Literatura académica sobre el tema "Manoscritti latini"

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Artículos de revistas sobre el tema "Manoscritti latini"

1

Fedeli, Paolo. "L'immagine come interpretazione nei manoscritti latini". Euphrosyne 30 (enero de 2002): 297–316. http://dx.doi.org/10.1484/j.euphr.5.125661.

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2

Maniaci, Marilena. "Ricette di costruzione della pagina nei manoscritti greci e latini". Scriptorium 49, n.º 1 (1995): 16–41. http://dx.doi.org/10.3406/scrip.1995.1713.

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3

Dąbek, Tomasz Maria. "Refleksje na temat współczesnych kierunków interpretacji chorału gregoriańskiego". Ruch Biblijny i Liturgiczny 57, n.º 3 (30 de septiembre de 2004): 185. http://dx.doi.org/10.21906/rbl.514.

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Nei nostri tempi si sviluppa un nuovo metodo di eseguire il canto gregoriano, ispirato al lavoro di E. Cardine, Semiologie Grégorienne (Extrait des Etudes Grégoriennes, Tome XI), Solesmes 1970, ma anche alla pratica di canto da parte dei monaci orientali e dei cantori dalle isole del Mar Mediterraneo. Le spiegazioni della ricca tradizione di Solesmes vengono messe in discussione. Nel pressus i cantori fanno la ripercussione delle note colla stessa altezza, spesso in modo nervoso. Si cerca di badare tutti i dati degli antichi manoscritti e di eseguire esattamente i più piccoli segmenti, a scapito di frasi più grandi e d’insieme di un canto. Interessanti sono gli studi sul trattato di Girolamo di Moravia, ma bisogna sapere che questo è una fonte del canto del XIII secolo, autentico solo per l’Ordine dei Predicatori. Dal IX secolo molti musicisti s’interessavano più alla primitiva musica polifonica che al monodico canto gregoriano. Sarebbe bene studiare gl’influssi orientali sul canto della Chiesa latina e i costumi dei monaci e dei cantori diocesani dei duomi e delle collegiate nel medioevo per conoscere meglio le autentiche tradizioni, ma è una cosa per gli specialisti; gli elementi orientali interessano solo i giovani musicisti e quelli più maturi. Invece nella pratica quotidiana del canto gregoriano importante è che ciascuno brano venga eseguito con i suoi dati specifici senza mescolanza e sincretismo e poi le cose concrete come: la conoscenza del senso dei testi liturgici latini, l’altezza commoda per i cantori, il tempo moderato, non troppo lento e non troppo veloce, il modo normale di cantare dei solisti e dei gruppi.
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Orsi, Elisa. "codice senese nella storia delle illustrazioni dantesche: note sulla fortuna critica della Commedia Yates Thompson 36". Dante e l'Arte 8 (7 de marzo de 2022): 65–86. http://dx.doi.org/10.5565/rev/dea.155.

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Il contributo intende ripercorrere brevemente la ricezione critica del ms. Yates Thompson 36, mostrando le intersezioni tra la storia della fortuna del manoscritto e la storia della fortuna dei manoscritti illustrati danteschi dal Novecento ad oggi. Quanto emerge dimostra che la parabola della Commedia di Alfonso V di Aragona coincide, fino alla metà del secolo scorso, con quella di altri manoscritti signorili come l’Urbinate Latino 365, precocemente valorizzati per il loro interesse storico-artistico. Con l’avvento di una nuova stagione degli studi, orientata allo studio della valenza esegetica del corredo illustrativo, il destino dello Yates Thompson si riallinea a quello di altri manoscritti, più antichi e ‘meno celebri’, nel segno di una nuova prospettiva sulla tradizione figurativa dantesca fondata sulla ricostruzione della storia materiale e culturale del codice.
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Ziolkowski, Jan M. "Poesia dell'alto medioevo europeo: Manoscritti, lingua e musica dei ritmi latini/Poetry of Early Medieval Europe: Manuscripts, Language and Music of the Latin Rhythmical Texts. Francesco Stella". Speculum 80, n.º 3 (julio de 2005): 985–87. http://dx.doi.org/10.1017/s0038713400008861.

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Gendre, Renato. "Nota Gotica". Linguistica 42, n.º 1 (1 de diciembre de 2002): 5–7. http://dx.doi.org/10.4312/linguistica.42.1.5-7.

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Dalla documentazione presentata, ancorché in modo non completo, si può constatare che ogni qual volta il testo greco presenta i1 verbo nella posizione 'in incastro', 2 anche in quello gotico troviamo la stessa situazione. E benché crediamo a una sostanziale dipendenza dal greco dalla prassi sintattica gotica, 3 tuttavia riteniamo che non si possa del tutto escludere di trovarsi in presenza di uno stesso tratto sintattico, cioé di uno stesso modo di distribuire l'informazione, secondo un preciso ordine dei costituenti di frase, di origine indoeuropea. La "spezzatura di ciò che secondo il nostro sentimento linguistico è unito [ ... ] è comune sia tra i Greci che tra i Latini e gli Indiani4 e si trova in tracce ben riconoscibili anche nell'epica germanica".5 Purtroppo, come già G. Bonfante, anche noi pur "scandagliando l'epopea germanica [non abbiamo] trovato nulla in questo senso".6 La presenza sicura di questo tratto nel gotico però e, per chi come noi gli dà valore, l 'uso della tmesi 7 in testi epici germanici 8 sono 1í ad avvalorare l'ipotesi che la posizione 'in incastro' del verbo rappresenta "il modo più antico, facilmente c omprensibile dal p unto di v ista psicologico, di ordinare le paro le n ella frase idg". 9 È ben vero che il passo del Vangelo di Luca (2, 25) "7tveuμa. Tiv &ytov E7t' a.u't6v", reso in gotico "ahma weihs was ana imma", sembrerebbe opporsi a quanto è stato appena affermato. Ma cosí non è. Infatti, "il ne faut pas perdre de vue que Wulfila a suivi un manuscrit grec du type de *K ou *Kt, mais que la version gotique présente des leçons propre à 1cxo5" .1 O E molti manoscritti appartenenti al 'Ti po I' 11 riportano la lezione "7tveuμa. &ytov Tiv". 12 Pertanto, l'unica conclusione che da questo esempio si deve trarre è che il grande Vescovo dei Goti abbia avuto sotto gli occhi un testo di questa ultima famiglia e, come è nel suo stile, ne sia stato condizionato.
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Tommasi, Alessia. "Il volo di Alessandro Magno nel Medioevo romanzo: fra testi e immagini". Revista de Filología Románica 39 (3 de noviembre de 2022): 29–43. http://dx.doi.org/10.5209/rfrm.81629.

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Questo contributo prende spunto dal celebre volume di Chiara Frugoni, Historia Alexandri Magni elevati per griphos ad aerem. Origine, iconografia e fortuna di un tema (Roma, Istituto Storico per il Medioevo Italiano, 1973), e vuole presentare un approfondimento per quanto riguarda l’ambito dei volgarizzamenti italiani del Romanzo di Alessandro, che pare non aver riscosso finora grande attenzione da parte degli studiosi. In questo saggio si propone dunque uno studio delle caratteristiche della scena del volo nei volgarizzamenti italiani della seconda redazione della Historia de preliis Alexandri Magni, passando attraverso lo studio delle tradizioni illustrative dei manoscritti miniati (prevalentemente di ambito francese). Particolarmente innovativo è l’allargamento del campo di indagine alle possibili relazioni tra i manoscritti figurati e la presenza nei volgarizzamenti di dettagli assenti nella versione latina di partenza (forse per il tramite di un modello latino che già conteneva in sé una o più variabili).
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Zvonareva, Alina. "Le rubriche in volgare del códice 7-1-52 della biblioteca Colombina di Siviglia". Revista Galega de Filoloxía 13 (17 de mayo de 2012): 151–77. http://dx.doi.org/10.17979/rgf.2012.13.0.3830.

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Il presente contributo propone uno studio storico-linguistico delle rubriche in volgare del ms. 7-1-52 della biblioteca Colombina di Siviglia. Si tratta di un codice francescano trecentesco trascritto in Italia settentrionale, contenente testi di carattere didattico-religioso e contraddistinto da uno spiccato ibridismo linguistico: nel corpus di riferimento si riscontrano tratti veronesi, veneziani o venezianeggianti, padovani ed emiliani. Il quadro dei fenomeni linguistici che emerge dalle rubriche viene confrontato nell’articolo con le peculiarità linguistiche che presenta il testo principale dei componimenti tràditi dal manoscritto; sulla base dello studio svolto si formulano delle ipotesi riguardo la datazione e la localizzazione delle rubriche. Inoltre, tale confronto permette di mettere il materiale linguistico in relazione con il problema della trasmissione e ricezione dei testi copiati. In particolare, viene postulato che i titoli del nostro codice rappresentino un volgarizzamento delle rubriche latine dell’archetipo perduto, e a tale proposito vengono esaminati anche gli altri testimoni manoscritti dei testi del corpus. Ci si interroga anche sul valore stilistico di tratti latineggianti, toscaneggianti e marcatamente locali, nonché su cosa significhi il fatto stesso di volgere le rubriche in un volgare settentrionale.
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GOLDSTEIN, BERNARD R. y A. MARK SMITH. "THE MEDIEVAL HEBREW AND ITALIAN VERSIONS OF IBN MU'DH'S ON TWILIGHT AND THE RISING OF CLOUDS". Nuncius 8, n.º 2 (1993): 611–13. http://dx.doi.org/10.1163/182539183x00749.

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Abstracttitle RIASSUNTO /title Il breve trattato di Ibn Mu'dh, scienziato arabo spagnolo dell'undicesimo secolo, presenta un metodo singolare per determinare l'altezza dell'atmosfera. L'originale arabo perduto, ma il testo conservato in tre versioni medievali. Due di esse sono tradotte direttamente dall'arabo: una versione latina del tardo dodicesimo secolo attribuibile a Gerardo da Cremona, e una traduzione ebraica di Samuel ben Judah di Marsiglia, redatta nel quattordicesimo secolo. La terza una versione italiana anonima, tradotta dal latino, conservata soltanto in un manoscritto del Trecento. Qui vengono pubblicate le versioni ebraica e italiana.
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Volpi, Irene. "Il Corpus Rhythmorum Musicum Opportunità e prospettive di una edizione critica digitale". Revista de Poética Medieval 33 (31 de diciembre de 2019): 99–120. http://dx.doi.org/10.37536/rpm.2019.33.0.69092.

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Il Corpus Rhythmorm Musicum (CRM) è un progetto ideato da Francesco Stella, che dà edizione critica dei rhytmhi – poesie latine medievali basate su un principio sillabico e accentuativo – che siano prodotti dal quarto al nono secolo e provvisti di almeno una melodia attestata nella tradizione manoscritta. A seguito della pubblicazione del primo volume e del CD-ROM (Firenze, SISMEL, Edizioni Del Galluzzo, 2007), contenenti canti di tradizione non liturgica, Luigi Tessarolo ha riprogrammato il database per il web nel 2011. Nel database, liberamente accessibile online (<http://www.corimu.unisi.it/>), per ogni rhythmus, oltre all’edizione digitale di poesie e musiche (curate da S. Barrett), è possibile visualizzare: tutti i manoscritti collazionati e le loro descrizioni; le trascrizioni di poesie e melodie nei diversi testimoni (insieme a quelle alfanumeriche e alle esecuzioni musicali dirette da G. Baroffio, curatore del reperimento delle trascrizioni moderne); le schede con il profilo storico, letterario ed ecdotico, quelle su versi e lingua. Da esse derivano le tavole linguistiche di C. Cenni, F. Sivo, P. Stoppacci e le statistiche lessicali, un repertorio delle forme ritmiche curato da E. D’Angelo e C. Pérez González e un menù di ricerca che permette di porre domande complesse al database. Si presentano in questa sede le possibilità d’analisi offerte dal CRM e si indaga sul ruolo svolto dall’elemento melodico nella formazione di questi componimenti. S’indicano, infine, alcuni studi sorti grazie al database, nonché i progetti in corso: l’edizione dei rhythmi computistici – su calendario, astronomia e metodo per calcolare la data della Pasqua – e gli inni ritmici.
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Tesis sobre el tema "Manoscritti latini"

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Rovesti, Camilla <1994&gt. "Catalogo dei manoscritti classici latini della collezione Phillipps della Staatsbibliothek di Berlino". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2022. http://hdl.handle.net/10579/20990.

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RAGAZZINI, CLIO. "I manoscritti datati della Biblioteca Universitaria di Bologna". Doctoral thesis, Università degli studi di Ferrara, 2021. http://hdl.handle.net/11392/2478824.

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Resumen
La tesi rientra nel progetto di ricerca Manoscritti datati d’Italia (MDI) promosso dal 1994 dall’Associazione Italiana Manoscritti Datati (AIMD; www.manoscrittidatati.it), per censire e descrivere tutti i libri manoscritti in scrittura latina datati entro l’anno 1500 conservati sul territorio nazionale, pubblicando singoli cataloghi locali facenti parte dell’omonima collana della casa editrice SISMEL di Firenze (www.sismel.it/catalogo/collane/mdi-manoscritti-datati-ditalia). Il progetto MDI contribuisce inoltre alla catalogazione scientifica dei manoscritti datati europei, proposta già dal primo Colloquio del Comité International de Paléographie latine (CIPL) di Parigi del 1953, allo scopo di creare repertori paleografico-codicologici utili al progresso della conoscenza della storia della scrittura latina e della produzione del libro di epoca medievale, soprattutto dei secoli XIII-XV. Propedeutica alla prossima pubblicazione del volume MDI dedicato alla Biblioteca Universitaria di Bologna (BUB), la tesi è incentrata sulla descrizione di 178 manoscritti datati (per 180 unità codicologiche) individuati in BUB entro febbraio 2021, mediante l’aggiornamento e la scrematura sistematica di una prima sommaria campionatura e di un censimento generale di oltre 1200 testimoni databili entro il secolo XV, risalenti al biennio 2016-2017. Ricalcando la struttura dei volumi MDI, la tesi si apre con un saggio esaustivo e aggiornato sulla storia della Biblioteca e del fondo manoscritto, dopo il quale si trovano il catalogo dei codici e la rassegna di quelli scartati; seguono la bibliografia, gli indici e 180 tavole a colori. Ciascuna di queste sezioni, in particolare le schede dei manoscritti, è stata allestita seguendo le indicazioni metodologiche e le norme redazionali previste dal protocollo del progetto MDI. Attraverso questa tesi, la lavorazione del catalogo MDI relativo alla BUB raggiunge quindi un primo significativo traguardo, ma potrà dirsi conclusa soltanto al termine delle verifiche al posseduto medievale della Biblioteca ancora in corso, dalle quali ci si aspetta un aumento dei manoscritti datati da descrivere. Dopo l’ulteriore necessaria revisione, il volume sarà inserito nella programmazione editoriale della casa editrice SISMEL e auspicabilmente pubblicato nel corso del 2022.
This dissertation is based on the research project Manoscritti datati d’Italia (MDI), which has been developed since 1994 by the AIMD Society (www.manoscrittidatati.it), with the aim of listing and describing all manuscripts books in Latin writing dated to the Year 1500 held in Italian libraries. The MDI project represents also the Italian contribution to the cataloguing of European dated manuscripts, which was established in 1953 by the first meeting of Comité International de Paléographie latine (CIPL) to provide new resources and tools for Medieval Latin Paleography and Codicology. All the catalogues resulting from MDI project are published in the SISMEL Publisher’s MDI monographic series (www.sismel.it/catalogo/collane/mdi-manoscritti-datati-ditalia), which currently consists of 33 volumes, issued from 1996 to 2021. So, the main purpose of this dissertation is to draw up the MDI catalogue of the dated manuscripts preserved in Bologna University Library (BUB). In fact, it contains the descriptions of 178 dated manuscripts (for 180 codicological units) selected to February 2021 from a previous preliminary list and a general census of about 1200 BUB’s medieval manuscripts in Latin script, both provided in 2016-2017. Like the other volumes of the MDI series, the catalogue is introduced by an exhaustive essay about the history of the BUB and its special collections and is followed by the list of rejected manuscripts, while it is furnished with bibliography, indexes and 180 plates. Each part, especially the manuscript descriptions, was edited according to the MDI project’s protocol and guidelines. In conclusion, this dissertation reaches a first important milestone in the development of the forthcoming MDI volume about BUB, which will hopefully be published in 2022. The next steps to achieve this goal will be the end of the current additional checks on the census of BUB’s medieval manuscripts, the cataloguing of any extra dated items and lastly the editorial and revision process.
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3

Salis, Sabrina <1974&gt. "Manoscritti medievali in lingua latina della Biblioteca del Museo Correr di Venezia". Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2008. http://hdl.handle.net/10579/804.

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Funaro, Federica <1991&gt. "Le Etiopiche di Eliodoro di Emesa: manoscritti, edizioni, traduzioni latine e italiane del XVI secolo". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2021. http://hdl.handle.net/10579/19546.

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Il lavoro si propone di studiare la diffusione, manoscritta e a stampa, e le traduzioni latine e italiane del romanzo greco di Eliodoro di Emesa: le Etiopiche (III sec. d.C.). Nella prima parte si delinea la problematica relativa al profilo dell’autore, non ancora universalmente riconosciuto, e si analizzano l’opera, intesa come romanzo “erotico”, e le sue struttura e trama. Nella seconda sezione si ricostruisce e si aggiorna lo studio della tradizione manoscritta e dei trentasei testimoni che hanno conservato l’opera, da un frammento pergamenaceo (VII sec. d.C.), a mss. del XVIII secolo, copie di edizioni a stampa. Questo è il tema scelto per la terza parte, in cui si ripercorrono, attraverso note prefatorie ed epistole dedicatorie, le tappe degli studi di editori, stampatori e traduttori coinvolti nella pubblicazione delle Etiopiche: dall’editio princeps in greco (1534), alle numerose edizioni parziali e traduzioni latine, qui confrontate e valutate a partire dall’originale greco; dal volgarizzamento italiano (1556), mai editato criticamente, fino alle pubblicazioni di Martin Crusius (1584) e Commelinus (1596), autori, rispettivamente, di una monumentale epitome in latino e della prima edizione “moderna” con testo latino affrontato al greco, frutto di collazioni tra manoscritti ed edizioni. L’ultima parte segue le orme di Eliodoro nel Settecento e nell’Ottocento e le vede ripercorse da quelle di numerosi e celebri poeti. Constatata l’importanza delle Etiopiche, questa tesi si propone come aggiornamento e sintesi degli studi finora condotti, e come punto di partenza per quelli futuri, poiché il romanzo necessita di ulteriore ricerca, filologica e linguistica, volta soprattutto all’esegesi del volgarizzamento italiano.
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5

Todaro, Giovanna. "Commento al libro XXV di Tito Livio". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2019. http://hdl.handle.net/11577/3423315.

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La tesi verte offre un commento scientifico del libro XXV degli Ab Urbe Condita di Tito Livio, tuttora mancante di un moderno commento critico-testuale. Il commento, rivolto all’intero libro, è condotto ad locum, contemperando un’esegesi contenutistica e un’analisi di tipo letterario. Le singole componenti del testo (fatti storici, Realien, aspetti stilistico-retorici, linguistici, giuridici, religiosi, topografici) sono considerate singolarmente, ma in modo non isolato, nell’intenzione di rendere conto della tecnica compositiva e della costruzione narrativa liviana. Inoltre, nel commento si dedica ampio spazio alle questioni testuali, partendo da un riesame complessivo della tradizione manoscritta (il testo dei libri XXI-XXV dipende dalla tradizione unica e corrotta del Par. lat. 5730) e delle congetture introdotte dagli editori, avanzando, dove sembra opportuno, una nuova proposta emendatoria. Data la mancanza di un repertorio di congetture al testo liviano e la frequente difficoltà di ricavare dagli apparati critici informazioni sulla datazione e sulla pubblicazione delle congetture successive all’edizione di Drakenborch, l’analisi dei singoli loci critici rende conto anche di queste proposte, se rilevanti per la costituzione del testo. Nell’introduzione al commento viene fornita una panoramica degli argomenti presentati nel libro, considerati sotto il profilo del contenuto storico e della struttura organizzativa e visti alla luce dell’intera decade.
The thesis offers a scientific commentary on book XXV of Ab Urbe Condita by Livy, which is still missing a modern critical textual commentary. The commentary, which refers to the entire book, is conducted ad locum, combining a content exegesis and a literary analysis. The individual components of the text (historical facts, Realien, stylistic-rhetorical, linguistic, juridical, religious, topographical aspects) are considered individually, but not in isolation, with the intention of giving an account of the compositional technique and Livian narrative construction. Moreover, the commentary devotes ample space to textual problems, starting with a comprehensive review of the manuscript tradition (the text of books XXI-XXV depends on the unique and corrupt tradition of Par. Lat. 5730) and the conjectures introduced by the editors. Given the lack of a repertoire of conjectures on the Livian text and the frequent difficulty of obtaining information on the dating and publication of the conjectures subsequent to the Drakenborch edition, the analysis of the loci critici also takes into account these proposals, if relevant for constitution of the text. The introduction to the commentary provides an overview of the topics presented in the book, considered in terms of historical content and organisational structure, and seen in the light of the entire decade.
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Orsino, Sofia. "La biblioteca della Badia Fiorentina. Ricostruzione della raccolta libraria e catalogo dei codici latini". Doctoral thesis, 2021. http://hdl.handle.net/2158/1238893.

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La ricerca è dedicata alla ricostruzione delle fasi di sviluppo, conservazione e dispersione della biblioteca del monastero fiorentino di Santa Maria Assunta, meglio noto come Badia Fiorentina, realizzata attraverso l’analisi della bibliografia e delle fonti documentarie, registri, inventari ed elenchi prodotti dai monaci tra il XV ed il XVIII secolo, ma anche allo studio dei codici stessi, come vive testimonianze della storia del monastero. L’osservazione dei manoscritti ha offerto ulteriori possibilità di approfondimento intorno a nuclei di codici accomunati dalla stessa provenienza: è stato analizzato il contenuto del lascito di Antonio Corbinelli (per la parte latina della sua biblioteca), i manoscritti provenienti dal convento di Santa Maria del Santo Sepolcro ed infine un corposo nucleo di manoscritti quattrocenteschi miniati, probabilmente realizzati su incarico del monastero. Gran parte dei codici latini della Badia Fiorentina si trovano nel fondo Conventi Soppressi della Biblioteca Medicea Laurenziana e nei fondi Conventi Soppressi e Conventi Soppressi da ordinare della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, ma alcuni manoscritti appartenuti all’istituzione fiorentina sono riemersi anche a Parigi, Oxford, Berlino e altre biblioteche europee. Nel complesso l’indagine condotta sul patrimonio librario del monastero ha condotto alla realizzazione di un catalogo descrittivo di 210 codici databili tra l’XI ed il XVI secolo, a cui si accompagna un indice di 86 schede relative a manoscritti moderni (realizzati tra la seconda metà del XVI ed il XIX secolo).
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MONTALTO, RICCARDO. "La biblioteca manoscritta greca di Achille Stazio". Doctoral thesis, 2020. http://hdl.handle.net/11573/1355801.

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La presente ricerca mira alla ricostruzione della parte manoscritta greca della biblioteca appartenuta ad Achille Stazio (1524-1581), giunta alla chiesa di S. Maria e S. Gregorio in Vallicella per volontà testamentaria dell’illustre umanista portoghese e, perciò, nucleo fondativo dell’attuale Biblioteca Vallicelliana di Roma. Fonte primaria per l’individuazione dei codici vallicelliani provenienti dal lascito staziano è il reperimento delle postille marginali di mano del lusitano, il riconoscimento delle quali è possibile grazie a un’analisi paleografica fondata sul confronto con alcuni materiali sicuramente autografi. Il contenuto delle unità codicologiche individuate per mezzo dello spoglio sistematico del fondo manoscritto greco della Biblioteca Vallicelliana è quindi confrontato con le voci presenti negli antichi inventari relativi alla libraria di Stazio. I dati ricavati dall’analisi codicologica e paleografica dei manoscritti di provenienza staziana sono raccolti in schede descrittive e rielaborati alla luce delle informazioni desumibili dalla bibliografia, da materiale d’archivio e dalla comparazione con fondi librari analoghi. Le nuove acquisizioni emerse dallo studio dei codici consentono notevoli precisazioni sulla biblioteca e sui metodi di lavoro di Stazio, nonché di chiarire la storia di alcuni manoscritti vallicelliani e, più in generale, della Biblioteca Vallicelliana ai suoi primordi.
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"Studio ed edizione delle postille al Petrarca latino di un ignoto annotatore del secolo XV: i manoscritti Parigi, Biblioteca nazionale, lat. 8569, 6501 e 6502". Université catholique de Louvain, 2003. http://edoc.bib.ucl.ac.be:81/ETD-db/collection/available/BelnUcetd-05262003-220929/.

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GUALDO, IRENE. "La tradizione manoscritta del volgarizzamento del "Liber de doctrina dicendi et tacendi" di Albertano da Brescia". Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11573/1209817.

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Resumen
La tradizione manoscritta del volgarizzamento del «Liber de doctrina dicendi et tacendi» di Albertano da Brescia La tesi affronta lo studio della tradizione manoscritta di tre versioni anonime italiane (tra cui due inedite) del volgarizzamento del De doctrina dicendi et tacendi (1245) di Albertano di Brescia (inizio del XIII secolo - Brescia, 1270 ca.). L’opera del giudice bresciano è un trattato retorico e morale che ha goduto di immediato successo e diffusione nel Medioevo, sia in Italia che in Europa, come dimostrano le sue numerose traduzioni in diverse lingue romanze. Tra queste, il primo volgarizzamento a noi noto è quello attribuito ad Andrea da Grosseto, che tradusse i trattati morali di Albertano nel 1268, in Francia, imitato, a distanza di pochi anni, dal notaio pistoiese Soffredi del Grazia. Tra le altre versioni, ne ricordiamo anche una fiorentina (della fine del XIII secolo), una pisana (1287-8) e tre volgari anonime, di cui due pubblicate per la prima volta in questa sede. Ad oggi, il quadro della tradizione manoscritta del "Liber de doctrina dicendi et tacendi" rimane poco chiaro. Già Segre e Marti, nel 1959, sottolineavano che gli studi sui rapporti tra i vari volgarizzamenti del lavoro di Albertano erano insufficienti. In particolare, l’assenza di una distinzione tra le diverse redazioni italiane e, soprattutto, di un’edizione delle versioni anonime fondata su criteri scientifici ha a lungo impedito il confronto con le altre versioni italiane ed europee. La prima metà di questo lavoro si propone di inquadrare le versioni italiane del trattato nel loro contesto storico e di commentarle dal punto di vista culturale, letterario e linguistico. Nell’introduzione ai testi si è tentato, per quanto possibile, di tracciare un quadro del Fortleben europeo dell’opera di Albertano. L’indagine si è soffermata, in particolare, sulla traduzione del trattato ad opera di Brunetto Latini; la collazione tra la versione francese del "Liber" inglobata nel "Tresor" e i volgarizzamenti toscani evidenzia errori e innovazioni comuni, che suggeriscono l’esistenza di una parentela. Dal punto di vista letterario, questo lavoro considererà lo sviluppo dei temi del silenzio e della consolatio come possibili remedia per sanare il conflitto interiore dal trattato di Albertano fino alle opere di Petrarca. Dal punto di vista linguistico, si valorizzerà l’imprescindibile contributo dei volgarizzamenti del "Liber" alla fondazione della prosa italiana, paragonabile a quello dei tre Canzonieri della lirica delle origini, che ha segnato l’inizio della nostra tradizione poetica. La seconda parte di questa tesi è dedicata allo studio della tradizione manoscritta del volgarizzamento del trattato, che ha permesso di arricchire il censimento del 2011 di tre nuovi manoscritti e di ricostruire le relazioni stemmatiche tra i suoi testimoni. Lo studio dei testi trasmessi da questi manoscritti ha permesso di rischiarare alcune zone d’ombra riguardanti i rapporti che intercorrono tra le versioni volgari, e di identificare almeno tre diverse versioni anonime: la «Vulgata», una versione abbreviata, trasmessa da ventinove manoscritti, che privilegia il messaggio morale e gnomico del trattato a discapito della precettistica retorica; l’«Integrale», una versione completa più fedele alla fonte latina, testimoniata da cinque manoscritti; la «Composita», apparentemente più tarda rispetto alle precedenti, trasmessa anch’essa da cinque testimoni. Per ogni versione si è tracciato uno stemma codicum e pubblicato un testo rappresentativo, al fine di fornire un’analisi linguistica necessaria a stabilire le relazioni che collegano queste versioni tra loro e, se possibile, la loro origine.
The manuscript tradition of the «Liber de doctrina dicendi et tacendi» by Albertanus of Brescia in the Italian vernacular This thesis deals with the study of the manuscript tradition of three anonymous Italian versions (including two unpublished) of the vulgarisation of the De doctrina dicendi et tacendi (1245) by Albertanus of Brescia (beginning of the 13th century - Brescia, around 1270) and aims to publish the critical edition of these versions. The work of the Lombard Judge is a rhetorical and moral treatise that has enjoyed immediate success and diffusion in the Middle Ages, both in Italy and in Europe, as it can be proved by its many translations into several Romance languages. Among them, the first vulgarisation that we know is the one attributed to Andrea da Grosseto, who translated the moral treatises of Albertanus in 1260, in France; his work was followed by another translation, accomplished by the notary of Pistoia Soffredi del Grazia. Among other translations, we also recall one Florentine version (late Thirteenth century), one pisane (1288), and three anonymous vulgar versions, two of which published here for the first time. Previously, the framework of the manuscript tradition of the "Liber de doctrina dicendi et tacendi" was very nebulous. As already pointed out by Segre and Marti in 1959, studies concerning the relations among the various Italian vulgarisations of Albertanus’s work were insufficient. In particular, the absence of a distinction between the different Italian versions and, especially, of an edition of the anonymous ones, based on scientific criteria, has long prevented comparisons with other Italian and European versions. The first part of this work aims to frame the Italian versions of the treatise in their context and to comment on them from the cultural, literary and linguistic point of view. In this introduction to the texts, an attempt has been made to bring together the results of the inquiry into the European heritage of Albertanus’s book, related to the popularisation of Latin and French rhetorical and moral treatises. The comparison also concerned the translation of the treatise by Brunetto Latini. The collation between the French version of the Liber included in the Tresor and the Tuscan vulgarisations highlighted common errors and innovations, which suggest the existence of a relation. From the point of view of the literary heritage, this work will examine the themes of silence and consolatio considered as possible remedies to heal the inner conflict, from Albertanus’s treatise to Petrarch’s works. From a linguistic point of view, the indispensable contribution of the vulgarisations of the "Liber" to the founding of the Italian prose, comparable to that of the three Canzonieri, which marked the beginning of the vulgar poetic tradition, will be highlighted. The second part of this thesis is devoted to the study of the manuscript tradition of the vulgarisation of the treatise, which allowed to enrich the 2011 census with three new manuscripts and to reconstruct the stemmatic relations among its witnesses. The examination of the texts has led to clarify areas of shadow concerning the relations among the vulgar translations and to identify at least three different anonymous versions: the «Vulgate», a shortened version, transmitted by twenty-nine manuscripts, which privileges the moral and gnomic message to the detriment of its rhetorical content; the «Integral», a complete version more similar to the Latin text, testified by five manuscripts; the «Composite», apparently subsequent to the previous ones, also transmitted by five witnesses. For each version, a stemma codicum was drawn and a representative text was published, in order to carry out a linguistic analysis necessary to establish the relations which connect these versions and their origin.
La tradition manuscrite du « Liber de doctrina dicendi et tacendi » d’Albertano da Brescia dans les vulgaires italiens Cette thèse porte sur l’édition et l’étude de la tradition manuscrite des trois rédactions (dont deux inédites) de la « vulgarisation » (« volgarizzamento ») du De doctrina dicendi et tacendi (1245) d’Albertano da Brescia. L’oeuvre du Juge lombard est un traité rhétorique et moral qui a connu un immédiat succès de public au Moyen Âge, à la fois en Italie et en Europe, comme le prouvent ses nombreuses traductions dans plusieurs langues romanes. Parmi elles, la vulgarisation la plus ancienne que nous connaissons est celle attribuée à Andrea da Grosseto, qui traduisit les traités moraux d’Albertano en 1268, en France ; son travail fut suivi par celui du notaire de Pistoia Soffredi del Grazia, qui prépara une seconde traduction. Parmi les autres traductions, nous rappelons également une version florentine (fin du XIIIe siècle), une pisane (1288, transmise par le manuscrit connu comme « Bargiacchi »), et trois rédactions vulgaires anonymes, jusqu’à aujourd’hui inconnues, dont ce projet vise à publier les textes. Auparavant, le cadre de la tradition manuscrite de la vulgarisation du Liber de doctrina dicendi et tacendi était peu clair. Comme l’avaient déjà souligné Segre et Marti en 1959, les études concernant les relations entre les vulgarisations italiennes de l’oeuvre d’Albertano étaient insuffisantes. En particulier, l’absence d’une distinction circonstanciée entre les différentes rédactions et, notamment, d’une édition des rédactions anonymes fondée sur des critères scientifiques a longtemps empêché la comparaison avec les autres versions italiennes et européennes. La première partie de ce travail vise à resituer les versions italiennes du traité dans leur contexte et à les commenter du point de vue culturel, littéraire et linguistique. Dans cette introduction aux textes, on a essayé de réunir les résultats de l’enquête sur la fortune européenne du livre d’Albertano, mise en rapport avec les vulgarisations du latin au français de traités rhétoriques et moraux, parmi lesquelles la traduction du "De doctrina" peut s’inscrire. La comparaison a concerné aussi la traduction du traité faite par Brunetto Latini. La collation entre la version française du Liber de doctrina dicendi et tacendi comprise dans le "Tresor" (II, LXI-LXVII) et les vulgarisations toscanes a mis en relief des fautes et des innovations communes, qui laissent supposer l’existence d’une parenté. La présence, dans l’oeuvre de Brunetto, de choix lexicaux et de syntagmes absents dans le texte latin et cependant repérables dans une version toscane du traité est une nouveauté très intéressante. Sur la base de ces leçons alternatives, on a pu bâtir un raisonnement génétique et postuler un lien entre la version de Brunetto et la traduction effectuée par Andrea da Grosseto. Du point de vue de l’héritage littéraire, on examinera les thèmes du silence et de la consolatio considérés comme de possibles remèdes pour guérir le conflit intérieur, à partir du traité albertanien jusqu’à Pétrarque. On analysera d’abord les similarités et les différences entre les approches des deux auteurs du conflit intime : d’une part, un projet pédagogique qui s’adresse aux citoyens de la ville, de l’autre, la quête de l’ataraxie et de la solitude, à l’abri des dangers que la ville et sa perniciosa occupatio peuvent présenter, avec la seule compagnie des grands hommes du passé, interlocuteurs privilégiés d’un méditatif silentium animi. Sous l’aspect linguistique, le dernier chapitre de la première partie mettra en évidence l’apport indispensable des vulgarisations du Liber à la fondation de la prose italienne des origines, surtout du côté lexical, comparable à celle des trois Canzonieri qui marquent le début de la tradition poétique vulgaire. La deuxième partie de cette thèse concerne l’étude de la tradition manuscrite de la vulgarisation du traité, qui a permis d’enrichir le recensement du 2011 avec trois nouveaux manuscrits (dont un, le manuscrit MA 465 de la Bibliothèque Angelo Mai de Bergamo, bilingue) et de reconstruire les relations stemmatiques parmi ses témoins. L’examen approfondi des textes a permis d’éclaircir certaines zones d’ombre qui concernent les rapports entre les rédactions vulgaires et d’identifier au moins trois versions anonymes différentes : 1) la « Vulgate », une version « abrégée », transmise par vingt-neuf manuscrits, dont celui du Collège d’Espagne de Bologne n’avait jamais été recensé auparavant. Il s’agit d’une version qui privilège le message moral et gnomique au détriment de son contenu rhétorique, en flattant le goût médiéval pour la brièveté et la condensation aphoristique. 2) L’ « Intégrale », une version complète et plus fidèle au texte latin, dont nous avons cinq manuscrits.3) La « Composite », remaniement transmis par cinq témoins, apparemment plus tardive et caractérisée par l’attribution de certaines citations à des auctoritates différentes de celles utilisées dans le texte-source latin. Cette version garde seulement le prologue et le premier livre du traité : la deuxième partie du texte semble provenir de Liber de Amore et Dilectione Dei d’Albertano, mélangé avec le Liber de doctrina et d’autres sententiae. Enfin, la structure cicéronienne des circumstantiae locutionis (bien qu’annoncée dans le prologue et présente dans le modèle latin) disparaît complètement dans cette rédaction. Pour ce qui concerne cette version, le recensement a été enrichi d’un autre témoin, le ms. 1004 de la Bibliothèque Universitaire de Padoue. Pour chaque version, on a essayé de tracer un stemma codicum en choisissant un certain nombre de loci critici, à partir desquels on a pu effectuer une collation de tous les témoins et publier au moins un texte représentatif, afin d’effectuer une analyse linguistique, textuelle et macrotextuelle nécessaire pour établir les rapports qui lient ces versions et, si possible, leur origine.
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SERPETTA, MARIA GIULIA. "La Regola per ben confessarsi di Giacomo della Marca: edizione e commento linguistico". Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251618.

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Resumen
Tutta le ricerche riguardanti la confessione prendono avvio – e non potrebbe che essere così – dal Concilio Lateranense IV del 1215 e in particolare dalla disposizione 21, meglio nota con il suo incipit Omnis utriusque sexus. È per far fronte all’adempimento di tale disposizione (che prescrive l’obbligatorietà annuale alla confessione per tutti i fedeli di entrambi i sessi, come il testo ci dice) che si sviluppa una letteratura finalizzata a istruire sia i sacerdoti (al tempo impreparati a svolgere il ruolo di confessori), sia i penitenti. Questi manuali si moltiplicano con l’avvento della stampa a caratteri mobili; in particolare si sviluppa il genere delle confessioni generali: opuscoli di poche pagine in cui si fornisce al penitente una guida all’esame di coscienza attraverso un particolareggiato elenco di peccati. A questo filone appartiene la Regola per ben confessarsi di Giacomo della Marca, sicuramente uno dei predicatori più noti dell’Osservanza francescana. Il confessionale, scritto sia in latino (con il titolo di De confessione) che in volgare, è un’opera molto nota e diffusa. Viene presentato un elenco di tutti i peccati possibili, organizzati secondo un’ampia varietà di griglie concettuali: i dodici articoli della fede; i sette vizi capitali; i dieci comandamenti; i cinque sensi corporali; i sette sacramenti; le sette opere della misericordia corporale e spirituale; le tre virtù teologali e i doni dello Spirito Santo, ecc. L’importanza e la diffusione del testo sono testimoniate dalle otto edizioni a stampa segnalate tra il 1465 e il 1550 (cfr. Jacobson Schutte 1983: 208-209). Sono censiti anche tre manoscritti: il codice 33, posseduto dalla Biblioteca francescana e picena di Falconara Marittima; il Ricc. 341, presente presso la Biblioteca Riccardiana di Firenze e il manoscritto 2806, conservato presso la Biblioteca Augusta di Perugia. Nonostante ciò il testo non è stato oggetto di uno studio critico approfondito. Per tale motivo, il mio lavoro si è posto l’obiettivo di approntare l’edizione del testo di uno dei maggiori rappresentanti del francescanesimo marchigiano, fornendo un ulteriore tassello per lo studio di quel settore della letteratura penitenziale costituito dai confessionali. La collazione dei manoscritti e delle stampe ha rivelato la complessa situazione testuale: gli esemplari non derivano tutti dallo stesso originale ma sono copie di testi diversi. Nell’impossibilità, quindi, di ricostruire validamente la volontà d’autore, ho scelto di riportare in edizione il testo della Biblioteca di Falconara, ritenendo che questo codice rappresenti il bon manuscrit perché lo considero portatore del testo ‘reale’, circolato al suo tempo; questo esemplare, infatti, ha un nucleo comune a tutti, presente in una forma né troppo stringata né troppo estesa. Nella seconda parte del mio lavoro, il testo è stato oggetto di un commento linguistico basato sulla veste fonetica, morfologica e sintattica, in primo luogo; successivamente mi sono concentrata su un’analisi di tipo pragmatico-testuale, fondata sulla teoria delle tradizioni discorsive, così come è stata elaborata in ambito tedesco. Lo scopo della mia ricerca è stato quindi quello di rendere nota una delle opere che maggiormente si inscrive nel clima religioso Quattrocentesco e di evidenziare se i suoi caratteri linguistici, confrontati con opere appartenenti allo stesso genere, possano codificare una vera e propria tradizione discorsiva.
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Libros sobre el tema "Manoscritti latini"

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Simona, Cives y Università di Bologna. Dipartimento di archeologia, eds. Manoscritti latini nell'Egitto tardo-antico. Imola (Bologna): La mandragora, 2005.

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Buzi, Paola. Manoscritti latini nell'Egitto tardo-antico. Imola (Bologna): La mandragora, 2005.

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Donatella, Frioli y Gatti Paolo, eds. Manoscritti agiografici latini di Trento e Rovereto. Firenze: SISMEL, Edizioni del Galluzzo, 2005.

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4

vaticana, Biblioteca apostolica. Manoscritti vaticani latini, 14666-15203: Catalogo sommario. Città del Vaticano: Biblioteca Apostolica Vaticana, 1989.

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5

Verona, Biblioteca capitolare di, ed. Manoscritti agiografici latini della Biblioteca capitolare di Verona: Catalogo. Firenze: SISMEL, Edizioni del Galluzzo, 2020.

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6

vallicelliana, Biblioteca, ed. I manoscritti classici latini della Biblioteca vallicelliana di Roma. Roma: Istituto poligrafico e Zecca dello Stato, 2021.

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Manoscritti agiografici latini conservati a Padova: Biblioteche Antoniana, civica e universitaria. Firenze: SISMEL edizioni del Galluzzo, 2003.

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8

Manfredi, Antonio. I codici latini di Niccolò V: Edizione degli inventari e identificazione dei manoscritti. Città del Vaticano: Biblioteca apostolica vaticana, 1994.

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9

Università degli studi di Trieste. Dipartimento di scienze dell'antichità., ed. Codices artis mensoriae: I manoscritti degli antichi opuscoli latini d'agrimensura (V-XIX sec.). Spoleto: Centro italiano di studi sull'alto Medioevo, 1994.

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1962-, Stella Francesco y Euroconference for the Corpus of Latin Rhythmical Poems (1999 : Ravello, Italy), eds. Poesia dell'alto Medioevo europeo: Manoscritti, lingua e musica dei ritmi latini : atti delle Euroconferenze per il corpus dei ritmi latini (IV-IX sec.), Arezzo, 6-7 novembre 1998 e Ravello, 9-12 settembre 1999. Firenze: SISMEL edizioni del Galluzzo, 2000.

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Capítulos de libros sobre el tema "Manoscritti latini"

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Lucentini, Paolo y Vittoria Perrone Compagni. "I manoscritti dei testi ermetici latini". En Hermetism from Late Antiquity to Humanism, 715–45. Turnhout: Brepols Publishers, 2004. http://dx.doi.org/10.1484/m.ipm-eb.4.00123.

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Pomaro, Gabriella. "La tradizione latina del Liber contemplationis: il manoscritto Paris, Bibliothèque nationale de France, Lat. 3348A". En Instrumenta Patristica et Mediaevalia, 21–77. Turnhout: Brepols Publishers, 2011. http://dx.doi.org/10.1484/m.ipm-eb.3.4910.

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Ammirati, Serena. "Il manoscritto latino di contenuto giuridico tra Antichità e Medioevo. Strategie distintive e conservatorismo grafico da Oriente a Occidente". En Bibliologia, 47–60. Turnhout, Belgium: Brepols Publishers, 2021. http://dx.doi.org/10.1484/m.bib-eb.5.124969.

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4

"Indice dei manoscritti latini". En Il Lucidario bergamasco, 323–24. Ledizioni, 2017. http://dx.doi.org/10.4000/books.ledizioni.5137.

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5

"Tradizione e fortuna del De re uxoria di Francesco Barbaro: censimento dei manoscritti*". En Acta Conventus Neo-Latini Vindobonensis, 412–22. BRILL, 2018. http://dx.doi.org/10.1163/9789004361553_033.

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"Parte 2. Catalogo". En Cipro nella Biblioteca Marciana di Venezia Manoscritti, testi e carte. Venice: Fondazione Università Ca’ Foscari, 2022. http://dx.doi.org/10.30687/978-88-6969-621-3/002.

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Resumen
La prima sezione del Catalogo, intitolata «Storiografia e diritto a Cipro», raccoglie manoscritti vergati in varie lingue (dal vernacolo locale, al latino, al francese e all’italiano) di contenuto storico e giuridico. Il valore indiscutibile di tali documenti testimonia l’interesse concreto delle autorità della Serenissima per le vicende e l’organizzazione della sua colonia, tanto da favorire il trasferimento e la conservazione di buona parte di questi pezzi presso i suoi archivi e da lì in Marciana. La seconda sezione, «Cipro crocevia di culture», ritrae la vocazione multiculturale dell’isola, lì dove l’elemento nativo greco, a seguito della dominazione franca prima e veneziana poi, si è intrecciato con le altre tradizioni del Mediterraneo medievale e moderno, generando un laboratorio culturale capace di trasmettere il sapere antico e medievale all’Europa moderna. La terza sezione, «Autori e testi ciprioti in Marciana», valorizza specificatamente il patrimonio della Biblioteca. Essa include manoscritti che trasmettono opere di autori di origine cipriota; in taluni casi si tratta di testimoni unici dei quali la Marciana è custode. Notevole è l’importanza di tali manoscritti per definire nuovi orizzonti della ricerca filologica e storica sulle vicende dell’isola. Conclude il Catalogo la sezione dedicata alle «Carte». Il mare magnum dei materiali disponibili non poteva trovare spazio sufficiente. Qui dunque si è preferito, con dolorose soppressioni, privilegiare le rappresentazioni cartografiche che ritraessero l’isola negli anni della dominazione veneziana.
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"Parte 2. Catalogo". En Cipro nella Biblioteca Marciana di Venezia Manoscritti, testi e carte. Venice: Fondazione Università Ca’ Foscari, 2022. http://dx.doi.org/10.30687/978-88-6969-621-3/002.

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La prima sezione del Catalogo, intitolata «Storiografia e diritto a Cipro», raccoglie manoscritti vergati in varie lingue (dal vernacolo locale, al latino, al francese e all’italiano) di contenuto storico e giuridico. Il valore indiscutibile di tali documenti testimonia l’interesse concreto delle autorità della Serenissima per le vicende e l’organizzazione della sua colonia, tanto da favorire il trasferimento e la conservazione di buona parte di questi pezzi presso i suoi archivi e da lì in Marciana. La seconda sezione, «Cipro crocevia di culture», ritrae la vocazione multiculturale dell’isola, lì dove l’elemento nativo greco, a seguito della dominazione franca prima e veneziana poi, si è intrecciato con le altre tradizioni del Mediterraneo medievale e moderno, generando un laboratorio culturale capace di trasmettere il sapere antico e medievale all’Europa moderna. La terza sezione, «Autori e testi ciprioti in Marciana», valorizza specificatamente il patrimonio della Biblioteca. Essa include manoscritti che trasmettono opere di autori di origine cipriota; in taluni casi si tratta di testimoni unici dei quali la Marciana è custode. Notevole è l’importanza di tali manoscritti per definire nuovi orizzonti della ricerca filologica e storica sulle vicende dell’isola. Conclude il Catalogo la sezione dedicata alle «Carte». Il mare magnum dei materiali disponibili non poteva trovare spazio sufficiente. Qui dunque si è preferito, con dolorose soppressioni, privilegiare le rappresentazioni cartografiche che ritraessero l’isola negli anni della dominazione veneziana.
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"Appendice 4: Descrizione dei manoscritti". En La traduzione latina del ‹Nicocles› isocrateo di Guarino Veronese, 200–253. De Gruyter, 2022. http://dx.doi.org/10.1515/9783110792867-012.

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Gallo, Annarosa. "La tradizione manoscritta delle epigrafi latine di Tarentum". En Altera pars laboris. Venice: Edizioni Ca' Foscari, 2019. http://dx.doi.org/10.30687/978-88-6969-374-8/008.

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Manuscripts with texts of Tarantine inscriptions date back to the 15th and 17th centuries and contain transcriptions by foreign and local scholars. The oldest manuscript containing Tarentine inscriptions is the Marucellian Code A 79 1, followed by the Vat. lat. 6039, 5237, 5241. In particular, the Vat. lat. 5241 preserves a trace of A. Paglia’s research on the impulse of Aldo Manuzio the Younger. However, also local scholars dealt with Latin inscriptions in their works: among these we note Giovanni Giovine and Ambrogio Merodio. Merodio’s transcriptions were inadvertently used by Mommsen, through the work of the Abbot Pacichelli. Most of the few inscriptions reproduced in the manuscript tradition (eight epitaphs and two honorary dedications) are now lost and were originally found in churches where they had been reused as spolia.
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"2 • Parole-segnale a margine in manoscritti dal quarto al quindicesimo secolo". En Lexis Supplements. Venice: Fondazione Università Ca’ Foscari, 2022. http://dx.doi.org/10.30687/978-88-6969-605-3/002.

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