Literatura académica sobre el tema "Famiglia non fondata sul matrimonio"

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Artículos de revistas sobre el tema "Famiglia non fondata sul matrimonio"

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Pannarale, Luigi y Michele Bellomo. "Adottanti e adottati. Alla ricerca della famiglia che non c'č". SOCIOLOGIA DEL DIRITTO, n.º 1 (julio de 2011): 149–62. http://dx.doi.org/10.3280/sd2011-001007.

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Resumen
Molte delle indagini demoscopiche che si sono svolte in Italia negli ultimi anni sul tema del riconoscimento delle coppie di fatto, ivi comprese quelle omosessuali, hanno confermato una percezione ormai largamente condivisa: la maggioranza dell'opinione pubblica italiana č favorevole al riconoscimento di tutte le forme di convivenza. A confermare tale tesi vi č l'ultimo Rapporto Italia 2009 dell'Eurispes, che rileva come piů della metŕ degli italiani, per la maggior parte uomini, č disponibile al riconoscimento delle coppie di fatto, sia eterosessuali che omosessuali e, piů specificamente, sottolinea come che proprio gli uomini sono quelli piů favorevoli al matrimonio tra omosessuali. I dati cambiano significativamente allorquando si passa ad occuparsi del problema delle adozioni: mentre, infatti, una larga maggioranza degli italiani vede con favore l'estensione della possibilitŕ di adottare anche alle coppie eterosessuali non sposate; ancora una minoranza sono quelli che includerebbero tra gli aspiranti adottanti anche le coppie omosessuali. Se si escludono quei paesi che riconoscono anche alle coppie omosessuali la facoltŕ di contrarre matrimonio e di adottare, in molti altri sembra prevalere un atteggiamento di generale cautela. Gli autori evidenziano, tuttavia, come le perduranti resistenze siano fondate su alcuni pregiudizi duri a morire, sia perché ormai appaiono largamente diffuse, per i motivi piů diversi, famiglie in cui genitori omosessuali hanno in affidamento i propri figli, nati in precedenti matrimoni, sia perché numerose decisioni giurisprudenziali escludono drasticamente che l'orientamento sessuale possa essere determinante ai fini della scelta del coniuge al quale affidare i figli minorenni.
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2

Di Pietro, Maria Luisa y Marina Casini. "Il dibattito parlamentare sulla “procreazione medicalmente assistita”". Medicina e Morale 51, n.º 4 (31 de agosto de 2002): 617–66. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2002.688.

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Resumen
La Camera dei Deputati nel giugno 2002 ha approvato una proposta di legge (PDL) ora in attesa di una valutazione da parte del Senato. In questo articolo viene ricordata dapprima l’evoluzione storica che ha portato all’attuale PDLa partire dalla IX legislatura, ci si sofferma sulle tappe principali e più significative, si tiene conto non solo dell’iter legislativo in senso stretto, ma anche del contributo della giurisprudenza, degli atti governativi, delle Commissioni ad hoc e dei movimenti operanti a livello sociale. Successivamente viene esaminato il contenuto della PDL nei suoi profili più rilevanti. Il principio dei prevalenti interessi/ diritti del concepito - che costituisce il motivo ispiratore di tutta la normativa - trova coerenti e apprezzabili applicazioni. In primo luogo viene declinato nella protezione del nuovo essere umano fin dalla fecondazione perseguendo l’obiettivo della sua destinazione alla nascita (diritto alla vita) senza che siano possibili atti manipolatori del suo patrimonio genetico (diritto alla identità genetica); secondariamente viene difeso il suo diritto alla famiglia sotto il profilo della coincidenza tra genitorialità biologica, affettiva e legale (diritto alla identità psicologica ed esistenziale). Rimangono comunque delle riserve etiche in ordine alla dignità dell’atto procreativo, all’insufficiente tutela del diritto del nascituro ad una famiglia fondata sul matrimonio quale garanzia di certezza e stabilità dell’affetto dei genitori (è infatti previsto l’accesso alle coppie conviventi), alla perdita di embrioni dovuta alla bassa percentuale di successo delle tecniche di procreazione medicalmente assistita. Rimane comunque apprezzabile - tenuto conto del libertarismo e permissivismo dominanti volti a legalizzare tutto quanto è già fattibile - l’impegno manifestato per ottenere l’approvazione della PDL. In ogni caso L’obiezione di coscienza, prevista dalla PDL, acquista dunque tutta la sua valenza di fronte al significato del generare e dell’essere generati.
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3

Stawniak, Henryk. "Ewangelizacja kultury małżeństwa : (rozważanie w świetle papieskiego przemówienia do Roty)". Prawo Kanoniczne 35, n.º 1-2 (5 de junio de 1992): 189–200. http://dx.doi.org/10.21697/pk.1992.35.1-2.09.

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Resumen
L’articolo presente cerca di essere una prova di riflessione sull’allocuzione di Giovanni Paolo II alla Rota Romana, pronunciata dal Sommo Pontefice del 28 gennaio 1991. Nel suo discorso papa ha preso in considerazione l’argomento della fede e della cultura nel matrimonio. Partendo dalla tesi che il piano di Dio riguardante del matrimonio e della famiglia si realizza nella storia e nella diversità delle culture, viene poi messo in vista l’ambiguo influsso della cultura odierna sul matrimonio ed è stato posto un accento sulle tendenze e questioni pericolosi che richiedono ancora dei cambiamenti. Nella parte finale della relazione viene sottolieata l’apertura del nuovo diritto al progresso scientifico e culturale. Dal tutto l’articolo risulta che la storia della istituzione del matrimonio non guida necessariamente al meglio. Perciò la chiesa ha una chiamata in tutto particolare di livellare del dissapore fra il Vangelo e la cultura.
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4

McEvoy, Meaghan. "Rome and the transformation of the imperial office in the late fourth–mid-fifth centuries AD". Papers of the British School at Rome 78 (noviembre de 2010): 151–92. http://dx.doi.org/10.1017/s0068246200000854.

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Resumen
Sommarii:Questo articolo identifica una ragione finora non riconosciuta circa la crescente presenza imperiale a Roma dall'ascesa di Onorio nel 395 d.C. fino all'assassinio di Valentiniano III nel 455, nella forma della trasformazione dell'ufficio imperiale stesso, che stava prendendo piede in questo periodo, come risultato della ripetuta ascesa degli imperatori-bambini nel Occidente tardo-romano. Questi prolungati governi dei minori, che si verificano a un certo punto nella storia tardo-romana quando la crescita della cerimonializzazione e owiamente della cristianizzazione andarono a costituire un importante parte del ruolo delrimperatore, portarono con loro anche una piu grande necessita che la citta di Roma agisse come stage politico chiave per l'esposizione del cerimoniale imperiale, in particolare tanto il supporto della ricchezza deH'aristocrazia senatoria fondata a Roma, divenne ancora piu cruciale quanta le fonti delle entrate imperiali andarono perdute all'impero d'Occidente per via delle invasioni barbariche. In aggiunta, la fondazione del mausoleo di Onorio, adiacente alia basilica di San Pietro, e l'estesa costruzione delle chiese e gli sforzi decorativi della famiglia imperiale durante il regno di Valentiniano III, illuminarono le credenziali cristiane dell'imperatore d'Occidente, e contestano la vecchia visione che i vescovi di Roma avevano gia preso il soprawento sul ruolo delrimperatore' all'interno della citta a partire dal V secolo d.C.
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Dyduch, Jan. "Wierni świeccy w nowym prawodawstwie Kościołów Wschodnich". Prawo Kanoniczne 35, n.º 3-4 (10 de diciembre de 1992): 177–96. http://dx.doi.org/10.21697/pk.1992.35.3-4.07.

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Resumen
II Codice di canoni delle Chiese Orientali e stato promulgato il 18 ottobre 1990. Le norme ivi contenute, per quanto riguarda i laici, rispecchio l’insegnamento del Vaticano II sul laicato. II detto Codice definiendo i fedeli laici sottolinea la loro caratteristica che ii distingue dagli altri fedeli e cioè il loro carattere laico. Segnati dalla loro „laicità”, essi realizzano la loro vocazione alla vita di matrimonio e di famiglia. Operano anche un rinnovamento del ordine terrestre per mezzo dell’attività sociale, economica e politica svolto secondo i principi del Vangelo di Cristo. Essi sono chiamati alla santità e alla santificazione del mondo. Partecipano alla nuova evangelizzazione cosi nei paesi ancora non cristianizzati come pure in quelli tradizionalmente cristiani. I laici sono chiamati all’apostolato sia individuale, il che consiste nella testimonianza di vita e di parola, come anche a quello collettivo. I laici hanno diritto a creare ed a far parte delle diverse formazioni dell’apostolato, inserite peró nell‘apostolato della Chiesa. Partecipando al sacerdozio comune, essi hanno anche la loro parte, in un modo che loro è proprio, nella triplici missione: profetica, sacerdotale e regale di Cristo.
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6

Nicoletto, Meris. "Bambini infelici e famiglie infrante nel cinema di regime". Quaderni d'italianistica 34, n.º 2 (25 de marzo de 2014): 29–46. http://dx.doi.org/10.33137/q.i..v34i2.21033.

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Resumen
Il saggio focalizza la sua attenzione sul tema dell’adulterio femminile, considerato argomento tabù dalla censura e dalla propaganda fascista, e sulle ripercussioni che esso provoca sui figli. Piccola mia di Eugenio De Liguoro e Il canale degli angeli di Francesco Pasinetti, pellicole uscite a metà anni Trenta, bypassano la tematica incandescente del tradimento extraconiugale con il ravvedimento finale delle protagoniste che tornano al loro ruolo di matres familiae. In particolare il film di Pasinetti anticipa di quasi dieci anni la storia raccontata da I bambini ci guardano di Vittorio De Sica: Bruno, il bimbo protagonista, vive con partecipazione sofferta la nascita di un affetto tra la propria madre e un marinaio. La possibile perdita della figura materna viene somatizzata dal bambino in gesti e azioni fatte di silenzi, di avvicinamenti al padre, di furtivi sguardi verso i due amanti. Il tutto poi si scioglie nel finale quando il marinaio decide di partire e la madre di rimanere con il figlio e il marito. Ne I bambini ci guardano, Pricò non è più in grado di salvare il matrimonio dei genitori perché la famiglia non è più una cellula salda e integra, come il regista dimostra superando ipocrisie ideologiche e radiografando pulsioni sociali ed esistenziali nuove. Lo sguardo del bimbo è lo stesso di Bruno, ma con una messa a fuoco più nitida di quanto accade attorno a lui. A nulla valgono i suoi tentativi di nascondere al padre i continui tradimenti della madre, che alla fine rinuncia al figlio in nome della felicità personale. E nulla può il bimbo per richiamare il padre ai suoi doveri di pater familias. In seguito al trauma dell’abbandono della madre e del suicidio del padre Pricò diventa adulto e sceglie di rimanere in collegio, pur avendo di fronte a sé una madre disponibile a prendersi ancora cura di lui. Il suo dolore è troppo forte per perdonare la donna che lo ha tradito nei suoi affetti più profondi.
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Garetto, Roberto Alessandro. "Matrimonio e Famiglia Non Fondata sul Matrimonio (Marriage and Family Not Founded on Marriage)". SSRN Electronic Journal, 2012. http://dx.doi.org/10.2139/ssrn.2017438.

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Zuliani, Federico. "En samling politiske håndskrifter fra slutningen af det 16. århundrede : Giacomo Castelvetro og Christian Barnekows bibliotek". Fund og Forskning i Det Kongelige Biblioteks Samlinger 50 (29 de abril de 2015). http://dx.doi.org/10.7146/fof.v50i0.41248.

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Resumen
Federico Zuliani: Una raccolta di scritture politiche della fine del sedicesimo secolo. Giacomo Castelvetro e la biblioteca di Christian Barnekow. Alla pagina 68 recto del manoscritto Vault Case Ms. 5086, 73/2, Newberry Library, Chicago, ha inizio il “Registro di tutte le scritture politiche del S[igno]r Christiano Bernicò”. Il testo è preceduto da un altro elenco simile, sebbene più breve, che va sotto il titolo di “Memoriale D’alcune scritture politiche, che furon donate alla Reina Maria Stuarda Prigioniera in Inghilterra l’anno di salute m.d.lxxxiii. Dal S[igno]re di Cherelles”. Il manoscritto 5086, 73/2 fa parte di una collezione di dieci volumi (originariamente undici) appartenuti a Giacomo Castelvetro e oggi conservati negli Stati Uniti. I codici, le cui vicende di trasmissione sono, in parte, ancora poco chiare, furono sicuramente compilati da Castelvetro durante il periodo che passò in Danimarca, tra l’estate del 1594 e l’autunno del 1595. Il soggiorno danese di Castelvetro ha ricevuto attenzioni decisamente minori di quelle che invece meriterebbe. Alla permanenza in Danimarca è riconducibile infatti l’opera più ambiziosa dell’intera carriera del letterato italiano: vi vennero assemblati, con l’idea di darli poi alle stampe, proprio i volumi oggi negli Stati Uniti. La provenienza è provata tanto dall’indicazione, nei frontespizi, di Copenaghen come luogo di composizione, quanto dalle annotazioni autografe apportate da Castelvetro, a conclusione dei testi, a ricordare quando e dove fossero stati trascritti; oltre a Copenaghen vi si citano altre due località, Birkholm e Tølløse, entrambe sull’isola danese di Sjællad, ed entrambe amministrate da membri dell’influente famiglia Barnekow. E’ a Giuseppe Migliorato che va il merito di aver identificato per primo in Christian Barnekow il “Christiano Bernicò” della lista oggi alla Newberry Library. Christian Barnekow, nobile danese dalla straordinaria cultura (acquisita in uno studierejse durato ben diciassette anni), a partire dal 1591 fu al servizio personale di Cristiano IV di Danimarca. Barnekow e Castelvetro si dovettero incontrare a Edimburgo, dove il primo era giunto quale ambasciatore del monarca danese e dove il secondo si trovava già dal 1592, come maestro di italiano di Giacomo Stuart e di Anna di Danimarca, sorella di Cristiano IV. Sebbene non si possa escludere un ruolo di Anna nell’introdurli, è più probabile che sia stata la comune amicizia con Johann Jacob Grynaeus a propiziarne la conoscenza. Il dotto svizzero aveva infatti dato ospitalità a Barnekow, quando questi era studente presso l’università di Basilea, ne era divenuto amico e aveva mantenuto i rapporti nel momento in cui il giovane aveva lasciato la città elvetica. Grynaeus era però anche il cognato di Castelvetro il quale aveva sposato Isotta de’ Canonici, vedova di Thomas Liebler, e sorella di Lavinia, moglie di Grynaeus sin dal 1569. Isotta era morta però nel marzo del 1594, in Scozia, ed è facile immaginare come Barnekow abbia desiderato esprimere le proprie condoglianze al marito, cognato di un suo caro amico, e vedovo di una persona che doveva aver conosciuto bene quando aveva alloggiato presso la casa della sorella. Castelvetro, inoltre, potrebbe essere risultato noto a Barnekow anche a causa di due edizioni di opere del primo marito della moglie curate postume dal letterato italiano, tra il 1589 e il 1590. Thomas Liebler, più famoso con il nome latinizzato di Erasto, era stato infatti uno dei più acerrimi oppositori di Pietro Severino, il celebre paracelsiano danese; Giacomo Castelvetro non doveva essere quindi completamente ignoto nei circoli dotti della Danimarca. La vasta cultura di Christian Barnekow ci è nota attraverso l’apprezzamento di diversi suoi contemporanei, quali Grynaeus, Jon Venusinus e, soprattutto, Hans Poulsen Resen, futuro vescovo di Sjælland e amico personale di Barnekow a cui dobbiamo molte delle informazioni in nostro possesso circa la vita del nobile danese, grazie all’orazione funebre che questi tenne nel 1612 e che venne data alle stampe l’anno successivo, a Copenaghen. Qui, ricordandone lo studierejse, il vescovo raccontò come Barnekow fosse ritornato in Danimarca “pieno di conoscenza e di storie” oltre che di “relazioni e discorsi” in diverse lingue. Con questi due termini l’ecclesiastico danese alludeva, con tutta probabilità, a quei documenti diplomatici, relazioni e discorsi di ambasciatori, per l’appunto, che rientravano tra le letture preferite degli studenti universitari padovani. La lista compilata da Castelvetro, dove figurano lettere e istrutioni ma, soprattutto, relationi e discorsi, era un catalogo di quella collezione di manoscritti, portata dall’Italia, a cui fece riferimento l’ecclesiastico danese commemorando Christian Barnekow. Tutti coloro i quali si sono occupati dei volumi oggi negli Stati Uniti si sono trovati concordi nel ritenerli pronti per la pubblicazione: oltre alle abbondanti correzioni (tra cui numerose alle spaziature e ai rientri) i volumi presentano infatti frontespizi provvisori, ma completi (con data di stampa, luogo, impaginazione dei titoli – a loro volta occasionalmente corretti – motto etc.), indici del contenuto e titolature laterali per agevolare lettura e consultazione. Anche Jakob Ulfeldt, amico e compagno di viaggi e di studi di Barnekow, riportò a casa una collezione di documenti (GKS 500–505 fol.) per molti aspetti analoga a quella di Barnekow e che si dimostra di grande importanza per comprendere peculiarità e specificità di quella di quest’ultimo. I testi di Ulfeldt risultano assemblati senza alcuna coerenza, si rivelano ricchi di errori di trascrizione e di grammatica, e non offrono alcuna divisione interna, rendendone l’impiego particolarmente arduo. Le annotazioni di un copista italiano suggeriscono inoltre come, già a Padova, potesse essere stato difficoltoso sapere con certezza quali documenti fossero effettivamente presenti nella collezione e quali si fossero smarriti (prestati, perduti, pagati ma mai ricevuti…). La raccolta di Barnekow, che aveva le stesse fonti semi-clandestine di quella dell’amico, doveva trovarsi in condizioni per molti versi simili e solo la mano di un esperto avrebbe potuto portarvi ordine. Giacomo Castelvetro – nipote di Ludovico Castelvetro, uno dei filologi più celebri della propria generazione, e un filologo egli stesso, fluente in italiano, latino e francese, oltre che collaboratore di lunga data di John Wolfe, editore londinese specializzato nella pubblicazione di opere italiane – possedeva esattamente quelle competenze di cui Barnekow aveva bisogno e ben si intuisce come mai quest’ultimo lo convinse a seguirlo in Danimarca. I compiti di Castelvetro presso Barnekow furono quelli di passarne in rassegna la collezione, accertarsi dell’effettivo contenuto, leggerne i testi, raggrupparli per tematica e area geografica, sceglierne i più significativi, emendarli, e prepararne quindi un’edizione. Sapendo che Castelvetro poté occuparsi della prima parte del compito nei, frenetici, mesi danesi, diviene pure comprensibile come mai egli portò con sé i volumi oggi negli Stati Uniti quando si diresse in Svezia: mancava ancora la parte forse più delicata del lavoro, un’ultima revisione dei testi prima che questi fossero passati a un tipografo perché li desse alle stampe. La ragione principale che sottostò all’idea di pubblicare un’edizione di “scritture politiche” italiane in Danimarca fu la presenza, in tutta l’Europa centro settentrionale del tempo, di una vera e propria moda italiana che i contatti tra corti, oltre che i viaggi d’istruzione della nobiltà, dovettero diffondere anche in Danimarca. Nel tardo Cinquecento gli autori italiani cominciarono ad essere sempre più abituali nelle biblioteche private danesi e la conoscenza dell’italiano, sebbene non completamente assente anche in altri settori della popolazione, divenne una parte fondamentale dell’educazione della futura classe dirigente del paese nordico, come prova l’istituzione di una cattedra di italiano presso l’appena fondata Accademia di Sorø, nel 1623. Anche in Danimarca, inoltre, si tentò di attrarre esperti e artisti italiani; tra questi, l’architetto Domenico Badiaz, Giovannimaria Borcht, che fu segretario personale di Frederik Leye, borgomastro di Helsingør, il maestro di scherma Salvator Fabris, l’organista Vincenzo Bertolusi, il violinista Giovanni Giacomo Merlis o, ancora, lo scultore Pietro Crevelli. A differenza dell’Inghilterra non si ebbero in Danimarca edizioni critiche di testi italiani; videro però la luce alcune traduzioni, anche se spesso dal tedesco, di autori italiani, quali Boccaccio e Petrarca, e, soprattutto, si arrivò a pubblicare anche in italiano, come dimostrano i due volumi di madrigali del Giardino Novo e il trattato De lo schermo overo scienza d’arme di Salvator Fabris, usciti tutti a Copenaghen tra il 1605 e il 1606. Un’ulteriore ragione che motivò la scelta di stampare una raccolta come quella curata da Castelvetro è da ricercarsi poi nello straordinario successo che la letteratura di “maneggio di stato” (relazioni diplomatiche, compendi di storia, analisi dell’erario) godette all’epoca, anche, se non specialmente, presso i giovani aristocratici centro e nord europei che studiavano in Italia. Non a caso, presso Det Kongelige Bibliotek, si trovano diverse collezioni di questo genere di testi (GKS 511–512 fol.; GKS 525 fol.; GKS 500–505 fol.; GKS 2164–2167 4º; GKS 523 fol.; GKS 598 fol.; GKS 507–510 fol.; Thott 576 fol.; Kall 333 4º e NKS 244 fol.). Tali scritti, considerati come particolarmente adatti per la formazione di coloro che si fossero voluti dedicare all’attività politica in senso lato, supplivano a una mancanza propria dei curricula universitari dell’epoca: quella della totale assenza di qualsivoglia materia che si occupasse di “attualità”. Le relazioni diplomatiche risultavano infatti utilissime agli studenti, futuri servitori dello Stato, per aggiornarsi circa i più recenti avvenimenti politici e religiosi europei oltre che per ottenere informazioni attorno a paesi lontani o da poco scoperti. Sebbene sia impossibile stabilire con assoluta certezza quali e quante delle collezioni di documenti oggi conservate presso Det Kongelige Bibliotek siano state riportate in Danimarca da studenti danesi, pare legittimo immaginare che almeno una buona parte di esse lo sia stata. L’interesse doveva essere alto e un’edizione avrebbe avuto mercato, con tutta probabilità, anche fuori dalla Danimarca: una pubblicazione curata filologicamente avrebbe offerto infatti testi di gran lunga superiori a quelli normalmente acquistati da giovani dalle possibilità economiche limitate e spesso sprovvisti di una padronanza adeguata delle lingue romanze. Non a caso, nei medesimi anni, si ebbero edizioni per molti versi equivalenti a quella pensata da Barnekow e da Castelvetro. Nel 1589, a Colonia, venne pubblicato il Tesoro politico, una scelta di materiale diplomatico italiano (ristampato anche nel 1592 e nel 1598), mentre tra il 1610 e il 1612, un altro testo di questo genere, la Praxis prudentiae politicae, vide la luce a Francoforte. La raccolta manoscritta di Barnekow ebbe però anche caratteristiche a sé stanti rispetto a quelle degli altri giovani danesi a lui contemporanei. Barnekow, anzitutto, continuò ad arricchire la propria collezione anche dopo il rientro in patria come dimostra, per esempio, una relazione d’area fiamminga datata 1594. La biblioteca manoscritta di Barnekow si distingue inoltre per l’ampiezza. Se conosciamo per Ulfeldt trentadue testi che questi portò con sé dall’Italia (uno dei suoi volumi è comunque andato perduto) la lista di “scritture politiche” di Barnekow ne conta ben duecentoottantaquattro. Un’altra peculiarità è quella di essere composta inoltre di testi sciolti, cioè a dirsi non ancora copiati o rilegati in volume. Presso Det Kongelige Bibliotek è possibile ritrovare infatti diversi degli scritti registrati nella lista stilata da Castelvetro: dodici riconducibili con sicurezza e sette per cui la provenienza parrebbe per lo meno probabile. A lungo il problema di chi sia stato Michele – una persona vicina a Barnekow a cui Castelvetro afferma di aver pagato parte degli originali dei manoscritti oggi in America – è parso, di fatto, irrisolvibile. Come ipotesi di lavoro, e basandosi sulle annotazioni apposte ai colophon, si è proposto che Michele potesse essere il proprietario di quei, pochi, testi che compaiono nei volumi oggi a Chicago e New York ma che non possono essere ricondotti all’elenco redatto da Castelvetro. Michele sarebbe stato quindi un privato, legato a Barnekow e a lui prossimo, da lui magari addirittura protetto, ma del quale non era al servizio, e che doveva avere presso di sé una biblioteca di cui Castelvetro provò ad avere visione al fine di integrare le scritture del nobile danese in vista della sua progettata edizione. Il fatto che nel 1596 Michele fosse in Italia spiegherebbe poi come potesse avere accesso a questo genere di opere. Che le possedesse per proprio diletto oppure che, magari, le commerciasse addirittura, non è invece dato dire. L’analisi del materiale oggi negli Stati Uniti si rivela ricca di spunti. Per quanto riguarda Castelvetro pare delinearsi, sempre di più, un ruolo di primo piano nella diffusione della cultura italiana nell’Europa del secondo Cinquecento, mentre Barnekow emerge come una figura veramente centrale nella vita intellettuale della Danimarca a cavallo tra Cinque e Seicento. Sempre Barnekow si dimostra poi di grandissima utilità per iniziare a studiare un tema che sino ad oggi ha ricevuto, probabilmente, troppa poca attenzione: quello dell’importazione in Danimarca di modelli culturali italiani grazie all’azione di quei giovani aristocratici che si erano formati presso le università della penisola. A tale proposito l’influenza esercitata dalla letteratura italiana di “maneggio di stato” sul pensiero politico danese tra sedicesimo e diciassettesimo secolo è tra gli aspetti che meriterebbero studi più approfonditi. Tra i risultati meno esaurienti si collocano invece quelli legati all’indagine e alla ricostruzione della biblioteca di Barnekow e, in particolare, di quanto ne sia sopravvissuto. Solo un esame sistematico, non solo dei fondi manoscritti di Det Kongelige Bibliotek, ma, più in generale, di tutte le altre biblioteche e collezioni scandinave, potrebbe dare in futuro esiti soddisfacenti.
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Di Rienzo, Paolo, Aline Sommerhalder, Massimo Margottini y Concetta La Rocca. "Apprendimento permanente, saperi e competenze strategiche: approcci concettuali nel contesto di collaborazione scientifica tra Brasile e Italia (Lifelong learning, knowledge and Strategic Competence: conceptual approaches in the context of scientific collaboration between Brazil and Italy)". Revista Eletrônica de Educação 12, n.º 3 (7 de octubre de 2019). http://dx.doi.org/10.14244/198271993584.

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Resumen
This essay aims to show some approaches in the understanding of the lifelong learning concepts, knowledge, competence, from a literature review with the contributions of Dewey, Bruner, Freire, Schon and Tardif among others. Coming from theoretical studies carried out by Italian researchers and a Brazilian researcher, through their Research Centers/Laboratories and international collaborative partnership between Brazilian and Italian Universities, this text addresses from the undertake scientific literature, key terms which support the held studies. From the considerations, it is highlighted the regular understanding around lifelong learning concept, which considers the human condition for the permanent learning and valuing experiences from different contexts, such as family and school (basic and higher education). In view of this, the approximation between the concepts of competence and knowledge was also highlighted, recognized and valued as fundamental elements for the learning process and for the development of critical and reflexive thinking, and consequently transforming daily problems and challenges. The task reinforces the research network, pursuing the improving theoretical knowledge to subsidize the scientific research production in the educational field, besides Brazilian or Italian academic walls.SommarioQuesto saggio ha l’obiettivo di presentare gli approcci sulla definizione dei concetti di apprendimento permanente, saperi e competenze, partendo da una revisione della letteratura, con i contributi,tra gli altri, di Dewey, Bruner, Freire, Schon e Tardif. A partire dall’analisi teorica condotta da ricercatori italiani e una ricercatrice brasiliana, mediante i loro centri di ricerca/laboratório, e l’accordo di collaborazione internazionale tra l’università brasiliana e italiana, questo testo affronta, in base alla letteratura scientifica, i termini chiave che supportano gli studi realizzati. Dalle argomentazioni espresse, emerge la posizione comune sul concetto di apprendimento permanente o per tutta la vita, che considera l’approccio umanistico e la valorizzazione delle esperienze provenienti da diversi contesti come la famiglia e la scuola (in particolare di base e superiore). In questa prospettiva, si mette in evidenzia anche l'approssimazione semantica tra i concetti di competenza e saperi, riconosciuti e valorizzati come elementi fondamentali per il processo di apprendimento e per lo sviluppo del pensiero critico e riflessivo, e di conseguenza trasformatore rispetto ai problemi e alle sfide quotidiane della vita. Il presente contributo rafforza la rete di ricerca congiunta, con l'obiettivo di migliorare le conoscenze teoriche per supportare lo sviluppo di ricerche in campo educativo, al di là delle mura accademiche brasiliane o italiane.Keywords: Lifelong learning, Knowledge, Strategic competence, Reflexive competence.Parole chiave: Apprendimento permanente, Saperi, Competenze strategiche, Competenze di riflessione.Palavras-chave: Aprendizagem permanente, Conhecimento, Competência estratégica, Competência reflexiva.ReferencesALBERICI, A. La possibilità di cambiare. Apprendere ad apprendere come risorsa strategica per la vita. Milano: Franco Angeli, 2008.ALBERICI, A.; DI RIENZO, P. Learning to learn for individual and society. In: R. Deakin CRICK, C. S.; K. REN (Eds), Learning to Learn. International perspectives from theory and practice. New York: Routledge, 2014, p. 87-104.BALDACCI M. Trattato di pedagogia generale, Roma: Carocci Editore, 2002.BANDURA A. 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Tesis sobre el tema "Famiglia non fondata sul matrimonio"

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CASTELLANI, Giulia. "Le prospettive d'impiego dell'art. 2645 ter c.c. nell'ambito della famiglia non fondata sul matrimonio". Doctoral thesis, 2015. http://hdl.handle.net/11562/913588.

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Resumen
Il presente lavoro mira ad approfondire le possibili ricadute applicative degli atti di destinazione patrimoniale di cui all’art. 2645 ter c.c. nel contesto della famiglia non fondata sul matrimonio. Una particolare attenzione sarà volta all’esperienza di ordinamenti vicini al nostro, geograficamente e culturalmente, quali quello francese e quello spagnolo. Ampio spazio verrà dedicato allo studio del concetto di meritevolezza, fulcro dell’art. 2645 ter c.c. In questa prospettiva saranno dunque esaminate le molteplici opinioni espresse sul significato da attribuire a tale nozione, propendendo per quella soluzione che non si accontenta della mera liceità e richiede invece un quid pluris. Al fine di delineare tale “plusvalore” si rivelerà fondamentale l'apporto offerto dalla Costituzione. La famiglia non fondata sul matrimonio, nel suo essere formazione sociale in cui trovano realizzazione i valori costituzionali della persona e della solidarietà, potrebbe così divenire il terreno ideale ove sperimentare lo strumento negoziale di cui all'art. 2645 ter c.c. Si avrà tuttavia modo di evidenziare come la meritevolezza della famiglia non fondata sul matrimonio e la sua rilevanza a livello costituzionale non comportano che l'art. 2645 ter c.c. possa trovare applicazione sempre e comunque. Il confronto con la disciplina del fondo patrimoniale, in particolare, rappresenterà un passaggio obbligato. Tale comparazione, infatti, consentirà di delineare le effettive potenzialità applicative dell'atto di destinazione nell’ambito della famiglia c.d. di fatto, senza perciò stesso ingenerare perplessità in ordine alla legittimità costituzionale di tale norma.
This work focuses on investigating the possible implications of asset dedication acts in art. 2645 ter of the Civil Code in families that are not founded on marriage. Particular attention shall be given to the experiences of jurisdictions close to our own, both geographically and culturally, such as those of France and Spain. Ample space will be dedicated to the study of the concept of worthiness recalled by art. 2645 ter of the Civil Code. The many opinions expressed on the meaning assigned to this concept will be examined and the study will lean towards a solution that is not satisfied by the mere legality, but instead requires a quid pluris. The contribution made by the Constitution will be fundamental in order to identify this "added value". The family that is not founded on marriage, as a place in which the constitutional values of a person and of solidarity are realised, could well become the ideal ground in which to test the application of art. 2645 ter of the Civil Code. However, it will be possible to highlight how the worthiness of the family not founded on marriage, and its importance in the constitution, does not imply that art. 2645 ter of the Civil Code can be applied in any situation. In particular, comparisons with the family trust fund framework represent a necessary step.
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Capítulos de libros sobre el tema "Famiglia non fondata sul matrimonio"

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D’Attoma, Sara. "2 • Divorzio e mediazione". En Sinica venetiana. Venice: Fondazione Università Ca’ Foscari, 2022. http://dx.doi.org/10.30687/978-88-6969-602-2/002.

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Resumen
La libertà di divorzio, più di ogni altro diritto nell’ambito della disciplina giuridica sulla famiglia, è l’espressione di una volontà individuale. Essa può essere interpretata come complementare alla libertà di matrimonio, con la differenza che quest’ultima è stata riconosciuta dallo Stato come elemento primario e fondante della famiglia in largo anticipo rispetto alla libertà di divorzio. Nella storia del diritto di famiglia il nucleo famigliare è sempre stato considerato quale bene giuridico primario, da tutelare anche a scapito dell’esercizio dei diritti dei suoi singoli componenti. Il divorzio è stato relegato per molto tempo fra i fattori sociali destabilizzanti, per la sua espressione spiccatamente individualistica, e perciò non ammesso.
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