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Tesis sobre el tema "Letteratura tedesca della Moderne"

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BERTOCCHI, MIRIAM. "DIDATTICA INTERCULTURALE DELLA LETTERATURA TEDESCA PER APPRENDENTI ITALIANI". Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2013. http://hdl.handle.net/2434/235676.

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Resumen
This thesis aims to show how literary texts can promote intercultural competence. As foreign language classrooms become more multicultural, foreign language teaching practices should reflect this trend by promoting cultural understanding. Literary texts may offer learners opportunities to develop critical reading skills that help them understand other cultures. The approach presented here wants to work with literature by offering specific tasks directed to develop the intercultural competence. The first part of the work tries to explain the components of the intercultural approach (goals, methods, contents). The second part describes a teaching project based on eleven didactic units. Each unit is focused on a literary text written by an author of the intercultural German literature.
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Schwarzer, Manuela <1992&gt. "Moderne Spuren um 1800? - Heinrich von Kleists moderne Züge zwischen Zufälligkeit und Sprachkritik". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/15161.

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Resumen
Heinrich von Kleist si inserisce tra gli autori del romanticismo tedesco in quanto scrive le sue opere nei primi anni dell'800; tuttavia egli si colloca al tempo stesso come pioniere della modernità, anticipandola di un secolo circa nei temi e rompendo gli schemi del suo tempo. Il dominio della casualità (contingenza) è uno dei temi moderni di cui tratta nei suoi racconti ("Das Bettelweib von Locarno", "Das Erdbeben in Chili", "Über das Marionettentheater") e che lo rendono effettivamente un ponte tra illuminismo, romanticismo e modernità. L'incongruenza tra parola, pensiero e verità, la sua Sprachkritik, - che anticipa Nietzsche nel suo saggio „Über Wahrheit und Lüge im außermoralischen Sinne“ - viene tematizzata in “Über die allmähliche Verfertigung der Gedanken beim Reden", "Über das Marionettentheater", "Von der Überlegung" ed altri scritti.
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3

Ragni, Francesco <1986&gt. "Genealogia della Nascita della tragedia. Nietzsche e la Fruhromantik". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2019. http://amsdottorato.unibo.it/8800/1/Ragni_Francesco_Tesi.pdf.

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Resumen
Dovendo esprimere il proprio giudizio sulla tradizione romantica, Nietzsche ha seguito l’esempio di Goethe: «Io chiamo classico ciò che è sano, romantico ciò che è malato». La tesi al cui sviluppo è dedicato il presente lavoro intende confutare questo pregiudizio ermeneutico in riferimento al primo Romanticismo tedesco, considerato come un oggetto filosofico, e non alla stregua di un fenomeno poetico o psicologico. Compito di questa indagine è comprendere la Nascita della tragedia e il primo Romanticismo tedesco, non come termini di reciproca comparazione ma come casi esemplari (secondo la definizione di esemplarità data da Kant), all’interno di un ordine conoscitivo più universale, che è intenzione dell’indagine determinare. Ciò è possibile nella misura in cui, come lo studio intende mostrare, in Nietzsche e nei primi romantici tedeschi i concetti filosofici rispondono a uno stesso principio, il quale produce il ‘sistema frammentario’ e il ‘frammento totale’ come lo stesso oggetto teoretico osservato ad altezze dimensionali diverse. Sono due i postulati generali su cui si fonda il presente studio e che determina la sua divisione interna: I) La nascita della tragedia è un sistema filosofico in forma non sistematica, con la sua teoria della conoscenza, teoria del linguaggio e la sua filosofia della storia, le quali sono trattate nelle rispettive sezioni di questo lavoro; II) Le sezioni di questo sistema possono essere rintracciate negli scritti dello stesso periodo, come le divergenti istanze del pensiero di Nietzsche che convergono nell’opera principale come in uno delle loro possibili espressioni. Lo studio non comparativo, genealogico di queste due differenti filosofie, mostra altresì in che modo e in quale misura è possibile stabilire una relazione non banale tra le prime ricerche filosofiche di Nietzsche e il successivo sviluppo del suo pensiero, contribuendo, a partire da una questione particolare, al più ampio dibattito sulla comprensione della sua filosofia.
In expressing his remarks on the romantic legacy, Nietzsche followed the statement Goethe: «I call Classical the healthy and the Romantic the sick». Many interpreters assumed this verdict as expression of the actual content of his philosophy. The thesis this work develops, proposes the refutation of this hermeneutical prejudice in relation to the early German Romanticism, studied as a philosophical object, rather than as a poetical or psychological phenomenon. This work’s aim is to comprehend The birth of tragedy and the early German Romanticism, not as comparative but rather as exemplar terms, within a larger gnoseological order, which is the research’s purpose to determine. This is possible to the extent that, as the study shows, both Nietzsche’s and early romantics’ philosophical concepts follow a distinctive principle. This principle produces the nietzschean ‘fragmentary system’ and the romantic ‘total fragment’, as the same theoretical object observed at different dimensional heights. Two are the general postulates which grounds the method this study follows, as well as its internal partition: I) The birth of tragedy is a philosophical system in a non-systematic form, with its theory of knowledge, its philosophy of language, its philosophy of history, which have been discussed here in monothematic chapters; II) The sections of this system have to be found in the writings of the same period, as the conflicting instances of Nietzsche’s thinking converging in the main opus as one of its potential fulfilments. The non comparative, genealogical analysis of these two singular philosophies shows also, by questioning the concepts’ origin, how and to what extent is it possible to establish a non trivial correlation between Nietzsche’s early researches and his thought’s later developments.
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4

Baracetti, Alessandro <1987&gt. "Empatia, socialità e narrativa: una proposta didattica per l'insegnamento della letteratura tedesca". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/14308.

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Resumen
Questa tesi studia le relazioni che si instaurano tra individui tramite la lettura di testi narrativi. In particolare, viene approfondita la relazione che sussiste tra abilità empatiche e competenze sociali all’interno del contesto scuola. La lettura e la comprensione del testo narrativo presuppongono la presenza di schemi cognitivi attraverso i quali l’individuo si orienta, al fine di instaurare un rapporto con l’altro. Lo scopo di questo lavoro mira a chiarire le condizioni che permettono l’incontro del singolo con l’alterità e la conseguente comprensione dell’altro e delle differenze. L’empatia si presenta come un’abilità che richiede sia una struttura cognitiva sia una struttura emotiva. Essa ha un ruolo fondamentale nella conoscenza di sé stessi e nei rapporti che regolano il sistema intersoggettivo. Ugualmente, lo sviluppo delle competenze sociali presuppone una formazione specifica che includa attività mirate all’allenamento delle abilità del singolo su entrambi i livelli. In questo elaborato, viene quindi preso in esame il rapporto esistente tra lettore e libro, e la sua correlazione con l’esperienza del mondo reale del singolo inserito in una società di individui in comunicazione tra loro. Le abilità empatiche diventano quindi la base su cui sviluppare le abilità sociali e di interrelazione tra lettori. L’analisi di tali tematiche si conclude con una proposta didattica per l’insegnamento della letteratura tedesca, che ha come scopo finale lo sviluppo delle competenze sociali.
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5

Tatasciore, Claudia <1984&gt. "La traduzione interculturale nell’Austria-Ungheria della Jahrhundertwende Analisi critica delle traduzioni in tedesco e in italiano del romanzo ungherese I ragazzi della Via Pál di Ferenc Molnár". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2014. http://amsdottorato.unibo.it/6393/1/Tatasciore_Claudia_tesi.pdf.

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Resumen
Riconoscendo l’importanza delle traduzioni all’interno della cosiddetta repubblica democratica dell’infanzia, il lavoro analizza le prime traduzioni tedesche e italiane del classico della letteratura per l’infanzia I ragazzi della Via Pál di Ferenc Molnár, al fine di metterne in luce i processi non solo prettamente traduttivi, ma anche più ampiamente culturali, che hanno influenzato la prima ricezione del romanzo in due contesti linguistici spesso legati per tradizione storico-letteraria alla letteratura ungherese. Rispettando la descrizione ormai comunemente accettata della letteratura per ragazzi come luogo di interazione tra più sistemi – principalmente quello letterario, quello pedagogico e quello sociale –, il lavoro ricostruisce innanzitutto le dinamiche proprie dei periodi storici di interesse, focalizzando l’attenzione sulla discussione circa l’educazione patriottica e militare del bambino. In relazione a questa tematica si approfondisce l’aspetto della “leggerezza” nell’opera di Molnár, ricostruendo attraverso le recensioni del tempo la prima ricezione del romanzo in Ungheria e presentando i temi del patriottismo e del gioco alla guerra in dialogo con le caratteristiche linguistico-formali del romanzo. I risultati raggiunti – una relativizzazione dell’intento prettamente pedagogico a vantaggio di una visione critica della società e del militarismo a tutti i costi – vengono messi alla prova delle traduzioni. L’analisi critica si basa su un esame degli elementi paratestuali, sull’individuazione di processi di neutralizzazione dell’alterità culturale e infine sull’esame delle isotopie del “gioco alla guerra” e dei “simboli della patria”. Si mostra come, pur senza un intervento censorio o manipolazioni sensibili al testo, molte traduzioni italiane accentuano l’aspetto patriottico e militaresco in chiave pedagogica. Soprattutto in Italia, il romanzo viene uniformato così al contesto letterario ed educativo dell’epoca, mentre in area tedesca la ricezione nell’ambito della letteratura per ragazzi sembra aprire al genere del romanzo delle bande.
Recognizing the importance of translations in the “democratic republic of childhood”, I analyse the first German and Italian translations of the children’s literature classic The Paul Street Boys, by Ferenc Molnár, in order to enlighten the translational and cultural processes which influenced the first reception of the novel into two linguistic contexts that for different reasons have been traditionally tied to the Hungarian literature. Research today agrees in considering children’s literature as a place where several systems interact: the literary, the pedagogical and the social. Thus, the work reconstructs first of all the dynamics of the historical periods in which the translations have been done, focusing on the discussion regarding children’s education, patriotism and war. Referring to these themes, I consider the character of “lightness” in Molnár’s work, reconstructing through contemporary reviews the first reception of the novel in Hungary and proposing an analysis of the novel, through which patriotism and war are presented in dialogue with its linguistic-formal characteristics. The results – a reduction of the mainly pedagogical aim in favour of a critical view of the society and its militarism – are then compared with the translations. In the critical analysis of the translations I consider first of all the paratextual elements, then the processes of neutralisation of foreignness and finally an exam of two main isotopies: “playing the war” and “symbols of the homeland”. The analysis shows how some Italian translations amplify the military and patriotic character of the novel, although they don’t operate with censorship or significant modifications of the source text. In particular in Italy, the novel is integrated in the literary and pedagogical system of the target language, whereas the German area seems to be opened to a new literary genre of children’s literature, the “gang-novel”.
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Tatasciore, Claudia <1984&gt. "La traduzione interculturale nell’Austria-Ungheria della Jahrhundertwende Analisi critica delle traduzioni in tedesco e in italiano del romanzo ungherese I ragazzi della Via Pál di Ferenc Molnár". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2014. http://amsdottorato.unibo.it/6393/.

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Riconoscendo l’importanza delle traduzioni all’interno della cosiddetta repubblica democratica dell’infanzia, il lavoro analizza le prime traduzioni tedesche e italiane del classico della letteratura per l’infanzia I ragazzi della Via Pál di Ferenc Molnár, al fine di metterne in luce i processi non solo prettamente traduttivi, ma anche più ampiamente culturali, che hanno influenzato la prima ricezione del romanzo in due contesti linguistici spesso legati per tradizione storico-letteraria alla letteratura ungherese. Rispettando la descrizione ormai comunemente accettata della letteratura per ragazzi come luogo di interazione tra più sistemi – principalmente quello letterario, quello pedagogico e quello sociale –, il lavoro ricostruisce innanzitutto le dinamiche proprie dei periodi storici di interesse, focalizzando l’attenzione sulla discussione circa l’educazione patriottica e militare del bambino. In relazione a questa tematica si approfondisce l’aspetto della “leggerezza” nell’opera di Molnár, ricostruendo attraverso le recensioni del tempo la prima ricezione del romanzo in Ungheria e presentando i temi del patriottismo e del gioco alla guerra in dialogo con le caratteristiche linguistico-formali del romanzo. I risultati raggiunti – una relativizzazione dell’intento prettamente pedagogico a vantaggio di una visione critica della società e del militarismo a tutti i costi – vengono messi alla prova delle traduzioni. L’analisi critica si basa su un esame degli elementi paratestuali, sull’individuazione di processi di neutralizzazione dell’alterità culturale e infine sull’esame delle isotopie del “gioco alla guerra” e dei “simboli della patria”. Si mostra come, pur senza un intervento censorio o manipolazioni sensibili al testo, molte traduzioni italiane accentuano l’aspetto patriottico e militaresco in chiave pedagogica. Soprattutto in Italia, il romanzo viene uniformato così al contesto letterario ed educativo dell’epoca, mentre in area tedesca la ricezione nell’ambito della letteratura per ragazzi sembra aprire al genere del romanzo delle bande.
Recognizing the importance of translations in the “democratic republic of childhood”, I analyse the first German and Italian translations of the children’s literature classic The Paul Street Boys, by Ferenc Molnár, in order to enlighten the translational and cultural processes which influenced the first reception of the novel into two linguistic contexts that for different reasons have been traditionally tied to the Hungarian literature. Research today agrees in considering children’s literature as a place where several systems interact: the literary, the pedagogical and the social. Thus, the work reconstructs first of all the dynamics of the historical periods in which the translations have been done, focusing on the discussion regarding children’s education, patriotism and war. Referring to these themes, I consider the character of “lightness” in Molnár’s work, reconstructing through contemporary reviews the first reception of the novel in Hungary and proposing an analysis of the novel, through which patriotism and war are presented in dialogue with its linguistic-formal characteristics. The results – a reduction of the mainly pedagogical aim in favour of a critical view of the society and its militarism – are then compared with the translations. In the critical analysis of the translations I consider first of all the paratextual elements, then the processes of neutralisation of foreignness and finally an exam of two main isotopies: “playing the war” and “symbols of the homeland”. The analysis shows how some Italian translations amplify the military and patriotic character of the novel, although they don’t operate with censorship or significant modifications of the source text. In particular in Italy, the novel is integrated in the literary and pedagogical system of the target language, whereas the German area seems to be opened to a new literary genre of children’s literature, the “gang-novel”.
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Bazzanini, Lia <1961&gt. "Letteratura e realia. Le espressioni culturo-specifiche nelle traduzioni italiane della Wendeliteratur". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2010. http://amsdottorato.unibo.it/2405/2/bazzanini_lia_tesi.pdf.

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Resumen
Il presente lavoro affronta il problema della traduzione dei termini culturo-specifici nella letteratura contemporanea di lingua tedesca ambientata nella DDR. L’analisi della produzione narrativa della Wendeliteratur consente di osservare come il lessico e le espressioni tipiche della DDR vengano utilizzati nelle opere letterarie in funzione citazionale per denotare e connotare la realtà della Germania dell’Est. Attraverso un approccio integrato che coniuga i contributi teorici degli studi sulla traduzione con gli aspetti della pratica traduttiva il lavoro indaga il tema dei realia attraverso una presentazione delle ricerche esistenti, propone una classificazione specifica per i realia della DDR e procede a una ricognizione delle strategie e dei procedimenti traduttivi concreti, che consente di evidenziare le diverse scelte adottate dai traduttori. Attraverso un’analisi ermeneutica dei testi e lo strumento dell’isotopia come indicatore di coerenza le traduzioni italiane delle opere della Wendeliteratur sono oggetto di un’analisi critica. I risultati dell’analisi vengono infine utilizzati come riferimento per la traduzione dei realia nel racconto di F.C. Delius, Die Birnen von Ribbeck.
Literature and realia. GDR-culture-specific terms in the Italian translations of Wendeliteratur Realia are expressions referring to culture-specific phenomena, which can only be understood in the particular cultural context in which they are embedded; consequently they lack a corresponding expression in the target language. In the works of contemporary German literature focusing on life in the GDR, the so called Wendeliteratur, realia are used with a “quotational” function to denote and connote the particular situation of East Germany before the fall of the Berlin Wall and in the period until Germany reunification. Starting from the existing works concerning culture-specific terms, this thesis proposes a definition of realia. Through an integrated approach joining together the different theoretical issues of the translation studies with the practical issues of the translation task, it then develops a specific taxonomy for culture-specific terms in the GDR and investigates the main translation strategies and concrete procedures through an analysis of the solutions proposed in the translated works. The different choices in the Italian versions are finally submitted to an analysis based on the isotopies containing culture-specific expressions. Realia are repeated through the text assuring its coherence, they constitute an orientation for the interpreting task of the reader/translator, they guide him/her to recognize the different levels of the textual coherence and to choose the most appropriate solutions, taking into account the different textual dimensions and the complexity of the translation task. The results of the analysis are used as reference points for the translation into Italian of Friedrich Christian Delius’ novel Die Birnen von Ribbeck.
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Bazzanini, Lia <1961&gt. "Letteratura e realia. Le espressioni culturo-specifiche nelle traduzioni italiane della Wendeliteratur". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2010. http://amsdottorato.unibo.it/2405/.

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Resumen
Il presente lavoro affronta il problema della traduzione dei termini culturo-specifici nella letteratura contemporanea di lingua tedesca ambientata nella DDR. L’analisi della produzione narrativa della Wendeliteratur consente di osservare come il lessico e le espressioni tipiche della DDR vengano utilizzati nelle opere letterarie in funzione citazionale per denotare e connotare la realtà della Germania dell’Est. Attraverso un approccio integrato che coniuga i contributi teorici degli studi sulla traduzione con gli aspetti della pratica traduttiva il lavoro indaga il tema dei realia attraverso una presentazione delle ricerche esistenti, propone una classificazione specifica per i realia della DDR e procede a una ricognizione delle strategie e dei procedimenti traduttivi concreti, che consente di evidenziare le diverse scelte adottate dai traduttori. Attraverso un’analisi ermeneutica dei testi e lo strumento dell’isotopia come indicatore di coerenza le traduzioni italiane delle opere della Wendeliteratur sono oggetto di un’analisi critica. I risultati dell’analisi vengono infine utilizzati come riferimento per la traduzione dei realia nel racconto di F.C. Delius, Die Birnen von Ribbeck.
Literature and realia. GDR-culture-specific terms in the Italian translations of Wendeliteratur Realia are expressions referring to culture-specific phenomena, which can only be understood in the particular cultural context in which they are embedded; consequently they lack a corresponding expression in the target language. In the works of contemporary German literature focusing on life in the GDR, the so called Wendeliteratur, realia are used with a “quotational” function to denote and connote the particular situation of East Germany before the fall of the Berlin Wall and in the period until Germany reunification. Starting from the existing works concerning culture-specific terms, this thesis proposes a definition of realia. Through an integrated approach joining together the different theoretical issues of the translation studies with the practical issues of the translation task, it then develops a specific taxonomy for culture-specific terms in the GDR and investigates the main translation strategies and concrete procedures through an analysis of the solutions proposed in the translated works. The different choices in the Italian versions are finally submitted to an analysis based on the isotopies containing culture-specific expressions. Realia are repeated through the text assuring its coherence, they constitute an orientation for the interpreting task of the reader/translator, they guide him/her to recognize the different levels of the textual coherence and to choose the most appropriate solutions, taking into account the different textual dimensions and the complexity of the translation task. The results of the analysis are used as reference points for the translation into Italian of Friedrich Christian Delius’ novel Die Birnen von Ribbeck.
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VECCHIATO, DANIELE. "Verhandlungen mit Schiller. Historische Reflexion und literarische Verarbeitung des Dreißigjährigen Kriegs im ausgehenden 18. Jahrhundert". Doctoral thesis, Phil. Diss, 2014. http://hdl.handle.net/10278/41517.

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The thesis presents an analysis of Friedrich Schiller’s works on the Thirty Years’ War: the historiographical treatise Geschichte des dreyßigjährigen Kriegs (1790-1792) and the dramatic trilogy Wallenstein (1800). The research has not only been conducted in relation to other significant works of the author, but also to other literary texts of the late 18th century which revolve around the same topic and which have mostly remained unexplored by critics. The corpus includes works by Benedikte Naubert, Gerhard Anton von Halem, A.G.F. Rebmann, Johann Nepomuk Komareck and Niklas Vogt. The selected texts differ consistently from one another in terms of genre, theme and literary quality. However, each of these documents has much to convey about aesthetical, historical, political and philosophical issues that are central to the culture of the late 18th century. The aim of this research is to contextualise these texts within their Entstehungshorizont, to analyse the discourses they engage in and to explain the reasons for the growing interest of the time for the Thirty Years’ War, thus shedding new light on Schiller’s works.
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Abramo, Federica Claudia. "La rappresentazione della relazione fra corpo e mente nei racconti Der Magnetiseur, Die Abenteuer der Sylvester-Nacht e Die Automate di E.T.A. Hoffmann". Doctoral thesis, Università degli studi di Trento, 2021. http://hdl.handle.net/11572/311206.

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Nel 1818 E.T.A Hoffmann (1776-1822), celebre e prolifico autore tedesco, chiamato dal tribunale di Berlino a redigere una perizia giudiziaria conosciuta in seguito come Gutachtens über die Mordtat des Tabakspinnergesellen Daniel Schmolling, così scriveva: «all’uomo, prigioniero della sua vita terrena, non è dato di esplorare le profondità della propria natura». Eppure, nonostante la rassegnazione che emerge da queste parole, l’autore esplorò ininterrottamente gli abissi dell’essere umano. A partire da questa riflessione e dal quadro epistemologico delle teorie mediche e filosofiche di metà Settecento e inizio Ottocento, il presente studio analizza alcune modalità di raffigurazione poetica del rapporto corpo-mente del periodo meta-rappresentate da E.T.A. Hoffmann. Animato da un profondo scetticismo, mai scevro da una grande fascinazione per il sapere del suo tempo, l’autore sviluppa una poetica che concepisce l’opera come un esperimento mentale sulle più complesse questioni irrisolte, nel tentativo di comprendere l’essere umano nella sua complessità. In tale contesto alcuni racconti, quali Der Magnetiseur (1814), Die Abenteuer der Sylvester-Nacht (1815) e Die Automate (1814), tematizzano lo spinoso, e al tempo cruciale, rapporto fra corpo e mente, in vista di un miglioramento dell’essere umano che passi attraverso la conoscenza, sebbene l’intervento umano si rilevi fallimentare e controproducente nella ricostituzione di un equilibrio psico-fisico, poiché ancora non si è raggiunto un rapporto armonico tra soggetto e mondo. Dimostrando come la medicina abbia fallito nel presupposto di un intervento unilaterale e parziale, come la stessa creazione umana, se deconnessa dai rapporti di relazione con la totalità dell’esistente sia fallimentare, e come il progresso non riconduca l’uomo alla totalità smarrita della natura, ma anzi lo allontani, i racconti di E.T.A. Hoffmann confermano, ex-negativo, l’indissolubile nesso fra corpo e mente e la necessità, per l’uomo scisso della modernità, di comprenderne il profondo legame e di armonizzare la propria enthelechia rispetto a un mondo esterno che appare inconciliabile con le forze interiori dell’essere umano.
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MORELLI, CECILIA. "Un riso che turba e disturba : Der Nazi & der Friseur di Edgar Hilsenrath e Mein Kampf di George Tabori : esempi di grottesco e witz nella letteratura della Shoah". Doctoral thesis, Università degli studi di Bergamo, 2008. http://hdl.handle.net/10446/36.

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De, Paris Beatrice <1997&gt. "Medialità e post-umanità: visioni distopiche moderne e contemporanee". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2021. http://hdl.handle.net/10579/20151.

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La tesi traccia un profilo letterario del secondo dopoguerra in riferimento all’avanzata del progresso tecnologico e alla comparsa dei nuovi media. Tali avvenimenti hanno inevitabilmente influenzato la società e l’individuo favorendo l’affermazione di nuovi modi di rappresentazione della realtà in ambito artistico, cinematografico e letterario. Fra tutti, i generi fantascientifico e distopico acquisiscono un particolare successo accogliendo, al loro interno, le paure, le angosce e i turbamenti dell’uomo. Tematiche come il rapporto uomo-macchina, la nascita dei cyborg e del cyberspazio, l’evasione in mondi virtuali - o ancora - l’affermazione di strumenti meccanici che alterano la percezione della realtà, il bisogno di trovare nuovi modi per conquistare un pubblico alienato dal progresso e dai consumi e – infine - una nuova medialità, sono temi che permeano le rappresentazioni letterarie e artistiche dell’epoca. Attraverso l’analisi comparativa di testi, film e opere (fra gli altri di F. Lang, G. Orwell, P. Levi, W. Gibson, P. Di Filippo, P.K. Dick, E.T. De Paris, D. DeLillo) si descrivono le modalità con cui gli artisti mettono in guardia l’umanità dai pericoli insiti nelle nuove tecnologie e, con un’analisi dei generi artistici del secondo Novecento, si individuano alcuni temi delle principali visioni distopiche degli ultimi decenni del secolo scorso: la perdita dell’antropocentrismo, l’autonomia delle macchine, capaci di e sostituirsi all’uomo, l’impossibilità di distinguere il reale dal virtuale.
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Spaliviero, Camilla <1987&gt. "Educazione letteraria e didattica della letteratura in Italia: stato dell'arte e implicazioni glottodidattiche". Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/17812.

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Resumen
La tesi si divide in due parti. Nella prima parte investighiamo lo stato dell’arte sull’educazione letteraria e sulla didattica della letteratura in Italia, in relazione all’educazione linguistica, all’educazione interculturale e alla comunicazione interculturale. Inoltre, elaboriamo un modello di competenza comunicativa, letteraria e interculturale e un metodo ermeneutico e interculturale per la didattica della letteratura. Nella seconda parte riportiamo i risultati di uno studio di caso mirato a esplorare come i docenti insegnano la letteratura italiana e straniera, cosa pensano gli studenti a riguardo e come vorrebbero che fosse insegnata la letteratura. Raccogliamo i dati in 5 scuole secondarie di secondo grado della regione Veneto attraverso le interviste a 24 docenti di letteratura italiana e straniera e i questionari a 278 studenti. Successivamente, realizziamo l’analisi del contenuto (Creswell 2014) dei dati qualitativi con il software Nvivo. Dai risultati dei docenti emergono il persistere degli approcci tradizionali, la mancata applicazione dell’approccio ermeneutico e lo scarso utilizzo di metodologie a mediazione sociale. Dai risultati degli studenti rileviamo l’apprezzamento del coinvolgimento nella ricerca dei significati letterari e il desiderio di aumentare lo spazio dell’interazione e dell’interpretazione. L’obiettivo è verificare la validità delle proposte di modello e di metodo e suggerire dei miglioramenti per l’insegnamento della letteratura.
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Conterno, Chiara. "Metamorfosi della fuga. La ricerca dell'Assoluto nella lirica di Nelly Sachs". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2010. http://hdl.handle.net/11577/3426542.

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Resumen
The dissertation is about Nelly Sachs, a German-Jewish poetess, who left Berlin in 1940 and fled to Sweden. There she wrote her poems and theatrical works. The Dissertation deals with Nelly' Sachs inner journey in search of the Absolute after leaving Germany.
La tesi riguarda Nelly Sachs, poetessa tedesca di origini ebraiche, che nel 1940 lasciò Berlino e fuggì in Svezia. A Stoccolma ella scrisse la sua opera poetica e teatrale. La tesi esamina il viaggio interiore alla ricerca dell'Assoluto intrapreso da Nally Sachs dopo la fuga dalla Germania.
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GIULIANO, LUCIA. "Italien und Deutschland: storia di una rivista della Goethezeit". Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2010. http://hdl.handle.net/2108/202619.

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Il presente studio prende in esame la rivista artistico-letteraria Italien und Deutschland in Rücksicht auf Sitten, Gebräuche, Litteratur und Kunst (Italia e Germania. In considerazione di usi, costumi, letteratura e arte), pubblicata tra il 1789 e il 1793 dalla casa editrice della prestigiosa Accademia delle Arti e delle Scienze di Berlino. Il periodico fu ideato e curato dallo scrittore Karl Philipp Moritz che, durante il suo soggiorno romano (1786-1788), coinciso con quello di Goethe, ebbe la possibilità di collaborare con figure che si rivelarono determinanti per l’esportazione del modello classico in Germania. Tra queste, l’archeologo Aloys Hirt, secondo collaboratore della rivista e vera anima della stessa. Italien und Deutschland funge in primis da osservatorio privilegiato per cogliere i molteplici livelli della circolazione artistica italo-tedesca tra fine Settecento e inizi Ottocento. Il solo titolo si prefigura quale formula volta empaticamente a sintetizzare l’unione di due nature diverse e a evocare la sintesi di principî artistici altrettanto differenti. All’interesse di tipo comparativo si unisce poi quello antropologico che fa del giornale uno strumento utile a tratteggiare la fisionomia dell’Italia della Spätaufklärung, nei modi e nelle forme della socialità. Tuttavia, nonostante le numerose sfaccettature di un’opera dalla vita forse troppo breve perché se ne potesse decretare il successo, Italien und Deutschland è stata ingiustamente e inspiegabilmente dimenticata tanto dalla critica dell’epoca, quanto da quella attuale. Ad oggi non sono stati condotti studi o ricerche scientifiche sulla rivista e la pressoché assente letteratura critica in proposito non aiuta a far luce sui molti punti oscuri che la interessano. L’unica eccezione è offerta dai saggi di due studiosi, Jürgen Zimmer e Claudia Sedlarz, protagonisti, negli ultimi decenni, di un primo significativo passo in direzione della riscoperta del periodico, cui hanno cercato di restituire nuova importanza, sottolineando la grande lacuna che l’indifferenza nei suoi confronti ha finora rappresentato . È inoltre degno di nota il fatto che, soltanto con il progetto avviato nel 1987 dall’Accademia delle Scienze di Göttingen, il nome di Italien und Deutschland figuri in un elenco degli organi di recensione della Germania dell’Illuminismo . Tale indice, monitorato da una banca-dati in continuo aggiornamento, contenente i titoli di 195 riviste in lingua tedesca, è stato in seguito trasformato in materiale liberamente consultabile in rete dall’Università di Bielefeld che, con il programma intitolato Retrospektive Digitalisierung wissenschaftlicher Rezensionsorgane und Literaturzeitschriften des 18. und 19. Jahrhunderts aus dem deutschen Sprachraum, si è proposta di eseguire la digitalizzazione di ciascun periodico individuato da Göttingen. Della seconda fase del progetto (2006-2008) fa parte l’inserimento di Italien und Deutschland, disponibile quindi online dal febbraio 2008 nell’edizione presente presso la Staatsbibliothek di Berlino. Il giornale di Hirt e Moritz ha così dovuto attendere due secoli per vedersi finalmente riconosciuto quel posto ufficiale nel novero degli organi periodici della Spätaufklärung tedesca, che gli era stato negato da tutti i preesistenti elenchi di riviste letterarie del XVIII secolo - si ricordano, tra gli altri, Die Zeitschriften des Deutschen Sprachgebietes von den Anfängen bis 1830 di Joachim Kirchner Hiersemann, il testo di Jürgen Wilke (1978), Literarische Zeitschriften des 18. Jahrhunderts (1688–1789), e infine le Zeitschriften der Berliner Spätaufklärung del 1979, di Paul Hocks e Peter Schmidt . Neppure assegnando al giornale lo status specifico di «rivista artistica» si ha una qualche probabilità di trovarne tracce negli studi dedicati all’argomento, primo fra tutti il testo canonico di Ernst Herbert Lehmann sulla storia della Kunstzeitschrift in Germania . In un’unica occasione le pagine di Italien und Deutschland hanno conosciuto l’onore di essere pubblicamente esposte, per di più in un contesto prestigioso come quello del museo. Nella mostra Auch ich in Arkadien. Kunstreisen nach Italien 1600-1900, allestita presso lo Schiller-Nationalmuseum di Marbach nel 1966, fu presentato un esemplare del frontespizio del primo numero del giornale, nonché una copia dell’incisione in rame raffigurante le sculture di Dannecker e Scheffauer, le due promesse dell’arte tedesca attive a Roma, cui Hirt dedica un articolo della rivista . Si è indotti a credere che la scarsa attenzione di cui Italien und Deutschland fu oggetto sin dall’epoca della sua uscita sia strettamente legata al più generale disinteresse della critica nei confronti della persona e dell’opera dei due autori. […] die Auslese aus dem deutschen 18. Jahrhundert [scheint] im Deutschland des 19. Jahrhunderts […] besonders einseitig betrieben worden zu sein […]. Reduziert wurde […] das Werk der Klassiker […]. Besonders reduziert wurde damit auch das Werk des Berliner Spätaufklärers Karl Philipp Moritz. Auf ein Werk - die Abhandlung »Über die bildende Nachahmung des Schönen« - hatte die Geistgeschichte am Ende des 19. Jahrhunderts die rund fünfzig von Moritz in siebenunddreißig Lebensjahren publizierten Titel reduziert, und [...] wurde auch dies dem Goetheschen Kopfe zugeschlagen . Sebbene a questa affermazione Anneliese Klingenberg faccia seguire la constatazione del grande lavoro di riscoperta ruotato attorno all’opera di Moritz nel secolo scorso, la studiosa non manca di sottolineare come, malgrado ciò, si sia continuato a tralasciare larga parte della sua produzione . In effetti, nonostante il grande interesse odierno per gli scritti di quest’autore, solo durante la seconda metà del Novecento la sua poliedrica e interessante personalità, dopo essere stata a lungo trascurata, è tornata ad attirare l’attenzione della critica. Probabilmente proprio a causa dell’ampio spettro di generi con cui Moritz osò cimentarsi e del carattere frammentario e disomogeneo della sua vasta opera - che la mancanza di un lascito e di manoscritti ha reso spesso difficile da reperire -, solo di recente si è potuta concretizzare la messa a punto di un’edizione critica completa dei suoi scritti . Gran parte della produzione del romanziere, filosofo e saggista tedesco, che pure aveva conosciuto, sul finire del Settecento, una discreta notorietà, grazie al saggio citato dalla Klingenberg e ad altri titoli fortunati , - che gli procurarono l’ammirazione di grandi protagonisti del primo romanticismo, quali Jean Paul, Tieck e Wackenroder -, passò nei decenni a venire quasi del tutto inosservata. Le insinuazioni riguardanti la subalternità e la dipendenza da Goethe - primo assertore della novità dei suoi testi, nonché affezionato amico -, pronte a mettere in discussione l’originalità delle sue teorie estetiche, non giovarono poi alla rivalutazione dello scrittore. Tra le opere presto dimenticate, anche i Viaggi di un tedesco in Italia - a cui è strettamente legato il lavoro alla rivista -, rivalutati solo in epoca attuale, ma nondimeno frutto di un’esperienza di assoluto rilievo per l’evoluzione del pensiero estetico e filosofico di Moritz. Considerato ciò, non stupisce che gli studiosi abbiano sempre dimenticato di far menzione, se non marginalmente ed esclusivamente in rapporto al resoconto del suo soggiorno romano, di Italien und Deutschland. Moritz tuttavia, com’è noto, seppure riabilitato solo recentemente dalla critica, che gli ha altresì conferito la qualifica di «precursore» («precusore di Kant», «precursore dei romantici» ), ha potuto ritagliarsi il suo spazio in quell’olimpo dei classici, che non riuscì a scalare invece Hirt, il quale già in vita perse molta della sua celebrità, per essere poi quasi completamente dimenticato dopo la morte. Eppure le sue ricerche potrebbero definirsi oggi interdisciplinari. Durante il suo lungo soggiorno romano si confrontò, da autodidatta, con l’arte antica e moderna come mai nessuno aveva fatto prima a Berlino: fu studioso dell’antico, teorico e critico d’arte e archeologia, architetto dilettante, direttore teatrale ed esponente di spicco della politica culturale della corte prussiana. In quest’ambito si fece promotore del primo museo pubblico del regno, ottenne l’incarico di consigliere artistico per l’allestimento dei castelli reali, fu nominato membro dell’Accademia delle Scienze, di quella delle Arti e della Bauakademie e in ultimo gli venne assegnata la prima cattedra di archeologia presso l’Università di Berlino che, nel 1810, aveva contribuito a fondare. Nelle opere rimaste, comprendenti monografie e trattati pubblicati in piccole edizioni, insieme a decine di recensioni e saggi usciti nel corso della sua lunga carriera su periodici e giornali, si rintracciano tutte le forme della pubblicistica del XVIII secolo: dal resoconto di viaggio, anche in forma epistolare, allo scritto accademico erudito, fino al racconto aneddotico. Nonostante la ricchezza della sua produzione, l’importanza delle sue teorie e l’impegno profuso negli ambiti più diversi, Hirt dovette condividere con molti suoi contemporanei, altrettanto meritevoli di aver dato impulso alla vita culturale del tempo e di aver fatto conoscere ai connazionali le novità artistiche che fiorivano in Italia, la triste sorte della Vergessenheit. Sebbene la scomparsa dell’autore dal firmamento culturale e artistico della sua epoca non sembra essere in alcun modo giustificabile, si ritiene di poter rintracciare nel cambiamento dei tempi una prima ragione di tanta noncuranza: il classicismo restauratore, di cui Hirt si faceva portavoce, dovette risultare troppo rigido alla generazione dei suoi primi allievi che, proiettati ormai in un’ottica già completamente romantica, non riuscirono a scorgere la grande carica innovativa del suo pensiero. È stato ancora una volta grazie all’opera di Zimmer e della Sedlarz che, solo pochi anni fa, si è cercato di fissare il profilo scientifico di Hirt e di valutare la sua incidenza sulla cultura berlinese . Il presente lavoro prende le mosse proprio dall’invito che i due studiosi hanno rivolto alla ricerca: quello di dedicare a Italien und Deutschland e alla sua storia un’analisi approfondita, in grado di gettare nuova luce su un periodico rimasto troppo a lungo nell’ombra. Una prima linea di indagine sarà quella volta a ricostruire la rete di stimoli, di interessi culturali e di rapporti che si intrecciò tra i protagonisti di questa vicenda: le circostanze insomma che portarono alla nascita del sodalizio tra Moritz e Hirt. Si cercherà in primo luogo di risalire alle origini del progetto, di cui non rimane traccia alcuna se non i pochissimi riferimenti indiretti presenti nella corrispondenza di Goethe. Il carteggio tra i due autori è andato perduto, così come qualsivoglia altra testimonianza in grado di attestare lo scambio di idee intercorso fra loro e di far luce sui motivi che portarono all’improvviso abbandono della collaborazione da parte di Hirt e alla fine stessa del periodico. Si passerà di qui a valutare in che misura, nell’edizione finale del giornale, ci si sia discostati dall’idea contenuta nel programma originario. Tale questione pone, a sua volta, un problema di classificazione relativo al genere testuale della rivista. Nel tentativo di delinearne il profilo, così da attribuirle uno status specifico, si cercherà di evidenziare la novità insita nell’idea di una pubblicazione giornalistica organica volta a privilegiare lo scambio fra i due paesi, che già alcuni contemporanei di Hirt e Moritz avevano invano cercato di mettere in piedi. Capire quanta parte dell’attualità italiana venisse trasmessa, in quegli anni, ai lettori d’oltralpe rappresenterà un punto di riferimento importante per comprendere quale fosse la domanda culturale a cui Italien und Deutschland intendeva rispondere, soprattutto rispetto a una visione della penisola, diffusa nella Germania del tardo XVIII secolo, legata esclusivamente alle idealità classiche. Il riferimento al dato attuale e l’attenzione per tematiche nuove come quelle riguardanti la contemporanea produzione artistica europea rappresenteranno il primo indicatore di una problematizzazione del richiamo unilaterale al classico, che sul finire del secolo le spoliazioni napoleoniche contribuiranno a mettere ulteriormente in crisi. In effetti, le confische francesi provarono duramente l’identità culturale italiana, che si vide così depredata del suo ruolo di centro propulsore dell’arte. Ad essere messo in discussione fu il primato stesso dell’antico, cui si iniziò a preferire il fermento di Londra e Parigi, sempre più avvertite come vera alternativa alla «decadente» Roma. Si ribalta così un concetto che fino ad allora era stato predominante: quello per cui la magnificenza della «Roma antica» era tale da annullare il volto degradato della «Roma moderna», alla quale in primo luogo il sistema politico ed ecclesiastico, avvertito come corrotto dalla maggior parte dei viaggiatori stranieri, aveva impedito di rinnovarsi . Nella rivista risulta evidente proprio come, accanto all’immagine dell’Italia quale terra in cui fare l’esperienza massima dell’antico, stesse iniziando a prendere forma in questo periodo l’idea di un paese dove potersi finalmente confrontare anche con i vari aspetti della modernità. Si vedrà come anche lo stesso Moritz cominci a proiettarsi verso una tale ottica. La sua visione dell’Italia non ruotava, come per Goethe, in maniera totalizzante attorno alla rievocazione di un mondo classico, che pure rimane un punto fermo nella costituzione della propria coscienza artistica, ma poneva al centro dell’indagine l’elemento vitale della contemporaneità. Uno degli intenti che questo studio vuole perseguire è allora quello di dimostrare come la vera novità del periodico risieda nel grande interesse rivolto dai suoi autori al linguaggio artistico della «Roma moderna», fino ad allora influenzato, come detto, dal forte pregiudizio sulla decadenza italiana che aveva spinto molti tedeschi a misconoscerne il valore . Si vorrà inoltre provare che l’inizio di un ripensamento del richiamo unilaterale al classico in Italien und Deutschland risulta altresì testimoniato dall’apertura a tematiche che, quand’anche non di argomento contemporaneo, restavano comunque estranee al canone del tempo. Ciò troverà esemplificazione, tra gli altri, nel saggio sull’architettura delle basiliche paleocristiane e nello scritto che sancirà la riscoperta di un artista del primo rinascimento quale Giovanni da Fiesole, rimasto, al pari di molti suoi contemporanei, all’ombra di quei maestri come Michelangelo, Tiziano e Raffaello che, soprattutto in virtù delle teorie di Raphael Mengs, avevano oscurato il resto del panorama quattrocentesco. Dopo aver inserito il lavoro al progetto dei due autori nell’ambito dei loro rispettivi percorsi di vita, da cui non si può prescindere, soprattutto tenuto conto di quanto in essi si rifletta l’epoca di transizione cui Hirt e Moritz appartengono, si procederà alla presentazione dell’opera. Dapprima verrà dato conto dell’organizzazione generale della rivista, mentre nella seconda parte del lavoro si cercherà, in maniera più dettagliata, di restituire alla specificità dei singoli interventi la loro funzione centrale e comunicativa, disegnando, attraverso alcuni di quelli più significativi, la mappa dei motivi e dei temi offerta dal giornale ai suoi lettori. Prima ancora però l’indagine sarà indirizzata alla ricostruzione della fortuna di Italien und Deutschland, cercando di valutare quanto e quale interesse una rivista del genere abbia potuto suscitare nel pubblico dell’epoca, e che tipo di risultati concreti poté sortire l’opera sul mercato letterario. Un’ultima linea di ricerca sarà, infine, quella dedicata al confronto tra i contributi pubblicati da Moritz nel periodico e la loro riproposizione all’interno del suo diario di viaggio. In questa sede, dopo una breve ricostruzione della genesi delle Reisen, si procederà all’analisi delle varianti contenutistiche delle due stesure, cui seguirà l’esame delle modifiche sintattiche, stilistiche e ortografiche, apportate di volta in volta in entrambe le versioni dei testi moritziani. Fine ultimo della ricerca è dunque quello di salvare dall’oblio Italien und Deutschland, mostrando, attraverso la grande varietà dei riferimenti che è possibile rintracciare a partire dalle sue pagine, come questa sconosciuta rivista della Goethezeit rappresenti un mondo tutto da scoprire
Gegenstand meiner Dissertation ist die von Karl Philipp Moritz und Aloys Hirt herausgegebene Kunst- und Literaturzeitschrift Italien und Deutschland in Rücksicht auf Sitten, Gebräuche, Litteratur und Kunst, die in den Jahren 1789-1792 im Verlag der akademischen Buchhandlung in Berlin erschien. Es handelt sich dabei um ein zweibändiges Werk, das insgesamt aus sechs Heften besteht: vier im ersten und zwei im zweiten Band. Die sechste und letzte Nummer wurde 1793 posthum von unbekannten Gelehrten ediert. Das Forschungsinteresse dieses Periodikums der Goethezeit liegt u.a. in der Konstruktion und Verbreitung eines spezifischen Italienbilds im Deutschland des späten 18. Jahrhunderts. Der Titel beschwört emphatisch sowohl die Synthese zweier unterschiedlicher Kunstgrundsätze als auch die Vielfalt der Themen, die den kulturellen Austausch kennzeichnen. Italien und Deutschland fungiert also als Beobachtungsstelle für die verschiedenen Motive des deutsch-italienischen Kulturaustauschs im 18. Jahrhundert und spiegelt die Auseinandersetzung mit vielen sozialen und anthropologischen Aspekten Italiens wider. Die Forschung hat sich bisher nicht näher mit dieser Zeitschrift beschäftigt, obwohl sie aus dem in Rom um Goethe entstandenen Freundeskreis hervorgegangen ist. Italien und Deutschland erscheint aber auch nicht in den verschiedenen Listen der deutschen Zeitschriften des 18. Jahrhunderts . Erst mit dem Projekt der Akademie der Wissenschaften zu Göttingen, 1987 entstanden, taucht das Periodikum offiziell in einem Index zu deutschsprachigen Rezensionsorganen des 18. Jahrhunderts auf. Die Universität Bielefeld hat dann alle Periodika dieses Registers im Rahmen der Retrospektiven Digitalisierung wissenschaftlicher Rezensionsorgane und Literaturzeitschriften des 18. und 19. Jahrhunderts aus dem dt. Sprachraum online gestellt. Seit Februar 2008 - der zweiten Phase dieses Projekts - ist Italien und Deutschland somit in digitaler Form verfügbar. Der Grund dafür, dass sie bislang nicht Gegenstand der Forschung geworden ist, liegt zunächst bestimmt in der besonderen Forschungs- und Editionssituation der Schriften der beiden Herausgeber und Hauptautoren. Tatsächlich ist die Wiederentdeckung von Moritz’ Schöpfungen relativ neu, obwohl seine Schriften eine differenziertere Neueinschätzung von Aufklärungstendenzen möglich machen. Sein Werk liegt erst seit 1997 in einer vollständigen kritischen Werkausgabe vor. Besonders begrenzt scheint das Interesse der Wissenschaftler für seine Redaktionsarbeit zu sein: Das Journal Italien und Deutschland wird in der Tat von der Forschung nur im Zusammenhang mit seinen Reisen eines Deutschen in Italien erwähnt. Und doch war es neben dem Reifewerk eine weitere Folge seines Italienaufenthalts. Noch unglücklicher war das Schicksal Aloys Hirts, dessen Name lediglich mit der Vorgeschichte der Berliner Museen verbunden ist. Seine Figur ist bald ins Abseits geraten, und daher gibt es nur verstreute und unvollkommene Informationen und Meinungen über ihn bzw. über seine Schriften. Eine umfassende Forschung über sein literarisches Schaffen fehlt noch, obwohl er für einen vielseitigen Gelehrten gehalten werden kann: Er war Archäologe, »Altertumsforscher, Lehrer, dilettierender Architekt, Kunstschriftsteller, Bildungspolitiker, Schauspielintendant, Kunst- und Architekturtheoretiker, Kunstkritiker und Repräsentant der Preußischen Hofkultur« . Umfangreich war auch seine schriftstellerische Produktion, obwohl viele Exemplare seiner Werke dezimiert wurden oder nur schwer zugänglich sind. Erst in den letzten Jahren wurden zwei Aufsätze über Italien und Deutschland veröffentlicht: Die Abhandlungen der Kunsthistorikerin Claudia Sedlarz, die die Arbeitsstelle Berliner Klassik der Akademie der Wissenschaften zu Berlin leitet, und die des Archäologen Jürgen Zimmer . Beide halten die Gleichgültigkeit gegenüber dem Periodikum für ein großes Versäumnis der Kunstgeschichte. Deswegen hoffen sie auf eine gründliche Untersuchung der Zeitschrift, die sich aber aus verschiedenen Gründen nicht so einfach durchführen lässt. Zunächst bleiben bei der Rekonstruktion ihrer Geschichte bedeutende Fragen noch offen: Unter welchen Umständen und auf welchen Grundlagen entstand die Zusammenarbeit von Moritz und Hirt sowie das Projekt des Journals? Welches war das ursprüngliche Programm? Aus welchem Grund unterbrach Hirt seine Mitarbeit abrupt? Wie kann das plötzliche Ende der Zeitschrift erklärt werden? Auf all diese Forschungsprobleme gehe ich in dieser Arbeit an, obwohl sie sich in manchen Fällen leider nur schwer und partiell lösen lassen, weil dafür wesentliche Elemente noch fehlen. Dazu zählen eine editorische Einleitung und Absichtserklärung, ein Register und, noch wichtiger, ein Briefwechsel zwischen den beiden Herausgebern. Da man über keine Quellen aus erster Hand verfügt, kann man sich nur auf Erwähnungen und Andeutungen stützen, die in der Korrespondenz von Zeitgenossen der beiden Autoren enthalten sind, obwohl auch hier die Informationen gering bleiben. Im Vordergrund steht natürlich Goethe und sein Briefwechsel mit Freunden und Kunstgenossen in Italien. Nur dank dieser Grundlage konnte man in der Forschung auf die Ursprünge des Projekts und der Zusammenarbeit seiner Autoren schließen. Im ersten Teil meiner Arbeit versuche ich die Entstehungsgeschichte von Italien und Deutschland zu rekonstruieren und darüber hinaus auch die verschiedenen, oben genannten, dunklen Seiten ihrer Entwicklung, wie z. B. die Gründe für den Originalitätsmangel im zweiten Teil des Organs, für das Ende der Mitarbeit Hirts, für den Abbruch der Zeitschrift und die Veröffentlichung der letzten Nummer von »einigen« anonymen Gelehrten, aufzuklären. Über den ursprünglichen Plan des Journals kann man wohl vermuten, dass es das Ergebnis einer gleichen, jeweils unabhängig voneinander entstandenen Idee beider Autoren war, die wahrscheinlich zuerst von Goethe zusammengebracht worden waren. Was Moritz betrifft, stand er vor dem Problem, seinen Romaufenthalt selber finanzieren zu müssen. Das Geld, das er von dem Braunschweiger Verleger Joachim Heinrich Campe für die Fassung einer italienischen Reisebeschreibung bekommen hatte, reichte nicht aus und so versuchte Moritz sich weitere Finanzierungen zu beschaffen. Zu diesem Zweck unterbreitete er dem Verleger Göschen ein Zeitschriftprojekt . An dieser Stelle muss aber gesagt werden, dass der Schriftsteller bei fast allen Berliner Verlegern als »säumiger, unzuverlässiger und stets honorarbedürftiger Autor« bekannt war. Also setzte er seine Hoffnungen auf zwei Männer, zu denen er persönliche Beziehungen hatte: eben auf Campe und Göschen. Da aber Göschen verreist war und auf seinen Brief nicht geantwortet hatte, musste Moritz sein Projekt sehr wahrscheinlich zurückstellen. Erst in der letzten Phase seines Romaufenthalts wurde der Plan Moritz’ von Goethe selbst unterstützt. Der ‚Vater’ des Werthers hatte inzwischen bereits kurz nach seiner Ankunft in Rom die Dienste Hirts in Anspruch genommen und ihn in einem Brief an Wieland als »ein trockner, treuer fleißige Deutscher, der schon recht schöne historische Kenntniße von Rom und von der Kunst hat[e]« bezeichnet. Seine Absicht war, den jungen Fremdenführer als festen Mitarbeiter des Deutschen Merkurs zu etablieren. Aus Angst, das Profil seiner Zeitschrift zu ändern, lehnte Wieland dies allerdings ab und machte Goethe den Vorschlag, dass Hirt »seinen Plan in einem eigenen KunstJournal ausführen soll[te]« , wozu er ihm einen guten Verleger zu verschaffen hoffte . Wie man den Worten Wielands entnehmen kann, hatte Hirt - wie Moritz - vor, eine Kunstzeitschrift zu gründen, die »eine dauernde Verbindung zwischen Deutschland und Italien« schaffen könnte. Wahrscheinlich wollten sie also ursprünglich in ihrem Organ zwei Dinge zusammenführen: die Berichterstattung über zeitgenössische Kunst und die Unterrichtung in Kunstgeschichte, ohne die ein Studium der Kunst nicht vollständig sein konnte . Obwohl Moritz 1789 von der Akademie der Künste in Berlin gerade aus dem Grunde angestellt worden war, künstlerische Kenntnisse zu verbreiten, beschäftigt sich nur Hirt in der Zeitschrift mit Kunstthemen . Moritz dagegen konnte seine eigenen Ausführungen über römische Kunstwerke für andere Publikationen aufheben. Er veröffentlichte seine Abhandlungen über Kunst vor allem in der Monatsschrift der Akademie der Künste und mechanischen Wissenschaften zu Berlin, mit der unser Journal zusammen gesehen werden muss. Da ihm also für seine eigene Zeitschrift nicht mehr viel Zeit blieb, kam er auf die Idee, Berichte über das Land, in dem er die Kunst vorfand, zu liefern. Die von Claudia Sedlarz aufgestellte These einer Planänderung kann nur durch den Wechsel des Titels des Periodikums bestätigt werden . In den zwei Briefen, die der Kupferstecher Johann Heinrich Lips - der schweizerische Künstler, der vier der wunderbaren Illustrationen der Zeitschrift schuf - an Goethe schrieb, wird der ursprüngliche Name des Werkes bekannt gegeben: »Die Platten zu den Ephemeriden der Kunst für Moritz und Hirt sind jez fertig« . Der Übergang zu dem nicht speziellen Italien und Deutschland in Rücksicht auf Sitten, Gebräuche, Litteratur und Kunst lässt auch an einen Wechsel des Inhalts denken. An dieser Stelle kann man nur vermuten, dass Hirt von der Entscheidung seines Kollegen sehr enttäuscht war und dass auch er wegen dieser zunehmenden Interesselosigkeit Moritz’ für das Projekt den Plan fallen ließ. Seine anfängliche Begeisterung und seine folgende Enttäuschung kommen sehr deutlich in dem einzig erhaltenen Brief an Goethe, in denen Hirt über die Zeitschrift schreibt, vor: Ich habe bereits alle Artikel für das erste Heft der periodischen Schrift fertig, die Herr Professor Moritz und ich zusammen herausgeben wollen. Lips hat auch schon eine Platte hiezu gestochen, nemlich die Predigt aus der Kapelle des Fra Giovanni Angelico von Fiesole, wovon ich die Beschreibung machte. Er wird nun an den Marius von Drouais gehen, mit deßen Lebensbeschreibung ich nun beschäftiget bin. Mein Artikel hiezu von der Architektur sind historisch-architektonische Beobachtungen über die christlichen Kirchen, die wie ich glaube mir nicht übel gelungen. Der chevalier d’Agincourt war sehr mit meinem Plan zufrieden, und auf sein Verlangen übertrage ich nun den ganzen Aufsaz ins französische. Ich habe die Briefform zum Vortrag gewählt, und wünschte sehr, Ihren Namen voranzusezen, aber ohne Ihre Erlaubniß, oder die Erlaubniß des Herrn Herders in Ihrem Namen werde ich mir so viele Freyheit nicht nehmen . Die ursprüngliche geplante Kunstzeitschrift verwandelte sich also in ein Journal, das nicht nur aus kunstgeschichtlicher, sondern auch aus literaturwissenschaftlicher, anthropologischer und philologischer Sicht analysiert werden kann. In diesem Sinn ist der neue Titel und besonders der Untertitel des Periodikums zu verstehen. Die Formel »Sitten und Gebräuche, Litteratur und Kunst« könnte man heute mit dem Begriff „Kultur“ ausdrücken . In dieser Hinsicht kann Italien und Deutschland als die erste deutsch-italienische kulturvermittelnde Zeitschrift betrachtet werden. Nach Michele Cometas Meinung liefert sie eine vollkommen anthropologische Darstellung der italienischen Phänomene der Kultur, denn sie konzentriert sich nicht nur auf die Kunst, sondern auch auf die Sitten des Volkes . Was aber noch bedeutender zu sein scheint, ist sicherlich die Aufmerksamkeit beider Autoren auf die aktuelle Wirklichkeit Italiens, die durch eine ansehnliche deutsche Delegation bestimmt war. Das verbreitete Bild Italiens als Wiege der Antike macht einer fortschrittlicheren Anschauung der Dinge Platz, wo unsere Halbinsel zu einem Land der Modernität wird. Hier fand die größte künstlerische Erneuerung statt, die auch durch die Vermittlung der deutschen aus Italien berichtenden Periodika für die preußischen kulturellen Reformen der Zeit von großer Bedeutung werden sollte. Auch wenn der anfänglichen Idee des Journals nicht mehr entsprochen werden konnte, stellt Italien und Deutschland einen in die Tat umgesetzten Gedankens dar, dessen Verwirklichung in der Spätaufklärung schon oft angestrebt war . Auf solche geplante und nicht ausgeführte Zeitschriften werde ich auch in meiner Analyse eingehen. Es geht um die gescheiterten Pläne von Wilhelm Heinse, Friedrich Müller und den Brüdern Genelli, die mit der Herausgabe eines solchen Magazins nicht nur den kulturellen Austausch zwischen den zwei Ländern pflegen wollten, sondern dadurch auch ihre schlechte finanzielle Lage aufzubessern hofften. Was die Struktur des Periodikums betrifft, das also die Beiträge zweier Autoren versammelt, sind die ersten drei Hefte nahezu ausschließlich von Hirt und Moritz selber geschrieben worden. Außer ihnen hat für den ersten Band nur der Maler Johann Gottlieb Puhlmann einen kleinen Aufsatz geliefert. Die Artikel sind aber stilistisch und inhaltlich sehr unterschiedlich und dadurch wird auch die Erwartung eines folgerichtigen Inhalts enttäuscht. Auch die Abfolge der einzelnen Beiträge ist durch kein festes Kompositionsprinzip geregelt. Der Verzicht auf ein systematisches bzw. methodisches Vorgehen und der Wechsel von erzählerischen zu brieflichen oder anekdotischen Formen kommen aber dem stilistischen und thematischen Eklektizismus, wie ihn Hirt und Moritz betrieben, entgegen. Die Erlaubnis dazu ist auch von der Literaturform „Zeitschrift“ selbst auf gewisse Weise gegeben. Trotzdem zeugt dieser erste Teil des Journals von beträchtlichem Elan. Die folgenden Nummern bieten dagegen keine Originalbeiträge und keine Berichte aus dem aktuellen Kunstleben in Rom mehr, sondern nur Reisebeschreibungen aus anderen Gegenden sowie Übersetzungen und Nachdrucke. Außerdem endet, wie gesagt, Hirts Mitarbeit 1790, obwohl er vorher die treibende Kraft von Italien und Deutschland gewesen zu sein scheint. Die unterschiedlichen Inhalte und Vorgehensweisen der Autoren kommen in der Dissertation ebenfalls zur Sprache. Im Allgemeinen liefert Moritz in der Zeitschrift kuriose und unterhaltsame Artikel, in denen er sich u. a. als „Menschenbeobachter“ erweist. Im Gegensatz dazu schreibt Hirt, wie es seinem Interesse entsprach, intellektuelle Abhandlungen, die das Ziel haben, objektive Berichte darzustellen. Ich werde dabei auf die methodologischen Unterschiede der beiden Autoren bei der Behandlung ähnlicher Themen eingehen und insbesondere einige Themenschwerpunkte der Zeitschrift herausarbeiten. Innerhalb des Journals stellt z.B. Moritz dem Artikel Hirts über den tragischen frühen Tod des französischen Malers Drouais den Beitrag über den früh gestorbenen deutschen Künstler August Kirsch gegenüber. Es gibt aber auch enge Parallelen zwischen einigen Abhandlungen Hirts und Passagen der Reisebeschreibung Moritz’, die ähnliche Themen behandeln, wie z.B. der Bericht über die Trockenlegung der Pomtinischen Sümpfe. Besonders wertvoll ist die Untersuchung der Beiträge Hirts, die in vielen Fällen innovativ und sich daher für die Entwicklung der Kunstgeschichte und der Architekturtheorie als sehr bedeutend erweisen. Unter seinen Texten finden sich Themen, die keineswegs zum klassizistischen Kanon gehörten. Die ausführliche Beschreibung der in Vergessenheit geratenen „Cappella Niccolina“ im Vatikan, die mit den Fresken von Fra Giovanni da Fiesole ausgemalt worden war, ist z. B. als nicht dem Klassizismus zuzuordnen. Ebenso neu ist das Thema des Goethe gewidmeten Artikels über den frühchristlichen Kirchenbau, der als Zeichen wachsender Aufmerksamkeit für Modernität zu verstehen ist. Die große Auswahl der in diesem Blatt behandelten Gegenstände bietet überdies genug Material, um die unterschiedlichen Positionen zweier Herausgeber hinsichtlich ihrer jeweiligen ästhetischen Konzeption eingehend zu behandeln. Auch der Aspekt der Rezeption muss einen der wesentlichsten Punkte der Forschung darstellen. Vermutlich ist das Periodikum lange Zeit kaum von der Wissenschaft rezipiert worden, weil zunächst einmal seine Verbreitung eher gering und kaum bewiesen war. Otto Harnack, der die Zeitschrift bestimmt gut gekannt hat , bemerkt: »[W]enigstens hatten weder die später von Hirt und Moritz gemeinsam herausgegebene Zeitschrift, noch sogar Goethe’s Propyläen sich der Gunst des Publikums zu rühmen« . Von drei Rezensionsorganen der Zeit wurden die Artikel der ersten Hefte kurz rezensiert . Darüber hinaus wurde der Quellenwert der Zeitschrift erst in jüngerer Zeit von einigen Architekturtheoretikern wahrgenommen . In der Arbeit stelle ich auch die wichtigen Informationen vor, die ich aus den verschiedenen Bibliotheken des deutschen Sprachraums, welche Exemplare von Italien und Deutschland besitzen, gesammelt habe. Meistens war es nicht möglich, Auskünfte über die Erwerbung der Hefte zu bekommen, da darüber keine Aufzeichnungen vorhanden sind. In manchem Fall lässt es sich aber durch den Besitzstempel auf dem Titelblatt oder durch einige handschriftliche Vermerke ungefähr rekonstruieren, wann und auf welchem Wege die Bände in den Besitz der jeweiligen Bibliotheken gelangten. Darüber hinaus ist ein Teil der Arbeit dem Vergleich zwischen Moritz’ Journalistenbeiträgen - den Vorabdrucken in Italien und Deutschland - und den entsprechenden Aufsätzen in seinem italienischen Tagebuch gewidmet. Etliche Artikel, die Moritz in der Zeitschrift publizierte, wurden ab 1792 zusätzlich in seinen Reisen eines Deutschen in Italien gedruckt. Sie enthalten Reiseeindrücke, Auseinandersetzungen mit dem Fremden und zentrale Fragen ästhetisch-erkenntnistheoretischer Natur. Nachdem ich mich zuerst kurz mit den Hintergründen zur Entstehung der Tagebuchfassung beschäftigt habe, werde ich auf Varianten hinsichtlich des Inhalts eingehen. Anschließend werden weitere Änderungen im Bezug auf syntaktische, stilistische und orthographische Merkmale aufgezeigt. Dabei kann man nicht davon ausgehen, dass die Reisen-Ausgabe mit der Zeitschrift-Fassung vollkommen identisch ist. Die beiden Versionen von Moritz’ Schriften weisen erhebliche Unterschiede auf, die auf verschiedene Gründe zurückzuführen sind. Im Hinblick auf stilistische und wörtliche Veränderungen dienen die Abweichungen grundsätzlich dazu, Unstimmigkeiten vielerlei Art auszubessern. Daraus lässt sich folgern, dass die Artikel aus Italien und Deutschland wohl als Vorabdrucke der Reisen eines Deutschen in Italien betrachtet werden können. Das findet seine Bestätigung auch in der Modernisierung der Reisen-Texte, die nicht einheitlich durchgeführt wurde (stellenweise ist die originale Schreibung, höchstwahrscheinlich aus Versehen, gehalten). Daraus kann man schließen, dass die Zeitschriftartikel den Tagebuchbriefen vorausgehen. In inhaltlicher Hinsicht spielt das Medium eine entscheidende Rolle. Außer der notwendigen Anpassung der Texte an die jeweilige literarische Form, unterscheidet sich die Buch- von der Zeitschrift-Fassung durch die Einschränkung der Reflexionen über die Wahrnehmung Italiens. Obwohl das Journal für sein fragmentarisches Wesen nur einige Skizzen Italiens liefern kann, ist hier das Bild des gelobten Landes viel realistischer. Durch seine Kritik, die auf viele Aspekte der italienischen Kultur gerichtet ist, relativiert Moritz das Traumbild von Italien als Paradies, das in der größeren Reisebeschreibung einen ungebrochen positiven Charakter bekommt . Der Endzweck der vorliegenden Studie besteht darin, die Zeitschrift Italien und Deutschland der Vergessenheit zu entreißen und die Vielfalt ihrer Bezüge herauszuarbeiten. Kurz gesagt möchte ich zeigen, dass dieses unbekannte Organ der Spätaufklärung eine noch zu entdeckende Welt darstellt
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Calgaro, Elisa. "L'ultimo Doeblin: Das Goldene Tor e la ricerca della verità << durch das Tor des Grauens und der Verzweiflung>>". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2016. http://hdl.handle.net/11577/3421806.

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Resumen
Alfred Döblin is one of the most important writers of the twentieth century, ceaselessly inventive and productive, and comparable to his contemporaries Thomas Mann, Robert Musil and Franz Kafka. His works are unique, they often seem confused and challenging, but in their polyphonic, kaleidoscopic nature lies their importance. However, still to this day, the popular reception of Döblin rests almost solely on Berlin Alexanderplatz. His reputation grew throughout the Sixties encouraged by Günther Grass’s speech Über meinen Lehrer Döblin in 1967. This work aims to analyse the late Döblin’s work whilst reflecting on his engagement with Germany and its population after the Second World War and on his perpetual search for truth. After 12 years exile around Europe first, and then in America, Döblin decided to return to Germany immediately after the end of the War. He wanted to contribute to the re-education and the denazification of the land and of the people. After examining the causes that had led to the tragedy of Nazism and therefore the condition of his fellow countrymen, he started a re-educational program which included the establishment of the magazine «Das Goldene Tor», which was published from 1946 to 1951, but which turned out to be a failure. The magazine should have contributed to the freedom and the solidarity of people and populations and aimed to recover the spiritual continuity that the Nazism had sharply interrupted. His conversion to Catholic religion, which had started in 1940 in France during his exile and had been completed the following year in Los Angeles, played a central role for the author and for his program. After the failure of his magazine, Döblin didn’t lose his enthusiasm and his determination but influenced by Tauler and Kierkegaard understood that an ethic revolution still could take place in everyone’s inner being. This emerges in Döblin’s late works, especially in November 1918 and in Hamlet oder die lange Nacht nimmt ein Ende. After the exploration of these two works and their two protagonists’ life paths throughout evil and pain, we come to the author’s truth: evil and sufferings are parts of human existence, which are finally to be perceived as positive experiences leading the individuals to their redemption. In his last years, Döblin got more and more influenced by the Christian religion, the New Covenant, the Gospels and especially by Saint Paul. In his last autobiographical memories, Vom Leben und Tod, die es beide nicht gibt, Döblin realized that life and death are only parts of our life cycle and in the very union with God man can reach salvation and the real truth.
Alfred Döblin è stato uno dei più grandi scrittori del XX secolo, paragonabile per la statura intellettuale e letteraria e per l’immensità della sua opera con altre personalità di spicco della letteratura tedesca di quel periodo come Thomas Mann, Robert Musil o Franz Kafka. Fu uno scrittore inventivo e provocatorio, la cui narrativa fu sostenuta da una volontà costante di sperimentazione che ha spesso lasciato, e continua tutt’oggi a lasciare, perplessi e frastornati non solo i suoi lettori, ma anche i critici. Tuttavia, proprio nella natura polifonica e caleidoscopica della sua opera sta la sua grandezza e la sua unicità. I dodici anni d’esilio, tra Europa e Stati Uniti, non rappresentarono una parentesi di vita, ma furono un’esperienza desolante e deleteria per Döblin, che divenne una vera e propria vittima della dimenticanza e dell’interruzione della continuità spirituale contro cui lui stesso cercò di combattere. La sua marcata posizione antinazista e la sua grande autorità letteraria e morale non gli valsero la riconoscenza del popolo tedesco. Nel 1960, a tre anni di distanza dalla sua morte, Günter Grass rivolse un accorato appello al «suo» maestro, un omaggio ad uno spirito unico e inarrestabile, che non doveva cadere nell’oblio. Döblin da parte sua «torna e non ritorna» dall’esilio: da figura centrale della discussione politico-letteraria durante la Repubblica di Weimar che lo vide anche a capo della Sektion für Dichtkunst della Preußische Akademie der Künste, egli si ritrovò ad aggirarsi come un predicatore nel deserto, non più ascoltato, al più vilipeso ed emarginato e costretto a riprendere la via dell’esilio. La presente ricerca nasce proprio dalla costatazione della scarsa risonanza dell’opera di Döblin dopo il suo ritorno dall’esilio. Nel 1946 Döblin riemigrò con l’intenzione di ricostruire la Germania postbellica e rieducare i Tedeschi, conducendo un severo esame di coscienza sulle responsabilità storiche per l’avvento del nazismo e combattendo contro la dilagante rimozione. Il pilastro della sua lotta era rappresentato dalla rivista «Das Goldene Tor», da lui fondata nello stesso anno. La «Porta d’Oro» della «libertà e solidarietà dei popoli», che si richiamava alla tradizione democratica della storia tedesca iniziata da Lessing, doveva essere il suo strumento di rieducazione e il mezzo per raggiungere la verità. Egli si trovò invece di fronte una Germania ed un popolo completamente cambiati. Inoltre la cosciente e fortemente vissuta conversione alla religione cattolica, avvenuta negli anni dell’esilio francese ed americano, contribuì definitivamente ad accrescere l’isolamento dello scrittore, che vedeva la sua opera e il suo ruolo relegati in una posizione sempre più marginale. In questo un clima sempre più ostile e restaurativo, il progetto della rivista fallì e lo scrittore si orientò ad una produzione sempre più religiosa che giunse alla trilogia November 1918 e allo stesso Hamlet, senza però mai abbandonarsi allo sconforto e alla rassegnazione. Alla luce del fallimento del suo progetto di rieducare il popolo tedesco e rigenerare l’intero paese attraverso la rivista, lo scrittore portò avanti un programma di rivoluzione etica, che non risultò in ultima analisi essere giunto ad esiti fatalisti o disfattisti, bensì giunse ad una riflettuta presa d’atto per concentrarsi sull’interiorità dell’uomo, per la quale si poteva ancora condurre una rivoluzione interiore. Ripercorrendo le vicende dei protagonisti dei due maggiori romanzi dell’ultimo periodo, Friedrich Becker in November 1918 e Edward Allison in Hamlet, Döblin prese coscienza dell’inevitabile presenza del male che si assolutizzava nelle vicende storiche e realizzò che solo attraverso un cammino di crisi e di dolore si poteva giungere alla redenzione e alla verità. Döblin giunse a questa rivelazione grazie anche alla filosofia di Kierkegaard e agli insegnamenti di Taulero, dai quali fu profondamente influenzato non solo nella sua opera ma anche nelle sue scelte di vita. La parte finale del quarto capitolo si concentra sulle ultime memorie autobiografiche di Döblin raccolte in Journal 1952/53 e in Vom Leben und Tod, le ultime tappe della sua lunga ricerca della verità.
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MARTELLA, Vincenzo. "Dialectics of Cultural Criticism. Adorno’s Confrontation with Rudolf Borchardt and Ludwig Klages in the Odyssey chapter of Dialektik der Aufklärung". Doctoral thesis, Università degli studi di Bergamo, 2012. http://hdl.handle.net/10446/26688.

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ALCIONE, SERENA. "Wackenroder e Reichardt: rappresentazione della musica nella letteratura tedesca del primo Romanticismo". Doctoral thesis, 2011. http://hdl.handle.net/2158/829153.

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La concezione della musica di Wackenroder risente fortemente del pensiero musicale del compositore prussiano Johann Friedrich Reichardt: sulla base del confronto puntuale tra le opere letterarie dei due autori lo studio indaga gli esiti di tale influenza, ripercorrendo il passaggio da una concezione illuminista della musica vincolata alla funzione sociale e umanistica dell’arte all’idea romantica di una musica ‘assoluta’ che determina l’esistenza problematica dell’artista.
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BARRALE, Natascia. "LA PRASSI TRADUTTORIA DELLA NARRATIVA TEDESCA NELL’ITALIA DEGLI ANNI TRENTA". Doctoral thesis, 2010. http://hdl.handle.net/10447/73239.

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Ottavio, Francesca, Gaetano Roberto De y Manna Federica La. "L'invenzione della colonia nella letteratura tedesca tra XIX e XX secolo: il caso di Frieda von Bülow". Thesis, 2019. http://hdl.handle.net/10955/1669.

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IACOVELLA, Matteo. "Ilse Aichinger: la po-etica diffidenza della lingua. Interrogare, ricercare, ridurre". Doctoral thesis, 2022. http://hdl.handle.net/11573/1633520.

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Matteo Iacovella’s dissertation proposes a critical analysis of the work of Austrian writer Ilse Aichinger (1921-2016), with a special focus on the first thirty years of her oeuvre (1945-1976). The thesis divided into three sections. The first section presents the theoretical and critical framework of the project, with the aim of considering Aichinger’s writing as deeply linked to a political, historical, and existential dimension. In Ilse Aichinger’s writing, this relationship between ethical and aesthetical discourse in the literary text – as expressed in the compound word “poethics” (Weisberg 1992, Eskin 2000) – is associated with an attitude of skepticism and fundamental mistrust (Misstrauen) towards language and reality. The second section of the thesis presents the context in which Aichinger’s work originates. Beginning with her very first programmatic texts, published in the periodical «Plan» in 1946, it is also possible to reflect on the conditions of the difficult and precarious “rebirth” of the editorial and cultural scene in post-war Vienna. The third section focuses on Aichinger’s literary texts and her relationship with language. Where possible, the published work has been integrated with notes, documents, and archival traces in the author’s Nachlass in Marbach am Neckar, as well as with recently published materials. The proposed analyses follow three movements of writing: questioning, researching, reducing (interrogare, ricercare, ridurre). These modes, which permeate Aichinger’s texts beyond any possible periodization, have been associated with three literary forms: the novel Die größere Hoffnung, in which the children’s questions to the adults reveal the ethical dilemmas underneath Aichinger’s writing; the radio play, through which Aichinger experiments with the possibilities and the limits of language, sound, and silence; the Prosagedicht, a hybrid form which can be seen as the concrete realization of a gradual poetics of subtraction, as well as the point of arrival of Aichinger’s skepticism – as in her book Schlechte Wörter (1976).
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MANGRAVITI, FABIO. "La costruzione dell’immaginario ideologico e politico di Kabir e Tulsidas: il ruolo della critica letteraria e della letteratura hindi dagli anni Cinquanta agli anni Sessanta del XX secolo". Doctoral thesis, 2021. http://hdl.handle.net/11573/1574474.

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Resumen
Nello studio sono state analizzate differenti valenze e usi a scopo politico e ideologico della figura di Kabir e Tulsidas, due dei principali esponenti della letteratura hindi della prima età moderna, nel quadro della letteratura hindi degli anni Cinquanta e Sessanta. Per l'approfondimento di tale tema si è deciso di investigare differenti filoni della letteratura hindi: nei primi capitoli dello studio particolare attenzione è stata riservata alla storiografia e alla critica letteraria. Successivamente, dopo aver delineato gli orientamenti ideologici di questi campi, si è inteso stabilire il loro rapporto con differenti ambiti della letteratura hindi. Particolare attenzione è stata riservata alle strategie di appropriazione dell'opera e della figura dei due poeti nella letteratura progressista e nel filone letterario della Nayi kahani (''Nuovo racconto breve''), sviluppatosi a cavallo tra la metà degli anni Cinquanta e gli anni Sessanta del XX secolo. Sono state dunque delineate le direttrici che legano l'opera di autori come Kamleshvar (1932-2007) e Phanishwar Nath Renu (1921-1977) all'opera di Kabir e Tulsidas. Nella sezione conclusiva particolare attenzione è stato posta alla ricezione dell'immaginario relativo ai due poeti devozionali indiani nella satira contemporanea in lingua hindi, di cui soprattutto Harishankar Parsai (1924-1995) rappresenta una figura di riferimento.
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IANNUCCI, GIULIA. "La topografia dell'omosessualità nella Berlino della Repubblica di Weimar". Doctoral thesis, 2017. http://hdl.handle.net/11573/939863.

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Il progetto proposto vuole essere un'indagine di due tematiche di interesse sociale: la metropoli e l'omosessualità nella Berlino della Repubblica di Weimar. Per quanto riguarda la sfera dell'omosessualità è primariamente opportuno tener conto della questione giuridica concernente tale fenomeno e la accesa discussione nata attorno all'abrogazione dell’articolo di legge 175, che portò ad una illusoria liberalizzazione nel 1929. In riferimento allo sviluppo urbano della metropoli, in quanto entità che influenza ed è contemporaneamente influenzata dai fenomeni sociali, “il grande mostro che tutto divora”, è invece necessario avere presente le numerose indagini portate avanti da autori come Georg Simmel, Siegfried Kracauer, Walter Benjamin e Franz Hessel. Questi autori indicano le coordinate attraverso cui la città viene ad assumere l'appellativo e le connotazioni di metropoli moderna. E’ proprio all'interno di questi nuovi spazi urbani che il fenomeno dell'omosessualità vuole essere analizzato, come parte integrante di quella subcultura urbana razionalizzata che è caratterizzata da due elementi fondamentali e tipici dell'omosessualità weimariana ossia l'anonimato della massa che abita la grande metropoli e la definitiva reificazione dell'individuo e del divertimento stesso. A questo proposito l'interesse intende spostarsi verso l'interazione dell'omosessuale con la città in due direzioni, una esterna ed una interna. La dimensione interna si riscontra nel contatto con i kracaueriani asili per senzatetto dove viene perpetuato il culto del divertimento. L'elemento esterno, invece, si estrinseca nell'attraversamento reale della città, in strade, piazze, vicoli e parchi, i cosiddetti Schwuler-Wege ed in primis nel Tiergarten. Di conseguenza lo scopo è quello di cercare di delineare una vera e propria mappatura della topografia della Berlino omosessuale del periodo 1919-1933 ed in particolare delle sue luci ed ombre intese in senso letterale.
The project aims at investigating two social topics: the metropolis and the homosexuality in Berlin during the Weimar Republic. In reference to homosexuality, it is necessary to take into account the juridical question about such a phenomenon and the lively debate concerning the abrogation of paragraph 175. With regards to the urban development of the metropolis, the main references are the analysis carried out by Georg Simmel, György Lukács, Siegfried Kracauer, Walter Benjamin e Theodor Wiesengrund Adorno. Such authors have underlined the coordinates throughout which the city turns into a modern metropolis. Consequently, the phenomenon of homosexuality is analysed within these new urban spaces: on the one hand, internal spaces where entertainment is worshipped; on the other hand, external spaces such as streets, squares, and parks – notably the so-called schwuler Wege and Tiergarten. Therefore, homosexuality is understood as a fundamental part of the rationalized urban sub-culture that is characterized by the anonymity of the masses and the reification both of the individual and the entertainment itself. The final part is addressed to the delineation of a real topography of the homosexuality in Berlin during the Weimar Republic.
Dem Projekt, das hier vorgelegt wird, liegt die Erforschung zweier Thematiken sozialen Interesses und ihrer gegenseitigen Beeinflussung zugrunde: die Großstadt und die Homosexualität. Der soziologische Ansatz beider Kernpunkte nimmt Ausgang von Analysen, die sich direkt auf den gleichen geschichtlichen und politischen Kontext, die Weimarer Republik, aber auf verschiedene Anwendungsbereiche beziehen. In Hinblick auf den Bereich der Homosexualität ist es nötig, die Rechtslage – vor und während der Weimarer Republik – und die hitzigen Debatten zu berücksichtigen, die die Abschaffung des § 175 und die illusorische Liberalisierung im Jahre 1929 ausgelöst haben. In Bezug auf die städtische Entwicklung der Metropole – als eine Entität, die die Sozialphänomene beeinflusst und zugleich von diesen beeinflusst wird – die von Peter Gay als ein all-devouring monster definiert wird, ist es wichtig, die zahlreichen Erforschungen, die von Soziologen und Philosophen wie Georg Simmel, György Lukács, Siegfried Kracauer, Walter Benjamin und Theodor Wiesengrund Adorno durchgeführt worden sind, zu betrachten. Diese Autoren zeigen die Koordinaten auf, die die Charakteristiken der modernen Metropole ausmachen. Es ist gerade eben in diesen neuen urbanen Räumen, dass das Phänomen der Homosexualität analysiert werden kann. Sie sind ein wesentlicher Bestandteil dieser rationalisierten städtischen Subkultur, die von zwei grundlegenden Elementen, die typisch für die Homosexualität in der Weimarer Zeit sind, charakterisiert wird: die Anonymität der Masse, die die Großstadt bewohnt, und die Verdinglichung des Menschen im Sog des Unterhaltungstriebs. Hierzu verlagert sich das Interesse des Projekts bezüglich der Interaktion der Homosexuellen mit der Stadt in zwei verschiedenen Dimensionen: auf eine „externe“ und auf eine „interne“ Dimension. Die externe Dimension zieht das reale Gewirr der Straßen, Plätze, Gassen und Parks in Betracht. Die interne Dimension hat mit den kracauerschen “Asylen für Obdachlose” zu tun, wo der Kult der Zerstreuung gepflegt wird. Sie sind die Lokale und die zur Subkultur gehörende Clubs wie z.B. „Eldorado“ und „Violetta“, wo sich „das dritte Geschlecht“ treffen konnte. Die innere Dimension könnte sich aber auch auf die spezifische, interne Optik der Homosexuellen beziehen, wobei die externe Dimension den Gesichtspunkt der „Betrachter“ reflektiert. Die zwei Dimensionen finden einen symbolischen und zugleich konkreten Treffpunkt im Motiv der sogenannten backward glances, die das Leben der Homosexuellen in der Stadt charakterisieren. Um das Phänomen anhand dieser doppelten Bewegung - nach außen und nach innen – richtig zu verorten, soll man eine regelrechte Topographie der Homosexualität im Berlin der Weimarer Republik erstellen.
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