Literatura académica sobre el tema "Fistole arterovenose"

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Artículos de revistas sobre el tema "Fistole arterovenose"

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Houdart, E., M. A. Labeyrie, J. P. Saint-Maurice y V. Civelli. "Fistole arterovenose durali intracraniche". EMC - Neurologia 18, n.º 3 (abril de 2018): 1–8. http://dx.doi.org/10.1016/s1634-7072(18)91376-0.

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Zito, Anna, Ferramosca Emiliana, Armeni Annarita, Lefons Luisa, Ria Paolo, Russo Francesco Giovanni, Ambrosino Carmela y Napoli Marcello. "L’angioplastica intraoperatoria durante l’allestimento delle fistole arterovenose". Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 30, n.º 2 (30 de enero de 2019): 115–21. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2018.588.

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Anna, Zito, Ferramosca Emiliana, Armeni Annarita, Lefons Luisa, Ria Paolo, Russo Francesco Giovanni, Ambrosino Carmela y Napoli Marcello. "L’angioplastica intraoperatoria durante l’allestimento delle fistole arterovenose". Giornale di Tecniche Nefrologiche e Dialitiche 30, n.º 2 (junio de 2018): 115–21. http://dx.doi.org/10.1177/0394936218807902.

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Floccari, F., L. Di Lullo, R. Rivera, M. Malaguti, A. Santoboni, A. Granata y M. Timio. "La fistola arterovenosa e lo scompenso ad alta gittata: un tema di grande… portata". Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 24, n.º 3 (26 de enero de 2018): 53–56. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2012.1159.

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Resumen
Un discreto numero di lavori scientifici ha indagato i possibili nessi esistenti tra fistole arterovenose e scompenso cardiaco, con risultati in parte assolutamente consolidati ed in altra parte contrastanti. Altri temi, come lo scompenso del cuore destro, risultano indagati in maniera marginale. Questa rassegna presenta un rapido excursus della letteratura degli ultimi anni e solleva alcuni interrogativi insoluti in materia di cardionefrologia. (Cardionephrology)
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Napoli, M., R. Prudenzano, E. Sozzo, D. Mangione, V. Martella, C. Montagna, A. M. Montinaro, C. Pati y G. Sandri. "Lo stenting nelle stenosi delle fistole arterovenose distali: esperienze preliminari". Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 24, n.º 1 (24 de enero de 2018): 40–45. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2012.1114.

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Resumen
L'angioplastica percutanea transluminale (PTA) è un efficace trattamento per la correzione delle stenosi delle fistole arterovenose (AFV). Un limite della PTA è l'alta frequenza di recidiva. In teoria lo stenting, prevenendo la restenosi, potrebbe rappresentare la risposta al problema. In letteratura sono limitate tuttavia le esperienze con lo stenting nelle AVF. In questo studio riportiamo la nostra esperienza preliminare in proposito che ha interessato 6 pazienti. Dall'aprile 2008 al dicembre 2011 sono stati posizionati 6 stent su 122 PTA eseguite. Sono stati utilizzati stent me-tallici auto-espandibili. I criteri di selezione dei pazienti per lo stenting erano rappresentati da: a) stenosi interessanti il tratto di vena post-anastomotico; b) seconda recidiva dopo PTA; c) resistenza della stenosi alla PTA pur con pressioni elevate (fino a 21 atm). Dei 6 pazienti, 5 erano alla seconda recidiva dopo PTA, 1 era alla prima recidiva ma la stenosi era resistente alla PTA Risultati: in tutti i casi lo stenting ha prodotto la risoluzione della stenosi. In nessun caso si è verificata la trombosi dello stent. Il follow-up medio è stato di 21+10 mesi (3–33) con un periodo di osservazione totale di 124 mesi. Due pazienti sono deceduti rispettivamente dopo 13 e 26 mesi dallo stenting con la AVF ben funzionante. Due pazienti, a 3 e 30 mesi dallo stenting, hanno presentato una trombosi pre-anastomotica dell'arteria radiale, mentre lo stent era pervio e la AVF funzionante rifornita dall'arteria ulnare attraverso l'arcata palmare. Degli altri 3 casi, 1 non ha presentato alcun problema dopo un follow-up rispettivamente di 21 mesi. Gli ultimi 2 pazienti, rispettivamente dopo 11 e 12 mesi hanno presentato una stenosi da iperplasia neo-intimale intrastent Entrambi sono stati trattati con PTA con risoluzione totale della stenosi. A distanza rispettivamente di 12 e 13 mesi si è ripresentata la stenosi intrastent da iperplasia neo-intimale. Entrambi sono stati trattati con successo con PTA I due pazienti con la recidiva intrastent, hanno presentato un intervallo libero da stenosi in media di 15.1+0.9 mesi. Conclusioni: la nostra esperienza, anche se limitata per numero di casi, ha dimostrato l'efficacia dello stenting nella risoluzione delle stenosi (100%). La possibile iperplasia neo-intimale impone un monitoraggio ultrasonografico dello stent, indirizzando i pazienti al trattamento con PTA La risoluzione con PTA della stenosi indotta da iperplasia intimale rende tuttavia questa complicanza di importanza relativa. I risultati ci inducono a continuare la nostra esperienza con lo stenting nei casi opportunamente selezionati.
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Carbonari, L., E. Far Reza, P. Pezzotti, R. Stanziale, M. Lodi y L. Tazza. "Terapie combinate plurime per prolungare la sopravvivenza delle fistole arterovenose native". Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 24, n.º 1 (24 de enero de 2018): 13–18. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2012.1107.

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Resumen
La Fistola Arterovenosa Nativa rappresenta a tutt'oggi il gold standard degli accessi vascolari in emodialisi. Tuttavia essa non è applicabile a tutti i pazienti. Le protesi rappresentano una seconda scelta percorribile in alternativa al Catetere Venoso centrale a permanenza, ma sono gravate da maggiori complicanze, hanno una durata inferiore e richiedono un'adeguata sorveglianza e manutenzione. I due casi clinici qui presentati, illustrano come strategie combinate plurime, chirurgiche ed endovascolari, perfettamente complementari e sinergiche, possano garantirne la pervietà a lungo termine e ridurre il ricorso all'uso dei CVC.
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Cellerini, M., M. Mascalchi, G. Ferrito, S. Mangiafico, F. Scazzeri, M. Olmastroni, E. Marin, V. Scardigli, G. Dal Pozzo y N. Quilici. "Angiografia RM a contrasto di fase delle fistole arterovenose durali intracraniche". Rivista di Neuroradiologia 10, n.º 2_suppl (octubre de 1997): 137–39. http://dx.doi.org/10.1177/19714009970100s254.

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Resumen
Ten patients with native intracranial dural arteriovenous fistulae (DAVF) demonstrated by arteriography underwent MR imaging and phase contrast MR angiography before treatment. The DAVFs were of type I (n=2), IIa (n=l), II a+b (n? 3), and TV (n=4). Joint review of the arteriography, MR imaging and MR angiography hard copies was performed by two observers. MR imaging showed intracerebral hemorrhage in 2 patients and diffuse or focal white matter edema in 2. Focal venous ectasias in 4 patients with type TV DAVF and dilated cortical vessels in 6 patients were recognized on MR images. MR angiography enabled identification of the DAVF nidus in 2 patients, hypertrophic feeding vessels in 5 patients and cortical dilated veins in 8 patients. Steno-occlusive alterations of the dural venous sinuses in 6 patients were readily demonstrated on MR angiography. Moreover, in 3 patients with type II a+b DAVFs, reconstruction of image phase of MR angiography allowed identification of flow revers al in the dural sinuses near the DAVF. Phase contrast MR angiography is a useful complement to MR imaging for identification and characterization of intracranial DAVF.
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Forneris, G., D. Savio, M. Trogolo y P. Cecere. "L'arco cefalico: non tutte le stenosi delle fistole sono uguali". Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 23, n.º 2 (24 de enero de 2018): 1–5. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2011.1427.

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Resumen
La stenosi dell'arco cefalico rappresenta un'entità unica nel capitolo delle stenosi delle FAV arterovenose in campo dialitico. L'arco cefalico, cioè l'ultimo tratto di vena cefalica prima della sua confluenza nella vena ascellare è sede frequente di stenosi, quasi sempre riscontrabile con fistole prossimali. La presenza di numerose valvole che rispondono con un processo di ipertrofia all'aumento del flusso ematico, la riduzione dello shear stress per l'alterata emodinamica legata alla geometria dell'arco e la rigidità delle strutture che circondano il vaso, rappresentano le principali cause favorenti lo sviluppo della stenosi. La diagnosi è relativamente agevole attraverso un attento esame obiettivo e l'ultrasonografia, ma il trattamento si rivela spesso impegnativo per l'elevata resistenza della lesione alla dilatazione e la tendenza della stenosi alla recidiva. Langioplastica rappresenta la prima opzione terapeutica, ma richiede un'attenta valutazione tecnica nella scelta e nell'utilizzo di palloni ad alta pressione. L'utilizzo di stent o stent-graft costituisce una ulteriore strategia nei casi di recidiva stenotica precoce. La chirurgia può essere considerata una soluzione alternativa ma più ragionevolmente costituisce un approccio successivo e si avvale di interventi di trasposizione della vena o di posizionamento di ponte protesico. La riduzione chirurgica del flusso della FAV può essere razionale nei casi di accesso vascolare ad alta portata. In tutti i casi l'elevata frequenza di recidive impone una stretta sorveglianza della FAV per garantirne la pervietà a distanza.
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Brenna, S., D. Massarenti, G. Monsù, A. Loddo, A. De Nicola, C. Lurati y R. Grilli. "Il QB Stress Test e l'infermiere di dialisi: quanto basta per sorvegliare una fistola arterovenosa". Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 23, n.º 4 (24 de enero de 2018): 42–46. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2011.1499.

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Resumen
Un accesso vascolare (AV) ben funzionante è la premessa necessaria per il buon esito di un trattamento dialitico. Il ruolo dell'infermiere nella sorveglianza e nel monitoraggio dell'AV è di fondamentale importanza sia nell'educazione del paziente sia nella prevenzione e nella precoce segnalazione delle complicanze. Nel nostro Centro abbiamo iniziato un protocollo mensile di misurazione della portata dell'AV attraverso l'utilizzo della metodica a diluizione a ultrasuoni, che tuttavia ha mostrato varie criticità per l'elevato numero di fistole arterovenose, la presenza di un unico strumento per più Centri, e la mal tolleranza dei pazienti per il cambio spesso necessario della posizione degli aghi e l'allungamento del tempo della seduta dialitica. Abbiamo quindi pensato di mettere a punto un test di pre-screening semplice e rapido, il QB stress test (QBST), che ci permettesse di selezionare solo quella popolazione a rischio da sottoporre a ulteriori accertamenti diagnostici. Dopo 5 anni di follow-up attraverso QBST ed esame clinico possiamo dire che il test è facile e veloce da eseguire ed è ben tollerato dai pazienti, ai quali non viene cambiata la posizione degli aghi né allungata la seduta dialitica. Inoltre nei pazienti negativi al test non abbiamo avuto nessun episodio trombotico.
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Mascalchi, M., C. Moroni, M. Bartolucci, C. Gavazzi y C. Bortolotti. "Diagnostica neuroradiologica nella patologia della loggia cavernosa". Rivista di Neuroradiologia 13, n.º 3 (junio de 2000): 375–86. http://dx.doi.org/10.1177/197140090001300308.

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Resumen
Il seno cavernoso può essere interessato da patologia neoplastica (primitiva e secundaria), infiammatoria e vascolare. Tutte queste entità, ad esclusione delle fistole carotido-cavernose dirette, si manifestano con una clinica analoga, rendendo la diagnosi dipendente fondamentalmente dalle tecniche di imaging. Attualmente le metodiche più utili nello studio del seno cavernoso sono la tomografia computerizzata e la risonanza magnetica che, con le tecniche di angio-TC ed angio-RM, permettono anche uno studio simil-angiografico della regione di interesse. L'arteriografia selettiva rimane tuttora la tecnica gold standard nello studio delle patologie vascolari (aneurismi della carotide interna e fistole carotido-cavernose). La flebografia sovraorbitaria trova attualmente utilizzo esclusivo nella diagnosi della sindrome di Tolosa Hunt con RM negativa e talvolta nella terapia endovascolare di fistole artero-venose. I tumori primitivi più frequenti sono i meningiomi, mentre i neurinomi del seno cavernoso sono estremamente rari. I meningiomi insorgono dal rivestimento durale del seno e si manifestano, sia alla TC che alla RM, come lesioni ben delimitate con un'impregnazione precoce, intensa ed omogenea. I neurinomi del seno cavernoso possono derivare dal III, dal IV, dal V o dal VI nervo cranico e possono insorgere primitivamente nel seno cavernoso o, più frequentemente, negli spazi cisternali interessando il seno sviluppandosi lungo il nervo. La diagnosi differenziale deve essere posta soprattutto tra il meningioma ed il macroadenoma ipofisario a sviluppo laterosellare (il più frequente tumore secondario). Il principale criterio riguarda l'interessamento della carotide interna che viene frequentemente stenotizzata dai meningiomi, mentre può essere circondata e dislocata dai macroadenomi, senza però apprezzare significative riduzioni del suo lume. Il seno cavernoso può essere interessato per contiguità anche da due neoplasie della base cranica: il carcinoma del rinofaringe ed il cordoma. Le metastasi del seno cavernoso si possono instaurare per via ematogena, liquorale o perineurale. Determinano generalmente aumento di volume del seno, non hanno un segnale RM caratteristico e devono essere messe in diagnosi differenziale con le patologie infiammatorie. Queste comprendono la sindrome di Tolosa Hunt e le affezioni granulomatose croniche (sarcoidosi, granulomatosi di Wegener). La prima è caratterizzata da dolore retroorbitario, paralisi dell'oculomotore ed iperestesia trigeminale sostenute da un'infiammazione del seno ad eziologia sconosciuta. Le immagini di RM possono essere del tutto negative ed in tali casi può essere utile per raggiungere la diagnosi la flebografia. Un valido criterio diagnostico per le patologie infiammatorie è rappresentato dalla drammatica remissione della sintomatologia e del quadro radiologico in seguito a terapia steroidea. Gli aneurismi della carotide interna sono classificati in base alle dimensioni: se di diametro superiore ai 2,5 cm vengono definiti giganti. Questi hanno parete trombizzata, scarsa tendenza alla rottura e si manifestano clinicamente con sintomi da compressione dei nervi che decorrono nella parete od all'interno del seno cavernoso. Nella diagnosi di queste formazioni la semeiotica TC e RM, tra loro complementari, rivestono un ruolo importante. Il criterio fondamentale è però dato dalla dimostrazione della natura vascolare della lesione, ottenibile con le tecniche di angio-TC e angio-RM e l'arteriografia selettiva. Le fistole carotido-cavernose dirette sono anomale comunicazioni ad alto flusso tra la carotide interna ed il seno cavernoso Sono caratterizzate da una presentazione clinica improvvisa ed imponente e sono facilmente valutabili con TC, angio-TC, RM, angio-RM ed arteriografia digitale. Le fistole carotido-cavernose indirette corrispondono a fistole arterovenose durali ed hanno di solito una clinica sfumata ed un decorso subdolo. La loro diagnosi con TC, angio-TC, RM ed angio-RM è più difficile essendo spesso i reperti suggestivi di tali condizioni rappresentati solo da una dilatazione della vena orbitaria di drenaggio. L'arteriografia oltre a confermare la diagnosi rappresenta anche l'indagine indispensabile per la programmazione terapeutica endovascolare o chirurgica.
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Tesis sobre el tema "Fistole arterovenose"

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BOZZETTO, Michela. "Nuove strategie computazionali per migliorare l'esito clinico delle fistole arterovenose per emodialsi". Doctoral thesis, Università degli studi di Bergamo, 2022. http://hdl.handle.net/10446/212690.

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PERTICA, Nicoletta. "Accuratezza diagnostica di stenosi dei test di sorveglianza utilizzabili al letto del malato nelle fistole arterovenose". Doctoral thesis, 2009. http://hdl.handle.net/11562/337414.

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Resumen
Un accesso vascolare ben funzionante è il presupposto più importante per un buon trattamento dialitico; in quest’ambito la fistola arterovenosa con vasi nativi è il miglior accesso vascolare possibile: consente flussi ematici elevati, riduce al minimo il rischio infettivo ed ha la sopravvivenza maggiore. Le attuali linee guida raccomandano un programma di monitoraggio sistematico degli accessi venosi per emodialisi per ridurre l’incidenza di stenosi e trombosi degli accessi stessi. Sono stati proposti molti metodi di monitoraggio, tra cui una valutazione del flusso di sangue a livello dell’accesso arterioso (Qa), il monitoraggio clinico, il ricircolo dell’accesso, gli ultrasuoni (metodica del Duplex Ultrasound DU), una misurazione statica delle pressioni dialitiche. Per definire un programma di sorveglianza-monitoraggio efficace della FAV nella nostra Divisione, è stato condotto uno studio pilota su 76 pazienti emodializzati (53 maschi, 23 femmine, età media 62 + 16 anni) con FAV nativa per confrontare l’efficacia delle diverse tecniche (incluso il monitoraggio clinico, le pressioni dialitiche venose statiche e dinamiche, la pressione arteriosa di aspirazione, la misura delle resistenze e del flusso arterioso) nella diagnosi di stenosi significative (>50%), angiograficamente dimostrate. Tutte le fistole sono state esaminate con i seguenti test: esame clinico, misurazione delle pressioni venose (Qb) dopo circa 5 minuti dall’attacco con un flusso di 200 ml/min, misura della pressione statica, misura delle pressioni arteriose ad un flusso di 400 ml/min ed espresione del rapporto tra flusso (Qb) e pressioni arteriose, misura del ricircolo e del Qa con metodo transonic. Lo studio prevedeva inoltre di sottoporre tutti i pazienti a fistolografia al fine di individuare quelle con stenosi significativa (riduzione del diametro vascolare paragonata ad un segmento adiacente >50%). Le stenosi sono state definite come stenosi all’inflow (STm) quando iuxtanastomotiche, o uotflow stenosis (STout) quando localizzate a valle dell’anastomosi, al terzo medio o prossimali. L’analisi dei dati, eseguita in una popolazione non selezionata di pazienti con FAV nativa, conferma l’elevata prevalenza di stenosi (circa il 50%) segnalata in letteratura ed evidenzia come queste siano localizzate prevalentemente all’inflow. Queste interessano infatti il 35% delle nostre fistole, con percentuali sovrapponibili nelle distinte sedi di anastomosi. In particolare le stenosi inflow sono più frequenti nelle FAV distali mentre quelle outflow sono meno frequenti e si presentano soprattutto nelle FAV prossimali, seppur non vi sia una differenza statisticamente significativa. L’analisi delle curve ROC ha evidenziato che gli unici test con capacità discriminativa della stenosi (indipendentemente dalla sede) sono stati il Qa,, il VAPR e l’esame clinico, mentre tutti gli altri test non hanno dimostrato una significatica capacità predittiva di stenosi. Il valore soglia di Qa <900 risulta essere il test con la migliore performance diagnostica di stenosi, con le caratteristiche di un buon test, anche se non ideale (accuratezza 75%, sensibilità 75%, specificità 75 %, VPP 73%, VPN 77%) L’esame clinico è risultato avere accuratezza diagnostica solo accetTabellaile, così come il VAPR< 0,5. Insoddisfacente risulta invece l’accuratezza diagnostica delle pressioni venose, del Qb/PANe del ricircolo. Quando l’analisi è stata limitata alle stenosi all’ “inflow” gli unici test con capacità discriminativa sono risultati il Qa con il miglior valore soglia < 900 ml/min e l’esame Clinico. Per la stenosi all’ “outflow” tutti i test, ad eccezione del ricircolo, hanno mostrato una significativa capacità discriminativi. Per la stenosi all’inflow il miglior test rimane il Qa, con un’accuratezza diagnostica e un’applicabilità clinica entrambe buone a valori di cut off variabili tra 500 e 900 ml/min. In conclusione il nostro studio, che conferma come la distribuzione della stenosi sia differente a seconda della sede dell’anastomosi, è uno dei pochi lavori che paragonano diversi test disponibili al letto del malato e dimostra come la performance dei vari test nel diagnosticare la stenosi sia criticamente dipendente dalla sede dell’anastomosi. Questa osservazione può avere importanti implicazioni pratiche perchè suggerisce che le fistole più distali possono essere monitorate prevalentemente con il Qa associando eventualmente anche la valutazione clinica, mentre le FAV più prossimali (anastomosi dai 2/3 in po) vanno monitorate con diversi test,dalla valutazione clinica al Qa ed anche con la misurazione delle PV, in particolar modo il VAPR.
Vascular access guidelines recommend regular monitoring/surveillance for early detection of stenosis in arteriovenous fistulae (AVFs) and suggest that each unit establish its own program comprising one or more procedures, but no studies have been conducted to compare comprehensively the diagnostic performance of the different procedures adopted. Angiography and monitoring/surveillance tests were performed in 76 randomly-selected hemodialysis patients (pts) with native AVF (53 males, 23 females, aged 62 + 16 years) to compare diagnostic accuracy of clinical examination (monitoring), dynamic venous pressure at blood pump flow rate (Qb) of 200 ml/min (VP200), derived static venous pressure (VAPR), Qb/negative arterial pre-pump pressure at Qb of 400 ml/min (Qb/NAP400), ultrasound dilution (UD) access recirculation (R) and UD access blood flow rate (Qa) in detecting angiographically-proven, significant (>50 %) stenosis. AVF was located in the lower third of the forearm (dAVF) in 31 pts and in the upper forearm/elbow region in 45 (pAVF). Angiography identified a significant stenosis in 36 AVFs (27 dAVF, 11 pAVF). The diagnostic accuracy of these procedures was evaluated by Receiver Operating Characteristics (ROC) curve analysis and expressed as area under the curve (AUC). The only tests revealing discriminatory power for STin were Qa (AUC 0.82 + 0.979, p <0.001) and clinical examination (AUC 0.0.540 + 0.08, p 0.018). VAPR (AUC 0.93 + 0.05, p <0.001), VP200 (AUC 0.80 + 0.09, p 0.015) and clinical examination (AUC 0.79 + 0.12, p 0.028) were the only significant predictors of STout. An optimal combination of sensitivity (SE) and specificity (SP) for STin was observed for Qa <900 ml/min, followed by clinical examination, while the best diagnostic accuracy for STout was observed for VAPR >0.50 followed by clinical examination and VP200 >80 mmHg. Our study suggests that diagnostic accuracy of the various AVF surveillance techniques depends on the location of the stenosis, Qa being the best test for STin and VAPR for STout . Clinical examination is the only tool with good discriminatory power for stenosis regardless of its location, but it carries the drawback of overlooking a considerable number of stenotic AVFs.
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Chiang, Pei-Yu y 蔣培宇. "A Novel Wireless Photoplethysmography Sensor for Measuring Blood Flow Volume at Arterovenous Fistula". Thesis, 2019. http://ndltd.ncl.edu.tw/handle/aqxmgr.

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Resumen
博士
國立交通大學
電控工程研究所
107
A novel wireless photoplethysmography (PPG) sensor for measuring blood flow volume (BFV) at arteriovenous fistula (AVF) in hemodialysis (HD) patients are proposed in this dissertation. BFV is nowadays in clinic measured by an ultrasound Doppler monitor, which is expensive, bulky and can only be operated by well-trained medical personnels. This dissertation is devoted to develop a low-cost, small-sized, portable and easy-to-use PPG sensor that is capable of measuring BFV at AVF. First, the feasibility of assessing BFV at AVF using PPG sensor is proposed by reviewing the qualitative analysis of previous works. New designs of front-end analog circuits, signal processing and an intelligent neural network calibration method are employed to finally achieve high correlation (R2 = 0.7176), as opposed to the ultrasound Doppler monitor, with the root mean squared errors successfully controlled under 289 ml/min. Second, theoretical developments and mathematical derivation of measuring BFV at AVF using a PPG sensor are presented. After calibration with the gold standard, dilution concentration sensor, the experiment result reveals that the designed PPG sensors implementing the proposed equations successfully achieve much higher correlation (R2 = 0.8064) and much lower error (RMSE = 171.68 ml/min, MAPE = 15.84 %) compared to the conventional Doppler machine. Furthermore, to improve the type II error, the class-weighted SVM classifiers employed five different kernel functions are designed. The experimental results showed that the proposed PPG sensors successfully achieved an accuracy of 89.11% in assessing health of AVF and with a type II error of only 9.59%.
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Capítulos de libros sobre el tema "Fistole arterovenose"

1

Romano, Luigia. "Fistole arterovenose intraspleniche post-traumatiche". En Protocolli di studio in TC spirale multistrato, 26–27. Milano: Springer Milan, 2010. http://dx.doi.org/10.1007/978-88-470-1572-2_10.

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