Literatura académica sobre el tema "Immagine letteraria"

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Artículos de revistas sobre el tema "Immagine letteraria"

1

Sciacovelli, Antonio. "Restare o partire? Sulle rappresentazioni non stereotipate di Napoli". Italianistica Debreceniensis 25 (29 de marzo de 2020): 36–53. http://dx.doi.org/10.34102/itde/2019/5553.

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L'immagine letteraria di Napoli, "Capitale del Sud", che vede periodiche alternanze di crisi e splendore nelle arti, è sicuramente dicotomica: da un lato il locus amoenus in cui fiorisce l'inventiva e diverse tradizioni culturali si intersecano e convivono; dall'altro, il luogo simbolico di immense disparità sociali, uno scoppio di epidemie e la culla di una mentalità rilassata e reazionaria. L'immagine usata da Benedetto Croce per definire la città, "un paradiso abitato dai diavoli", risale al Medioevo, e viene negata di volta in volta dagli autori che intendono costruire un mito positivo di napoletanità, ma già agli inizi 20° secolo, e quindi soprattutto nel periodo dal 1943 (ai giorni nostri), ci sono accenti sempre più critici nei confronti di questa immagine, che risultano - più che nell'odio o nel disprezzo per la città e i suoi abitanti - nella tendenza ad allontanarsi da Napoli, per abbandonare una realtà contraddittoria che non risolve i suoi problemi, ma come una foresta vergine ricresce distruggendo ogni elemento del progresso. Gli autori esaminati nell'articolo sono: Carlo Bernari, Anna Maria Ortese, Raffaele La Capria, Fabrizia Ramondino, Ermanno Rea, Giuseppe Montesano, Elena Ferrante.
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Di Pasquale, Fabrizio. "Approcci interdisciplinari: letteratura e cartografia. Tra immagini e parole". e-Scripta Romanica 4 (27 de diciembre de 2017): 43–53. http://dx.doi.org/10.18778/2392-0718.04.04.

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Nell’ultimo ventennio, un numero importante di lavori sono stati consacrati allo studio della rappresentazione dello spazio nei testi letterari. Tale interesse sembra inscriversi sia nell’evoluzione dei generi, caratterizzati da una spazializzazione crescente delle forme narrative, sia nello sviluppo di pratiche artistiche legate alla creazione di carte letterarie. In seguito all’affermarsi dello spatial turn negli studi letterari e culturali, parte della critica ha focalizzato la sua attenzione sulla relazione che intercorre tra spazio immaginario, spazio referenziale e pratica cartografica. Quest’ultimo aspetto costituisce uno dei temi più interessanti della metodologia geocritica. Il presente articolo mira a studiare questa “convergenza” tra la letteratura e la cartografia, con l’intento di esaminare la testualità delle carte letterarie e, in particolare, la loro dimensione retorica. Le carte letterarie sono in grado di rappresentare i luoghi in cui si svolge l’azione di un romanzo, o di più romanzi, permettendo allo scrittore di costruire un mondo immaginario che i lettori esplorano assieme ai personaggi.
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Vilei, Leonardo. "Il socialismo dei professori nella Torino di fine Ottocento: immagini letterarie ed echi cinematografici". Forum Italicum: A Journal of Italian Studies 54, n.º 1 (17 de marzo de 2020): 277–96. http://dx.doi.org/10.1177/0014585820910904.

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Il presente articolo prende in esame la vicenda del socialismo dei professori, con particolare riferimento all’esperienza, sia politica che letteraria, di Edmondo De Amicis, autore di un romanzo postumo, Primo Maggio, che è stato letto in chiave anti Cuore o come un Cuore socialista. La stessa vicenda che accompagna la gestazione e la pubblicazione dell’opera permette di comprendere meglio la complessità del fermento socialista della fine dell’Ottocento, ma anche i timori di una società borghese e conservatrice che aveva proprio nello scrittore di Oneglia il suo referente letterario più amato. Si prenderà infine in esame il film I compagni di Mario Monicelli, che con l’eredità di De Amicis, e con alcuni nodi irrisolti della sinistra italiana, dialoga a distanza di decenni, volente o nolente.
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Finozzi, Anna. "Riscrivere la storia coloniale tramite l’uso dell’oralità: Il caso di Adua (2015)". Memoria y Narración. Revista de estudios sobre el pasado conflictivo de sociedades y culturas contemporáneas, n.º 2 (5 de marzo de 2021): 131–45. http://dx.doi.org/10.5617/myn.8669.

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L’articolo si propone di analizzare l’uso dell’oralità nel romanzo Adua (2015) di Igiaba Scego. Tradizionalmente, il testo letterario postcoloniale è stato considerato come una ‘traduzione’ da una lingua orale Africana ad una scritta Europea. Lo scopo dell’articolo è spostare l’attenzione dall’oralità come segno di alterità all’oralità come modalità di trasmissione; questo slittamento critico è necessario per una rivalutazione della letteratura postcoloniale italiana, di cui spesso si considera più la portata documentaristica di quella letteraria. Attraverso i Memory Studies, e in particolare concetti quali la postmemory di Marianne Hirsch, la countermemory di Yael Zerubavel e la travelling memory di Astrid Erll, l’analisi mostra come Adua sia modellata dalla comunicazione orale della memoria attraverso i dialoghi dei personaggi e da altre immagini connesse all’atto di ascoltare e tramandare. Infine, la dicotomia oralità-africanità viene respinta in favore di quella oralità-trasmissione.
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Giuffrč, Martina. "Immagini dell'Altrove a Capo Verde: Terra Longe e Terra Mamaizinha". MONDI MIGRANTI, n.º 3 (marzo de 2011): 131–45. http://dx.doi.org/10.3280/mm2010-003009.

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L'immigrazione č un elemento strutturale della societŕ capoverdiana attorno al quale č stato costruito un diffuso immaginario sia in campo letterario-poetico che nel corpus di racconti tradizionali. In questo saggio metterň in luce come il fenomeno migratorio sia, per coloro che restano a Capo Verde, un processo fortemente polisemico e ambivalente tanto nelle pratiche sociali quanto sul piano simbolico. In particolare tratterň del potere aggiunto che viene attribuito alle persone e alle cose che provengono da fuori, dell'immaginario che si costruisce attorno all'Altrove (Terra Longe) e al luogo d'origine (Terra Mamaizinha) e dei cambiamenti che questo immaginario ha subito da quando l'altrove č diventato terreno di pratiche femminili.
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Pontis, Annalisa. "Book Review: Il racconto delle immagini. La fotografia nella modernità letteraria italiana. Pisa". Forum Italicum: A Journal of Italian Studies 45, n.º 1 (marzo de 2011): 260–64. http://dx.doi.org/10.1177/001458581104500124.

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Ponzio, Luciano. "Enunciazione non iterabile e interrelazione tra scrittura e immagini del mondo". Letrônica 14, sup. (31 de diciembre de 2021): e42539. http://dx.doi.org/10.15448/1984-4301.2021.s.42539.

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Produrre e comprendere segni significa partecipare ai processi comunicativi. Il segnico è il campo dell’ambivalenza, della somiglianza, della deviazione, della creatività, in cui tutto si decide per relazioni e pratiche sociali (io-per-me, l’altro-per-me e io-per-l’altro, come dice Bachtin). Il testo artistico fornisce la possibilità di cogliere al meglio la struttura dialogica dell’enunciazione. Bachtin mostra come il senso del testo non dipenda dagli elementi ripetibili del sistema di segni con cui è composto (interpretanti di identificazione) ma nella sua stessa costituzione, e non solo nella sua manifestazione; esso è situato nei rapporti di rinvio, di differimento (interpretanti di comprensione rispondente) che danno luogo ad una catena di testi ad esso antecedenti e ad esso successivi. Nel dispiegarne la trama, pur rispettandone regole, forme e strutture, l’enunciazione letteraria del discorso indiretto libero è capace di trasgredirle in un fitto dialogo intertestuale e, diacronicamente, tra autori differenti.
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Longo, Giorgio. "Gesualdo il cieco. Il gioco delle immagini in Bufalino e nella tradizione letteraria siciliana". PRISMI, n.º 3 (2 de octubre de 2022): 7–28. http://dx.doi.org/10.4000/prismi.404.

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Francisca de Souza, Marinete Luzia. "Rapporti tra lettere e pastorali di Giovanni Franzoni e di Pedro Casaldaliga". Texto Poético 18, n.º 36 (29 de mayo de 2022): 95–113. http://dx.doi.org/10.25094/rtp.2022n36a862.

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Questo articolo tratta due lettere pastorali, Uma Igreja na Amazônia em conflito com o latifúndio e a marginalização social (1971), di Pedro Casaldaliga e La terra è di Dio (1973), di Giovanni Franzoni nel loro rapporto con il modo in cui teorizzano la Teologia della Liberazione e, nel caso specifico di Casaldaliga, con la reiterazione di immagini poetiche nella loro prosa. Sono stati utilizzati Borges (2000), Pace (2007), Luckmann (2002) e Berger (2004) come fondamento teorico. Il metodo di studio e stato l’analisi testuale e discorsiva con alcuni tratti di stile letterario. Si conclude che loro presentano forme di scrittura simili per quanto riguarda l’insieme di metafore, vale a dire, relative alla terra e al sacro.
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Radici Tavernese, Livia. "Il pretesto. Insegnare a leggere letteratura per realizzare di essere come tutti". DIDIT. Didattica dell’italiano. Studi applicati di lingua e letteratura, n.º 1 (9 de noviembre de 2021): 101–15. http://dx.doi.org/10.33683/didit.21.01.05.

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Il presente contributo si propone di presentare un’attività didattica volta allo sviluppo e all’allenamento delle competenze di lettura e comprensione del testo letterario per allievi di 13/14 anni secondo un approccio induttivo. In particolare, l’attività è stata strutturata in tre momenti (preparazione alla lettura/ascolto, fruizione del testo, ritorno sul testo) e la riflessione degli allievi è stata stimolata attraverso l’uso di immagini e l’attenzione a locuzioni opportunamente individuate. Il confronto tra le ipotesi e le osservazioni degli allievi è risultato determinante allo scopo di entrare in empatia con i sentimenti evocati dal testo. Grazie all’apporto interpretativo attivo che i giovani lettori hanno offerto, si è realizzato il principio di intersoggettività e cooperazione tra autore e lettore.
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Tesis sobre el tema "Immagine letteraria"

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Sini, S. "Retorica e topica della "Scienza nuova"". Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2001. http://hdl.handle.net/2434/46572.

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Kovačević, Zorana. "Mediazioni culturali: letteratura e società italiane nell'odeporica serba ed europea tra Ottocento e Novecento". Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2014. http://hdl.handle.net/10077/10150.

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Resumen
2012/2013
Lo scopo di questo lavoro è rappresentare l’immagine dell’Italia, della sua società, della sua cultura e soprattutto della sua letteratura nell’ambito dell’odeporica serba ed europea dell’Ottocento e del Novecento. Nonostante una sorprendente presenza dell’Italia nella letteratura di viaggio serba, i saggi, le monografie, i libri, le antologie e gli altri testi che ne trattano non sono particolarmente numerosi tanto in lingua serba quanto in quella italiana. Al contrario di ciò che accade per altri viaggiatori stranieri, la presenza di testimonianze scritte dai serbi in visita in Italia è dunque studiata relativamente poco: infatti, considerando la bibliografia generale relativa al viaggio in Italia, colpisce subito una notevole asimmetria e una grande lacuna. La tesi è divisa in due parti. Nella prima, tramite le pagine dei viaggiatori serbi che dell’Italia hanno lasciato testimonianza scritta sono illustrati, privilegiando un taglio cronologico, gli elementi essenziali a un ritratto del Belpaese, fra Ottocento e Novecento. Attraverso cinque capitoli, che corrispondono ad altrettante fasi dello sviluppo dell’odeporica serba, viene messo l’accento sull’immagine dell’Italia, mentre tutte le informazioni fornite sui viaggiatori e le loro opere sono ridotte all’essenziale in quanto maggiormente pertinenti all’ambito della slavistica. L’Italia, soprattutto per le sue bellezze e tradizioni, è senz’altro una meta d’obbligo per chi proviene dalle terre slave. Per quanto riguarda l’area serba, la presenza dell’Italia si può osservare principalmente attraverso la letteratura di viaggio a cui hanno contribuito, in più di due secoli, scrittori curiosi di conoscere questo paese, che fin dai tempi del Grand Tour ha attirato schiere di viaggiatori da tutta Europa. La prima fase dell’odeporica serba sull’Italia si apre poco prima dell’inizio del secolo XIX e dura fino al Romanticismo, che ne costituisce la seconda fase, quando appaiono i notevoli contributi di Petar Petrović Njegoš e soprattutto il libro Lettere dall’Italia di Ljubomir Nenadović, che non rappresenta solo uno spartiacque nel genere, ma senza dubbio anche un passo notevole in tutta la letteratura di viaggio serba. La terza fase, che in qualche modo corrisponde al Realismo, si protrae fino all’apparizione di una generazione nuova che si afferma tra le due guerre mondiali e porta la letteratura di viaggio alla sua epoca d’oro in cui essa, ormai staccata e lontana dalla tradizione precedente, matura completamente. Siccome ripercorrendo le tappe dello sviluppo di questa tradizione risulta che il periodo tra le due guerre è fondamentale in quanto momento in cui avviene un grande cambiamento della poetica del viaggio stesso, si porrà l’accento proprio su questo quarto periodo, chiamato anche Modernismo, che costituisce una fase cruciale per l’odeporica serba. Infine, dopo la seconda guerra mondiale fino alla fine del secolo XX si snodano i decenni che corrispondo all’ultima e conclusiva epoca. A giudicare dai diari, dalle lettere, dai resoconti e da altro materiale riguardante il tema del viaggio, città come Napoli, Roma e Venezia confermano la loro prevedibile centralità in questa mappa, seguite a ruota dalle città toscane e da quelle siciliane. Anche se i viaggiatori serbi privilegiano le zone di cui si ha già una conoscenza dettagliata, soprattutto a partire dalla fine della prima guerra mondiale esse si moltiplicano e l’elenco dei nomi si arricchisce di località meno note. Mentre nelle pubblicazioni dedicate a questo tema, pur inquadrato da differenti angolazioni e metodologie, manca un approccio comparativo, nella tesi, sin dalla fase embrionale, si è cercato di descrivere il mondo dei viaggiatori stranieri che hanno deciso di rendere omaggio all’Italia con i loro scritti, stabilendo paragoni e confronti. Si inizia perciò una rapidissima panoramica sul viaggio raccontato nell’odeporica europea nel periodo che abbraccia l’Ottocento e il Novecento, soprattutto attraverso il più classico dei canoni il cui modello è diventato familiare anche all’odeporica serba. Partendo da Goethe, passando per Gogol’, arrivando a Stendhal, con qualche digressione sui viaggiatori meno conosciuti, si verifica in che modo le stazioni di un pellegrinaggio appassionato, e soprattutto le immagini dell’Italia e della sua cultura si sovrappongono con, o differiscono da, quelle relative ai viaggiatori serbi. Inoltre, all’occorrenza, come termine di paragone, si affronta anche il viaggio degli italiani in Italia. Invece la seconda parte, divisa in cinque capitoli, mostra l’immagine della letteratura italiana nelle testimonianze odeporiche, soprattutto del Novecento, un secolo cruciale per la presenza dell’Italia nella letteratura serba. Per quanto riguarda le preferenze dei viaggiatori, da un lato si nota la passione per i classici come Dante, Petrarca e Tasso, mentre dall’altro si manifesta anche l’interesse per scrittori come Gucciardini, Cecco Angiolieri, Santa Caterina da Siena o Giuseppe Gioachino Belli. Solo qualche sporadica menzione è riservata a D’Annunzio oppure al futurismo italiano. Il baricentro di quasi tutta la seconda parte della tesi è senz’altro il rapporto di Miloš Crnjanski con la letteratura italiana: egli, che ne fu un grande ammiratore e lettore, la affronta anche dal punto di vista critico utilizzando un ricco corpus di fonti che esamina con cura. Il primo capitolo è dedicato al rapporto di Crnjanski con Dante: nel corso del suo pellegrinaggio fiorentino che descrive nel libro L’amore in Toscana, lo scrittore approda a un’attenta lettura della Vita nuova, facendo, secondo consuetudine, alcune annotazioni a margine, grazie alle quali è possibile seguire un filo rosso che accomuna i due letterati, e rintracciare una serie di affinità tematiche che Crnjanski trova tra il suo diario di viaggio e quello che parla del primo amore di Dante. Se si osservano tutti i filoni tematici lungo i quali si dipana la ricezione di Firenze nell’odeporica serba, è evidente che in tale complesso manca un particolare interesse per la figura e l’opera di Dante, che è invece un topos importante affermatosi nella gran parte della produzione letteraria europea che ruota attorno all’Italia. È dunque proprio Miloš Crnjanski a colmare questa lacuna offrendo un piccolo ma piuttosto significativo tributo all’artefice della Commedia. L’immagine che Crnjanski ha di Firenze non consiste nella consueta descrizione della città e dei suoi itinerari, ma secondo la poetica del libro L’amore in Toscana l’idea di omaggiare Dante si realizza con l’inserimento all’interno della sua struttura di un saggio dedicato alla protagonista della Vita nuova intitolato appunto Sulla Beatrice fiorentina. Una lettura approfondita del saggio di Crnjanski rimanda subito alla sua fonte principale: lo studio di Alessandro D’Ancona del 1865 La Beatrice di Dante, le cui considerazioni preliminari sono servite allo scrittore serbo come punto di partenza da cui deriva anche il tono polemico con cui egli talvolta affronta l’argomento. Il secondo capitolo nasce sempre dal contatto con gli scrittori italiani avvenuto durante il pellegrinaggio descritto nell’Amore in Toscana, che mostra la particolare attrazione di Crnjanski per Siena, a cui dedica quasi la metà del libro, riservandole punti di vista e interpretazioni originali. Questo ritratto della città contiene diversi passaggi narrativi interessanti incentrati su alcuni momenti della vita degli scrittori e degli artisti italiani del medioevo tra i quali spicca Cecco Angiolieri, il più rappresentativo di quei poeti detti “giocosi” o “comico-realistici” che fiorirono in Toscana tra la seconda metà del Duecento e l’inizio del Trecento. Per affrontare sia l’universo poetico sia la vita privata del poeta senese Crnjanski si è servito dall’importante contributo di Alessandro D’Ancona intitolato Cecco Angiolieri da Siena, poeta umorista del secolo decimo terzo, del 1874. Per questo motivo, alla fine del capitolo è parso interessante soffermarsi brevemente su due saggi di Luigi Pirandello: Un preteso poeta umorista del secolo XIII e I sonetti di Cecco Angiolieri, scritti con lo scopo di confutare decisamente la tesi, protrattasi per secoli e sostenuta da D’Ancona, secondo cui Cecco sarebbe stato a tutti gli effetti un poeta umorista. Anche se queste pagine di Pirandello sono prive di punti di contatto con quelle dell’Amore in Toscana, esse completano il quadro della critica più antica sulla poesia di Angiolieri, e permettono di mostrare similitudini e differenze con la ricezione che ne ha Crnjanski. Anche nella seconda parte della tesi si privilegia un approccio comparativo, perché studiando i rapporti tra gli scrittori e i viaggiatori serbi e la letteratura italiana incrocia spesso il mondo di altri autori europei che viaggiando in Italia hanno affrontato temi legati alla letteratura del paese che stavano visitando. Così, per esempio, il terzo capitolo, incentrato su Tasso nell’odeporica di Miloš Crnjanski e Marko Car, è corredato da un capello introduttivo nel quale si affronta anche l’interesse per la figura e la vita di Tasso nella letteratura europea. È soprattutto tra Sette e Ottocento che la vicenda drammatica di Tasso offre elementi che entrano perfettamente in sintonia con il gusto del tempo e perciò proprio in quel periodo che egli diventa protagonista di un vero mito letterario, le cui radici, però, risalgono già al Seicento. Ma proprio nel Novecento, quando questa fortuna letteraria e anche figurativa, particolarmente duratura, che ebbe soprattutto echi internazionali, sembra ormai al tramonto, essa, invece, ebbe un suo ulteriore bagliore presso i letterati serbi, che non riuscirono a sottrarsi al fascino della vita di questo poeta, piena di laceranti contrasti che si inquadrano nella situazione politica e religiosa del suo tempo. Frutto di tale interesse sono due contributi non notevoli dal punto di vista della lunghezza, ma interessanti per un’impronta personale, nonostante talvolta si noti una significativa presenza delle letture fatte: si tratta di un capitolo delle Lettere estetiche di Marko Car intitolato Il monastero di Sant’Onofrio - Torquato Tasso - Panorama dal Gianicolo e di quello semplicemente intitolato Tasso parte del libro Presso gli Iperborei di Miloš Crnjanski. Similmente è impostato anche il quarto capitolo intitolato Crnjanski lettore dei sonetti romaneschi di Giuseppe Gioachino Belli nel quale, oltre a approfondire il rapporto tra Miloš Crnjanski e Belli, è riservato un ampio spazio a quei grandi letterati europei che ebbero il merito di diffondere la fama dello scrittore romano oltre frontiera. Toccherà a Ivo Andrić chiudere la tesi, con un capitolo, il quinto, interamente dedicato al rapporto dell’unico vincitore jugoslavo del premio Nobel per la letteratura con la società, la cultura e soprattutto la letteratura italiane, che a più riprese hanno attirato l’attenzione di questo scrittore. Si tratta di un argomento poco indagato nel suo complesso, importante tuttavia per illustrare in che modo nel vasto corpus delle opere di Andrić si integri la passione per il Belpaese. Oltre al rapporto con il fascismo e con la letteratura italiana attraverso alcuni autori classici, un ampio spazio del capitolo è dedicato all’interesse dello scrittore per Francesco Guicciardini la cui vita e opera Andrić affrontò con una solida preparazione e nel cui pensiero riconobbe numerose affinità con il proprio.
XXV Ciclo
1985
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3

Rigamonti, Federico <1990&gt. "Il ponte : immagini, simboli, narrazioni". Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2021. http://hdl.handle.net/10579/19529.

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Resumen
La ricerca propone uno studio della figura del ponte, articolandosi sulla declinazione dei suoi significati raggruppati per paradossi: ponte verticale/ponte orizzontale (trascendenza-immanenza), ponte di pace/ponte di guerra (unione-separazione). La tesi è strutturata in due parti ed è dotata di un capitolo di apertura e uno di chiusura. Il capitolo iniziale analizza la sovrapposizione tra la condizione umana e la figura del ponte attraverso la poetica di Franz Kafka; il capitolo finale riprende e sviluppa questa riflessione collocandola nella postmodernità, soffermandosi in particolare sulle riflessioni di Jean Baudrillard. La prima parte della ricerca illustra da un lato i significati che il pensiero mitico e religioso e il genere letterario delle "visiones" hanno attribuito al simbolo del ponte e dall’altro – attraverso le figure di Rudyard Kipling e Primo Levi – la sua risemantizzazione nel momento del passaggio alla modernità. La seconda propone una lettura della figura del ponte all’interno dei contesti di pace e di guerra: nel primo caso l’analisi, guidata da "Il ponte sulla Drina" di Ivo Andrić, si concentra sul ruolo cruciale rivestito dal ponte nell’economia di un’armonia di base tra culture e identità. Nel contesto della guerra invece si indagano le motivazioni alla base della distruzione del ponte con i casi di Ernest Hemingway (distruzione), Ismail Kadare (conquista) e Adolf Hitler (rimozione).
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4

Civai, Sara <1988&gt. "Immagini letterarie del Ghetto di Venezia tra il XX e il XXI secolo". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2017. http://hdl.handle.net/10579/9599.

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La tesi si pone come obiettivo quello di indagare le visioni letterarie del Ghetto di Venezia e della sua comunità immaginata, provando a far dialogare i tanti sguardi di scrittori e giornalisti che nel corso del Novecento e degli anni Duemila hanno attraversato e variamente interpretato questo spazio dalla forte vocazione storica e identitaria, luogo di coscienza che racchiude al suo interno un cortocircuito di memorie. Dal Ghetto vagheggiato di Zangwill e Cecil Roth, al Ghetto trasfigurato in Oriente di Comisso e Parise, fino al Ghetto metafora della precarietà dell'esistenza nel romanzo di Fruttero e Lucentini e della ricerca delle radici in un'autrice come Anita Desai. Ma anche spazio scenico e teatro, emblema dei destini di una città intera nella scrittura di Paolo Barbaro e forse mise en abyme della sua fine annunciata. Refugium. Un luogo circoscritto ma in relazione profonda col mondo intero, come ha suggerito uno dei suoi più recenti visitatori, il fotografo Ferdinando Scianna. La tesi, oltre a cercare di interpretare le diverse prospettive attraverso cui questo spazio è stato rappresentato in età contemporanea da autori "canonici", si occuperà di analizzare alcuni racconti inediti prodotti dagli scrittori coinvolti nel progetto del Dipartimento di Studi Linguistici, «Reimmaginare il Ghetto per il XXI secolo», che ha l'ambizione di ritrasformare il Ghetto «da luogo della memoria locale a luogo di riflessione globale sui temi della tolleranza e della convivenza».
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Di, Domenico Marilina. ""Tu sei la terra" percorsi di lettura tra simbolismo e suggestioni antropologiche, immagini femminili, identità sospese e coscienza della crisi nell'opera letteraria di Cesare Pavese". Doctoral thesis, Universita degli studi di Salerno, 2018. http://elea.unisa.it:8080/xmlui/handle/10556/4251.

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Resumen
2013 - 2014
The work on Pavese’s novels deals with the relationship between the image of women and the homeland, and also it analyzes a woman like as an “incognita energy”, as Sibilla Aleramo said in the 1910. It demonstrates the extraordinary capacity of Cesare Pavese to give to the femal character the ability to tell her stories also in first person and to interpret the difficult path of emancipation which realizes the passage of women’s role from the “object of desire” to the “desiring subject”. This work analyzes also the relationship between Cesare Pavese and Alba de Cèspedes, specially the novel named Nessuno torna indietro (1938) and Tra donne sole (1948) especially in relation to the issues related to the fascist regime. This thesis deals with the poetical matter, basing on the analysis of the importance of a word and its meaning, symbolical and mythological too: first, Lavorare stanca (1936), and afterwards “La Terra e la Morte” (1945). The analysis tries to give a possible interpretation of interlocutor whom poet it will appeal in his poetry; finally it seems to be a Poetry, precisely “The Art or a Woman- Poetry”. This work also tries to explain how the author has made a kind of “mimesis” between reality and writing, such as to render the complexity of human existence. [edited by Author]
XIV n.s.
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6

Lenzo, Denise. "Il rapporto testo e immagine nel Medioevo, con un inedito esercizio di analisi sulle Tragedie di Seneca nel manoscritto angioino C.F. 2.5 della Biblioteca dei Gerolamini di Napoli". Doctoral thesis, Università di Catania, 2012. http://hdl.handle.net/10761/955.

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La ricerca riguarda il rapporto testo immagine, indagato nei suoi molteplici aspetti, durante il Medioevo. Lo studio esamina i vari casi di interazione fra i due sistemi comunicativi collocandoli nel loro contesto culturale di riferimento. Dimostrando l importanza dell immagine nella società medievale, si propone l analisi delle immagini come strumento di lavoro del filologo accanto al testo verbale, ai fini di una più profonda interpretazione delle opere e di una maggiore comprensione del lettore medievale. A dimostrazione di ciò ho esaminato il rapporto testo-immagine nel manoscritto angioino C.F. 2-5 della Biblioteca dei Gerolamini di Napoli contenente le tragedie di Seneca. Con l ausilio delle miniature si colloca il testo nel suo orizzonte culturale di riferimento, delineandone i contorni e mettendolo in relazione con il nascente Umanesimo. Attraverso una lettura serrata e incrociata di testo e immagine, infine, ho elaborato ipotesi sull identità dell artista e del committente, sul pubblico e sulla ricezione dell opera, dando un contributo alla definizione del rapporto con i classici in età angioina.
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CAVALLINI, ROMEDIO MARCELLO. "Immagine letteraria come identità per un marketing territoriale. L'area Baldo-Garda". Doctoral thesis, 2007. http://hdl.handle.net/11562/338158.

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Il rapporto uomo-territorio è l’aspetto peculiare e caratteristico dell’antropizzazione della superficie terrestre: se studiare come questo legame abbia inciso sul modellamento del territorio è oggetto specifico dell’analisi geografica, indagare i fenomeni di erosione e abrasione paesaggistica (effetti visibili delle modificazioni causate dal crescente sfruttamento dei luoghi di vita e produzione) è premessa necessaria per conservare e valorizzare una risorsa non più considerata mero supporto all’attività umana e, perciò, liberamente consumabile. In uno studio che intenda indagare queste trasformazioni, i riferimenti epistemologici offerti dalla geografia umanistica sono essenziali: l’analisi dello scollamento tra abitanti e spazi di svolgimento della propria vita, la perdita d’identità dei luoghi, dei valori emozionali e memoriali di cui sono portatori, sono effetti della modernità e delle repentine trasformazioni che ha portato. Le fonti letterarie possono essere un solido riferimento per un’appropriata lettura che ridia spessore e storia ad un paesaggio così da evidenziare la matrice culturale e ambientale che, modellando il territorio, ha costituito l’eredità paesaggistica di cui noi oggi siamo i fruitori, più o meno consapevoli...
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8

MIGNANO, Valentina. "Lo schermo dell'immagine. Condivisione e fruizione di immagini digitali al tempo dei new media". Doctoral thesis, 2011. http://hdl.handle.net/10447/95184.

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VALENTE, LAURA. "GREGORIO NAZIANZENO Eij" ejpiskovpou" [carm. II,1,13. II,1,10] Introduzione, testo critico, commento e appendici". Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251619.

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Resumen
Invitato a Costantinopoli da una delegazione nicena, che ne chiedeva l’intervento a sostegno della comunità ortodossa locale, Gregorio di Nazianzo accantonò il desiderio di dedicarsi alla vita contemplativa e si recò nella Neja ÔRwvmh: non poteva certo immaginare che negli anni trascorsi nella capitale (dagli inizi del 379 al luglio del 381) avrebbe conosciuto, a distanza di breve tempo, l’apice e il fallimento della sua attività politico-ecclestiastica. Alla guida di un piccolo gruppo di fedeli, radunati in una sala udienze privata ribattezzata Anastasia, Gregorio esercitò con impegno i suoi doveri pastorali, spendendosi soprattutto nella lotta dottrinale contro l’eresia ariana. L’elezione come vescovo della città, avvenuta per volere dell’imperatore Teodosio, rappresentò il riconoscimento dei meriti del Cappadoce nella restaurazione e nel consolidamento dell’ortodossia nicena, ma, allo stesso tempo, aprì la strada a una stagione tutt’altro che scevra di asprezze, destinata a lasciare amari ricordi nel cuore dell’autore. Chiamato a presiedere il concilio episcopale del 381, indetto con l’obiettivo di risolvere lo scisma antiocheno e condannare le eresie del tempo, il Nazianzeno sperimentò sulla propria i conflitti interni ed i giochi di potere cui si era ridotto l’episcopato. Alla malattia, che debilitò il fisico dell’autore e ne ostacolò la partecipazione a svariate attività pubbliche, si aggiunse l’ostilità dei colleghi, in particolare di alcuni vescovi egiziani, che contestarono la legittimità della sua elezione sul seggio di Costantinopoli, in quanto già vescovo nella sede di Sasima. Stanco e malato, amareggiato dai continui scontri e dall’ennesimo attacco subito dagli avversari, Gregorio decise di farsi da parte e, rassegnate le dimissioni dalla cattedra episcopale, lasciò Costantinopoli, senza neppure aspettare la conclusione del sinodo. Nella natia Cappadocia, lontano fisicamente dal clima tumultuoso e dai dispiaceri della capitale, ma turbato dalle calunnie e dalle ingiustizie subite da coloro che riteneva amici, il Nazianzeno sfogò le proprie delusioni nella scrittura poetica. All’esperienza costantinopolitana e in particolare al contesto delle dimissioni dalla cattedra vescovile fanno riferimento i carmi oggetto di questa tesi di dottorato: II,1,10 (Ai sacerdoti di Costantinopoli e alla città stessa) e II,1,13 (Ai vescovi), rispettivamente di 18 distici elegiaci e 217 esametri. In essi si intrecciano più suggestioni: la meditazione e il riecheggiamento interiore degli eventi che hanno coinvolto l’autore, la difesa del suo operato, ma soprattutto la violenta invettiva contro i vescovi, scaturita non solo dal risentimento per le vicende personali, ma dallo sdegno dell’autore per la corruzione morale e l’impreparazione della gerarchia ecclesiastica. La tesi di dottorato si apre con una bibliografia ricca e aggiornata degli studi concernenti il Cappadoce; in essa sono indicati i diversi contributi, cui si fa riferimento nel mio lavoro. Segue un’ampia introduzione che presenta i carmi sotto molteplici aspetti. Dal momento che l’invettiva contro i vescovi costituisce l’argomento principale di entrambi i componimenti, ho approfondito innanzitutto questo aspetto, ripercorrendone le testimonianze nell’esperienza biografica e nell’opera letteraria dell’autore: da quanto emerso, la polemica contro la gerarchia ecclesiastica raggiunge certamente il suo apice negli eventi costantinopolitani, ma non va ad essi circoscritta, dal momento che se ne ha traccia anche negli scritti gregoriani riconducibili ai primi anni del sacerdozio e al periodo successivo al ritorno a Nazianzo. Si è cercato poi di stabilire la data di composizione dei carmi in analisi, che, dati i contenuti, furono sicuramente scritti dall’autore nel periodo di ritorno in patria, fase in cui gli studiosi collocano buona parte della produzione poetica del Cappadoce. Più precisamente ho individuato il terminus post quem nel luglio del 381, mese in cui la cattedra costantinopolitana lasciata vacante dal Nazianzeno fu affidata a Nettario: in entrambi i testi, infatti, si fa riferimento a questo personaggio, sebbene non sia menzionato esplicitamente. Segue un’analisi dettagliata della struttura compositiva e delle tematiche dei carmi, nella quale si mostra come, pur nella loro diversità, le due poesie presentino moltissime consonanze e parallelismi a livello strutturale, in particolare nella parte incipitaria, in cui si registra la condivisione dello stesso verso iniziale, e nella sezione conclusiva. Sempre nell’introduzione è affrontato lo studio della tradizione manoscritta e dei rapporti tra i codici: i carmi in oggetto risultano attestati in 34 manoscritti (di cui 17 fondamentali per la costituzione del testo) databili dall’XI al XVI secolo e riconducibili alle raccolte antiche Σ e Δ, nei quali sono traditi sempre uno di seguito all’altro: nello specifico II,1,13 precede immediatamente II,1,10. La parte centrale della tesi è costituita dal testo critico di ciascun carme, seguito da traduzione e commento. La tesi costituisce il primo lavoro di questo tipo per il carme II,1,13; II,1,10 è stato invece oggetto di studio di due recenti edizioni: quella dei primi undici poemata de seipso del Nazianzeno curata da Tuilier - Bady - Bernardi per LesBL ed edita nel 2004 e un’edizione commentata di Simelidis, pubblicata nel 2009. Suddetti lavori non hanno rappresentato un ostacolo al progetto. Nessuno di essi infatti ha previsto lo studio simultaneo dei due testi poetici, che, a mio giudizio, non possono essere compresi a fondo se svincolati l’uno dall’altro; non sono risultati immuni da pecche sotto il profilo della critica testuale; il commento è assente nell’edizione francese, scarno e non sempre condivisibile in quella del Simelidis. La tesi è infine corredata da tre appendici che permettono di seguire la fortuna dei componimenti poetici. La prima di esse è dedicata al Commentario di Cosma di Gerusalemme ai Carmi del Nazianzeno, collocato tra la fine del VII e inizio l’VIII secolo. Il commentario, tradito da un unico manoscritto, il Vaticanus graecus 1260 del XII secolo, ha visto la sua editio princeps nel 1839 a cura del cardinale Angelo Mai nel secondo volume del suo Spicilegium Romanum, ristampata con lievi modifiche nel volume 38 della Patrologia Graeca. Una più recente edizione è stata curata da Lozza nel 2000. Nell’opera di Cosma vengono analizzati trentaquattro versi di carme II,1,13 e due di carme II,1,10; l’ampiezza delle citazioni va da un minimo di un verso a un massimo di 5. Segue un’appendice dedicata alle parafrasi bizantine, che in alcuni manoscritti contenenti i carmi, accompagnano il testo poetico. Tali spiegazioni in prosa, composte in un momento non precisabile della trasmissione dell’opera gregoriana, sono anonime, di diverso livello letterario e da intendere come un testo in continua evoluzione, oggetto di modifiche da parte di ciascun copista. Nel caso dei testi in oggetto le parafrasi trasmesse sono tre, chiamate, sulla scia di studi precedenti, Paraphr. 1, Paraphr. 2, Paraphr. 3 e delle quali la tesi fornisce l’editio princeps. L’ultima appendice è costituita dalla traduzione latina dei carmi di Giacomo Oliva da Cremona, redatta nella seconda metà del XVI secolo per incarico del Cardinal Guglielmo Sirleto e testimonianza del grande interesse per il Cappadoce in questo periodo storico. Il lavoro dell’Oliva, rimasta inedito per la morte del committente e probabilmente anche per il suo scarso valore letterario, è trasmesso da due manoscritti autografi, il Vaticanus Barberinianus lat. 636 (B) e il Vaticanus lat. 6170 (V) e trova nella tesi la sua editio princeps.
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ALESSANDRA, Campanari. "“IDENTITY ON THE MOVE” FOOD, SYMBOLISM AND AUTHENTICITY IN THE ITALIAN-AMERICAN MIGRATION PROCESS". Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251264.

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Resumen
Il mio lavoro di ricerca rappresenta un contributo allo studio dell'esperienza umana dello “spazio alimentare” come costruzione sociale che comprende sia i modelli del comportamento umano, e la loro relazione sensoriale con uno specifico luogo, sia l'imprenditoria etnica. Il nucleo di questo progetto di ricerca è rappresentato da un’indagine multi-generazionale del multiforme processo della migrazione italiana in America, laddove la cultura alimentare viene utilizzata come veicolo per esaminare come gli immigrati abbiano prima perso e poi negoziato una nuova identità in terra straniera. Lo scopo generale della tesi è quello di esaminare come il cibo rappresenti un collegamento nostalgico con la patria per la prima generazione, un compromesso culturale per la seconda e un modo per rinegoziare un'etnia ibrida per le generazioni successive. La lente del cibo è anche utilizzata per esplorare lo sviluppo dei ristoranti italiani durante il Proibizionismo e il loro ruolo nel processo di omogeneizzazione culinaria e di invenzione della tradizione nel mondo contemporaneo. Per spiegare come la cucina regionale in America sia diventata un simbolo collettivo di etnia e abbia potuto creare un'identità Italo-Americana nazionale distinta da quella italiana, ho adottato il modello creato da Werner Sollors e Kathleen Neils Cozen e sintetizzato con l'espressione di “invenzione dell'etnia”. Il capitolo di apertura esplora la migrazione su larga scala che ha colpito l'Italia e la storia economica italiana per oltre un secolo e prosegue con un’analisi storica sullo sviluppo dei prodotti alimentari nel tempo. La prima sezione evidenzia il significato culturale dell'alimento e il suo ruolo nella costruzione di un'identità nazionale oltre i confini italiani e prosegue con un’analisi sulla successiva variazione delle abitudini alimentari durante l'immigrazione di massa. Il capitolo conclude illustrando il quadro teorico utilizzato per teorizzare le diverse dimensioni dell'etnia. Partendo dall'ipotesi che l'identità sia un elemento socialmente costruito e in continua evoluzione, il secondo capitolo è dedicato all'analisi della natura mutevole del cibo, esplorata attraverso tre distinti ma spesso sovrapposti tipi di spazio: spazio della "memoria individuale"; spazio della "memoria collettiva"; spazio della "tradizione inventata". Lo spazio della “memoria individuale” esplora come i primi immigrati italiani tendevano a conservare le loro tradizioni regionali. Al contrario lo spazio della memoria collettiva osserva il conflitto ideologico emerso tra la prima e la seconda generazione di immigrati italiani, in risposta alle pressioni sociali del paese ospitante. L'analisi termina con la rappresentazione di generazioni successive impegnate a ricreare una cultura separata di cibo come simbolo dell'identità creolata. Il capitolo tre, il primo capitolo empirico della dissertazione, attraverso l'analisi della letteratura migrante mostra l'importanza del cibo italiano nella formazione dell'identità italo- americana. Questa letteratura ibrida esamina il ruolo degli alimenti nelle opere letterarie italo-americane di seconda, terza e della generazione contemporanea di scrittori. Il quarto capitolo completa la discussione seguendo la saga del cibo italiano dai primi ristoranti etnici a buon mercato, frutto della tradizione casalinga italiana, fino allo sviluppo di un riconoscibile stile di cucina italo-americano. A questo proposito, i ristoranti rappresentano una "narrazione" etnica significativa che riunisce aspetti economici, sociali e culturali della diaspora italiana in America e fa luce sull'invenzione del concetto di tradizione culinaria italiana dietro le cucine americane. La sezione termina con un'esplorazione del problema moderno relativo al fenomeno dell’Italian "Sounding" negli Stati Uniti, basato sulla creazione di immagini, colori e nomi di prodotti molto simili agli equivalenti italiani, ma senza collegamenti diretti con le tradizioni e la cultura italiana. Il capitolo finale fornisce una visione etnografica su ciò che significa essere italo-americani oggi e come i ristoranti italiani negli Stati Uniti soddisfano la tradizione culinaria Italiana nel mondo contemporaneo americano. Per concludere, considerando le teorie dell'invenzione della tradizione, due casi di studio esplorativi a Naples, in Florida, vengono presentati sia per analizzare come gli italo-americani contemporanei manifestano la loro etnia attraverso il cibo etnico sia per esaminare come il cibo italiano viene commercializzato nei ristoranti etnici degli Stati Uniti, alla luce della del processo di globalizzazione.
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Libros sobre el tema "Immagine letteraria"

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Le immagini letterarie nel calcio. Cagliari: La riflessione, 2007.

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Barrocu, G. P. Le immagini letterarie nel calcio. Cagliari: La riflessione, 2007.

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3

Mario, Di Martino, ed. Regalpetra: Parco letterario Leonardo Sciascia : immagine e comunicazione. Trapani: Coppola, 2000.

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Magherini, Simone, ed. Carte d'autore – il portale. Firenze: SEF - Centro studi "Aldo Palazzeschi", 2022. http://dx.doi.org/10.35948/9788860326072.

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Il portale Carte d'autore online permette la consultazione di otto archivi letterari italiani, rendendo disponibili in rete manoscritti, lettere, foto, filmati, con le relative schede d'archivio (per un totale di circa 90.000 schede archivistiche, 76.000 immagini, 14.000 trascrizioni), con possibilità di un'ampia gamma di ricerche sui dati e sui testi. Nel rispetto dei diritti d'autore, la consultazione e la riproduzione di immagini è soggetta a diversi livelli di autorizzazione.
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Olivieri, Ugo M. Le immagini della critica: Conversazioni di teoria letteraria. Torino: Bollati Boringhieri, 2003.

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6

Curletto, Silvio. Finestre: Immagini letterarie di uno spazio perduto. Pisa: ETS, 2003.

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7

Il racconto delle immagini: La fotografia nella modernità letteraria italiana. Pisa: ETS, 2008.

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Ajello, Epifanio. Il racconto delle immagini: La fotografia nella modernità letteraria italiana. Pisa: ETS, 2008.

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G, Zacchè, ed. Carpi: Immagini e immaginario : viaggiatori, storici, letterati, osservatori. Casalecchio di Reno: Grafis, 1987.

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Rassegna di poeti, scrittori e artisti: Immagini e parole. Padova: CLEUP, 2016.

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Capítulos de libros sobre el tema "Immagine letteraria"

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Manni, Paola. "Il Vocabolario Dantesco a cura dell’Accademia della Crusca e dell’Opera del Vocabolario Italiano (CNR)". En L'illustre volgare, 35–47. Firenze: Società Editrice Fiorentina, 2022. http://dx.doi.org/10.35948/dilef/978-88-6032-685-0.03.

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L’Accademia della Crusca, fin dalle origini impegnata nell’attività lessicografica, ha avviato, in collaborazione con l’OVI – Opera del Vocabolario Italiano (CNR), un nuovo Vocabolario dantesco che si pubblica dal 2018 al sito di rete www.vocabolariodantesco.it. L’intervento illustra, con l’aiuto di alcune immagini, gli intenti e le metodologie altamente innovative di questo Vocabolario che, pur proponendosi di analizzare tutte le opere volgari di Dante, ha preso avvio dalla Commedia, testo fondante della nostra tradizione letteraria e linguistica.
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Francini, Marusca. "Immagini letterarie della schiavitù negli indovinelli dell’Exeter Book". En La tradizione gnomica nelle letterature germaniche medievali, 29–51. Ledizioni, 2018. http://dx.doi.org/10.4000/books.ledizioni.9244.

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