Literatura académica sobre el tema "Lavoro alle dipendenze di pubbliche amministrazioni"

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Artículos de revistas sobre el tema "Lavoro alle dipendenze di pubbliche amministrazioni"

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Edallo, Emanuele. "Esoneri e dispense al Comune di Milano. La persecuzione antiebraica nei confronti dei dipendenti dell'Amministrazione comunale". ITALIA CONTEMPORANEA, n.º 293 (agosto de 2020): 121–48. http://dx.doi.org/10.3280/ic2020-293005.

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L'articolo 13 del Regio decreto legge 1728/1938 prevedeva che le amministrazioni pubbliche non potessero avere alle proprie dipendenze persone di "razza ebraica". Ciò costrinse i comuni di tutto il Regno a dispensare dal servizio i dipendenti ebrei entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del decreto. Questo saggio, intende aprire una nuova prospettiva di ricerca, analizzando sia l'iter burocratico-amministrativo e le dinamiche interne all'amministrazione comunale di Milano, sia i profili dei dipendenti comunali. A partire dalla metà di dicembre 1938, l'Amministrazione comunale milanese licenziò, per motivi razziali, ventisei dipendenti; due di loro vennero riconosciuti non appartenenti alla "razza ebraica" e poterono riprendere il lavoro, gli altri subirono la persecuzione. Si trattava di figure variegate e interessanti: semplici impiegati, ingegneri, medici, farmacisti, insegnanti, vigili del fuoco, segretarie, inservienti e operai. Dopo l'occupazione nazista della città, alcuni scelsero di fuggire all'estero, la maggioranza rimase, invece, in Italia, nascondendosi per non essere arrestata. In quattro vennero deportati ad Auschwitz, dove morirono. Alla fine della guerra solamente sei ripresero il posto di lavoro presso il Comune.
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Bordogna, Lorenzo y Stefano Neri. "La regolazione del lavoro pubblico in Italia e in Francia: convergenze e divergenze". GIORNALE DI DIRITTO DEL LAVORO E DI RELAZIONI INDUSTRIALI, n.º 127 (octubre de 2010): 455–97. http://dx.doi.org/10.3280/gdl2010-127003.

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L'articolo analizza le trasformazioni nella regolazione del lavoro pubblico in Italia e in Francia negli ultimi decenni, nel quadro della piů generale riforma della pubblica amministrazione e alla luce dell'approccio del New Public Management. Esso mostra che, nonostante l'appartenenza ad una comune tradizione amministrativa, le traiettorie di riforma nei due paesi hanno cominciato a divergere dai primi anni ottanta, e in misura ancora maggiore dagli anni novanta. L'Italia si č avvicinata maggiormente, pur con qualche incoerenza, ai canoni del NPM, e probabilmente anche alla debolezza teorica di questi canoni deve alcune delle presenti difficoltŕ di regolazione del lavoro pubblico. La Francia si č invece mostrata assai piů cauta nell'abbracciare il NPM, conservando diversi tratti tipici della propria tradizione amministrativa, a cominciare dallo status pubblicistico del rapporto di lavoro degli oltre 5 milioni di dipendenti pubblici; un modello talvolta definito come neo-weberiano. In prospettiva comparata, si conferma l'opportunitŕ di analizzare differenti traiettorie nazionali di riforma, radicate nelle tradizioni legali e istituzionali di ciascun paese, piuttosto che ipotizzare universali convergenze verso l'unico modello regolativo del NPM.
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Fuschi, Damiano. "LE RELAZIONI TRA I CITTADINI E LE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI ATTRAVERSO MEZZI ELETTRONICI. UN'ANALISI GIURIDICA COMPARATA". Il Politico 254, n.º 1 (7 de junio de 2021): 86–102. http://dx.doi.org/10.4081/ilpolitico.2021.562.

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Resumen
Lo scopo principale del presente lavoro è quello di individuare alcune delle criticità legate al diritto di accesso alle informazioni detenute dalle Pubbliche Amministrazioni, emerse con la diffusione dei mezzi di comunicazione elettronici. Nell'affrontare l'argomento, è importante anche definire cosa sia un documento informatico, in quanto tale concetto varia, in primo luogo, in relazione al grado di evoluzione tecnologica esistente e, in secondo luogo, non fa riferimento ad una categoria omogenea. Prendendo come esempio il contesto italiano, una descrizione di "documento informatico" è fornita dal Decreto Legislativo n. 82/2005 (Codice dell'Amministrazione Digitale), rappresentazione di fatti, atti o dati giuridici rilevanti".
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Guido, Alpa. "Responsabilitŕ sociale dell'impresa, enti non profit, etica degli affari". ECONOMIA E DIRITTO DEL TERZIARIO, n.º 2 (enero de 2012): 199–227. http://dx.doi.org/10.3280/ed2011-002001.

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Resumen
Č variegato lo scenario nel quale sta evolvendo la "responsabilitŕ sociale dell' impresa", un'idea, poi trasformatasi in corrente intellettuale e in iniziative di natura culturale ed istituzionale, che vede protagonisti le imprese, le categorie professionali, le Amministrazioni pubbliche, larghi strati della societŕ civile nonché Governi e Parlamenti. La responsabilitŕ sociale impegna gli operatori economici a valutare - nell'ambito di uno "sviluppo sostenibile" - gli effetti dell'attivitŕ economica sui suoi destinatari e sull'ambiente, e a contribuire alla formazione di un'etica sociale: l'ente organizzato in forma collettiva - corporate, come suona la formula importata dal mondo anglo- americano - č chiamato a prender consapevolezza della dimensione sociale dello sviluppo in cui si confrontano e si contemperano esigenze economiche ed esigenze della collettivitŕ e a recare il proprio contributo alla tutela di diritti e interessi individuali e collettivi sui quali si ripercuotono le scelte, i comportamenti, le strategie dell'agire economico. Č una delle risposte - tra le molte che si potrebbero dare - al progressivo sgretolamento dello Stato sociale, alle aggressioni all'ambiente, alla creazione dei bisogni consumistici, alla precarietŕ del lavoro, alla opacitŕ dei rapporti negoziali, alla ingovernabilitŕ della globalizzazione dei mercati. Questa risposta riposa sul contributo volontario degli operatori e si colloca dunque in uno spazio che va al di lŕ di ciň che ad essi č richiesto dagli obblighi imposti dalla legge.
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Butera, Federico y Fernando Alberti. "Il governo delle reti inter-organizzative per la competitivitŕ". STUDI ORGANIZZATIVI, n.º 1 (diciembre de 2012): 77–111. http://dx.doi.org/10.3280/so2012-001004.

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Resumen
I policy maker sono costantemente alla ricerca delle forme e degli strumenti per contribuire ad aumentare la prosperitŕ economica e sociale del proprio territorio. Gli studi a livello internazionale ci dicono che la prosperitŕ di un territorio č direttamente riconducibile alla sua competitivitŕ, e quindi in primis al livello di produttivitŕ e innovazione del sistema delle imprese. Come verrŕ ampiamente illustrato in questo articolo, le reti inter-organizzative - nella varietŕ di forme che l'evidenza empirica ci suggerisce - attraverso una flessibilitŕ senza precedenti, una piů veloce circolazione delle informazioni, la condivisione di visioni, saperi e conoscenza, l'efficiente e rapido scambio di risorse e competenze per competere, assicurano al tempo stesso specializzazione, efficienza e alti livelli di produttivitŕ. La configurazione e la natura di tali reti č in via di continua ridefinizione ed espansione e l'uso del termine rete č spesso generico o inappropriato. Anche i confini delle reti vanno continuamente ridefiniti, in un continuum che va dalle imprese tradizionali che esternalizzano e delocalizzano parte della loro produzione fino al puro networking di varia natura. Noi ci concentreremo solo su quelle reti interorganizzative che rappresentano forme nuove di impresa, di quasi impresa, di sistemi di imprese che consentono una gestione competitiva e innovativa della catena del valore e dei processi fondamentali, conseguendo risultati economici e sociali, in una parola prosperitŕ. Ci occuperemo in particolare del fenomeno piů nuovo che caratterizza l'Italian way of doing industry, ossia lo sviluppo e i successi delle medie imprese, nodi di reti inter-organizzative che coinvolgono non solo imprese piccole, ma anche imprese grandi, in una proiezione spesso globale. Su queste nuove forme di reti inter-organizzative, si apre uno spazio di intervento straordinario per i policy maker in azioni di attivazione, incentivazione e supporto, capaci di condurre a superiori livelli di competitivitŕ le imprese componenti le reti, le reti stesse e i territori da cui esse muovono, ovvero capaci di favorire una maggiore prosperitŕ. Tali spazi di governo delle reti inter-organizzative possono avere natura infrastrutturale (trasporti, edilizia, tecnologie, credito, servizi, ecc.), relazionale (governo della catena del valore, dei processi, dei flussi, delle architetture d'impresa, dei sistemi informativi e di comunicazione, dei sistemi professionali ecc.) e cognitiva (capitale umano, capitale intellettuale, sistema di valori e norme, ecc.). Tutte e tre queste dimensioni sono importantissime e vanno gestite congiuntamente in nuove forme di management assicurate dalle imprese "pivotali" e nell'ambito di quello che nell'articolo č definito come meta-management, ovvero quelle posizioni di attori pubblici e privati - spesso in raccordo fra loro - che assicurano supporto e guida strategica alle reti. Nuovi modelli di management e di meta-management implicano una conoscenza profonda della rete e, di conseguenza, una visione d'insieme attuale e futura sicura e convincente e una capacitŕ di execution che sappia consolidare o riorientare la rete; valorizzare le risorse, materiali e personali, lě racchiuse e soprattutto perseguire obiettivi e misurare risultati. Meta-management non significa favorire il mero networking tra imprese, ma attivarsi come agenzie strategiche e provvedimenti concreti capaci di disegnare politiche di accompagnamento e sostegno alla creazione e alla valorizzazione di robusti network tra imprese e tra imprese e istituzioni, che trascendano le consuete filiere e agglomerazioni locali. Una economia e una societŕ fatta di reti inter-organizzative non č uguale a quella fatta prevalentemente di singole imprese "castello". Sulle reti di impresa e sull'impresa rete incombono alcune rilevanti questioni a cui il nostro lavoro tenta di dare alcune risposte Vediamole qui di seguito. 1. Diagnosi. L'organizzazione a rete č oggi scarsamente riconoscibile. Come diagnosticarla, come identificarne le caratteristiche strutturali e comprenderne i problemi critici? 2. Sviluppo e progettazione. L'organizzazione a rete si puň supportare con adeguati servizi, sviluppare intenzionalmente o addirittura progettare, come qui si sostiene? E se sě, in che modo? I metodi da adoperare per gestire questo sviluppo sono certo diversi da quelli adottati da strutture accentrate, sono meno top-down e meno razionalistici: ma quali possono essere? 3. Stabilitŕ e mutamento. Ogni nodo o soggetto della rete fa parte di reti diverse, in alcuni casi abbandona in rapida successione le une per legarsi ad altre. Come combinare l'estrema mutevolezza di queste multiple appartenenze con l'esigenza di stabilitŕ e crescita di ogni singolo nodo, come far sě che l'intera rete si comporti come un "attore collettivo" capace di un governo? 4. Risultati. Se e come definire obiettivi o ri-articolarli velocemente nel tempo? Come valutare i risultati delle diverse dimensioni economiche e sociali? 5. Decisioni e misura. L'organizzazione a rete - come e piů dell'impresa tradizionale - cambia per repentine innovazioni, per adattamento, per micro-decisioni, per miglioramento continuo, č il risultato di scelte su cosa fare dentro e cosa comprare, su quali funzioni accentrare e quali decentrare, su quando acquisire o vendere unitŕ aziendali e su quando fare accordi, dove allocare geograficamente le attivitŕ. Vi sono criteri e metodi da adottare, per operare in questi contesti di agilitŕ, velocitŕ e rapiditŕ di processi decisionali? 6. Sistemi. Quali tecniche o sistemi operativi adatti all'impresa rete dovranno essere sviluppati? Quali sistemi di pianificazione e controllo di gestione dell'impresa rete, if any? Č possibile stabilire standard di qualitŕ per la rete? Come sviluppare dimensioni quali linguaggi, culture, politiche di marchio e di visibilitŕ, come potenziare le comunitŕ, come promuovere formazione e apprendimenti? 7. Strutture. Le reti di impresa includono una grande varietŕ di forme, come vedremo. La rete di imprese puň includere una parte di gerarchia: quali modelli di organigrammi sono compatibili? Quali sistemi informativi, di telecomunicazioni, di social network sono adatti per la rete di imprese? Quali sistemi logistici? Quali regole e contratti formali? Quali flussi finanziari? Le risorse umane si possono gestire e sviluppare lungo la rete? E in che modo? E che dire dei sistemi di controllo della qualitŕ? 8. Nascita e morte. La rete di imprese e soprattutto i suoi "nodi" hanno un tasso di natalitŕ/ mortalitŕ piů elevato dell'impresa tradizionale. Gestire la nascita e la morte delle imprese diventerŕ ancora piů importante che gestire le imprese. Chi lo farŕ e come? 9. Vincoli e opportunitŕ. La legislazione, le relazioni industriali, la cultura manageriale sono oggi vincoli e opportunitŕ allo sviluppo di forme di rete di imprese. La globalizzazione dell'economia, lo sviluppo dei servizi, le nuove tecnologie, la cultura dei giovani, invece, sembrano operare piů come fattori facilitanti quando addirittura non cogenti. Come gestire (e non subire) vincoli e opportunitŕ? Cosa puň fare l'impresa, e cosa possono fare le istituzioni pubbliche? Vi sono nuovi programmi e regole nazionali e regionali per la costituzione delle reti di impresa: quale č la loro efficacia e impatto? In tale quadro, un'Agenzia Strategica (una grande impresa, una media impresa, un ente governativo, una Camera di commercio, un'associazione imprenditoriale, un istituto di credito) puň esercitare un ruolo centrale nella promozione e governo delle reti inter-organizzative per la competitivitŕ dei territori, mettendo a fuoco i propri interventi di policy avendo come oggetto prioritario queste nuove forme di impresa, quasi-impresa, sistemi di impresa usando diverse leve: - innanzitutto, fornendo o favorendo l'accesso a risorse chiave, come credito, finanziamenti, sgravi fiscali, servizi per l'internazionalizzazione, conoscenze, marketing ecc.; - agendo da fluidificatore delle reti tra imprese, che sappia rimuovere ostacoli nelle strutture relazionali e irrobustire nodi, processi, strutture di governance laddove necessario; inserendosi direttamente nelle strutture relazionali come ponte per connettere nodi disconnessi; - esercitando a pieno il ruolo di meta-manager di reti inter-organizzative ossia imprimendo al sistema un indirizzo strategico di fondo, governando i processi "politici" interni alla rete ossia la distribuzione di potere e risorse e creando le condizioni culturali, strategiche organizzative e tecnologiche; - facendo leva sull'essere un policy maker cross-settoriale e multi-territoriale. Le reti di impresa hanno successo se si integrano entro "piattaforme industriali" (ad es. IT, Green economy, portualitŕ e logistica), entro cluster territoriali (es. distretti, economie regionali, etc.), sistemi eterogenei interistituzionali (che includono imprese pubbliche, amministrazioni, istituzioni e associazioni). La nostra tesi č che azioni di governo della rete attraverso nuove forme di management e di meta-management sono tanto piů efficaci quanto piů contribuiscono a supportare e strutturare reti organizzative robuste o che tendono a diventare tali, ossia imprese reti e reti di impresa governate; sono tanto meno efficaci o quanto meno misurabili quanto piů supportano solo processi di networking poco definiti destinati a rimanere tali. Nei termini di Axelsson, policy e management hanno effetto su reti che esprimono a) modelli di relazione fra diverse organizzazioni per raggiungere fini comuni. Hanno un effetto minore o nullo quando le reti di cui si parla sono solo b) "connessioni lasche fra organizzazioni legate da relazioni sociali" o c) un insieme di due o piů relazioni di scambio.
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Tesis sobre el tema "Lavoro alle dipendenze di pubbliche amministrazioni"

1

Pendolino, Gaetana. "Il riparto di giurisdizione nel lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2012. http://hdl.handle.net/11577/3422436.

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Resumen
It has been years from the privatization in public sector and following by a devolution to trail court for the relative controversies, a concerning treatment about the split of Jurisdiction for the employment in the public administration could be considered anachronistic. Still, by all this time, a clear and precise definition has not been made since the issue had not reached a definite asset. Statistical data in public administration works clearly shows a significant mass of law demands with relative contents, which could be assumed about the jurisprudential production, today in chief to the “United Sessions” of Court of Cassation as regulated under the art. 374 Cod. Proc. Civ., comma 1. The legislator’s objective has been clear, but on the other side the choice to continue in the use of a so called “bipolar” jurisdictional system didn’t have had the same clarity. It’s the citizen, with this organizational option, the subject the most damaged kept in a perpetual state of uncertainty about which court to refer to. The following work has the scope, with a case optic, to reconstruct the public employment specialties main steps and to analyze the results, sometimes in contrast with my own opinion, abducted by the scientific community. In the preliminary phase, a brief historical excursus of the public administration employment will be presented, taking a long and hard path of implementing the privatization. The framework of this normative will be illustrated too, pointing the attention on the jurisdictional passage and the presupposes which is based on. 8 The second section, the topic, is the analysis of the current split juridical standards with deeper considerations concerning the subject excluded from the ordinary Judge competence. The most controversial themes, about the jurisdictional passage, are delved in the last chapter and his principal arguments are: assumptions, competitive entrance examinations, career vertical progressions, school teaching rankings, executive assignments, anti-union behaviors and the controversial cases of the employers of the constitutional bodies. The proposal of this argumentation is therefore to be a starting point of reflection focused on the actual guaranties acted to protect the public employees’ rights.
A distanza di ormai tanti anni dalla privatizzazione del pubblico impiego e dalla conseguente devoluzione al giudice ordinario delle relative controversie, potrebbe essere giudicata arida e anacronistica una trattazione concernente il riparto di giurisdizione nel lavoro nelle pubbliche amministrazioni. Eppure, al decorso del tempo non ha fatto seguito la definizione di una chiara e netta linea interpretativa, tant'è che la tematica, lungi dall'aver raggiunto un compiuto e definitivo assetto, s'impone, oggi, forse più di allora, all'attenzione della giurisprudenza. Se si guarda al dato statistico, nell'ambito del lavoro nelle pubbliche amministrazioni permane, infatti, una mole significativa di contenzioso relativo a questioni di giurisdizione, in cui assume precipuo rilievo la produzione giurisprudenziale delle Sezioni unite della Cassazione adita ai sensi dell'art. 374 Cod. Proc. Civ., comma 1. Se l'obiettivo del legislatore, soprattutto della seconda privatizzazione, è stato chiaro, un po' meno illuminate sono state le conseguenze della scelta operata nella direzione di perpetuare una giurisdizione “bipolare”, preservando, seppur per ambiti ridotti, la giurisdizione del giudice amministrativo: si è posto, così, il cittadino in una situazione di perdurante incertezza circa il tribunale da adire. Il lavoro che segue ha, così, lo scopo di ricostruire il percorso attraverso cui, da un punto di vista processuale, è stata affrontata la persistente specialità del pubblico impiego e di illustrare gli esiti raggiunti dal dibattito scientifico e dagli orientamenti giurisprudenziali, con alcuni dei quali – preme sottolinearlo da ora – ci si pone in 6 consapevole dissenso. In fase preliminare si presenta un rapido excursus storico del rapporto di lavoro nelle pubbliche amministrazioni e, percorrendo il lungo e faticoso cammino intrapreso dalla privatizzazione, si illustra il quadro normativo entro il quale è avvenuto il passaggio di giurisdizione e i presupposti su cui esso si fonda. Successivamente, entrando nel vivo della trattazione, si analizzano gli aspetti di maggior rilievo dell’attuale criterio di riparto di giurisdizione, con particolare riferimento alle “materie” escluse dalla cognizione del giudice ordinario. Nel contesto del capitolo conclusivo vengono, poi, approfondite alcune delle tematiche più controverse del passaggio di giurisdizione, con una disamina del più recente dibattito relativo alle controversie in materia di assunzioni e di procedure concorsuali, progressioni verticali, graduatorie del personale della scuola, incarichi dirigenziali, condotta antisindacale, per accennare, infine, al caso controverso dei dipendenti degli organi costituzionali. Quel che ci si propone è, dunque, una riflessione che, avendo come filo conduttore e punto focale la garanzia dell'effettività della tutela giurisdizionale del dipendente pubblico, tenta di offrire una lettura “naturale” del sistema, ovvero quanto più possibile orientata, al di là delle eccezioni espresse, verso l'onnicomprensività della giurisdizione ordinaria.
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Desto, Giorgio. "La dirigenza pubblica in Italia nel D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165. Riforme recenti e prospettive integrate di ricerca". Doctoral thesis, 2014. http://hdl.handle.net/11562/722962.

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Resumen
Nell’ambito del lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, la dirigenza assume oggi un ruolo cardinale e decisivo per la fattibilità di qualsivoglia modernizzazione o riforma degli apparati nel loro complesso e nella loro complessità. Il punto nodale del lavoro di ricerca, parte dall'idea che un trapianto organico della disciplina lavoristica privata nel sistema di lavoro pubblico non solo sia rischioso per l'intero apparato amministrativo ma porti ad ineluttabili crisi di rigetto, in particolare alla luce del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165 così come modificato dalla cd. riforma Brunetta (Legge 4 marzo 2009, n. 15 attuata a mezzo D.Lgs. 27 ottobre 2009, n. 150) e dai successivi interventi legislativi . Il concetto di performance affiancato a quello di manager pubblico, comporta infatti una mutazione ontologica dell'intero sistema lavoristico della PA, che dovrebbe essere saldamente ancorato ai dettami dell'art. 97 Cost. in cui si valorizzano i concetti di imparzialità e buon andamento: non l'uno a scapito dell'altro ma al contrario configuranti un'inscindibile endiadi. A ciò vanno aggiunti ulteriori tasselli: le innovazioni in tema di codici di condotta che portano il datore di lavoro pubblico ad attuarli concretamente all'interno dell'amministrazione pubblica senza però una forte riorganizzazione delle strutture, complicando così i meccanismi attuativi-pratici degli stessi; il continuo e progressivo svilimento della parte sindacale la quale si vede ormai svuotata dei propri margini operativi; il sistema dell'attribuzione degli incarichi dirigenziali associato alla difficile (e non ancora risolta) separazione funzionale tra politici e burocrati, con la conseguenza di rendere la struttura amministrativa performante soltanto in un'astrazione teorica e tendenzialmente utopica ed infine il difficile e stratificato percorso di attuazione efficace (ed imparziale) del cd. spoil system. Il dirigente pubblico non può quindi essere semplicisticamente assimilato al manager privato, in quanto diversamente da quest'ultimo risulta “blindato” da una pluralità di norme che sanzionano minuziosamente le proprie condotte operative, nella una continua tensione tra il “premio” della cd. retribuzione di risultato o della conferma\rinnovo dell'incarico e la “punizione” ovvero la cd. responsabilità dirigenziale ex art. 21, D.Lgs 30 marzo 2001, n. 165, ma può altresì trovare un virtuoso spazio di reale managment nell'utilizzo delle cd. best practices. L’idea quindi di implementare le best practices del benessere organizzativo, della formazione permanente, della cultura dell’eguaglianza e del dialogo con le parti sociali, rende meno fumosa la strada che porta alla “buona” amministrazione, dove il dirigente si spinge oltre ed al di là delle logiche efficentistiche nella gestione del personale e nel raggiungimento degli obbiettivi, ormai consolidate nel ciclo valutativo della performance, per guardare con più consapevolezza i “mezzi” oltre che il “fine”, nella prospettiva che l’efficienza amministrativa, in sé, non è un valore: il valore è la persona umana e la sua dignità.
In the area of the employment by the public administrations, the management assumes nowadays a pivotal and decisive role for the feasibility of any reform or modernization of the bureaucracies on their whole and in their complexity. The key point of the work of research comes from the idea that an insertion of the private working regulation in the system of public employment is not only risky for the entire administrative apparatus, but it will also lead to an inevitable rejection crisis, particularly in the light of the Legislative Decree 30 March 2001, n . 165, as amended by Brunetta reform (Law 4 March 2009, n. 15, implemented by Legislative Decree 27 October 2009, n. 150) and subsequent legislation. The concept of performance juxtaposed with the figure of public manager involves an ontological mutation of the entire working proceedings of the public administration, which should be firmly anchored to the dictates of art. 97 of the Constitution, where the concepts of impartiality and efficiency are emphasized: here a specific performance is not at the expense of another one but on the contrary it constitutes an inseparable hendiadys. Furthermore, more elements are to be added: innovations in terms of codes of conducting that lead the public employer to implement them effectively within the public administration, but without a marked reorganization of the structures, thus complicating their own practical implementation; the continuous and progressive debasement of the unions which are now emptied of their operating margins; the system of attribution of leadership positions associated with the difficult (and still unresolved) functional separation between politicians and bureaucrats, with the consequence of making the performing administrative structure only a theoretical and potentially utopian abstraction; and finally the difficult and complex path to reach an effective (and impartial) implementation of the so-called spoils system. The public director cannot be simplistically equated to the role of private manager, because unlike the latter is blocked by a number of rules that penalizes painstakingly their practices operating in a continuous tension between the “award” of the so-called remuneration of result or confirmation \ reappointment of the role, and the "punishment " or the so-called managerial responsibilities ex art. 21 Legislative Decree 30 March 2001, n . 165, but may also find a virtuous space of actual managment in the use of the so-called best practices. Therefore, the idea of implementing the best practices of organizational wealth, permanent learning, culture of equality and dialogue with the social partners makes less smoky the road that leads to the "good" administration, where the manager goes further and beyond the logic of efficiency in personnel management and the achievement of goals, already consolidated in the evacuative cycle of the performance, to look with more awareness the "means" besides the "aim", in the outlook that the administrative efficiency on its own is not a value: the value is the human being and his/her dignity.
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