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Chiaro, Gianluigi, Giacomo Prati y Matteo Zocca. "Smart working: dal lavoro flessibile al lavoro agile". SOCIOLOGIA DEL LAVORO, n.º 138 (mayo de 2015): 69–87. http://dx.doi.org/10.3280/sl2015-138005.

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Di Nunzio, Daniele. "L'azione sindacale nell'organizzazione flessibile e digitale del lavoro". ECONOMIA E SOCIETÀ REGIONALE, n.º 2 (octubre de 2018): 77–92. http://dx.doi.org/10.3280/es2018-002005.

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Van Deusen, Frederick. "Superare l'implementation gap: il lavoro flessibile in 20 aziende statunitensi". SOCIOLOGIA E POLITICHE SOCIALI, n.º 2 (julio de 2013): 11–41. http://dx.doi.org/10.3280/sp2013-002002.

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Frey, Marco y Silvia Loré. "Smart working nell'era della digitalizzazione post-Covid: da soluzione d'emergenza a strategia per la sostenibilità". QUADERNI DI ECONOMIA DEL LAVORO, n.º 111 (febrero de 2021): 153–201. http://dx.doi.org/10.3280/qua2020-111008.

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Lo Smart Working è un approccio al lavoro flessibile adottato in massa duran-te la pandemia da Covid-19 per consentire distanziamento sociale e prosecuzione delle attività. Il lockdown ha promosso un cambiamento radicale del concetto di spazio e tempo di lavoro. Ma quali sono gli impatti e quali le potenzialità delle soluzioni di lavoro a distanza? Il presente studio dimostra che lo smart working può configurarsi come una misura vincente per rendere le città più sostenibili e in armonia con l'ambiente, conciliare esigenze di vita e di lavoro, tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori, per sopravvivere a crisi di portata globale; riflettere sull'esperienza emergenziale può orientare le imprese verso l'adozione di pratiche più sostenibili proponendosi come promotori della creazione di smart cities.
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Murgia, Annalisa y Barbara Poggio. "I giovani tra lavoro e non lavoro. Storie di equilibri instabili in una prospettiva di genere: una ricerca in provincia di Trento". SOCIOLOGIA DEL LAVORO, n.º 124 (diciembre de 2011): 166–81. http://dx.doi.org/10.3280/sl2011-124009.

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L'introduzione dei contratti di lavoro a termine non sembra aver raggiunto in Italia gli obiettivi dichiarati, in particolare per quanto riguarda l'aumento dei tassi di occupazione di giovani e donne. A partire da tale constatazione, in questo contributo viene proposta una prospettiva analitica che guardi alle differenze di genere tra i giovani che vivono situazioni di incertezza lavorativa. Dopo aver offerto una panoramica del fenomeno a livello nazionale, vengono presentati i risultati di una ricerca qualitativa in cui si è cercato di comprendere più in profonditŕ le dinamiche a cui le giovani donne sono esposte nel mercato del lavoro flessibile. Infine, a partire dagli esiti emersi, vengono discusse eventuali politiche a sostegno del lavoro atipico, nella prospettiva di un maggior equilibrio di genere nei percorsi professionali.
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Pappadà, Gabriella. "La condizione femminile in Italia in tempi di COVID-19". QUADERNI DI ECONOMIA DEL LAVORO, n.º 111 (febrero de 2021): 88–107. http://dx.doi.org/10.3280/qua2020-111005.

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Resumen
Questo articolo si pone in continuità nell'ambito di un progetto di studio della conciliazione famiglia-lavoro che l'autrice cura da anni con l'intento di stimolare l'adozione di politiche di flessibilità dell'orario e dell'organizzazione del lavoro e di estensione dei servizi educativi e sociali. L'articolo analizza alcuni dati ISTAT ed alcuni dati europei tratti da EUROSTAT e da un'indagine ad hoc condotta da Eu-ropean Foundation for the improvement of Living and Working conditions duran-te il lockdown. Da un lato, il digital divide delle famiglie, delle imprese e della scuo-la italiana ha reso alquanto difficoltoso lo smart working e la didattica a distanza caricando sui genitori anche l'istruzione scolastica dei figli. Dall'altro lato, poter lavorare in smart working in modo efficiente ha messo in luce un incremento di produttività e un miglioramento della conciliazione famiglia-lavoro soprattutto per le donne. Opportuni interventi del Governo e delle imprese a tale riguardo possono condurre a netti miglioramenti nell'organizzazione flessibile del lavoro in armonia con gli impegni familiari.
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Coletto, Diego y Roberto Pedersini. "La flessibilitŕ numerica nei settori privato e pubblico fra strategia e contingenza". GIORNALE DI DIRITTO DEL LAVORO E DI RELAZIONI INDUSTRIALI, n.º 124 (marzo de 2010): 673–706. http://dx.doi.org/10.3280/gdl2009-124004.

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Resumen
L'articolo confronta le modalitŕ di utilizzo dei principali contratti di lavoro flessibile (a termine, di somministrazione e di collaborazione) in due casi concreti appartenenti al settore privato ed al settore pubblico, al fine di indagare le diverse logiche di ricorso al lavoro non-standard in contesti differenti. La prima parte del saggio presenta una breve rassegna dei principali tentativi di definizione dei diversi tipi di flessibilitŕ del lavoro ed illustra il dibattito sugli effetti della flessibilitŕ del lavoro sull'adattabilitŕ delle organizzazioni e sulle condizioni di vita e di lavoro di lavoratrici e lavoratori. Nella seconda parte del saggio sono descritte due esperienze concrete: per quanto riguarda il settore privato, si tratta di Abb Italia, un'impresa di grandi dimensioni che opera nel settore elettro-meccanico; per il settore pubblico, viene presentato il caso di un ente locale, la Provincia di Milano. Le conclusioni riprendono alcuni degli aspetti piů rilevanti di questi casi e, piů in generale, sottolineano i risultati dell'analisi complessiva dei dati e delle informazioni raccolte nel corso della ricerca empirica.
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Grunow, Daniela. "Flexicurity, insicurezza del lavoro e formazione di una famiglia: la condizione giovanile in Danimarca". SOCIOLOGIA DEL LAVORO, n.º 124 (diciembre de 2011): 75–92. http://dx.doi.org/10.3280/sl2011-124005.

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Questo articolo descrive come il processo di flessibilizzazione del mercato del lavoro e l'attuale crisi economica abbiano modificato l'assetto occupazionale dei giovani in Danimarca dagli anni '80 del novecento al 2010. L'autrice si interroga se la flessibilizzazione abbia influenzato le decisioni di lungo termine dei giovani, quali l'unione di coppia, l'autonomizzazione dai genitori, la costruzione di una famiglia. Dai dati a disposizione sembra che il modello danese abbia successo, se paragonato alla maggior parte dei paesi che fanno parte dell'Oecd, in riferimento al basso incremento della disoccupazione giovanile. Non ci sono evidenze del fatto che i cambiamenti nell'economia danese abbiano condizionato decisioni relative alle unioni di coppia, alla formazione di una famiglia, alla fertilitŕ. Le politiche attive del lavoro unite a un mercato del lavoro flessibile sembrano distribuire i rischi occupazionali in modo più uniforme tra i giovani e le generazioni più anziane.
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Gallina, Vittoria. "Bisogni formativi e politiche di welfare". SOCIOLOGIA DEL LAVORO, n.º 120 (febrero de 2011): 139–52. http://dx.doi.org/10.3280/sl2010-120007.

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Il lifelong learning č la risposta che le politiche educative hanno saputo costruire alla fine del secolo scorso di fronte ai processi di mondializzazione del lavoro ed ai fenomeni migratori. La durezza e la complessitŕ dei processi sociali indotti dal cambiamento produttivo nel mondo globale chiedono uno sforzo di conoscenza ed un impegno di risorse inedito, per contrastare processi di disgregazione sociale e per sostenere gli individui che "rischiano" nel mondo del lavoro flessibile. Le prospettive educative sono chiamate a inventare percorsi che aiutino gli individui a vedere lontano e a progettarsi al di lŕ della occupazioneche il mercato del lavoro presenta oggi come unica, quasi, opportunitŕ di inserimento sociale. Sistemi formativi/ istruttivi efficaci dovranno progressivamente abbandonare la illusoria valenza dei percorsi interdisciplinari, valorizzando invece la trasversalitŕ di saperi e competenze e esplicitando le finalitŕ di ogni fase del processo di apprendimento, al fine di attribuire a questo senso e valore per il soggetto che apprende.
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Murgia, Annalisa y Barbara Poggio. "Quando studiare non basta. Racconti di giovani highly skilled nel mercato del lavoro flessibile". SOCIOLOGIA DEL LAVORO, n.º 131 (julio de 2013): 59–73. http://dx.doi.org/10.3280/sl2013-131004.

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Ferrando, Anna. "Donne oltre i confini. La traduzione come percorso di emancipazione durante il fascismo". ITALIA CONTEMPORANEA, n.º 294 (diciembre de 2020): 205–34. http://dx.doi.org/10.3280/ic294-oa1.

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Č nota a tutti la definizione che Cesare Pavese, cogliendo lo spirito dell'epoca, diede degli anni Trenta come il "decennio delle traduzioni". Meno noti i protagonisti di questa massiccia operazione di mediazione culturale. O, forse, sarebbe meglio dire, le protagoniste. Molte furono infatti le donne che scelsero l'attivitŕ traduttoria: si trattava di un lavoro flessibile, ‘nascosto', che si poteva svolgere a casa, e per di piů ancillare al lavoro dell'autore, un lavoro ‘adatto' alle donne, ma che molte donne, perň, usarono per ritagliarsi uno spazio di vita pubblica, di indipendenza e di libertŕ, esercitato anche nel selezionare i testi da tradurre e nel proporli agli editori. Quando nel 1938 Ada Gobetti tradusse uno dei libri di riferimento dell'american black feminism, Their eyes were watching God della Hurston, non si trattava certo di un'operazione unicamente letteraria. Chi furono dunque le intellettuali protagoniste del "decennio delle traduzioni"? E questo processo di mediazione culturale influenzň le pratiche, gli stili di vita, le mentalitŕ delle traduttrici stesse? L'archivio privato della traduttrice Alessandra Scalero permette di circoscrivere un caso di studio emblematico delle ‘mutazioni di genere' che investirono l'industria delle traduzioni fra le due guerre.
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Battistelli, Stefania y Piera Campanella. "Comando e controllo nel lavoro agile: prime riflessioni". PRISMA Economia - Società - Lavoro, n.º 2 (febrero de 2022): 52–67. http://dx.doi.org/10.3280/pri2020-002004.

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La normativa italiana in materia di lavoro agile (L. n. 81 del 2017) delinea le ca-ratteristiche di una nuova modalità di lavoro flessibile, senza vincoli specifici di orario e luogo di lavoro. L'istituto, che nasce con finalità di incrementare la com-petitività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, solleva questioni nuove, concernenti tanto l'organizzazione e la produttività del lavoro, quanto il benessere dei lavoratori, aprendo nuovi spazi di riflessione e di studio a riguardo. Alla luce di queste prime considerazioni, il contributo in oggetto si concentra sull'impatto del lavoro agile, e più in generale del lavoro a distanza, nei confronti dei poteri tipici del datore di lavoro rispetto alle relazioni industriali-tipo. Con l'introduzione di nuove tecnologie e di nuovi modelli di organizzazione del lavoro, il potere di controllo del datore di lavoro tende a rafforzarsi, esponendo i lavoratori a nuove forme di sorveglianza costante. In questo (nuovo) contesto, ci si chiede, in particolare, in che modo il potere di controllo o vigilanza si atteggi nel lavoro a distanza, quale funzione sia deputato ad assolvere e se e in che misura risulti com-patibile con la disciplina avente ad oggetto la vigilanza sull'esatto adempimento degli obblighi contrattuali da parte dei dipendenti di cui all'art. 4 St. lav. Analoga-mente, ci si chiede quali siano gli effetti della flessibilità dell'orario di lavoro sul potere, sui doveri e sulle responsabilità del datore, chiamato a garantire la discon-nessione del lavoratore dagli strumenti tecnologici di lavoro attraverso l'adozione di apposite misure tecniche e organizzative (art. 19, co. 1, L. 81/2017). D'altro can-to, lo scopo del diritto alla disconnessione non è solo quello di tutelare la salute del lavoratore e garantire il rispetto della sua vita personale, ma anche quello di evita-re il rischio di abuso di potere del datore di lavoro, comunemente definito "time porosity". Tuttavia, un modo adeguato per garantire efficacemente il diritto del lavoratore alla disconnessione non è ancora stato individuato e la questione meri-ta di essere approfondita. Tenuto conto di ciò, sarebbe opportuno ripensare al ruo-lo, da una parte, della contrattazione collettiva e delle parti sociali e, dall'altra, della legge nell'ottica di innalzare la qualità del lavoro a distanza.
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Vidoli, Francesco y Rita Mileno. "Un confronto tra modelli DEA (Data Envelopment Analysis) e MARS (Multivariate Adaptive Regression Splines) nella stima dell'efficienza produttiva nel ervizio idrico integrato in Italia". RIVISTA DI ECONOMIA E STATISTICA DEL TERRITORIO, n.º 2 (junio de 2010): 5–37. http://dx.doi.org/10.3280/rest2010-002001.

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Il sistema idrico in Italia č caratterizzato da una moltitudine di forme organizzative e da costi ampiamente divergenti, derivanti sia da differenze industriali, ma anche da inefficienze. L'obiettivo del presente lavoro č quello di valutare l'efficienza tecnica nell'anno 2008 attraverso una metodologia non-parametrica particolarmente flessibile. Da un punto di vista metodologico, viene presentata una metodologia originale basata sui modelli MARS (Multivariate Adaptive Regression Splines), utilizzati per stimare la funzione di produzione sulla frontiera efficiente senza, al contempo, esplicitare ex-ante una specifica forma funzionale. I risultati dell'applicazione di tale metodologia sono stati messi a confronto con quelli derivanti dalla tecnica DEA evidenziando forti differenze specialmente tra aziende che operano in aree metropolitane e aree a bassa densitŕ abitativa.
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Vigorelli, Marta. "Il trauma individuale nel trauma collettivo. Stare con il dolore estremo di chi cura". PSICOTERAPIA PSICOANALITICA, n.º 2 (noviembre de 2020): 75–95. http://dx.doi.org/10.3280/psp2020-002005.

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Dopo una sintetica descrizione del contesto psicosociale di grave emergenza Covid-19 in Lombardia (Italia), il contributo si focalizza su alcuni interrogativi che aprono alla psicoterapia psicoanalitica uno spa-zio di riflessione e di lavoro sul tema di come occuparci di chi si pren-de cura (helping professions), e di come stare con il dolore del soccor-ritore e del terapeuta, immersi in un trauma collettivo. A partire dalla formazione clinica psicoanalitica istituzionale, in dialogo con i contri-buti della psicologia dell'emergenza, si presentano i percorsi psicotera-peutici con due operatori sanitari - una responsabile di una struttura per anziani e un giovane medico specializzando ? che hanno fatto emergere una particolare condensazione traumatica articolata su più li-velli: quello individuale soggettivo che ha colpito i pazienti, ma anche la vita personale della terapeuta, quello legato all'emergenza sanitaria con le drammatiche connessioni sociali e politiche, ma anche il trauma di loro come curanti, e quello dei loro pazienti e delle loro famiglie. Il lavoro clinico, tempestivo e flessibile si intreccia con le vicissitudini del contesto lavorativo di questi operatori coinvolti direttamente con la pandemia, favorendo la loro resilienza individuale e una capacità di intervenire in modo trasformativo su se stessi e sui contesti di cura.
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Rodriguez, Sandra. "Inform, engage, click forward: citizen engagement among a Web 2.0 driven generation". SOCIOLOGIA DELLA COMUNICAZIONE, n.º 40 (junio de 2010): 67–80. http://dx.doi.org/10.3280/sc2009-040006.

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Questo intervento esplora la relazione complessa fra ICT e impegno civile dei giovani. Sulla base dell'analisi empirica condotta nel 2008-2009 sui giovani della fascia 20-35 anni, il lavoro va oltre la classica caratterizzazione di una generazione immersa nella tecnologia, cercando di comprendere come il Web stia modificando il suo grado di partecipazione sociale e politica. Mentre una larga parte del dibattito relativo alla partecipazione dei giovani sottolinea il loro rifiuto di strumenti tradizionali, la tecnologia Web sembra in grado di fornire alle generazioni piů giovani strumenti che li aiutano a creare nuove vie, per modificare la vita sociale, culturale e politica a livello globale. Tuttavia, se una gran quantitŕ di studi sottolinea ora l'importanza di comprendere l'impegno giovanile nell'era dell'informazione, č difficile capire come e se il web stia modificando per i giovani il significato dell'impegno civile. Ben poca attenzione č data alla valutazione delle alternative, dei valori e dei significati che spingono i giovani a dar luogo ad azioni specifiche mirate al cambiamento sociale, o che al contrario glielo impediscono. Richiedendo un approccio multidisciplinare di natura flessibile, il lavoro suggerisce la necessitŕ di ripensare concetti come impegno, partecipazione, azioni rivolte al cambiamento sociale. Invece che cinici, apatici o tecnofili disimpegnati, il disegno che emerge dalla nostra ricerca rivela l'esistenza di giovani responsabili, caratterizzati dalla partecipazione ai networking del web e dalla mobilitŕ sociale, che dimostrano grande abilitŕ nell'uso dell'ICT per promuovere valori di giustizia e solidarietŕ.
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Gallo, Eugenio y Gino Targa. "Quality evaluation in psychiatric services: a regional system of quality indicators". Epidemiologia e Psichiatria Sociale 7, n.º 2 (agosto de 1998): 110–19. http://dx.doi.org/10.1017/s1121189x00007247.

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RIASSUNTOScopo — Il presente lavoro propone un sistema di indicatori basato sui sistemi informativi di routine adottati dalla Regione Emilia Romagna. Esso si pone l'obiettivo di cogliere la qualità e la complessità dei percorsi di cura dei pazienti psichiatrici tenendo conto dell'articolazione delle strutture psichiatriche della Regione del Progetto obiettivo Tutela della Salute Mentale 1994-1996 e degli Indicatori di efficienza e qualita del SSN. richiesti dal Ministero della Sanità. Metodo — Formazione di un gruppo di lavoro su iniziativa della Regione, per la costruzione degli indicatori con definizione del significato, della formula, della soglia di attenzione, della finalita, del livello di utilizzazione, della fonte dei dati e della frequenza di rilevazione congruente con i sistemi informativi regionali.Risultati — Vengono presentati 105 indicatori suddivisi in base alia struttura psichiatrica a cui fanno riferimento (centri di salute mentale, reparti per acuti, strutture semiresidenziali, strutture residenziali, strutture ex-manicomiali, dipartimento di salute mentale) ed in base al codice in tre elenchi: 1) d'informazione generale (30), comprendente i 12 indicatori richiesti dal Ministero della Sanità; 2) di approfondimento; 3) di esito. Conclusioni — Il sistema di indicatori, pur nato per un uso locale, si fonda su obiettivi definiti dal Progetto Obiettivo ministeriale, per cui può rivestire un interesse anche per altre realtà regionali italiane. La costruzione modulare permette un'applicazione flessibile e un adattamento a sistemi informativi meno complessi. Una parte del sistema è stata inserita dal 1997 nel flusso informativo di routine tra le ASL e la Regione Emilia Romagna.
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Grigio, Monica. "L'esperienza di psicologia clinica perinatale in una maternitŕ ospedaliera". INTERAZIONI, n.º 1 (julio de 2012): 100–118. http://dx.doi.org/10.3280/int2012-001008.

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Verrŕ illustrata la casistica del lavoro clinico svolto dal Servizio di Psicologia Clinica dell'U.O. di Ostetricia e Ginecologia dell'Ospedale V. Buzzi'. L'attivitŕ del Servizio prevede interventi sia a livello preventivo che di presa in carico psicoterapeutica in caso di psicopatologia e si articola in diversi ambiti (conduzione dei Corsi di accompagnamento alla nascita e al puerperio, assistenza psicologica nei reparti, attivitŕ psicoterapeutica ambulatoriale, assistenza psicologica in Diagnosi Prenatale, formazione psicologica per gli operatori che operano in ambito perinatale, attivitŕ di ricerca, ecc). L'intervento terapeutico in ambito perinatale in ospedale richiede un contatto emotivo molto intenso e una tecnica che sia in grado di sostenere anche le situazioni piů acute o in emergenza. La psicologa perinatale deve saper modulare in maniera flessibile il classico setting terapeutico: alla consuetudine di uno studio chiuso deve saper contrapporre il colloquio al letto della donna o in piedi davanti all'incubatrice del bambino, deve poter favorire e accompagnare cambiamenti rapidi, alternare occasioni di sostegno psicologico ad interventi di clinica classica, prestarsi ad un ascolto analitico come anche a momenti di semplice informazione, confrontarsi da sola con la donna o con il futuro padre, o dover intervenire in una dinamica di coppia o, ancora, nella relazione della madre con il neonato che magari richiede di essere allattato o cambiato durante la seduta.
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Vicarelli, Giovanna. "La flessibilità del lavoro nel Servizio Sanitario Nazionale prima e durante la pandemia da Covid-19". SOCIOLOGIA DEL LAVORO, n.º 162 (marzo de 2022): 7–29. http://dx.doi.org/10.3280/sl2022-162001.

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La prima tesi che l'articolo intende sostenere è che il settore sanitario pubblico conosce, dopo la crisi finanziaria del 2007 e fino al 2019, un processo di crescente flessibilizzazione del lavoro. Si tratta di una flessibilità numerica (nel numero degli addetti e nel tipo di contratti di lavoro), anziché di una flessibilità funzionale. Quest'ultima, infatti, è difficile da attuare in un settore ad alta percentuale di lavoro professionale, con forme di autoregolazione spesso corporative. Con la seconda tesi, relativa al periodo pandemico, si sostiene che tra il 2020 e il 2021 si sono prodotte politiche del lavoro nel SSN ancor più flessibili, con una ulteriore deregolazione dettata dall'emergenza. La domanda conclusiva riguarda quanto il Piano di rilancio e resilienza (PNRR) emanato nel 2021 e la nuova legge di Bilancio per il 2022 possano essere in grado di dare una inversione di tendenza al ciclo lungo di flessibilizzazione del lavoro inseritosi anche nel settore sanitario pubblico.
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Lodigiani, Rosangela. "I nuovi termini della socializzazione (alla cittadinanza) lavorativa". SOCIOLOGIA DEL LAVORO, n.º 117 (mayo de 2010): 59–73. http://dx.doi.org/10.3280/sl2010-117005.

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La transizione al lavoro dei giovani si realizza attraverso percorsi lunghi, flessibili, individualizzati. Ciň influisce sulla socializzazione lavorativa nonché sulla cultura e sull'etica del lavoro dei giovani, rendendo piů difficile la costruzione di una carriera occupazionale stabile e di una solida identitŕ professionale. I processi di socializzazione lavorativa divengono ricorsivi, discontinui, frammentati; non riescono piů a trasmettere il senso di una appartenenza, ma - inquadrati nel paradigma europeo dell'attivazione e dell'occupabilitŕ - richiamano a una cittadinanza occupazionale nei fatti difficile da conquistare e mantenere e spesso incapace di rispondere ai bisogni di realizzazione di sé e riconoscimento sociale. Ne derivano nuove disuguaglianze tra i giovani e una ridefinizione del significato del lavoro nel corso di vita. Emerge dunque la necessitŕ di politiche tese a supportare le transizioni lavorative affinché conservino un profilo professionalizzante, consentano la capitalizzazione di competenze, siano sostenibili dentro la biografia individuale. Occorre perň ridare valore al lavoro dei giovani, integrando l'obiettivo dell'occupabilitŕ con quello della capability di scegliere un lavoro che abbia valore per sé.
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Chinchilla, Nuria. "Corporate family responsibility e ambienti di lavoro flessibili: un "must" per le aziende del XXI secolo". SOCIOLOGIA E POLITICHE SOCIALI, n.º 2 (julio de 2013): 43–65. http://dx.doi.org/10.3280/sp2013-002003.

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Howe, Martin. "Reflections on the Italian Law for the Protection of Competition and the Market". Journal of Public Finance and Public Choice 8, n.º 2 (1 de octubre de 1990): 135–45. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907345081.

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Abstract La nuova legge italiana per la protezione della concorrenza e del mercato è oggetto di grande interesse nel Regno Unito, a motivo dell’intenzione del governo di modificare il sistema britannico di regolamentazione della concorrenza, soprattutto per quanto riguarda i cartelli.La nuova legge deve ancora essere presentata, ma un libro bianco è stato preparato dal governo.La necessità di cambiare la legislazione al riguardo è emersa, in parte, perché essa è piuttosto antica (la prima legge è del 1948) e per vari aspetti inefficace, ed in parte per la difficoltà di conciliarla con la regolamentazione comunitaria.L’industria britannica teme che la diversità tra sistema nazionale e sistema comunitario di tutela della concorrenza possa tradursi in procedure concorrenti e con risultati discordanti, cosa che metterebbe in svantaggio le imprese britanniche rispetto a quelle degli altri partners comunitari.È rimarchevole il fatto che la legge italiana sia non soltanto modellata sulla base della legge comunitaria, ma che essa affermi che la legge nazionale non sarà applicata quando la Comunità europea abbia giurisdizione.Nel Regno Unito, invece, si insiste sulla possibilità di compiere indagini a livello nazionale, pur accettando il primato della legislazione comunitaria, in caso di contrasto. Si ammette che pratiche o accordi vietati dalla Commissione non possono essere consentiti, ma si sostiene che possono essere vietati, a livello nazionale, accordi e pratiche ammessi a livello comunitario.Peraltro, l’apparentemente chiara distinzione contenuta nella legge italiana tra i compiti della legislazione nazionale e quelli della legislazione comunitaria rischia di venir meno tutte le volte che i due ordinamenti interpreteranno le leggi in modo diverso. Questa possibility era stata alla base dell’opposizione del Regno Unito al conferimento alla Commissione europea della giurisdizione esclusiva per le fusioni di «dimensione comunitaria».Il sistema britannico è basato sul concetto di «interesse pubblico», che è per sua natura impreciso, anche se esso viene applicato in modo pragmatico e flessibile, cosa da non sottovalutare se si tiene conto del fatto che in questo campo le opinioni convenzionalmente accolte possono cambiare.Vi sono tuttavia numerosi vantaggi in un sistema che, come quello italiano, è basato su proibizioni, e di essi tiene conto il libro bianco governativo: dà messaggi più chiari alle industrie su cosa sia consentito, conferisce poteri investigativi più precisi all’Autorità della concorrenza e può anche stabilire sanzioni per comportamenti illegali, con possibili effetti deterrenti.L’Autorità italiana dovrebbe dare assoluta priorità alla eliminazione degli accordi decisamente anti-concorrenziali, come quelli diretti alla fissazione dei prezzi, alle domande ed offerte concordate, ed alla suddivisione del mercato. Si tratta di accordi che hanno raramente una giustificazione di carattere efficientistico o di altra natura.I cartelli su cui è necessario concentrarsi sono quelli di carattere orizzontale, mentre i cartelli verticali non sembrano rilevanti, almeno di regola. Pertanto, l’avere inserito anche i cartelli verticali nella legislazione italiana (conformemente a quella europea) complica molto il lavoro dell’Autorità (a motivo dell’intenso lavoro burocratico che ne conseguira) senza effettivamente contribuire alla tutela della concorrenza, che potrebbe in questo caso avvenire attraverso il ricorso alla categoria dell’abuso di posizione dominante.Per quanto riguarda le concentrazioni, sebbene quelle orizzontali siano il modo più semplice mediante cui si può giungere all’abuso di posizione dominante, bisogna riconoscere che esse costituiscono una parte molto controversa della politica della concorrenza. Vi è il problema di stabilire le dimensioni della concentrazione da sottoporre a controllo, nonché quello della prevalenza di altre considerazioni, attinenti, per esempio, alla promozione dello sviluppo regionale, rispetto ai principii della concorrenza.A proposito delle concentrazioni, bisogna distinguere il caso in cui le attività in questione siano esposte alla concorrenza internazionale da quello in cui non lo siano. In quest’ultimo caso, gli effetti delle concentrazioni devono essere esaminati con attenzione maggiore, per verificare se possano aver luogo benefici sotto il profilo di una maggiore efficienza o sotto altri aspetti. Si tratta, comunque, di valutazioni molto complesse, che non possono risolversi con una semplice formula circa il tasso di concentrazione.La repressione dell’abuso di posizione dominante è indubbiamente una parte essenziale della legislazione per la tutela della concorrenza. Tale è quindi anche nel Regno Unito, dove peraltro l’inesistenza di proibizioni rende difficile ottenere effetti deterrenti. Peraltro, un limite all’accoglimento del sistema previsto dall’art. 86 del Trattato CEE (così come del corrispondente articolo 3 della legge italiana) è costituito dalla difficoltà di definire l’«impresa dominante” e, ancor più, l’«abuso», con la conseguenza che si rischia di rendere ancora più difficile la vita delle imprese, che si troverebbero di fronte al divieto di compiere atti «illegali” che non sono precisamente definiti.Sebbene siano state numerose nel Regno Unito le indagini in materia di abuso di posizione dominante, nella maggior parte dei casi esse hanno condotto alla conclusione della loro infondatezza. È probabile che l’Autorità italiana abbia esperienze analoghe.Per quanto possano essere diverse, da Paese a Paese, le leggi sulla concorrenza e gli stessi ordinamenti, nonché i sistemi economici e sociali, è sorprendente la somiglianza tra i problemi che le autorità responsabili della tutela della concorrenza si trovano di fronte.
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Caravaggi, Lucina. "Disconnessioni e infrastrutture di paesaggio". CRIOS, n.º 19 (mayo de 2021): 20–33. http://dx.doi.org/10.3280/crios2020-019003.

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"Roma in movimento" è il titolo di una recente ricerca dedicata al rapporto tra le forme di prigionia urbana e la difficoltà di spostarsi nella città metropolitana di Roma. L'osservazione ravvicinata dello spazio urbanizzato intorno e oltre il GRA conferma che diverse forme di urbanizzazione contemporanea sono riconducibili non solo a nuove specie di insediamenti ma all'insieme di correlazioni ecologiche e servizi funzionali che ne permettono la sopravvivenza. L'ipotesi di lavoro sinteticamente delineata in questo testo è centrata sul concetto di infrastrutture flessibili declinate come nuove ‘infrastrut¬ture di paesaggio' a partire proprio dai temi dello spostamento sostenibile, motore della possibile riattivazione di vasti preziosi paesaggi marginali. L'ipotesi interpretativa indaga alcune categorie del progetto paesaggistico connesse al ‘movimento' (continuità, inter¬sezione e interazione) attraverso cui dare corpo a una nuova rete di spazi e collegamen¬ti verdi al servizio degli spostamenti alternativi alle auto, capaci di favorire nuove forme di accesso democratico alla città.
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Galdieri, Michela. "Flessibilità e adattamento al cambiamento nella trasposizione didattica a distanza". EDUCATION SCIENCES AND SOCIETY, n.º 1 (junio de 2020): 477–503. http://dx.doi.org/10.3280/ess1-2020oa9936.

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Il lavoro presenta una lettura in chiave semplessa del processo di insegnamento-apprendimento nell'ambito della didattica a distanza e una riflessione sulle dinamiche educative ridefinite dalle tecnologie digitali. I mutati scenari sociali, politici ed economici correlati al sopraggiungere dell'inaspettata emergenza sanitaria, hanno sollecitato, anche in ambito educativo, la ricerca di pratiche didattiche flessibili ed innovative, la rivisitazione dei tempi e dei luoghi della didattica e la rimodulazione del modus operandi del docente la cui professionalità si esplica nel suo ruolo proattivo, trasformativo e nella sua capacità, talvolta, inconsapevole, di destrutturare itinerari conoscitivi ed esperienziali generando nuove ed originali forme di agire didattico. L'esperienza svolta presso l'Università degli Studi del Sannio di Benevento nel percorso formativo dei 24 CFU attraverso la somministrazione di un questionario a centottantatré studenti, ed estesa anche a cinquantadue docenti campani, disciplinaristi e non di sostegno, propone una riflessione sul tema della trasposizione didattica in modalità e-learning a partire da una progettualità educativo-didattica in linea con il bisogno del discente di autodeterminazione dei propri apprendiment
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Pisu, Daniela. "Il volto umano dei lavori flessibili. I risultati di una ricerca qualitativa sull'inclusione socio-lavorativa delle "risorse fragili" in Sardegna". SOCIOLOGIA DEL LAVORO, n.º 149 (febrero de 2018): 61–76. http://dx.doi.org/10.3280/sl2018-149005.

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Signorelli, Alessia, Annalisa Morganti y Stefano Pascoletti. "Boosting emotional intelligence in the post-Covid. Flexible approaches in teaching social and emotional skills". Form@re - Open Journal per la formazione in rete 21, n.º 3 (31 de diciembre de 2021): 41–58. http://dx.doi.org/10.36253/form-12127.

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The Covid pandemic has opened new challenges for education, especially for the social and emotional wellbeing of children and adolescents who had to face unprecedented and upsetting changes in their daily lives. The paper explores the possibilities offered by the social-emotional intelligence framework in helping children and youths develop the good emotional literacy needed for facing such a challenging time and growing as wholesome adults. This is done through an in-depth analysis of the concept of replication and generalization and by proposing a perspective working model for embedding social and emotional learning in daily teaching and learning activities. Promuovere l’intelligenza emotiva nel post-Covid. Approcci flessibili per insegnare le competenze sociali e emotive. La pandemia di Covid ha introdotto nuove sfide nel mondo dell’educazione, in modo particolare per quanto riguarda il benessere sociale e emotivo di bambini e adolescenti che hanno dovuto affrontare cambiamenti sconvolgenti senza precedenti nel loro vivere quotidiano. L’articolo esplora le possibilità offerte dal costrutto di educazione socio-emotiva a supporto dello sviluppo in bambini e ragazzi di un’alfabetizzazione emotiva solida, necessaria per affrontare un periodo così sfidante e per la loro crescita futura. Tutto questo è fatto attraverso un’analisi approfondita dei concetti di replicabilità e generalizzazione e attraverso la proposta di un nuovo modello di lavoro per integrare l’educazione socio-emotiva all’interno delle azioni didattiche quotidiane
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Galdieri, Michela y Michele Domenico Todino. "Promote Assistive and AAC technologies during Covid-19". Form@re - Open Journal per la formazione in rete 21, n.º 3 (31 de diciembre de 2021): 215–29. http://dx.doi.org/10.36253/form-10189.

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The Covid-19 health emergency has produced a rethinking of education and training systems based on open and flexible physical spaces and remote communication channels; however, socialization processes and virtual relational exchanges are still possible and at the same time authentic. Moreover, the use of telecommunication technologies augment efforts to find a new way to organize educational spaces when it is not possible to share physical space and virtual spaces must be used. Starting from the role of assistive technologies in European policies, this work presents a case study about the inclusive perspective of corporeality and action in teaching-learning process and described an experience done in a third grade class of a primary school in Rome where a teacher used an eye communicator with GRID3 software and tools of Augmentative Alternative Communication with a student with complex communication needs, main goal of this activity was to create an inclusive and sharing path for each scholar done in distance education. Promuovere le tecnologie assistive e la CAA al tempo del Covid-19. L’emergenza sanitaria da Covid-19 ha sollecitato un ripensamento dei sistemi educativi e formativi quali dimensioni aperte e flessibili in cui formarsi, spazi nei quali i canali di comunicazione a distanza hanno reso possibile processi di socializzazione e scambi relazionali virtuali ma non per questo meno autentici, luoghi della didattica in cui favorire gli apprendimenti mediante l’uso di tecnologie che hanno consentito di raggiungere risultati anche in assenza di condivisione di uno spazio fisico. Il lavoro presenta una riflessione sul ruolo delle tecnologie assistive nelle politiche europee, sul potenziale inclusivo della corporeità e dell’azione nei percorsi di insegnamento-apprendimento e propone la descrizione di un’esperienza svoltasi nella classe terza di una scuola primaria romana dove, in presenza di un’alunna con gravi difficoltà comunicative, la didattica ha previsto l’uso del comunicatore oculare con software GRID3 coniugato alle pratiche e agli strumenti propri della Comunicazione Aumentativa Alternativa, con l’obiettivo di creare un percorso inclusivo e partecipativo per ciascun alunno, seppure a distanza.
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Firouzi Tabar, Omid. "Inclusione sociale delle/dei richiedenti asilo, forza e ambivalenze delle "buone pratiche" autorganizzate". WELFARE E ERGONOMIA, n.º 2 (enero de 2021): 31–49. http://dx.doi.org/10.3280/we2020-002004.

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Una lunga ricerca etnografica svoltasi tra il 2015 ed il 2018 a Padova e Provincia, ha porta-to a galla numerose criticità legate all'organizzazione dell'accoglienza dei richiedenti asilo. È stato osservato che la violazione dei diritti emerge nettamente su quelle pratiche di "buona accoglienza" orientate all'implementazione dell'autonomia dei beneficiari e a una loro inclu-sione sociale improntata alla valorizzazione della loro agency e autodeterminazione. In que-sto quadro emergenziale, i richiedenti asilo si trovano ora esposti a forme di violenta segre-gazione e marginalizzazione ora alle prese con la fruizione delle rare risorse "inclusive", spesso subordinata alla completa osservanza delle linee di condotta e disciplinamento stabili-te dalle strutture ospitanti e dalla disponibilità allo svolgimento di lavori bassamente qualifi-cati e sottopagati. In questo contesto paradigma sicuritario e umanitario tendono spesso a intrecciarsi. I confini e le pareti dell'accoglienza però, sia quelle materiali che quelle simboliche, sono spesso flessibili e porose. Negli ultimi anni abbiamo infatti assistito a crescenti processi di "fuoriuscita", volontaria e forzata, dal circuito, un fenomeno recentemente acuito dall'abrogazione della protezione umanitaria e dalla impossibilità del rinnovo della stessa (Legge 132/2018), provvedimenti che espongono i migranti a nuove forme di irregolarizza-zione e allo stesso tempo a dinamiche di invisibilizzazione e stigmatizzazione sociale. Questa progressiva permeabilità delle pareti dell'accoglienza ci pone sempre più l'urgenza di inda-gare a fondo le relazioni tra questi soggetti, le istituzioni e gli attori sociali che abitano il territorio. A partire da questo proviamo a guardare al ruolo rappresentato da alcune "buone pratiche" autorganizzate dal basso, cercando di capire come esse si misurino con il rischio di ripro-durre a loro volta paternalismo e infantilizzazione, tipici ingredienti del modello "assimila-zionista" e quanto riescano invece a mettere al centro l'autonomia dei soggetti intercettati.
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Coscia, Laura. "Fare didattica in spazi flessibili. Progettare, allestire e utilizzare ambienti di apprendimento, a cura di Leonardo Tosi, Giunti Scuola, 2019". IUL Research 3, n.º 6 (21 de diciembre de 2022). http://dx.doi.org/10.57568/iulres.v3i6.408.

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Frutto di un lavoro collettivo e realizzato dal gruppo di ricerca Indire che si occupa di architetture scolastiche, il volume Fare didattica in spazi flessibili affronta il dibattito relativo al rapporto tra pedagogia e architettura, cercando di fornire strumenti pratici per docenti e dirigenti scolastici che intendono approcciarsi a queste tematiche.
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