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Houdart, E., M. A. Labeyrie, J. P. Saint-Maurice y V. Civelli. "Fistole arterovenose durali intracraniche". EMC - Neurologia 18, n.º 3 (abril de 2018): 1–8. http://dx.doi.org/10.1016/s1634-7072(18)91376-0.

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Zito, Anna, Ferramosca Emiliana, Armeni Annarita, Lefons Luisa, Ria Paolo, Russo Francesco Giovanni, Ambrosino Carmela y Napoli Marcello. "L’angioplastica intraoperatoria durante l’allestimento delle fistole arterovenose". Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 30, n.º 2 (30 de enero de 2019): 115–21. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2018.588.

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Anna, Zito, Ferramosca Emiliana, Armeni Annarita, Lefons Luisa, Ria Paolo, Russo Francesco Giovanni, Ambrosino Carmela y Napoli Marcello. "L’angioplastica intraoperatoria durante l’allestimento delle fistole arterovenose". Giornale di Tecniche Nefrologiche e Dialitiche 30, n.º 2 (junio de 2018): 115–21. http://dx.doi.org/10.1177/0394936218807902.

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Floccari, F., L. Di Lullo, R. Rivera, M. Malaguti, A. Santoboni, A. Granata y M. Timio. "La fistola arterovenosa e lo scompenso ad alta gittata: un tema di grande… portata". Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 24, n.º 3 (26 de enero de 2018): 53–56. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2012.1159.

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Resumen
Un discreto numero di lavori scientifici ha indagato i possibili nessi esistenti tra fistole arterovenose e scompenso cardiaco, con risultati in parte assolutamente consolidati ed in altra parte contrastanti. Altri temi, come lo scompenso del cuore destro, risultano indagati in maniera marginale. Questa rassegna presenta un rapido excursus della letteratura degli ultimi anni e solleva alcuni interrogativi insoluti in materia di cardionefrologia. (Cardionephrology)
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Napoli, M., R. Prudenzano, E. Sozzo, D. Mangione, V. Martella, C. Montagna, A. M. Montinaro, C. Pati y G. Sandri. "Lo stenting nelle stenosi delle fistole arterovenose distali: esperienze preliminari". Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 24, n.º 1 (24 de enero de 2018): 40–45. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2012.1114.

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Resumen
L'angioplastica percutanea transluminale (PTA) è un efficace trattamento per la correzione delle stenosi delle fistole arterovenose (AFV). Un limite della PTA è l'alta frequenza di recidiva. In teoria lo stenting, prevenendo la restenosi, potrebbe rappresentare la risposta al problema. In letteratura sono limitate tuttavia le esperienze con lo stenting nelle AVF. In questo studio riportiamo la nostra esperienza preliminare in proposito che ha interessato 6 pazienti. Dall'aprile 2008 al dicembre 2011 sono stati posizionati 6 stent su 122 PTA eseguite. Sono stati utilizzati stent me-tallici auto-espandibili. I criteri di selezione dei pazienti per lo stenting erano rappresentati da: a) stenosi interessanti il tratto di vena post-anastomotico; b) seconda recidiva dopo PTA; c) resistenza della stenosi alla PTA pur con pressioni elevate (fino a 21 atm). Dei 6 pazienti, 5 erano alla seconda recidiva dopo PTA, 1 era alla prima recidiva ma la stenosi era resistente alla PTA Risultati: in tutti i casi lo stenting ha prodotto la risoluzione della stenosi. In nessun caso si è verificata la trombosi dello stent. Il follow-up medio è stato di 21+10 mesi (3–33) con un periodo di osservazione totale di 124 mesi. Due pazienti sono deceduti rispettivamente dopo 13 e 26 mesi dallo stenting con la AVF ben funzionante. Due pazienti, a 3 e 30 mesi dallo stenting, hanno presentato una trombosi pre-anastomotica dell'arteria radiale, mentre lo stent era pervio e la AVF funzionante rifornita dall'arteria ulnare attraverso l'arcata palmare. Degli altri 3 casi, 1 non ha presentato alcun problema dopo un follow-up rispettivamente di 21 mesi. Gli ultimi 2 pazienti, rispettivamente dopo 11 e 12 mesi hanno presentato una stenosi da iperplasia neo-intimale intrastent Entrambi sono stati trattati con PTA con risoluzione totale della stenosi. A distanza rispettivamente di 12 e 13 mesi si è ripresentata la stenosi intrastent da iperplasia neo-intimale. Entrambi sono stati trattati con successo con PTA I due pazienti con la recidiva intrastent, hanno presentato un intervallo libero da stenosi in media di 15.1+0.9 mesi. Conclusioni: la nostra esperienza, anche se limitata per numero di casi, ha dimostrato l'efficacia dello stenting nella risoluzione delle stenosi (100%). La possibile iperplasia neo-intimale impone un monitoraggio ultrasonografico dello stent, indirizzando i pazienti al trattamento con PTA La risoluzione con PTA della stenosi indotta da iperplasia intimale rende tuttavia questa complicanza di importanza relativa. I risultati ci inducono a continuare la nostra esperienza con lo stenting nei casi opportunamente selezionati.
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Carbonari, L., E. Far Reza, P. Pezzotti, R. Stanziale, M. Lodi y L. Tazza. "Terapie combinate plurime per prolungare la sopravvivenza delle fistole arterovenose native". Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 24, n.º 1 (24 de enero de 2018): 13–18. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2012.1107.

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Resumen
La Fistola Arterovenosa Nativa rappresenta a tutt'oggi il gold standard degli accessi vascolari in emodialisi. Tuttavia essa non è applicabile a tutti i pazienti. Le protesi rappresentano una seconda scelta percorribile in alternativa al Catetere Venoso centrale a permanenza, ma sono gravate da maggiori complicanze, hanno una durata inferiore e richiedono un'adeguata sorveglianza e manutenzione. I due casi clinici qui presentati, illustrano come strategie combinate plurime, chirurgiche ed endovascolari, perfettamente complementari e sinergiche, possano garantirne la pervietà a lungo termine e ridurre il ricorso all'uso dei CVC.
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Cellerini, M., M. Mascalchi, G. Ferrito, S. Mangiafico, F. Scazzeri, M. Olmastroni, E. Marin, V. Scardigli, G. Dal Pozzo y N. Quilici. "Angiografia RM a contrasto di fase delle fistole arterovenose durali intracraniche". Rivista di Neuroradiologia 10, n.º 2_suppl (octubre de 1997): 137–39. http://dx.doi.org/10.1177/19714009970100s254.

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Resumen
Ten patients with native intracranial dural arteriovenous fistulae (DAVF) demonstrated by arteriography underwent MR imaging and phase contrast MR angiography before treatment. The DAVFs were of type I (n=2), IIa (n=l), II a+b (n? 3), and TV (n=4). Joint review of the arteriography, MR imaging and MR angiography hard copies was performed by two observers. MR imaging showed intracerebral hemorrhage in 2 patients and diffuse or focal white matter edema in 2. Focal venous ectasias in 4 patients with type TV DAVF and dilated cortical vessels in 6 patients were recognized on MR images. MR angiography enabled identification of the DAVF nidus in 2 patients, hypertrophic feeding vessels in 5 patients and cortical dilated veins in 8 patients. Steno-occlusive alterations of the dural venous sinuses in 6 patients were readily demonstrated on MR angiography. Moreover, in 3 patients with type II a+b DAVFs, reconstruction of image phase of MR angiography allowed identification of flow revers al in the dural sinuses near the DAVF. Phase contrast MR angiography is a useful complement to MR imaging for identification and characterization of intracranial DAVF.
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Forneris, G., D. Savio, M. Trogolo y P. Cecere. "L'arco cefalico: non tutte le stenosi delle fistole sono uguali". Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 23, n.º 2 (24 de enero de 2018): 1–5. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2011.1427.

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La stenosi dell'arco cefalico rappresenta un'entità unica nel capitolo delle stenosi delle FAV arterovenose in campo dialitico. L'arco cefalico, cioè l'ultimo tratto di vena cefalica prima della sua confluenza nella vena ascellare è sede frequente di stenosi, quasi sempre riscontrabile con fistole prossimali. La presenza di numerose valvole che rispondono con un processo di ipertrofia all'aumento del flusso ematico, la riduzione dello shear stress per l'alterata emodinamica legata alla geometria dell'arco e la rigidità delle strutture che circondano il vaso, rappresentano le principali cause favorenti lo sviluppo della stenosi. La diagnosi è relativamente agevole attraverso un attento esame obiettivo e l'ultrasonografia, ma il trattamento si rivela spesso impegnativo per l'elevata resistenza della lesione alla dilatazione e la tendenza della stenosi alla recidiva. Langioplastica rappresenta la prima opzione terapeutica, ma richiede un'attenta valutazione tecnica nella scelta e nell'utilizzo di palloni ad alta pressione. L'utilizzo di stent o stent-graft costituisce una ulteriore strategia nei casi di recidiva stenotica precoce. La chirurgia può essere considerata una soluzione alternativa ma più ragionevolmente costituisce un approccio successivo e si avvale di interventi di trasposizione della vena o di posizionamento di ponte protesico. La riduzione chirurgica del flusso della FAV può essere razionale nei casi di accesso vascolare ad alta portata. In tutti i casi l'elevata frequenza di recidive impone una stretta sorveglianza della FAV per garantirne la pervietà a distanza.
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Brenna, S., D. Massarenti, G. Monsù, A. Loddo, A. De Nicola, C. Lurati y R. Grilli. "Il QB Stress Test e l'infermiere di dialisi: quanto basta per sorvegliare una fistola arterovenosa". Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 23, n.º 4 (24 de enero de 2018): 42–46. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2011.1499.

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Resumen
Un accesso vascolare (AV) ben funzionante è la premessa necessaria per il buon esito di un trattamento dialitico. Il ruolo dell'infermiere nella sorveglianza e nel monitoraggio dell'AV è di fondamentale importanza sia nell'educazione del paziente sia nella prevenzione e nella precoce segnalazione delle complicanze. Nel nostro Centro abbiamo iniziato un protocollo mensile di misurazione della portata dell'AV attraverso l'utilizzo della metodica a diluizione a ultrasuoni, che tuttavia ha mostrato varie criticità per l'elevato numero di fistole arterovenose, la presenza di un unico strumento per più Centri, e la mal tolleranza dei pazienti per il cambio spesso necessario della posizione degli aghi e l'allungamento del tempo della seduta dialitica. Abbiamo quindi pensato di mettere a punto un test di pre-screening semplice e rapido, il QB stress test (QBST), che ci permettesse di selezionare solo quella popolazione a rischio da sottoporre a ulteriori accertamenti diagnostici. Dopo 5 anni di follow-up attraverso QBST ed esame clinico possiamo dire che il test è facile e veloce da eseguire ed è ben tollerato dai pazienti, ai quali non viene cambiata la posizione degli aghi né allungata la seduta dialitica. Inoltre nei pazienti negativi al test non abbiamo avuto nessun episodio trombotico.
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Mascalchi, M., C. Moroni, M. Bartolucci, C. Gavazzi y C. Bortolotti. "Diagnostica neuroradiologica nella patologia della loggia cavernosa". Rivista di Neuroradiologia 13, n.º 3 (junio de 2000): 375–86. http://dx.doi.org/10.1177/197140090001300308.

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Resumen
Il seno cavernoso può essere interessato da patologia neoplastica (primitiva e secundaria), infiammatoria e vascolare. Tutte queste entità, ad esclusione delle fistole carotido-cavernose dirette, si manifestano con una clinica analoga, rendendo la diagnosi dipendente fondamentalmente dalle tecniche di imaging. Attualmente le metodiche più utili nello studio del seno cavernoso sono la tomografia computerizzata e la risonanza magnetica che, con le tecniche di angio-TC ed angio-RM, permettono anche uno studio simil-angiografico della regione di interesse. L'arteriografia selettiva rimane tuttora la tecnica gold standard nello studio delle patologie vascolari (aneurismi della carotide interna e fistole carotido-cavernose). La flebografia sovraorbitaria trova attualmente utilizzo esclusivo nella diagnosi della sindrome di Tolosa Hunt con RM negativa e talvolta nella terapia endovascolare di fistole artero-venose. I tumori primitivi più frequenti sono i meningiomi, mentre i neurinomi del seno cavernoso sono estremamente rari. I meningiomi insorgono dal rivestimento durale del seno e si manifestano, sia alla TC che alla RM, come lesioni ben delimitate con un'impregnazione precoce, intensa ed omogenea. I neurinomi del seno cavernoso possono derivare dal III, dal IV, dal V o dal VI nervo cranico e possono insorgere primitivamente nel seno cavernoso o, più frequentemente, negli spazi cisternali interessando il seno sviluppandosi lungo il nervo. La diagnosi differenziale deve essere posta soprattutto tra il meningioma ed il macroadenoma ipofisario a sviluppo laterosellare (il più frequente tumore secondario). Il principale criterio riguarda l'interessamento della carotide interna che viene frequentemente stenotizzata dai meningiomi, mentre può essere circondata e dislocata dai macroadenomi, senza però apprezzare significative riduzioni del suo lume. Il seno cavernoso può essere interessato per contiguità anche da due neoplasie della base cranica: il carcinoma del rinofaringe ed il cordoma. Le metastasi del seno cavernoso si possono instaurare per via ematogena, liquorale o perineurale. Determinano generalmente aumento di volume del seno, non hanno un segnale RM caratteristico e devono essere messe in diagnosi differenziale con le patologie infiammatorie. Queste comprendono la sindrome di Tolosa Hunt e le affezioni granulomatose croniche (sarcoidosi, granulomatosi di Wegener). La prima è caratterizzata da dolore retroorbitario, paralisi dell'oculomotore ed iperestesia trigeminale sostenute da un'infiammazione del seno ad eziologia sconosciuta. Le immagini di RM possono essere del tutto negative ed in tali casi può essere utile per raggiungere la diagnosi la flebografia. Un valido criterio diagnostico per le patologie infiammatorie è rappresentato dalla drammatica remissione della sintomatologia e del quadro radiologico in seguito a terapia steroidea. Gli aneurismi della carotide interna sono classificati in base alle dimensioni: se di diametro superiore ai 2,5 cm vengono definiti giganti. Questi hanno parete trombizzata, scarsa tendenza alla rottura e si manifestano clinicamente con sintomi da compressione dei nervi che decorrono nella parete od all'interno del seno cavernoso. Nella diagnosi di queste formazioni la semeiotica TC e RM, tra loro complementari, rivestono un ruolo importante. Il criterio fondamentale è però dato dalla dimostrazione della natura vascolare della lesione, ottenibile con le tecniche di angio-TC e angio-RM e l'arteriografia selettiva. Le fistole carotido-cavernose dirette sono anomale comunicazioni ad alto flusso tra la carotide interna ed il seno cavernoso Sono caratterizzate da una presentazione clinica improvvisa ed imponente e sono facilmente valutabili con TC, angio-TC, RM, angio-RM ed arteriografia digitale. Le fistole carotido-cavernose indirette corrispondono a fistole arterovenose durali ed hanno di solito una clinica sfumata ed un decorso subdolo. La loro diagnosi con TC, angio-TC, RM ed angio-RM è più difficile essendo spesso i reperti suggestivi di tali condizioni rappresentati solo da una dilatazione della vena orbitaria di drenaggio. L'arteriografia oltre a confermare la diagnosi rappresenta anche l'indagine indispensabile per la programmazione terapeutica endovascolare o chirurgica.
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Granata, A., A. Clementi, M. Insalaco, F. Di Pietro, V. R. Scarfia, F. Floccari, F. Logias, R. Loi y F. Fiorini. "Gli ultrasuoni nella pianificazione della fistola arterovenosa". Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 24, n.º 3 (26 de enero de 2018): 67–72. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2012.1164.

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Presupposto fondamentale per una buona efficienza dialitica è la presenza di un accesso vascolare ben funzionante. La fistola arterovenosa con vasi nativi rappresenta l'accesso vascolare di prima scelta, sia per il basso rischio infettivo sia per la lunga sopravvivenza. Nel caso di grave depauperamento del patrimonio vascolare dell'avambraccio, la protesi in politetrafluoroetilene costituisce una valida alternativa. Il monitoraggio periodico con eco-color Doppler si è dimostrato in grado di individuare disfunzioni precoci sia della fistola arterovenosa che della protesi, anticipandone l'eventuale procedura interventistica e migliorandone la sopravvivenza a lungo termine. Tuttavia, è ancora controversa l'opportunità di un programma di monitoraggio ecografico sistematico dell'accesso vascolare.
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Basile, Carlo y Carlo Lomonte. "Verità e leggende sulla fistola arterovenosa". Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 25, n.º 2 (5 de octubre de 2013): 94–99. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2013.1016.

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Studi di grandi dimensioni dimostrano un rischio di mortalità progressivamente crescente a seconda del tipo di accesso vascolare (VA), con il rischio più alto associato al catetere venoso centrale (CVC), seguito dai rischi associati alla protesi e, quindi, alla fistola arterovenosa (FAV). La presenza di una FAV ha un effetto negativo sulla funzione cardiaca, ma il suo esatto contributo alla morbidità cardiovascolare non è chiaro. È noto da tempo che un VA con un flusso inappropriatamente elevato può essere la causa di uno scompenso cardiaco ad alta gittata. Ancora più paradossalmente, ci possono essere benefici cardio-polmonari derivanti dalla presenza di una FAV. Tuttavia, pur sottolineando i reali benefici della creazione di una FAV, vogliamo anche sottolineare il pericolo legato a flussi elevati. La parola chiave nella scelta di un VA è “eleggibilità”. Un approccio del tipo “al primo posto viene il paziente e non la FAV, ma è meglio evitare un CVC, se possibile” potrebbe essere la scelta migliore.
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Garosi, G. "Fistola Arterovenosa Carotido-Giugulare: Una Complicazione Del Catetere Temporaneo per Emodialisi". Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 7, n.º 4 (1 de octubre de 1995): 37. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.1995.1859.

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Sgreccia, Marina, Manuela Molari, Deborah Pacifero, Sabrina Cecchini, Stella Fabbrucci, Patrizia Fronda, Marisa Tamagnini y Patrizia Bignardi. "La Puntura Ad Occhiello: l'esperienza Dei Centri Dialisi Della Azienda USL Di Rimini". Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 26, n.º 1 (14 de marzo de 2014): 50–54. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2014.861.

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La tecnica di puntura della fistola arterovenosa a occhiello consiste nel posizionare un ago smusso nella stessa sede. È una tecnica gradita ai pazienti perché riduce il dolore da venipuntura; è gradita anche al personale infermieristico, perché riduce i tempi di emostasi e minimizza la percentuale di insuccessi dell’incannulazione. Essa, però, richiede una rigida applicazione delle norme di buona pratica per la prevenzione delle infezioni in ambiente sanitario, in quanto presenta un possibile aumento dell’incidenza delle infezioni della cute. Nei Centri Dialisi dell’Azienda USL di Rimini la tecnica è stata introdotta dal 2009 e, da allora, sono stati raccolti i risultati e i dati di sorveglianza delle complicanze infettive. (nursing)
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De Grado, Amedeo, Chiara Manfredi, Elisabetta Groppo, Marco Scarabello, Luca Valvassori, Federica Cencini, Francesca Bartesaghi et al. "Progressive myelopathy due to treatable intracranial dural arterovenous fistulae". Journal of the Neurological Sciences 429 (octubre de 2021): 119929. http://dx.doi.org/10.1016/j.jns.2021.119929.

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Bonucchi, Decenzio, Francesca Damiano y Claudia Pivetti. "Buttonhole sì O No? Forse, Con Cautela…". Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 26, n.º 1 (26 de febrero de 2014): 4–5. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2014.849.

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La puntura della fistola arterovenosa (FAV) riveste un notevole valore clinico e simbolico nell’alleanza terapeutica fra paziente e personale di dialisi. In tal senso, la puntura buttonhole (BH) dovrebbe essere vista come un elemento addizionale del ben più complesso sistema di gestione dell’accesso vascolare, insieme alla puntura a scalare, che rimane lo standard di incannulamento della FAV. La BH offre vantaggi estetici e di comfort, oltre a rafforzare l’autonomia del paziente, ma comporta un aumentato rischio infettivo anche grave. Come scrive Napoli, la BH assomiglia pericolosamente, con la sua forma a imbuto, a un piccolo catetere. Ci sembra, quindi, opportuno riservare la BH a pazienti selezionati. L’infermiere di dialisi, manager del sistema di utilizzo degli accessi vascolari (AV), dovrebbe recuperare le competenze sulla puntura delle protesi vascolari e presidiare per intero il percorso degli AV, dalla confezione al monitoraggio e alla manutenzione.
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Pogliani, D. y G. Bonforte. "Il QB Stress Test e il nefrologo dializzatore: quanto basta per sorvegliare una fistola arterovenosa". Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 23, n.º 4 (24 de enero de 2018): 51–55. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2011.1500.

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Per identificare precocemente una stenosi della fistola arterovenosa (FAV) prima che evolva in trombosi, è necessario un programma di sorveglianza utilizzando il monitoraggio della portata. Rispetto alle protesi, però, nelle FAV native i valori soglia di portata, la frequenza del monitoraggio e il rapporto costo/beneficio non sono chiaramente definiti. Infatti, la misurazione mensile della portata della FAV in tutti i pazienti risulta improponibile nella maggior parte dei Centri di Emodialisi. Inoltre, per quanto riguarda la FAV autoioga, non è sempre possibile applicare le metodiche considerate gold standard e la valutazione clinico-anamnestica, pur indispensabile, non risulta sufficiente. Il QB Stress Test (QBST), un nuovo test di screening, è un valido strumento per individuare solo le FAV con portata ridotta: infatti, ha una buona correlazione con le misurazioni della portata ottenute con la diluizione a ultrasuoni. I pazienti con QBST positivo hanno una portata più bassa di quelli con QBST negativo (433 ± 203 vs 1168 ± 681 mi/min, p
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Benedetto, Filippo, Giuseppe Carella, Salvatore Lentini, David Barillà, Francesco Stilo, Giovanni De Caridi y Francesco Spinelli. "Use of Bovine Mesenteric Vein in Rescue Vascular Access Surgery". Journal of Vascular Access 11, n.º 2 (abril de 2010): 112–14. http://dx.doi.org/10.1177/112972981001100205.

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Resumen
We describe a technique for rescue surgery of autologous arterovenous fistula (AVF), using Bovine Mesenteric Vein (BMV), which may be used in patients with autologous AVF malfunction caused by steno-occlusion on the arterial side or by fibrosis of the first portion of the vein. To preserve the autologous AVF, we replaced the diseased portion of the artery, or the first centimeters of the vein, by a segment of BMV, with the aim of saving the patency and functionality of the access. We used this technique in 16 cases. All patients underwent hemodialysis treatment immediately after the procedure. Infection or aneurismal dilatation of the graft in implanted BMV was never observed.
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Brenna, S., D. Massarenti, G. Monsù, A. Loddo, A. De Nicola, C. Lurati y R. Grilli. "Il QB Stress Test e l'infermiere di dialisi: quanto basta per sorvegliare una fistola arterovenosa". Giornale di Tecniche Nefrologiche e Dialitiche 23, n.º 4 (octubre de 2011): 42–46. http://dx.doi.org/10.1177/039493621102300410.

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Pogliani, D. y G. Bonforte. "Il QB Stress Test e il nefrologo dializzatore: quanto basta per sorvegliare una fistola arterovenosa". Giornale di Tecniche Nefrologiche e Dialitiche 23, n.º 4 (octubre de 2011): 47–50. http://dx.doi.org/10.1177/039493621102300411.

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Riva, Hilary, Chiara Dossi y Giuseppe Bonforte. "Buttonhole: tutto il contrario di quello che ho sempre fatto". Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 25, n.º 2 (19 de junio de 2013): 89–91. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2013.1014.

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Resumen
La buttonhole technique (BHT) è un metodo di puntura della fistola arterovenosa (FAV), che prevede il posizionamento degli aghi sempre esattamente nello stesso punto. Questa tecnica, per alcuni aspetti controversa, ha diversi vantaggi: rende più sopportabile l'incannulazione, accorcia i tempi dell'emostasi e riduce la degenerazione aneurismatica della FAV. Per questo è stata rapidamente ben accettata dai pazienti e dal personale infermieristico, anche se permane lo scetticismo di alcuni medici. La spiegazione di tale posizione sta nel dover pensare e fare tutto il contrario di quanto detto e fatto precedentemente. Forse, conoscere la storia di come è nata questa tecnica può aiutare a rimuovere alcuni dubbi. La BHT è una tecnica che non si può improvvisare e che richiede dedizione sia nelle fasi iniziali, per creare il tunnel sottocutaneo, sia nelle fasi successive ad ogni incannulazione, per conservarlo integro. Non è da sottovalutare il rischio di infezione insito nell'applicazione di questa procedura che solo un corretto e continuo training dell'equipe può prevenire o intercettare. La BHT non può essere proposta indiscriminatamente a tutti i pazienti sottoposti a emodialisi, ma va riservata alle FAV complesse dove la normale puntura risulta complicata e complicante.
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Carrus, Alessandro, Elena Lovicu, Dorian Soru, Giovanni Chierroni, Maria Grazia Zunnui, Raffaella Maxia y Francesco Logias. "Valutazione Visiva Degli Exit Site Nei Cateteri Venosi Centrali in Emodialisi: Validazione Preliminare Di Una Scala Italiana". Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 26, n.º 1 (4 de marzo de 2014): 55–61. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2014.862.

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Il catetere venoso centrale (CVC) rappresenta, per i pazienti in emodialisi, un’alternativa alla fistola arterovenosa (FAV), ma, purtroppo, è spesso associato a un importante numero di complicanze infettive. L’infermiere è il primo operatore sanitario che rileva le possibili infezioni e, per questo, è importante sviluppare una scala visiva che gli sia di ausilio. Tale scala è importante anche per consentire a chi si avvicina da poco alla medicazione dei CVC di prendere in considerazione i principali indicatori di una possibile infezione. Essa, infine, può essere di ausilio per tenere conto dell’evoluzione del CVC nella cartella clinica del paziente. Questo studio presenta una prima validazione italiana di una scala utilizzabile per la valutazione degli exit site dei CVC in emodialisi (derivata dalla “Scala Twardowski”). La validazione ha coinvolto gli infermieri di una Rete di Nefrologia e Dialisi e un’infermiera esterna, non impegnata nella medicazione, la quale ha valutato gli exit site di tutti i pazienti della Rete, subito prima che la stessa scala venisse utilizzata da chi effettuava la medicazione. La buona correlazione di Spearman (ρ=0.85) tra la valutazione dell’infermiera esterna e le valutazioni degli altri colleghi conferma la bontà di questa prima traduzione italiana della scala. (nursing)
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Galzerano, Giuseppe, Michele Giubbolini, Francesco Setacci, Gianmarco de Donato, Pasqualino Sirignano, Gabriele Messina, Alessandro Cappelli y Carlo Setacci. "Fistula first, graft on arterialized vein second". Vascular 23, n.º 3 (4 de julio de 2014): 265–69. http://dx.doi.org/10.1177/1708538114542479.

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Resumen
Objectives Arterovenous grafts (AVGs) present a feasible solution for creating a vascular access in patients who are unsuitable for autogenous fistula (AVF). The aim of this study is to assess the prevention rate of vein stenosis, placing a graft on an arterialized vein (GAV) instead of an anastomized AVG in a native vein (GNV). Methods This was a cohort study conducted from January 2009 to November 2012. All consecutive patients who underwent AVG in our institution were included. All patients requiring a secondary intervention were also referred to our centre. Patients underwent ultrasound follow up at first and the every month. A Kaplan–Meier method was used; a Log-rank test was used to identify whether significant difference existed between GAV and GNV ( p < 0.05). Results Forty-six grafts were placed. Twenty patients had arterialized receiving veins (group A), while 26 patients received an AVG immediately because they lacked autogenous veins suitable for fistula (group B).The average follow-up period was 16.1 months (range 0–41). The group A 41 months-patency rate was 84.3%, while group B was 43.7% ( p = 0.06). Secondary patency was similar in the two groups. Conclusions Vein arterialization seems to prevent venous stenosis improving AVG-patency rate. More data are needed; however, the borderline p value encourages new studies.
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Paolini, Sergio, Rocco Severino, Giovanni Cardarelli, Paolo Missori, Marcello Bartolo y Vincenzo Esposito. "Indocyanine Green Videoangiography in the Surgical Treatment of Spinal Dural Arterovenous Fistula: A Useful Application". World Neurosurgery 122 (febrero de 2019): 508–11. http://dx.doi.org/10.1016/j.wneu.2018.11.164.

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Abubakar, U., HM Liman, AM Makusidi, NP Agwu, AC Opara, N. Musa, PA Nazish, IR Jamalu, OO Opara y SI Ukwuani. "Arterovenous fistula creation using the brachial artery and cubital fossa veins: A viable option in our environment". Saudi Journal of Kidney Diseases and Transplantation 26, n.º 1 (2015): 135. http://dx.doi.org/10.4103/1319-2442.148762.

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Annaswamy, Thiru M. "Lumbar ESI Causing Acute Paraparesis in a Patient With Previously Undiagnosed Spinal Dural Arterovenous Fistula: A Case Report". PM&R 5 (septiembre de 2013): S299. http://dx.doi.org/10.1016/j.pmrj.2013.08.541.

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Barone, Fabio, Giuseppe Craparo y Maria P. Pappalardo. "Trattamento endovascolare delle fistole arterovenose durali intracraniche mediante Onyx®: nostra esperienza". Journal of Radiological Review 5, n.º 3 (junio de 2018). http://dx.doi.org/10.23736/s2283-8376.18.00062-1.

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"Fistola Arterovenosa Carotido-Giugulare: Una Complicazione Del Catetere Temporaneo per Emodialisi". Giornale di Tecniche Nefrologiche e Dialitiche 7, n.º 4 (octubre de 1995): 37. http://dx.doi.org/10.1177/039493629500700407.

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"Distal venous hypertension complicating a brachiocephalic arterovenous fistula". ANZ Journal of Surgery 79, n.º 6 (junio de 2009): 490–91. http://dx.doi.org/10.1111/j.1445-2197.2009.04954.x.

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Jiritano, Federica, Filippo Prestipino, Pasquale Mastroroberto y Massimo Chello. "Coronary arterovenous fistula: to treat or not to treat?" Journal of Cardiothoracic Surgery 10, n.º 1 (7 de abril de 2015). http://dx.doi.org/10.1186/s13019-015-0256-3.

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"Efficacy and Safety of Short-term Postoperative Anticoagulant Therapy to Prevente Thrombosis in Arterovenous Fistula". Case Medical Research, 15 de noviembre de 2019. http://dx.doi.org/10.31525/ct1-nct04164693.

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Masiello, Rossella, Carlo Iadevaia, Edoardo Grella, Carmelindo Tranfa, Francesco Cerqua, Giovanni Rossi, Giuseppe Santoro et al. "A case of Multiple Unilateral Pulmonary arteriovenous Malformation Relapse: Efficacy of embolization treatment". Open Medicine 10, n.º 1 (1 de enero de 2015). http://dx.doi.org/10.1515/med-2015-0087.

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Resumen
Abstract Pulmonary arteriovenous Malformations (PAVMs) are a rare vascular alteration characterized by abnormal communications between the pulmonary arteries and veins resulting in an extracardiac right-to-left (R-L) shunt. The majority of PAVMs are associated with an autosomal dominant vascular disorder also known as Osler-Weber- Rendu Syndrome. PAVMs appearance can be both single and multiple. Clinical manifestations include hypoxemia, dyspnea cyanosis, hemoptysis and cerebrovascular ischemic events or abscesses. We report a case of an 18 year old female with severe respiratory failure caused by a relapse of multiple unilateral pulmonary arterovenous fistula. Symptoms at admission include dyspnea, cyanosis and clubbing. The patient underwent pulmonary angio-TC scan, brain CT and echocardiography. The thoracic angio-CT scan showed the presence of PAVMs of RUL and RLL; a marked increase of right bronchial artery caliber and its branches with an aneurismatic dilatation was also observed. The patient underwent percutaneous transcatheter embolization using Amplatzer Vascular Plug IV; a relevant clinical and functional improvement was subsequently recorded. Embolization is effective in the treatment of relapsing PAVMS.
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Liu, Wei, Meng Wu, Xu Wang, Xiao-kang Huang, Wen-jiao Cai, Teng-yun Ding, Liang-liang Duan, Rui Qiao y Yong-gui Wu. "Recanalization of thrombosed aneurysmal hemodialysis arterovenous fistulas using a hybrid technique based on data from a single center". BMC Nephrology 23, n.º 1 (14 de mayo de 2022). http://dx.doi.org/10.1186/s12882-022-02820-9.

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Resumen
Abstract Objective To explore the technical specifications and clinical outcomes of thrombosed aneurysmal haemodialysis arteriovenous fistula (AVF) treated with ultrasound-guided percutaneous transluminal angioplasty combined with minimal aneurysmotomy. Methods This case series study included 11 patients who had thrombosed aneurysmal AVF and underwent salvage procedures over a 13-month period. All procedures were performed under duplex guidance. Minimal aneurysmotomy was performed, along with manual thrombectomy and thrombolytic agent infusion, followed by angioplasty to macerate the thrombus and sufficiently dilate potential stenoses. A successful procedure was defined as immediate restoration of flow through the AVF. Results The 11 patients (four males and seven females) had a mean age of 49.6 years ± 11.9 years. Six patients (54.5%) had two or more aneurysms. The mean aneurysm maximal diameter was 21.5 mm (standard deviation: ± 5.0 mm), and the mean thrombus length was 12.9 cm (8–22 cm). Ten (83.3%) of the 12 procedures were technically successful. The mean duration of operation was 150.9 minutes (standard deviation: ± 34.2 minutes), and mean postoperative AVF blood flow was 728.6 ml/min (standard deviation: ± 53.7 mi/min). The resumption of hemodialysis was successful in all 11 cases, with a clinical success rate of 100%. The primary patency rates were 90.0% and 75.0% at three and four months over a mean follow-up time of 6.3 months (3–12 months). The secondary patency rates were 90.4% at three and four months. Conclusion A hybrid approach combining ultrasound-guided percutaneous transluminal angioplasty and minimal aneurysmotomy might be a safe and effective method for thrombosed aneurysmal AVF salvage.
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