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Tesis sobre el tema "Filosofia della religione"

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Spano, Hagar <1977&gt. "Johann August Eberhard (1739-1809). Ontologia e filosofia della religione". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2008. http://amsdottorato.unibo.it/1116/1/Tesi_Spano_Hagar.pdf.

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Spano, Hagar <1977&gt. "Johann August Eberhard (1739-1809). Ontologia e filosofia della religione". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2008. http://amsdottorato.unibo.it/1116/.

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Simeoni, Valentina <1986&gt. "Conoscere Dio : Hegel e il problema di una religione moderna". Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2016. http://hdl.handle.net/10579/10317.

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Resumen
L’atteggiamento di Hegel nei confronti della religione è controverso: da un lato, essa è oggetto di critica, dall’altro, è una forma di sapere assoluto. Il lavoro si propone quindi di ripercorrere l’intero sviluppo del pensiero religioso hegeliano – a partire dagli anni della formazione teologico-filosofica sino alle lezioni berlinesi sulla Religionsphilosophie – con l’obiettivo di chiarire le ragioni di una tale duplicità, che esprime in ultima analisi la dialettica di spirito e natura presente al fondo del concetto di “religione” nonché il tentativo hegeliano di (ri)pensare il cristianesimo e il suo rapporto problematico con la modernità. In considerazione di questa ricostruzione, poi, si può far luce anche sulla nozione di “assoluto”, tenendo conto in particolare dei temi cruciali dell’alterità e della relazione, costitutiva per entrambi, tra divino e umano.
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Russo, Raffaele. "L'ipotesi non necessaria: Ermeneutica demitizzante e critica utilitarista della religione in Jeremy Bentham". Doctoral thesis, Università degli studi di Trento, 2013. https://hdl.handle.net/11572/368138.

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Resumen
Tra Paley e Bentham l’utilitarismo attraversò, nel giro di pochi anni, la sua linea d’ombra, e pur mantenendo dei tratti riconoscibili di continuità mutò in modo evidente la propria configurazione e organizzazione teorica. Nella prospettiva della storia di questa peculiare dottrina, lo scoccare di uno dei più importanti momenti di passaggio della modernità si può collocare con una certa precisione, tra il 1785 (l’anno della pubblicazione dei Principles of Moral and Political philosophy di Paley) e il 1789 (l’anno della pubblicazione della Introduction to the principles of Morals and Legislation di Bentham, e che evidentemente è significativo anche per altre clamorose manifestazioni di novità nel mondo istituzionale e politico). Anche in quella peculiare elaborazione collettiva che fu in quel periodo il dibattito che portò alle più importanti prese di posizione pubbliche degli utilitaristi inglesi, si può situare in quegli anni il momento in cui il progressivo “disincanto del mondo†si è fatto concezione generale e sistematica della vita associata degli uomini e del mondo cui essi appartengono. Proprio il passaggio, nel volgere di pochi anni, dall’utilitarismo di Paley a quello di Bentham, comportò – partendo da elementi dottrinali molto simili – una concezione completamente nuova della legittimazione dell’autorità, e una parte rilevante di questo spostamento teorico ed ideologico riguardò questioni apparentemente eterogenee, quali il tema dell’origine del mondo, l’opportunità o meno di prestare giuramento nei tribunali, l’analisi della coerenza logica del catechismo impiegato nell’istruzione religiosa inglese e l’indirizzo esatto della casa di un certo Anania, oscuro abitante della Damasco del primo secolo dopo Cristo.
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5

Rossi, Eleonora <1995&gt. "Le intersezioni della bioetica giapponese: religione, filosofia e genere nei casi di aborto e trapianto di organi". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2021. http://hdl.handle.net/10579/18861.

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Resumen
L’elaborato si prefigge di analizzare due tematiche in chiave bioetica: l’interruzione volontaria di gravidanza e la morte cerebrale in relazione al trapianto di organi. Scopo della ricerca è capire in che modo il milieu culturale giapponese agisce sulla formulazione di tali problematiche rendendone la concettualizzazione specifica e unica, di indagare in che modo filosofia, religione e genere riescano a influenzarle. Nel primo capitolo verranno spiegate le caratteristiche della bioetica di stampo giapponese, i suoi sviluppi storici e cronologici, i fattori filosofici e religiosi che maggiormente la influenzano. I due concetti di inochi (vita) e ningen (essere umano) saranno centrali nell’analisi per cui aborto e morte cerebrale vengono concepite così differentemente rispetto alla bioetica europea e statunitense. Nel secondo capitolo si delineerà la storia giuridica e sociale dell’aborto con particolare riferimento all’attivismo femminista e per i diritti dei pazienti, per poi infine vedere in che modo il Buddhismo ha risposto alla problematica dell’IVG in Giappone, tramite il rituale del mizukokuyō. Nel terzo capitolo il focus si sposterà invece sul trapianto di organi e sulla morte cerebrale, la cui formulazione giuridica ha reso la tematica di difficile e controversa accettazione. Il quarto capitolo sarà dedicato all’analisi del questionario che si è sottoposto, atto a indagare le tendenze dei rispondenti riguardo vita, morte, IVG, trapianto di organi e morte cerebrale.
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6

DEMURU, FEDERICA. ""In Lumine Dai". La dimensione religiosa in Max Scheler e sue matrici agostiniane". Doctoral thesis, Università degli Studi di Cagliari, 2008. http://hdl.handle.net/11584/265879.

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Resumen
‘Relazione’ è la cifra con cui si deve intendere il presente lavoro. Relazione come legame, come vincolo, come rapporto; relazione con altro da sè, che provoca le risposte e le azioni, attraverso le quali si puo cogliere l’uomo. L’esistenza umana è costituita da una trama di rapporti e di incontri con tutta la realtà; se dobbiamo identificare qualcuno o noi stessi, immediatamente facciamo ricorso alla descrizione di una relazione: parliamo di parenti, di amici, di colleghi; anche il nostro nome, che ci risparmia la fatica di raccontare una storia troppo lunga ogni qualvolta ci si debba presentare, indica una relazione. Relazione tra noi e gli altri, ma anche tra noi e l’ambiente con cui interagiamo: siamo studenti, soldati, commercianti, pianisti, muratori, sportivi, ecc.; siamo tutte le relazioni che abbiamo con noi stessi, con gli altri, con il mondo e ad ogni nostra relazione corrisponde una particolare azione che la instaura. Il subisso di azioni che l’uomo intraprende nella sua esistenza trova il centro unificatore in una relazione fondante, quella tra l’uomo e Dio; unicamente in questo elevato e profondo rapporto l’uomo realizza pienamente la sua persona. La religione indica propriamente tale relazione. L’affondo nell’etimologia di questo termine permette di risalire al suo significato; infatti, religione potrebbe derivare sia dal verbo relego (raccogliere dietro a sè), sia dal verbo religo (legare, vincolare); la religione lega a se come raccolta attraverso norme sacre, vincoli. Max Scheler è consapevole del valore fondante della dimensione religiosa per la persona. Tutta la sua indagine antropologica è tesa ad individuare le coordinate della “posizione dell’uomo nel cosmo” a partire da questa “origine”; ciò è valido, per Scheler, anche indipendentemente dall’affermazione vera e propria dell’esistenza di Dio, dalla concezione teistica, almeno col significato che l’uomo è perchè conosce e vuole qualche cosa che trascende se stesso, ma non qualunque cosa: qualcosa che ha la natura del santo, del divino.
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7

GUANZINI, ISABELLA. "UTOPIA NEL CRISTIANESIMO. HEGEL E PAOLO: IL CONCETTO DI AMORE NELLE JUGENDSCHRIFTEN". Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2013. http://hdl.handle.net/10280/1858.

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Resumen
Le Jugendschriften di Hegel rappresentano un ingresso privilegiato nella comprensione dell’intero sistema hegeliano. Nonostante la critica le abbia per molto tempo considerate carte giovanili dense di un afflato romantico e mistico destinato a essere sostanzialmente abbandonato nell’impianto speculativo-razionale della maturità, questa ricerca intende illustrare, in questi scritti, la formazione statu nascenti degli assi fondamentali del suo pensiero. Da questa ricognizione emerge il ruolo sistematico dell’indagine hegeliana sulle strutture portanti della forma religiosa, colta soprattutto nell’Aufhebung dello spirito della Legge nella nuova legge dello Spirito. In relazione a tale assunto ermeneutico, sono sottoposte a una disamina analitica il rapporto dialettico fra legge e amore, il contrasto fra spirito e lettera, il concetto di destino, la nozione di positività, il senso escatologico del tempo, il progetto di una nuova vitalità religiosa per la sua epoca. La ricerca intende illuminare la connessione di queste figure, e in particolare quelle di legge e di amore, che costituiscono i luoghi fondamentali della prima elaborazione della dialettica, con lo sfondo teologico delle Lettere di Paolo, che il giovane Hegel studia e analizza nel suo periodo di formazione a Stoccarda, a Tubinga e a Francoforte.
Hegel’s Jugendschriften represent a privileged way in the understanding of the whole Hegelian speculative system. Many critics have considered them for a long time as juvenile papers dense of romantic and mystical afflatus, destined to be substantially abandoned in the speculative-rational works of his maturity. This research aims at illustrating the development of the fundamental axis of Hegel’s thought in the philosopher’s early writings. From this recognition emerges the systematic role of the investigation into the religious form, perceived above all in the abolishment (Aufhebung) of the spirit of the Law in the law of the Spirit and in its preserving. With regard to this hermeneutical assumption, the research examines analytically the dialectical relationship between law and love, the Letter/Spirit contrast, the concept of destiny, the notion of positivity, the eschatological meaning of time, the project of a new religious vitality for his epoch. This study aims at enlightening the connection of these figures and, above all, of the categories of law and love, which constitute the basis for the elaboration of the dialectics, with the theological background of Paul’s Epistles, which Hegel had studied during his education in Stuttgart, Tubingen and Frankfurt.
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GUANZINI, ISABELLA. "UTOPIA NEL CRISTIANESIMO. HEGEL E PAOLO: IL CONCETTO DI AMORE NELLE JUGENDSCHRIFTEN". Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2013. http://hdl.handle.net/10280/1858.

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Resumen
Le Jugendschriften di Hegel rappresentano un ingresso privilegiato nella comprensione dell’intero sistema hegeliano. Nonostante la critica le abbia per molto tempo considerate carte giovanili dense di un afflato romantico e mistico destinato a essere sostanzialmente abbandonato nell’impianto speculativo-razionale della maturità, questa ricerca intende illustrare, in questi scritti, la formazione statu nascenti degli assi fondamentali del suo pensiero. Da questa ricognizione emerge il ruolo sistematico dell’indagine hegeliana sulle strutture portanti della forma religiosa, colta soprattutto nell’Aufhebung dello spirito della Legge nella nuova legge dello Spirito. In relazione a tale assunto ermeneutico, sono sottoposte a una disamina analitica il rapporto dialettico fra legge e amore, il contrasto fra spirito e lettera, il concetto di destino, la nozione di positività, il senso escatologico del tempo, il progetto di una nuova vitalità religiosa per la sua epoca. La ricerca intende illuminare la connessione di queste figure, e in particolare quelle di legge e di amore, che costituiscono i luoghi fondamentali della prima elaborazione della dialettica, con lo sfondo teologico delle Lettere di Paolo, che il giovane Hegel studia e analizza nel suo periodo di formazione a Stoccarda, a Tubinga e a Francoforte.
Hegel’s Jugendschriften represent a privileged way in the understanding of the whole Hegelian speculative system. Many critics have considered them for a long time as juvenile papers dense of romantic and mystical afflatus, destined to be substantially abandoned in the speculative-rational works of his maturity. This research aims at illustrating the development of the fundamental axis of Hegel’s thought in the philosopher’s early writings. From this recognition emerges the systematic role of the investigation into the religious form, perceived above all in the abolishment (Aufhebung) of the spirit of the Law in the law of the Spirit and in its preserving. With regard to this hermeneutical assumption, the research examines analytically the dialectical relationship between law and love, the Letter/Spirit contrast, the concept of destiny, the notion of positivity, the eschatological meaning of time, the project of a new religious vitality for his epoch. This study aims at enlightening the connection of these figures and, above all, of the categories of law and love, which constitute the basis for the elaboration of the dialectics, with the theological background of Paul’s Epistles, which Hegel had studied during his education in Stuttgart, Tubingen and Frankfurt.
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Ghilardi, Francesca <1990&gt. "Profilo storico e religioso delle grotte di Yungang. Analisi sistematica della grotta 20 e delle grotte 5 e 6". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2017. http://hdl.handle.net/10579/10463.

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Resumen
La tesi, suddivisa in cinque capitoli, si prefissa, nella prima parte, di chiarificare il profilo storico e religioso delle grotte di Yungang e, nella seconda parte, di fornire una descrizione specifica di tre grotte. Il primo capitolo tratta in modo generico il contesto storico e politico degli eventi che hanno portato alla formazione della dinastia dei Wei Settentrionali e, di conseguenza, alla nascita del complesso di grotte. Il secondo capitolo si concentra sulle nozioni basilari della religione buddhista e di come la dottrina abbia fatto il suo ingresso in Cina e vi si sia radicata, acquisendo un'importanza e una dignità sempre maggiori, tanto da essere considerata, per un certo periodo, alla stregua di confucianesimo e taoismo. Il terzo capitolo descrive genericamente l'assetto delle grotte e lo sviluppo dell'iconografia buddhista, che ha portato a una differenziazione stilistica all'interno delle grotte stesse. Infine, il quarto e il quinto capitolo analizzano più nello specifico, da una parte, la grotta 20, dall'altra, la 5 e la 6. La scelta di suddividere in questo modo gli ultimi due capitoli è data dal fatto che la grotta 20 è antecedente, per periodo storico, alle grotte 5 e 6, che, invece, sono state costruite negli stessi anni. Questa differenziazione è visibile anche a livello stilistico, specialmente nella struttura architettonica delle grotte, nella decorazione parietale e nella rappresentazione scultorea delle figure buddhiste.
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ROVATI, ALESSANDRO. "Liberalismo, Neutralità dello Stato e la Politica della Chiesa. Filosofia Morale e Teologia Politica nel lavoro di Stanley Hauerwas". Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2015. http://hdl.handle.net/10280/6156.

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Resumen
Questa tesi si occupa di analizzare il lavoro di Stanley Hauerwas, uno studioso di grande fama nel mondo accademico americano i cui testi sono molto letti in tutto il mondo. Tramite la lettura critica dell’intero corpus degli scritti di Hauerwas la tesi intende riflettere sul rapporto problematico tra Cristianesimo e liberalismo. A questo scopo, la tesi si concentra inizialmente sui presupposti filosofici che sono alla base delle argomentazioni di Hauerwas. In secondo luogo, riflette sulle idee ed istituzioni tipiche del liberalismo e sul loro rapporto con il Cristianesimo. Infine, descrive la proposta etica di Hauerwas e il modo con cui questa determina il tipo di politica che la chiesa e i cristiani dovrebbero avere. Seguendo l’ampiezza del lavoro di Hauerwas, la tesi si interessa di un gran numero di filosofi, teorici della politica e teologi, spaziando dagli scritti di Aristotele e Tommaso d’Aquino, alla filosofia del linguaggio di McCabe, Murdoch, e Wittgenstein, dalle riflessioni etiche di Kovesi, Anscombe, e MacIntyre, alle teorie politiche di Rawls, Stout e Coles. Grazie alla sottolineatura del ruolo delle virtù e della formazione morale, insieme all’enfasi posta sull’importanza che la tradizione della chiesa, le sue pratiche e il suo linguaggio hanno nel dare forma all’immaginazione e alle vite dei cristiani, Hauerwas descrive in maniera costruttiva e feconda una proposta politica genuinamente cristiana e ci aiuta a navigare le complessità del mondo contemporaneo.
The dissertation provides an in-depth analysis of the scholarship of Stanley Hauerwas, a very prominent figure in the American academy whose body of work is widely read in many countries. By providing a close reading of Hauerwas’ entire corpus, the dissertation aims at discussing the contested relationship between Christianity and liberalism. It does so first, by focusing on the philosophical presuppositions that shape Hauerwas’ overall argument. Second, it reflects on the main liberal commitments and institutions and their relationship with Christianity. Third, it describes Hauerwas’ ethical proposal and its bearings on the political commitments that the church and Christians ought to have. Following the breadth of Hauerwas’ work, the dissertation deals with a great number of philosophers, political theorists, and theologians, spanning from the writings of Aristotle and Aquinas, to the philosophy of language of McCabe, Murdoch, and Wittgenstein, to the ethical reflections of Kovesi, Anscombe and MacIntyre, and to the political theory of Rawls, Stout, and Coles. Through his stress on the role of virtues and moral formation, and by emphasizing the importance that the church’s tradition, language, and practices have in shaping the imagination and lives of Christians, Hauerwas gives a constructive and fruitful description of what a genuine Christian politics looks like and helps us navigate the complex world of today.
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ROVATI, ALESSANDRO. "Liberalismo, Neutralità dello Stato e la Politica della Chiesa. Filosofia Morale e Teologia Politica nel lavoro di Stanley Hauerwas". Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2015. http://hdl.handle.net/10280/6156.

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Resumen
Questa tesi si occupa di analizzare il lavoro di Stanley Hauerwas, uno studioso di grande fama nel mondo accademico americano i cui testi sono molto letti in tutto il mondo. Tramite la lettura critica dell’intero corpus degli scritti di Hauerwas la tesi intende riflettere sul rapporto problematico tra Cristianesimo e liberalismo. A questo scopo, la tesi si concentra inizialmente sui presupposti filosofici che sono alla base delle argomentazioni di Hauerwas. In secondo luogo, riflette sulle idee ed istituzioni tipiche del liberalismo e sul loro rapporto con il Cristianesimo. Infine, descrive la proposta etica di Hauerwas e il modo con cui questa determina il tipo di politica che la chiesa e i cristiani dovrebbero avere. Seguendo l’ampiezza del lavoro di Hauerwas, la tesi si interessa di un gran numero di filosofi, teorici della politica e teologi, spaziando dagli scritti di Aristotele e Tommaso d’Aquino, alla filosofia del linguaggio di McCabe, Murdoch, e Wittgenstein, dalle riflessioni etiche di Kovesi, Anscombe, e MacIntyre, alle teorie politiche di Rawls, Stout e Coles. Grazie alla sottolineatura del ruolo delle virtù e della formazione morale, insieme all’enfasi posta sull’importanza che la tradizione della chiesa, le sue pratiche e il suo linguaggio hanno nel dare forma all’immaginazione e alle vite dei cristiani, Hauerwas descrive in maniera costruttiva e feconda una proposta politica genuinamente cristiana e ci aiuta a navigare le complessità del mondo contemporaneo.
The dissertation provides an in-depth analysis of the scholarship of Stanley Hauerwas, a very prominent figure in the American academy whose body of work is widely read in many countries. By providing a close reading of Hauerwas’ entire corpus, the dissertation aims at discussing the contested relationship between Christianity and liberalism. It does so first, by focusing on the philosophical presuppositions that shape Hauerwas’ overall argument. Second, it reflects on the main liberal commitments and institutions and their relationship with Christianity. Third, it describes Hauerwas’ ethical proposal and its bearings on the political commitments that the church and Christians ought to have. Following the breadth of Hauerwas’ work, the dissertation deals with a great number of philosophers, political theorists, and theologians, spanning from the writings of Aristotle and Aquinas, to the philosophy of language of McCabe, Murdoch, and Wittgenstein, to the ethical reflections of Kovesi, Anscombe and MacIntyre, and to the political theory of Rawls, Stout, and Coles. Through his stress on the role of virtues and moral formation, and by emphasizing the importance that the church’s tradition, language, and practices have in shaping the imagination and lives of Christians, Hauerwas gives a constructive and fruitful description of what a genuine Christian politics looks like and helps us navigate the complex world of today.
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MONTALBANO, Alessandro. "LA RILEVANZA DELLE RAGIONI RELIGIOSE NELLA SFERA PUBBLICA". Doctoral thesis, Università degli Studi di Palermo, 2014. http://hdl.handle.net/10447/90644.

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Auciello, Roberta <1993&gt. "Le sepolture della dinastia Song: riflesso della società e del sincretismo religioso". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2018. http://hdl.handle.net/10579/13080.

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Resumen
Recentemente gli archeologi hanno riportato alla luce numerose sepolture risalenti alla dinastia Song, permettendo agli studiosi di costruire una visione (frammentaria) delle tradizioni funerarie invalse in questo periodo. Nonostante le semplici strutture, i sepolcri del periodo Song mostrano una certa straordinarietà data dai dettagli minuziosamente curati e dalle copiose pitture parietali nella camera funeraria. Oltre alla maestria degli artigiani del tempo, dietro tali sepolture si cela un inconsueto sincretismo ideologico tra i tre insegnamenti da cui la società dipendeva: buddhismo, daoismo e neoconfucianesimo.
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Zanfi, Caterina <1982&gt. "Bergson e la filosofia tedesca contemporanea. Alle fonti de Les Deux Sources de la morale et de la religion". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2011. http://amsdottorato.unibo.it/4139/1/zanfi_caterina_tesi.pdf.

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Zanfi, Caterina <1982&gt. "Bergson e la filosofia tedesca contemporanea. Alle fonti de Les Deux Sources de la morale et de la religion". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2011. http://amsdottorato.unibo.it/4139/.

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CORSERI, Vincenzo Maria. "CAPUT-CORPUS: IL LINGUAGGIO DELLA concordantia NELLA RIFLESSIONE POLITICO-RELIGIOSA DI NICOLA CUSANO". Doctoral thesis, Università degli Studi di Palermo, 2014. http://hdl.handle.net/10447/91308.

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Resumen
La visione politico-religiosa di Nicola Cusano è imperniata su un approfondimento speculativo del concetto di ‘unità’. Nel terzo libro del De docta ignorantia, nel quale si tratta specificamente di “quel massimo che è ad un tempo assoluto e contratto”, ossia di Gesù Cristo, il tema della Chiesa viene affrontato proprio nell’ultimo capitolo, a chiusura dell’intera trattazione. Si parte dalla constatazione dell’ineguaglianza di grado nella fede all’interno della diversità umana: dal momento che essa si caratterizza per il più e il meno, non esiste la possibilità tra gli uomini di potere giungere ad una fede massima, cioè assoluta, tale da non permettere l’eventualità di una fede ancora più alta. Per Cusano esiste, però, un testimone e latore della fede e della carità in senso assoluto: questi è Gesù Cristo “il quale fu ad un tempo viatore e possessore di Dio, uomo amante e Dio amato”. Gesù Cristo compendia ogni grado di fede e ogni grado di carità che rimangono, invece, distinti, diversificati ed articolati nella molteplicità umana e nella specificità di ogni creatura. In altre parole, l’apice assoluto della fede e dell’amore, rappresentato dalla figura di Cristo, dà ragione di tutta l’estrema varietà e differenzialità di fede e amore presenti nel contesto umano. Cusano ha una visione estremamente aperta e non certo rigida o riduttiva della totalità ecclesiale. In sostanza, la Chiesa è per lui l’intera stirpe umana, infinitamente diversa nei suoi gradi (e dunque nei suoi modi) di fede e amore in Dio. Il lavoro si pone l’obiettivo di analizzare l’uso, da parte di Nicola Cusano, del concetto di concordanza tra ecclesiologia e teoria politica. L’idea di concordantia è applicata da Cusano alla concreta prassi politico-ecclesiologica, in un tentativo di superamento delle divergenti interpretazioni delle fonti (coniugando processo canonistico di armonizzazione e metodo storico-critico) e di sperimentazione dell’analisi storica. La prima sezione della tesi discute il conciliarismo e, quindi, il Movimento conciliare, mettendoli in riferimento al contesto delle idee sviluppate da Cusano nel De concordantia catholica. Sono stati affrontati alcuni nodi tematici della storia europea della prima metà del secolo XV in modo da permettere al lettore una migliore comprensione dell’elaborato: a) Movimento conciliare di Basilea, b) Grande Scisma, c) auto-dissoluzione del Concilio di Basilea. Il conciliarismo è stato trattato, 3 inoltre, da un punto di vista canonistico, ecclesiologico, politico e filosofico. Se lo si intende come una teoria politica, è stato proprio il conciliarismo ad avere la facoltà di mettere in dubbio l’idea della plenitudo potestatis papale. Si è cercato di riflettere perciò sull’importanza della teoria conciliare nel diritto canonico tardomedievale, oltre che in un quadro più completo del pensiero politico medievale. In questa seconda sezione, è stato messo in luce il quadro teorico del conciliarismo del De concordantia catholica. Nell’articolazione del lavoro, è stato determinante, in primo luogo, indagare l’impianto metafisico del discorso di Cusano, che comprende l’idea di emanazione (intesa come l’esigenza generale di superare l’isolamento del particolare), la visione trinitaria del mondo, e la metafisica della concordanza. Su questa linea, è stato mostrato come la concordantia, intesa come l’unità di parti diverse e diseguali (“ogni concordanza è concordanza di differenze”), è anche il principio – presente nel De concordantia catholica – su cui si sostiene una posizione di mediazione all’interno del dibattito politico-teologico conciliare. In secondo luogo, sono stati individuati i cardini del ragionamento di Cusano orientato a corroborare la sua posizione politico-filosofica all’interno del Concilio. La terza sezione del lavoro indaga la metafisica dell’unità nei tre grandi trattati filosofici della maturità di Cusano, il De docta ignorantia, il De coniecturis e il De pace fidei, con l’obiettivo di centrare gli aspetti peculiari delle argomentazioni cusaniane che riconducono alla problematizzazione del concetto di “armonia ecclesiale” e alla considerazione di un “metodo della concordantia”. La quarta parte della tesi è dedicata ad un riepilogo del percorso intellettuale e umano del cardinale filosofo. La sezione propone una presentazione organica dell’antropologia filosofica cusaniana, inquadrata attorno alla distinzione tra l’intuitus dell’intelletto (a-relazionale, non predicativo) e il “discorrere” della ratio (governata ancora dal principio di non contraddizione), ossia tra conoscenza intuitiva e conoscenza discorsiva. In chiusura, per una più opportuna contestualizzazione tematica all’interno dell’argomentazione d’insieme proposta, si è cercato di mettere questa distinzione concettuale in relazione alla concezione generale dell’ontologia cusaniana nell’economia del discorso filosofico-politico presentato da Cusano nei suoi principali scritti.
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MANFRINI, LEONARDO. "IL PECCATO ORIGINALE COME FIGURA DEL CONOSCERE. STUDIO A PARTIRE DAL MANUSKRIPT DER PHILOSOPHIE DER RELIGION DI HEGEL". Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2016. http://hdl.handle.net/2434/372749.

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Muscolino, Giuseppe. "Porfirio: il Contra Christianos. Per una nuova edizione dei frammenti". Doctoral thesis, Universita degli studi di Salerno, 2010. http://hdl.handle.net/10556/218.

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Resumen
2008 - 2009
La ricerca si compone di tre parti, distinte tra loro ma complementari: nella prima si ripercorrono le linee storiche dell'opera, analizzando la data e il luogo dove Porfirio ha composto il Contra Christianos, alla luce delle notizie divergenti fornite in proposito dalle varie fonti storiche. La seconda parte riguarda l'analisi dei tentativi che sono stati compiuti per cercare di ricostruire lo scritto anticristiano, partendo dall'anno 1630 fino al 1998. All'interno di questo arco di tempo di quasi quattro secoli, viene analizzata e criticata la raccolta del teologo tedesco A. von Harnack, che rappresenta a tutt'oggi l'unica edizione valida a cui fare riferimento. La terza parte infine riguarda il tentativo di una nuova edizione dei frammenti del Contra Christianos: si parte sostanzialmente dalla verifica della possibilità di far risalire a Porfirio la paternità di ogni singolo frammento; tale controllo viene esteso anche ad altri brani che nel corso dell'attuale ricerca sono stati ritenuti degni di interesse per il fine che si è cercato di raggiungere. Una volta fatta la classificazione dei frammenti e delle fonti, si è passati all'analisi e al commento di ogni singolo brano al fine di avere una visione quanto più completa da un punto di vista contenutistico, stilistico, filologico e filosofico. Con questo nuovo metodo si è cercato di stabilire i confini dell'ambito porfiriano, le competenze del filosofo, gli effettivi attacchi del neoplatonico facendo luce, all'interno del conflitto fra paganesimo e cristianesimo del III secolo, sulle novità e sulle differenze di Porfirio, non solo rispetto al suo predecessore Celso o al suo successore Giuliano, ma anche rispetto a quegli autori minori e a quel sostrato di cultura anticristiana che spesso è stata considerata porfiriana, ma, sottoposta ad una lettura più approfondita, non presenta in alcun modo le caratteristiche del neoplatonico riscontrabili, tra l'altro, anche dal confronto con altre opere. [a cura dell’autore]
VIII n.s.
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Circhetta, Silvia <1986&gt. "Lo sciamanesimo delle donne in Asia Orientale: studio comparatistico del fenomeno religioso in Giappone, Corea e isole Ryukyu". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/4431.

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Resumen
Nello straordinario arazzo della multiculturalità dell'Asia Orientale lo sciamanesimo è il tratto comune nella religiosità dei popoli che la abitano. La credenza nell'esistenza di un mondo aldilà di quello umano e la figura di uno sciamano che viene indotto alla trance per stabilire un contatto con esso sembrano essere la costante. Grazie agli spiriti lo sciamano entra in possesso di conoscenza e poteri straordinari come preveggenza, capacità di curare le malattie, abilità negromantiche che egli utilizza a beneficio della sua comunità. Il contatto può avvenire per mezzo del volo estatico, per cui l'anima dello sciamano esce dal suo corpo e scala i vari cieli fino a raggiungere la dimora degli dei, oppure con la possessione spiritica in cui gli dei discendono nel corpo dello sciamano e parlano attraverso di lui. Questi due movimenti opposti, uno verso l'alto e uno verso il basso, sono il discrimine che separa i culti sciamanici femminili da tutti gli altri.Il presente lavoro è uno studio comparatistico dello sciamanesimo in Giappone Corea e isole Ryukyu, paesi in cui è la donna la specialista del mondo del sacro. Ella si rende desiderabile dalle divinità e le invita ad entrare nel suo corpo attraverso il canto, la danza, l'esecuzione musicale di determinati strumenti o la recitazione di speciali preghiere o formule magiche. Nel corso dei secoli la religione delle donne è stata sommersa dai culti della società patriarcale come il Buddismo e il Confucianesimo e salvo il caso delle isole Ryukyu, relegata a un ruolo marginale, defilato ma che lascia trasparire, nonostante tutto, la sua presenza.
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Gioia, Lia. "William James e Carl Stumpf. Un rapporto scientifico e personale attraverso le lettere". Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2014. http://hdl.handle.net/10077/10147.

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2012/2013
William James e Carl Stumpf. Un rapporto scientifico e personale attraverso le lettere Come annuncia senza equivoci il titolo di questo lavoro, tema della nostra ricerca è il rapporto scientifico e personale che William James e Carl Stumpf hanno sviluppato nel corso degli anni, a partire dal loro primo incontro praghese, e che si è realizzato quasi solo del tutto in forma epistolare. Punto centrale è stato (anche) per questa ragione lo studio della loro corrispondenza, attraverso la quale è stato possibile tenere unita la prospettiva cronologica insieme allo sguardo sugli aspetti più rilevanti delle rispettive biografie umane e intellettuali. A questo scopo abbiamo adoperato le lettere di James a Stumpf – quasi tutte interamente pubblicate e dunque accessibili – nonchè ovviamente quelle di Stumpf a James. Essendo queste ultime tuttavia solo parzialmente pubblicate, per ovviare alla mancanza di materiale bibliografico, ci siamo serviti direttamente delle lettere manoscritte (conservate nella biblioteca dell’Università di Harvard e concesse in consultazione), qui interamente trascritte e commentate nell’appendice critica che conclude il lavoro. Si è scelto di pubblicare in questa sede tutte le lettere manoscritte di Stumpf e non solo una selezione delle stesse perché si ritiene che esse, nella loro interezza appunto, siano un luogo privilegiato per la ricostruzione e lo studio del rapporto James-Stumpf. Segue peraltro una sintesi delle risposte di James, inserita pure in appendice allo scopo di aiutare il lettore a mantenere sempre visibile il filo rosso che connota a più livelli questa relazione. Nel corso di tre capitoli si è cercato di ripercorrere rispettivamente le origini, il farsi e il mutare di forma del rapporto James-Stumpf. Il tutto in un’impostazione, la più sfaccettata possibile, capace quindi di rendere conto della varietà che lo caratterizza. Nell’impianto del lavoro si è cercato inoltre di privilegiare non tanto una prospettiva duale volta a proporre il sistema di analogie e differenze scientifiche e intellettuali, quanto piuttosto i diversi livelli di significato di cui questa relazione è portatrice, per quanto – questo sì – siano emersi tanto elementi di compatibilità e di una condivisa tendenza teoretica, quanto segnali di una conflittualità più o meno eclatante. In questo senso è opportuno precisare che se la corrispondenza è stata luogo di studio imprescindibile per la ricostruzione di questo rapporto, il passaggio per alcune delle loro opere è stato in molti casi una necessità, con la conseguenza di una pur necessaria selezione degli argomenti affrontati. Non si è trattato quindi di proporre qui integralmente l’esame del pensiero di James e/o di Stumpf, ma di nuovo di ricostruirne la relazione, passando obbligatoriamente per certi momenti di sviluppo che, anche alla luce della testimonianza delle lettere, sono risultati particolarmente emblematici e significativi.
William James e Carl Stumpf. A scientific and human relationship through the letters As mentioned clearly in the title of this dissertetion, the subject of our research is the scientific and human relationship that William James and Carl Stumpf developed over the years. Right after their meeting in Prague, they went on their communication almost entirely in epistolary form. For this reason it was also curicial to examine the chronological perspective of their communication, as well as taking the most interesting and important aspects of their humanistic and intellectual biographies into account. For this aim we used the letters of James to Stumpf - almost fully published - as well as those from Stumpf to James. Since the letters from Stumpf were only partially published, the bibliographical material had a certain scarcity. Therefore, we used the handwritten form of stumpfian letters (preserved in the library of the Harvard University, and granted in consultation), which are fully transcribed and annotated in the critical Appendix at the end of this dissertation. In this paper we preferred to publish all the handwritten form of Stumpfs letters – not only a partial selection from those – because we consider the whole correspondence as a privileged tool to study and understand the relationship between James-Stumpf. In order to help the reader to recognize the many levels of meaning arisen from this relationship, we have also integrated and included in the critical Appendix a summary of James’s responses. In this doctoral work through three chapters, where we have referred to the original papers, it can be recognized, how the relationship between James-Stumpf progressed from many different aspects through the years. Aim of this work is not only to emphasize the system of scientific and intellectual similarities and differences between James and Stumpf; on the contrary we underline and visualize different levels of meaning arisen from this relationship. However, it is possible to find these both elements in their communication: from one hand, the compatibilty and a shared theoretical trend, on the other hand the signs of a conflict, which are sometimes more, sometimes less radical. From this point of view it should be also noted that, while the correspondence is an essential and important context of study in this relationship, it was necessary in some cases to take some of their central works into account, and therefore it leaded to an unavoidable selection of the topics treated. Under these circumstances, it must be pointed out that we don’t aim a complete examination of James’s and/or Stumpf’s thoughts, but mainly a development of their relationship, starting from some emblamatic and significant issues, which can be directly found in their correspondence.
XXV Ciclo
1982
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Lucca, E. "UNA VISIONE DIALETTICA DELLA STORIA EBRAICA. GERSHOM SCHOLEM E L'EREDITÀ DEL MESSIANISMO". Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2012. http://hdl.handle.net/2434/171072.

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My dissertation is intended to analyze the work of Gershom Scholem with the scope of outlining his importance within the context of twentieth century Jewish thought. A great deal of this thesis is thus devoted not only to Scholem’s political interventions and interviews, indeed a marginal part of his research, but also to detect the trace of a constant philosophical interest in his scholarship. First chapter provides the historical context, dealing briefly with some of the most important figures of the German-Jewish philosophical scene: Hermann Cohen, Martin Buber, and Franz Rosenzweig. The role of Ahad Ha‘am and cultural Zionism is also presented. Second chapter is devoted to Scholem’s conception of language and to the analysis of the notions of Revelation and Tradition as developed in some of his most important essays. Central in this context is the role played by Franz Kafka, whose novels can be seen indeed as a sort of paradigm through which Scholem interpreted not only the main figures of Kabbalah, but also the whole theology of Judaism. An investigation of Scholem’s methodology and conception of history is to be found in third chapter. Three elements that contributed very much to shape Scholem’s scholarship are taken in particular account. First of all, Scholem’s polemics against the Wissenschaft des Judentums, which finds its ground on an organicistic and non-essentialistic approach to Jewish history. Then, the early appreciation for Nietzsche and Lebensphilosophie, though later neglected by Scholem, is here seen as a possible source for the vitalistic and anarchic elements that characterize his research. Finally, a great part of this chapter is dedicated to a comparison between Scholem’s conception of Jewish history and Walter Benjamin’s Thesis on the concept of History (1940). Although much of scholarly effort has already been devoted to the relation between Scholem and Benjamin, the presence of Benjamin’s last work in Scholem’s research still needs to be considered in all its significance. With the aim of investigating Scholem’s approach to Jewish history and historiography, two essays are taken in particular consideration: Memory and Utopia in Jewish History (1946), a lecture Scholem gave in the aftermath of the Holocaust in front of a Zionist audience, and On History and Philosophy of History, the text of Scholem’s response to a talk on “History and Hermeneutics” given by Paul Ricoeur within the context of the “First Jerusalem Philosophical Encounter” (1974). Chapter four deals with Scholem’s conception of messianism. After showing the importance of messianism in Scholem’s research and the originality of his interpretation, the relevance of Scholem’s position is highlighted through the analysis of the two most important polemics in which Scholem has been involved. The critiques of Scholem’s opponents, Baruch Kurzweil and Jacob Taubes, have been taken here as a tool to show the philosophical and political concerns hiding behind the core of Scholem’s analysis. With the help of some unpublished material, the last part of the chapter presents an overview of the relation between messianism and zionism in Scholem’s work. His early zionism being loaded with metaphysical and messianic overtones, after moving to Palestine Scholem had to face a strong disenchantment, which lead him to separate his zionist affiliation, as a part of a historical responsibility and political decision, from messianism, which indeed he considered to be something rather un-historical and confined to an utopian plane. Fifth chapter intends to show the peculiarity of Scholem’s attitude toward secularization. According to Scholem, the passage through secularism in Judaism has to be intended as a necessary moment, though not definitive, being part of a dialectics that cannot be foreseen in advance. An analysis of Scholem’s 1926 letter to Rosenzweig is also offered, showing the philosophical significance of Scholem’s reflections on the importance and the risks entailed in the secular revival of the Hebrew language.
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NAVARRIA, DAVIDE. "LINEE DI UN'ANTROPOLOGIA SIMBOLICA A PARTIRE DA JULIEN RIES". Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2014. http://hdl.handle.net/10280/3158.

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Il lavoro si propone di indagare la prospettiva ermeneutica sviluppata dallo studioso belga Julien Ries, padre di una disciplina oggi nota come antropologia religiosa o simbolica. Irriducibile alla storia delle religioni, alla fenomenologia o all’ermeneutica del sacro, essa si configura piuttosto come loro virtuosa sintesi, entro la quale convergono metodi e approcci antropologici complementari, che integrandosi vicendevolmente formano una disciplina umanistica in grado di evidenziare le strutture fondamentali di homo religiosus quale categoria decisiva dell’antropologia simbolica. In questo lavoro abbiamo indagato le strutture teoretiche sottese all’impianto riessiano, ovvero la struttura concettuale di un’opera il cui taglio è altrimenti prettamente storico. Individuati i riferimenti principali di Ries in Jacques Vidal, Mircea Eliade, Gilbert Durand e Carl Gustav Jung, si è proceduto nell’indagine con una duplice preoccupazione: evidenziati gli snodi principali della teoresi dei quattro studiosi in ordine alla questione dell’esperienza religiosa, si sono poi confrontati tali risultati con l’utilizzo e la valorizzazione riessiana di tali approcci. Delineate così le linee di sviluppo di un’antropologia simbolica, il lavoro apre nuove prospettive in direzione di una “nuova ontologia simbolica”, che si pone alla base di una disciplina in grado di rinnovare le basi stesse dell’antropologia tout court.
The aim of the present work is to investigate the hermeneutical perspective developed by the Belgian scholar Julien Ries, founder of a discipline known as religious or symbolic anthropology. Irreducible to history of religions, phenomenology or to hermeneutic, it is rather a synthesis of them, in which converge different methods and approaches. The result of this virtuous integration is a humanistic discipline that clarifies the fundamental structures of homo religiosus, as an essential category of religiosus anthropology. In this work we studied the theoretical structures which innervate Ries’ point of view, namely the conceptual structure of a work otherwise merely historical. Once being identified the principal Ries’ sources in Jacques Vidal, Mircea Eliade, Gilbert Durand and Carl Gustav Jung, we worked with a double concern. Firstly, we have clarified the chief points of the perspective of the four scholars, in order to clarify their position concerning religious experience; secondarily, we compared these results with Ries’ valorisation of them. After having developed the basis of a symbolic anthropology, this work opens to further perspectives towards a “new symbolic ontology”, in order to renew anthropology tout court.
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NAVARRIA, DAVIDE. "LINEE DI UN'ANTROPOLOGIA SIMBOLICA A PARTIRE DA JULIEN RIES". Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2014. http://hdl.handle.net/10280/3158.

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Il lavoro si propone di indagare la prospettiva ermeneutica sviluppata dallo studioso belga Julien Ries, padre di una disciplina oggi nota come antropologia religiosa o simbolica. Irriducibile alla storia delle religioni, alla fenomenologia o all’ermeneutica del sacro, essa si configura piuttosto come loro virtuosa sintesi, entro la quale convergono metodi e approcci antropologici complementari, che integrandosi vicendevolmente formano una disciplina umanistica in grado di evidenziare le strutture fondamentali di homo religiosus quale categoria decisiva dell’antropologia simbolica. In questo lavoro abbiamo indagato le strutture teoretiche sottese all’impianto riessiano, ovvero la struttura concettuale di un’opera il cui taglio è altrimenti prettamente storico. Individuati i riferimenti principali di Ries in Jacques Vidal, Mircea Eliade, Gilbert Durand e Carl Gustav Jung, si è proceduto nell’indagine con una duplice preoccupazione: evidenziati gli snodi principali della teoresi dei quattro studiosi in ordine alla questione dell’esperienza religiosa, si sono poi confrontati tali risultati con l’utilizzo e la valorizzazione riessiana di tali approcci. Delineate così le linee di sviluppo di un’antropologia simbolica, il lavoro apre nuove prospettive in direzione di una “nuova ontologia simbolica”, che si pone alla base di una disciplina in grado di rinnovare le basi stesse dell’antropologia tout court.
The aim of the present work is to investigate the hermeneutical perspective developed by the Belgian scholar Julien Ries, founder of a discipline known as religious or symbolic anthropology. Irreducible to history of religions, phenomenology or to hermeneutic, it is rather a synthesis of them, in which converge different methods and approaches. The result of this virtuous integration is a humanistic discipline that clarifies the fundamental structures of homo religiosus, as an essential category of religiosus anthropology. In this work we studied the theoretical structures which innervate Ries’ point of view, namely the conceptual structure of a work otherwise merely historical. Once being identified the principal Ries’ sources in Jacques Vidal, Mircea Eliade, Gilbert Durand and Carl Gustav Jung, we worked with a double concern. Firstly, we have clarified the chief points of the perspective of the four scholars, in order to clarify their position concerning religious experience; secondarily, we compared these results with Ries’ valorisation of them. After having developed the basis of a symbolic anthropology, this work opens to further perspectives towards a “new symbolic ontology”, in order to renew anthropology tout court.
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Terracciano, Pasquale. "L’inferno incerto. Origenismo tra Umanesimo e Riforma". Doctoral thesis, Scuola Normale Superiore, 2011. http://hdl.handle.net/11384/86127.

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Miglietti, Sara Olivia. "La Methodus ad facilem historiarum cognitionem di Jean Bodin : Edizione critica, traduzione e studio delle varianti d'autore (1566-1572)". Doctoral thesis, Scuola Normale Superiore, 2012. http://hdl.handle.net/11384/86124.

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On trouvera dans cette thèse une édition critique, une traduction italienne et une étude introductive à la Methodus ad facilem historiarum cognitionem du juriste français Jean Bodin (1530-1596), mieux connu pour être l'auteur des Six livres de la République (1576), vrai chef d'oeuvre de la pensée politique du XVI siècle. Publiée d'abord à Paris en 1566, pour être ensuite reprise, corrigée et augmentée par son auteur et publiée une seconde fois chez le même éditeur en 1572, la Methodus rémonte à une phase cruciale et fascinante de la pensée bodinienne, toujours en pleine évolution. Rien de la République qui va paraître quelques ans plus tard n'est encore donné ici, et pourtant on peut déjà très bien voir l'itinéraire intellectuel qui mène Bodin du constitutionnalisme de sa jeunesse (idée d'une monarchie temperée et limitée) vers cette théorie de la souveraineté absolue qu'il formule pour la première fois en 1576, et qui marquera un tournant décisif pour la pensée politique des siècles suivants. Cette édition, grâce à un travail systématique d'identification des variantes et des ajouts introduits par l'auteur à l'occasion de la deuxième édition parisienne (1572), permet pour la première fois de mettre en place une étude évolutive de la pensée bodinienne au cours de cette décennie cruciale 1566-1576, de remettre certaines idées politiques de Bodin dans leur contexte, de formuler de nouvelles hypothèses autour de leur genèse, et de mieux saisir enfin différences et analogies entre la Methodus et la République. Dans l'étude introductive, où l'on souligne avec force l'unité d'inspiration de la Methodus et son originalité par rapport à la République, on propose également une nouvelle interprétation de la “naissance de l'absolutisme” bodinien: à l'appui des variantes de 1572, on cherche à montrer qu'aucun “tournant absolutiste” n'eut lieu chez Bodin à la suite de la Sainte-Barthélémy, puisque l'évolution de la pensée bodinienne dans un sens anti-constitutionnaliste était déjà en cours bien avant cette date, pour des raisons qui ont moins à voir avec le contexte historico-politique (certes troublé) de la France des années 1570, qu'avec un souci d'exactitude et de cohérence théorique très aigu chez cet auteur
This dissertation consists of a critical edition, Italian translation and introductory essay to Jean Bodin's Methodus ad facilem historiarum cognitionem. Jean Bodin (1530-1596) is best known as the author of the Six livres de la République (1576), a true masterpiece of sixteenth-century political thought. First published in Paris in 1566, the Methodus was then reworked, revised and augmented by Bodin, and printed again by the same editor in 1572. The Methodus belongs to a crucial and fascinanting period of Bodin's thought, which was then still largely evolving. The République is still a long way to come, and yet one can already spot in the Methodus a few hints of Bodin's ongoing journey from constitutionnalism (basically, the idea of a monarchy limited by a range of checks and balances) to absolute sovereignty – a concept that Bodin formulates for the first time in 1576, and that represents a crucial step in modern political theory. This edition results from systematic comparisons between the first two French editions (1566, 1572), the only ones directly supervised by the author himself. All of the variants and additions which Bodin made in view of the second edition of 1572 have been carefully identified, shown in the critical apparatus, and thoroughly discussed. Thanks to this fresh textual material, it will now be possible to study the evolution of Bodin's thought more closely across this crucial decade, 1566-1576; it will also be possible to recontextualise Bodin's political ideas, to formulate new hypothesis concerning their genesis, and hopefully to better grasp differences and analogies between the Methodus and the République. In the introductory essay, a few points are made to argue in favour of the internal unity of the Methodus and its relative autonomy vis-à-vis the République. Then, using abundant evidence yielded by the variants and additions of 1572, it is argued that, contrarily to what many believe, there was nothing like an “absolutist turn” in Bodin's thought, and that Bodin's drifting away from constitutionnalism towards “absolute sovereignty” should not be too rigidly connected with St Bartholomew's massacre and with the consequent polemics against the monarchomaques. As far as Bodin is concerned, indeed, his intellectual evolution had taken an anti-constitutionnalist direction well before August 1572, for reasons which seem to owe less to the political context of 1570's France, than to a concern for conceptual exactness and consistency which is in fact quite typical of this author
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POZZI, VERA. "Il ruolo delle Accademie ecclesiastiche nella ricezione del kantismo nell'Impero russo. I casi di I.Ja. Vetrinskij e P.D. Jurkevic". Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2015. http://hdl.handle.net/2434/313877.

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The thesis focuses on the reception of kantianism (especially, of Critique of pure reason) within Ecclesiastical academies of Russian Empire during XIXth century (1809-1866). The aim of this research is to introduce the reception of kantian philosophy in Orthodox thought, which has never been an object of special studies. Post-Sovietic widespread views used to read Orthodox thought as a hostile to Kantian philosophy, but their analysis shows a double methodological lack: they focused on a very few figures, taken as epigonic, and reduced Orthodox thought to “Russian religious thought” which began to spread out at the end of XIXth century. Following the recent trends in historiography of Russian philosophy, this reception is here examined in a speficic context (i.e. Ecclesiastical academies – a wide analysis of their features, both historical and philosophical is provided) and introduced from a point of view of two “case studies”: the first, I. Ja. Vetrinskij’s (Saint Petersburg Ecclesiastical academy) Institutiones Metaphysicae (1821), a latin handbook which historiography still didn’t take as an object of specific researches, shows the spread of rationalist post wolffian ideas combining with an ecletic lecture of Kant’s critical philosophy. The second, P.D. Iurkevich’s (Kiev Ecclesiastical academy) Razum po ucheniiu Platona i opyt po ucheniiu Kanta [Reason according to Plato’s Teaching and Experience according to Kant’s Teaching 1866], shows that the author was deeply familiar with both Platonic and Kantian philosophy, and his attempt to give a synthesis of their doctrines which could lead to an “ideal-realistic” perspective. Both cases are introduced as co-existing trends in “duchovno-akademicheskaja filosofija” (philosophy of Ecclesiastical academies). The text is introduced by a wide review of philosophical historiography about the reception of kantianism in Russia.
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CHIAPPARINI, GIULIANO. "GLI "EXCERPTA EX THEODOTO" DI CLEMENTE ALESSANDRINO Introduzione, testo, traduzione e commento". Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2017. http://hdl.handle.net/10280/19301.

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L'opera presenta una nuova edizione critica del testo greco degli "Estratti da Teodoto" di Clemente Alessandrino oltre alla prima traduzione italiana completa. Alcuni capitoli introduttivi e un esteso commento permettono di apprezzare la ricchezza di contenuti di questa fonte di inizio III sec. per lo studio dello gnosticismo, letteratura cristiana antica, patristica e storia del dogma. Gli "Estratti da Teodoto" non sono una raccolta di frammenti originali copiati da fonti gnostiche principalmente valentiniane, come si crede abitualmente. Ad un'analisi approfondita essi appaiono come una collezione di tredici frammenti tratti dalle "Ipotiposi", un'opera perduta di Clemente. La natura e il contenuto di questi frammenti mostrano che la tradizionale suddivisione degli ETh in quattro sezioni (Sagnard) non è ricevibile. Deve pure essere abbandonato il tentativo di individuare precisamente le parti 'valentiniane' e 'clementine'. Clemente riporta raramente citazioni letterali tratte dalle sue fonti, mentre molto spesso presenta le dottrine 'eterodosse' in modo indiretto, proponendo delle sintesi ('epitomes'). Nella prima parte degli ETh Clemente presenta e discute soprattutto dottrine valentiniane, probabilmente 'orientali'. Tuttavia, a partire principalmente dal frammento 11 illustra il pensiero di Teodoto. Costui sembra abbia sviluppato e modificato dottrine del valentinianesimo 'occidentale', come dimostra il confronto con la 'Grande Notizia' di Ireneo.
The work presents a new critical edition of the greek text of "Excerpta ex Theodoto" of Clement of Alexandria together with the first complete Italian translation. Some introductory chapters and an extensive commentary allow you to appreciate the richness of the contents of this early third century source for the study of Gnosticism, ancient Christian literature, patristic and history of dogma. The ETh are not a collection of original fragments copied from Gnostic sources mainly valentinian, as believed to routinely. For an in-depth analysis they appear to be a compilation of thirteen fragments from "Hypotyposeis", lost work of Clement. The nature and extent of these fragments show that the traditional division of the ETh in four sections is unacceptable. It must also be abandoned the attempt to accurately identify 'valentinian' and 'clementinian' parts. Clement shows a few quotes verbatim from his sources. Very often shows 'heterodox' doctrines indirectly proposing summaries ('epitomes'). In the first part of the collection Clement presents and discusses especially valentinian doctrines, probably 'eastern'. Instead, starting mainly from the fragment 11, he presents the Theodotus thought. He seems develope and modify doctrines of 'western' valentinianism, as demonstrated by the comparison with the 'Great Notice' of Irenaeus.
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CHIAPPARINI, GIULIANO. "GLI "EXCERPTA EX THEODOTO" DI CLEMENTE ALESSANDRINO Introduzione, testo, traduzione e commento". Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2017. http://hdl.handle.net/10280/19301.

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L'opera presenta una nuova edizione critica del testo greco degli "Estratti da Teodoto" di Clemente Alessandrino oltre alla prima traduzione italiana completa. Alcuni capitoli introduttivi e un esteso commento permettono di apprezzare la ricchezza di contenuti di questa fonte di inizio III sec. per lo studio dello gnosticismo, letteratura cristiana antica, patristica e storia del dogma. Gli "Estratti da Teodoto" non sono una raccolta di frammenti originali copiati da fonti gnostiche principalmente valentiniane, come si crede abitualmente. Ad un'analisi approfondita essi appaiono come una collezione di tredici frammenti tratti dalle "Ipotiposi", un'opera perduta di Clemente. La natura e il contenuto di questi frammenti mostrano che la tradizionale suddivisione degli ETh in quattro sezioni (Sagnard) non è ricevibile. Deve pure essere abbandonato il tentativo di individuare precisamente le parti 'valentiniane' e 'clementine'. Clemente riporta raramente citazioni letterali tratte dalle sue fonti, mentre molto spesso presenta le dottrine 'eterodosse' in modo indiretto, proponendo delle sintesi ('epitomes'). Nella prima parte degli ETh Clemente presenta e discute soprattutto dottrine valentiniane, probabilmente 'orientali'. Tuttavia, a partire principalmente dal frammento 11 illustra il pensiero di Teodoto. Costui sembra abbia sviluppato e modificato dottrine del valentinianesimo 'occidentale', come dimostra il confronto con la 'Grande Notizia' di Ireneo.
The work presents a new critical edition of the greek text of "Excerpta ex Theodoto" of Clement of Alexandria together with the first complete Italian translation. Some introductory chapters and an extensive commentary allow you to appreciate the richness of the contents of this early third century source for the study of Gnosticism, ancient Christian literature, patristic and history of dogma. The ETh are not a collection of original fragments copied from Gnostic sources mainly valentinian, as believed to routinely. For an in-depth analysis they appear to be a compilation of thirteen fragments from "Hypotyposeis", lost work of Clement. The nature and extent of these fragments show that the traditional division of the ETh in four sections is unacceptable. It must also be abandoned the attempt to accurately identify 'valentinian' and 'clementinian' parts. Clement shows a few quotes verbatim from his sources. Very often shows 'heterodox' doctrines indirectly proposing summaries ('epitomes'). In the first part of the collection Clement presents and discusses especially valentinian doctrines, probably 'eastern'. Instead, starting mainly from the fragment 11, he presents the Theodotus thought. He seems develope and modify doctrines of 'western' valentinianism, as demonstrated by the comparison with the 'Great Notice' of Irenaeus.
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BONVICINI, Laura. "Compimento e rischio nell'accadimento della fede.Il contributo critico di Bernhard Welte all'approfondimento della comprensione della fede a partire da Karl Jaspers e alla luce dell'ermeneutica della fatticità di Martin Heidegger, in riferimento soprattutto al ciclo di lezioni su "cattolicità e ragione" tenute presso l'Università di Freiburg". Doctoral thesis, 2010. http://hdl.handle.net/11562/344000.

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Quale può essere oggi il rapporto tra fede rivelata e pensiero dell’uomo? Come si può conciliare la fede rivelata con la libertà di coscienza? E’ possibile credere e continuare a mantenersi liberi di pensare? Per tentare di individuare delle possibili risposte a questi interrogativi, nel presente lavoro si è fatto riferimento al contributo fornito da Bernhard Welte, pensatore che ha lavorato e insegnato a Freiburg i. Br. (Germania) fino all’inizio degli anni Ottanta del XX secolo. Ci si confronta in particolare con un ciclo di lezioni tenuto da costui nel 1949 e oggi conservato nell’Archivio dell’Università di Freiburg, dal titolo Cattolicità e ragione (B. WELTE, Nachlass, Bestand E 8, Nr. 15: Katholizität und Vernunft, Einstündige publice Vorlesung Sommersemester 1949). Il tema del presente lavoro è rappresentato dalla fede religiosa, intorno alla quale si vuole dipanare una riflessione che possa giustificarne la validità razionale e la coerenza con un’idea di uomo inteso come essere capace di mantenersi entro una dimensione di libertà spirituale. Ciò che la filosofia è chiamata a fare in questo campo consiste primariamente nel giungere alla definizione concettuale della dimensione originaria dell’essere-uomo, in modo da valutare perché, come e in che misura il fondamento raggiunto può ragionevolmente accordarsi con una decisione di tipo religioso. Mantenendosi reciprocamente indipendenti, fede e filosofia possono trovare dei punti di contatto di importanza decisiva. Ciò può avvenire in particolare quando il ragionamento rigoroso diventa autocritico e, riflettendo sui suoi limiti, contribuisce a fare luce sulla ragionevolezza di una scelta, quella di fede appunto, che va oltre l’ambito della sola razionalità. In questo lavoro, i termini della questione vengono considerati da un punto di vista fenomenologico. E’ infatti a partire dalla domanda intorno all’essenza dell’uomo (chi è l’uomo?) e intorno al significato della realtà (perché, in generale, esiste qualcosa e non nulla?) che, nel tentativo di liberarsi di tutti i presupposti e di tutte le anticipazioni ingiustificate, si prova ad osservare le cose stesse (l’uomo e il mondo, appunto) ed a mettere in luce la natura intenzionale e relazionale del primo e la sua struttura fondamentalmente storica, che determina il modo di essere nel mondo, inteso come luogo in cui l’essere si apre. In tal modo si intende mostrare che la fede può divenire una risposta coerente con lo stato delle cose, o anche un atteggiamento che non va contro le esigenze proprie dello spirito dell’uomo, ma piuttosto tenta di darvi una risposta. Se a monte di questa sensibilità descrittiva (degli elementi che costituiscono la struttura essenziale della fede intesa come fenomeno) e se alle spalle del ritorno alle cose (e al loro significato originario) c’è il contributo del pensiero di Husserl, l’analisi di Welte è però in grado di ampliarsi e comprendere l’ottica heideggeriana, grazie alla quale la relazione dell’uomo con il mondo è fortemente caratterizzata in senso storico. Il tempo ridimensiona pertanto i suoi caratteri di misurabilità e regolarità, per riacquistare la sua valenza connessa con l’esistenza, e quindi per rivelarsi come evento in grado di provocare la domanda di senso riguardo all’essere in generale, e in particolare riguardo all’essere dell’uomo. All’interno di questo orizzonte, che mira a portare il pensiero fino al suo fondamento, vengono individuati anche alcuni significativi punti di contatto tra il pensiero di Welte e quello di Levinas, grazie al comune ambito filosofico di riferimento, costituito in particolare dal pensiero di Husserl e da quello di Heidegger. Un confronto più approfondito e dettagliato è quello istituito con il pensiero di Jaspers, a partire dal fatto che Welte, nel ciclo di lezioni preso in esame, risulta essersi impegnato proprio in un “dialogo”, a tratti quasi serrato, con talune provocazioni messe in campo dal collega residente a Basilea, in particolare nell’opera Von der Whrheit (Piper, München 19833), dove un paragrafo è dedicato proprio al rapporto tra cattolicità e ragione. Il tema della fede filosofica proposto da Jaspers, insieme al suo atteggiamento decisamente critico nei confronti delle religioni storiche, e in particolare di quella cattolica, fanno sì che Welte metta in discussione le sue personali convinzioni e ricerchi il modo in cui la fede rivelata possa garantire comunque all’uomo la libertà che gli è necessaria per potersi definire tale. Il fatto di non decidersi per una fede determinata anche in senso storico, ma di rimanere su un piano più ampio e indistinto quale quello della fede filosofica, non consente, secondo Welte, di mettere in gioco se stessi in modo incondizionato, e dunque di fare esperienza dell’Assoluto proprio in virtù della realtà concreta e limitata che caratterizza l’uomo in quanto tale. La fede filosofica di Jaspers, nella sua indeterminatezza, mantiene infatti l’uomo in uno stato di sospensione che non può costituire una forma di decisione, e piuttosto sancisce l’impossibilità di compiere una scelta precisa, se non quella di non scegliere. Alla base della riflessione di Welte intorno alla fede filosofica di Jaspers è possibile riconoscere lo stesso genere di obiezioni che Heidegger avanza nei confronti del modo con cui il collega di Basilea intende la realtà, modo che non si discosterebbe da una concezione statica e distaccata, tipica del pensiero scientifico di stampo cartesiano. Quello pensato da Jaspers nei termini di fede filosofica è pertanto (secondo Welte) un esito inevitabile, per quanto le sue dichiarazioni di intenti vadano in senso del tutto contrario; egli non riesce infatti a liberarsi da una concezione della realtà in linea con quella della metafisica tradizionale, da lui stesso accusata di mantenersi al di qua di una autentica comprensione del mondo, e di limitarsi eventualmente a una sua spiegazione. Jaspers tenta infatti di comprendere la realtà a partire dall’uomo inteso come entità auto-referenziale distinta e indipendente rispetto al suo contesto storico, in quanto quest’ultimo va superato nell’atto del trascendere; l’uomo non è pertanto pensato come realtà che trascende proprio grazie al suo essere storicamente determinato. L’esistenza concreta non consiste pertanto in una risorsa primaria nel cammino di comprensione della realtà. La concezione del mondo secondo cui esso è qualcosa di indipendente dall’uomo, a sua volta pensato come ente in grado di elevarsi al di sopra dell’orizzonte storico e di trascenderlo, non può permettere di fare della concretezza storica – e della limitatezza dell’esperienza di ognuno – se non un ostacolo da superare ai fini del cammino verso la comprensione del tutto. In tali termini sono dunque pensati da Jaspers (nell’ottica sicuramente “heideggeriana” di Welte) gli elementi che caratterizzano la scelta per la fede filosofica, ossia l’uomo e la realtà. Una volta che si rinuncia a riconoscere lo spessore storico dei due termini della questione (cioè uomo e mondo), spessore che ne costituisce la struttura essenziale, la fede filosofica jaspersiana risulta essere una risposta vaga, tale da non poter rendere conto, sempre secondo Welte, del carattere limitato e temporale delle scelte dell’uomo. E’ solo la decisione per una fede storicamente determinata che consente invece di non doversi creare un’immagine astratta e atemporale di uomo. Ciò che conta in questo contesto è mettere in luce da una parte la necessità che la fede venga intesa in ogni caso come una scelta di affidamento storicamente determinata, e dall’altra la natura relazionale, in quanto per essenza intenzionale, dei termini implicati nell’esperienza religiosa, cioè l’uomo nella sua realtà concreta da un lato, e l’Assoluto dall’altro. In questo modo si intende mostrare come la fede possa essere una scelta non solo coerente con le altre componenti della persona, ma anche la risposta a un’esigenza strutturale dell’uomo in quanto tale.
What kind of relationship could there be between revealed faith and the man's thought today? How can it be combined with the freedom of consciousness? Is it possible to believe, remaining free to think? In order to try to find possible answers to these questions, I referred to the contributions of Bernhard Welte, who has worked and taught in Freiburg (Germany) since the 80s of the 20th century. I especially referred to a cycle of lessons he held in 1949, Catholicism and Reason, (B. WELTE, Nachlass, Bestand E 8, Nr. 15: Katholizität und Vernunft, Einstündige publice Vorlesung Sommersemester 1949). Today, these lessons are kept at the archive of the University of Freiburg. The topic of this work is represented by religious faith. This is the starting point for a reflection that could justify its rational validity and its coherence with the idea of a spiritually free human being. In such a context, philosophy is called to reach the conceptual definition of the original dimension of being a man, in order to evaluate why, how and how much the result could reasonably match a religious decision. Maintaining themselves mutually independent, faith and philosophy could reach extremely important meeting points. This can especially happen when rigorous reasoning becomes self-critical and, while considering its limits, contributes to the understanding of a choice -faith- that goes beyond the sphere of sole rationality. In this work, the matter is considered from a phenomenologic point of view. The starting points are the question about the essence of the man (who is “the man”?) and the question about the meaning of reality (why do things exist?); in order to get rid of all unjustified assumptions and anticipations, we try to observe things (the man and the world) and to highlight the intentional and relational nature of man. His historical structure determines the way the world (intended as the place where the being opens) is. This is intended to show that faith can become either a coherent answer to the state of things, or an attitude that aims to answer the needs of the spirit of the man, without contrasting them. Husserl's thought contributed to this descriptive sensitivity (about the elements that build up the essential structure of faith, intended as a phenomenon) and to a return to the original meaning of things. Anyway, Welte's analysis is wider and it includes Heidegger's perspective. Heidegger defines the relationship between the man and the world with historical poignancy. Time resizes its main features -being measurable and regular- in order to regain its connection to existence and reveal itself as an event that can provoke the question related to the being in general and in particular to the being of man. Important matching points between the thoughts of Welte and Levinas have been found thanks to their common philosophical field, that was especially built by the thoughts of Husserl and Heidegger. The aim is to lead the thought to its foundation. Welte made a deeper and more detailed comparison with Jaspers. In his cycle of lessons, he committed himself to an -at times strict- “dialogue” with some provocations made by his colleague, who lived in Basil, in particular in his work Von der Whrheit (Piper, München 19833), where a paragraph deals with the relationship between catholicism and reason. Jasper's theme of philosophical faith and his critical attitude towards historical religions, Catholicism in particular, made Welte doubt his personal beliefs and made him research how revealed faith can guarantee the man the freedom he needs to define himself such. According to Welte, not choosing a determined faith in order to stick to philosophical faith doesn't give the possibility to unconditionally question oneself. It prevents form experiencing the Absolute, because of the concrete and limited reality that typifies the man. Jasper's philosophical faith holds the man down to a state of suspension that cannot constitute any kind of decision. It determines the impossibility to make a precise choice; the only possible choice would be not choosing. The objections underlying Welte's considerations about philosophical faith are similar to the ones Heiddegger had about the way his colleague from Basel intends the reality. This way of describing the reality is not so different from the static and detached conception, that is typical of Cartesio's scientific thought. According to Welte, what Jaspers thought about philosophical faith is an unavoidable result, even if the declarations of his purposes are very different; he can't get rid of a conception of reality that is similar to traditional metaphysics, even if he had accused traditional metaphysics not to be able to authentically understand the world, only giving an explanation. Jaspers tries to understand the reality starting from the concept of man as an self-referential entity that is independent from his historical context. The historical context has to be outpaced while trascending; because the man is historically determined, it cannot be seen as a trascending entity. Concrete existence is not a primary resource of the process where we try to understand reality. Historical concreteness is an obstacle that has to be overcome in order to be able to understand everything. In such a way and from Welte's heideggerian point of view, Jaspers considers the elements that characterize the choice for philosophical faith, man and reality. Once we surrender and stop trying to recognize the historical aspect of the man and the world, Jaspers' philosophical faith appears to be a vague answer that, according to Welte, cannot explain the limited and temporal choices of the man. Only the decision to follow an historically determined faith allows us not to create an image of an abstract and atemporal man. In such a context, it is important to highlight two main aspects: the first is that faith has to be intended as an historically determined choice; the second is the relational nature of the two entities involved in the religious experience: the man in his concrete reality and the Absolute. Faith can be a choice that is coherent with all the other aspects of a person and it can be the answer to a structural need of the man.
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VANTINI, Lucia. "L'ateismo mistico di Julia Kristeva". Doctoral thesis, 2013. http://hdl.handle.net/11562/567350.

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La ricerca si occupa del tema religioso negli scritti più recenti di Julia Kristeva, pensatrice che intercetta le inquietudini e il disorientamento del soggetto contemporaneo e che cerca di rispondervi attraverso la proposta di un nuovo umanesimo. L’umanesimo kristeviano prende forma interrogando la povertà simbolica di questo tempo a partire da alcuni luoghi d’osservazione privilegiati: il sacro, il materno e l’ateismo. In questo percorso, il bisogno di credere si rivela cruciale: di significato pre-religioso, esso diventa la cifra irrinunciabile per una riconfigurazione della ragione, destinata a dissolversi nel vuoto dell’astrazione qualora trascurasse il livello profondo del linguaggio, dove sono sedimentate le tracce di tutte le eterogeneità che non smettono di provocare il concetto. Solo in questa complessità si aprono spazi di riconoscimento per il limite, il femminile e il reale.
This research is concerned with the religious issue in the most recent papers by Julia Kristeva, a thinker that apprehends the unquietness and the disorientation of the contemporary Subject and that endeavors to answer to them by proposing a novel Humanism. Kristeva’s Humanism takes shape by questioning the symbolic poverty of our age from some privileged observation points: the Holy, the Motherly, the Atheism. Throughout this route the need to believe is unveiled as crucial: by its pre-religious meaning it becomes the undroppable key to reconfigurate Reason, otherwise doomed to be dissolved into the emptiness of abstraction were it to neglect the deep layers of language where the remnants of all heterogenities unrelentlessly challenging the concept lie. Only within this complexity new spaces are opened to acknowledge and to recognize the Limit, the Feminine and the Real.
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migliorini, damiano. "Ontologie Relazionali e Metafisica Trinitaria. Bilanci e Prospettive". Doctoral thesis, 2019. http://hdl.handle.net/11562/994268.

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La ricerca esamina la possibilità di formulare un teismo trinitario attraverso l’elaborazione di un’ontologia relazionale e una metafisica trinitaria, invocata sovente come soluzione ai dilemmi del teismo classico. A un Dio internamente molteplice e relazionale dovrebbe corrispondere – questa è l’ipotesi – un mondo in cui molteplicità e relazionalità siano un riflesso della natura trinitaria di Dio. L’indagine è stata compiuta su livelli differenti: si è valutato se la Trinità sia un paradigma efficace e le eventuali aporie che esso genera; si è cercato di comprendere se tale paradigma relazionale abbia un corrispettivo in ontologia. L’ontologia trinitaria-relazionale, infatti, è ancora più un auspicio che una realtà, nonostante esistano vari tentativi di formulare ontologie relazionali. Un bilancio di questi tentativi è tratteggiato attraverso cinque capitoli. Cap. 1: si è chiarito il ruolo della “relazione” nel sistema delle categorie ontologiche, esponendo una breve “storia della categoria di relazione” attraverso autori antichi, medievali e moderni. Individuare le categorie ontologiche è importante perché la loro diversa formulazione distingue la metafisica della sostanza da quella relazionale. Cap. 2: dall’incursione ‘storica’ è emersa la necessità di creare una tassonomia delle relazioni, descritta in questo secondo capitolo. Ciò consente di riferirsi, nelle argomentazioni, a tipi di relazioni e a caratteristiche dei diversi tipi. Cap. 3: si è esaminato il “regresso di Bradley” come regresso intra-oggettuale e infra-oggettuale. Questo secondo dispiega i suoi effetti quando applicato alla relazione di causa. Nel capitolo vengono prese in esame alcune posizioni sulla causalità e come essa debba essere intesa per poter formulare un’ontologia relazionale. Cap. 4: in questo capitolo viene analizzato il dibattito analitico contemporaneo sulla Trinità. La tesi esposta nel capitolo è che la Trinità rimane una teoria contraddittoria. Le “nove strategie” proposte mostrano però come tutti i teismi postulino qualcosa di simile al dogma trinitario: una forma di molteplicità e relazionalità trascendentali divine. Se ciò è vero, la Trinità è una scelta ragionevole, in mancanza di alternative meno contraddittorie. Cap. 5: si torna su questioni ontologiche, esaminando varie ontologie relazionali e la loro applicazione in filosofia della religione. Esse implicano relazioni trascendentali reali, le stesse usate per descrivere la Trinità. Esse sono, dunque, allo stesso tempo impossibili e inevitabili: ogni ontologia trasforma le entità o le relazioni in relazioni trascendentali reali. È impossibile sostituire la nozione di sostanza con la nozione di processo o relazione, sia nel parlare di Dio che nel parlare delle entità fondamentali. L’ipotesi avanzata è che la nozione di gunk-junk sia l’unica che possa tradurre la relazionalità fin qui cercata in un modello ontologico. La parte centrale del capitolo descrive dunque pregi e difetti di un’ontologia eventista-infinitesimante (EIO) basata sul gunk, e la sua fruibilità nel discorso teista. Ogni entità fondamentale è descritta tramite i trascendentali di entità, relazionalità, unità, molteplicità. EIO non elimina la sostanza, bensì la vuole pensare con il trascendentale della relazionalità. Se il gunk è la migliore ontologia che abbiamo, anche nel mondo abbiamo il mistero di una distinzione che non è divisione. Questo trova una spiegazione ultima nella metafisica teista (EIM): Dio crea in Sé e la sua sostanza trinitaria viene “circoscritta” dall’essenza degli enti. L’infinito di Dio fa spazio in Sé a qualcosa di nuovo. Le sostanze del mondo mantengono traccia della natura divina, pur nella Sua “contrazione”. EIO e EIM sono un compromesso tra relazionismo e sostanzialismo: pur se nell’apofaticità, su queste basi una filosofia trinitaria è possibile.
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ZUCCHELLI, SIMONE. "Il significato filosofico della conversione religiosa nel Neues Denken di Franz Rosenzweig e nel pensiero di Edith Stein. Prospettive per un confronto". Doctoral thesis, 2012. http://hdl.handle.net/2158/652841.

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Franz Rosenzweig ed Edith Stein, due pensatori tedeschi di origine ebraica del primo Novecento, riscoprono nel loro pensiero l'importanza della dimensione religiosa. Il rivolgimento dell'anima determinato dall'esperienza personale della conversione diventa, infatti, il centro imprenscindibile della loro riflessione, il motore per cui l'elemento fattuale/esistenziale della conversione si pone come il nucleo della loro stessa ricerca filosofica. Concepita in tal modo, la conversione dei due autori si traduce concettualmente in due movimenti, in due due prospettive filosofiche che rappresentano il segno distintivo del loro pensiero. Concepita in tal modo, la conversione diventa così lo spazio comune in cui è possibile pensare ad un incontro tra i due pensatori, e porre le basi per un loro confronto.
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CUSCITO, GIUSEPPE. "Microcosmo e macrocosmo nell'ebraismo medioevale: una prospettiva comparatistica". Doctoral thesis, 2017. http://hdl.handle.net/11573/1200293.

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When compared to any other text dealing with the micro-macrocosm correspondence, whether Jewish or non Jewish, the Sefer Yeṣirah seems to stand out: although it presents a set of correspondences between the celestial bodies and the human body, the sequence it proposes strongly differs from any other treatise dealing with such an association. A hypothesis is presented that tries to explain this and other peculiarity of the text and suggest a collocation in the context of mnemotechnic works, in line with recent research.
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MARIANI, EMANUELE. "Etica, psicologia e trasfigurazione del sacro nel Così parlò Zarathustra di Friedrich Nietzsche". Doctoral thesis, 2017. http://hdl.handle.net/11570/3104195.

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Nel presente lavoro si tematizzano gli aspetti dell'etica, della psicologia e della trasfigurazione del sacro nel Così parlò Zarathustra di Friedrich Nietzsche. Tenendo in considerazione, sopratutto, le fonti nietzscheane inerenti la cultura persiana e l'antico Zoroastro, ci si rapporta a vagliare l'ipotesi di una possibile lettura dei testi avestici da parte di Nietzsche.
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SCOLARI, BALDASSARE. "State Martyr Representation and Performativity of Political Violence". Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251176.

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L’indagine prende in esame l’uso e la funzione politica della figura del martire nello spazio pubblico contemporaneo. La ricerca, pur nel riferimento consapevole alla consolidata letteratura ormai classica sull'argomento, ha tra i propri riferimenti filosofici specificatamente la teoria del discorso di Michel Foucault, con la sua metodologia dell’analisi discorsiva, e segue un approccio transdiscipli¬nare fra scienze culturali e filosofia. Essa ha come punto di partenza, come caso di studio, la rappresentazione mediale del politico e statista democristiano Aldo Moro quale martire di stato durante e dopo il suo assassinio per opera delle Brigate Rosse nel 1978. La ricerca si sviluppa sulla scorta dell’ipotesi di una connessione fra procedure di legittimazione dell’autorità politica e delle strutture di potere e l’emergere della figura del martire di Stato. Le rappresentazioni martirologiche sono considerate pratiche discorsive performanti, attraverso le quali la morte di Moro viene ad assumere il significato di un martirio per lo Stato, la Repubblica Italiana e i valori democratici. L’ipotesi di lavoro è che, attraverso l’allocazione dello statuto di martire, la morte di Moro acquisisca il significato di un atto (volontario) di testimonianza della verità assoluta e trascendentale dei diritti umani, garantiti dalla costituzione (in particolare articolo 2 della Costituzione Italiana), così come della necessità dello Stato come garante di tali diritti. Attraverso questa significazione, la figura di Moro assurge inoltre a corpo simbolico dello Stato-nazione, legittimando lo stesso e fungendo da simbolo d’identificazione collettiva con la nazione. Si tratta qui di mettere in luce il rapporto intrinseco fra la figura del martire e una narrazione mitologica dello Stato, dove mito sta a indicare un «assolutismo del reale» (Absolutismus der Wirklichkeit). La ricerca vuole altresì mettere in luce la dimensione strumentale delle rappresentazioni martirologiche di Aldo Moro, le quali hanno mantenuto e tuttora mantengono un’efficacia performativa nonostante il chiaro ed evidente rifiuto, espresso da Moro stesso, di essere sacrificato «in nome di un astratto principio di legalità.» La ricerca si propone di dimostrare la valenza di tale ipotesi di lavoro attraverso l’analisi dell’apparizione e diffusione delle rappresentazioni martirologiche di Aldo Moro in forme mediali differenti nell’intervallo temporale di quattro decenni. Il corpus delle fonti preso in esame include: articoli di giornali e riviste, i documenti prodotti da Moro e della Brigate Rosse durante i 55 giorni di sequestro, trasmissioni televisive (documentari e reportage), opere letterarie e cinematografiche. La teoria discorsiva e l’analisi archeologico-genealogica sviluppate da Michel Foucault fungono da base teorico-metodologica del lavoro. Il taglio transdisciplinare dell’indagine rende necessaria la distinzione di due diversi piani di ricerca. In primo luogo, ci si pone come obiettivo di individuare e analizzare le diverse rappresentazioni come elementi di una formazione discorsiva il cui tema comune è la morte di Aldo Moro. Si tratta di operare una ricognizione, attraverso il lavoro empirico, dei modi di rappresentare l’uccisione di Aldo Moro e di individuare le regole che determinano ciò che può essere detto e mostrato a tale riguardo. In secondo luogo, a partire da qui, ci si propone di fare un’analisi critica dell’uso e della funzione del linguaggio e della simbologia di matrice religiosa all’interno della forma¬zione discorsiva presa in esame. L'obiettivo è di mettere così in luce non solo il dispositivo di legittimazione politica che presiede alla costruzione della figura del martire, ma anche la sua polivalenza.
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