Literatura académica sobre el tema "Guerra di scritture"

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Artículos de revistas sobre el tema "Guerra di scritture"

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Gibelli, Antonio. "Scritture popolari e Grande Guerra". REVISTA DE HISTORIOGRAFÍA (RevHisto), n.º 37 (21 de julio de 2022): 39–57. http://dx.doi.org/10.20318/revhisto.2022.7054.

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Le classi subalterne hanno scritto il loro «diario» della prima guerra mondiale? Fino agli anni Settanta gli storici, in Italia e non solo, pensavano di no. Avevano dimenticato lezioni come quella del filologo austriaco Leo Spitzer, il primo a raccogliere e a studiare le lettere dei prigionieri di guerra italiani. Negli anni Settanta ci fu un improvviso risveglio dell’attenzione sulle lettere, i diari e le memorie dei soldati semplici e della gente comune. Il saggio descrive i protagonisti, le tappe e le caratteristiche di questa rivoluzione di prospettiva sull’evento sconvolgente che ha aperto il secolo ventesimo.
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Rizza, Elisabetta. "Una storia modicana nella Grande Guerra". ARCHIVIO STORICO PER LA SICILIA ORIENTALE, n.º 1 (julio de 2022): 131–39. http://dx.doi.org/10.3280/asso2021-001007.

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Attraverso un carteggio privato inedito, il saggio ricostruisce la storia di una famiglia modicana di piccoli proprietari terrieri, la cui esistenza viene stravolta dallo scoppio del primo conflitto mondiale. I temi sono quelli tipici delle scritture di guerra: la separazione, la distanza tra i membri della famiglia, la paura, ma anche il germogliare di nuovi concetti di Patria, unità territoriale e partecipazione, intesi con grande varietà di significati e sentimenti. Su tutto emerge soprattutto la fondamentale, insostituibile, vitale necessità di comunicare, che sostituisce i legami di carta e inchiostro a quelli fisici e materiali.
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Caffarena, Fabio. "Testimonianze di soldati in trincea tra fiumi di parole e silenzi." Mnemosyne, n.º 2 (11 de octubre de 2018): 15. http://dx.doi.org/10.14428/mnemosyne.v0i2.11953.

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I soldati che hanno combattuto la Grande Guerra hanno lasciato un immenso patrimonio di testimonianze in grado di raccontare la guerra dall’interno e ‘dal basso’. Si tratta spesso di scritture disseminate di contenuti ‘non detti’ per l’incapacità di esprimersi, per timori di censura, per non preoccupare i parenti o per pudore. Nel suo diario di guerra, compilato nel 1915 prima di morire in combattimento, il giovane tenente Flavio Gioia descrive invece le sue avventure sessuali al fronte, le azioni belliche, non risparmia critiche ai superiori e parla dei suoi soldati con uno stile narrativo, ‘pittorico’, in grado di far vedere al lettore ciò che sta leggendo. Chi è Flavio Gioia e cosa ‘non dice’ il suo diario?
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Petrović, Ljiljana. "BARICCO E JAPRISOT TRA STORIA E MEMORIA-TRAUMA TRANSGENERAZIONALE". Nasledje Kragujevac 18, n.º 49 (2021): 277–88. http://dx.doi.org/10.46793/naskg2149.277p.

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Sebastien Japrisot nel romanzo Una lunga domenica di passioni (Une longue dimanche de fiançailles) e Alessandro Baricco in Questa storia trattano lo stesso tema – la Prima guerra mondiale. I due romanzi sono caratterizzati da una specifica carica emotiva e da un realismo nelle descrizioni. Dato che entrambi gli scrittori non sono stati contemporanei degli eventi descritti, rimane poco chiaro quali siano state le fonti su cui è basata la loro narrazione. Infatti, il lettore non comprende se le due storie siano state costruite soltanto sui resti materiali, volontariamente cercati, di un’epoca passata, o se gli autori siano stati in contatto diretto e spontaneo con un “portatore vivente della memoria”. A questo proposito si esaminano le attuali teorie sulla memoria e le situazioni familiari degli autori. Si scopre che ognuno di questi due scrittori è cresciuto accanto a un nonno che aveva partecipato alla Prima guerra mondiale e ne era uscito con traumi specifici. Un’ulteriore analisi mette in luce, da un lato, la somiglianza tra i personaggi dei romanzi, i loro destini, i caratteri e gli atteggiamenti, e dall’altro i destini, i caratteri e gli atteggiamenti dei nonni di Japrisot e Baricco. Seguendo questa traccia, si esplora la possibilità della trasmissione transgenerazionale dei traumi di guerra subita da questi scrittori, concentrandosi soprattutto sul concetto di postmemoria di Marianne Hirsh. Viene esaminato anche il ruolo della narrazione nella liberazione dal trauma.
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Medda, Laura. "Scrivere per il teatro Il mondo sardo nei racconti drammatici di Giuseppe Dessì". Revista Italiano UERJ 12, n.º 1 (5 de septiembre de 2021): 18. http://dx.doi.org/10.12957/italianouerj.2021.61943.

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ABSTRACT: Questo articolo riguarda i testi per il teatro dello scrittore sardo Giuseppe Dessì (Cagliari, 1909 – Roma, 1977). Nell'ordine, presentiamo i Racconti drammatici - Qui non c'è guerra, La Giustizia - (Feltrinelli, 1959) e il dramma storico Eleonora D'Arborea (Mondadori, 1964). Importante autore di romanzi e racconti, in questi testi, Giuseppe Dessì rappresenta la complessità del mondo sardo in linea di continuità con quanto espresso nelle sue pagine narrative e saggistiche. Il teatro permette allo scrittore di sperimentare un nuovo linguaggio capace di rappresentare, attraverso i personaggi, non solo azioni e fatti ma anche atmosfere, percezioni e poetiche ragioni caratterizzanti i significati più profondi della sua scrittura. La produzione teatrale dell'autore, ancora oggi considerata di minor rilevanza e non abbastanza studiata dalla critica, è degna invece di maggiore attenzione e approfondimenti: per questo motivo, abbiamo deciso di presentare la figura di Giuseppe Dessì attraverso tre importanti testi drammatici poco conosciuti al grande pubblico estero.Parole chiave: Giuseppe Dessì. Letteratura italiana. Teatro. Narrativa. Sardegna. RESUMO: Este artigo trata da textos para o teatro do escritor sardo Giuseppe Dessì (Cagliari, 1909 – Roma, 1977). Apresentamos os Racconti drammatici - Qui non c'è guerra, La Giustizia - (Feltrinelli, 1959) e o drama histórico Eleonora D'Arborea (Mondadori, 1964). Importante autor de romances e contos, nestes textos, Giuseppe Dessì representa a complexidade do mundo sardo em paralelo com o que expressa nas suas páginas narrativas e ensaísticas. O teatro permite ao escritor experimentar uma nova linguagem capaz de representar, através das vozes dos personagens, não apenas ações e fatos, mas também os ambientes, as percepções e as poéticas, que permeiam os significados mais profundos da sua escrita. A produção teatral do autor, ainda hoje considerada de menor relevância e não suficientemente estudada pela crítica, é digna de maior atenção e aprofundamento: por esse motivo, decidimos apresentar a figura de Giuseppe Dessì através de três importantes textos dramáticos pouco conhecidos do grande público estrangeiro.Palavras-chave: Giuseppe Dessì. Literatura italiana. Teatro. Narrativa. Sardenha. ABSTRACT: This article concerns the texts for the theater of the Sardinian writer Giuseppe Dessì (Cagliari, 1909 - Rome, 1977). In order, we present the Racconti drammatici - Qui non c'è guerra, La Giustizia - (Feltrinelli, 1959) and the historical drama Eleonora D'Arborea (Mondadori, 1964). Important author of novels and short stories, in these texts, Giuseppe Dessì represents the complexity of the Sardinian world in line with what is expressed in his narrative and non-fiction pages. The theater allows the writer to experience a new language capable of representing, through the characters, not only actions and facts but also atmospheres, perceptions and poetic reasons characterizing the deepest meanings of his writing. The theatrical production of the author, still today considered of minor importance and not sufficiently studied by the critics, is instead worthy of greater attention and insights: for this reason, we have decided to present the figure of Giuseppe Dessì through three important dramatic texts little known to the large foreign public.Keywords: Giuseppe Dessì. Italian literature. Theater. Fiction. Sardinia.
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Guidi, Andrea. "Armi proprie” e machiavellismo militare: con alcune note sul concetto di “autore” nella trattatistica del Cinquecento". Las Torres de Lucca. International Journal of Political Philosophy 11, n.º 2 (13 de junio de 2022): 285–95. http://dx.doi.org/10.5209/ltdl.80659.

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La circolazione dell’Arte della guerra di Machiavelli ha dato un fondamentale contributo allo sviluppo della cultura militare europea in volgare del Cinquecento. Questo saggio analizza alcuni specifici aspetti della ricezione di quest’opera nella produzione scrittoria militare del tempo e in particolare si concentra su quegli elementi di pensiero legati al tema delle “armi proprie” fortemente propagandato dal libro machiavelliano. A questo proposito, si è qui deliberatamente scelto di offrire l’esempio di due opere diverse per natura ideologica e altezza cronologica: l’una risalente alla prima metà del Cinquecento, l’altra originatasi nell’ambito delle guerre di religione e della diaspora dei protestanti francesi in area elvetica. Si tratta, in effetti, di due libri che permettono di comprendere sfumature poco note del processo di riuso di certi concetti machiavelliani che all’epoca potevano essere considerati politicamente controversi. Al tempo stesso, le due opere sono capaci di far risaltare le difficoltà che emergono ogni volta che si prova ad applicare il moderno concetto di autore a testi nati in un contesto caratterizzato da un continuo riutilizzo e dalla rielaborazione di temi ed elementi ascrivibili a una lunga e articolata tradizione di scrittura militare che si sviluppò lungo il corso del secolo, la quale, tuttavia, aveva trovato un momento di passaggio cruciale nel contributo di Machiavelli
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Padovese, Giulia. "I "disertori" di Caporetto nelle memorie di alcuni militari lombardi (1917-1919)". STORIA IN LOMBARDIA, n.º 1 (septiembre de 2022): 48–93. http://dx.doi.org/10.3280/sil2022-001002.

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Nonostante l'elevato numero di uomini coinvolti, vicende personali e socio-politiche portarono a "relegare nell'ombra" la memoria della prigionia vissuta da migliaia di soldati italiani durante la Grande guerra, riscoperta solo intorno alla fine del secolo scorso, grazie, in particolar modo, alla possibilità di analizzare documenti contenenti forme di scrittura popolare raccolti e conservati all'interno di archivi pubblici e privati. Prendendo in esame fonti edite e inedite, viene quì ricostruita l'esperienza di prigionia vissuta da alcuni soldati di origine lombarda (Angelo Rognoni, Giuseppe Resegotti, Giulio Salaroli e Carlo Colombo), dalla cattura a Caporetto fino al ritorno in Italia, descrivendo le terribili condizioni di vita all'interno dei campi dell'Impero austro-ungarico e della Germania, in particolar modo in quello di Cellelager, destinato ai soli ufficiali, e soffermandosi a riflettere sull'importanza della memoria e sui motivi che portarono a "dimenticare" tali avvenimenti.
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Colozza, Roberto. "Socialisti ai tempi di Stalin: il caso di Giuseppe Garretto a Ragusa (1950-1953)". MONDO CONTEMPORANEO, n.º 2 (diciembre de 2011): 79–107. http://dx.doi.org/10.3280/mon2011-002003.

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Il saggio propone una lettura delle diverse identitŕ del socialismo italiano negli anni finali dello stalinismo, attraverso un ampio uso di fonti d'archivio e a stampa. Questo socialismo plurale č colto nell'evoluzione di un caso di storia locale, quello del dirigente siciliano Giuseppe Garretto. Ingegnere, scrittore per vocazione, antifascista, egli fu un rivoluzionario estraneo al mito stalinista che connotň il Psi di Guerra Fredda. Garretto incrociň, da amico o avversario, i destini dei maggiori dirigenti nazionali del Psi del dopoguerra: Nenni, Basso, Panzieri, Morandi. Protagonista del Psi siciliano, prima come epuratore antiriformista e poi come reprobo antistalinista, egli incarnň le passioni dei socialismi del tempo. Attraverso le vicissitudini politiche e personali di Garretto, questi socialismi emergono con un linguaggio specifico di cui l'articolo mette in evidenza le caratteristiche semantiche e stilistiche.
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Fornari Čuković, Maria. "“LA NAZIONE GIOVINETTA RESISTEVA AL COLOSSO”: FRACCAROLI E L’IMMAGINE DELLA SERBIA NEL LIBRO LA SERBIA NELLA SUA TERZA GUERRA: LETTERE DAL CAMPO SERBO (1915)". Филолог – часопис за језик књижевност и културу 13, n.º 25 (30 de junio de 2022): 389–405. http://dx.doi.org/10.21618/fil2225389f.

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Questo contributo ha come intento quello di presentare il rapporto tra uno dei giornalisti italiani più importanti di inizio Novecento, Arnaldo Fraccaroli, e la Serbia nei primi mesi della Grande Guerra. Fraccaroli viene annoverato dagli studiosi tra quei giornalisti quali Barzini, Civinini, Ojetti e altri che, con il loro lavoro e il loro stile di scrittura, hanno rappresentato un punto di svolta nella storia della carta stampata italiana. Piuttosto noto al grande pubblico durante la lunga carriera, il giornalista veronese, in parte fnito nel dimenticatoio dopo la sua morte, è stato riportato di recente all’attenzione dei lettori da un’accurata biografa scritta nel 2019 da Gian Pietro Olivetto. “La dolce vita di Fraka, cronista del Corriere della Sera” è il titolo dell’opera, da cui questo lavoro attinge parte delle informazioni sull’autore. La riscoperta di Fraccaroli, però, non si limita soltanto al libro di Olivetto, poiché nel 2017 la casa editrice Prometej di Novi Sad ha pubblicato la traduzione del libro “La Serbia nella sua terza guerra: lettere dal campo serbo”, scritto dal cronista italiano nel 1915. Questo testo, una raccolta di osservazioni e impressioni di viaggio annotate dal giornalista durante un viaggio da Salonicco a Belgrado nell’inverno del 1915, offre la possibilità, fnora poco approfondita, di considerare il lavoro di Fraccaroli nella prospettiva di un tramite tra i lettori italiani e la difcile realtà serba in quei primi mesi di guerra.
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Cinelli, Gianluca. "La memoria, la traccia e la funzione del narratore in "Ritorno sul Don" di Mario Rigoni Stern". Quaderni d'italianistica 29, n.º 1 (1 de enero de 2008): 165–82. http://dx.doi.org/10.33137/q.i..v29i1.8498.

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Resumen
L'esperienza della guerra combattuta in Russia nel 1942-1943 è centrale nell'opera di Mario Rigoni Stern. In questo articolo l'attenzione si concentra sul racconto "Ritorno sul Don" (1973) in cui lo scrittore, narrando il viaggio compiuto all'inizio degli anni Settanta sui luoghi dove aveva combattuto, scopre l'importanza delle tracce in cui il passato si incide nel paesaggio e nella memoria. In riferimento a un'osservazione di Paul Ricoeur, e soprattutto alla filosofia nietzschiana dell'eterno ritorno, sarà interpretato il modo in cui la traccia fonda qui la testimonianza di un passato che il narratore vivifica come verità celata sotto l'apparenza del presente, mostrando la morte come il confine metaforico oltre il quale l'esperienza diventa racconto, memoria e testimonianza.
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Tesis sobre el tema "Guerra di scritture"

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Donadio, Simone <1991&gt. "Scritture di guerra: il fronte greco-albanese da lettere, diari e memorie dell’Archivio della scrittura popolare di Trento". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2017. http://hdl.handle.net/10579/9545.

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Nel presente lavoro, la memorialistica del fronte greco-albanese viene studiata attraverso un epistolario, due diari, un diario/memoria e due memorie di guerra conservati presso l’Archivio della scrittura popolare di Trento. Tale Archivio raccoglie e conserva per una pubblica fruizione le storie di gente comune (da testimonianze di guerra a semplici ricettari e quaderni scolastici) che forniscono, nel loro insieme, una panoramica sui ceti-medio bassi italiani, in particolar modo per l’area trentina. Nel caso delle scritture di guerra, l’evento bellico viene generalmente riconosciuto come la causa scatenante la scrittura. Per il Secondo conflitto mondiale, le memore scritte di soldati risultano essere di minor numero rispetto a quelle del Primo conflitto. Tale aspetto si conferma anche attraverso uno spoglio dei testi conservati a Trento. All’interno di questa produzione, la guerra di Grecia ha avuto ancor meno fortuna: una guerra breve, mal rifornita e malcondotta, contro un nemico dipinto dalla propaganda come inetto e mal addestrato ed invece presentatosi combattivo e tenace. Ciò ha forse generato nei soldati un senso di “umiliazione”, tra le possibili cause di questa scarsa produzione scritta. L’analisi di epistolari, diari e memorie può permettere una visione panoramica su quel conflitto, ricostruendo, nei limiti del possibile, speranze, delusioni e sofferenze dei soldati in tempo di guerra. Testimonianze divise fra diari ed epistolari, scritti di pari passo con il conflitto, e memorie, con la rivisitazione della guerra a diversi anni di distanza dalla fine del conflitto.
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Giannavola, Roberto <1980&gt. "Baccinata e Antibacinata. Una guerra di scrittura nell'Italia del Seicento". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/2436.

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Mazzini, Federico. ""Cose de laltro mondo". Una contro-cultura di guerra attraverso la scrittura popolare trentina". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2009. http://hdl.handle.net/11577/3426858.

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Resumen
This thesis is about the relationship between writing and collective experience during World War I. It tries to explore on one hand the links between the different forms of testimony and their cultural content, on the other benefits and problems of the use of “self-writing for the survey of historical and cultural data. Final objective of this thesis is to demonstrate, if possible, the necessity of a “local” approach to the “war culture” category, as it was defined, inside the french historical field, in the debate between the scholars of Historial de la Grande Guerre in Péronne and those of the Collectif de recherche international et de débat sur la guerre (CRID). The “local” i chose to analyze is that of coscripts from Trentino in the Habsburg Army, mostly of rural origin, displaced on the russian-galician front and, very often, taken prisoner and interned in Russia. The nature of the sources i analyzed, the writings of about 170 authors, has various forms (letters, diaries, memorials, autobiographies) but it is made homogenous by the authors’ common geographical and social origin and by the fact that the writings i used are always personal and popular writings. Through a comparison between the sources i tried to underline some of the cultural characteristics of the social group (religiosity, feeling of patriotic belonging, identity mechanisms) and, through a strict confrontation with the writings of folklorist of the beginning of the century and with alpine anthropolgy studies, to focus on possible cultural mutations or permanences brought by the Great War experience. Particular attention is reserved to the topic of peasants’ vision of Time, because naturally linked to the sources’ biographical writing and fondamental element of the perception of the self inside the war, and of the war inside the personal and collective life-span. In a second time i tried to point out the uses of writing as a device, as a tool in the hands of authors to control a reality and a self-image put in danger by the ethic, social, psychological upheaval brought by the war. From the survey of the different ways in which diaries, memorials and letters took upon themselves the task to deform reality, through the choice of topics and the modes of emplotment, emerged the eminently conservative nature of the writings in relation to the self and his cultural context and the willingness to preserve what, on the moral, ethic, phenomenological level, was deemed to be “right” and “true” in peacetime- The conclusions of this thesis have, i think, an original perspective in respect to the debate from which it started and to cultural historiography of the Great War in general. Whereas first world war is often rightly pointed at as the “discontinuos” event par excellence, the event that broke down and reformed the representation system, customs and political institutions on an European level, the local perspective here adopted drove me to put the accent on continuity and on the resistances that a community (minoritarian for its geographical dislocation and historical contingency, but in way representative of the majority of the european conscripts for its rural origin) brought about in face of total war.
Questa tesi si occupa del rapporto tra la scrittura e l’esperienza collettiva della prima guerra mondiale e cerca di esplorare da una parte i legami tra le diverse forme della testimonianza e il loro contenuto culturale, dall’altra i vantaggi e le insidie dell’uso delle scritture del sé per il rilevamento di dati storici e culturali. Fine ultimo della tesi è quello di dimostrare, per quanto possibile, la necessità di un approccio “locale” alla categoria di “cultura di guerra”, così come è stata definita nel dibattito sviluppatosi nell’ambito della storiografia francese dagli studiosi dell’Historial de la Grande Guerre di Péronne e da quelli del Collectif de recherche international et de débat sur la guerre (CRID). Il “locale” che si è scelto di analizzare è quello dei coscritti trentini nell’esercito asburgico, perlopiù di origine rurale, impegnati sul fronte russo-galiziano e, in frequentissimi casi, presi prigionieri e internati in Russia. Le fonti analizzate, gli scritti di circa 170 autori, sono varie nelle forme (epistolari, diari, memoriali, memorie autobiografiche) ma omogenee nella comune origine sociale e geografica degli autori e nel fatto che la scrittura presa in considerazione è invariabilmente scrittura popolare e personale. Attraverso una lettura comparata delle fonti si è cercato in primo luogo di mettere in evidenza alcune delle caratteristiche culturali del gruppo in questione (religiosità, senso di appartenenza patrio, meccanismi identitari) e, per tramite di un serrato confronto con scritti di folkloristi di inizio secolo e con saggi di antropologia alpina, gli eventuali mutamenti o permanenze culturali portati dall’esperienza della Grande Guerra. Particolare attenzione è stata riservata al tema della visione contadina del Tempo, in quanto naturalmente legata alla scrittura biografica delle fonti ed elemento fondamentale alla percezione del sé in guerra e della guerra all’interno dell’arco di vita individuale e comunitario. In secondo luogo si è cercato di individuare gli usi della scrittura in quanto dispositvo, in quanto strumento nelle mani degli autori, atto a controllare una realtà e un’immagine di sé messi in pericolo dal sovvertimento valoriale, sociale, psicologico portato dalla guerra. Dalla rilevazione dei vari modi con cui la memorialistica e l’epistolografia si incaricavano di deformare la realtà, per tramite della scelta tematica e delle modalità di creazione dell’intreccio, è emersa la natura preminentemente conservativa della scrittura in rapporto al sé e al proprio contesto culturale, la volontà di preservare quanto, sul piano morale, etico, fenomenologico veniva ritenuto giusto e “vero” in tempo di pace. Le conclusioni di questa tesi si situano in maniera originale rispetto al dibattito da cui prende piede e, credo, rispetto alla storiografia culturale della Grande Guerra nel suo complesso. Laddove la prima guerra mondiale viene spesso giustamente indicata come l’evento “discontinuo” per eccellenza, l’evento che scompose e ricombinò il sistema di rappresentazioni, i costumi e le istituzioni politiche a livello europeo, la prospettiva locale qui adottata spinge a mettere l’accento sulla continuità e sulle resistenze che una comunità (minoritaria per dislocazione geografica e situazione storica, ma in qualche modo rappresentativa della maggioranza dei coscritti europei in virtù della propria provenienza rurale) ha imbastito di fronte alla guerra totale.
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Zappa, Alessandro. "Proposta di traduzione di estratti del libro "Die verdammte Generation" dello scrittore e storico tedesco Christian Hardinghaus". Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2022.

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Traduzione e conseguente analisi di estratti del libro "Die verdammte Generation" dello scrittore e storico tedesco Christian Hardinghaus, nel quale questi riporta interviste a soldati tedeschi della Wehrmacht che hanno combattuto nella Seconda Guerra Mondiale. Viene trattato il genere biografico cui appartiene il libro e le strategie traduttive da utilizzare in relazione al suddetto. Vengono inoltre analizzate le scelte operate nel processo traduttivo e le relative motivazioni.
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Piccin, Pietro. "LA GUERRA DI CASTRO (1641-1644) E LA SUA RICEZIONE FRANCESE". Doctoral thesis, 2021. http://hdl.handle.net/2158/1239644.

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DESCRIZIONE DELLA TESI: L’oggetto di questa tesi di dottorato è rappresentato dalla prima Guerra di Castro, un conflitto tra papa Urbano VIII e il duca di Parma Odoardo Farnese che si svolse in Italia tra 1641 e 1644 per il possesso dell’omonimo ducato, sito nell’Alto Lazio. La causa scatenante della guerra fu la bancarotta del Monte Farnese, da cui dipendevano i prestiti, dei quali il ducato di Castro costituiva la garanzia, contratti a Roma dai Farnese. Grazie all’intervento di una Lega di Stati italiani, Odoardo Farnese riuscì a conservare Castro, inizialmente occupato dalle truppe pontificie. Tuttavia, pochi anni dopo, nel 1649, al termine di un nuovo conflitto il papato s’impossessò definitivamente del ducato. Questa ricerca si focalizza sulle modalità attraverso le quali vari pubblici e attori politici si appropriarono di questo evento, sia durante il suo svolgimento sia nei decenni successivi. La nozione di appropriazione è qui impiegata in duplice veste: infatti, essa si riferisce tanto alla percezione quanto al riutilizzo in chiave politica e ideologica della Guerra di Castro e della polemica intorno all’occupazione pontificia del ducato. Nel corso di questo lavoro, si è fatto riscorso a un vasto repertorio di fonti eterogenee, costituito da avvisi, relazioni, corrispondenze diplomatiche, libelli, componimenti satirici, memorie, opere storiografiche dell’epoca del conflitto e del secolo successivo, accumunate dalla peculiarità di raccontare la Guerra di Castro o alcuni suoi aspetti. L’analisi dettagliata di alcuni episodi della guerra mostra in che modo queste scritture diffondevano e manipolavano informazione sul conflitto, in funzione delle strategie di pubblicazione degli opposti schieramenti. Viene quindi mostrato il ruolo cruciale che alcuni agenti politici, soprattutto diplomatici e libellisti, giocarono nell’elaborazione ed esecuzione di queste strategie. Accanto alla “guerra di scritture” che accompagnò la Guerra di Castro nella Penisola, viene approfondita la ricezione francese di questo evento. Perciò, viene analizzata l’azione mediatrice del nunzio apostolico in Francia, nella doppia veste di osservatore e attore della politica francese, impegnato a difendere le ragioni del papato. Oltre a ciò, viene studiato il modo in cui i primi periodici d’Oltralpe, il Mercure françois e la Gazette si occuparono della Guerra di Castro, mettendo in evidenza lo stretto rapporto che questi media intrattenevano con gli avvisi di Roma. Infine, questa ricerca si occupa delle pratiche della storia nel periodo della Guerra di Castro. Da una parte, essa si sofferma sull’estensione e sull’importanza dell’uso della prova storica negli scritti di controversia giuridica riguardanti dispute territoriali. Dall’altra, contribuisce a far luce sul modo in cui Vittorio Siri, uno dei principali storici italiani del Seicento, compose i primi volumi del suo Mercurio, sottolineandone le relazioni con i principi italiani e con i suoi collaboratori. ABSTRACT: The main object of this research is the Castro War, a conflict fought between 1641 and 1644 by pope Urban VIII and by the duke of Parma Odoardo Farnese for the possession of the duchy of Castro in Northern Lazio. The war was triggered by the insolvency of Monte Farnese, the institution which managed Odoardo Farnese’s debts in Rome. The collateral of theses debts was the duchy of Castro itself. Thanks to the intervention of a League of Italian States, the duke of Parma could maintain Castro. Nevertheless, the papacy eventually took possession of the duchy in 1649, after another short war. This research deals with the ways this event was “appropriated”, while it was occurring and in its aftermath, by a variety of publics and political players. On the one hand, the notion of appropriation adopted in this dissertation refers to the forms of perception of both the war and the dispute on the rightfulness of the papal seizure of Castro. On the other hand, it concerns their political and ideological reuse. A vast range of sources is employed: pamphlets, avvisi (handwritten newsletters), satirical poems, relations, letters, memoirs, diplomatic correspondence, and historiographical works dating back to the conflict and the following century. All these forms of writing reported the war in different ways, focusing on some of its aspects or episodes. Several detailed case studies discussed here show both how these writings disseminated information about the war and how they tried to manipulate it according to the publishing strategies of the opposite sides. These are crucial, in that they show the importance of the role performed by political agents, especially diplomats and pamphleteers. Besides the “Writing war” which came with the Castro War in the Italian Peninsula, this research focuses on the French reception of the event. Therefore, much attention is paid to the action of the nuncio in France, as an observer of French politics and as a political player committed to gaining the favour of the French monarchy for the papacy. Moreover, it is analysed the way the first French periodicals, the Mercure françois and the Gazette, covered the Castro War, with a focus on the tight relation of these periodicals to the avvisi of Rome. Finally, this dissertation deals with some features of writing history at the time of the Castro War. First, the extensive use of historical proof in legal controversy is duly considered and analysed. Then, this research shed light on the way one the most prominent historians of the seventeenth century, Vittorio Siri, wrote the first volumes of his main historical work, the Mercurio: a case study emphasises his relations with the Italian princes and with his collaborators.
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Libros sobre el tema "Guerra di scritture"

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Capoferri, Federica. L' oro di pongo: Studi su romanzi e scritture del Novecento italiano, dal 1941 alla Guerra del Golfo fra una guerra mondiale e le star wars. Parma: Zara, 1997.

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1898-1957, Malaparte Curzio, ed. Malaparte scrittore di guerra. Firenze: Vallecchi, 2011.

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Turi, Nicola, ed. Raccontare la guerra. Florence: Firenze University Press, 2017. http://dx.doi.org/10.36253/978-88-6453-516-6.

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La guerra è evento, tema, topos che più di ogni altro induce la fiction – stimolando, si direbbe, istanze superegoiche di fedeltà storica – a premere sui propri confini, inibire lo spazio dell’invenzione e confondersi con forme di scrittura non finzionali (memorialistica, diario, reportage…). Ma in che modo e in che misura la sua rappresentazione letteraria (e teatrale, cinematografica, a fumetti…) è mutata – in quanto a tono e strategie, a grado di deformazione del reale noto e condiviso – nello spazio di un secolo che ha visto trasformate anche le strategie belliche, la copertura mediatica e di conseguenza l’immaginario collettivo legato ai conflitti? Il volume pensato e curato da Nicola Turi, mentre approfondisce in relazione al tema singoli percorsi d’autore noti e meno noti, italiani e non (da Leopardi a Zanzotto, da Gadda a Calvino, da Salsa a Dessí, da Luzi e Fenoglio fino a Leavitt, Eisner e Celestini), stimola ed elabora una riflessione profonda sullo smarrimento e la naturale attrazione del gesto artistico (di volta in volta all’insegna dell’ironia feroce, della disperata incredulità, dell’elegiaca testimonianza) per il male, il dolore, il marziale stravolgimento del contesto umano, sociale e politico.
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Nobile, Sandro De. Voci di guerra: Scrittori abruzzesi alla Grande Guerra. Pescara: Ianieri edizioni, 2018.

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Magnaboschi: Storie di guerra, di scrittori e d'altopiano. Sommacampagna, Verona: Cierre, 2006.

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Andrei, Chiara, ed. Le corrispondenze familiari nell'archivio Dessí. Florence: Firenze University Press, 2003. http://dx.doi.org/10.36253/978-88-6453-268-4.

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Il volume consente di ricostruire, in un preciso contesto storico-geografico (quello della Sardegna degli anni Trenta e Quaranta, della Pisa della Scuola Normale, della Ferrara del primo dopo-guerra) la formazione di una personalità e il suo avviarsi verso la scrittura. Intorno alla figura di Giuseppe Dessí, uno dei narratori più raffinati e appartati del nostro secondo Novecento, si profilano quelle del padre, del fratello, delle compagne, degli amici. Un mondo da scoprire nella complessità dei rapporti, grazie alle oltre 1400 lettere conservate all'Archivio Contemporaneo del Gabinetto Vieusseux di Firenze, di cui qui si offre la schedatura ed un ampio regesto di contenuti.
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Carbé, Emmanuela. La scrittura necessaria: Il diario di guerra di Fausta Cialente. Roma: Artemide, 2021.

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Ceva, Lucio. Teatri di guerra: Comandi, soldati e scrittori nei conflitti europei. Milano: F. Angeli, 2005.

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Valentina, Gallo y Fiorilla Maurizio, eds. Scrittori di fronte alla guerra: Atti delle Giornate di studio, Roma, 7-8 giugno 2002. Roma: Aracne, 2003.

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Maurizio, Fiorilla, Gallo Valentina y Università degli studi Roma tre. Dipartimento di italianistica., eds. Scrittori di fronte alla guerra: Atti delle giornate di studio, Roma, 7-8 giugno 2002. Roma: Aracne, 2003.

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Capítulos de libros sobre el tema "Guerra di scritture"

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Spanò, Vincenzo. "Preservare un «colore di mitologia»: lo sguardo e la mappa attraverso l’Itinerario italiano di Corrado Alvaro". En Studi e ricerche del Dipartimento di Lettere e Filosofia, 121–42. Firenze: Società Editrice Fiorentina, 2023. http://dx.doi.org/10.35948/dilef/978-88-6032-688-1.08.

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Il presente contributo si propone di riflettere sull’idea di mappa attraverso alcuni scritti di Corrado Alvaro contenuti nella raccolta Itinerario italiano (1933). Si cercherà di evidenziare l’importanza della postura transnazionale dello scrittore, il suo tentativo di consolidare uno sguardo semiotico attraverso una mappa di luoghi segnati dal trauma della Grande Guerra, così come la volontà di tutelare, attraverso i luoghi, un tempo mitologico dell’esistenza.
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