoluzione, valutando un caso di studio di tipo industriale. Si è effettuato un confronto tra gli scatti registrati, per riuscire a individuare e apprezzare le eventuali differenze tra le diverse modalità di acquisizione adottate. L’analisi dei risultati mostra inoltre come l’utilizzo dei dispositivi di acquisizione termografica in modalità super-resolution sia possibile anche su cavalletto.
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Tomassini, Sophia. "Valutazione del Fattore di Effetto nella metodologia LCA: test sperimentali di tossicità indotti da nanoparticelle di Diossido di Titanio sull’alga Pseudokirchneriella Subcapitata". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amslaurea.unibo.it/5120/.

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La nanotecnologia è una scienza innovativa che sviluppa e utilizza materiali di dimensioni nanometriche (< 100 nm). Lo sviluppo e il mercato delle nanoparticelle in merito alle loro interessanti proprietà chimico‐fisiche, é accompagnato da una scarsa conoscenza relativa al destino finale e agli effetti che questi nano materiali provocano nell’ ambiente [Handy et al., 2008]. La metodologia LCA (Life Cycle Assessment – Valutazione del Ciclo di Vita) è riconosciuta come lo strumento ideale per valutare e gestire gli impatti ambientali indotti dalle ENPs, nonostante non sia ancora possibile definire, in maniera precisa, un Fattore di Caratterizzazione CF per questa categoria di sostanze. Il lavoro di questa tesi ha l’obbiettivo di stimare il Fattore di Effetto EF per nanoparticelle di Diossido di Titanio (n‐TiO2) e quindi contribuire al calcolo del CF; seguendo il modello di caratterizzazione USEtox, l’EF viene calcolato sulla base dei valori di EC50 o LC50 relativi agli organismi appartenenti ai tre livelli trofici di un ecosistema acquatico (alghe, crostacei, pesci) e assume valore pari a 49,11 PAF m3/Kg. I valori tossicologici utilizzati per il calcolo del Fattore di Effetto derivano sia da un’accurata ricerca bibliografica sia dai risultati ottenuti dai saggi d’inibizione condotti con n‐TiO2 sulla specie algale Pseudokirchneriella Subcapitata. La lettura dei saggi è stata svolta applicando tre differenti metodi quali la conta cellulare al microscopio ottico (media geometrica EC50: 2,09 mg/L, (I.C.95% 1,45‐ 2,99)), l’assorbanza allo spettrofotometro (strumento non adatto alla lettura di test condotti con ENPs) e l’intensità di fluorescenza allo spettrofluorimetro (media geometrica EC50: 3,67 mg/L (I.C.95% 2,16‐6,24)), in modo tale da confrontare i risultati e valutare quale sia lo strumento più consono allo studio di saggi condotti con n‐TiO2. Nonostante la grande variabilità dei valori tossicologici e la scarsa conoscenza sui meccanismi di tossicità delle ENPs sulle specie algali, il lavoro sperimentale e la ricerca bibliografica condotta, hanno permesso di individuare alcune proprietà chimico‐fisiche delle nanoparticelle di Diossido di Titanio che sembrano essere rilevanti per la loro tossicità come la fase cristallina, le dimensioni e la foto attivazione [Vevers et al., 2008; Reeves et al., 2007]. Il lavoro sperimentale ha inoltre permesso di ampliare l’insieme di valori di EC50 finora disponibile in letteratura e di affiancare un progetto di ricerca dottorale utilizzando il Fattore di Effetto per n‐ TiO2 nel calcolo del Fattore di Caratterizzazione.
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RAGO, EMILIO. "Formare la Leadership. Analisi critica delle metodologie arts - based". Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2009. http://hdl.handle.net/10280/680.

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L’apprendimento della leadership invoca un’attenzione pedagogica perché implica un insieme complesso di attività di formazione, sviluppo ed educazione del leader che necessitano di essere adeguatamente problematizzate, validate e integrate mediante le categorie pedagogiche dell’intenzionalità, della progettualità, della riflessività, della relazionalità e dell'esperienza personale. La curvatura umanistica delle recenti teorie della leadership e le analogie esistenti tra l’agire del leader e l’agire educativo pongono l’interrogativo su una possibile pedagogia della leadership e ispirano l’impiego delle arti nella formazione del leader. Formare la leadership si riduce spesso all’apprendimento strumentale di competenze comportamentali ritenute funzionali al ruolo, indipendentemente dal contesto organizzativo e dalle dimensioni personali del leader. Seppure comportamenti, capacità e tratti personali di leader efficaci possano essere facilmente identificati, gli individui non possono assimilarli senza cambiare disposizioni soggettive e visioni del mondo. La formazione arts-based facilita il leader nei processi di conoscenza e sviluppo delle dimensioni identitarie (fini, valori, credenze, emozioni, concetti di sé, intelligenze e sensibilità) che sottendono ai suoi comportamenti, integrandone efficacemente gli aspetti cognitivi, affettivi e motivazionali. Sebbene le arti possano contribuire in vario modo all’apprendimento della leadership, le questioni di pertinenza, validità ed affidabilità degli interventi arts-based richiedono un urgente processo di inquadramento epistemologico e metodologico.
Leadership learning requires a pedagogical care because it implies a set of complex instructional, developmental and educative activities, which need to be opportunely problematized, validated, integrated by pedagogical categories of personal intentionality, projectuality, reflexivity, relationality, and subjective experience. The humanistic curvature of recent leadership theories and existing analogies between leader’s action and educative action put a question mark over a possible pedagogy of leadership, inspiring the deployment of the arts in leader development process. Developing leadership often is reduced to the instrumental learning of behavioral competencies assumed to be functional to role interpretation and field-independent, prescinding from organizational context and leader’s personal characteristics. Though behaviours, skills and personal traits of effective leaders can be easily identified, they cannot be learned without changing individual dispositions and world vision. Arts-based learning facilitates leaders in the process of self-knowing and development of identity (ends, values, assumptions, emotions, self-concepts, intelligences, sensitivities) underlying their behaviours and helping them integrate cognitive, affective and motivational aspects. Even though arts can contribute differently to leadership learning, questions of pertinence, validity, and reliability affect arts-based interventions and demand an urgent process of epistemological and methodological frameworking.
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RAGO, EMILIO. "Formare la Leadership. Analisi critica delle metodologie arts - based". Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2009. http://hdl.handle.net/10280/680.

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L’apprendimento della leadership invoca un’attenzione pedagogica perché implica un insieme complesso di attività di formazione, sviluppo ed educazione del leader che necessitano di essere adeguatamente problematizzate, validate e integrate mediante le categorie pedagogiche dell’intenzionalità, della progettualità, della riflessività, della relazionalità e dell'esperienza personale. La curvatura umanistica delle recenti teorie della leadership e le analogie esistenti tra l’agire del leader e l’agire educativo pongono l’interrogativo su una possibile pedagogia della leadership e ispirano l’impiego delle arti nella formazione del leader. Formare la leadership si riduce spesso all’apprendimento strumentale di competenze comportamentali ritenute funzionali al ruolo, indipendentemente dal contesto organizzativo e dalle dimensioni personali del leader. Seppure comportamenti, capacità e tratti personali di leader efficaci possano essere facilmente identificati, gli individui non possono assimilarli senza cambiare disposizioni soggettive e visioni del mondo. La formazione arts-based facilita il leader nei processi di conoscenza e sviluppo delle dimensioni identitarie (fini, valori, credenze, emozioni, concetti di sé, intelligenze e sensibilità) che sottendono ai suoi comportamenti, integrandone efficacemente gli aspetti cognitivi, affettivi e motivazionali. Sebbene le arti possano contribuire in vario modo all’apprendimento della leadership, le questioni di pertinenza, validità ed affidabilità degli interventi arts-based richiedono un urgente processo di inquadramento epistemologico e metodologico.
Leadership learning requires a pedagogical care because it implies a set of complex instructional, developmental and educative activities, which need to be opportunely problematized, validated, integrated by pedagogical categories of personal intentionality, projectuality, reflexivity, relationality, and subjective experience. The humanistic curvature of recent leadership theories and existing analogies between leader’s action and educative action put a question mark over a possible pedagogy of leadership, inspiring the deployment of the arts in leader development process. Developing leadership often is reduced to the instrumental learning of behavioral competencies assumed to be functional to role interpretation and field-independent, prescinding from organizational context and leader’s personal characteristics. Though behaviours, skills and personal traits of effective leaders can be easily identified, they cannot be learned without changing individual dispositions and world vision. Arts-based learning facilitates leaders in the process of self-knowing and development of identity (ends, values, assumptions, emotions, self-concepts, intelligences, sensitivities) underlying their behaviours and helping them integrate cognitive, affective and motivational aspects. Even though arts can contribute differently to leadership learning, questions of pertinence, validity, and reliability affect arts-based interventions and demand an urgent process of epistemological and methodological frameworking.
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BARTOLUCCI, MICHELE. "Proposta di una nuova metodologia su base fenologica per la valutazione del bilancio idrogeologico giornaliero di bacino: calibrazione e validazione del modello attraverso misure sperimentali nel medio e alto bacino del Fiume Metauro". Doctoral thesis, Urbino, 2018. http://hdl.handle.net/11576/2656912.

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Il lavoro di ricerca e applicativo svolto durante il dottorato è stato mirato alla ideazione, allo sviluppo, alla calibrazione e alla validazione di un modello che consentisse di calcolare, a scala temporale giornaliera, il bilancio idrogeologico a livello di bacino con una maggior accuratezza rispetto a quella che si riesce a raggiungere con gli attuali modelli. A tal fine si è estesa a livello di bacino la procedura correntemente utilizzata in agricoltura per il dosaggio dell’acqua di irrigazione, procedura che impiega dei coefficienti colturali (Kc) per correggere la evapotraspirazione potenziale stimata con l’equazione di Penman Monteith; in particolare si è calcolato un coefficiente colturale unico giornaliero di bacino che è la media pesata di tutti i coefficienti colturali delle varie classi di uso del suolo, coefficienti che variano durante l’anno secondo le fasi fenologiche delle colture (iniziale, sviluppo, intermedia, finale). Il quaderno FAO n°56 (Allen et al., 1998) è stato la fonte primaria dei valori dei Kc e delle durate delle fasi fenologiche ma si è resa necessaria un’attività di ricerca per trovare i rispettivi valori per le aree non agricole. Il modello ha previsto un’ulteriore correzione della evapotraspirazione potenziale che tenesse conto della superficie reale del territorio attraverso il coefficiente di acclività (pari al rapporto tra superficie reale e proiettata); anche i valori di precipitazione sono stati corretti ma mediante l’inverso del coefficiente d’acclività; il calcolo del runoff è stato ottenuto mediante il metodo del curve number (USDA, 1972) adattato per la modellazione in continuo (Williams, 2000); infine è stato realizzato un bilancio idrico del suolo che ha consentito attraverso vari parametri di stimare a scala giornaliera le 3 incognite del bilancio, ovvero la evapotraspirazione reale, la variazione della riserva idrica, la percolazione profonda. In particolare la percolazione profonda (DP, deep percolation) è stato il parametro che ha consentito di calibrare e validare il modello poiché è stato confrontato a livello di trend e di valori con il deflusso di base del corso d’acqua del bacino, misurato settimanalmente alla chiusura del bacino mediante misure di portata per tutti gli anni in cui si è calcolato il bilancio (anni 2013, 2014, 2015 e 2016). Contemporaneamente sono state effettuate misure settimanali di livello piezometrico in quattro pozzi e l’andamento mediato dei quattro è stato altresì confrontato con la DP. Il territorio oggetto di indagine è stato il bacino del Fosso Santa Maria degli Angeli, piccolo bacino di circa 14 km2 posto a sud di Urbino, centro-Italia. I dati confermano la bontà del modello poiché i valori pluriennali di DP e deflusso differiscono appena del 10%; a scala temporale annuale c’è accordo tra i trends di DP, deflusso di base e falde acquifere, sia nelle fasi di salita che di discesa; in particolare il ritardo nella risalita del deflusso di base rispetto alla DP individua il tempo necessario all’acqua per effettuare il percorso ipogeo fino alla sezione di chiusura del bacino. Il modello ha poi consentito di ben caratterizzare le dinamiche idriche all’interno del suolo tramite il parametro della variazione della riserva idrica (∆R). Sono state inoltre effettuate misure di portata alla sezione di chiusura del bacino del fiume medio-alto Metauro, di cui il Santa Maria degli Angeli è sottobacino in sinistra idrografica, allo scopo di applicare il modello a un bacino di estensione maggiore. Ai fini del bilancio il lavoro ha anche previsto la realizzazione di carte di uso del suolo per gli anni di indagine, nonché due relative agli anni 1955 e 1997 al fine di studiare le variazioni di uso del suolo nel bacino. Il bilancio idrogeologico giornaliero su base fenologica è adatto per studi qualitativi e quantitativi delle risorse idriche a livello di bacino o di altra delimitazione territoriale e può essere ulteriormente migliorato attraverso una migliore definizione dei valori dei Kc e delle durate delle fasi fenologiche, l’utilizzo del double crop coefficient in luogo del single crop coefficient e una esatta attribuzione della tipologia di conduzione alle aree agricole (che è il dato che varia di anno in anno tra le superfici delle classi di uso del suolo).
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Comunello, Massimo. "La formazione dei formatori in Yoga Educativo. Una Ricerca-Azione per la definizione di un impianto metodologico-didattico efficace (Teacher's training in Educational Yoga. An Action Research for the definition of an effective methodological-didactic model)". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2019. http://hdl.handle.net/11577/3423295.

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Lo yoga per bambini è una disciplina interessante ed in rapida diffusione. Non sono rinvenibili nella letteratura percorsi per la formazione di educatori in Yoga per bambini che ne sviluppino giustificatamente gli aspetti metodologico-didattici e i principi yogici. Tale formazione, per risultare efficace, deve essere supportata da modelli dalla solida base teorica, impianto metodologico-didattico e pratica yogica. La ricerca fornisce un modello, prendendo in esame e perfezionando il “Corso di Formazione Internazionale in Yoga Educativo” (COFYE). Con il termine “Yoga Educativo” (Y.E.) s’intende un metodo basato sulle pratiche yogiche, con bambini/ragazzi attraverso il movimento giocoso, l’ascolto interno, il rafforzamento e la collaborazione che permettono, di trovare tempi e spazi per lo sviluppo di autoconoscenza, consapevolezza, stabilità ed empatia coinvolgendo il corpo, la mente ed il cuore, attraverso la sensibilità e le emozioni. In riferimento al COFYE la ricerca si pone le seguenti domande: a. Quali devono essere i riferimenti teorici più appropriati all’interno del vasto panorama dello yoga, per la definizione di un percorso formativo dello Y.E. ? b. Quale dev’essere l’impianto didattico-metodologico? c. Può esso essere in grado di trasmettere principi, contenuti, metodologia e tecnica in modo efficace? 1. L’indagine teoretica (bibliografica) ha indicato, due testi dello yoga classico, la Bagavad Gita e lo Yogasutra di Patanjali, quali riferimenti storici fondamentali per lo Y.E, poiché colgono basilari principi e contenuti, a cui lo Yoga Moderno dovrebbe attenersi. Rispetto al panorama contemporaneo l’Okido Yoga rappresenta un riferimento per lo Y.E., coniugando l’atteggiamento introspettivo al carattere sociale, incontrando così i bisogni relazionali di bambini/ragazzi. Si contraddistingue inoltre per l'equilibrio tra l’attenzione verso la condizione fisica, quella mentale e dello stato d’animo, ben corrispondendo ai principi e al percorso indicato da Patanjali nello “Yogasutra”. 2. L’attività di Ricerca-Azione, si sostanzia nell’analisi (con il software “Release”) di 495 report, compilati dai corsisti al termine di ogni incontro di formazione e nelle successive riflessioni del team di ricerca. Ciò ha permesso di andare oltre le risposte alle iniziali domande di ricerca, mostrandosi come strumento efficace per migliorare il COFYE nella didattica e nei contenuti, definendo un possibile modello per la formazione dei formatori in Y.E. Dall’analisi testuale è risultato che la valorizzazione del background dei corsisti, assieme alle attività laboratoriali-partecipative: simulazioni, flipped classroom, cooperative learning, stage e lavoro tra gruppi di pari, hanno coinvolto i partecipanti fisicamente, mentalmente ed emotivamente, sia come singoli che in gruppo. Ciò ha favorito la comprensione dei principi, delle tecniche dello Y.E. e l’acquisizione di un atteggiamento di apertura per un rispettoso approccio a bambini/ragazzi. In conclusione nell’ambito della ricerca educativa (Baldacci e Frabboni, 2013), l’indagine qualitativa (Cardano, 2011) ed il metodo R-A, (Losito-Pozzo, 2008), hanno permesso allo Y.E. di affinare l’impianto metodologico-didattico (Castagna, 2002) e di scoprirne e migliorarne progressivamente le possibilità applicative, riuscendo a unire la dimensione storica dello yoga, (Patanjali, 2015) con le esperienze e gli studi contemporanei, nell’ambito delle scienze della formazione (Dionisi e Garuti, 2011). Tale ricerca apre nuovi possibili spazi di indagine e attesta la rilevanza di uno stretto legame tra ricerca universitaria e pratica formativa, anche in un campo emergente come quello dello yoga educativo. Traccia nuove piste di indagine sull’integrazione tra i principi, le pratiche yogiche e la professionalità dell’insegnante.
Yoga for children is an interesting and rapidly spreading discipline. No academic literature or specific educational path for scholars and trainers that develops the methodological and didactic aspects of the yogic principles for children has been formulated yet. Such pioneer approach, in order to be effective, it must be supported by models with a solid theoretical base, a methodological-didactic system and a yogic practice. The present research aims to provide a model, grounding its conclusions on the assessment and evaluation of the "International Training in Educational Yoga" (ITEY). The term "Educational Yoga" (EY) represents a didactic method based on yogic practices, applied to children through playful activities, meditation, physical strengthening and cooperation group-activities that allow them to find time and space for the development of self-knowledge and awareness, mental stability and empathy by involving the body, mind and heart, through sensitivity and emotions. Intrinsically rooted to the ITEY approach, the present investigation provides the answer to the following questions: to. What should be the most appropriate theoretical references within the extensive realm of yoga, for the definition of a training path of EY for teachers and trainers? b. What should be the didactic-methodological system beneath it? c. Is such educational method able to transmit principles, contents, methodology and techniques to future teachers and trainers effectively? 1. The present inquiry has highlighted two fundamental manuscripts of traditional Yoga, namely the Bagavad Gita and the Yogasutra of Patanjali, considered to be the fundamental historical references for EY, since they capture the very basic principles and contents, to which contemporary Yoga grounds its roots in. With respect to the present yogic context, the Okido Yoga is considered to be the most suitable source for EY to rely on, since it combines the introspective attitude to the more social one, satisfying this way both the relational needs of children / teenagers as well as the more meditational inclination of the yogic tradition. It also stands out for its attention to the critical balance between the physical, the mental and the emotional condition of kids, which may be found also in the Yogasutra doctrine introduced by Patanjali. 2. The Action Research methodology consists in the analysis (through the “Release” software) of the 495 surveys on students, which at the end of each EY training have been asked to fill out specific questioners with regard to the benefits and impact that the EY practice have had on them, directly and indirectly. These first hand resources allowed us to demonstrate the ever-growing potential of the ITEY as an effective educational tool able to improve and develop the quality of trainers by providing a structural model for the application of the EY methodology. The literature analysis has shown that the enhancement of the students' background, together with the workshop-participatory activities, proposed by the ITEY through simulation laboratories, flipped classroom approach, cooperative learning, internships and teamwork between groups of peers, have successfully attracted the interest and the active participation of all students physically as well as mentally and emotionally, both as individuals and in groups. Such acknowledgment of the positive benefits and impact of the EY approach has significantly favored a deeper and more sound understanding of guiding principles, holistic techniques and above all the acquisition of an attitude of openness for a respectful approach towards children and teenagers. In conclusion in the field of educational research (Baldacci and Frabboni, 2013), the qualitative survey (Cardano, 2011) and the Action-Research method, (Losito-Pozzo, 2008), allowed EY to refine its methodological-didactic structure (Castagna, 2002) and to discover and progressively improve its applicability, keeping a strong connection with the traditional dimension of yoga (Patanjali, 2015) as well as with the contemporary experiences and studies in the field of educational sciences (Dionisi and Garuti, 2011). This research opens up new possibilities for investigation. First of all, it attests to the relevance of a significant correlation between academic research and training practice, even in an emerging field such as educational yoga. Secondly, it traces new avenues of investigation regarding the possible integration between holistic principles, yogic practices and professional development of teachers and trainers.
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Serbati, Anna. "Riconoscimento e certificazione delle competenze tra apprendimento formale, non formale, informale". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2013. http://hdl.handle.net/11577/3426298.

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The research framework lies within the new lifelong learning scenario and focuses on the field of adult employed students who enter university study programmes with extensive knowledge and expertise gained in previous educational, professional and extra-professional contexts. The theoretical and political framework refers to the theories of experiential learning, to the development and application of the competence paradigm, to the approaches and tools for recognition and validation of prior experiential learning acquired in informal and non formal contexts and finally to the European and national directives in this field. The general aim of the research is to identify theories, models, methodologies and tools that respond to adult students’ need not only for the recognition and certification of qualifications, but also of competences. The specific objective is to design (following the relevant elements highlighted in the theories and models identified and analysed), apply and assess prototypal tools and procedures for recognising and certifying previously acquired competences within formal programmes that lead to academic qualifications. The main referential theories and practices for developing a model are the French Validation des acquis de l’experience - VAE and the English Accreditation of Prior Experiential Learning - APEL models, with specific focus on the educational value of the autobiographic reflective process and on the adviser’s methodological support. The empirical research context draws on a project - conducted by the Faculty of the Science of Education and Training of Padua University and located within a wider project of the Venetian Region - in the field of the certification of competences requiring adult employed students enrolled in Padua University to prepare a learning outcomes portfolio. This portfolio, which is the result of the description and documentation of experiences, the analysis of learning and the identification of competences to be recognized in terms of academic credits, is assessed by a specific Examination Board (composed of three lecturers) comparing the learning outcomes identified and demonstrated by the students with the learning outcomes expected at the end of the programme. The research strategy lies within the interpretativist paradigm and integrates quantitative and qualitative tools administered to all stakeholders involved, with a complementary purpose. The aim is to investigate, on the one hand, the practical elements, the strengths and weakness of the process in order to improve it, and, on the other hand, the model’s educational and professional implications, focussing on the development of adults’ wider comprehension and awareness of their own competences which is a necessary pre-requisite for obtaining external recognition. In the context of today’s uncertainty and the flexibilization of the socio-economic reality, the systematic exercise of identifying the main connecting thread and the coherence of individuals’ preceding personal pathway and the connections between formal, non formal and informal contexts may be an important strategy for developing autonomy and responsibility and for responding to educational, professional and personal transitions. The aim of the research, according to the European and national directives (particularly referring to the Italian Law 92/2012 and related to the legislative Decrees), is to propose a model which may be applied in analogous contexts and to suggest indications for building a University lifelong learning centre with services and processes for recognising prior experiential learning. In this way, Universities are called to fulfil a third mission, accepting the social challenge to propose educational, organisational and technological innovations that respond to the learning needs of adult and thereby interface with local networks of educational, training and professional systems.
La presente ricerca nasce nell’ambito del nuovo scenario di lifelong e lifewide learning e orienta il proprio campo d’indagine a lavoratori studenti, adulti che si avvicinano a percorsi formativi accademici portando con sé un bagaglio di saperi maturati nei contesti di vita formativa, lavorativa, extra-professionale. Il quadro teorico e politico fa riferimento alle teorie di apprendimento dall’esperienza, allo sviluppo e agli usi del paradigma della competenza, alle modalità di riconoscimento e validazione dei saperi acquisti in ambito non formale e informale e alle direttive europee e nazionali in materia. La finalità della ricerca è quindi quella di individuare teorie, modelli, metodologie e strumenti che possano rispondere all’esigenza dei lavoratori studenti di ottenere un riconoscimento e una certificazione non solo di titoli, ma anche di nuclei di competenze. L’obiettivo specifico perseguito è quello di progettare (sulla base degli elementi significativi riscontrati nei modelli e nelle teorie individuate e analizzate), applicare e valutare strumenti e procedure prototipali di riconoscimento e certificazione delle competenze precedentemente acquisite, perlopiù in contesti informali e non formali, all’interno di percorsi formali finalizzati all’ottenimento di un titolo universitario. Le teorie e pratiche di riferimento per l’elaborazione del modello sono quella francese di Validation des Acquis de l’Expérience – VAE e quella inglese di Accreditation of Prior Experiential Learning - APEL, con particolare approfondimento degli aspetti di valenza formativa della narrazione autobiografica e di supporto metodologico offerto dalla figura di supporto dell’accompagnatore metodologico. Il contesto empirico della ricerca trae spunto da un progetto della Facoltà di Scienze della Formazione di Padova - all’interno di una macro-azione della Regione Veneto sul tema della certificazione delle competenze - e prevede la realizzazione per lavoratori studenti iscritti a corsi di laurea dell’Ateneo Patavino di un portfolio dei risultati di apprendimento. Quest’ultimo, esito dell’esplicitazione e documentazione dell’esperienza, dell’analisi dei propri saperi e dell’individuazione delle proprie competenze affinché possano essere riconosciute in termini di crediti formativi universitari, è infine valutato da un’apposita Commissione di docenti del corso di laurea interessato sulla base di un confronto tra i risultati di apprendimento attesi al termine del corso e quelli analizzati e comprovati dal candidato. La strategia di ricerca adottata si richiama al paradigma interpretativista e integra strumenti quantitativi e qualitativi somministrati a tutti gli attori coinvolti, secondo una logica di complementarietà. Si vuole, infatti, indagare, da un lato, gli aspetti operativi, gli elementi di criticità e i punti di forza riscontrati in una prospettiva di miglioramento, e, dall’altro, le ricadute formative e professionali del modello, con focus sullo sviluppo di comprensione e consapevolezza più ampie sulle proprie competenze da parte degli adulti, condizione imprescindibile per l’ottenimento di un riconoscimento esterno. Nel contesto di flessibilizzazione e incertezza della realtà socio-economica odierna, l’esercizio sistematico di individuazione dei fili conduttori e della coerenza del proprio percorso pregresso e delle connessioni tra i contesti formali, non formali e informali può divenire uno strumento importante di autonomia e responsabilità per rispondere a situazioni di transizione formativa, professionale e personale. Volontà della ricerca, collocandosi nelle direttive europee e nazionali sul tema (in particolare con riferimento alla legge 92/2012 e ai suoi decreti attuativi), è quella di proporre un modello riproducibile in contesti analoghi e tracciare indicazioni per la costituzione di un servizio di Ateneo per il riconoscimento e la certificazione delle competenze. In questa direzione, l’Università è chiamata ad una terza missione, raccogliendo la sfida sociale di proporre innovazioni didattiche, organizzative e tecnologiche che rispondano alla domanda di apprendimento di un pubblico adulto e quindi di interfacciarsi con le reti territoriali degli attori dei sistemi di istruzione, formazione e lavoro.
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PANTINI, SARA. "Analysis and modelling of leachate and gas generation at landfill sites focused on mechanically-biologically treated waste". Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2013. http://hdl.handle.net/2108/203393.

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Despite significant efforts have been directed toward reducing waste generation and encouraging alternative waste management strategies, landfills still remain the main option for Municipal Solid Waste (MSW) disposal in many countries. Hence, landfills and related impacts on the surroundings are still current issues throughout the world. Actually, the major concerns are related to the potential emissions of leachate and landfill gas into the environment, that pose a threat to public health, surface and groundwater pollution, soil contamination and global warming effects. To ensure environmental protection and enhance landfill sustainability, modern sanitary landfills are equipped with several engineered systems with different functions. For instance, the installation of containment systems, such as bottom liner and multi-layers capping systems, is aimed at reducing leachate seepage and water infiltration into the landfill body as well as gas migration, while eventually mitigating methane emissions through the placement of active oxidation layers (biocovers). Leachate collection and removal systems are designed to minimize water head forming on the bottom section of the landfill and consequent seepages through the liner system. Finally, gas extraction and utilization systems, allow to recover energy from landfill gas while reducing explosion and fire risks associated with methane accumulation, even though much depends on gas collection efficiency achieved in the field (range: 60-90% Spokas et al., 2006; Huitric and Kong, 2006). Hence, impacts on the surrounding environment caused by the polluting substances released from the deposited waste through liquid and gas emissions can be potentially mitigated by a proper design of technical barriers and collection/extraction systems at the landfill site. Nevertheless, the long-term performance of containment systems to limit the landfill emissions is highly uncertain and is strongly dependent on site-specific conditions such as climate, vegetative covers, containment systems, leachate quality and applied stress. Furthermore, the design and operation of leachate collection and treatment systems, of landfill gas extraction and utilization projects, as well as the assessment of appropriate methane reduction strategies (biocovers), require reliable emission forecasts for the assessment of system feasibility and to ensure environmental compliance. To this end, landfill simulation models can represent an useful supporting tool for a better design of leachate/gas collection and treatment systems and can provide valuable information for the evaluation of best options for containment systems depending on their performances under the site-specific conditions. The capability in predicting future emissions levels at a landfill site can also be improved by combining simulation models with field observations at full-scale landfills and/or with experimental studies resembling landfill conditions. Indeed, this kind of data may allow to identify the main parameters and processes governing leachate and gas generation and can provide useful information for model refinement. In view of such need, the present research study was initially addressed to develop a new landfill screening model that, based on simplified mathematical and empirical equations, provides quantitative estimation of leachate and gas production over time, taking into account for site-specific conditions, waste properties and main landfill characteristics and processes. In order to evaluate the applicability of the developed model and the accuracy of emissions forecast, several simulations on four full-scale landfills, currently in operative management stage, were carried out. The results of these case studies showed a good correspondence of leachate estimations with monthly trend observed in the field and revealed that the reliability of model predictions is strongly influenced by the quality of input data. In particular, the initial waste moisture content and the waste compression index, which are usually data not available from a standard characterisation, were identified as the key unknown parameters affecting leachate production. Furthermore, the applicability of the model to closed landfills was evaluated by simulating different alternative capping systems and by comparing the results with those returned by the Hydrological Evaluation of Landfill Performance (HELP), which is the most worldwide used model for comparative analysis of composite liner systems. Despite the simplified approach of the developed model, simulated values of infiltration and leakage rates through the analysed cover systems were in line with those of HELP. However, it should be highlighted that the developed model provides an assessment of leachate and biogas production only from a quantitative point of view. The leachate and biogas composition was indeed not included in the forecast model, as strongly linked to the type of waste that makes the prediction in a screening phase poorly representative of what could be expected in the field. Hence, for a qualitative analysis of leachate and gas emissions over time, a laboratory methodology including different type of lab-scale tests was applied to a particular waste material. Specifically, the research was focused on mechanically biologically treated (MBT) wastes which, after the introduction of the European Landfill Directive 1999/31/EC (European Commission, 1999) that imposes member states to dispose of in landfills only wastes that have been preliminary subjected to treatment, are becoming the main flow waste landfilled in new Italian facilities. However, due to the relatively recent introduction of the MBT plants within the waste management system, very few data on leachate and gas emissions from MBT waste in landfills are available and, hence, the current knowledge mainly results from laboratory studies. Nevertheless, the assessment of the leaching characteristics of MBT materials and the evaluation of how the environmental conditions may affect the heavy metals mobility are still poorly investigated in literature. To gain deeper insight on the fundamental mechanisms governing the constituents release from MBT wastes, several leaching experiments were performed on MBT samples collected from an Italian MBT plant and the experimental results were modelled to obtain information on the long-term leachate emissions. Namely, a combination of experimental leaching tests were performed on fully-characterized MBT waste samples and the effect of different parameters, mainly pH and liquid to solid ratio (L/S,) on the compounds release was investigated by combining pH static-batch test, pH dependent tests and dynamic up-flow column percolation experiments. The obtained results showed that, even though MBT wastes were characterized by relatively high heavy metals content, only a limited amount was actually soluble and thus bioavailable. Furthermore, the information provided by the different tests highlighted the existence of a strong linear correlation between the release pattern of dissolved organic carbon (DOC) and several metals (Co, Cr, Cu, Ni, V, Zn), suggesting that complexation to DOC is the leaching controlling mechanism of these elements. Thus, combining the results of batch and up-flow column percolation tests, partition coefficients between DOC and metals concentration were derived. These data, coupled with a simplified screening model for DOC release, allowed to get a very good prediction of metal release during the experiments and may provide useful indications for the evaluation of long-term emissions from this type of waste in a landfill disposal scenario. In order to complete the study on the MBT waste environmental behaviour, gas emissions from MBT waste were examined by performing different anaerobic tests. The main purpose of this study was to evaluate the potential gas generation capacity of wastes and to assess possible implications on gas generation resulting from the different environmental conditions expected in the field. To this end, anaerobic batch tests were performed at a wide range of water contents (26-43 %w/w up to 75 %w/w on wet weight) and temperatures (from 20-25 °C up to 55 °C) in order to simulate different landfill management options (dry tomb or bioreactor landfills). In nearly all test conditions, a quite long lag-phase was observed (several months) due to the inhibition effects resulting from high concentrations of volatile fatty acids (VFAs) and ammonia that highlighted a poor stability degree of the analysed material. Furthermore, experimental results showed that the initial waste water content is the key factor limiting the anaerobic biological process. Indeed, when the waste moisture was lower than 32 %w/w the methanogenic microbial activity was completely inhibited. Overall, the obtained results indicated that the operative conditions drastically affect the gas generation from MBT waste, in terms of both gas yield and generation rate. This suggests that particular caution should be paid when using the results of lab-scale tests for the evaluation of long-term behaviour expected in the field, where the boundary conditions change continuously and vary significantly depending on the climate, the landfill operative management strategies in place (e.g. leachate recirculation, waste disposal methods), the hydraulic characteristics of buried waste, the presence and type of temporary and final cover systems.
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Maria, Nacci Anna. "Co-teaching: prospettive di applicazione e sviluppo nel sistema scolastico italiano". Doctoral thesis, 2020. http://hdl.handle.net/2158/1191242.

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ABSTRACT (Italiano) Nell’attuale panorama educativo internazionale, preponderante diventa la necessità di promuovere e sviluppare l’inclusione sociale, in tutti i contesti e per tutte le persone. In questa prospettiva è proprio l’educazione inclusiva che deve saper rispondere, attraverso un approccio globale, etico, culturale, politico e psicopedagogico, a questa necessità di promuovere la valorizzazione delle diversità; deve inoltre incentivare la ricerca di una giusta pratica educativa, finalizzata a realizzare concretamente processi di inclusione efficaci a favore di tutti gli studenti. Il presente lavoro è stato motivato dalla necessità di rispondere ad alcuni quesiti che indagassero la capacità di collaborazione fra docenti ma anche quella fra gli studenti, attraverso l’implementazione sperimentale della pratica del co-teaching, già utilizzata con efficacia soprattutto nel sistema di istruzione statunitense. La ricerca ha cercato di capire se il co-teaching potesse favorire e incentivare la collaborazione fra docenti, e se questa pratica potesse produrre effetti positivi sul rendimento degli studenti. Quanto realizzato nel il seguente lavoro è stato un adattamento, al contesto scolastico italiano, della metodologia esistente: si è trattato di inoltrarsi in un ambito non ancora studiato e, per questo motivo, suscettibile di riflessioni critiche. Muovendo da una ricostruzione dell’educazione ed educabilità dell’essere umano, attraverso una lettura delle principali vicende educative, umane e sociali che hanno contrassegnato la storia dell’integrazione scolastica e sociale delle persone con disabilità, e che porteranno al costituirsi scientifico della Pedagogia Speciale, è stata illustrata la metodologia del co-teaching, attraverso un resoconto di numerose pubblicazioni internazionali sull’argomento, ma anche facendo riferimento ad alcune analisi condotte sul territorio nazionale, nell’ambito della scuola primaria. Nel lavoro sono stati analizzati gli aspetti metodologici del co-teaching e sono stati scelti quelli che meglio si adattavano al contesto di sperimentazione; sono stati, dunque, analizzati i dati, attraverso la tabulazione degli stessi e l’elaborazione di grafici che in modo più chiaro hanno restituito la lettura dei dati quantitativi. Si sono, infine, interpretati e commentati i risultati ottenuti che possano offrire lo spunto per indagini future, allo scopo di promuovere maggiormente la Didattica Inclusiva, al fine di consentire il processo di autodeterminazione delle generazioni future, la loro realizzazione e integrazione scolastica e sociale. ABSTRACT (English version) The need to promote and develop social inclusion in all contexts and for all people is getting more and more preponderant in the current international panorama of education. A proper inclusive education has to be able to answer the need to promote diversity, through a global, ethic, cultural, political and psycopedagogical approach. It should also encourage the research for a fair education practice, aiming at concretely reaching effective processes of inclusion in favor of all students. The present work results from the need to answer some questions dealing with the ability of cooperation among teachers, but also among students, by the experimental implementation of the co-teaching practice, which has been already employed with effictiveness mainly in the American school system. The research tried to understand wether the co-teaching practice could encourage cooperation among teachers and, therefore, bring positive effects on students’ performances. The present work is an adaptation of the available methodology to Italian school background: a field non analysed yet, and, because of this, subject to critical considerations. This work illustrates the co-teaching methodology through a report of numerous international publications about this topic, but also referring to some analyses, carried out in primary schools on national territory. It also moved from an analysis of human education and educability, starting from educative, social and human events that characterized the history of educational and social integration of people with special needs, and that later led to the birth of Special Pedagogy. The present work has analysed the methodological aspects of co-teaching practice, by choosing those ones which better adapted themselves to the background; collected data have been analyzed, through tabulation and graphics elaborations. Results have been finally interpreted and commented: they offer the starting point for future studies, in order to promote Inclusive Didactics, foster the process of self-determination of future generations and their social school integration.
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Rogano, Daniele, Franco Furgiuele y Giuseppe Guido. "Soluzioni innovative per lo sviluppo della mobilità sostenibile: aspetti metodologici e sperimentali". Thesis, 2017. http://hdl.handle.net/10955/1884.

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PASQUINI, BENEDETTA. "Sviluppo di metodologie analitiche di tipo elettroforetico e loro impiego in problematiche farmaceutiche". Doctoral thesis, 2013. http://hdl.handle.net/2158/790126.

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Il presente lavoro di tesi si inserisce nel settore della ricerca analitico farmaceutica ed ha previsto lo sviluppo di metodiche analitiche mediante approccio chemiometrico. In questo contesto sono state studiate fasi pseudo stazionarie da utilizzarsi in cromatografia elettrocinetica e sono state sviluppate metodiche analitiche da impiegarsi in ambito di assicurazione di qualità. Il lavoro di tesi ha in particolare riguardato lo sviluppo mediante strategia multivariata di metodi di elettroforesi capillare che hanno permesso di risolvere diverse problematiche farmaceutiche comprese quelle inerenti problemi di classificazione. L’approccio multivariato ha permesso di ottenere la massima quantità di informazione con un risparmio di tempo e costi rispetto, permettendo di ottenere informazioni addizionali circa le interazioni tra i fattori in studio. Due lavori hanno riguardato l’ottimizzazione di metodi da applicarsi per la determinazione simultanea di principi attivi e delle loro impurezze nelle forme farmaceutiche. I farmaci presi in esame sono stati la Clemastina Fumarato e il Ramipril. Dopo la fase di ottimizzazione, i metodi studiati sono stati convalidati secondo le linee guida ICH per assicurare adatte prestazioni del metodo e dati affidabili per la specifica applicazione a cui erano destinati. Per la prima volta in letteratura è stato investigato mediate tecniche di Molecular Modeling e NMR il meccanismo alla base della separazione degli analiti in presenza di fasi pseudostazionarie complesse quali le microemulsioni e le ciclodestrine. Ancora lo studio di fasi pseudostazionarie è stato approfondito conducendo uno studio multivariato di un metodo di cromatografia elettrocinetica micellare mediante una matrice mista di variabili di miscela e di processo e studiando le interazioni esistenti tra questi due tipo di variabili. Il metodo è stato applicato per la determinazione del Coenzima Q10 in un integratore alimentare in presenza di altre sostanze bioattive. Per concludere metodi di classificazione multivariata sono stati utilizzati per analizzare alcuni tipi di miele di diversa origine botanica e geografica caratterizzati dal contenuto di specie ioniche determinato mediante cromatografia a scambio ionico.
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Cucumo, Silvio, Sergio Rizzuti y Valerio Marinelli. "Analisi tecnico-sperimentale delle metodologie transitori di identificazione dei parametri caratteistici dei collettori solari termici a liquido". Thesis, 2008. http://hdl.handle.net/10955/750.

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VICHI, GIOVANNI. "Metodologie numerico-sperimentali per lo sviluppo di motori ad alta efficienza per veicoli a due ruote". Doctoral thesis, 2013. http://hdl.handle.net/2158/791336.

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Nella tesi è descritto il processo di sviluppo e validazione di un modello integrato motore-veicolo per la previsione e l’ottimizzazione dei consumi e delle emissioni inquinanti di veicoli a due ruote. Sono presentati quindi i benefici in termini di rendimento globale del propulsore ottenuti anche grazie al largo impiego del suddetto modello; i risultati numerici sono poi stati verificati sperimentalmente. Nel dettaglio, le mappe di funzionamento “virtuali” del motore sono state generate utilizzando due codici di calcolo commerciali 1D, mentre il modello veicolo è stato implementato e sviluppato in ambiente MatLab-Simulink. È stata quindi condotta una corposa campagna sperimentale sia di supporto all’attività numerica nella fase di calibrazione dei modelli, sia di verifica del processo di ottimizzazione del sistema motore-veicolo.
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QUATTROCCHI, ANTONINO. "Sviluppo di metodologie sperimentali per il controllo attivo delle vibrazioni e la riduzione del rumore vibro-acustico". Doctoral thesis, 2017. http://hdl.handle.net/11570/3105010.

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Resumen
Il presente lavoro di tesi è incentrato sullo studio e sullo sviluppo di un metodo di controllo attivo del rumore e delle vibrazioni attraverso sensori e attuatori a film piezoelettrico (patch PZT) e algoritmi in ambiente Labview basati su regolatori PID. A tal proposito sono state analizzate diverse problematiche sui vari aspetti del controllo attivo delle vibrazioni e del rumore, proponendo una metodologia originale, basata sul metodo dei coefficienti di convergenza, per il rilievo di difetti mediante onde ultrasoniche di superficie generate e misurate con patch piezoelettriche. Gli attuatori piezoelettrici sono spesso adoperati all’interno di sistemi complessi per controllare le condizioni di funzionamento. Tali trasduttori sono soggetti a riscaldamento, a causa delle correnti che si muovono al loro interno. Il principale problema può presentarsi in strutture dove l’effetto termico può alterare le corrette operazioni, specialmente quando l’attività dell’attuatore è continua. In questa tesi è stato implementato un modello conduttivo di tipo termo-elettro-meccanico, capace di descrivere il riscaldamento di attuatori piezoelettrici annegati. In particolare esso permette di valutare la temperatura della patch PZT, misurando quelle delle superfici esterne del sistema. Per questo scopo, la distribuzione termica delle facce dell’attuatore è stata acquisita mediante termografia IR e punti rappresentativi sono stati investigati con termocoppie superficiali. Il modello è stato validato analizzando il provino costituito da una struttura polimerica con una patch PZT inglobata. Un modello di misura dell’incertezza è stato calcolato per mettere in evidenza le variabili più rilevanti ed è stato presentato il caso studio di una patch PZT, annegata all’interno di un pannello in composito. I sensori piezoelettrici sono dispositivi in grado di percepire lo stato vibrazionale di strutture più o meno complesse. Le loro caratteristiche intrinseche devono mostrare adeguatezza nell’acquisire correttamente i segnali da misurare, per cui risultano fondamentali la loro posizione, le loro dimensioni, il loro peso ed in generale le caratteristiche meccaniche ed elettriche utili alla loro funzione. Nella maggior parte dei casi tutto è finalizzato alla rilevazione della risonanza della struttura in esame. Questa rappresenta certamente l’effetto principale da eliminare per ottenere un corretto controllo di vibrazione e rumore, tuttavia può essere fruttata per giungere a risultati vantaggiosi. Molti dispositivi piezoelettrici sono in grado di adoperare la vibrazione per produrre energia elettrica. Tale tecnica è chiamata Energy Harvesting (EH) e si basa sulla generazione di piccole potenze elettriche, mediante l’utilizzo di fenomeni dovuti ad interazioni indirette sistema-harvester. In tal maniera è possibile posizionare un elemento piezoelettrico su un sistema vibrante e sfruttare la vibrazione prodotta per innescare la risonanza ed in modo passivo sviluppare corrente e tensione. In questo lavoro di tesi sono stati caratterizzati un generatore piezoelettrico risonante a sbalzo (RPG), in grado di operare in configurazione d31 ed un circuito di raddrizzamento e di regolazione (RRC) ad esso collegabile. I comportamenti elettrici e vibrazioni sono stati indagati attraverso prove di laboratorio per evidenziare la potenza massima generabile, i parametri dinamici, il campo di deformazione associata, l'efficienza dell’RPG ed i tempi di carica e scarica dell’RRC. I risultati mostrano che esiste una potenza ottimale per un carico specifico ed essa si massimizza in corrispondenza della frequenza di risonanza. Infatti in queste condizioni meccaniche, la potenza si accresce di diversi ordini di grandezza e vantaggi simili sono ottenuti nell’efficienza. Gli stessi sono stati raggiunti impiegando l’RCC, incrementando i tempi di funzionamento. L'obiettivo principale di questo studio è quello di migliorare le prestazioni di un tradizionale risuonatore piezoelettrico a sbalzo e verificarne la fattibilità per casi reali. Il controllo attivo del rumore e delle vibrazioni è stato messo a punto avvalendosi dei sensori e degli attuatori piezoelettrici precedentemente studiati, al fine di creare un sistema automatizzato in grado di sopperire all’obiettivo attraverso implementazione software. L’architettura hardware è stata facilmente impiantata su una semplice struttura, incollando i trasduttori sulle sue superfici. In seguito questi sono stati collegati ad un sistema di acquisizione/ controllo/generazione dei segnali di vibrazione. In ambito software sono stati sviluppai applicativi, utilizzando LabVIEW™, in grado di attuare opportune strategie di condizionamento dei segnali, avvalendosi del principio di sovrapposizione degli effetti. L’obiettivo del lavoro è quello di ridurre le vibrazioni alla risonanza, acquisendo i segnali e generando onde uguali e contrare, quindi con stesso modulo e opposta fase, permettendo di approntare la cosiddetta sovrapposizione distruttiva, prodotta attraverso controllo ad anello chiuso. L’ultima parte di questa tesi è incentrata sul proporre l’uso delle patch piezoelettriche come sensori ed attuatori attraverso la tecnica del Match Coefficient Approach (MCA) per l’identificazione di difetti prossimi alla superficie di strutture metalliche. Il setup utilizzato per l’applicazione di questa innovativa metodologia coincide con quello adoperato per il controllo attivo delle vibrazioni e del rumore; di conseguenza esso permette ambivalentemente di svolgere monitoraggio strutturale e controllo attivo. In questo caso è stato fatto uno studio preliminare con il quale è stato proposto un algoritmo in ambiente Matlab™ per applicare lo schema di ricostruzione delle immagini attraverso Synthetic Aperture Focus (SAF), opportunamente modificato mediante la tecnica del Matched Field Processing (MFP), utilizzata per la localizzazione delle sorgenti acustiche per emissioni subacquee e dei terremoti. Per verificare l’efficienza della proposta è stato studiato il caso di una piastra sottile metallica con fori, spallature e difetti su cui sono stati incollati trasduttori piezoelettrici allo scopo di identificare tali disuniformità della superficie.
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CACCAMO, ALESSIO. "Dalla Graphicacy alla Data-Graphicacy. Una proposta metodologica Design-Based per un approccio critico interdisciplinare all’artefatto di Information Design". Doctoral thesis, 2022. http://hdl.handle.net/11573/1651287.

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Nell’epoca dell’infodemia, in cui la società si trova a confrontarsi con la necessità di elaborare rapidamente grandi quantità di dati ed informazioni contenuti in un singolo artefatto comunicativo, il Design della Comunicazione Visiva – e in particolare l’Information Design – rivestono un ruolo fondamentale in quanto portatori del sapere specifico relativo al processo di produzione e consumo degli artefatti comunicativi-infografici. Considerando che la decodifica di qualsiasi artefatto comunicativo di Information Design appare inconsapevolmente facile, in virtù dell’uso di un linguaggio apparentemente universale ed accessibile, vi è tuttavia una dimensione infoestetica che determina un abbassamento della soglia critica di attenzione contro possibili manipolazioni di significato. Ciò che ne deriva è, pertanto, un fenomeno diffuso di disordine informativo, in quanto “anche i grafici possono mentire”. La competenza storicamente deputata alla lettura di un grafico, prima ancora della sua comprensione, è la Graphicacy che, sebbene concettualizzata oltre 56 anni fa, trova difficoltà oggettive nella sua applicazione e diffusione all’interno dei diversi curricula educativi, a causa di questioni tassonomiche, di metodi e di approcci sistemici. A partire da tali premesse, la presente tesi dottorale indaga il ruolo cognitivo del Design dell’Informazione e dei suoi artefatti, attraverso la proposta, sperimentazione e validazione di una metodologia Design-based per un approccio critico interdisciplinare al progetto di Information Design, che unisca competenza tecnica, culturale e di pensiero in un processo di democratizzazione della cultura del progetto: dalla Graphicacy alla Data-Graphicacy, per uno sviluppo strategico di competenze di decodifica e codifica critica.
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FORMICONI, Cristina. "LÈD: Il Lavoro È un Diritto. Nuove soluzioni all’auto-orientamento al lavoro e per il recruiting online delle persone con disabilità". Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251119.

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INTRODUZIONE: Il presente progetto di ricerca nasce all’interno di un Dottorato Eureka, sviluppato grazie al contributo della Regione Marche, dell’Università di Macerata e dell’azienda Jobmetoo by Jobdisabili srl, agenzia per il lavoro esclusivamente focalizzata sui lavoratori con disabilità o appartenenti alle categorie protette. Se trovare lavoro è già difficile per molti, per chi ha una disabilità diventa un percorso pieno di ostacoli. Nonostante, infatti, la legge 68/99 abbia una visione tra le più avanzate in Europa, l’Italia è stata ripresa dalla Corte Europea per non rispettare i propri doveri relativamente al collocamento mirato delle persone con disabilità. Tra chi ha una disabilità, la disoccupazione è fra il 50% e il 70% in Europa, con punte dell’80% in Italia. L’attuale strategia europea sulla disabilità 2010-2020 pone come obiettivi fondamentali la lotta alla discriminazione, le pari opportunità e l’inclusione attiva. Per la realizzazione di tali obiettivi assume un’importanza centrale l’orientamento permanente: esso si esercita in forme e modalità diverse a seconda dei bisogni, dei contesti e delle situazioni. La centralità di tutti gli interventi orientativi è il riconoscimento della capacità di autodeterminazione dell’essere umano, che va supportato nel trovare la massima possibilità di manifestarsi e realizzarsi. Ciò vale ancora di più per le persone con disabilità, in quanto risultano fondamentali tutte quelle azioni che consentono loro di raggiungere una consapevolezza delle proprie capacità/abilità accanto al riconoscimento delle caratteristiche della propria disabilità. L’orientamento assume così un valore permanente nella vita di ogni persona, garantendone lo sviluppo e il sostegno nei processi di scelta e di decisione con l’obiettivo di promuovere l’occupazione attiva, la crescita economica e l’inclusione sociale. Oggi giorno il frame work di riferimento concettuale nel campo della disabilità è l’International Classification of Functioning, Disability and Health (ICF), il quale ha portato a un vero e proprio rovesciamento del termine disabilità dal negativo al positivo: non si parla più di impedimenti, disabilità, handicap, ma di funzioni, strutture e attività. In quest’ottica, la disabilità non appare più come mera conseguenza delle condizioni fisiche dell’individuo, ma scaturisce dalla relazione fra l’individuo e le condizioni del mondo esterno. In termini di progetto di vita la sfida della persona con disabilità è quella di poter essere messa nelle condizioni di sperimentarsi come attore della propria esistenza, con il diritto di poter decidere e, quindi, di agire di conseguenza in funzione del proprio benessere e della qualità della propria vita, un una logica di autodeterminazione. OBIETTIVO: Sulla base del background e delle teorie di riferimento analizzate e delle necessità aziendali è stata elaborata la seguente domanda di ricerca: è possibile aumentare la consapevolezza negli/nelle studenti/esse e laureati/e con disabilità che si approcciano al mondo del lavoro, rispetto alle proprie abilità, competenze, risorse, oltre che alle limitazioni imposte dalla propria disabilità? L’obiettivo è quello di sostenere i processi di auto-riflessione sulla propria identità e di valorizzare il ruolo attivo della persona stessa nella sua autodeterminazione, con la finalità ultima di aumentare e migliorare il match tra le persone con disabilità e le imprese. L’auto-riflessione permetterà di facilitare il successivo contatto dialogico con esperti di orientamento e costituirà una competenza che il soggetto porterà comunque come valore aggiunto nel mondo del lavoro. METODI E ATTIVITÀ: Il paradigma teorico-metodologico adottato è un approccio costruttivista: peculiarità di questo metodo è che ciascuna componente della ricerca può essere riconsiderata o modificata nel corso della sua conduzione o come conseguenza di cambiamenti introdotti in qualche altra componente e pertanto il processo è caratterizzato da circolarità; la metodologia e gli strumenti non sono dunque assoggettati alla ricerca ma sono al servizio degli obiettivi di questa. Il primo passo del progetto di ricerca è stato quello di ricostruzione dello stato dell’arte, raccogliendo dati, attraverso la ricerca bibliografica e sitografica su: l’orientamento, la normativa vigente in tema di disabilità, i dati di occupazione/disoccupazione delle persone con disabilità e gli strumenti di accompagnamento al lavoro. A fronte di dati mancanti sul territorio italiano relativi alla carriera e ai fabbisogni lavorativi degli/delle studenti/esse e laureati/e con disabilità, nella prima fase del progetto di ricerca è stata avviata una raccolta dati su scala nazionale, relativa al monitoraggio di carriera degli studenti/laureati con disabilità e all’individuazione dei bisogni connessi al mondo del lavoro. Per la raccolta dati è stato sviluppato un questionario ed è stata richiesta la collaborazione a tutte le Università italiane. Sulla base dei dati ricavati dal questionario, della letteratura e delle indagini esistenti sulle professioni, nella fase successiva della ricerca si è proceduto alla strutturazione di un percorso di auto-orientamento, volto ad aumentare la consapevolezza nelle persone con disabilità delle proprie abilità e risorse, accanto a quella dei propri limiti. In particolare, il punto di partenza per la costruzione del percorso è stata l’Indagine Istat- Isfol sulle professioni (2012) e la teoria delle Intelligenze Multiple di H. Gardner (1983). Si è arrivati così alla strutturazione del percorso di auto-orientamento, composto da una serie di questionari attraverso i quali il candidato è chiamato ad auto-valutare le proprie conoscenze, le competenze, le condizioni di lavoro che gli richiedono più o meno sforzo e le intelligenze che lo caratterizzano, aggiungendo a questi anche una parte più narrativa dove il soggetto è invitato a raccontare i propri punti di forza, debolezza e le proprie aspirazioni in ambito professionale. Per sperimentare il percorso di auto-orientamento creato, nell’ultima fase della ricerca è stato predisposto uno studio pilota per la raccolta di alcuni primi dati qualitativi con target differenti, studenti/esse universitari/e e insegnanti di scuola superiore impegnati nel tema del sostegno e dell’orientamento, e utilizzando diversi strumenti (autopresentazioni, test multidimensionale autostima, focus group). CONCLUSIONI: I dati ottenuti dallo studio pilota, seppur non generalizzabili, in quanto provenienti da un campione esiguo, hanno evidenziato come il percorso di auto-orientamento attivi una riflessione sulla visione di sé nei diversi contesti e un cambiamento, in positivo o in negativo, nell’autostima e nella valutazione di sé in diverse aree, ad esempio nell’area delle relazioni interpersonali, del vissuto corporeo, dell’emotività ecc. Tali dati ci hanno permesso soprattutto di evidenziare punti di forza e debolezza del percorso creato e di apportare modifiche per una maggiore comprensione e adattabilità del prodotto stesso. Il valore del percorso orientativo è connesso al ruolo attivo di auto-valutatore giocato dal candidato con disabilità, affiancando a questa prima fase di autovalutazione un successivo confronto dialogico con un esperto, tale da permettere un ancoraggio alla realtà esterna, al contesto in cui il soggetto si trova a vivere. In questo senso, l’orientamento assume il valore di un processo continuo e articolato, che ha come scopo principale quello di sostenere la consapevolezza di sé e delle proprie potenzialità, agendo all’interno dell’area dello sviluppo prossimale della persona verso la realizzazione della propria identità personale, sociale e professionale.
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SBRANA, ALESSANDRO. "Faculty Development Centri di Professionalità Accademica (CPA)". Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251175.

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mondo universitario ha subito un’ondata di cambiamenti che si possono ricondurre alla ricerca dell’eccellenza, declinata secondo le due dimensioni della valutazione e della rendicontazione. Tre sono quelli più evidenti: il primo, il passaggio da una ricerca curiosity driven a una ricerca funzionale al raggiungimento di risultati valutabili in tempi brevi; dalla ricerca pura a quella applicata, da un approccio problem-making a uno problem-solving, da una conoscenza come processo a una conoscenza come prodotto, da un modello disinteressato a uno utilitaristico (Barnett, 1994); il secondo, riguardante l’offerta formativa: dal momento che si è modificato il modo di concepire l’apprendimento; i curricula tendono a essere definiti in termini di risultati di apprendimento predefiniti (Blackmore, 2016); il terzo, peculiare della struttura amministrativa: dal momento in cui sono divenute essenziali una serie di nuove sovrastrutture (programmazione, valutazione, controlli, comunicazione) rispetto al mandato originario della struttura universitaria si registra un aumento consistente del personale delle strutture amministrative. Questi cambiamenti devono fare i conti con la perdita di prestigio della vita accademica, il cambiamento del ruolo dello studente, che è diventato sempre più importante e l’aumento delle procedure burocratiche che rischiano di ingessare un sistema un tempo caratterizzato da un’elevata autonomia. Per consentire alle strutture universitarie di affrontare le sfide culturali a partire dagli anni Settanta nelle università nord-americane si sono strutturate iniziative finalizzate allo sviluppo e alla promozione di una migliore offerta formativa. Tali iniziative vengono definite con l’espressione Faculty Development (FD), una policy accademica finalizzata a creare le condizioni per un miglioramento delle competenze di tutti coloro che sono coinvolti nelle attività svolte in un ateneo. Nella realtà italiana emerge la mancanza di una vera politica di formazione al teaching per i ricercatori e i docenti universitari, per non parlare dell’esigenza di superare il pregiudizio, di gentiliana memoria, secondo il quale non è necessario apprendere a insegnare, ma sia sufficiente avere successo nella ricerca, cui si aggiunge nell’ultimo decennio una continua e affannata richiesta al personale accademico di azioni organizzative, valutative e documentali, che assorbono tempo e energie senza il supporto di adeguati apparati gestionali e senza predisporre indagini valutative capaci di misurare l’effettivo esito di tutte queste azioni. L’effetto finale è un evidente declino (Capano et al., 2017) dell’istituzione universitaria. Si può ipotizzare che la cultura del organizzazione propria del Faculty Development possa contribuire nel contesto italiano a fornire azioni a supporto del cambiamento: è quanto mai essenziale dotare gli atenei di risorse funzionali a riqualificare la vita accademica, fornendo al personale accademico gli strumenti necessari per performare una buona scholarship, realizzare un’efficace offerta formativa e attuare adeguate forme di terza missione, capaci di incrementare la vita culturale della comunità. Il presente studio si propone come un’analisi sistematica della letteratura sul tema del Faculty Development, che persegue l’obiettivo di sviluppare una disamina estesa dell’oggetto, in modo che l’esplicitazione della datità raccolta fornisca un’analisi del fenomeno che possa essere di supporto a un’avveduta educational policy nel campo della formazione universitaria. Nel contesto italiano ad oggi non esiste una cultura di attenzione ai contesti di apprendimento universitario. L’offerta formativa è concepita come offerta di pacchetti curriculari e la predisposizione delle condizioni di apprendimento per il conseguimento del titolo universitario si risolve nella organizzazione di una serie di lezioni, frontali o laboratoriali, senza che tutto questo sia innervato da una specifica intenzionalità didattica. Questa immagine poco confortante non intende affatto trascurare tutti i casi di buone prassi sviluppati nei vari corsi di studio, ma il buono che emerge è demandato all’impegno del singolo, senza che l’istituzione universitaria si interroghi sul come predisporre le condizioni per il potenziamento della qualità dei processi di apprendimento. A fronte di questa situazione la necessità di migliorare la qualità dell’insegnamento non è mai stata così stringente e sfidante come lo è oggi, in un clima di continuo cambiamento della formazione superiore. Nuove tendenze definiscono la formazione superiore, attraversando confini istituzionali e nazionali. Essi influiscono sul modo in cui un insegnamento efficace viene concettualizzato, condotto e supportato, valutato, valorizzato e riconosciuto. È necessario affrontare temi quali l’inadeguata preparazione per il lavoro accademico nei corsi di studio magistrali, l’incapacità dei docenti a trasferire competenze, la crescente complessità degli ambienti accademici, le attese e le responsabilità istituzionali, la necessità di preparare meglio gli studenti con bisogni diversi, e la necessità di stare al passo con i balzi della conoscenza e i cambiamenti nelle professioni. Migliorare la qualità della didattica è inoltre essenziale perché consente di ridurre il numero degli abbandoni. È venuto il momento di transitare da un’offerta formativa di tipo episodico a una prospettiva di esperienze di apprendimento in continuità nel tempo, per accompagnare la formazione dei docenti in un modo strutturalmente organizzato (Webster-Wright, 2009). Sulla base della rilevazione fenomenica, sono emerse le seguenti domande di ricerca: che cosa è il FD? Cosa consente di fare? Come si mette in pratica? Quali sono le potenzialità? Quali sono i limiti? Il FD ha il compito di incentivare i docenti ad interessarsi ai processi di insegnamento e apprendimento e a procurare un ambiente sicuro e positivo nel quale fare ricerca, sperimentare, valutare e adottare nuovi metodi (Lancaster et al. 2014). È finalizzato a promuovere cambiamento sia a livello individuale sia a livello organizzativo. Occupa un posto centrale il miglioramento delle competenze di teaching (Steinert, 2014). Due importanti obiettivi sono rappresentati dalla promozione delle capacità di leadership e di gestione dei contesti (Steiner et al., 2012). Una volta definite le metodologie del teaching, che possono essere oggetto di apprendimento da parte del personale accademico, è risultato necessario identificare le principali modalità formative che un centro di Faculty Development (FDc) dovrebbe mettere in atto per favorire l’apprendimento delle competenze didattiche. Per comprenderne la funzione reale è stato utile prendere in esame le attività proposte dai più importanti centri del panorama accademico nordamericano, analizzandone la struttura organizzativa, le risorse disponibili ed identificandone le due figure principali: il responsabile dell’organizzazione dei processi formativi e il responsabile della struttura. L’analisi dei casi ha consentito di evidenziare i molteplici servizi che possono essere forniti da un FDc. Questa analisi di realtà è risultata molto utile poiché ha offerto indicazioni pragmatiche ai fini di una politica accademica innovativa anche in ambito italiano. Alla luce degli argomenti sviluppati è stato possibile ipotizzare anche per gli atenei italiani l’istituzione di “Centri per la professionalità accademica”, indicando possibili iniziative da essi realizzabili, che potrebbero trovare spazio nella realtà del nostro paese.
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