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Colombi, Valentina. "Generazione/generazioni. L'uso storiografico di un concetto "elastico"". PASSATO E PRESENTE, n.º 80 (mayo de 2010): 123–40. http://dx.doi.org/10.3280/pass2010-080008.

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Sicurella, Sandra. "Violenza in famiglia: dalla violenza assistita al parent abuse". SICUREZZA E SCIENZE SOCIALI, n.º 2 (agosto de 2021): 85–101. http://dx.doi.org/10.3280/siss2021-002006.

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Resumen
Partendo da una riflessione sul concetto di vittima-criminale, il presente contri-buto intende approfondire la relazione esistente tra violenza assistita e violenza agita dai minori nei confronti di genitori o tutori. Entrambe le forme di violenza pongono al centro il minore, che vive una condizione di estrema fragilità, dettata anche dall'incapacità di gestire adeguatamente le proprie emozioni. Tra i possibili effetti da annoverare vi sono sicuramente l'apprendimento di modelli relazionali disfunzionali e la trasmissione intergenerazionale della violenza, conseguenze che, in alcuni casi, possono trasformare i minori in maltrattanti. È necessario, pertanto, valutare precocemente i fattori di rischio e individuare le traiettorie volte alla pre-venzione e alla riduzione di tali fenomeni, che sembrano strettamente correlati.
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BRUZZANITI, GIUSEPPE. "A HISTORIOGRAPHIC MODEL OF THE DYNAMICS OF SCIENTIFIC THEORIES AND THE FORMATION OF CONCEPTS: THE CASE OF THE ATOMIC NUCLEUS". Nuncius 12, n.º 2 (1997): 379–410. http://dx.doi.org/10.1163/182539197x00771.

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Resumen
Abstracttitle RIASSUNTO /title Viene proposto un particolare modello storiografico per spiegare certi aspetti della formazione dei concetti scientifici e della dinamica delle teorie. La principale caratteristica del modello consiste nella possibilit di organizzare il materiale documentario in diversi reti: una locale e una globale. E alla dinamica di tali reti e alla loro interazione che viene ricondotta la formazione dei concetti scientifici e il mutamento del loro significato. Il modello costruito viene applicato al caso del concetto di nucleo atomico.
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Lalatta Costerbosa, Marina. "“Dignità contro dignità”? Sulla natura antidemocratica della tortura". Revista de la Facultad de Derecho de México 69, n.º 274-1 (21 de junio de 2019): 437. http://dx.doi.org/10.22201/fder.24488933e.2019.274-1.69954.

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Resumen
<p>Questo documento si concentra sul recente dibattito sulla ri-legalizzazione della tortura nel contesto della cosiddetta “guerra al terrorismo”. Il saggio muove da una definizione del concetto di legge come limite della forza e della democrazia come ideale politico, non solo come metodo di governo. Sottolinea, inoltre, l’estrema violenza connessa alla tortura in quanto tale. Questi due elementi: il concetto di legge e la natura della tortura mostrano l’errore dei principali argomenti di tortura oggi. In particolare, l’A. critica la cosiddetta argomentazione “dignità contro dignità” (in tedesco, Würde gegen Würde) e la relativa premoderna interpretazione dell’idea di dignità umana.</p><div> </div>
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Pirson, Felix. "Style and message on the Column Of Marcus Aurelius". Papers of the British School at Rome 64 (noviembre de 1996): 139–79. http://dx.doi.org/10.1017/s0068246200010370.

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Resumen
STILE E MESSAGGIO SULLA COLONNA DI MARCO AURELIOQuesto lavoro affronta il problema di come stile ed iconografia forniscano insieme l'‘evidenza estetica’ per i messaggi impartiti dalla colonna aureliana. La discussione è soprattutto focalizzata sulle scene di battaglia e violenza, che hanno una posizione particolarmente prominente nel contenuto narrativo del fregio elicoidale. L'analisi di queste scene ha lo scopo principale di contribuire alla nostra comprensione della percezione della vittoria romana e della sconfitta dei barbari rappresentate sul fregio. Il concetto coerente di stile e messaggio mostra come esistesse una stretta relazione tra la formazione dello stile e l'iconografia del monumento, e le circostanze storiche della sua erezione. Alla luce di questi risultati, la asserita incoerenza tra la personalità di Marco, il ‘filosofo imperiale’, e le raccapriccianti scene di violenza rappresentate sulla colonna, viene rivalutata.
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Ansuŕtegui, Roig Francisco Javier. "Democracia constitucional, derechos y violencia institucional". SOCIOLOGIA DEL DIRITTO, n.º 3 (diciembre de 2012): 27–38. http://dx.doi.org/10.3280/sd2012-003002.

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Resumen
La democrazia costituzionale e il costituzionalismo contemporaneo costituiscono oggi la chiave di lettura di molti nostri ordinamenti, ma allo stesso tempo, come conseguenza dello sviluppo delle loro dinamiche interne, obbliga a riformulare la comprensione di concetti con cui la scienza giuridica lavora da tempo. In questo lavoro si affronta la trasformazione che dovrŕ subire il concetto di violenza istituzionale, sia dal punto di vista dei suoi contenuti, sia da quello che si riferisce ai soggetti che vi sono implicati.
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Gallese, Vittorio. "Le due facce della mimesi. La teoria mimetica di Girard, la simulazione incarnata e l'identificazione sociale". PSICOBIETTIVO, n.º 2 (marzo de 2010): 77–100. http://dx.doi.org/10.3280/psob2009-002005.

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Resumen
Cruciale nella Teoria Mimetica di Girard č il concetto di desiderio mimetico, visto come mimesi di appropriazione, la fonte principale dell'aggressivitŕ e della violenza che caratterizza la nostra specie. Il valore intrinseco degli oggetti del nostro desiderio non č rilevante cosě come il fatto che gli oggetti stessi sono gli obiettivi del desiderio altrui. Si potrebbe obiettare in principio contro tale visione del genere umano cosě apparentemente negativa e unilaterale, in generale, e della mimesi, in particolare. Tuttavia, tale argomento traviserebbe il pensiero di Girard. Girard stesso ha riconosciuto che il desiderio mimetico č anche un bene in sé, perché č alla base dell'amore, e cosa ancora piů importante perché č il rivelarsi dell'individuo. Partendo dal concetto di desiderio come apertura agli altri discuterň, da un punto di vista neuroscientifico, le implicazioni per la cognizione sociale della mimesi sullo sfondo della Teoria Mimetica di Girard, un quadro di partenza ideale per favorire un approccio multidisciplinare allo studio dell'intersoggettivitŕ umana. Sarŕ postulato che una differente, non mutualmente esclusiva, lettura della mimesi conduce all'identificazione sociale e quindi alla socialitŕ. La mimesi non č intrinsecamente buona o cattiva, ma ha le potenzialitŕ per portare non solo alla violenza mimetica, ma anche agli aspetti piů creativi della cognizione umana. I risultati della ricerca empirica nel campo delle neuroscienze e della psicologia dell'etŕ evolutiva mostrano che questa spiegazione della mimesi trova solide prove a sostegno. Concluderemo che una spiegazione approfondita e biologicamente plausibile dell'intersoggettivitŕ umana richiede l'integrazione di entrambe le facce della mimesi.
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Zarri, Gabriella. "La «mamma» di Guglielmo VIII Paleologo: Maddalena Panattieri da Trino, terziaria op (1443-1503)". Anuario de Historia de la Iglesia 30 (18 de mayo de 2021): 191–212. http://dx.doi.org/10.15581/007.30.011.

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Resumen
Dopo un breve excursus sulle «sante vive» italiane vissute tra il secondo Quattrocento e il Cinque­cento e una precisazione del concetto storiografico di «sante vive», il saggio presenta il caso fino ad ora non approfondito, della terziaria domenicana Maddalena Panatieri da Trino (1443-1503). Mentre viveva in un piccolo centro del Monferrato, ricca terra situata nella regione del Piemonte, Maddalena si segnalò al mar­chese Guglielmo viii Paleologo per aver profetizzato la sua vittoria in un torneo tenutosi in Francia. Venerata in seguito dal principe, che la considerò una madre, la vita della beata venne composta da Girolamo da Mi­lano op sull’esempio della leggenda agiografica della beata Osanna da Mantova, dopo il passaggio del Mon­ferrato al ducato dei Gonzaga negli anni Trenta del Cinquecento.
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Zappino, Federico. "via per il "gaio comunismo" passa per la sovversione del modo di produzione eterosessuale". Balthazar, n.º 4 (13 de septiembre de 2022): 151–72. http://dx.doi.org/10.54103/balthazar/18514.

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Nella prefazione all’edizione francese - scritta durante i mesi del lockdown - del suo libro Comunismo queer (pubblicato dalla casa editrice Syllepse nel 2022), Federico Zappino ripercorre la posizione che attraversa l’intero saggio in cui l’eterosessualità è concepita, pensata e analizzata come un “modo di produzione”: una prospettiva radicalmente materialista, anti-essenzialista e anti-identitaria. Il ricorso a questo concetto preso dal lessico marxiano è funzionale non soltanto all’inquadramento dell’oppressione, della violenza e dell’ineguaglianza sessuale e di genere in termini materialistici, ma anche a pensare la loro definitiva sovversione.
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Ronfani, Paola. "La violenza dei genitori verso i figli. Orientamenti della cultura giuridica e dei saperi esperti". SOCIOLOGIA DEL DIRITTO, n.º 2 (diciembre de 2011): 109–36. http://dx.doi.org/10.3280/sd2011-002006.

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Nella cultura giuridica, cosě come nei saperi esperti, in particolare quelli sociologico e psicologico, il dibattito internazionale sulla violenza, fisica e psicologica, dei genitori verso i figli ha raggiunto dimensioni ragguardevoli e si esprime in una vasta gamma di opinioni, valutazioni e proposte di programmi di intervento nei confronti delle vittime e dei perpetratori delle violenze. Nell'articolo, in cui si ripercorre tale dibattito facendo ampio riferimento alla letteratura straniera, si evidenzia come nella cultura giuridica vi sia una buona condivisione di orientamenti circa l'esigenza che il diritto proibisca espressamente ai genitori di sottoporre a trattamenti umilianti e degradanti i figli nell'esercizio delle loro funzione di cura ed educativa. Al contrario, nei saperi esperti gli orientamenti appaiono piů problematici e controversi per ciň che concerne sia l'ambito semantico del concetto di violenza familiare, sia la comprensione dei fattori sociali e culturali alla base dei comportamenti violenti dei genitori verso i figli. Questa disparitŕ di opinioni si riflette, sul piano pratico, nelle scelte dei possibili modelli di trattamento e di contrasto (politico- sociale, amministrativo, giudiziario) di tali comportamenti. Nel lavoro si sottolinea, in particolare, l'esigenza di non trascurare la correlazione, che emerge da numerose ricerche empiriche, fra disorganizzazione e vulnerabilitŕ sociali ed esercizio della responsabilitŕ genitoriale considerato moralmente inadeguato.
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Procaccia, Rossella, Guido Veronese y Marco Castiglioni. "Il concetto di sé e degli altri nei bambini vittime di violenza cronica: il ruolo dell'età e del PTSD". MALTRATTAMENTO E ABUSO ALL'INFANZIA, n.º 2 (junio de 2014): 57–79. http://dx.doi.org/10.3280/mal2014-002004.

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De Cicco, Maria Cristina. "Diritti fondamentali e minori dal punto di vista del civilista. Quale tutela? Doi: 10.5020/2317-2150.2015.v20n3p917". Pensar - Revista de Ciências Jurídicas 20, n.º 3 (29 de diciembre de 2015): 917–40. http://dx.doi.org/10.5020/23172150.2012.917-940.

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Partendo dal tema centrale dell’incontro, “Violenza e diritti umani: il ruolo delle ONGs e delle OGs nella rielaborazione, da parte dei ricercatori, delle politiche pubbliche sulla lotta contro le aggressioni ai diritti umani”, si vuole affrontare la questione relativa allo sfruttamento del lavoro minorile. Parlare di diritti umani e di dignità dell’uomo, oggi, è sempre di piú un’esigenza pressante. Invero, la dignità dell’uomo è un concetto caratterizzato da assolutezza: ogni uomo, pertanto, in quanto tale, è degno quanto qualsiasi altro uomo, a prescindere dalla razza, dalla nazionalità, dalla religione e dalla condizione sociale. L’accoglimento del concetto secondo il quale i diritti umani e, quindi, la dignità dell’uomo integrano un valore assoluto, fa sí che i medesimi diventino la misura attraverso la quale poter anche valutare la qualità dello sviluppo c.d. «sostenibile». La dignità dell’uomo, dunque, è da ascrivere nell’àmbito dei princípi inderogabili del nostro ordinamento, principio di ordine pubblico costituzionale. Conferma di tale assunto, inoltre, nell’àmbito del Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa, si ha dall’art. II-61, articolo di apertura e posto al vertice del catalogo dei diritti fondamentali, secondo il quale «La dignità umana è inviolabile. Essa deve essere rispettata e tutelata». La clausola generale di dignità, dunque, peraltro già presente in molteplici testi normativi sopranazionali ed interni, viene a costituire uno dei princípi cardine del sistema italo-comunitario, un valore normativo di rilevanza sovraordinata, in antitesi al quale si pone, al contrario, una logica economicistica, esclusivamente produttivistica, ispirata al profitto e, quindi, al mercato, affermerebbe il primato del mercato e della produzione anche a costo di violare la dignità dell’uomo e i diritti umani.
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Good, Byron J. y Mary-Jo Del Vecchio Good. "Il disturbo post-traumatico da stress č un concetto ‘sufficientemente buono' per il lavoro psichiatrico sulle conseguenze dei conflitti?" RIVISTA SPERIMENTALE DI FRENIATRIA, n.º 2 (julio de 2012): 99–119. http://dx.doi.org/10.3280/rsf2012-002006.

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Resumen
In un classico articolo del 1992, Derek Summerfield sostenne che "per la grande maggioranza dei sopravvissuti lo stress posttraumatico č una pseudocondizione, una ridefinizione della sofferenza comprensibile della guerra come problema tecnico per il quale sono disponibili soluzioni tecniche a breve termine come il counseling" Non ci sono prove che le popolazioni colpite dalla guerra cerchino questi approcci importati, che sembrano ignorare le loro tradizioni, i loro sistemi di significato, le loro prioritŕ effettive" (p.1449). Questo articolo descrive un programma di collaborazione attiva fra un'équipe della Harvard Medical School e la IOM (Organizzazione Internazionale per la Migrazione) in Indonesia in risposta ai "lasciti della violenza" fra gli abitanti dei villaggi rurali di Aceh, Indonesia, dopo lo tsunami del 2004 e l'accordo di pace tra il governo indonesiano e il Movimento Aceh Libera che mise fine a venti anni di conflitto. L'articolo fornisce dati provenienti da una serie di studi che indicano livelli elevati di esperienze traumatiche e di problemi di salute mentale ad Aceh dopo il conflitto. Descrive un progetto IOM di promozione attiva di salute mentale che ha usato équipe di medici di base e infermieri per rispondere ai problemi di salute mentale, e un progetto valutativo che fornisce importanti prove empiriche dell'efficacia nella pratica del programma. Sostiene che il PTSD č ben altro che una "pseudocondizione" e che i programmi d'intervento possono essere molto potenti nel ridurre sintomi e disabilitŕ. Conclude che lo sviluppo di programmi di salute mentale integrati in politiche di salute pubblica in contesti postbellici dovrebbe avere una prioritŕ elevata.
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Di Donato, Giulio. "TRAME DEL RICONOSCIMENTO: DA HEGEL ALL’IDENTITÀ DI GENERE". Il Politico 256, n.º 1 (28 de junio de 2022): 179–89. http://dx.doi.org/10.4081/ilpolitico.2022.690.

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La prevenzione e il contrasto alle discriminazioni e alla violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere e sull’orientamento sessuale rappresentano un’esigenza sentita in maniera ormai trasversale e allo stesso tempo un tema oggetto di polemiche infuocate nel momento in cui si passa dal piano della petizione di principio al piano della traduzione normativa (se ad esempio si tratta di modificare gli articoli 604 bis e ter del Codice penale e la successiva legislazione in materia di istigazione a delinquere, equiparando la discriminazione per i motivi di cui sopra a quella su base razziale, etnica o religiosa). Polemiche che hanno reso e rendono assai difficile intavolare una discussione laica e ragionata sul merito, al di là degli opposti isterismi e delle opposte strumentalizzazioni. In questa sede, lontani dalla concitazione del dibattito più acceso e fanatico, proveremo a riflettere sulle implicazioni di carattere filosofico-giuridico che l’eventualità di un intervento normativo in materia solleva: dalle definizioni di sesso e di genere all’equilibrio fra salvaguardia della libertà di opinione e lotta alle discriminazioni, per soffermarci infine sulla contraddizione fra le istanze soggettivistiche e contingenti alla base del concetto di identità di genere (comunemente definita l’identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso, indipendentemente dall’aver concluso un percorso di transizione) e i criteri di oggettività e stabilità che sono propri della dimensione giuridica e in particolar modo della norma penale.
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Cirimwami, Ezéchiel Amani y Pacifique Muhindo Magadju. "Prosecuting rape as war crime in the Democratic Republic of the Congo: lessons and challenges learned from military tribunals". Military Law and the Law of War Review 59, n.º 1 (1 de junio de 2021): 44–70. http://dx.doi.org/10.4337/mllwr.2021.01.03.

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Several armed conflicts have marked the past two decades in the Democratic Republic of the Congo (DRC). As a result, the DRC is facing an unprecedented humanitarian disaster with the death of hundreds of thousands of people, the large-scale displacement of civilians and the rape of thousands of women, girls and men. These armed conflicts have led to the metamorphosis of the concept of ‘crime’ with the emergence of new forms of sexual violence, particularly the widespread sexual violence used by armed groups as a tactic of war. In response to this avalanche of sexual violence, the DRC has taken a series of legislative measures. It began with the ratification of the Statute of the International Criminal Court (Rome Statute) on 11 April 2002. This was followed by the promulgation of the Military Judicial Code and the Military Criminal Code on 18 November 2002 (MJC and MCC, respectively) criminalizing, inter alia, war crimes, crimes against humanity and genocide. In 2006, the Congolese legislator criminalized various forms of sexual crimes as defined by international law in the Military Penal Code. On 31 December 2015, the Congolese authorities promulgated Law No. 15/022, amending and supplementing the Military Penal Code, for the implementation of the Rome Statute. Through this Law, the legislator has included in the Congolese Ordinary Criminal Code rape and other sexual assaults constituting war crimes, and in some circumstances, crimes against humanity. In terms of prosecutions, around 40 cases of rape classified as war crimes and crimes against humanity have been tried by Congolese military courts, and a few other cases are being investigated. This article seeks to assess the progress made by the DRC in prosecuting rape as a war crime and the challenges to such prosecutions. La République démocratique du Congo (RDC) a été marquée par plusieurs conflits armés au cours des deux dernières décennies. Il en résulte que ce pays est confronté à une catastrophe humanitaire sans précédent avec la mort de centaines de milliers de personnes, le déplacement à grande échelle de civils et le viol de milliers de femmes, de filles et d'hommes. Ces conflits armés ont entraîné une métamorphose du concept de ‘crime’ avec l'émergence de nouvelles formes de violence sexuelle, notamment la violence sexuelle généralisée utilisée par les groupes armés comme tactique de guerre. En réponse à cette avalanche de violences sexuelles, la RDC a adopté une série de mesures législatives. La première fut la ratification du Statut de la Cour pénale internationale (Statut de Rome) le 11 avril 2002. Cette ratification fut suivie par la promulgation du Code judiciaire militaire et du Code pénal militaire le 18 novembre 2002 (respectivement le CMJ et le CCM) qui criminalisent, entre autres, les crimes de guerre, les crimes contre l'humanité et le génocide. En 2006, le législateur congolais a incriminé dans le Code pénal militaire diverses formes de crimes sexuels tels que définis par le droit international. Le 31 décembre 2015, les autorités congolaises ont promulgué la loi no 15/022, modifiant et complétant le Code pénal militaire, pour la mise en œuvre du Statut de Rome. A travers cette loi, le législateur a inclus dans le Code pénal ordinaire congolais les viols et autres agressions sexuelles constitutifs de crimes de guerre, et dans certaines circonstances, de crimes contre l'humanité. En termes de poursuites, une quarantaine de cas de viols qualifiés de crimes de guerre et de crimes contre l'humanité ont été jugés par les tribunaux militaires congolais, et quelques autres cas sont en cours d'instruction. Cet article vise à évaluer les progrès réalisés par la RDC en matière de poursuites pénales pour viol en tant que crime de guerre et les défis auxquels ces poursuites sont confrontées. Verschillende gewapende conflicten hebben de afgelopen twee decennia hun stempel gedrukt op de Democratische Republiek Congo (DRC). Als gevolg daarvan wordt de DRC geconfronteerd met een ongekende humanitaire ramp die gepaard gaat met de dood van honderdduizenden mensen, de grootschalige ontheemding van burgers en de verkrachting van duizenden vrouwen, meisjes en mannen. Die gewapende conflicten hebben geleid tot een metamorfose van het begrip ‘misdaad’ met de opkomst van nieuwe vormen van seksueel geweld, in het bijzonder het wijdverspreide seksuele geweld dat door gewapende groepen als oorlogstactiek wordt gebruikt. Als reactie op die lawine van seksueel geweld heeft de DRC een reeks wetgevende maatregelen genomen. Het begon met de ratificatie van het Statuut van het Internationaal Strafhof (Statuut van Rome) op 11 april 2002, gevolgd door de afkondiging van het militair gerechtelijk wetboek en het militair strafwetboek op 18 november 2002. Daarin worden onder meer oorlogsmisdaden, misdaden tegen de mensheid en genocide strafbaar gesteld. In 2006 heeft de Congolese wetgever verschillende vormen van seksuele misdrijven, zoals omschreven in het internationaal recht, strafbaar gesteld in het militair strafwetboek. Op 31 december 2015 hebben de Congolese autoriteiten wet nr. 15/022 tot wijziging en aanvulling van het militair strafwetboek uitgevaardigd, met het oog op de uitvoering van het Statuut van Rome. Met die wet heeft de wetgever verkrachting en andere vormen van seksueel geweld die te beschouwen zijn als oorlogsmisdaden, en in sommige omstandigheden misdaden tegen de mensheid, in het gewone Congolese Wetboek van Strafrecht opgenomen. Wat vervolging betreft, zijn ongeveer 40 gevallen van verkrachting die als oorlogsmisdaden en misdaden tegen de mensheid werden aangemerkt, door de Congolese militaire rechtbanken berecht, en enkele andere gevallen worden momenteel onderzocht. Deze studie heeft tot doel na te gaan welke vooruitgang de DRC heeft geboekt bij de vervolging van verkrachting als oorlogsmisdaad en voor welke uitdagingen dergelijke vervolgingen staan. Varios conflictos armados han dejado huella en las dos décadas pasadas en la República Democrática del Congo (RDC). A resultas de ello, la RDC se está enfrentando a un desastre humanitario sin precedentes con la muerte de cientos de miles de personas, desplazamiento de civiles a gran escala y la violación de miles de mujeres, niñas y hombres. Estos conflictos armados han llevado a la metamorfosis del concepto de ‘crimen’ con la aparición de nuevas formas de violencia sexual, en particular el uso generalizado de la violencia sexual por grupos armados como táctica de guerra. En respuesta a esta avalancha de violencia sexual, la RDC ha adoptado una serie de medidas legislativas. Todo comenzó con la ratificación del Estatuto de la Corte Penal Internacional (Estatuto de Roma) el 11 de abril de 2002. A esto siguió la promulgación del Código Judicial Militar y del Código Penal Militar el 18 de noviembre de 2002 (Código Judicial Militar y Código Penal Militar, respectivamente), penalizando, entre otros, los crímenes contra la humanidad y el genocidio. En 2006, el legislador congoleño introdujo en el Código Penal Militar varias modalidades de crimen sexual tal y como se definen en el Derecho Internacional. El 31 de diciembre de 2015, la autoridades congoleñas promulgaron la Ley Núm. 15/022, reformando y complementando el Código Penal Militar, con objeto de implementar el Estatuto de Roma. A través de esta ley, el legislador ha tipificado en el Código Penal Común la violación y otros ataques sexuales que constituyen crímenes de guerra y, en algunas circunstancias, crímenes contra la humanidad. En términos de procedimientos instruidos, cerca de 40 casos de violación tipificada como crímenes de guerra y crímenes contra la humanidad han sido tramitados por los tribunales militares congoleños, y varios casos más continúan siendo objeto de investigación. Este estudio busca valorar el progreso de la RDC en la persecución de la violación como crimen de guerra y los retos a los que se ha tenido que hacer frente en dicha tarea. Gli ultimi due decenni della Repubblica Democratica del Congo (RDC) sono stati segnati da diversi conflitti armati. Di conseguenza, la RDC sta affrontando un disastro umanitario senza precedenti con la morte di centinaia di migliaia di persone, lo sfollamento di civili su larga scala e lo stupro di migliaia di donne, ragazze e uomini. Questi conflitti armati hanno portato alla metamorfosi del concetto di ‘crimine’ con l'emergere di nuove forme di violenza sessuale, in particolare la diffusa violenza sessuale usata dai gruppi armati come tattica di guerra. In risposta a questa valanga di violenza sessuale, la RDC ha adottato una serie di misure legislative. È iniziato tutto con la ratifica dello Statuto della Corte penale internazionale (Statuto di Roma) l'11 aprile 2002. A ciò è seguita la promulgazione del Military Judicial Code and the Military Criminal Code il 18 novembre 2002 (rispet­tivamente Codice giudiziario militare e Codice penale militare), che hanno criminalizzato, tra l'altro, crimini di guerra, crimini contro l'umanità e genocidio. Nel 2006, il legislatore congolese ha definito come crimini varie forme di reati sessuali così come definito dal diritto internazionale nel Codice Penale Militare. Il 31 dicembre 2015 le autorità congolesi hanno promulgato la Legge n. 15/022, che modifica e integra il Codice Penale Militare, per l'attuazione dello Statuto di Roma. Attraverso questa legge, il legislatore ha incluso nel Codice penale Ordinario congolese lo stupro e altre aggressioni sessuali definiti crimini di guerra e, in alcune circostanze, crimini contro l'umanità. In termini di procedimenti penali, circa 40 casi di stupro classificati come crimini di guerra e crimini contro l'umanità sono stati processati dai tribunali militari congolesi e alcuni altri casi sono oggetto di indagine. Questo studio cerca di valutare i progressi compiuti dalla RDC nel perseguire lo stupro come crimine di guerra e l’impegno in tali procedimenti penali. Mehrere bewaffnete Konflikte haben die vergangenen zwei Jahrzehnte in der Demokratischen Republik Kongo (DRK) geprägt. Als Folge dessen steht die DRK vor einer beispiellosen humanitären Katastrophe mit dem Tod von Hunderttausenden von Menschen, der massiven Vertreibung von Zivilisten und der Vergewaltigung von Tausenden von Frauen, Mädchen und Männern. Diese bewaffneten Konflikte haben zu einer Metamorphose des Begriffs ‘Verbrechen’ mit dem Aufkommen neuer Formen sexueller Gewalt geführt, insbesondere der weit verbreiteten sexuellen Gewalt, die von bewaffneten Gruppen als Kriegstaktik eingesetzt wird. Als Reaktion auf diese Lawine sexueller Gewalt hat die DRK eine Reihe von gesetzlichen Maßnahmen ergriffen. Es begann mit der Ratifizierung des Statuts des Internationalen Strafgerichtshofs (Römisches Statut) am 11 April 2002. Es folgte die Verkündung des Militärgerichtsgesetzbuchs und des Militärstrafgesetzbuchs am 18. November 2002, die unter anderem Kriegsverbrechen, Verbrechen gegen die Menschlichkeit und Völkermord unter Strafe stellen. Im Jahr 2006 hat der kongolesische Gesetzgeber im Militärstrafgesetzbuch verschiedene Formen von Sexualverbrechen im Sinne des Völkerrechts unter Strafe gestellt. Am 31. Dezember 2015 haben die kongolesischen Behörden das Gesetz Nr. 15/022 zur Änderung und Ergänzung des Militärstrafgesetzbuchs im Hinblick auf die Umsetzung des Römischen Statuts verkündet. Mit diesem Gesetz hat der Gesetzgeber Vergewaltigung und andere sexuelle Übergriffe, die Kriegsverbrechen und unter gewissen Umständen auch Verbrechen gegen die Menschlichkeit darstellen, in das kongolesische ordentliche Strafgesetzbuch aufgenommen. Was die Strafverfolgung anbelangt, so wurden etwa 40 Fälle von Vergewaltigung, die als Kriegsverbrechen und Verbrechen gegen die Menschlichkeit eingestuft werden, von kongolesischen Militär­gerichten abgeurteilt, und einige weitere Fälle werden derzeit untersucht. Diese Studie versucht, die Fortschritte der DRK bei der strafrechtlichen Verfolgung von Vergewaltigung als Kriegsverbrechen und die Herausforderungen für solche Verfolgungen zu bewerten.
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Reduzzi, Francesca. "Il concetto di vis tra diritto privato e repressione criminale". Anales de Historia Antigua, Medieval y Moderna 55, n.º 2 (17 de enero de 2022). http://dx.doi.org/10.34096/ahamm.v55.2.10930.

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Si pongono in rilievo le diverse accezioni del termine vis, il suo significato nell’ambito del diritto privato romano e in quello pubblico, l’evoluzione del concetto stesso di violenza a partire dall’età repubblicana passando per l’epoca del principato fino alle considerazioni di Isidoro di Siviglia.
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"Legami familiari violenti: in ascolto del silenzio che brucia". MINORIGIUSTIZIA, n.º 2 (enero de 2022): 219–31. http://dx.doi.org/10.3280/mg2021-002020.

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È esperienza diffusa che l'intensità delle passioni sperimentabili nelle relazioni familiari possa far sì che quelle diventino incandescenti allorquando non siano disponibili le condizioni per una loro adeguata espressione e comprensione. Gli autori si propongono di fornire un contributo sul tema della violenza intrafamiliare attraverso la descrizione del caso di una minore, i cui segni di acuto malessere sono stati intercettati nella scuola che frequentava. Essi intendono mostrare come il modello dell'analisi interdisciplinare possa favorire l'acquisizione di conoscenze multidimensionali e multilivello, a cui può collegarsi lo sviluppo di un senso di maggiore competenza personale e fiducia nel lavoro collettivo. Nell'articolo sono complementarmente considerati i rapporti istituzionali, circa i quali il gruppo ha elaborato il concetto di geografia procedurale.
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Pellegrino, Vincenza. "L’università situata: un nuovo modello di insegnamento è possibile". Ricerca Psicoanalitica 31, n.º 2 (16 de octubre de 2020). http://dx.doi.org/10.4081/rp.2020.307.

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Vorrei proporvi un viaggio dentro aule universitarie inaspettate, in cui persone senza tetto insegnano le politiche sociali, insegnano cosa succede di notte nelle città, quali sono le soglie della resistenza, cioè quei posti dove puoi stare senza ricevere violenza, dove sono le persone che rispondono quando suoni all’una di notte e quali sono quelle che non lo fanno assolutamente. Oppure aule in cui in un corso di politiche sociali i detenuti insegnano quale sia il senso della pena dentro la condanna all’ergastolo ostativo,1 come intendere la rieducazione, come intendere la riparazione. Oppure, ancora, vorrei proporvi un viaggio dentro un corso di sociologia della globalizzazione che ospita come docenti migranti che hanno appena attraversato il deserto e il Mediterraneo a piedi: ci insegnano che cos’è il debito in migrazione, come si contrae un debito di trentamila euro per arrivare dalla Nigeria all’Italia a piedi e soprattutto come lo si restituisce, o infine, lo stesso corso di globalizzazione in cui donne migranti insegnano un mondo post-coloniale in cui l’unico punto di arrivo non è la donna occidentale e la declinazione del concetto di emancipazione diviene plurale e più ricca.
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La Rocca, Davide. ""Grossesco Crimine". The rising force of evil / “Grossesco crimine”. La forza crescente del male / “Grossesco crimine”. La creciente fuerza del mal". Rivista di Psicopatologia Forense, Medicina Legale, Criminologia, 30 de septiembre de 2019. http://dx.doi.org/10.4081/psyco.2019.44.

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The expression Grossesco Crimine, making the Latin verb grossescere its own, literally means "Accresco nel Crimine" (Growing in Crime) and wants to suggest that concept of brutality of man who, if dominated by criminal inclinations, often grotesque and vulgar, sees that evil instinct increase, almost animal-like, that feeds its own instincts in a foolish way. We are therefore confronted with the theme of evil, too often, for convenience, manipulated. But always and in any case opposed to the concept of good. And if evil is a sad prerogative of man, good represents its essence, hope and desire: and to discuss evil one must inevitably speak of the sense of pleasure, understood not only as physical pleasure, but also psychological and mental. Pleasure is what nourishes the desire of man and his instinctive impulses; it is something that one ardently wants to replicate and increase. Where limiting (or subtracting) the experiences that determine pleasure in one's life causes pain and flows into the abstraction of the concept of evil. RiassuntoIl tema del male, inteso come una prerogativa dell’essere umano, viene analizzato attraverso la tendenza a commettere atti criminali sulla base di impulsi irrefrenabili, non soltanto in un contesto in cui lo sviluppo psichico risulta deviato da fenomeni destrutturanti ma anche e, soprattutto, nei contesti in cui l’ego malevolo dell’uomo accresce in maniera proporzionale alla natura dei cimini commessi. L’utilizzo della locuzione “grossesco crimine” vuole riferirsi, appunto, al male quale espressione di una violenza scaturita da situazioni di intolleranza verso le proprie frustrazioni che, unita ad una totale mancanza di empatia o di sensibilità nei confronti dei sentimenti altrui, può alimentare una pulsione naturale che trova sfogo nell’acting out dell’azione criminale. E i tentativi delle scienze filosofiche appaiono chiari nel ricondurre il tema del male nel più ampio concetto di crisi di senso, da intendersi come vera e propria crisi della ragione, comportando, pertanto, una concreta compromissione della capacità di definire la realtà in maniera critica ed obiettiva. L’astrazione del male nella filosofia, e delle sue proiezioni nella società, si concretizza nel male dell’uomo sull’uomo: dai delitti di istigazione al suicidio ove il male si esplicita attraverso quelle attitudini idonee a rafforzare un proposito autolesivo, alle condotte che rappresentano il preludio di un atto suicidario o che ne rappresentano un tentativo non compiuto e che sono ricomprese, in letteratura, nel concetto di parasuicidio. ResumenEl tema del mal, entendido como prerogativa del ser humano, se analiza a través de la tendencia a cometer actos criminales sobre la base de impulsos irrefrenables, no solamente en un ámbito en el cual el desarrollo psíquico resulta desviado por fenómenos desestructurantes pero también, y sobre todo, en contextos en los cuales el ego malévolo del hombre aumenta en manera proporcional al carácter de los crimines cometidos. La utilización de la locución “grossesco crimine” hace referencia al mal cual expresión de una violencia surgida de situaciones de intolerancia hacia las propias frustraciones que, unida a una total falta de empatía o de sensibilidad respecto a los sentimientos ajenos, puede alimentar una pulsión natural que encuentra desahogo en el acting out de la acción criminal. Los intentos de las ciencias filosóficas aparecen claros en reconducir el tema del mal en el más amplio concepto de crisis de sentido, de entenderse como autentica crisis de la razón, comportando, por tanto, una concreta alteración de la capacidad de definir la realidad de modo crítico y objetivo. La abstracción del mal en filosofía, y de sus proyecciones en la sociedad, se concretiza en el mal del hombre: desde los delitos de instigación al suicidio en los cuales el mal se expresa a través de aquellos comportamientos aptos para reforzar una intención autolesiva, a las conductas que señalan el preludio de un acto suicida o del cual representan un tentativo no cumplido y que son incluidas, en literatura, en el concepto de parasuicidio.
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