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Panza, Pierluigi. "Creatività letteraria e luoghi dell’abitare". Rivista di estetica, n.º 55 (1 de marzo de 2014): 231–46. http://dx.doi.org/10.4000/estetica.1018.

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D’Angelo, Paolo. "Il ritorno del trattato filosofico. Qualche osservazione sulla forma letteraria di Documentalità". Rivista di estetica, n.º 50 (1 de julio de 2012): 245–53. http://dx.doi.org/10.4000/estetica.1488.

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Lazzarich, Marinko. "La memoria del confine. Il motivo della patria perduta nel romanzo Il cavallo di cartapesta di Osvaldo Ramous". Quaderni d'italianistica 37, n.º 2 (27 de enero de 2018): 125–48. http://dx.doi.org/10.33137/q.i..v37i2.29232.

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Nei testi letterari degli anni 1945–1956 che parlano dell’e­sodo degli italiani dalla città di Fiume il motivo del confine diventa il simbolo della conservazione di un’identità nazionale divisa. Al con­tempo, il tema della terra natale perduta lega direttamente la lette­ratura fiumana a quella mondiale coeva. In questo testo si propone un’analisi della letteratura della migrazione italofona e della questione dell’esodo dalla sponda orientale dell’Adriatico; in particolare, sarà osservato il costituirsi di identità individuali e di gruppo attraverso l’esperienza letteraria di convivenza propria della città di Rijeka (la Fiume di un tempo). Punto focale dell’analisi sarà il multiculturalismo nella scrittura di Osvaldo Ramous (1905–1981), autore che rappresenta la continuità della letteratura italiana autoctona di Fiume, i cui scritti portano la testimonianza dei traumi storici che hanno segnato il destino dei suoi concittadini. Attraverso una lettura critica del romanzo Il cavallo di cartapesta (1969) si tenterà un esame della dimensione estetica e so­ciologica dell’interpretazione delle doppie identità di questa città di frontiera, cosa che, nel contesto di un’Europa contemporanea senza confini interni, rende attuale la questione della tolleranza verso l’altro. di confine, storia, identità repressa, rapporti letterari italo-croati, la questione adriatica.
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Cerkvenik, Mojca. "LETTERATURA E CINEMA: L’UTILIZZO DEL FILM NELLA DIDATTICA DELLA LETTERATURA ITALIANA". Folia linguistica et litteraria XI, n.º 30 (2020): 355–73. http://dx.doi.org/10.31902/fll.30.2020.20.

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Il cinema rappresenta una delle forme narrative più coinvolgenti, soprattutto per lo studente formatosi in costante contatto con una cultura prevalentemente visiva. Sfruttare l’esperienza e le capacità dello studente relative alla fruizione di messaggi audiovisivi per fare leva sulla motivazione è un passaggio decisivo nella predisposizione e nell’applicazione di percorsi didattici nell’ambito dell’educazione letteraria. Il presente articolo si propone pertanto di illustrare la rilevanza, i motivi e l’utilità dell’utilizzo del cinema nell’insegnamento della letteratura, proponendo percorsi e metodi alternativi rispetto alla didattica tradizionale, che prevedono l’accostamento di testi letterari e filmici afferenti al panorama culturale italiano ed esplorano le rappresentazioni e gli immaginari che ne scaturiscono, incoraggiando l’avvicinamento a testi e mezzi espressivi in forme diverse, sia come oggetto di studio sia come opere di piacevole lettura e visione.Le proposte didattiche formulate sono incentrate sulla scoperta congiunta dei tratti formali ed estetici di opere letterarie e cinematografiche con l’intento di individuare ed evidenziare elementi comuni, variazioni e scambi. A una visione passiva del testo filmico si sostituisce una fruizione attiva ed è in questa prospettiva che si delinea la finalità primaria dello studio di testi letterari e cinematografici: accrescere la consapevolezza critica e la capacità di decodificazione linguistica nonché il livello del gusto estetico, affinché lo studente, lettore ma anche spettatore, sia capace di scelte libere e autonome nell’universo dei messaggi audiovisivi in cui si trova immerso nella società contemporanea.
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Cattaneo, Marina. "Le scrittrici della rivista La Difesa delle Lavoratrici". Forum Italicum: A Journal of Italian Studies 54, n.º 1 (13 de marzo de 2020): 166–88. http://dx.doi.org/10.1177/0014585820909297.

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Partendo dall’esperienza che alcune scrittrici socialiste lombarde avviano fondando, nel 1912, la rivista La Difesa delle Lavoratrici, viene effettuata un’analisi della produzione letteraria e politica di intellettuali donne che in quella rivista opereranno a vario titolo. Si tratta di: Anna Kuliscioff, Angelica Balabanoff, Rosa Genoni, Maria Gioia, Maria Giudice, Linda Malnati, Abigaille Zanetta, Enrica Viola, Maria Perotti Bornaghi. Alcune, come Kuliscioff e Balabanoff, sono ricordate soprattutto per il contributo dato alla lotta politica, anche se la poesia di Angelica Balabanoff è anche un riferimento obbligato nella storia letteraria del primo Novecento. Altre soprattutto per i valori che trasfondono nella loro narrativa, in particolare quando fanno scorrere le storie all’interno dei rapporti di classe dell’epoca, improntati all’atteggiamento padronale dei ceti più favoriti. La guerra, il dolore umano, la famiglia, il ruolo della donna nella società, la situazione di povertà di tanti bambini, sono tra i temi maggiormente trattati. Molti i riferimenti al proprio vissuto, anche quando non assumono la veste formale di vere e proprie autobiografie. Il fatto che la funzione pedagogica mostri, nel lavoro delle scrittrici qui presentato, una evidenza maggiore di quella estetica e puramente narrativa è inevitabile, data l’epoca e il contesto al quale i testi fanno riferimento.
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Di Santo, Federico. "La presunta dimensione conoscitiva della mimesis aristotelica: un lungo equivoco". Revista Limiar 6, n.º 11 (19 de septiembre de 2019): 3–37. http://dx.doi.org/10.34024/limiar.2019.v6.9753.

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L’articolo riconsidera la nota questione se la mimēsis abbia o meno, nella Poetica di Aristotele, una portata conoscitiva. La risposta negativa è argomentata attraverso la ridiscussione dei passi su cui la tesi “conoscitiva” si fonda: Poetica 4, Poetica 9 e la ricorrente espressione “secondo verosimiglianza o necessità”. Ne emerge che la mathēsis menzionata da Aristotele non è in diretta relazione con le cause o con le funzioni dell’opera artistica o letteraria, ma designa solo l’operazione interpretativa, seria e complessa, richiesta dalla fruizione. La maggiore universalità della poesia rispetto alla storia, a sua volta, non ha nulla a che fare con “gli universali” in senso filosofico e si riferisce semmai al carattere universale delle vicende narrate, la cui universalità si fonda sulla dimensione emozionale. Infine, la struttura razionale della trama dovuta alla sua organizzazione secondo verosimiglianza o necessità non costituisce un impianto logico volto a veicolare conoscenze, ma piuttosto una struttura semiotica che ha, al contrario, una finalità prettamente estetica ed emozionale. In una prospettiva più ampia, l’interpretazione “conoscitiva” della mimēsis aristotelica è l’espressione di un pregiudizio determinato dall’«antica discordia tra filosofia e poesia», per cui la filosofia fa violenza all’alterità radicale della visione del mondo propria dell’arte, nel tentativo di conformarla al proprio progetto totalizzante di realtà.
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Panico, Angelo. "Un foro nella realtà. Dai circumvisionisti al neo realismo di Carlo Bernari". Forum Italicum: A Journal of Italian Studies 52, n.º 2 (13 de marzo de 2018): 377–86. http://dx.doi.org/10.1177/0014585818757423.

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Negli anni ‘30 del Novecento nasce nell’Italia Meridionale un movimento culturale ctonio che, operando al di sotto della censura fascista, tenta di restituire all’arte la libertà di espressione – e ispirazione – necessaria a rappresentare la nuova realtà delle cose. Così, nella clandestinità che il momento storico imponeva, si sviluppa una vera e propria avanguardia (testimoniata dal manifesto dell’U.D.A.) orientata verso una nuova forma di realismo ben distante dalle formule canonizzate della retorica naturalistica. Spinti dalla volontà di fondare una nuova arte che riacquisti il rapporto dialettico con il reale e affascinati dal pensiero materialistico, i circumvisionisti, collegandosi alla situazione sociale meridionale e ai grandi eventi della vita contemporanea, elaboravano, come un magma germinativo, gli studi sulla nuova “grammatica della visione” (Maria Corti Principi della comunicazione letteraria), volti a fornire una precisa descrizione della realtà emersa a ridosso della Liberazione. Quanto più profonde si fanno le ricerche nel terreno culturale della clandestinità e quanto più diventano aderenti i percorsi critici alla rete di passaggi sotterranei, tanto più risulta essere opportuno soffermarsi sulla mostra di Capri nel 1928 del primo circumvisionismo, sul manifesto Uda del 1929 di Carlo Bernari, Paolo Ricci e Guglielmo Pierce come punto di partenza del primo neorealismo napoletano, al fine di delineare una macrocategoria estetica (come preciserà Bernari) non ancora cristallizzata in una vera e propria etichetta, ma aperta alle sperimentazioni avanguardistiche europee.
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Palandrani, Tiziana. "Il sogno di Chopin nell’autobiografia di George Sand". Eikon / Imago 11 (1 de marzo de 2022): 299–310. http://dx.doi.org/10.5209/eiko.77627.

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Nel presente lavoro viene analizzato il sogno di Chopin raccontato da George Sand nell'ultimo volume di Histoire de ma vie, dal punto di vista della produzione letteraria dello scrittore, e includendo il contesto artistico-letterario del tempo in cui furono modificato i loro ricordi. Nell'analisi generale della sua opera di lei suscita una ricorrenza di motivi topici; Tra tutti, il Tema della morte per acqua compare dalle sue prime alle ultime produzioni, compresa la narrazione su Chopin, e segnando coincidenze estetiche con alcuni dipinti dell'epoca (in particolare con l'Ofelia di Millais, nel corpo immerso nell'acqua e nel condizione di pre-morte). Tenendo conto dell'intenso impatto che avranno gli scritti di George Sand sulla ricezione dell'immagine del compositore, questo articolo esamina alcuni aspetti che accompagneranno la rappresentazione pittorica e letteraria di Fryderyk Chopin e ipotizza che sul racconto del sogno chopiniano pesino più accorgimenti poetici che una totale aderenza alla realtà dei fatti.
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Cattoni, Silvia. "La letteratura italiana tradotta in Argentina". Revista de Italianística, n.º 34 (7 de noviembre de 2017): 90. http://dx.doi.org/10.11606/issn.2238-8281.v0i34p90-102.

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In due secoli di storia della letteratura argentina, lo sviluppo della letteratura italiana tradotta è in stretto rapporto con i propositi pedagogici o estetici determinati dal contesto culturale dei diversi momenti storici. In linea di massima, è possibile affermare che, dalla conformazione dello Stato nazionale e durante i primi decenni del XX secolo, la traduzione letteraria mirava ad ampliare l’orizzonte culturale di un lettore che si consolidava al ritmo della fiammante nazione. Nelle fasi successive e in stretto rapporto con la politica culturale portata avanti da Victoria Ocampo a partire dal 1931 tramite la rivista Sur e il suo posteriore progetto editoriale, la traduzione è stata soprattutto una pratica di scrittura che ebbe un’influenza decisiva nell’ordito della letteratura nazionale favorendo il suo rinnovo e incentivando le versioni di traduttori argentini. Fu questa un’apertura che favorì, durante la seconda metà del secolo, nel contesto della ricezione della letteratura universale, l’ingresso della letteratura italiana in Argentina. Il presente lavoro tratta in maniera sistematica, ma provvisoria, il panorama della letteratura italiana tradotta in Argentina. Lo scopo principale comporta il registro dei momenti più fecondi e l’interpretazione degli esiti ottenuti nei confronti della traduzione nel sistema letterario nazionale.
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Rosenberg, Daniel. "Eliciting Deviation". Chiasmi International 21 (2019): 225–38. http://dx.doi.org/10.5840/chiasmi20192121.

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In his discussions on literature, Merleau-Ponty often turns to the notion of deviation as a constitutive principle of literary language. Deviation indicates the capacity of a literary work (and other aesthetic objects) to transgress against its own limits and to offer an experience of otherness, or alterity. This alterity is not given in the work, but is constituted by the recipient through the more visceral and physical aspects of literary language. The recipient of the work thus adopts a second voice: that of the author or creator of the work, which is absent from the text yet is reconstructed by the reader in a post hoc manner. The analysis of Merleau-Ponty’s ideas is complemented using the aesthetic insights of Paul Valéry, from which the philosopher was greatly inspired. The essay further explores the way in which the notion of literature as deviation illuminates other aspects in Merleau-Ponty’s theory of language.Dans son examen de la littérature, Merleau-Ponty se penche souvent sur la notion d’écart considérée en tant que principe constitutif du langage littéraire. L’écart indique la capacité d’une oeuvre littéraire (et d’autres objets esthétiques) de dépasser ses propres limites et d’offrir une expérience d’autrui, de l’altérité. Cette altérité n’est pas donnée dans l’oeuvre, mais elle est constituée par le destinataire à travers les aspects les plus viscéraux et les plus physiques du langage littéraire. Le destinataire de l’oeuvre adopte ainsi une deuxième voix : celle de l’auteur ou du créateur de l’oeuvre, qui est absente du texte mais est reconstituée après coup par le lecteur. L’analyse de la réflexion de Merleau-Ponty est complétée à partir des intuitions esthétiques de Paul Valery, dont le philosophe a été largement inspiré. Cet article explore ensuite la manière dont la notion de littérature comme écart nous permet de mettre en lumière d’autres aspects de la théorie du langage de Merleau-Ponty. Nelle sue riflessioni sulla letteratura Merleau-Ponty si rivolge spesso alla nozione di scarto quale principio costitutivo del linguaggio letterario. Lo scarto indica la capacità di un’opera letteraria (o di un altro oggetto estetico) di oltrepassare i propri limiti, offrendo così l’esperienza di un’alterità. Quest’alterità non si dà nell’opera, ma è costituita dal destinatario attraverso gli aspetti più fisici e viscerali del linguaggio letterario. Così il destinatario dell’opera adotta una seconda voce, quella del creatore o dell’autore, che è assente dal testo e tuttavia è ricostruita dal lettore a posteriori. L’analisi delle riflessioni merleau-pontiane è integrata a partire dalle intuizioni estetiche di Paul Valery, da cui il pensiero del filosofo fu ampiamente ispirato. Il saggio esplora inoltre il modo in cui la nozione di letteratura come scarto ci consenta di illuminare altri aspetti della riflessione merleau-pontiana sul linguaggio.
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Caon, Fabio. "Motivazione allo studio della letteratura e canzoni". SPONDE 1, n.º 1 (27 de julio de 2022): 103–18. http://dx.doi.org/10.15291/sponde.3894.

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Come attestano diversi autori sia di letteratura e di didattica della letteratura, sia di glottodidattica, nella scuola italiana, la letteratura e la sua didattica attraversano da decenni una crisi. Tale crisi è dovuta a fattori legati al progressivo distacco, da parte dei giovani, dalla pagina scritta come forma principale di trasmissione dei saperi e a metodologie di insegnamento letterario che sembrano non motivare gli studenti allo studio. Come poter intervenire per uscire da questa crisi? Le risposte sono molteplici e in questo contributo si approfondisce il rapporto tra canzone e letteratura. Nello specifico, di come la canzone possa motivare gli studenti allo studio della letteratura creando un ponte tra le forme di fruizione estetica preferite dai ragazzi e il testo letterario. Dopo aver illustrato il valore strategico della motivazione intrinseca e del perché la canzone può rappresentare un "ponte", si propongono diverse modalità in cui canzone e testo letterario possano integrarsi e aiutare gli studenti ad avvicinarsi allo studio della letteratura nella scuola secondaria di secondo grado.
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Colella, Massimo. "Fisionomia di una raccolta poetica dimenticata: L’alba ai vetri di Giorgio Bassani (1963)". Quaderni d'italianistica 40, n.º 2 (4 de octubre de 2020): 83–112. http://dx.doi.org/10.33137/q.i..v40i2.34879.

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Momento cronologicamente mediano dell’itinerario poetico di Giorgio Bassani, L’alba ai vetri (1963) rappresenta il tentativo autoriale di una messa a punto e di un bilancio complessivo dell’esperienza lirica svolta sino a quel momento. Una corretta storicizzazione e decifrazione dell’opera bassaniana non può prescindere dalla valutazione critica di tale raccolta. Il saggio ne propone pertanto una dettagliata lettura ravvicinata, giocata su molteplici assi (non escluso quello correlato alle questioni variantistiche di tipo genetico ed evolutivo), restituendo l’immagine di un’operazione letteraria di indubbio valore esistenziale ed estetico.
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Juri, Franco. "Il postmoderno nella narrativa Italiana degli anni ottanta : (Quali linguaggi?)". Acta Neophilologica 24 (15 de diciembre de 1991): 107–13. http://dx.doi.org/10.4312/an.24.0.107-113.

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È lecito parlare di una narrativa italiana postmoderna? E se lo è, quali sono gli aspetti che la identitficano e le danno diritto di stanzialità nell'arte scritta degli anni '80? La questione non è di facile penetrazione, visto che - a differenza dei generi e dei modi. riconducibili a cornici di facile sistemazione stilistico-temporale - il ˝postmoderno˝ in letteratura rimane soprattutto un'ipotesi in gestazione, destinata farse a restare solo fluida ed estemporanea sperimentazione; una risposta ludica alla crisi che fa da sfondo alla produzione letteraria, e più in genere culturale, deli anni '80, nonché al disfacimento di molti valori morali, etici ed estetici ereditati dalla decade dei '70.
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Juri, Franco. "Il postmoderno nella narrativa Italiana degli anni ottanta : (Quali linguaggi?)". Acta Neophilologica 24 (15 de diciembre de 1991): 107–13. http://dx.doi.org/10.4312/an.24.1.107-113.

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È lecito parlare di una narrativa italiana postmoderna? E se lo è, quali sono gli aspetti che la identitficano e le danno diritto di stanzialità nell'arte scritta degli anni '80? La questione non è di facile penetrazione, visto che - a differenza dei generi e dei modi. riconducibili a cornici di facile sistemazione stilistico-temporale - il ˝postmoderno˝ in letteratura rimane soprattutto un'ipotesi in gestazione, destinata farse a restare solo fluida ed estemporanea sperimentazione; una risposta ludica alla crisi che fa da sfondo alla produzione letteraria, e più in genere culturale, deli anni '80, nonché al disfacimento di molti valori morali, etici ed estetici ereditati dalla decade dei '70.
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Pernice, Vincenzo. "Mafarka il futurista come romanzo italiano dell’avvenire. F.T. Marinetti e il grande concorso di Poesia". e-Scripta Romanica 7 (3 de diciembre de 2019): 52–59. http://dx.doi.org/10.18778/2392-0718.07.05.

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Il presente contributo intende collegare la stesura di Mafarka il futurista di F.T. Marinetti al “grande concorso di Poesia per un romanzo italiano inedito”. L’esito negativo della competizione fa emergere una serie di considerazioni estetiche, paragonabili a quelle che avrebbero guidato il padre del futurismo nella scrittura del suo primo romanzo. Viene così confermata la precoce attenzione dell’avanguardia italiana nei confronti di questo genere letterario.
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Alfieri, Gabriella. "“Noi altri, detti non so perché, naturalisti”: il “realismo” di Giovanni Verga e Thomas Hardy". Italica 99, n.º 2 (1 de junio de 2022): 241–63. http://dx.doi.org/10.5406/23256672.99.2.06.

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Abstract Questo contributo si inserisce nel programma culturale della Fondazione Verga, che prevede di rivisitare il verismo nell'orizzonte sovranazionale del realismo letterario: si sta tentando un'interpretazione globale della narrativa realista, senza obliterare le specificità dei singoli contesti culturali. Il primo passo per studiare trasversalmente la testualità di naturalismo in Francia, verismo in Italia e socio-realismo in Inghilterra e Germania, è un ideale macrotesto di riferimento, in cui gli autori siano confrontati nell'ottica della stilistica comparata. Si metteranno dunque in relazione qui Giovanni Verga e Thomas Hardy per evidenziare, al di là della reciproca conoscenza, concomitanze o vere e proprie analogie di intenti estetici e di risultati stilistici.
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Loreto, Paola. "«Inglesizzare» Dante: tre traduzioni recenti dell'Inferno da parte dei poeti americani". ACME 74, n.º 2 (14 de septiembre de 2022): 181–95. http://dx.doi.org/10.54103/2282-0035/18667.

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Il saggio mette a confronto tre fra le traduzioni più importanti della Commedia curate da poeti americani negli anni 2000, prendendo in analisi le loro strategie e tecniche traduttive e i conseguenti risultati estetici. La base del confronto sono le intenzioni traduttive dichiarate dai poeti-traduttori, il modo in cui hanno cercato di porle in pratica, e l’interpretazione dei loro risultati alla luce della teoria dei translation studies recente. Le idee di Lawrence Venuti sulle «versioni dei poeti» e su come leggere una traduzione, specialmente in un contesto di world literature, sono risultate particolarmente utili nel caso dei tentativi di questi poeti-traduttori di riscrivere un testo poetico autonomo, e di trasportare la complessità della poesia di Dante, potentemente padroneggiata, attraverso due tradizioni letterarie diverse.
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Fastelli, Federico. "Agamben, Delfini e l’indeterminazione di vissuto e poetato". Anuário de Literatura 22, n.º 2 (14 de diciembre de 2017): 25–37. http://dx.doi.org/10.5007/2175-7917.2017v22n2p25.

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L’intervento discute l’originale interpretazione avanzata da Giorgio Agamben a proposito dell’opera dello scrittore italiano Antonio Delfini. In particolare il saggio analizza la centralità della riflessione poetica di Delfini nel sistema estetico agambeniano: l’intransigenza antimoderna di Delfini, infatti, è ricollegata da Agamben ad una riflessione generale sulla natura della parola poetica e relativamente alle mutazioni storiche del complesso rapporto tra opera e biografia nella cultura letteraria occidentale. In tal senso, il saggio riflette sul parallelo individuato da Agamben tra il significato profondo del racconto Il ricordo della Basca e l’idea di una “pura lingua” pre-babelica di cui parla Benjamin nel celebre intervento sul Compito del traduttore e in numerose altre occasioni. Saranno presi in esame anche altri testi dello scrittore modenese, principalmente dalla produzione in versi, tratti dalla raccolta Poesie della fine del mondo, del prima e del dopo; ma la riflessione non tralascerà anche i diari e le lettere di Delfini, cercando di offrire un ampio panorama della sua produzione.
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Jansen, Monica y Maria Bonaria Urban. "Raccontare la giustizia". Forum Italicum: A Journal of Italian Studies 51, n.º 1 (16 de febrero de 2017): 10–21. http://dx.doi.org/10.1177/0014585816682483.

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Dalle varie riflessioni critiche sul rapporto tra letteratura e giustizia e tra narrazione e legge si può dedurre che alla letteratura venga attribuita la facoltà di “fare giustizia” e alla legge il potenziale di produrre delle storie. Anche se le opinioni divergono sull’effettivo valore trasformativo della letteratura di fronte alla legge, nel panorama italiano sembra prevalere l’idea che la letteratura possa offrire uno strumento conoscitivo per raggiungere una giustizia poetica e fare esperienza della verità. Tale compito etico, che viene attribuito a una narrativa che svolge la funzione di “estetica documentale”, si collega al complicato passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica, riassunto comunemente con la formula di “memoria divisa”. Gli esempi letterari presi in esame dagli anni Sessanta ad oggi, si caratterizzano attraverso le loro ibridizzazioni di genere, le dimensioni transmediali, performative e metanarrative. Da Giuseppe Fava a Gianrico Carofiglio, da Franco Fortini a Giampaolo Pansa, si trasmette il bisogno di una giustizia sociale che si concretizza attraverso un’indagine critica dell’apparato giuridico e attraverso la formulazione di una giustizia metaforica. Anche la raccolta di racconti Giudici e il fumetto Carlo Giuliani. Il ribelle di Genova dimostrano come la letteratura usi la transmedialità e la performatività per coinvolgere il lettore e arrivare a una giustizia che sia anche un “atto culturale”.
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Munno, Amina Di. "Nella narrativa brasiliana attuale, protagonista la città." Revista de Italianística, n.º 34 (7 de noviembre de 2017): 23. http://dx.doi.org/10.11606/issn.2238-8281.v0i34p23-30.

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Il proposito del presente articolo è quello di mettere in luce la presenza e il ruolo della città, non tanto come spazio urbano contrapposto a quello rurale-bucolico, ma di una città che assume una posizione privilegiata, da protagonista o, quanto meno, da coprotagonista, in romanzi prodotti tra la fine del secolo scorso e l’attualità nel panorama letterario brasiliano. Storia, finzione, mito, memoria sono aspetti già presenti nella città descritta durante il Modernismo da autori come Carlos Drummond de Andrade, Manuel Bandeira e Vinicius de Moraes, ma anche, in tempi diversi, da Lima Barreto, João do Rio, Rubem Fonseca, testimoni delle trasformazioni di Rio de Janeiro. Dal canto suo Mário de Andrade con l’opera Paulicéia Desvairada rivela, conciliando estetiche differenti, i cambiamenti di São Paulo dovuti anche alle forti immigrazioni. Tuttavia, l’obiettivo principale di questo testo verte sull’importanza attribuita alle città di Manaus e di Brasilia rispettivamente nei romanzi di Milton Hatoum e João Almino. Questi autori non si inseriscono nel filone del regionalismo, così marcato nella tradizione brasiliana, ma, piuttosto, fanno agire le presenze umane in un contesto cittadino che assume vita propria, quasi personificandosi.
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Ponzio, Luciano. "L’arte come struttura pensante e generatrice di nuovi mondi". RUS (São Paulo) 13, n.º 23 (19 de diciembre de 2022). http://dx.doi.org/10.11606/issn.2317-4765.rus.2022.202310.

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Da angolature prospettiche diverse, letteraria, poetica, cinematografica, i corpora teorici di Jurij Lotman tracciano una strada comune, rivolta fin dall’inizio allo studio di quei linguaggi che caratterizzano l’essere umano come animale semiotico, ovvero i testi artistici capaci di raffigurazione [izobraženie]. Si tratta della caratterizzazione specifica di un testo che vuole assurgere a testo artistico, modellato in senso semiotico sulla base della funzione che esso svolge in una cultura e del riconoscimento che questa gli assegna come appartenete ad un genere testuale. L’approccio lotmaniano di tipo “culturologico” amplia e specifica la nozione di testo che da struttura sincronica chiusa assurge a “testo culturale” con la sua specifica funzione creativa/estetica/poetica, con il suo valore etico e sociale, con i suoi legami con la realtà nella sua dimensione cronotopica. Tali studi hanno assegnato una speciale centralità ai testi artistici, ai “generi di discorso secondari” (qui nell’accezione bachtiniana riferita ai generi letterari). Ciò ha reso possibile, di riflesso, l’assunzione del testo artistico e dei suoi specifici linguaggi quale modello e strumento essenziali per lo studio/comprensione della Cultura, per sua natura dinamica e eterogenea, tanto da non lasciarsi facilmente descrivere, da non rendersi riducibile a modelli caratterizzati dalla codificazione-decodificazione, a farsi uniformare/unificare, situare dentro un sistema (quale la langue), presentandosi invece, come un insieme di pratiche sociali. Ciò permette di riconoscere/ristabilire l’importanza vitale che ha, per il rinnovamento del “reale”, la visione artistica con le sue rifrazioni estetiche intersemiotiche. E ciò sia come risultato dell’interrelazione tra scrittura e immagini del mondo, sia anche tramite una particolare lente meta-semiosica, con l’assumersi la responsabilità del mantenimento della vita stessa dei segni in una prospettiva semioetica, dimostrandoci come Lotman possa essere considerato attualmente tra gli autori in campo semiotico più creativi e anche specificamente “modellizzatori”, costruttori, innovatori nei confronti del “reale”.
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Giusti, Simone. "Zone di lettura. Per una didattica dell’esperienza estetica". Versants. Revista suiza de literaturas románicas 2, n.º 67 (31 de octubre de 2020). http://dx.doi.org/10.22015/v.rslr/67.2.2.

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Nussbaum e Todorov, sia pure da posizioni diverse, hanno contribuito a sviluppare un’idea di insegnamento letterario basata sulla lettura simpatetica o immersiva, che consente di cambiare sé stessi e di sviluppare un’attitudine all’incontro con l’altro. Queste idee, che hanno trovato scarsa applicazione in ambito didattico, vengono approfondite e sviluppate alla luce degli studi sull’esperienza estetica e sulla narrazione, nel tentativo di fornire qualche indicazione utile a individuare modelli didattici in grado di valorizzare il ruolo educativo della lettura delle opere letterarie. Keywords: esperienza estetica, lettura, didattica della letteratura, Writing and Reading Workshop, apprendistato cognitivo.
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Melani, Leopoldo. "PRESUSPOSTI STORICO-LETTERARI ED ESTETICI DEL ROMANZO STORICO". Organon 6, n.º 6/7 (12 de abril de 2013). http://dx.doi.org/10.22456/2238-8915.38716.

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Destefani, Sibilla. "Recensione a Dacia Maraini, "L’amore rubato", Milano, Rizzoli, 2012". altrelettere, 3 de octubre de 2013. http://dx.doi.org/10.5903/al_uzh-15.

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Resumen
"L’amore rubato", ultima fatica letteraria di Dacia Maraini, indaga il problema della violenza di genere attraverso la sua rappresentazione letteraria. Con otto racconti brevi, la scrittrice italiana mette in scena donne e bambine vittime di violenza; una violenza perpetrata all’interno e all’esterno della famiglia, sullo sfondo di una società che appare incapace di scindere l’amore dal possesso. In questa sede, oltre che a fornire una sintesi esaustiva del testo, si propone una chiave d’interpretazione del romanzo. A partire da alcune considerazioni sul problema della rappresentazione della violenza – anche in relazione alla letteratura contemporanea, che sempre di più sembra tendere verso una rappresentazione iper-violenta della realtà – si fornirà un’interpretazione estetico-stilistica del romanzo, in particolare con l’ausilio delle considerazioni di Adriana Cavarero, che in "Orrorismo, Ovvero della violenza sull’inerme" fornisce una interessante chiave di lettura dei conflitti contemporanei. Secondo la filosofa italiana, infatti, il neologismo ('orrorismo') permette di descrivere la violenza sulla popolazione civile indifesa dal punto di vista delle vittime e non dei carnefici. Un termine che può essere applicato anche al romanzo della Maraini, e che permette di offrirne una lettura inedita in chiave estetico-stilistica: protagonista dell’"Amore rubato" è il corpo femminile, insieme attore e palcoscenico di un dramma contemporaneo iper-orrorista.
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