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Stycze´n, Tadeusz. "La libertà e la legge: sì o no alla vita?" Medicina e Morale 46, n.º 5 (31 de octubre de 1997): 885–902. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1997.866.

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Resumen
Uno dei compiti essenziali etico-culturali, davanti ai quali lo studioso di etica viene posto dall’EV, è il rendere cosciente possibilmente tutti gli uomini, come cittadini dei loro Stati, in che cosa trasformano il loro Stato come legislatore e chi diventano essi stessi e, quando tale Stato, con un atto di diritto positivo toglie – come nel caso della legalizzazione dell’aborto – da ogni tutela della legge, coloro che vengono uccisi per proteggere, con lo stesso atto, e perfino sostenere coloro che li uccidono. L’Autore in tal proposito analizza le leggi di questo tipo alla luce dell’enciclica Evangelium Vitae (EV). L’attenzione dello studioso di etica si concentra prima sugli uomini, e in seguito sulle istituzioni da loro stessi create: legge e Stato, esaminando la loro dimensione “umana” cioè culturale. La drammaticità della diagnosi posta dall’EV è testimoniata dalla progressiva espansione della “cultura della morte”. Ne è una prova il fatto che l’ONU, fondata al fine di superare, il primo caso nella storia dell’umanità di “legge contro la vita” (i cosiddetti decreti di Norimberga), in corrispondenza del 50° anniversario della sua esistenza, si fa promotrice del secondo caso di “legge contro la vita” – il “diritto all’aborto sicuro”. La riflessione dello studioso di etica si concentra proprio sul disfacimento della cultura come cultura di morte e ha come scopo di farne una diagnosi più differenziata, al fine di intraprendere, in base ad essa, delle “terapie” opportune, unico modo per contrastare e prevenire il fenomeno dell’estinguersi della cultura umana.
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Miccinesi, Guido y Joseph Raho. "Morire senza coscienza. La giustificazione morale della sedazione palliativa profonda continua". Medicina e Morale 68, n.º 4 (20 de diciembre de 2019): 397–410. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2019.595.

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Resumen
Un recente disegno di legge sulle cure alla fine della vita ha proposto di estendere l’opzione della sedazione palliativa profonda continua anche a pazienti che non siano in fase terminale di malattia. Questo sviluppo del dibattito sulle cure alla fine della vita richiede un nuovo sforzo per chiarire i termini della questione e risolvere alcune persistenti ambiguità. Il presente articolo sottolinea come la sedazione palliativa profonda continua sia eticamente lecita, e in effetti parte integrante delle cure palliative, solo quando eseguita in modo conforme alle principali linee guida. Daremo argomenti per mostrare come ‘l’imminenza di morte’, generalmente intesa come morte attesa entro poche ore/giorni, sia un importante criterio clinico per decidere della liceità etica di questa pratica medica. Nella nostra argomentazione (1) spiegheremo come la Dottrina del Duplice effetto, cui frequentemente si fa ricorso nei dibattiti etici su questa pratica, non sia invece necessariamente applicabile al caso della sedazione palliativa; (2) identificheremo una giustificazione alternativa, etica e clinica, per il ricorso alla sedazione in situazioni di fine vita; infine (3) discuteremo l’eventuale liceità del ricorso alla sedazione palliativa in casi di sofferenza esistenziale. Contiamo in tal modo di contribuire allo sviluppo del dibattito bioetico in corso su questi temi.
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Secchi Tarugi, Luisa. "Etica e politica di Lorenzo il Magnifico". Tabula, n.º 17 (16 de noviembre de 2020): 331–44. http://dx.doi.org/10.32728/tab.17.2020.13.

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Lorenzo de’ Medici, uomo di profonda fede, data la mirabile educazione ricevuta in famiglia, accettò il governo della città dopo la morte del padre, Piero il Gottoso, come dovere, sentendone il peso, data la sua giovane età di 21 anni, secondo quanto lui stesso dice “mal volentieri accettai”. In tutta la sua vita, non molto lunga, privilegiò come fine il conseguimento del bene comune e non il proprio interesse. Attento anche alle situazioni dei meno fortunati, come il popolo fiorentino e i contadini del Mugello, si rivelò un abile politico che riuscì ad equilibrare la politica dei vari staterelli italiani, ma non dimenticò mai quale fosse il traguardo vero della vita dell’uomo e cioè guardare verso Dio staccandosi dalle ambizioni della vita terrena. Soprattutto raccomandò ai figli di saper governare diventando esempio “perché il signore deve essere servo de’ suoi servi” come scrive nella Sacra rappresentazione di Giovanni e Paolo messa in scena il 17 febbraio 1491 nella Compagnia del Vangelista.
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Vitale, Aldo Rocco. "The “end of life” rights as biolegal issue / I “diritti” di fine vita come problema biogiuridico". Medicina e Morale 67, n.º 3 (30 de julio de 2018): 325–44. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2018.542.

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The text examines the configurability of the bundle of rights that outline around the final stages of life and that are biolegal problems. In this regard it appears appropriate to distinguish between end-of-life “typical” rights and “atypical” end-of-life rights, in view of their legal founding and ethical and social shareability.----------Il testo prende in esame la configurabilità di quel fascio di diritti che si vengono a delineare intorno alle fasi finali della vita e che si propongono come problema di carattere biogiuridico. In proposito appare opportuna la distinzione tra diritti di fine vita “propri” e diritti di fine vita “impropri”, in considerazione della loro fondabilità giuridica e condivisibilità etica e sociale.
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Borsellino, Patrizia. "La dimensione etica nelle cure palliative. L'esperienza del Comitato per l'etica di fine vita". SALUTE E SOCIETÀ, n.º 3 (septiembre de 2017): 77–93. http://dx.doi.org/10.3280/ses2017-003007.

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Corsano, Barbara, Dario Sacchini, Nicola Panocchia y Antonio G. Spagnolo. "Dialisi nel fine vita: quando è eticamente giustificato desistere?" Medicina e Morale 71, n.º 3 (3 de noviembre de 2022): 333–43. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2022.1215.

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Introduzione: la malattia renale cronica è una causa significativa di decesso. I malati che progrediscono verso la malattia renale allo stadio terminale spesso iniziano la dialisi come trattamento salva-vita. Esistono diverse questioni etiche relative alle decisioni di iniziare/non iniziare o mantenere/non prolungare la dialisi, in particolare per i pazienti con deficit cognitivo e comorbilità, dove la decisione diventa più complessa. Obiettivo: attraverso il caso di un paziente di 56 anni, affetto da cancro laringeo e insufficienza renale cronica end-stage in trattamento sostitutivo emodialitico trisettimanale – oltre che da altre comorbidità – si intendono approfondire gli aspetti etici connessi alla valutazione della proporzionalità e dell’appropriatezza etico-clinica del trattamento dialitico in pazienti che hanno una prognosi infausta “quoad vitam” a breve termine e presentano deficit cognitivo. Discussione: il trattamento dialitico, quale trattamento sostitutivo della funzione renale, sebbene abbia sempre una finalità palliativa e sia tecnicamente praticabile, in determinate circostanze potrebbe configurarsi come ostinazione irragionevole ed essere un penoso prolungamento del processo del morire. Conclusioni: nel valutare l’appropriatezza clinica e la proporzionalità del trattamento dialitico è stata importante una valutazione interdisciplinare e il coinvolgimento dei familiari che ha portato all’elaborazione di un documento condiviso di orientamento etico assistenziale. All’interno di tale documento sono stati individuati gli obiettivi di cura e ciò che rappresentava il miglior bene per il paziente.
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Pellegrino, Edmund D. "Le decisioni al termine della vita: uso ed abuso del concetto di futilità". Medicina e Morale 51, n.º 5 (31 de octubre de 2002): 867–95. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2002.684.

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Il presente articolo, intende suggerire che l’uso appropriato del termine “futilità” possa costituire un utile ponte fra la formulazione etica dei termini ordinario/straordinario e la decisione da prendere talora al termine della vita. Futilità in senso clinico significa semplicemente che una malattia o sindrome si è evoluta a un punto tale da rendere ormai inutile un intervento medico che era stato proposto per il bene del paziente. L’articolo si divide in tre parti: 1) delineazione del concetto di futilità; 2) delineazione dei suoi abusi all’interno di particolari decisioni cliniche; 3) definizione del suo uso proprio nel contesto della antropologia e dell’etica medica cattolica. Correttamente interpretato il termine “futilità”, come guida prudenziale all’interno di limiti morali specifici, può essere d’aiuto per recuperare e spiegare la persistente importanza dei termini tradizionali ordinario e straordinario, proporzionato e sproporzionato. Questi termini sono centrali nell’insegnamento del Magistero Cattolico sull’assistenza alla fine della vita, e hanno fortemente influenzato le prospettive cattoliche successive riguardo alle decisioni di fine vita.
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Zulian, F., M. Campanini, L. Lusiani, L. Magnani, G. Pinna y R. Nardi. "Problematiche di fine vita: il ruolo della medicina interna ospedaliera". Italian Journal of Medicine 5, n.º 1 (10 de abril de 2017): 1. http://dx.doi.org/10.4081/itjm.q.2017.4.

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<img src="/public/site/images/pgranata/PREFAZIONE.jpg" alt="" /><br /><p class="titolo"><strong>Etica cristiana e malattia</strong><br /><em>E. Bianchi</em></p><img src="/public/site/images/pgranata/rass.jpg" alt="" /><br /><p class="titolo"><strong>Le problematiche di fine vita: quale consapevolezza da parte degli internisti?</strong><br /><em>M. Gambacorta, M. Campanini, R. Nardi</em></p><p class="titolo"><strong>Il concetto di terminalità: certezze e incertezze</strong><br /><em>L. Lusiani, C. Bullo</em></p><p class="titolo"><strong>Traiettorie di malattia: non sempre i pazienti e le famiglie sono informati</strong><br /><em>L. Magnani</em></p><p class="titolo"><strong>La dignità come fattore di cura: pratica clinica nel fine vita nella medicina <em>patient centered</em></strong><br /><em>M. Felici, A. Pulerà, S. Lenti</em></p><p class="titolo"><strong>L’assistenza nel fine vita: quali responsabilità? Un approccio medico-legale al tema</strong><br /><em>A. Aprile, M. Bolcato, D. Rodriguez</em></p><p class="titolo"><strong>Il paziente terminale: aspetti di tipo etico</strong><br /><em>R. Cavaliere</em></p><p class="titolo"><strong>Cure palliative, assistenza domiciliare e <em>caregiver burden</em>: il modello dell’efficienza terapeutica</strong><br /><em>L. Occhini, A. Pulerà, M. Felici</em></p><p class="titolo"><strong>Nutrizione ed idratazione nei malati terminali</strong><br /><em>R. Risicato</em></p><p class="titolo"><strong>La gestione del dolore nel paziente terminale</strong><br /><em>G. Civardi, M. Bosco, R. Bertè</em></p><p class="titolo"><strong>Sedazione di fine vita: aspetti decisionali clinici ed etici</strong><br /><em>M. Carassiti, A. De Benedictis, M. Del Prete, B. Vincenzi, V. Tambone</em></p><p class="titolo"><strong>La rimodulazione della terapia negli anziani in fase terminale</strong><br /><em>A. Cester, F. Busonera</em></p><p class="titolo"><strong>Ruolo dell’infermiere nel <em>comfort care</em> del paziente a fine vita in Medicina Interna</strong><br /><em>D. Simonazzi, M. Lince, S. Tanzi, G. Bordin</em></p><p class="titolo"><strong>Percorso di fine vita e diagnosi di terminalità: l’esperienza dell’Ausl di Modena e Reggio Emilia</strong><br /><em>G. Chesi, E. Scalabrini, P. Vacondio, G. Pinelli, G. Carrieri, G. Cioni</em></p><img src="/public/site/images/pgranata/Sezioni.jpg" alt="" /><br /><p class="titolo"><strong>APPENDICE I<br />Metodi di riconoscimento e di valutazione del paziente in fase terminale o a rischio di elevata mortalità in ospedale</strong><br /><em>R. Nardi, G. Belmonte, L. Lusiani, M. Gambacorta, G. Pinna, M. Campanini, A. Fontanella</em></p><p class="titolo"><strong>APPENDICE II<br />RECENSIONE - Riflessioni sul dolore </strong>di Umberto Eco<br /><em>R. Nardi</em></p>
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Mele, V. y S. Giardina. "La bioetica che interroga la letteratura nel locus antropologico: l’ermeneutica di una voce letteraria sul tema della tecnocrazia". Medicina e Morale 52, n.º 2 (30 de abril de 2003): 263–81. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2003.670.

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L’oggetto materiale del lavoro è stato quello di delineare i fondamenti epistemologici della tecnica, di inquadrarli nel periodo immediatamente antecedente alla nascita della bioetica come disciplina sensu stricto e, infine, di far emergere le conseguenze che la tecnologia ha avuto sul vissuto antropologico e sull’umano nell’epoca contemporanea. L’avvento della tecnologia si impone come una delle radici storiche della bioetica. Infatti, le nuove possibilità tecnologiche offerte dalla scienza pongono nuovi quesiti che necessitano d’urgenza una risposta etica. Tali possibilità non minacciano soltanto la salute, la vita dell’uomo e la sopravvivenza dell’intero pianeta, ma possono arrivare a “sconvolgere” l’identità stessa dell’uomo, la sua struttura antropologica. A questo punto la tecnologia da mezzo diventa fine, e la tecnologia si trasforma in tecnocrazia. Partendo dalla concezione che la letteratura è uno strumento di conoscenza che si avvale di strumenti diversi, ma non per questo meno validi, di quelli della scienza, gli autori hanno utilizzato come strumento di indagine per delineare il rapporto uomo-tecnologia alcuni testi dello scrittore Paolo Volponi in cui è evidente la presa di coscienza e la denuncia da parte dello scrittore del riduzionismo antropologico operato dal mondo tecnologico. In altre parole, la letteratura viene assunta quale oggetto formale per delineare l’avvento della tecnocrazia sull’uomo. Scopo del lavoro è inoltre far emergere l’importanza e l’effettiva realizzazione di un dialogo tra discipline diverse: il discorso sulla portata etica della tecnologia si muove oscillando dal terreno più squisitamente etico della bioetica a quello umanistico-antropologico definito dalla letteratura, e viceversa.
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Serra, Angelo y Grazia Bellanova. "Accertamento prenatale di rischio di patologia cromosomica fetale". Medicina e Morale 46, n.º 1 (28 de febrero de 1997): 15–35. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1997.886.

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Da circa trenta anni la diagnosi prenatale di sindromi causate da alterazioni dell’informazione genetica è entrata nella prassi dell’assistenza medica. Criteri deontologici e considerazioni etiche circa il rispetto delle giuste esigenze e diritti della coppia parentale, da una parte, e dell’incolumità del concepito, dall’altra, avevano portato a stabilire alcune precise indicazioni per l’esecuzione della diagnosi prenatale: l’età della madre non doveva essere superiore ai 35-38 anni. Nella prospettiva eugenistica che sta prevalendo nella società, appoggiata anche da provvedimenti legislativi, tale criterio venne considerato insufficiente perchè sarebbero rimasti a farne parte ancora troppi soggetti “indesiderati”, affetti da serie e gravi malformazioni. Furono, perciò, intraprese indagini al fine di trovare altri parametri atti a rivelare abbastanza presto durante la gravidanza un aumentato rischio di patologia cromosomica per un embrione o un feto, quali il test delle alfa-feto-proteine, e il triplo-test. Dal punto di vista etico, è buona e lecita la ricerca di un corretto ed efficiente metodo predittivo di rischio di feto affetto da patologia cromosomica e la sua applicazione qualora il fine per cui il metodo venga applicato sia buono, ossia non abbia scopi eugenetici, e non rechi danno alla donna, al bambino o alla società. Dal punto di vista deontologico, supposta la bontà etica gli autori sottolineano soprattutto l’obbligo del consenso informato all’esame, ossia una completa e rigorosa informazione e un severo controllo di qualità; in altri termini, un accertamento esatto dell’età gestazionale del feto e una corretta definizione del rischio.
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Spagnolo, Antonio G. y Nunziata Comoretto. "Eutanasia, suicidio assistito e cure palliative: analisi del documento della Task Force etica dell’EAPC". Medicina e Morale 53, n.º 3 (30 de junio de 2004): 501–18. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2004.636.

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Nel giugno 2003 l’EAPC ha adottato come posizione ufficiale dell’Associazione un documento sull’etica dell’eutanasia e del suicidio medicalmente assistito. Con tale documento l’EAPC ha inteso inserirsi attivamente nell’ampio dibattito che coinvolge i temi di fine vita e l’assistenza al malato terminale, secondo la peculiare prospettiva delle cure palliative. Un primo elemento positivo offerto dal documento riguarda l’aspetto metodologico: il documento offre un chiarimento di concetti e definizioni ampiamente impiegati nel dibattito in questione e non di rado frutto di equivoci: in particolare emerge l’inutilità e l’ambiguità della distinzione, fin troppo abusata, tra eutanasia “attiva” e “passiva”. Alcuni punti del documento sembrano particolarmente significativi: il ruolo delle cure palliative nel “rinforzare” l’autonomia del paziente e nel contrastare le richieste di eutanasia e suicidio assistito da parte del paziente; il diverso significato di un atto eutanasico rispetto alla cosiddetta “sedazione terminale”. Gli Autori non mancano di rilevare, accanto agli aspetti positivi, alcuni nodi problematici contenuti nel documento, tra i quali un riferimento ambiguo all’impiego di direttive anticipate e, soprattutto, l’esplicita astensione dal connotare sul piano valoriale eutanasia e suicidio medicalmente assistito, quando invece ampio riferimento a norme e valori viene fatto a proposito delle cure palliative. L’asserita neutralità di fronte a scelte individuali a favore di queste condotte non può essere accettata da un documento sull’etica il quale avrebbe dovuto spingersi a dire qualcosa di più su ciò che “dovrebbe essere”.
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Caporale, Maria. "Aspetti civilistici e penalistici della maternità su commissione". Medicina e Morale 44, n.º 1 (28 de febrero de 1995): 91–111. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1995.992.

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L'articolo esamina i riflessi giuridici in campo civile e penale del fenomeno della "maternità su commissione" affrontando il problema della frontiera etica del progresso scientifico. L'Autrice individua i rischi connessi all'insorgere di tali pratiche "sostitutive"descrivendo una molteplicità di situazioni limite: la frammentazione delle funzioni della maternità (ovulazione, gestazione, educazione) che tecnicamente possono essere ricondotte a soggetti diversi; il conseguente smarrimento dell'identità materna; l'enfatizzazione di un presunto diritto del singolo alla procreazione; il sacrificio-distruzione di embrioni superflui; i danni psico-sociali connessi alla frantumazione delle strutture parentali e dei modelli di genitorialità socialmente consolidati; la destrutturazione deii'ordine giuridico che compromette l'identità certa del soggetto. Molte le questioni poste all'attenzione del giurista: dalla definizione di uno statuto per l'embrione, alla tutela di beni essenziali quali l'unità familiare, alla salvaguardia del valore della procreazione, alla liceità dei mezzi e dei fini che caratterizzano le applicazioni in campo scientifico. Le considerazioni svolte trovano un sostegno culturale e giuridico in numerose leggi, Convenzioni e Dichiarazioni sia nazionali che sovranazionali. L'Autrice analizza poi brevemente le soluzioni legislative offerte dai diversi Paesi alla luce di principi internazionali. Emerge l'esigenza della formulazione di una disciplina globale del diritto alla vita prenatale, di una regolamentazione organica di tipo penalistico di beni essenziali e la predisposizione di adeguate garanzie al fine di tutelare un'ampia serie di beni complementari, con specificazioni rispetto a particolari questioni tecniche.
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Bondolfi, Alberto. "Alcune considerazioni etico-giuridiche sugli ultimi sviluppi del dibattito svizzero sulle pratiche "estreme" di fine vita". INTERAZIONI, n.º 2 (marzo de 2014): 30–45. http://dx.doi.org/10.3280/int2013-002003.

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Eijk, Willem J. "Il Rapporto 2001/2002 sulla prassi dell’eutanasia nei Paesi Bassi: considerazioni critiche". Medicina e Morale 52, n.º 6 (31 de diciembre de 2003): 1137–50. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2003.656.

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Nel mese di giugno di 2003 è stato pubblicato il terzo Rapporto sulla prassi di eutanasia nei Paesi Bassi. Lo scopo dell’indagine era, fra l’altro, di verificare se i medici rispettino la regolamentazione sull’eutanasia. Dal 1998 tutti i casi di eutanasia e suicidio medicalmente assistito devono essere denunciati dal medico alle Commissioni Regionali di Controllo sull’Eutanasia. Questa procedura è stata poi mantenuta nella Legge sul “Controllo della Cessazione della Vita a Richiesta e dell’Assistenza al Suicidio” (2001) secondo cui l’eutanasia e il suicidio medicalmente assistito sono legali a condizione che il medico abbia rispettato una serie di adempimenti. Uno di essi richiede che il medico denunci casi di eutanasia e suicidio medicalmente assistito. Dal Rapporto, invece, risulta che - sebbene la percentuale di casi di eutanasia e suicidio medicalmente assistito denunciati sia aumentata dal 41% nel 1995 fino al 54% nel 2001, il numero totale tende a calare dal 2000. Il numero dei casi di cessazione intenzionale della vita senza richiesta del malato è rimasto praticamente invariato nel 2001/2002. Siccome i medici denunciano appena questi casi, il controllo sociale su essi è praticamente escluso. Molti casi di cessazione intenzionale della vita sono velati come casi di sedazione terminale. Rimane inoltre la domanda se il 13% di tutti i decessi (circa 18.200 in totale) in cui una terapia non è stata iniziata o continuata allo scopo esplicito di accelerare la morte, non sia equivalente alla cessazione intenzionale della vita dal punto di vista etico. La prassi dell’eutanasia nei Paesi Bassi non risulta quindi essere controllata, contrariamente a quanto voluto dal legislatore. Un dato significativo è che l’introduzione delle cure palliative (CP) in Olanda ha avuto luogo abbastanza tardi (nella seconda meta degli anni Novanta del XX secolo), l’introduzione dell’eutanasia invece presto (cioè negli anni Settanta). Medici che svolgono il ruolo di consultatori in casi di eutanasia nei Paesi Bassi, hanno costatato che la frequenza di richieste di eutanasia è diminuita considerevolmente dopo l’introduzione delle CP. La conclusione è che l’applicazione delle CP costituisca la garanzia migliore per un trattamento adeguato della condizione di fine vita e un efficace antidoto contro la richiesta eutanasica.
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Colucci, Massimiliano y Renzo Pegoraro. "“Il Piccolo Principe” e la Medicina dell’Invisibile: relazione, organizzazione e prevenzione / "The Little Prince" and the Invisible Medicine: relationship, organization and prevention". Medicina e Morale 65, n.º 3 (21 de septiembre de 2016): 275–91. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2016.436.

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In questo articolo, tentiamo di guardare a quattro temi di bioetica attraverso gli occhi del Piccolo Principe: il contesto di fine vita, la relazione medico-paziente, l’etica dell’organizzazione, la prevenzione/precauzione. Useremo un prospettiva che abbiamo chiamato “Medicina dell’Invisibile”, focalizzata sul valore. Il Piccolo Principe ci suggerisce di cercare l’invisibile come un nuovo tipo di “dato clinico” che può aiutare a rendere l’intervento assistenziale più etico ed efficace. Tale invisibile – che è la «cosa importante», la «cosa seria», anche su un piano gnoseologico ed epistemologico – è raggiungibile solo all’interno di una relazione. Perciò, il medico ha bisogno di essere “addomesticato” dal paziente, e il paziente dal medico – ognuno diventando responsabile dell’altro, ognuno diventando se stesso attraverso il dialogo con l’altro. Ma responsabilità significa anche attenzione al futuro, verso minacce alla vita che sono ancora ignote. Infatti, il Piccolo Principe ci insegna che possedere una parte di mondo – il “possesso utile” – implica l’imperativo etico di agire, al fine di salvaguardare la vita. Ma, senza la concretezza di una relazione – impregnata di tempo vissuto, di esperienze condivise, e dell’unicità individuale – non si dà alcun significato né valore. Per questo motivo la Medicina dell’Invisibile ricorda alla Bioetica che «quello che è importante, non lo si vede». ---------- In this paper, we attempt to look at four bioethical issues through the Little Prince’s eyes: the end-life context, the patient-physician relationship, the organization ethics, the prevention/precaution. We will use a perspective we have called “Medicine of the Invisible”, that is value-focused. The Little Prince suggests us to seek the invisible as a new type of ‘clinical data’ which may help to make the healthcare intervention more ethical and effective. Such an invisible – the “thing that is important”, the “matters of consequence”, even on a gnoseological and epistemological level – is attainable only within a relationship. Therefore, the physician needs to be tamed by the patient, and the patient by the physician – each one becoming responsible of the other, each one becoming himself through the dialogue with the other. But responsibility also means attention towards the future, against threats to life that are still unseen and unknown. Indeed, the Little Prince teaches us that owning a part of the world – the “useful possession” – entails the ethical imperative to act, in order to safeguard life. But, without the concreteness of a relationship – saturated with lived time, shared experiences, and individual’s uniqueness – no meaning and no value is given. For this reason the Medicine of Invisible reminds Bioethics that «the thing that is important is the thing that is not seen».
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Lombardi, Domenico. "Considerazioni sulla professione medica". Medicina e Morale 47, n.º 6 (31 de diciembre de 1998): 1175–209. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1998.816.

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In questo articolo l’Autore propone alcuni argomenti pertinenti la professione medica al fine di individuare i valori dell’etica, a cui deve fare riferimento ogni operatore sanitario per mantenere un alto livello di professionalità. La medicina, oggi più di ieri, necessita, infatti, di conoscenze non solamente tecnico-scientifiche, ma anche e soprattutto etiche e culturali. I valori etici influiscono sulla qualità professionale che l’Autore distingue in fisica, psichica, conoscitiva e volitiva. Il secondo punto affrontato riguarda l’arte medica il cui approccio metodologico al malato deve essere orientato a tutta la persona anche se è sofferente un solo organo (concezione olistica). Il terzo punto affrontato riguarda il rapporto fiduciario che si concretizza nel diritto del malato alla verità sulla sua salute, nel rispetto della sua libertà e del suo diritto all’informazione (consenso informato). In quarto luogo la decisione clinica da cui può dipendere la salute del malato; infine, la qualità della professione e le sue finalità. L’Autore analizza inoltre il concetto di salute facendo attenzione soprattutto agli aspetti sociali e al concetto di qualità della vita.
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Lombardi, Domenico. "L’essenziale nelle professioni sanitarie: riflessioni di un clinico". Medicina e Morale 50, n.º 1 (28 de febrero de 2001): 61–99. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2001.717.

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Nell’articolo vengono riportate alcune riflessioni sui principi di riferimento ed i comportamenti nelle professioni sanitarie. L’Autore ritiene che i mezzi idonei per qualificare il servizio al paziente e mantenere un alto livello di professionalità degli operatori siano tanto gli strumenti tecnico-scientifici quanto quelli etico-culturali, proprio al fine di una migliore soddisfazione della domanda di salute. Si discute inoltre sulle finalità della professione sanitaria e sulla qualità della vita, quest’ultima intimamente connessa al concetto di salute. Nella professionalità sanitaria sono distinte quattro parti: fisica, psichica, conoscitiva e volitiva e si indicano alcuni riferimenti per migliorarla. Riguardo poi all’atto professionale, questo è da considerare adeguato laddove libero e responsabile, ed ancora l’approccio olistico al malato è ritenuto il più proficuo, anche per lo specialista. Si tratta, poi, dello sviluppo della medicina specialistica e dell’attuale validità delle “discipline madri” (medicina interna e chirurgia generale) individuandosi altresì i requisiti che qualificano sia le strutture sanitarie sia la condotta degli operatori sanitari. Per l’aspetto sociale della medicina si accenna ai principi che dovrebbero regolare la sanità, in cui la salute non deve mai diventare merce di scambio. Infine si ribadisce l’essenzialità del rapporto fiduciario tra paziente ed operatore sanitario; in esso andrebbero privilegiati, oltre che la competenza del curante, anche la conoscenza umana ed il rispetto del malato nella sua ontologica unità somatica, psichica e spirituale. Sono riportati peraltro alcuni riferimenti legali ed etico-deontologici che dovrebbero guidare i comportamenti degli operatori sanitari.
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Marinelli, Massimiliano. "La Medicina Narrativa, pratica comunicativa che orienta la cura verso la persona". Medicina e Morale 70, n.º 1 (12 de abril de 2021): 55–71. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2021.929.

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È urgente dirigere la relazione medico paziente verso la persona, per evitare che essa scada in senso riduzionistico e tecnicistico e che si concentri sugli aspetti biomedici della malattia, mettendo a repentaglio la dignità stessa del paziente. Tale direzione, tuttavia, non può essere avviata senza strumenti in grado di rispondere alle esigenze di questo rinnovato rapporto. Questo saggio ritiene che la Medicina Narrativa disponga di tali strumenti in quanto pratica comunicativa che orienta la cura verso la persona. Secondo tale definizione la Medicina Narrativa si pone ontologicamente in ogni relazione di cura, in quanto la cura si dà attraverso atti comunicativi in una determinata atmosfera etica. Il riconoscimento della narrazione come elemento essenziale in ogni relazione di cura è un’operazione densa di implicazioni epistemologiche. Attraverso l’ermeneutica e la fenomenologia, il saggio analizza le implicazioni legate al significato del narrativo per la persona, al carattere riflessivo del sé e all’identità personale. L’analisi effettuata fa emergere uno statuto epistemologico di una pratica comunicativa che riconosce il primato della persona e il fine della cura, da realizzare attraverso il dialogo interpersonale, alla ricerca di una concordanza. La Medicina Narrativa, inoltre, presenta un punto di vista particolare sull’altro, che non è mai un estraneo, sia perché è necessario conoscerne la prospettiva, sia perché la sua presenza entra costitutivamente nella identità stessa del medico. Infine, la dimensione narrativa induce a considerare la relazione come un valore da perseguire e da difendere e, di conseguenza, fa approdare la Medicina Narrativa verso un’etica della cura.
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Furlan, Enrico, Corrado Viafora, Nadia Oprandi y Sabrina Cipolletta. "Creare e coordinare una rete regionale di comitati etici per la pratica clinica. Risultati e lezioni apprese da uno studio qualitativo svolto in Veneto / Establishing and coordinating a regional network of healthcare ethics committees. Findings and lessons learnt from a qualitative research in the Veneto Region (Italy)". Medicina e Morale 68, n.º 1 (10 de abril de 2019): 11–23. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2019.564.

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Mentre i comitati etici per la ricerca sono diffusi in tutta Italia, comitati etici esclusivamente dedicati alla pratica clinica sono piuttosto rari. Un’eccezione significativa è costituita dalla Regione Veneto, ove il governo regionale ha promosso fin dal 2004 la creazione di una rete di oltre 20 comitati etici per la pratica clinica (CEPC), al servizio di una popolazione di circa 5 milioni di abitanti. Questa notevole esperienza, tuttavia, non era stata finora studiata. Per colmare tale lacuna, sono stati progettati e realizzati quattro focus group (FG), al fine di indagare le opinioni di componenti esperti di questa tipologia di comitati, relativamente al modo in cui operano, alla rilevanza del lavoro svolto dai CEPC e ai bisogni da soddisfare per migliorare la qualità del servizio. L’analisi qualitativa di quanto emerso dai FG ha portato all’identificazione di tre temi principali, che sono presentati e discussi, vista la rilevanza che potrebbero avere per simili reti: 1) una dicotomia tra la rilevanza dei CEPC, sperimentata dai componenti dei comitati stessi, e lo scetticismo che circonda questi organismi; 2) una mancanza di omogeneità tra comitati, sia in merito alla loro attività principale, sia rispetto al loro rapporto con la direzione e al modo in cui sono selezionati i componenti; 3) la consapevolezza che i CEPC hanno bisogno di coordinamento e supporto. Dopo aver proposto un’interpretazione di questi temi, vengono offerte alcune raccomandazioni alle istituzioni sanitarie che volessero istituire una rete di CEPC che contribuisca a radicare e rafforzare la riflessione etica all’interno del mondo sanitario. ---------- While research ethics committees (RECs) are well established and widespread all over Italy, self-standing healthcare ethics committees (HECs) are relatively rare. A notable exception is the Veneto Region, where the Regional Government has promoted the creation of a network of over 20 HECs since 2004, serving a population of approximately 5 million inhabitants. This remarkable undertaking has not, however, been studied yet. To fill this gap, four focus groups (FGs) have been designed and carried out to investigate the opinions of expert HEC members as to the way HECs operate, the relevance of the work performed by the committees, and their most important needs in order to improve the quality of the services they provide. The qualitative content analysis has led to the identification of three main recurrent themes, which are presented and critically discussed, since they may be relevant for similar networks: 1) a dichotomy between the perceived importance of the ethics committee by HEC members and the widespread scepticism or indifference among healthcare professionals; 2) a lack of homogeneity among committees, as to their main activity, their relationship with the management of the hosting institution, and the way HEC members are recruited; 3) the awareness that these HECs need stronger coordination and support. After proposing an interpretation of these main themes, we conclude by giving recommendations to healthcare institutions wishing to set up a network of HECs with the aim of rooting and straightening ethical reflection within the healthcare setting.
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Spagnolo, Antonio G. y Maria Luisa Di Pietro. "Quale decisione per l'embrione in una gravidanza tubarica?" Medicina e Morale 44, n.º 2 (30 de abril de 1995): 285–310. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1995.987.

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L'aumento delle gravidanze ectopiche si verifica maggiormente nelle donne con infezioni pelviche, endometriosi e danni tubarici dovuti ad interventi sia di sterilizzazione che di ripristino della pervietà. Vi è inoltre un aumento della incidenza nelle donne infertili, molte delle quali vengono sottoposte a indagini diagnostiche e successivi interventi di procreazione assistita. Inoltre, gioca un ruolo importante l'uso di recenti "contraccettivi" che in realtà sono abortivi. L'articolo considera i valori etici che sono implicati nelle decisioni che possono essere prese nel trattamento di questa condizione patologica: a) aspettare per una risoluzione spontanea o intervenire con una salpingotomia nel caso di pericolo per la donna; b) somministrare sostanze come prostaglandine o metotrexate col fine di interrompere la vita embrionale; c) "rimuovere" l'embrione ectopica attraverso un intervento di salpingotomia. Tutte e tre queste decisioni comportano la distruzione dell'embrione senza alcuna prospettiva di continuazione della gravidanza e dunque sono eticamente discutibili. d) Recentemente è stato descritto un riuscito intervento di conversione di una gravidanza tubarica in gravidanza uterina, e questo offre l'occasione per ripensare a ciò che è meglio fare di fronte ad un embrione condannato a morte certa. Secondo gli autori, questa nuova tecnica sembra offrire una realistica prospettiva terapeutica e perciò deve essere approfondita sul piano della ricerca, date anche le disponibilità attuali di fare precocemente una diagnosi di gravidanza ectopica. Inoltre è necessario fare un'opera educativa circa la necessità per la donna di sottoporsi a tali accertamenti diagnostici come pure di partecipare alla messa a punto di tale tecnica e di prevenire i fattori di rischio responsabili della patologia.
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Giglio, Francesca. "Human Life-Span Extension. Spunti per una riflessione su medicina e invecchiamento / Human Life-Span Extension. Notes for reflecting on medicine and aging". Medicina e Morale 65, n.º 1 (21 de septiembre de 2016): 19–38. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2016.426.

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Oggetto del presente contributo è una riflessione di carattere bioetico sulla medicina anti-aging, nella particolare declinazione di quelle ricerche volte all’allungamento indefinito della vita umana (human life-span extension). L’analisi che ci proponiamo di svolgere si articola in tre parti, secondo una metodologia che prevede una prima ricognizione scientifica delle tecnologie biomediche coinvolte, un inquadramento di tipo antropologico, dal momento che tali tecnologie intendono intervenire in modo significativo sulla condizione e sull’esperienza umana dell’invecchiamento, e infine una valutazione di tipo etico che è possibili guadagnare a partire dalla discussione delle parti precedenti. I punti decisivi che richiederanno una particolare attenzione sono: - l’esame dell’interpretazione dell’invecchiamento come una condizione patologica e indesiderabile, che ne giustificherebbe il superamento per via medica; - il confronto fra la medicina volta al longevismo e il dibattito sullo human enhancement e le filosofie postumaniste; - l’approfondimento del concetto e del valore antropologico dell’immortalità terrena. Dallo studio proposto emergerà la rilevanza decisiva delle premesse antropologiche: se infatti l’invecchiamento è interpretato alla stregua di un limite patologico ne conseguirà l’obbligazione morale di rimuovere sia l’età anziana che la mortalità; se, invece, esso verrà considerato come “naturale” fase della vita della persona cui restituire valore e senso, allora il fine da realizzare sarà quello di accogliere i bisogni propri dell’età anziana, anche attraverso una medicina orientata alla conservazione della miglior qualità di vita possibile. ---------- The article intends to lead a bioethical reflection on anti-aging medicine, particularly on the field of research in human life-span extension. The analysis is divided into three parts, following a methodology that includes a first scientific survey of biomedical technologies involved in the topic, an anthropological overview, since these technologies intend to significantly intervene on the meaningful experience of human aging, and finally an ethical evaluation that which can be obtained from the discussion of the previous parts. Crucial points in the investigation are: - the examination of interpreting aging as a pathological and undesirable condition, which would justify medical removal of aging; - discussion on the relation between medicine aimed to longevism and debate on human enhancement and posthumanism; - the analysis of the concept and the anthropological value of “earthly immortality”. From the study proposed the decisive importance of the anthropological premises will emerge: from understanding aging as a pathological impairment it follows a moral obligation to remove both old age and mortality; if, instead, aging is considered as “natural” phase of person’s life with value and meaning, then the aim will be to welcome the needs typical of old age, through medicine oriented to the preservation of the best possible quality of life.
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De Paula, Ignacio Carrasco. "Il concetto di persona e la sua rilevanza assiologica: i principi della bioetica personalista". Medicina e Morale 53, n.º 2 (30 de abril de 2004): 265–78. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2004.643.

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La Bioetica personalista è una riflessione che affronta le questioni etiche riguardanti la vita umana da una prospettiva che riconosce l’essere e la dignità della persona come valori assoluti, e, di conseguenza, pone come primum principium il rispetto incondizionato della loro inviolabilità e la tutela della loro libera espressione, in primis sul versante dei diritti umani. Nella prospettiva personalista il bonum, cioè il valore ultimo che misura l’agire morale, viene inteso come promozione dell’essere e della preziosità o dignità della persona in quanto persona. Il credente, sia esso un moralista, un filosofo, un bioeticista, o quant’altro, si trova a suo agio quando la sua mente percorre le vie della persona; egli, in altre parole, si sente particolarmente agevolato, similmente al pellegrino che dopo aver battuto sentieri impervi e sconosciuti, ritrova le strade familiari della sua casa. Nella dimora della persona, fede e ragione verificano la propria identità e forza, libere da patteggiamenti o da innaturali rinunce ai propri doveri e diritti; una morale personalista intesa come una sintesi organica e rigorosa è un desiderio che ancora si deve realizzare. Una Bioetica personalista dovrebbe, ad esempio, concedere maggiore spazio alla domanda propriamente etica, cioè se e perché l’embrione deve essere trattato come un qualsiasi essere umano, anche senza esplicitare il problema ontologico. Tre fondamentali ragioni possiamo addurre a fondamento della dimostrazione del primato valoriale della persona. La prima ragione è contenuta nella nota affermazione di S. Tommaso: “persona significat id quod est perfectissimum in tota natura, scilicet subsistens in rationali natura”. La dignità della persona trova qui un sostegno fortemente ontologico: chi è massimamente perfetto non può non essere riconosciuto e rispettato semper et pro semper, in ogni circostanza di tempo e di luogo, cioè in modo assoluto. Nessun valore creato - neanche il superamento di tutte le malattie e sofferenze - può reggere al confronto del valore di ogni singola persona. La seconda ragione fondativa è merito di I. Kant ed in fondo può essere interpretata come una applicazione della tesi di Tommaso d’Aquino: l’essere perfettissimum in tota natura resiste a qualsiasi tentativo di abbassarlo alla condizione di semplice strumento. Come dice il filosofo tedesco nel famoso paragrafo dei Fondamenti della metafisica dei costumi, la persona impone l’imperativo categorico di agire in modo da trattare l’umanità, in te e negli altri, sempre come fine e mai soltanto come mezzo. Infine, la terza ragione proviene da un brano molto noto, come i due precedenti, anche se poco utilizzato in ambito bioetico, forse per l’evidente contenuto teologico. Ci si riferisce alla definizione antropologica del documento conciliare Gaudium et spes che indica l’uomo come “la sola creatura in terra che Iddio abbia voluto per se stessa”.
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Eusebi, Luciano. "Il diritto penale di fronte alla malattia". Medicina e Morale 50, n.º 5 (31 de octubre de 2001): 905–28. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2001.736.

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Viene discusso il ruolo del consenso rispetto alla qualificazione giuridicopenale del trattamento medico-chirurgico. Si sostiene che il principio di autodeterminazione non può costituire unico criterio orientativo per risolvere le problematiche etiche e giuridiche oggi emergenti in ambito biomedico, configurandosi altrimenti il pericolo di una medicina puramente contrattualistica e difensiva, ovvero concepita non come scienza (umana), ma come mero insieme di abilità tecniche. Sono in questo senso evidenziate varie situazioni in merito alle quali il riferimento al consenso è impossibile o inadeguato. Si mette in luce, del resto, come sia coessenziale al concetto moderno di democrazia il confronto teso a definire convergenze su ciò che risulti fondamentale per la tutela della dignità umana, e dunque a definire linee-guida condivise circa settori di attività particolarmente delicati. In particolare vengono sviluppate motivazioni pertinenti anche in un contesto laico e pluralista al fine di mantenere fermo il divieto giuridico dell’eutanasia sia passiva che attiva, nell’ottica di un approccio solidaristico alla sofferenza: approccio che dalle normative favorevoli all’eutanasia risulta inevitabilmente compromesso. In questo senso, è individuato un limite intrinseco al diritto nell’impossibilità di autorizzare giuridicamente una relazionalità inter-soggettiva – come quella fra medico e paziente – giocata per la morte. La questione dell’eutanasia viene tenuta distinta, ovviamente, dai problemi attinenti all’accanimento terapeutico e alla proporzionalità dell’intervento medico. In rapporto alla permanente validità giuridica del principio di indisponibilità della vita uno specifico approfondimento è dedicato all’interpretazione dell’art. 32, 2° comma, della Costituzione italiana. Sono altresì presi in considerazione problemi concernenti i soggetti incapaci, il ruolo della norma sullo stato di necessità, i compiti assolti dai comitati etici ospedalieri (anche con riguardo alla responsabilità dei relativi membri) e la necessità di nuovi modelli giuridici intesi alla prevenzione degli eventi medici “avversi”.
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Tomasi, Gabriele. ""Etica ed Estetica sono tutt’uno" Riflessioni su TLP 6.421". Trans/Form/Ação 34, spe2 (2011): 109–36. http://dx.doi.org/10.1590/s0101-31732011000400008.

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Per il primo Wittgenstein etica ed estetica erano tutt’uno. Scopo del saggio è fornire un’interpretazione di questa concezione. Esaminando il modo in cui è proposta nel Tractatus e considerando alcune annotazioni dei Quaderni 1914-1916 si evidenzia che l’unità di etica ed estetica è in un modo di vedere il mondo per cui esso non appare come fonte di limitazione. L’etica è un’estensione al mondo - alla vita - della capacità di conferire significato che nell’arte si realizza nei riguardi di oggetti particolari. Affermando l’unità di etica ed estetica Wittgenstein attira l’attenzione sul fatto che la radice dell’etica è in un certo modo di vedere le cose, in un atteggiamento verso la vita. Si tratta della prospettiva di un valore non connesso a come il mondo è e che è evocato dalla meraviglia per l’esistenza del mondo.
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Furiosi, M. Loredana. "Etica della pace e bioetica". Medicina e Morale 51, n.º 4 (31 de agosto de 2002): 667–709. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2002.689.

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Esiste una connessione tra l’etica della pace e la bioetica? Lo scritto, muovendo da questo interrogativo, analizza dapprima le problematiche che coinvolgono strettamente tanto l’etica della pace quanto la bioetica. Lungo tre direttrici fondamentali che contemplano il rispetto dei diritti umani fondamentali, la giustizia sociale globale e lo sfruttamento della natura, si sono voluti evidenziare non soltanto le grandi sfide e i pericoli per l’attuazione della pace nel nostro tempo, ma anche la sfida e l’impegno concreto per la bioetica. Bioetica che, dal canto suo, come etica della vita e per la vita e come disciplina in dialogo con diversi saperi interessati al problema della vita umana e della biosfera, può dare un oggettivo contributo nel delineare delle coordinate etiche che possano permettere o quanto meno coadiuvare e corroborare il recupero di valori fondamentali per garantire la pace, il ripristino delle condizioni di dialogo per la pace, laddove siano state smarrite, la prevenzione della guerra, la efficace attività di educazione degli animi alla solidarietà, che porta a riconoscere l’altro come un altro me stesso pur nelle fenomeniche diversità. In tale direzione si è inteso analizzare come in particolare la bioetica personalista, basata su una fondata ontologia e specifica antropologia, possa, lontano da gratuite ingenuità e paralizzanti scetticismi, aiutare a costruire una “cultura di pace”, ponendo proprio alla sua base la centralità del valore della vita ed il bene integrale della persona. Nell’ultima sezione del lavoro si è volta poi l’attenzione a delineare quali possano essere i punti di contatto e di confronto tra l’etica della pace e l’etica medica, essendo il confine tra le due aree non invalicabile, anzi quanto mai, almeno per certi aspetti, sovrapponibile ed intersecabile. Si è posto l’accento su come l’etica medica in particolare e la bioetica possano essere strumenti di promozione alla pace, ovvero come il medico, il bioingegnere siano per loro intrinseca natura per la pace, proprio in virtù del fatto che sono anzitutto uomini di scienza a servizio dell’uomo stesso. Infine si è evidenziato come la medicina possa contribuire non soltanto alla costruzione della pace, soprattutto sul piano della prevenzione, ad esempio riguardo alle situazioni di guerra e di soccorso in caso di catastrofe e nel negare l’uso della stessa scienza medica per scopi sbagliati e abusi delle conoscenze, ma anche nell’ottica di un nuovo “giuramento” che vada oltre quello ippocratico, che tuteli tanto l’uomo sano quanto quello malato, nella più ampia prospettiva non soltanto di riumanizzare tutto il sistema sanitario, ma di garantire una reale giustizia sanitaria: entrambi punti nodali per la costruzione di una trama sociale egalitaria e pacifica.
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Ojardias, E., A. Mey y R. Gonthier. "Gestione medica dei pazienti anziani: qualità della vita, aspettativa di vita, etica". EMC - AKOS - Trattato di Medicina 21, n.º 1 (marzo de 2019): 1–5. http://dx.doi.org/10.1016/s1634-7358(19)41596-9.

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Herranz, Julián. "Il rapporto tra Etica e Diritto nella Enciclica Evangelium vitae". Medicina e Morale 48, n.º 3 (30 de junio de 1999): 445–67. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1999.798.

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In questo articolo l’Autore ha voluto sottolineare l’importanza dell’Enciclica Evangelium Vitae nel risvegliare le coscienze contro uno dei più gravi capovolgimenti etici e giuridici della storia umana. L’intento è quello di esaminare tre questioni: 1) risalire alle basi sulle quali si fondava e si fonda il postulato giuridico e morale dell’inalienabilità del diritto alla vita dell’uomo innocente e, soprattutto, del concepito; 2) stabilire le cause che hanno portato ad una legislazione permissiva dell’aborto ed ad altri attentati contro la dignità dell’uomo e della vita umana (eutanasia, manipolazioni di geni ed embrioni…); 3) valutare quali siano i motivi filosofici e biologici la cui presa di coscienza sembri più necessaria per la tutela del diritto alla vita. Intento dell’Autore è, per ciò che riguarda il diritto alla vita, sottolineare l’importanza che il principio di non discriminazione, basato su quello dell’uguaglianza, venga applicato all’“essere umano”, all’“individuo umano” e non soltanto alla “persona giuridicamente riconosciuta”. L’articolo si sofferma, inoltre, ad illustrare la grande tradizione del diritto alla vita, il preoccupante regresso della civiltà giuridica, la necessità di un più stretto rapporto tra Diritto e Morale e Biologia e Morale (come campi di ricerca e di impegno intellettuale a difesa della vita).
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Spinsanti, Sandro. "Decisioni di fine vita". SOCIETÀ DEGLI INDIVIDUI (LA), n.º 38 (septiembre de 2010): 105–20. http://dx.doi.org/10.3280/las2010-038009.

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Il dibattito bioetico sulla regolamentazione delle decisioni di fine vita riceve per lo piů impulso da casi individuali che vengono portati all'attenzione dell'opinione pubblica. Il ruolo che hanno avuto per gli Stati Uniti le vicende biografiche di Nancy Cruzan e di Terry Schiavo č stato svolto in Italia da Piergiorgio Welby ed Eluana Englaro. Le vicende giudiziarie hanno trovato difficoltÀ a essere decise perché la legge si č rivelata inadeguata ad attribuire significati univoci a concetti come ‘accanimento terapeutico' e ‘trattamenti futili'. Il dibattito č stato ulteriormente complicato dall'uso di immagini e da emozioni. La ricerca di una legge condivisa ha trovato in Italia un ostacolo nella contrapposizione di atteggiamenti irriducibili. Il condizionamento piů negativo sembra essere l'intento di fare una legge ‘contro' una delle posizioni ideologiche in gioco.
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Signorelli, Marcello. "Toniolo: un economista “keynesiano” e molto di più". Società e diritti 7, n.º 14 (8 de diciembre de 2022): VII—XI. http://dx.doi.org/10.54103/2531-6710/19357.

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L’articolo considera alcuni aspetti del complesso pensiero economico-sociale di Giuseppe Toniolo sulla scia di alcune presentazioni del libro di Domenico Sorrentino, Vescovo di Assisi (“Economia umana. La lezione e la profezia di Giuseppe Toniolo: una rilettura sistematica”, Vita e Pensiero, Milano, 2021). In particolare emerge la figura di un economista “keynesiano ben prima di Keynes” sulla necessità di politiche di contrasto degli shock, ricco di saggezza sui fallimenti del mercato e dello stato, fautore di un ruolo importante per i corpi intermedi nonché chiaro sostenitore della impossibilità di separare etica ed economia..Parole chiave: “keynesiano”; corpi intermedi; etica ed economia; riduzionismo.
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Cacciatore, Giuseppe. "Etica e storia in Troeltsch". Aoristo - International Journal of Phenomenology, Hermeneutics and Metaphysics 2, n.º 1 (18 de enero de 2019): 227–37. http://dx.doi.org/10.48075/aoristo.v2i1.21556.

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È alla luce della rielaborazione filosofica delle categorie di individualità e alterità che si misura la progressiva presa di distanza dell’etica storicistica (da Schleiermacher a Humboldt, da Dilthey a Troeltsch) da quella formalistica kantiana e che si può cogliere il progetto di fondazione di un’etica materiale che, pur non rinunciando ad elementi di normatività e all’universalità dei principi, individua il suo prevalente oggetto nella natura dei bisogni umani e fissa il suo spazio di azione nella comunanza delle relazioni intersoggettive, cioè in quella fondante dimensione che ha al suo centro l’individualità colta pur sempre di nuovo nella sua storicità determinata e nella sua operatività etica. Ciò che viene al centro non sono più le strutture anonime e le leggi intemporali a porsi come base e come giustificazione nella produzione di valori o nella genesi di sempre nuove formazioni individuali e sociali, ma è, appunto, l’individualità (CACCIATORE, 2002), sia nella sua dimensione conoscitiva sia in quella etica, cioè il vero punto di incontro tra storia e vita.
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Massa Ope, Simona. "Stamani ho appeso un nastro alla mia porta di casa: Contributo di una psicologa analista per la scomparsa di Gino Strada". STUDI JUNGHIANI, n.º 55 (agosto de 2022): 119–21. http://dx.doi.org/10.3280/jun55-2022oa14067.

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Questo scritto è un contributo all'elaborazione del lutto collettivo per la morte di Gino Strada. Elaborare un lutto significa distillare consapevolezze e valori dall'opera in vita di un uomo che era radicalmente contro la guerra. Essere contro la guerra è una azione attiva e costante: è scegliere la vita ogni giorno. Significa fondare una nuova etica dell'alterità, sollevare lo sguardo incentrato solo su sè stessi per volgerlo con interesse e cura verso il mondo con tutte le alterità che lo abitano. È una adesione alla creazione come bene supremo, nella consapevolezza di appartenere a una realtà unitaria dove interno ed esterno si appartengono e hanno uguale valore.
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Atighetchi, Dariusch. "Etica islamica e trapianti d'organo". Medicina e Morale 44, n.º 6 (31 de diciembre de 1995): 1183–207. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1995.958.

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Non esiste una posizione unanime tra i giuristi musulmani sulla liceità dei trapianti d'organo alla luce dei precetti della Legge islamica (la Sharia). Le posizioni oscillano tra due estremi: da una parte il dovere mora le di ricorrervi in quanto la salvezza della vita umana. Il valore più importante per ogni medico e per ogni musulmano: dall'altra la proibizione dei trapianti (da vivente, da cadavere o da entrambi) in quanto violano l'integrità del corpo umano quale dono divino da rispettare. Attualmente, la grande maggioranza dei giuristi e dei teologi islamici, pur con sfumature diverse, autorizza la pratica sia da vivente che da cadavere appoggiando le politiche sanitaria dei governi ed operando per convincere i fedeli a liberarsi dai pregiudizi ancora diffusi in materia. Mentre il commercio di organi viene rifiutato, non vi è accordo tra i criteri per la determinazione della morte cerebrale.
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Pellegrino, Gianfranco. "Cambiamento climatico e generazioni future". SOCIETÀ DEGLI INDIVIDUI (LA), n.º 39 (enero de 2011): 7–19. http://dx.doi.org/10.3280/las2010-039001.

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Il saggio introduce le tematiche di questo numero, soffermandosi in particolare sulla rilevanza etica e politica del cambiamento climatico. Dopo una rapida spiegazione dell'effetto serra naturale e artificiale, si ripercorrono le teorie che concepiscono il cambiamento climatico come un problema di giustizia distributiva. Secondo alcuni autori queste teorie non sono sufficienti per dare strumenti adeguati, perché il cambiamento climatico rappresenta un problema etico nuovo, che richiede una strumentazione etica inedita. Il saggio approfondisce alcune delle caratteristiche nuove dell'etica del cambiamento climatico, soprattutto in relazione all'impatto che le scelte presenti avranno sulla qualitÀ della vita delle generazioni future.
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Cozzoli, Mauro. "Il trapianto di organi nella prospettiva valoriale del dono". Medicina e Morale 46, n.º 3 (30 de junio de 1997): 461–73. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1997.877.

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La chirurgia dei trapianti e la legge di una regolazione giuridica devono rispondere a una logica del dono. Questa pratica medica, infatti, si compie nel contesto di una relazione umana tra il soggetto dell'espianto e il soggetto dell'impianto. L'indole interpersonale dell'evento richiede che il rapporto sia da donatore a beneficiario, che sia cioè riconosciuta e tutelata la natura del dono dei tessuti e organi da trapianto. Si configura così un'etica del dono. Come esigenza etica la gratuità è sotto l'istanza del dovere e della responsabilità. Ovviamente nessuno può costringere a donare. Il dono non è coercibile: si annullerebbe come dono. Ma anche il dono esprime un dovere: non il dovere della legge ma dell'amore/carità, che ci lega al prossimo come nostro “fratello” nell'“economia” della paternità universale divina. Da qui l'invito che l'autore muove a tutti gli operatori sanitari ad annunciare e testimoniare questa etica del dono che ha nella medicina dei trapianti un campo inedito e singolare di promozione oggi di “qualità della vita”, della vita tout court. L'etica del dono non solo non contrasta ma appella essa stessa un ordine legale che la supporti e la favorisca. Una legalità che offra la possibilità effettiva a tutti, attraverso un'organica azione di informazione e formazione, di fare la propria scelta e di esprimerla, e che si faccia giuridicamente garante delle esigenze e della vita del donatore anche in merito al “consenso presunto”.
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Fisso, Maria Beatrice y Elio Sgreccia. "Etica dell’ambiente". Medicina e Morale 45, n.º 6 (31 de diciembre de 1996): 1057–82. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1996.892.

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Gli autori presentano in questa prima parte del loro scritto quella che sarà l’introduzione a una raccolta bibliografica commentata, di prossima pubblicazione, in merito ad alcune questioni di etica ambientale. Dapprima vengono indicate le tappe in cui l’evoluzione della civiltà è stata condizionata nel corso del tempo dal rapporto uomo-ambiente: civiltà primitiva, pastorale, industriale e tecnologica o nucleare o spaziale o, anche detta, della rivoluzione genetica. Successivamente viene mostrato come a partire dalla seconda metà degli anni Settanta si è data progressivamente una diversa rilevanza alla natura, non considerata più un semplice oggetto di studio da parte delle scienza, ma reputata degna di riflessione etica. Da questo momento infatti l’etica ambientale ha acquisito la forza di una disciplina istituzionale. Tuttavia il dibattito filosofico su questi argomenti si è sviluppato negli ultimi quindici anni soprattutto nei Paesi di lingua inglese, mentre in Italia si trova ancora in una fase iniziale. Il pensiero filosofico classico è sempre stato impostato in modo fortemente antropocentrico; ma negli anni Settanta alcuni filosofi hanno cercato di superare questo approccio per proporre una visione meno antropocentrica o addirittura ecocentrica. Dopo una accurata disamina di queste diverse correnti di pensiero gli autori concludono questa prima parte del loro articolo respingendo sia gli estremismi delle ecofilosofie, sia l’opinione di quanti credono nella illimitata possibilità di sfruttamento della natura, infatti le nuove acquisizioni scientifiche e culturali impongono di ripensare il rapporto uomo-natura al fine di stabilire dei principi etici che orientino la condotta umana in questo settore.
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Di Pietro, Maria Luisa, Gianluigi Conte, Adelia Lucattini y Antonio G. Spagnolo. "Alimentazione forzata per i pazienti con anoressia nervosa?" Medicina e Morale 42, n.º 2 (30 de abril de 1993): 381–98. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1993.1061.

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Gli Autori prendono in esame il caso di M.A., una ragazza anoressica di 18 anni, che, ospedalizzata, rifiuta di sottoporsi alle terapie e di alimentarsi fin quando, durante un episodio di perdita di coscienza, i medici decidono di iniziare - oltre le cure del caso - anche l'alimentazione enterale con il sondino naso-gastrico. Gli interrogativi etici, deontologici e giuridici sollevati da questo caso sono molteplici e rilevanti nella prassi medica: a fronte di un rischio prevedibile per la propria vita, la paziente ha il diritto a non accettare le cure? Quale rispetto è dovuto alla volontà di una paziente affetta da questa malattia? I medici curanti possono lecitamente prendere la decisione di sottoporre la paziente ad alimentazione forzata pur in presenza di un esplicito rifiuto? Le risposte scaturiscono dalla valutazione etica e giuridica del conflitto tra diritto della paziente di decidere sulla propria vita/salute e diritto/dovere del medico di salvaguardare la vita fisica della paziente.
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Brinchi, Marina. "La ricerca di senso nella propria storia. Il vangelo secondo Matteo di Pier Paolo Pasolini (Italia, 1964)". PSICOBIETTIVO, n.º 3 (febrero de 2013): 133–42. http://dx.doi.org/10.3280/psob2012-003011.

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Durante il training sistemico, l'allievo č in cammino lungo nuovi itinerari che, attraverso la rappresentazione di immagini plasticamente tradotte con il corpo, gli permettono di elaborare, con la testa e con il cuore, un modo personale di agire la sua presenza nella terapia; questa esperienza viene avvicinata per analogia al film il Vangelo secondo Matteo di Pasolini nel quale la ricchezza dell'umanitŕ č resa dall'unitŕ di emozioni e responsabilitŕ etica e l'evento altamente simbolico di una nuova vita dopo la morte rappresenta la possibilitŕ del cambiamento.
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Bellino, Francesco. "Eubiosia e bioetica di fine vita". SALUTE E SOCIETÀ, n.º 1 (abril de 2011): 23–46. http://dx.doi.org/10.3280/ses2011-001003it.

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Elliott, Peter J. "La prospettiva etica nella Conferenza ONU di Pechino sulla donna". Medicina e Morale 44, n.º 6 (31 de diciembre de 1995): 1175–82. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1995.957.

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L'articolo analizza quale sia stata l'etica dominante durante i lavori della recente IV Conferenza Internazionale sulla Donna svoltasi a Pechino dal 4 al 15 settembre 1995. In generale, durante tutte le Conferenze Onu - ed anche la manifestazione di Pechino non fa eccezione - ci si riferisce ad un'etica basata sul consenso fra tutte le nazioni secondo il principio del "minimo comun denominatore". Da questa premessa, ne deriva il ruolo importante svolto dai sostenitori di un'etica imperniata sul pragmatismo e l'utilitarismo, i quali rifiutano qualsiasi fondazione metafisica o religiosa. A queste correnti di pensiero si rifanno anche i movimenti femministi che a Pechino hanno improntato la stesura del documento finale (Piatform for Action). In esso traspare l'individualismo liberale che privilegia l'autonomia e l'autodeterminazione della donna, la quale può, ad esempio, arrivare al punto di negare al nascituro il diritto alla vita, perché considerato parte del corpo della donna e, quindi, ad essa soggetto. Termini come reproductive rights, reproductive health, fertility control, sexual rights, sexual orientation sono stati proposti durante la Conferenza secondo la logica sopra illustrata. Gli stessi diritti umani, così, non sono considerati giustamente quali principi universali fondati sul diritto naturale, bensì come adattamenti, vantaggi o privilegi concessi alle persone secondo il consenso sociale e lo sviluppo delle leggi. La Santa Sede - che ha partecipato sia alla fase preparatoria che ai lavori della Conferenza di Pechino - non ha mancato di far sempre presente - sia in riferimento al Documento preparatorio che alla Pllltfonn for Action - tutte le proprie riserve sulle dichiarazioni che non rispondono al pieno rispetto del principio dell'inviolabilità della vita umana fin dal momento del suo concepimento e dell'inalienabilità della dignità di ciascun individuo.
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Mancini, A., V. Di Donna, D. Milardi, E. Giacchi, L. De Marinis y M. L. Di Pietro. "Bioetica clinica. Amputazione dell’arto superiore a seguito di stimolazione ovarica nell’ambito di un programma FIVET". Medicina e Morale 49, n.º 3 (30 de junio de 2000): 505–24. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2000.782.

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Viene illustrato il caso di una donna di 42 anni, che nell’ambito di una sindrome da iperstimolazione ovarica verificata durante un programma FIVET ha presentato complicanze coagulative gravi, che hanno comportato l’amputazione di un avambraccio. Risulta particolarmente importante la discussione etica del caso, che coinvolge i valori del desiderio di maternità, di salute e di vita, ma anche una riflessione sul ruolo stesso della medicina. In particolare, ci soffermiamo su diverse interpretazioni del concetto di “terapia”, quando applicato alla fecondazione assistita, con le implicazioni sul bilancio dei rischi/benefici e sul consenso informato in questo delicato settore della medicina.
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LAQUIDARA, LANMARCO. "GIOVANNI BERLINGUER, Questioni di vita. Etica, scienza, salute, Einaudi, 1991, («Gli struzzi»)." Nuncius 7, n.º 1 (1992): 316–17. http://dx.doi.org/10.1163/182539192x00695.

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Cattorini, Paolo y Roberto Mordacci. "Strategie per la ricerca clinica su AIDS e infezione da HIV". Medicina e Morale 40, n.º 5 (31 de diciembre de 1991): 819–39. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1991.1123.

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La ricerca clinica di nuove terapie per l'AIDS ha sollevato particolari problemi di natura etica, soprattutto negli Stati Uniti: l'esigenza di rendere disponibili in tempi rapidi terapie in grado almeno di estendere le prospettive di vita del paziente ha messo in discussione i criteri scientifici ed etici della vigente regolamentazione della sperimentazione dei farmaci. Un gruppo interdisciplinare di lavoro ha quindi cercato di indicare in una serie di raccomandazioni le basi per un nuovo consenso in questa complessa materia, pervenendo ad un documento di cui si pubblica la traduzione, qui introdotta e commentata per il lettore italiano.
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Sgreccia, Elio. "La fecondazione artificiale di fronte all'etica". Medicina e Morale 42, n.º 1 (28 de febrero de 1993): 183–204. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1993.1076.

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Il rapido sviluppo delle tecniche di fecondazione artificiale ha suscitato molteplici problemi di natura etica (medico-etici, etico-giuridici, etico-economici). Ma le questioni etiche fondamentali riguardano: la soppressione e/o manipolazione della vita embrionale nel corso o a causa delle tecniche di fecondazione artificiale; la scissione tra coniugalità e genitorialità all'interno del matrimonio e della famiglia; la divisione tra le due dimensioni (unitiva e procreativa) dell'atto umano. Alla luce dell'insegnamento del Magistero Cattolico sul tema, insegnamento esplicitato, in particolar modo, nel "Documento "Donum Vitae", l'Autore fornisce le chiavi di lettura per un migliore discernimento di quelle tecniche che rispettano la dignità dell'embrione umano e l'integrità dell'atto sponsale e dell'istitituto familiare.
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Tarantino, Antonio. "Sul fondamento dei diritti del nascituro: alcune considerazioni bioetico-giuridiche (TI)". Medicina e Morale 44, n.º 6 (31 de diciembre de 1995): 1209–48. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1995.959.

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L'articolo (che nella sua prima parte è stato pubblicato su "Medicina e Morale" 1995,5:951-984) analizza quale etica sia confacente alla definizione dello statuto biologico dell'embrione. Dopo aver illustrato criticamente le varie posizioni filosofiche al riguardo, l'Autore ritiene decisivo per la riflessione il riconoscimento del rapporto fra ordine biologico ed ordine etico. Tale legame risponde all'esigenza di trovare dei punti fermi naturali ai quali ancorare il ragionamento e le norme che disciplinano la vita individuale e l'ordine civile in materia di tutela del diritto alla vita. Si tratta cioè di affermare che l'ordine insito nella natura umana può costituire il punto di orientamento della condotta della persona. Lo studio prosegue argomentando a favore della titolarità, da parte dell'embrione, di diritti essenziali rispetto alla madre, primo fra tutti quello alla vita, a partire dalla fecondazione. Il nascituro, quindi, va tutelato giuridicamente come persona umana. Dopo avere esaminato, alla luce di quanto precedentemente affermato, se esista un diritto della donna all'aborto volontario - arrivando ad una conclusione negativa - l'articolo si conclude auspicando che gli organi competenti nei vari Stati emanino una "Dichiarazione dei diritti del nascituro", nel rispetto di quanto affermato all'art. 3 della Dichia razione Universale dei Diritti dell'Uomo: "Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza della propria persona".
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Murdaca, Anna Maria. "Quali coordinate educativo-didattiche per l'insegnante di sostegno nell'ottica di una scuola innovativa? Nuove piste di ricerca educativa per potenziare e valorizzare le complessit&agrave; esist". EDUCATION SCIENCES AND SOCIETY, n.º 2 (diciembre de 2022): 186–97. http://dx.doi.org/10.3280/ess2-2022oa14575.

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Il ruolo degli insegnanti, e nello specifico, di quelli di sostegno &egrave; sempre pi&ugrave; importante nei nuovi orizzonti e nelle nuove strategie volute dal PNRR in risposta alla crisi pandemica che ha investito ogni dimensione della vita pubblica e privata e che impone una nuova visione dei contesti di formazione che siano rispettosi di nuove esigenze di giustizia sociale e inclusione. In tale direzione, si muovono le riflessioni del presente contributo che punta la lente di ingrandimento su nuovi paradigmi funzionali atti a ridesignare una nuova consapevolezza etica che poggia su competenze larghe e informate che sono necessarie alla progettazione di contesti di apprendimento inclusivi.
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Beccattini, Cinzia. "Nascere come psicoterapeuta nel confine tra la vita e la morte". RUOLO TERAPEUTICO (IL), n.º 116 (febrero de 2011): 35–50. http://dx.doi.org/10.3280/rt2011-116005.

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Le cure palliative, ponendo al centro del proprio interesse la persona nella sua totalitŕ e accettando di parlare di morte, rappresentano, oggi, per la medicina moderna e per la cultura contemporanea in generale, una provocazione ma anche un'occasione di crescita. In questo mondo tutti i curanti, al di lŕ del loro ruolo professionale, sono chiamati a confrontarsi con il senso di precarietŕ, la complessitŕ dell'esperienza del dolore e della separazione. Lo psicologo, in particolare, avverte che i concetti tradizionali di, domanda, ruolo entrano in una tensione tale da far dubitare che l'intervento psicologico possa essere denominato terapia. Nel presente articolo si racconta, attraverso l'esperienza concreta di una psicoterapeuta in formazione, la nascita e lo sviluppo del lavoro psicologico in une ci si interroga sulla possibilitŕ di definire terapia tale intervento. Si ipotizza che proprio sulla natura etica della relazione con la persona malata, si fondi il valore terapeutico dell'intervento.
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Zulian, F., M. Campanini, L. Lusiani, L. Magnani, G. Pinna y R. Nardi. "Saper desistere per curare fino in fondo: come intraprendere il migliore percorso di assistenza nel Paziente con grave insufficienza d’organo in Medicina Interna?" Italian Journal of Medicine 5, n.º 1 (11 de abril de 2017): 1. http://dx.doi.org/10.4081/itjm.q.2017.5.

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<img src="/public/site/images/pgranata/rass.jpg" alt="" /><br /><p class="titolo"><strong>La futilità in medicina e le difficoltà a desistere</strong><br /><em>L. Lusiani, L. Magnani</em></p><p class="titolo"><strong>Le prospettive Slow Medicine sulla desistenza terapeutica</strong><br /><em>S. Spinsanti, S. Vernero</em></p><p class="titolo"><strong>La desistenza terapeutica: il punto di vista del magistrato</strong><br /><em>V. Castiglione, V. Pedone</em></p><p class="titolo"><strong>La <em>desistenza terapeutica</em> è giustificabile sul piano etico?</strong><br /><em>E. Furlan</em></p><p class="titolo"><strong>Il punto di vista di un credente</strong><br /><em>G. Pinna</em></p><p class="titolo"><strong>Il buon samaritano, la misericordia del medico e desistenza terapeutica: concetti fra loro compatibili?</strong><br /><em>A. Greco, M. Greco, L. Cascavilla, G. Fasanella</em></p><p class="titolo"><strong>Le grandi insufficienze d’organo <em>end stage</em>: il documento SIAARTI</strong><br /><em>G.R. Gristina, L. Riccioni</em></p><p class="titolo"><strong>I determinanti della mortalità a breve termine dei pazienti non oncologici ricoverati in medicina interna: un’esperienza sul campo</strong><br /><em>M. Tiraboschi, S. Ghidoni, A. Zucchi, A. Carobbio, A. Ghirardi, M. Casati, F. Dentali, A. Squizzato, D. Torzillo, F. De Stefano, V. Gessi, E. Tamborini Permunian, S. Moretti, A. Assolari, A. Brucato</em></p><p class="titolo"><strong>Le parole per dirlo: la comunicazione al paziente, ai familiari e al <em>caregiver</em></strong><br /><em>M. Felici, S. Lenti, L. Occhini, A. Pulerà</em></p><p class="titolo"><strong>Le alternative possibili che il medico internista può proporre alla dimissione, rispetto all’aumento di intensità di cura e l’assistenza ospedaliera ordinaria: <em>la rete di cure palliative</em></strong><br /><em>D. Valenti, F. Moggia</em></p><p class="titolo"><strong>Scompenso cardiaco avanzato: dalla terapia attiva alle cure palliative</strong><br /><em>G. Mathieu</em></p><p class="titolo"><strong>Ictus ischemico ed emorragia cerebrale: problematiche di fine vita</strong><br /><em>C. Trocino</em></p><p class="titolo"><strong>Demenza avanzata</strong><br /><em>M. Coveri</em></p><p class="titolo"><strong>La dispnea al termine della vita</strong><br /><em>M. Giorgi-Pierfranceschi, S. Orlando</em></p><p class="titolo"><strong>Dialisi</strong><br /><em>M. Meschi, S. Pioli, A. Magnano, F. Spagnoli, M. Saccò</em></p><p class="titolo"><strong>Ventilazione meccanica invasiva e non</strong><br /><em>M. La Regina, F. Orlandini</em></p><p class="titolo"><strong>Il diabete mellito</strong><br /><em>L. Morbidoni</em></p><p class="titolo"><strong>Comunicare la scelta di desistere in medicina: una esperienza sul campo</strong><br /><em>C. Bullo, G. Bordin, L. Lusiani</em></p><p class="titolo"><strong>Le prospettive future in Italia e all’interno del nostro SSN</strong><br /><em>A. Fontanella</em></p><img src="/public/site/images/pgranata/appendix.jpg" alt="" /><br /><p class="titolo"><strong>APPENDICE<br />Metodi di riconoscimento e di valutazione del paziente in fase terminale o a rischio di elevata mortalità in ospedale: le malattie più frequentemente riscontrabili in Medicina Interna</strong><br /><em>R. Nardi, G. Belmonte, P. Gnerre, G. Pinna, D. Borioni, M. Campanini, R. Gerloni, A. Fontanella</em></p>
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Palazzani, Laura. ""Spiegazioni filosofiche" di Robert Nozick: Implicazioni bioetiche". Medicina e Morale 39, n.º 6 (31 de diciembre de 1990): 1157–88. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1990.1154.

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Il presente lavoro si propone di esaminare il pensiero di Robert Nozick (uno degli esponenti della corrente statunitense contemporanea denominata "etica pubblica"), riferendosi all'opera Spiegazioni filosofiche (1981), nella quale l'autore delinea le premesse filosofiche che supportano il suo intervento in ambito giuridico e sociale. La teoria metafisica dell'"autosussunzione riflessiva", la teoria epistemologica del "rintraccio" e la teoria etica della "spinta" e della "attrazione" convergono nell'affermazione soggettivista che sta alla base del relativismo pluralistico morale e del libertarismo politico. L'articolo mira ad evidenziare le implicazioni, implicite ed esplicite, di tali teorie nel dibattito bioetico al fine di riproporre il riferimento al personalismo realista quale autentico fondamento per una proposta in ambito pubblico che tuteli la persona nella sua globalità.
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Binetti, Paola. "La dimensione etica nella formazione infermieristica: un problema di stile di vita, di contenuti specifici e di integrazione culturale". Medicina e Morale 46, n.º 5 (31 de octubre de 1997): 939–62. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1997.869.

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La recente entrata in vigore della nuova Tabella XVIII ter, che contiene l’ordinamento didattico di tutti i diplomi universitari afferenti alla Facoltà di medicina offre, rispetto alla precedente, maggiori spazi per lo studio della Bioetica, sia come disciplina a sè stante sia come disciplina trasversale, punto di riferimento essenziale anche per gli altri corsi. La Bioetica, collocata al termine del corso di studi nel cuore del corso di Diritto sanitario, deontologia e Bioetica applicata, può trovare i suoi fondamenti culturali nello studio della Antropologia, - parte integrante delle Scienze umane previste nel II anno di Corso, e della Storia e Filosofia della Medicina, corso previsto nel III anno. La proposta formativa del LIU è quella di anticipare una serie di crediti del corso di Filosofia della Medicina al I anno, in modo da aumentare l’esposizione dello studente alle problematiche di tipo etico, inserendole fn dal primo momento nel suo progetto educativo. Obiettivo di fondo è quello di fare della Bioetica e delle sue implicazioni culturali la rete concettuale di riferimento, vera struttura portante, di tutto l’edificio formativo dello studente del DUI, dal momento che una vera innovazione oggi è possibile solo nel quadro di valori etici con cui l’infermiere si relaziona con il malato e la sua famiglia, elabora risposte coerenti per le nuove esigenze emergenti sul territorio e si dispone ad affrontare una linea di ricerca di alto profilo scientifico.
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Indellicato, Michelle. "L’etica nei procedimenti giudiziari". Zeszyty Naukowe KUL 60, n.º 3 (27 de octubre de 2020): 201–8. http://dx.doi.org/10.31743/zn.2017.60.3.201-208.

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L’etica nei procedimenti giudiziari è una tematica di rilevante interesse che da sempre ha acceso il dibattito a livello culturale in generale e a livello etico – giuridico in particolare. Etica e diritto non sono su due piani differenti, bensì sono interconnessi. I procedimenti giudiziari, e gli operatori di diritto in esso coinvolti, non possono prescindere da questa interconnessione e devono essere imparziali, altrimenti ledono la dignità della persona e i suoi diritti fondamentali, come ad esempio il diritto alla verità, alla lealtà, alla giustizia, ad una convivenza democratica e civile per un’ordinata vita sociale e di relazione.
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