Literatura académica sobre el tema "Formazione di compromesso"

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Artículos de revistas sobre el tema "Formazione di compromesso"

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Zorman, Anja. "LE OPINIONI DEGLI INSEGNANTI SULL'INSEGNAMENTO IN CLASSI LINGUISTICAMENTE E CULTURALMENTE ETEROGENEE". Folia linguistica et litteraria XI, n.º 30 (2020): 395–415. http://dx.doi.org/10.31902/fll.30.2020.22.

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Resumen
Nel presente contributo vengono esposti alcuni risultati della ricerca sull’interculturalità e sull’educazione interculturale, condotta in sei regioni slovene e italiane con presenza di minoranze linguistiche e culturali. La ricerca ha preso in considerazione vari aspetti della didattica, della formazione degli insegnanti, degli atteggiamenti degli allievi e dei loro genitori riguardo all’apprendimento in classi linguisticamente e culturalmente eterogenee. I risultati presentati nel contributo riguardano le opinioni degli insegnanti sull’insegnamento in classi linguisticamente e culturalmente eterogenee, suddivise in seguenti categorie: (1) lo sviluppo professionale, (2) personale e culturale degli insegnanti coinvolti nelle classi linguisticamente e culturalmente eterogenee, (3) la loro percezione dell'apprendimento in generale e linguistico in particolare, e (4) delle relazioni interpersonali tra gli allievi. Dall'inchiesta che ha coinvolto 281 insegnanti emerge una percezione degli insegnanti molto positiva del loro sviluppo professionale e culturale, e neutra riguardo la collaborazione con altri insegnanti. Sebbene la maggioranza degli insegnanti non sia dell'opinione che la compresenza di allievi di diverse origini linguistiche e culturali ostacoli il lavoro in classe, dichiara comunque che l'insegnamento in classi linguisticamente e culturalmente eterogenee richiede lavoro aggiuntivo. La didattica non risente delle difficoltà nella comunicazione tra allievi di lingue e culture diverse, così come lo sviluppo della competenza comunicativa della lingua d'insegnamento non è compromesso dalla eterogeneità linguistica in classe. Molto positiva è la percezione degli insegnanti relativa allo sviluppo di rapporti interpersonali tra gli allievi
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Possanzini, Davide. "Elezioni e partiti nella Serbia post-comunista (1990-2004)". Quaderni dell'Osservatorio elettorale QOE - IJES 56, n.º 2 (31 de diciembre de 2006): 69–124. http://dx.doi.org/10.36253/qoe-12705.

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Resumen
La scarsa attenzione prestata dalla letteratura politologica alla complessa ricostruzione democratica della Repubblica Serba fornisce valide motivazioni al presente saggio che intende affrontare le problematiche insite ad un processo di transizione ancora in atto. Gli stravolgimenti politici occorsi negli ultimi anni non hanno agevolato il consolidamento di questa giovane democrazia, comunque meritevole di una prima lettura interpretativa, per quanto prematura essa possa apparire. La mutevole natura del sistema politico serbo ha compromesso la trasformazione democratica guidata dalla vecchia elite comunista consentendo, però, l’instaurazione di un’effettiva democrazia elettorale da parte dell’opposizione politica, oggi meno esposta ai richiami autoritari. Nello specifico, questo studio prende in esame lo sviluppo del sistema elettorale e partitico serbo dal crollo del regime comunista ai giorni nostri, soffermandosi sul processo d’involuzione subito dal regime pseudo-democratico serbo alla fine degli anni novanta. A tal proposito, sono stati presi in considerazione tutti i provvedimenti costituzionali e gli strumenti di ingegneria elettorale adottati ed escogitati dal Partito Socialista per garantirsi una prolungata supremazia politica. L’utilizzo di grafici e di indici statistici ha consentito la ricostruzione dello schema evolutivo dei partiti e la simulazione di un suo diverso sviluppo a differenti condizioni aggregative. La proiezione cartografica dei risultati elettorali registrati nei singoli comuni (qui ridimensionata per ovvi limiti di spazio) è servita a semplificare la lettura del panorama politico scaturito da ogni consultazione. Sebbene recenti studi abbiano contribuito ad individuare nuove fratture partitiche nel corso delle transizioni democratiche avviate in Europa orientale, la sistematizzazione dei dati empirici serbi ha messo in risalto alcuni degli storici cleavages partitici utilizzati da Rokkan per spiegare la formazione degli Stati-nazione occidentali. Per quanto la frattura nazionalistica risulti esplicativa dello sviluppo partitico serbo, essa sembra rivestire un ruolo secondario ed apparente, di causa accidentale adottando le parole di Weber, in quanto determinato dalla strategia diversiva del Partito Socialista. Dal raffronto dei dati elettorali con il loro contesto geografico è emerso, infatti, un perenne conflitto tra centro/periferia e città/campagna come causazione adeguata all’evoluzione partitica in senso nazionalistico.
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Giroletti, Stefania. "L’edificio del romanzo: persistenza e metamorfosi di una figura in Aracoeli". Cuadernos de Filología Italiana 28 (15 de julio de 2021): 347–62. http://dx.doi.org/10.5209/cfit.71635.

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Resumen
Il saggio indaga la funzione delle immagini architettoniche (edifici pubblici o privati, interni di abitazioni, terrazze, villaggi e conglomerati urbani) nell’ultimo romanzo di Elsa Morante, Aracoeli (1982). Partendo dalla constatazione della persistenza di simili immagini nella scrittura di questa autrice, si interroga il senso che assumono nell’opera considerata da molti critici la palinodia del percorso artistico precedente. Le architetture sono interpretate orlandianamente come figura complessa, la quale richiama contemporaneamente l’aspetto materiale (e storico) del mondo extra-testuale e la forma artistica che lo ricompone (famoso è il paragone morantiano fra il romanzo e la cattedrale). Si rivelano quindi quali formazioni di compromesso fra sfera referenziale e poetica, fra spinte costruttive della forma e esigenza di confrontarsi con un esterno che sempre più ne confuta l’ordine. È proprio nell’ambiguità che le caratterizza che simili figure possono farsi chiave di lettura dell’ultimo romanzo di Morante, campo di battaglia finale fra volontà compositiva e tensioni distruttive e non totale resa al caos, né espressione unilateralmente euforica di una liberazione dalle forme.
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Casini, Carlo. "II Rapporto sullo stato di attuazione della Legge 40/2004 recante “Norme in materia di procreazione medicalmente assistita” anche in confronto con le altre nazioni europee (aprile 2009)". Medicina e Morale 58, n.º 4 (30 de agosto de 2009). http://dx.doi.org/10.4081/mem.2009.240.

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Resumen
Il contributo propone all’attenzione il II Rapporto sull’applicazione della legge italiana in materia di “procreazione medicalmente assistita” (PMA) (Legge 40/2004), elaborato nell’aprile 2009 all’indomani della quarta relazione ministeriale del 25 marzo 2009 sullo stesso tema. La particolarità del presente Rapporto consiste nell’indagare su uno dei due obiettivi della legge 40/2004: tutelare il diritto alla vita del concepito. Infatti, mentre è alta la concentrazione sull’obiettivo di “superare la sterilità e la infertilità”, lo scopo di difendere il diritto alla vita del concepito considerato dalla stessa legge “soggetto” al pari degli altri soggetti coinvolti nelle procedure di PMA, è troppo spesso dimenticato. Il Rapporto vuole proprio rimediare a tale dimenticanza e si chiede: di quanti nuovi esseri umani è stata evitata la distruzione per effetto della legge? Poiché, come si legge nel contributo, è chiaro che le tecniche di PMA per il fatto stesso di procreare “in vitro” espongono alla morte gli embrioni anche quando vengono trasferiti nelle vie genitali della donna (ed è questa, infatti, una delle principali riserve etiche nei confronti delle tecniche di PMA), l’indagine si occupa solo di vedere come è stato tutelato il diritto alla vita degli embrioni non trasferiti, cioè non destinati alla nascita, dalla Legge 40/2004. Emerge che l’effetto più benefico della legge è quello di aver evitato nel solo triennio 2005-2006-2007 la possibile formazione soprannumeraria di embrioni e la conseguente possibile distruzione, diretta o dovuta alla crioconservazione, di oltre 120.000 embrioni. La seconda parte della ricerca è condotta confrontando anche i dati di altri Paesi europei e dimostra che il rispetto dei limiti posti a tutela del diritto alla vita hanno anche garantito meglio la salute della donna e non hanno diminuito la percentuale del “successo”. Come è noto la recente sentenza n. 151/2009 della Corte Costituzionale ha gravemente compromesso la legge proprio nel punto di maggiore sensibilità nei confronti della tutela concreta del diritto alla vita del concepito. L’auspicio è che i dati raccolti in questo II rapporto vengano comunque presi in seria considerazione. ---------- The contribution proposes the II Report of April 2009 on the application of the Italian Law on “medically assisted reproduction” (PMA) (Law 40/2004). The peculiarity of the present Report consists of investigating one of the two purposes of the Law 40/2004: to protect the right to life of newborns. In fact, if, on one hand, attention to the purpose of “overcoming sterility and infertility” the Law considers, on the other hand the purpose of defending the right to life of newborn, that is considered as “subject” just like the others subjects involved in PMA procedures from the same law, is too often forgotten. The Report intends to remedy for this forgetfulness and it asks: how many new human beings have been saved thanks to the Law? It makes clear that the most beneficent effect of the Law is that, in the period 2005-2007, it has avoided the possible production of excess embryos and the consequent possible suppression – direct or due to the cryoconservation – of over 120.000 embryos. The second part of the search is conducted also comparing data of other European Countries and it shows that the respect of the imposed limits for protecting the right to life has also guaranteed the woman’s health and it has not reduced the outcome percentage.
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Parodi, Aurora, Valeria Maria Messina, Manuela Martolini, Shpresa Haxhiaj y Emanuele Claudio Cozzani. "Update sul management e trattamento del paziente con lesioni cutanee croniche". Italian Journal of Wound Care 5, n.º 3 (27 de diciembre de 2021). http://dx.doi.org/10.4081/ijwc.2021.78.

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Resumen
Le lesioni da decubito, le ulcere vascolari e il piede diabetico rappresentano le lesioni cutanee croniche maggiormente diffuse in età geriatrica. La lesione cutanea cronica presenta un elevato rischio infettivo ed un management complesso che richiede terapie mirate ed un iter di trattamento specifico. Il metodo TIME (Tissue management control of Infection and inflammation Moisture imbalance advancement of the Epithelial edge of the wound), costituisce il gold standard per il trattamento delle lesioni cutanee croniche poiché consente di controllare l’infezione e il grado di macerazione della ferita anche nei margini epiteliali. La soluzione di ipoclorito di sodio alla concentrazione dello 0,05%, oggetto di numerosi studi in letteratura, grazie ad un ampio spettro germicida ed alla sua elevata compatibilità tissutale rappresenta il metodo di disinfezione d’elezione per il trattamento delle lesioni cutanee croniche. La qualità di vita (Quality of Life, QoL) di un paziente affetto da lesione cutanea cronica può essere fortemente compromessa. La formazione di un team sanitario multidisciplinare per la gestione del patient journey può favorire il percorso di guarigione, facilitare la gestione della lesione nella quotidianità e migliorare la QoL del paziente. La telemedicina spicca tra le modalità innovative di gestione del wound care sperimentate da un’equipe di specialisti del territorio ligure negli ultimi mesi a seguito della pandemia COVID-19. La pratica della telemedicina si è rivelata particolarmente utile nel follow up della lesione cronica a fronte di un adeguato impiego di strumenti tecnologici che permettano un’elevata qualità di immagini.
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Tesis sobre el tema "Formazione di compromesso"

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Elen, Botros El Malek. "Sade: la menzogna del linguaggio e la quête della trasparenza". Doctoral thesis, 2020. http://hdl.handle.net/2158/1186326.

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Per esaminare l’influenza che gli eventi biografici possono aver avuto su un’opera marcata dalle intime pulsioni del suo autore, com’è nel caso di Sade, si è fatto ricorso sia a nozioni psicoanalitiche tecniche, sia a modelli biografici e di analisi testuale tributari della psicoanalisi. L’incarcerazione degli anni 1777-1790 è stata esaminata attraverso le missive private del periodo: in esse è emersa la problematica costituita dalla falsità del linguaggio altrui, e delineante un’impossibilità comunicativo-relazionale. Quest’ultima, d’altronde, già si era profilata negli anni infantili di Sade con la traumatica separazione dalla madre. Risultato dei due cruciali eventi biografici sarebbe (secondo un neologismo sadiano) l’“isolisme”, ovvero il rifiuto della comunicazione e della relazione con l’Altro. Tale rifiuto troverebbe espressione nell’opera nella negazione dei sentimenti altruisti, nel concomitante erotismo crudele e disumano perpetrato specie sulla figura femminile, e nell’impossibilità di conoscere appieno la “natura umana”. L’opera sarebbe allora la riarticolazione in simboli coscienti di quanto di sé e dell’altro, della dimensione erotica e comunicativo-relazione sfugge tendenzialmente alla coscienza e comprensione dell’autore. In tal senso, si può cogliere un’evoluzione dalla prima all’ultima delle opere prese in esame – Dialogue entre un prêtre et un moribond, Les 120 Journées de Sodome, Les Infortunes de la vertu, Histoire de Juliette: evoluzione che va nel senso di un allentamento dell’“isolisme”, di un’elevazione della donna da vittima a carnefice e di una maggiore conoscenza dell’essere umano. Concluderemmo allora che l’uomo Sade ha strutturato se stesso nell’opera, e viceversa che l’opera ha dato una nuova strutturazione all’esistenza di Sade. In order to examine the influence that biographical events may have had on a work marked by the intimate drives of its author, as is the case with Sade, technical psychoanalytic notions, biographical models and textual analysis tributary to psychoanalysis have been used. The imprisonment of the years 1777-1790 was examined through the private missives of the period: in them emerged the problem constituted by the falsity of the language of others, and delineating a communicative-relational impossibility. The latter, on the other hand, had already emerged in Sade's childhood years with the traumatic separation from his mother. The result of the two crucial biographical events would be (according to a Sadian neologism) the "isolisme", that is the refusal of communication and relationship with the other. This refusal would find expression in the work in the denial of altruistic feelings, in the concomitant cruel and inhuman eroticism perpetrated especially on the female figure, and in the impossibility of fully knowing "human nature". The work would then be the rearticulation into conscious symbols of what, in the erotic and communicative-relationship dimensions, tends to escape the author's consciousness and understanding. In this sense, we can see an evolution from the first to the last of the works examined - Dialogue entre un prêtre et un moribond, Les 120 Journées de Sodome, Les Infortunes de la vertu, Histoire de Juliette: an evolution that goes in the sense of a loosening of the "isolisme", an elevation of the woman from victim to tormentor and a greater knowledge of the human being. We would conclude then that the man Sade has structured himself in the work, and vice versa that the work has given a new structure to Sade's existence.
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ALESSANDRA, Campanari. "“IDENTITY ON THE MOVE” FOOD, SYMBOLISM AND AUTHENTICITY IN THE ITALIAN-AMERICAN MIGRATION PROCESS". Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251264.

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Resumen
Il mio lavoro di ricerca rappresenta un contributo allo studio dell'esperienza umana dello “spazio alimentare” come costruzione sociale che comprende sia i modelli del comportamento umano, e la loro relazione sensoriale con uno specifico luogo, sia l'imprenditoria etnica. Il nucleo di questo progetto di ricerca è rappresentato da un’indagine multi-generazionale del multiforme processo della migrazione italiana in America, laddove la cultura alimentare viene utilizzata come veicolo per esaminare come gli immigrati abbiano prima perso e poi negoziato una nuova identità in terra straniera. Lo scopo generale della tesi è quello di esaminare come il cibo rappresenti un collegamento nostalgico con la patria per la prima generazione, un compromesso culturale per la seconda e un modo per rinegoziare un'etnia ibrida per le generazioni successive. La lente del cibo è anche utilizzata per esplorare lo sviluppo dei ristoranti italiani durante il Proibizionismo e il loro ruolo nel processo di omogeneizzazione culinaria e di invenzione della tradizione nel mondo contemporaneo. Per spiegare come la cucina regionale in America sia diventata un simbolo collettivo di etnia e abbia potuto creare un'identità Italo-Americana nazionale distinta da quella italiana, ho adottato il modello creato da Werner Sollors e Kathleen Neils Cozen e sintetizzato con l'espressione di “invenzione dell'etnia”. Il capitolo di apertura esplora la migrazione su larga scala che ha colpito l'Italia e la storia economica italiana per oltre un secolo e prosegue con un’analisi storica sullo sviluppo dei prodotti alimentari nel tempo. La prima sezione evidenzia il significato culturale dell'alimento e il suo ruolo nella costruzione di un'identità nazionale oltre i confini italiani e prosegue con un’analisi sulla successiva variazione delle abitudini alimentari durante l'immigrazione di massa. Il capitolo conclude illustrando il quadro teorico utilizzato per teorizzare le diverse dimensioni dell'etnia. Partendo dall'ipotesi che l'identità sia un elemento socialmente costruito e in continua evoluzione, il secondo capitolo è dedicato all'analisi della natura mutevole del cibo, esplorata attraverso tre distinti ma spesso sovrapposti tipi di spazio: spazio della "memoria individuale"; spazio della "memoria collettiva"; spazio della "tradizione inventata". Lo spazio della “memoria individuale” esplora come i primi immigrati italiani tendevano a conservare le loro tradizioni regionali. Al contrario lo spazio della memoria collettiva osserva il conflitto ideologico emerso tra la prima e la seconda generazione di immigrati italiani, in risposta alle pressioni sociali del paese ospitante. L'analisi termina con la rappresentazione di generazioni successive impegnate a ricreare una cultura separata di cibo come simbolo dell'identità creolata. Il capitolo tre, il primo capitolo empirico della dissertazione, attraverso l'analisi della letteratura migrante mostra l'importanza del cibo italiano nella formazione dell'identità italo- americana. Questa letteratura ibrida esamina il ruolo degli alimenti nelle opere letterarie italo-americane di seconda, terza e della generazione contemporanea di scrittori. Il quarto capitolo completa la discussione seguendo la saga del cibo italiano dai primi ristoranti etnici a buon mercato, frutto della tradizione casalinga italiana, fino allo sviluppo di un riconoscibile stile di cucina italo-americano. A questo proposito, i ristoranti rappresentano una "narrazione" etnica significativa che riunisce aspetti economici, sociali e culturali della diaspora italiana in America e fa luce sull'invenzione del concetto di tradizione culinaria italiana dietro le cucine americane. La sezione termina con un'esplorazione del problema moderno relativo al fenomeno dell’Italian "Sounding" negli Stati Uniti, basato sulla creazione di immagini, colori e nomi di prodotti molto simili agli equivalenti italiani, ma senza collegamenti diretti con le tradizioni e la cultura italiana. Il capitolo finale fornisce una visione etnografica su ciò che significa essere italo-americani oggi e come i ristoranti italiani negli Stati Uniti soddisfano la tradizione culinaria Italiana nel mondo contemporaneo americano. Per concludere, considerando le teorie dell'invenzione della tradizione, due casi di studio esplorativi a Naples, in Florida, vengono presentati sia per analizzare come gli italo-americani contemporanei manifestano la loro etnia attraverso il cibo etnico sia per esaminare come il cibo italiano viene commercializzato nei ristoranti etnici degli Stati Uniti, alla luce della del processo di globalizzazione.
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