Literatura académica sobre el tema "Guiron le Courtois (Prose romance)"

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Artículos de revistas sobre el tema "Guiron le Courtois (Prose romance)"

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Busby, Keith. "Guiron le Courtois: roman arthurien en prose du xiiiesiècle. Édité par Venceslas Bubenicek." French Studies 70, n.º 4 (10 de agosto de 2016): 582.1–582. http://dx.doi.org/10.1093/fs/knw228.

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Bubenicek, Venceslas. "Quelques figures des Rois-chevaliers errants dans le roman en prose de Guiron le Courtois". La Figure du roi – tome 1, n.º 17 (1 de abril de 2022): 49–61. http://dx.doi.org/10.54563/bdba.1499.

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Tesis sobre el tema "Guiron le Courtois (Prose romance)"

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Wahlen, Barbara. "Lire, écrire. D’un désir l’autre. Le "Roman de Meliadus" du XIIIème au XVIIIème siècle". Thesis, Paris 3, 2009. http://www.theses.fr/2009PA030076.

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Resumen
Continuation elleptique du Tristan en prose, qui s’inscrit dans l’interstice séparant la naissance de Tristan du remariage de Méliadus avec la fille du roi Hoël, le Roman de Meliadus [1235-1240] est une œuvre fondamentalement ouverte, de par son inachèvement et de par le dialogue constant qu’il instaure avec les autres romans arthuriens. S’il revendique sa filiation et assume son statut de récit puîné, les réminiscences qu’il exhibe masquent aussi les gauchissements, les infléchissements qui lui permettent de faire du neuf avec du vieux. C’est ce jeu – aux deux sens du terme – que cette étude se propose de mettre en lumière et de voir fonctionner, non seulement dans le Roman de Meliadus proprement dit, mais également dans trois de ses relectures, qui actualisent et renouvellent la signification du roman en profondeur. La première est une continuation qui date de la toute fin du XIIIe ou du début du XIVe siècle et qui est aujourd’hui conservée par le seul manuscrit Ferrell 5. La deuxième actualisation retenue est celle qu’offre Meliadus de Leonnoys, l’imprimé publié en 1528 par Galliot du Pré, puis en 1532 par Denis Janot, fruit d’un minutieux travail de découpage et de remontage. La dernière enfin est l’extrait paru en 1776 dans la Bibliothèque Universelle des Romans sous le titre Méliadus de Léonnois
An ellipitic continuation of the Prose Tristan, which inscribes itself in the space separating the birth of Tristan from Meliadus’ new marriage with king Hoël’s daughter, the Meliadus’ romance [1235-1240] is essentially an open text on account of its incompleteness and the dialogue it establishes with other arthurian romances. Even asserting filiation status, the reminiscences also show the reshaping and the inflection that allow the text to transform old into new. Analyzing this game is the central purpose of this work; to observe the operation in the Meliadus’ romance, as well as in three of its recuperations that profoundly renew the significance of the novel; beginning with a continuation from the end of the 13th century or the early 14th century, preserved nowadays in only one manuscript [Ferrel 5]; followed by the meticulous work of cutting and reassembling offered by the Meliadus of Leonnoys [printed by Galliot du Pré in 1528 first and again by Denis Janot in 1532] and finally an excerpt published in 1776 in the Bibliothèque Universelle des Romans with the title Méliadus of Leonnois
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winand, veronique. "Dynamiques d'intercyclicité dans quelques sommes arthuriennes en moyen français. Un nouvel essai de stemmatologie arthurienne". Doctoral thesis, Università di Siena, 2020. http://hdl.handle.net/11365/1105006.

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Resumen
Il Duecento letterario francese è percorso dalla moda dei romanzi arturiani in prosa: inanzitutto, dopo i romanzi in versi di Chrétien, vi è il “petit cycle” del Graal, prima in versi, poi in prosa, attribuito a Robert de Boron; questo sarà presto seguito dal ciclo di Lancelot e di quello di Tristan en prose e del Guiron le Courtois; infine, trent’anni dopo, sarà scritto da un Veneziano sotto lo pseudonimo di Richard d’Irlande, le Prophéties de Merlin, un romanzo dalla straordinaria creatività. Fa seguito un periodo di relativa “calma” prima della diffusione, alla fine del Quattrocento, degli ultimi cicli arturiani in prosa francese: Ysaÿe le Triste e Perceforest. La produzione ridotta di materiale arturiano tra la fine del Duecento e del Quattrocento, benché tradisca uno stallo creativo, non si accompagna alla mancanza di interesse suscitata dalla materia arturiana: anzi, un’ampia produzione manoscritta, a volte di lusso, a volte più umile, assiemme al passaggio alla stampa dei grandi cicli arturiani tra Quattro- e Cinquecento, tradiscono la presenza di un pubblico ancora ben nutrito. Quest’epoca vide anche la costituzione delle « versioni vulgate » sia del Tristan che del Guiron, la composizione di suites e di riscritture, e l’elaborazione di compilazione arturiane, tra cui l’ormai famosissima compilazione arturiana (assieme alla sorella minore, la compilazione guironiana) di Rustichello da Pisa. Infine, la moda dei romanzi arturiani si manifesta anche in alcune rappresentazioni teatrali, in particolare nei pas d’armes dell’aristocrazia borgognona e fiamminga. Si tratta anche di una delle epoche più importanti per l’enciclopedismo medioevale, di cui si scorge un riflesso nei tentativi di costituire delle summae arturiane in cui confluisce tutta la materia pre-esistente. Un esempio è costituito dall’eccezionale ms. Paris, BnF, fr. 112. Lo sviluppo dei cicli arturiani, dalla fine del secolo XII all’alba del Rinascimento francese, è stato oggetto di numerosissimi lavori, dai primi tentativi degli studenti di Gaston Paris fino alle ricerche più recenti, come quelle di Patrick Moran o Noémie Chardonnens, passando per le notevoli ricostruzioni di Fanni Bogdanow o di Cedric Pickford. Ma tutti questi commenti sulla genesi e lo sviluppo della materia arturiana in prosa francese s’imbattono in un ostacolo maggiore: la mancanza di un dato fondamentale, ossia una conoscenza precisa della genealogia dei manoscritti, senza la quale è solo possibile fornire un commento basandosi sulle edizioni critiche o sull’esame di ciascun testimone in quanto oggetto semiotico isolato. La nostra tesi, erede dell’esperienza del Gruppo Guiron, propone quindi un tentativo di andare oltre i limiti di questi approcci, provando ad affrontare il caso della fortuna interciclica di Alexandre l’Orphelin e del Tournoi de Sorelois, due piccole serie di episodi tratti dalle Prophéties de Merlin ed inserite nella quarta versione del Tristan en prose, nelle continuazioni di due testimoni di Guiron le Courtois e nel ms. Paris, BnF, fr. 112, che proveremo a confrontare con altri due casi di interpolazione interciclica dello stesso tipo: l’interpolazione di estratti dell’Agravain nelle terza e quarta versioni del Tristan en prose, da un lato, e, dall’altro, l’interpolazione dell’Erec en prose borgognone nel ms. Paris, BnF, fr. 358-363. Per raggiungere quest’obiettivo, abbiamo fatto ricorso innanzitutto ad un approccio strettamente filologico, i cui risultati ci hanno consentito di proporre qualche ipotesi relativa alla costituzione ed alla diffusione dei cicli e delle loro suites, da un punto di vista più narratologico e poetico. Questa tesi è strutturata come segue. Dopo un primo capitolo, introduttivo, dedicato allo status quæstionis delle nostre conoscenze sulla diffusione dei cicli arturiani, con un focus sulle sue forze e sui suoi limiti, abbiamo proposto un ulteriore stato dell’arte relativo ai cicli arturiani che abbiamo scelto come oggetto di studio: le Prophéties de Merlin, Guiron le Courtois e le terza e quarta versioni del Tristan en prose. Dopodiché, abbiamo tentato di stabilire uno stemma codicum, prima per i testi al centro del nostro studio (Alexandre l’Orphelin e Tournoi de Sorelois), poi, basandosi su alcuni loci critici selezionati secondo criteri esplicitati, per le versioni tardive del Tristan en prose e delle Prophéties de Merlin. I risultati di questi studi, per forza parziali, ci hanno consentito poi di studiare, benché con conoscenze parziali, la diffusione interciclica di Alexandre l’Orphelin e del Tournoi de Sorelois in un modo che permetta di prendere in considerazione gli interventi della tradizione testuale di fronte all’inserzione di un racconto esterno, allogeno. Li abbiamo poi confrontati ad alcune considerazioni che lo stato delle nostre conoscenze ci consente di formulare sull’interpolazione di estratti dell’Agravain nelle terza e quarta versioni del Tristan en prose. Concluderemo quindi il nostro lavoro con qualche considerazione sul potenziale che contiene un approccio più stemmatologico della ciclicità arturiana, nella speranza che altri studi possano completare il nostro. Infatti, il nostro lavoro è soprattutto un esperimento: si trattava inanzitutto di provare a tenere finalmente insieme due metodi troppo spesso tenuti distinti, ossia lo studio narratologico e l’approccio filologico, e di riflettere sulle osservazioni che potrebbero risultarne. Il nostro lavoro non pretende di rinnovare del tutto l’approccio della transfinzionalità e dell’interciclicità arturiane, senza parlare della costituzione dei cicli arturiani, ma, semplicemente, di vedere in che modo una conoscenza precisa dello sviluppo della tradizione testuale potrebbe aiutare a considerarla.
In the XIIIth Century, one of the most successful literary genres was that of Arthurian prose romances: a “petit cycle” of the Holy Grail, first in verse, then in prose, attributed to Robert de Boron; soon to be followed by the Lancelot and the Tristan cycles, then, by Guiron le Courtois; last, but not least, thirty years later, a Venetian author who calls himself Richard d’Irlande penned the Prophéties de Merlin, a novel in which he shows an exceptionnal creativity. Follow two centuries of relative stillness before the diffusion, at the end of the XVth Century, of the last major arthurian cycles: Ysaÿe le Triste and Perceforest. The lack of production of new arthurian texts between the end of the XIIIth and that of the XVth Century does not equal to its lack of success. On the contrary, an abundant production of manuscripts, sometimes de luxe, sometimes not quite, together with the printing of most arthurian romances at the end of the XVth Century and at the beginning of the XVIth, demonstrate the presence of numerous potential readers. In the same period, we see the creation of “vulgate versions” of both Tristan and Guiron, as well as the setting up of anthologies like Rustichello da Pisa’s Arthurian compilation (and its little sister, the Aventures des Bruns, or guironian compilation). Finally, the success of Arthurian romances can also be observed in some of the dramaturgic representations that fancied the aristocracy, especially in Flemish and Burgundian knights’ pas d’armes. Those centuries are also a time of medieval encyclopedism, of which we could find echoes in the various attempts to set up Arthurian summae that could embrace the essence of all preexistant materials: for instance, the exceptionnal ms. Bibliothèque nationale de France, fr. 112. The development of Arthurian cycles, from the end of the XIIth Century to the beginning of the Renaissance, has been thoroughly studied, from the first trials of Gaston Paris’ students to the most recent research of Patrick Moran or Noémie Chardonnens, through the fascinating reconstructions of Fanni Bogdanow or Cedric Pickford. But all of those comments on the genesis and development of Arthurian French prose romances still face a major issue: we’re lacking a thorough knowledge of the genealogy of the manuscript tradition, and this lack of documentation means it is only possible to study those texts either by using a critical edition, or by studying each manuscript as a single semiotic object. The present thesis proposes an attempt to overstep the limits of those approaches with a case study, that of the intercyclical transmission of Alexandre l’Orphelin and of the Tournoi de Sorelois, two little sets of episodes originally part of the Prophéties de Merlin, that were included in the fourth version of the Prose Tristan, in the continuations written in two mss of Guiron le Courtois, and in the ms. Paris, BnF, fr. 112. We then aim to compare it with another cases of intercyclical interpolation: on the one hand, the interpolation of Agravain parts into the third and fourth versions of the Prose Tristan. To do so, we will resort to a strictly philological approach, whose results will then allow us to draw a few hypothesis about the creation and the diffusion of cycles and their continuations, from a narratological point of view. The present thesis will be structurated as follows. After a first, introductive, chapter dedicated to the status quaestionis of our knowledge about the diffusion of Arthurian cycles, with a focus on its strenghts as well as its limits, we will offer another status quaestionis for each of the three Arthurian romances we have chosen to study: Les Prophéties de Merlin, Guiron le Courtois, and the third and fourth versions of the Prose Tristan. We will then attempt to outline a stemma codicum, first for Alexandre l’Orphelin and the Tournoi de Sorelois, which are at the center of our preoccupations, then, relying on a few loci critici carefully selected, for the late versions of the Prose Tristan and for the Prophéties de Merlin. The results of those studies, although fragmentary, will then allow us to study the intercyclical diffusion of Alexandre l’Orphelin and the Tournoi de Sorelois in a way that could also take into account the potential interventions of the textual tradition when facing the insertion of an external, foreign, narrative. We will thereafter compare them to some other considerations that the status of our knowledge will allow us to put forward on the interpolation of excerpts from Prose Erec in the Flemish Continuation of Guiron le Courtois from ms. Paris, BnF, fr. 358-363, and also on the interpolation of parts of the Agravain into the third and fourth versions of the Prose Tristan. We will then conclude our work with a few reflexions about the potentialities of a stemmatical approach of Arthurian cycles, hoping that other studies will complete ours. Because our thesis is about experimentation: we wanted to try to reconcile two approaches that are too often distinct, i. e. the narratological study and the filological reconstruction of the same text, to see what kind of information could result of such a research in a field that was until a few years ago particularly closed to lachmannism. We do not claim to renew the whole approach of transfictionnality and intercyclicity, or that of the formation of Arthurian cycles, but, simply, to see how a deeper knowledge of the ways the textual tradition did grow could help us understand it better.
Le XIIIe siècle littéraire français est notamment celui d’une mode, celle des romans arthuriens en prose : d’abord, le « petit cycle » du Graal en vers, puis en prose, attribué à Robert de Boron ; ensuite, le cycle de Lancelot, rapidement suivi du Tristan en prose et du cycle de Guiron le Courtois ; enfin, près de trente ans plus tard, un Vénitien ayant adopté le pseudonyme de Richard d’Irlande diffusera ses Prophéties de Merlin, un roman d’une exceptionnelle créativité. S’ensuivra une période de calme relatif avant la diffusion, à la fin du XVe siècle, des derniers grands romans arthuriens en prose que sont Ysaÿe le Triste et le Perceforest. La production réduite de matériaux arthuriens entre la fin du XIIIe et celle du XVe siècle, signe d’un certain épuisement créatif, ne signifie pas pour autant une absence de succès de la matière arthurienne, au contraire : en témoignent une ample production manuscrite, parfois fort luxueuse, parfois bien plus humble, ainsi que le passage à l’imprimé de tous les grands cycles arthuriens à la fin du XVe et au début du XVIe siècle, signe de la présence d’un lectorat potentiel vaste. Cette époque voit également la constitution des « versions vulgates » du Tristan comme du Guiron, la composition de suites ou de réécritures, ainsi que l’élaboration d’anthologies arthuriennes, dont la très célèbre compilation arthurienne (et sa petite sœur, la compilation guironienne) de Rusticien de Pise. Enfin, la mode des romans arthuriens se manifeste également dans certaines des mises en scène de la noblesse du temps, en particulier dans les pas d’armes des chevaliers bourguignons et flamands. C’est également l’une des grandes périodes de l’encyclopédisme médiéval, dont l’on pourrait trouver un reflet dans les tentatives de constituer des sommes arthuriennes englobant l’essence de toute la matière préexistante : en témoigne, par exemple, l’exceptionnel ms. BnF, français 112. Le développement des cycles arthuriens, de la fin du XIIe siècle à l’aube de la Renaissance, a fait l’objet de nombreux travaux, des premiers tâtonnements des élèves de Gaston Paris aux recherches les plus récentes, telles celles de Patrick Moran ou de Noémie Chardonnens, en passant par les remarquables reconstructions de Fanni Bogdanow ou de Cedric Pickford. Mais tous ces commentaires sur la genèse et le développement de la matière arthurienne en prose française se heurtent à l’absence d’une donnée fondamentale : la généalogie des manuscrits, sans laquelle il n’est possible de fournir un commentaire qu’à partir des éditions critiques, de regroupements de manuscrits ou de l’examen de chaque témoin en tant qu’objet sémiotique isolé. Notre thèse, forte de l’expérience du Groupe Guiron, propose ainsi une tentative de dépasser les limites de ces approches en s’attaquant au cas de la fortune intercyclique d’Alexandre l’Orphelin et du Tournoi de Sorelois, deux petites séries d’épisodes issues des Prophéties de Merlin insérées dans la quatrième version du Tristan en prose, dans les continuations de deux témoins de Guiron le Courtois et dans le ms. Paris, BnF, fr. 112, que nous mettrons en regard avec deux autres cas d’interpolation intercyclique comparables : l’interpolation d’extraits de l’Agravain dans les troisième et quatrième versions du Tristan en prose, d’une part, et, d’autre part, l’interpolation de l’Érec en prose bourguignon dans le ms. Paris, BnF, fr. 358-363. Pour ce faire, nous recourrons dans un premier temps à une approche strictement philologique, dont les résultats nous permettront ensuite d’émettre quelques hypothèses relatives à la constitution et à la diffusion des cycles et de leurs suites, d’un point de vue plus narratologique et poétique. La présente thèse sera structurée comme suit. Après un premier chapitre, introductif, dédié à l’état de la question de nos connaissances sur la diffusion des cycles arthuriens, avec une mise en évidence de ses forces comme de ses limites, nous présenterons un état de l’art relatif aux trois ensembles arthuriens dont nous avons fait notre objet d’étude : les Prophéties de Merlin, Guiron le Courtois et les troisième et quatrième versions du Tristan en prose. Nous tenterons ensuite d’établir un stemma codicum, d’abord pour les textes au coeur de notre étude (Alexandre l’Orphelin et le Tournoi de Sorelois), puis, à partir de quelques lieux critiques sélectionnés, les versions tardives du Tristan en prose et les Prophéties de Merlin. Les résultats de ces études, forcément partielles, nous permettront ensuite d’étudier la diffusion intercyclique d’Alexandre l’Orphelin et du Tournoi de Sorelois d’une façon qui prenne aussi en compte le potentiel d’intervention de la tradition textuelle face à l’insertion d’un récit externe, allogène. Nous les comparerons à quelques considérations que l’état de nos connaissances nous permettront d’émettre à propos de l’interpolation d’extraits de l’Agravain dans les troisième et quatrième versions du Tristan en prose. Nous conclurons notre travail par quelques considérations sur le potentiel que recèle une approche plus stemmatologique de la cyclicité arthurienne, dans l’espoir que d’autres études pourront compléter la nôtre. Car notre travail relève avant tout de l’expérimentation : il s’agissait de tenter de concilier deux méthodes trop souvent distinctes, à savoir l’étude narratologique et l’approche philologique, afin de voir quelles sortes d’observations pourraient en résulter, dans un domaine particulièrement réfractaire au lachmannisme. Notre recherche ne prétend en aucun cas renouveler entièrement l’approche de la transfictionnalité et de l’intercyclicité, sans parler de la constitution des cycles arthuriens, mais, tout simplement, de voir de quelle façon une connaissance approfondie du développement de la tradition textuelle peut aider à l’appréhender.
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Butto, Federica. "Le Tristan en prose du ms. BnF fr. 756 : texte et étude". Electronic Thesis or Diss., Rennes 2, 2023. http://www.theses.fr/2023REN20051.

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Resumen
Seize ans après la dernière publication d'un volume du Tristan en prose (2007), mon travail vient compléter cette édition s'appuyant sur le ms. BnF fr. 757, en rendant accessible la première moitié du roman contenue dans le codex BnF fr. 756. Cette thèse, en plus de mettre à disposition le texte d'un témoin important, met en évidence de nouveaux liens entre certains codices de la tradition manuscrite, apporte des informations supplémentaires sur les témoins utilisés pour la collation et des éclaircissements sur l'histoire du manuscrit fr. 756 (enlumineurs, propriétaires, clients, modalités et temps de fabrication, etc.) et contribue aux travaux linguistiques sur le franco-italien et sur le « français de Naples ». Tout cela a été possible grâce à une approche interdisciplinaire croisant paléographie, codicologie, histoire, philologie, littérature et linguistique. Ainsi la thèse ouvre de nouvelles pistes de recherche sur la tradition manuscrite du Tristan en prose, qui reste un champ d'investigation ouvert, prometteur, qui témoigne d'une réception arthurienne vivante en Italie
Sixteen years after the last publication of a volume of Tristan en prose (2007), my work completes this edition based on the manuscript BnF fr. 757, by making available the first half of the romance prose contained in codex BnF fr. 756. As well as making available the text of an important witness, this thesis highlights new links between certain codices of the manuscript tradition, provides additional information on the witnesses used for the collation and sheds light on the history of the manuscript fr. 756 (illuminators, owners, clients, methods and time of production, etc.) and contributes to linguistic work on franco-ltalian and "Naples French". Ali this has been made possible by an interdisciplinary approach combining palaeography, codicology, history, philology, literature and linguistics. ln this way, the thesis opens up new research perspectives about the manuscript tradition of Tristan in prose, which remains an open and promising field of investigation that shows a lively reception of Arthurian literature in ltaly
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Toniutti, Géraldine. "Les derniers vers du roman arthurien ˸ trajectoire d'un genre, anachronisme d'une forme". Thesis, Sorbonne Paris Cité, 2019. http://www.theses.fr/2019USPCA061.

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Resumen
Qu’implique le choix du vers dans le roman, à une époque où la prose s’est déjà imposée comme forme privilégiée du genre ? C’est à cette question que nous soumettons le corpus des derniers romans arthuriens en vers, rédigés entre 1260 et 1380. Le choix atypique du vers dans le roman interroge les valeurs esthétiques attribuées à chaque forme au cours de ces siècles de mutation que sont le XIIIe et le XIVe siècle : l’écriture en vers résiste, mais est en décalage avec la forme irrémédiablement favorisée. Le corpus des derniers romans arthuriens en vers permet de tracer l’abandon du vers au profit de la prose dans le roman et sa spécialisation lyrique. La question des conséquences génériques qu’engendre un choix de forme se pose avec d’autant plus d’acuité dans ces textes que le choix anachronique de la forme versifiée engendre une façon particulière de traiter la matière arthurienne. La formalisation en vers ou en prose implique des perspectives différentes sur le monde raconté, sur la temporalité, sur les valeurs : on ne présente pas le mythe arthurien de façon identique selon la forme employée. À cela s’ajoute la position tardive qu’occupent ces romans par rapport à la trajectoire historique du roman arthurien en vers. Héritiers des romans de Chrétien de Troyes et de ses « épigones », ils succèdent aussi aux grands cycles en prose du XIIIe siècle, dont ils doivent s’accommoder. Ces romans s’inspirent alors des techniques narratives propres aux romans arthuriens en prose qui les précèdent. Si l’on peut dégager un certain nombre de similitudes entre ces deux types de production, plusieurs différences génériques prouvent bien qu’il s’agit de genres différents et que choisir le vers ou la prose engage des perspectives esthétiques et idéologiques particulières. À partir de ces interactions, une véritable poétique de la tardivité se dégage, entre vers et prose.L’étude des derniers romans en vers doit ainsi rendre compte de certaines contaminations de la prose au vers, mais aussi des différences entre vers et prose, voire des incompatibilités profondes entre ces deux façons de représenter en roman la matière arthurienne. Ces relations entre vers et prose informent l’épuisement de la production arthurienne en vers du XIIIe au XIVe siècle, qui illustre plus généralement l’abandon du vers au profit de la prose dans le genre romanesque français. Étudier les derniers représentants du roman arthurien en vers invite in fine à historiciser les emplois attribués au vers et à la prose au cours des siècles
What does the choice of the verse in the novel involves, when prose is already the promoted form of the genre? It’s a question we ask to the last Arthurian romances in verse, written between 1260 and 1380. The uncommon choice of the verse in the novel questions the esthetic values conceded to each form during the 13th and the 14th centuries: the verse is resisting, but there’s a gap between this choice and the contemporary tastes, which value more prose than verse. The last Arthurian romances in verse give the chance to study the giving up of the verse for the benefit of the prose in the novel and its lyric specialization. The question of the generic consequences of a form choice is accurate in those texts, because the anachronic choice of the verse creates a particular way of dealing with the Arthurian matière. The form, verse or prose, supposes different prospects on the fictional world, on the temporality, on the values: the Arthurian myth is not presented the same way in verse or in prose.In addition, those novels are written at the end of a tradition: they are heirs to the novels of Chrétien de Troyes and to his “epigones”, but they are also heirs to the prose cycles of the 13th century. They have to deal with this tradition. The last Arthurian romances in verse are inspired by the narrative techniques of the Arthurian romances in prose. Even though there are many common features between the two productions, many generic differences prove that they are different genres and that the choice of a form involves different esthetic and ideological perspectives. From these interactions, a new poetic emerges, which we call “tardive”, between verse and prose
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Libros sobre el tema "Guiron le Courtois (Prose romance)"

1

Albert, Sophie. "Ensemble ou par pieces": Guiron le Courtois (XIIIe-XVe siècles) : la coherence en question. Paris: H. Champion, 2010.

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Lais, épîtres et épigraphes en vers dans le cycle de Guiron le Courtois. Paris: Classiques Garnier, 2015.

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1946-, Lamb Mary Ellen y Wayne Valerie, eds. Staging early modern romance: Prose fiction, dramatic romance, and Shakespeare. New York: Routledge, 2009.

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Bubenicek, Venceslas. Guiron le Courtois: Roman Arthurien en Prose du XIIIe Siècle. De Gruyter, Inc., 2015.

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Bubenicek, Venceslas. Guiron le Courtois: Roman Arthurien en Prose du XIIIe Siècle. de Gruyter GmbH, Walter, 2015.

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Bubenicek, Venceslas. Guiron le Courtois: Roman Arthurien en Prose du XIIIe Siècle. de Gruyter GmbH, Walter, 2015.

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Wayne, Valerie y Mary Ellen Lamb. Staging Early Modern Romance: Prose Fiction, Dramatic Romance, and Shakespeare. Taylor & Francis Group, 2009.

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8

Wayne, Valerie y Mary Ellen Lamb. Staging Early Modern Romance: Prose Fiction, Dramatic Romance, and Shakespeare. Taylor & Francis Group, 2009.

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9

Staging Early Modern Romance. Routledge, 2011.

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10

Wayne, Valerie y Mary Ellen Lamb. Staging Early Modern Romance. Taylor & Francis Group, 2010.

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Capítulos de libros sobre el tema "Guiron le Courtois (Prose romance)"

1

Leonardi, Lino y Richard Trachsler. "2. L’édition critique des romans en prose : le cas de Guiron le Courtois". En Manuel de la philologie de l'édition, editado por David Trotter, 44–80. Berlin, München, Boston: DE GRUYTER, 2015. http://dx.doi.org/10.1515/9783110302608-005.

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Gilbert, Jane, Simon Gaunt y William Burgwinkle. "Francophone Literary Culture on the Move". En Medieval French Literary Culture Abroad, 58–83. Oxford University Press, 2020. http://dx.doi.org/10.1093/oso/9780198832454.003.0003.

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Resumen
This chapter connects northern Italy with networked vectors of transmission encompassing the Low Countries, Britain, France, and the eastern Mediterranean: Arthurian prose romance is a vehicle for, and an instrument of, a pan-European chivalric vision of the past, present, and future. This Christianizing interest in figures like Tristan and Guiron le Courtois connects Italy with the Low Countries and the eastern Mediterranean in particular. A key feature of the transmission of this material, and one that grows in importance by the fourteenth century, is compilation. The famous Arthurian compilation (c. 1270) of Rusticiaus de Pise gathers episodes from different romance traditions. Guiron le Courtois circulates in ever-expanding compilations between the Low Countries and Northern Italy.
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