Literatura académica sobre el tema "Estetica letteraria"

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Artículos de revistas sobre el tema "Estetica letteraria"

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Panza, Pierluigi. "Creatività letteraria e luoghi dell’abitare". Rivista di estetica, n.º 55 (1 de marzo de 2014): 231–46. http://dx.doi.org/10.4000/estetica.1018.

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D’Angelo, Paolo. "Il ritorno del trattato filosofico. Qualche osservazione sulla forma letteraria di Documentalità". Rivista di estetica, n.º 50 (1 de julio de 2012): 245–53. http://dx.doi.org/10.4000/estetica.1488.

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Lazzarich, Marinko. "La memoria del confine. Il motivo della patria perduta nel romanzo Il cavallo di cartapesta di Osvaldo Ramous". Quaderni d'italianistica 37, n.º 2 (27 de enero de 2018): 125–48. http://dx.doi.org/10.33137/q.i..v37i2.29232.

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Nei testi letterari degli anni 1945–1956 che parlano dell’e­sodo degli italiani dalla città di Fiume il motivo del confine diventa il simbolo della conservazione di un’identità nazionale divisa. Al con­tempo, il tema della terra natale perduta lega direttamente la lette­ratura fiumana a quella mondiale coeva. In questo testo si propone un’analisi della letteratura della migrazione italofona e della questione dell’esodo dalla sponda orientale dell’Adriatico; in particolare, sarà osservato il costituirsi di identità individuali e di gruppo attraverso l’esperienza letteraria di convivenza propria della città di Rijeka (la Fiume di un tempo). Punto focale dell’analisi sarà il multiculturalismo nella scrittura di Osvaldo Ramous (1905–1981), autore che rappresenta la continuità della letteratura italiana autoctona di Fiume, i cui scritti portano la testimonianza dei traumi storici che hanno segnato il destino dei suoi concittadini. Attraverso una lettura critica del romanzo Il cavallo di cartapesta (1969) si tenterà un esame della dimensione estetica e so­ciologica dell’interpretazione delle doppie identità di questa città di frontiera, cosa che, nel contesto di un’Europa contemporanea senza confini interni, rende attuale la questione della tolleranza verso l’altro. di confine, storia, identità repressa, rapporti letterari italo-croati, la questione adriatica.
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Cerkvenik, Mojca. "LETTERATURA E CINEMA: L’UTILIZZO DEL FILM NELLA DIDATTICA DELLA LETTERATURA ITALIANA". Folia linguistica et litteraria XI, n.º 30 (2020): 355–73. http://dx.doi.org/10.31902/fll.30.2020.20.

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Il cinema rappresenta una delle forme narrative più coinvolgenti, soprattutto per lo studente formatosi in costante contatto con una cultura prevalentemente visiva. Sfruttare l’esperienza e le capacità dello studente relative alla fruizione di messaggi audiovisivi per fare leva sulla motivazione è un passaggio decisivo nella predisposizione e nell’applicazione di percorsi didattici nell’ambito dell’educazione letteraria. Il presente articolo si propone pertanto di illustrare la rilevanza, i motivi e l’utilità dell’utilizzo del cinema nell’insegnamento della letteratura, proponendo percorsi e metodi alternativi rispetto alla didattica tradizionale, che prevedono l’accostamento di testi letterari e filmici afferenti al panorama culturale italiano ed esplorano le rappresentazioni e gli immaginari che ne scaturiscono, incoraggiando l’avvicinamento a testi e mezzi espressivi in forme diverse, sia come oggetto di studio sia come opere di piacevole lettura e visione.Le proposte didattiche formulate sono incentrate sulla scoperta congiunta dei tratti formali ed estetici di opere letterarie e cinematografiche con l’intento di individuare ed evidenziare elementi comuni, variazioni e scambi. A una visione passiva del testo filmico si sostituisce una fruizione attiva ed è in questa prospettiva che si delinea la finalità primaria dello studio di testi letterari e cinematografici: accrescere la consapevolezza critica e la capacità di decodificazione linguistica nonché il livello del gusto estetico, affinché lo studente, lettore ma anche spettatore, sia capace di scelte libere e autonome nell’universo dei messaggi audiovisivi in cui si trova immerso nella società contemporanea.
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Cattaneo, Marina. "Le scrittrici della rivista La Difesa delle Lavoratrici". Forum Italicum: A Journal of Italian Studies 54, n.º 1 (13 de marzo de 2020): 166–88. http://dx.doi.org/10.1177/0014585820909297.

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Partendo dall’esperienza che alcune scrittrici socialiste lombarde avviano fondando, nel 1912, la rivista La Difesa delle Lavoratrici, viene effettuata un’analisi della produzione letteraria e politica di intellettuali donne che in quella rivista opereranno a vario titolo. Si tratta di: Anna Kuliscioff, Angelica Balabanoff, Rosa Genoni, Maria Gioia, Maria Giudice, Linda Malnati, Abigaille Zanetta, Enrica Viola, Maria Perotti Bornaghi. Alcune, come Kuliscioff e Balabanoff, sono ricordate soprattutto per il contributo dato alla lotta politica, anche se la poesia di Angelica Balabanoff è anche un riferimento obbligato nella storia letteraria del primo Novecento. Altre soprattutto per i valori che trasfondono nella loro narrativa, in particolare quando fanno scorrere le storie all’interno dei rapporti di classe dell’epoca, improntati all’atteggiamento padronale dei ceti più favoriti. La guerra, il dolore umano, la famiglia, il ruolo della donna nella società, la situazione di povertà di tanti bambini, sono tra i temi maggiormente trattati. Molti i riferimenti al proprio vissuto, anche quando non assumono la veste formale di vere e proprie autobiografie. Il fatto che la funzione pedagogica mostri, nel lavoro delle scrittrici qui presentato, una evidenza maggiore di quella estetica e puramente narrativa è inevitabile, data l’epoca e il contesto al quale i testi fanno riferimento.
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Di Santo, Federico. "La presunta dimensione conoscitiva della mimesis aristotelica: un lungo equivoco". Revista Limiar 6, n.º 11 (19 de septiembre de 2019): 3–37. http://dx.doi.org/10.34024/limiar.2019.v6.9753.

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L’articolo riconsidera la nota questione se la mimēsis abbia o meno, nella Poetica di Aristotele, una portata conoscitiva. La risposta negativa è argomentata attraverso la ridiscussione dei passi su cui la tesi “conoscitiva” si fonda: Poetica 4, Poetica 9 e la ricorrente espressione “secondo verosimiglianza o necessità”. Ne emerge che la mathēsis menzionata da Aristotele non è in diretta relazione con le cause o con le funzioni dell’opera artistica o letteraria, ma designa solo l’operazione interpretativa, seria e complessa, richiesta dalla fruizione. La maggiore universalità della poesia rispetto alla storia, a sua volta, non ha nulla a che fare con “gli universali” in senso filosofico e si riferisce semmai al carattere universale delle vicende narrate, la cui universalità si fonda sulla dimensione emozionale. Infine, la struttura razionale della trama dovuta alla sua organizzazione secondo verosimiglianza o necessità non costituisce un impianto logico volto a veicolare conoscenze, ma piuttosto una struttura semiotica che ha, al contrario, una finalità prettamente estetica ed emozionale. In una prospettiva più ampia, l’interpretazione “conoscitiva” della mimēsis aristotelica è l’espressione di un pregiudizio determinato dall’«antica discordia tra filosofia e poesia», per cui la filosofia fa violenza all’alterità radicale della visione del mondo propria dell’arte, nel tentativo di conformarla al proprio progetto totalizzante di realtà.
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Panico, Angelo. "Un foro nella realtà. Dai circumvisionisti al neo realismo di Carlo Bernari". Forum Italicum: A Journal of Italian Studies 52, n.º 2 (13 de marzo de 2018): 377–86. http://dx.doi.org/10.1177/0014585818757423.

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Negli anni ‘30 del Novecento nasce nell’Italia Meridionale un movimento culturale ctonio che, operando al di sotto della censura fascista, tenta di restituire all’arte la libertà di espressione – e ispirazione – necessaria a rappresentare la nuova realtà delle cose. Così, nella clandestinità che il momento storico imponeva, si sviluppa una vera e propria avanguardia (testimoniata dal manifesto dell’U.D.A.) orientata verso una nuova forma di realismo ben distante dalle formule canonizzate della retorica naturalistica. Spinti dalla volontà di fondare una nuova arte che riacquisti il rapporto dialettico con il reale e affascinati dal pensiero materialistico, i circumvisionisti, collegandosi alla situazione sociale meridionale e ai grandi eventi della vita contemporanea, elaboravano, come un magma germinativo, gli studi sulla nuova “grammatica della visione” (Maria Corti Principi della comunicazione letteraria), volti a fornire una precisa descrizione della realtà emersa a ridosso della Liberazione. Quanto più profonde si fanno le ricerche nel terreno culturale della clandestinità e quanto più diventano aderenti i percorsi critici alla rete di passaggi sotterranei, tanto più risulta essere opportuno soffermarsi sulla mostra di Capri nel 1928 del primo circumvisionismo, sul manifesto Uda del 1929 di Carlo Bernari, Paolo Ricci e Guglielmo Pierce come punto di partenza del primo neorealismo napoletano, al fine di delineare una macrocategoria estetica (come preciserà Bernari) non ancora cristallizzata in una vera e propria etichetta, ma aperta alle sperimentazioni avanguardistiche europee.
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Palandrani, Tiziana. "Il sogno di Chopin nell’autobiografia di George Sand". Eikon / Imago 11 (1 de marzo de 2022): 299–310. http://dx.doi.org/10.5209/eiko.77627.

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Nel presente lavoro viene analizzato il sogno di Chopin raccontato da George Sand nell'ultimo volume di Histoire de ma vie, dal punto di vista della produzione letteraria dello scrittore, e includendo il contesto artistico-letterario del tempo in cui furono modificato i loro ricordi. Nell'analisi generale della sua opera di lei suscita una ricorrenza di motivi topici; Tra tutti, il Tema della morte per acqua compare dalle sue prime alle ultime produzioni, compresa la narrazione su Chopin, e segnando coincidenze estetiche con alcuni dipinti dell'epoca (in particolare con l'Ofelia di Millais, nel corpo immerso nell'acqua e nel condizione di pre-morte). Tenendo conto dell'intenso impatto che avranno gli scritti di George Sand sulla ricezione dell'immagine del compositore, questo articolo esamina alcuni aspetti che accompagneranno la rappresentazione pittorica e letteraria di Fryderyk Chopin e ipotizza che sul racconto del sogno chopiniano pesino più accorgimenti poetici che una totale aderenza alla realtà dei fatti.
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Cattoni, Silvia. "La letteratura italiana tradotta in Argentina". Revista de Italianística, n.º 34 (7 de noviembre de 2017): 90. http://dx.doi.org/10.11606/issn.2238-8281.v0i34p90-102.

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In due secoli di storia della letteratura argentina, lo sviluppo della letteratura italiana tradotta è in stretto rapporto con i propositi pedagogici o estetici determinati dal contesto culturale dei diversi momenti storici. In linea di massima, è possibile affermare che, dalla conformazione dello Stato nazionale e durante i primi decenni del XX secolo, la traduzione letteraria mirava ad ampliare l’orizzonte culturale di un lettore che si consolidava al ritmo della fiammante nazione. Nelle fasi successive e in stretto rapporto con la politica culturale portata avanti da Victoria Ocampo a partire dal 1931 tramite la rivista Sur e il suo posteriore progetto editoriale, la traduzione è stata soprattutto una pratica di scrittura che ebbe un’influenza decisiva nell’ordito della letteratura nazionale favorendo il suo rinnovo e incentivando le versioni di traduttori argentini. Fu questa un’apertura che favorì, durante la seconda metà del secolo, nel contesto della ricezione della letteratura universale, l’ingresso della letteratura italiana in Argentina. Il presente lavoro tratta in maniera sistematica, ma provvisoria, il panorama della letteratura italiana tradotta in Argentina. Lo scopo principale comporta il registro dei momenti più fecondi e l’interpretazione degli esiti ottenuti nei confronti della traduzione nel sistema letterario nazionale.
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Rosenberg, Daniel. "Eliciting Deviation". Chiasmi International 21 (2019): 225–38. http://dx.doi.org/10.5840/chiasmi20192121.

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In his discussions on literature, Merleau-Ponty often turns to the notion of deviation as a constitutive principle of literary language. Deviation indicates the capacity of a literary work (and other aesthetic objects) to transgress against its own limits and to offer an experience of otherness, or alterity. This alterity is not given in the work, but is constituted by the recipient through the more visceral and physical aspects of literary language. The recipient of the work thus adopts a second voice: that of the author or creator of the work, which is absent from the text yet is reconstructed by the reader in a post hoc manner. The analysis of Merleau-Ponty’s ideas is complemented using the aesthetic insights of Paul Valéry, from which the philosopher was greatly inspired. The essay further explores the way in which the notion of literature as deviation illuminates other aspects in Merleau-Ponty’s theory of language.Dans son examen de la littérature, Merleau-Ponty se penche souvent sur la notion d’écart considérée en tant que principe constitutif du langage littéraire. L’écart indique la capacité d’une oeuvre littéraire (et d’autres objets esthétiques) de dépasser ses propres limites et d’offrir une expérience d’autrui, de l’altérité. Cette altérité n’est pas donnée dans l’oeuvre, mais elle est constituée par le destinataire à travers les aspects les plus viscéraux et les plus physiques du langage littéraire. Le destinataire de l’oeuvre adopte ainsi une deuxième voix : celle de l’auteur ou du créateur de l’oeuvre, qui est absente du texte mais est reconstituée après coup par le lecteur. L’analyse de la réflexion de Merleau-Ponty est complétée à partir des intuitions esthétiques de Paul Valery, dont le philosophe a été largement inspiré. Cet article explore ensuite la manière dont la notion de littérature comme écart nous permet de mettre en lumière d’autres aspects de la théorie du langage de Merleau-Ponty. Nelle sue riflessioni sulla letteratura Merleau-Ponty si rivolge spesso alla nozione di scarto quale principio costitutivo del linguaggio letterario. Lo scarto indica la capacità di un’opera letteraria (o di un altro oggetto estetico) di oltrepassare i propri limiti, offrendo così l’esperienza di un’alterità. Quest’alterità non si dà nell’opera, ma è costituita dal destinatario attraverso gli aspetti più fisici e viscerali del linguaggio letterario. Così il destinatario dell’opera adotta una seconda voce, quella del creatore o dell’autore, che è assente dal testo e tuttavia è ricostruita dal lettore a posteriori. L’analisi delle riflessioni merleau-pontiane è integrata a partire dalle intuizioni estetiche di Paul Valery, da cui il pensiero del filosofo fu ampiamente ispirato. Il saggio esplora inoltre il modo in cui la nozione di letteratura come scarto ci consenta di illuminare altri aspetti della riflessione merleau-pontiana sul linguaggio.
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Tesis sobre el tema "Estetica letteraria"

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Leone, Giulia <1981&gt. "L'opera letteraria tra interpretazione e metafora: a partire da Nelson Goodman". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amsdottorato.unibo.it/6018/1/L%27opera_letteraria_tra_interpretazione_e_metafora.pdf.

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Che rapporto intercorre tra un’opera letteraria e una sua interpretazione? Che cosa fa sì che la prima supporti la seconda? Come possiamo discernere un’interpretazione valida da una che non lo è ? Come può una stessa opera avere interpretazioni differenti e a volte incompatibili tra loro? Assumendo come punto di partenza la proposta di Nelson Goodman di qualificare l’opera letteraria come allografica e, quindi, di definire l’identità dell’opera sulla base della sua compitazione, cercare un risposta alle domande proposte implica un riflessione tanto sul linguaggio, quale strumento simbolico, quanto sulle modalità di riferimento proprie delle opere letterarie. In particolare, di fronte al dissolversi del mondo nella molteplicità delle versioni che il linguaggio può offrire di esso, una peculiare concezione della metafora, intesa come proiezione di un regno del linguaggio su un altro regno dello stesso, si qualifica come un buon modello per la comprensione del rapporto che lega opere letterarie e loro interpretazioni. In tal modo l’opera stessa non solo diviene significativa, ma, attraverso tale significazione, riesce anche a farsi produttiva, modificando, ampliando, ristrutturando la versione dal mondo dalla quale l’interprete-lettore prende le mosse. Ciascuna lettura di un’opera letteraria può infatti essere concepita come una via attraverso la quale ciò che nell’opera è detto viene proiettato sulla visione del mondo propria dell’interprete e di quanti possono condividerne il punto di vista. In tal modo le interpretazioni pongono le opere cui si riferiscono nelle condizioni di fornire un apporto significativo tanto alla comprensione quanto alla costituzione della nostra versione del mondo. E se ciò può avvenire in diversi modi, mutando le interpretazioni a seconda di chi le produce e delle circostanze in cui sorgono, l’opera evita la dissoluzione in virtù della compitazione che la identifica.
What is the relationship between a literary work and its interpretation? What makes the first support the second one? How can we discern a valid interpretation from one that is not? How can the same work have different interpretations, sometimes incompatible with each other? Taking as starting point the Nelson Goodman’s proposal to qualify literary works as allografic, and, therefore, to define the works identity based on their spelling, look for a response to posed questions implies a reflection both on language, as symbolic tool, and on the ways of reference of literary works. In particular, after the world dissolution in the multiplicity of versions that the language can offer of it, a peculiar conception of metaphor, understood as the projection of a realm to another of language, qualifies as a good model for the understanding of the relationship between literary works and their interpretations. In this way, the work itself not only becomes significant, but, by meaning, is also successful to get productive, changing, expanding, renovating the world version from which the reader-interpreter starts. Each reading of a literary work can in fact be seen as a way in which what is said in the work is projected onto the interpreter's own world vision and those whose can share his point of view. In this way, the interpretations put the works to which they refer in a position to make a significant contribution both to the understanding and to the constitution of our version of the world. And if this can be done in several ways, changing interpretations depending on who produces them and on the circumstances in which they arise, the work avoids the dissolution by virtue of spelling that identifies it.
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Leone, Giulia <1981&gt. "L'opera letteraria tra interpretazione e metafora: a partire da Nelson Goodman". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amsdottorato.unibo.it/6018/.

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Che rapporto intercorre tra un’opera letteraria e una sua interpretazione? Che cosa fa sì che la prima supporti la seconda? Come possiamo discernere un’interpretazione valida da una che non lo è ? Come può una stessa opera avere interpretazioni differenti e a volte incompatibili tra loro? Assumendo come punto di partenza la proposta di Nelson Goodman di qualificare l’opera letteraria come allografica e, quindi, di definire l’identità dell’opera sulla base della sua compitazione, cercare un risposta alle domande proposte implica un riflessione tanto sul linguaggio, quale strumento simbolico, quanto sulle modalità di riferimento proprie delle opere letterarie. In particolare, di fronte al dissolversi del mondo nella molteplicità delle versioni che il linguaggio può offrire di esso, una peculiare concezione della metafora, intesa come proiezione di un regno del linguaggio su un altro regno dello stesso, si qualifica come un buon modello per la comprensione del rapporto che lega opere letterarie e loro interpretazioni. In tal modo l’opera stessa non solo diviene significativa, ma, attraverso tale significazione, riesce anche a farsi produttiva, modificando, ampliando, ristrutturando la versione dal mondo dalla quale l’interprete-lettore prende le mosse. Ciascuna lettura di un’opera letteraria può infatti essere concepita come una via attraverso la quale ciò che nell’opera è detto viene proiettato sulla visione del mondo propria dell’interprete e di quanti possono condividerne il punto di vista. In tal modo le interpretazioni pongono le opere cui si riferiscono nelle condizioni di fornire un apporto significativo tanto alla comprensione quanto alla costituzione della nostra versione del mondo. E se ciò può avvenire in diversi modi, mutando le interpretazioni a seconda di chi le produce e delle circostanze in cui sorgono, l’opera evita la dissoluzione in virtù della compitazione che la identifica.
What is the relationship between a literary work and its interpretation? What makes the first support the second one? How can we discern a valid interpretation from one that is not? How can the same work have different interpretations, sometimes incompatible with each other? Taking as starting point the Nelson Goodman’s proposal to qualify literary works as allografic, and, therefore, to define the works identity based on their spelling, look for a response to posed questions implies a reflection both on language, as symbolic tool, and on the ways of reference of literary works. In particular, after the world dissolution in the multiplicity of versions that the language can offer of it, a peculiar conception of metaphor, understood as the projection of a realm to another of language, qualifies as a good model for the understanding of the relationship between literary works and their interpretations. In this way, the work itself not only becomes significant, but, by meaning, is also successful to get productive, changing, expanding, renovating the world version from which the reader-interpreter starts. Each reading of a literary work can in fact be seen as a way in which what is said in the work is projected onto the interpreter's own world vision and those whose can share his point of view. In this way, the interpretations put the works to which they refer in a position to make a significant contribution both to the understanding and to the constitution of our version of the world. And if this can be done in several ways, changing interpretations depending on who produces them and on the circumstances in which they arise, the work avoids the dissolution by virtue of spelling that identifies it.
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PINI, Carolina. "Estetica e poetica in Giovan Battista Gelli. Gli scritti sull’arte e su Dante". Doctoral thesis, Scuola Normale Superiore, 2020. http://hdl.handle.net/11384/95188.

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Resumen
Die Forschungsliteratur zu Giovan Battista Gelli ist nicht umfangreich und vermag nur teilweise das Gewicht und die intellektuelle Bedeutung zu belegen, welche ihm insbesondere in den letzten Jahrzehnten in Fachkreisen zuerkannt werden. Ziel der hier vorgebrachten Darlegungen und Argumentationen ist, das Profil Gellis als einer der wichtigsten Figuren des florentinischen 16. Jahrhunderts in Bezug auf einige weniger untersuchte Aspekte, die normalerweise im Gesamtwerk von Gelli als marginal eingeschätzt werden, genauer zu erfassen. Gelli hatte erstens ein aufrichtiges Interesse an den bildenden Künsten, wie zumindest für das gesamte Jahrzehnt von 1546 bis 1556 aus mehreren Werken des Autors gut zu erkennen ist. Zweitens können wir Gelli als einen der Hauptakteure in der Debatte über Dante im 16. Jahrhundert in Italien bezeichnen. Diese beiden auf den ersten Blick recht unterschiedlichen Aspekte seines Schaffens hängen über die ästhetischen und philosophischen Anschauungen Gellis miteinander und mit seinem übrigen Werk zusammen. Die hier vorgestellte Arbeit ist daher in zwei Bereiche unterteilt. Der erste Teil konzentriert sich auf die Präsenz bildkünstlerischer bzw. kunsthistorischer Themen in der literarischen Produktion von G.B. Gelli und insbesondere auf die Abfassung einer Sammlung von Künstlerbiografien von Cimabue bis Michelozzo (die aber gemäß Gellis Absichten bis Michelangelo reichen sollte). Diese Sammlung blieb handgeschrieben und wurde wahrscheinlich in der zweiten Hälfte der 1540er Jahre abgebrochen. Diese prägnante Abhandlung zur Kunstgeschichte, aus explizit pro-florentiner Sicht, entsteht fast gleichzeitig mit Vasaris ungleich bekannterem Projekt von Künstlerbiographien. Nicht nur der "Wettbewerb" mit Le Vite des letzteren und die (im Unterschied zu Vasari) rein literarische Herangehensweise Gellis, sondern auch die politisch-enkomiastische Dimension der Auswahl ausschließlich florentiner Künstler bilden besonders interessante Aspekte dieses Textes und ergeben angemessene Analysefragen für die hier vorgelegte Untersuchung. Neben der Sammlung der Vite konzentriert sich die Forschung sowohl auf die Passagen kunsthistorischen Interesses, die in Gellis Abhandlung über die Ursprünge von Florenz zu finden sind (worin sich ein Exkurs über die Geburt, die Vervollkommnung und den Verfall der Künste und Wissenschaften in der Zeit des Autors findet), als auch auf die Quellen für diese Arbeit, auch in Bezug auf die anderen Biografien von Künstlern, die in jenen Jahren geschrieben wurden: den Anonimo Magliabechiano, Il Libro di Billi und Le Vite von Vasari. Ein weiterer alles andere als sekundärer Bereich der in der vorliegenden Untersuchung unternommenen Analyse betrifft die Ausformung und Bedeutung eines sich in jener Epoche 9 entwickelnden kunsthistorischen und kunstkritischen Wortschatzes. Darüber hinaus soll eine Untersuchung der Korrespondenz damaliger Künstler und Schriftsteller eine Reihe neuer Perspektiven eröffnen, um sowohl die Figur Gelli als auch die Themen der hier vorgelegten Lektüren von dessen Texten näher zu kontextualisieren. Der zweite Teil der Arbeit konzentriert sich auf Gellis Akademievorträge, die Dantes Commedia und Petrarcas Canzoniere gewidmet sind. Diese Lezioni von Gelli scheinen explizit und gezielt darauf ausgerichtet zu sein, das Lehrsubstrat und die philosophische Verwendbarkeit nicht nur des Philosophen und Theologen Dante, sondern vor allem des Lyrikers Petrarca herauszustellen und so eine Rezeption des Canzoniere zu legitimieren, die über die ästhetische Ebene hinausgeht. Dadurch wird die bembeske Opposition zwischen einem angeblich doktrinär beeindruckenden, aber ästhetisch schwachen Dante und einem philosophisch zurückhaltenden, aber poetisch starken Petrarca aufgehoben. In diesem letzten Teil der Arbeit konzentriert sich das Forschungsfeld vor allem auf Gellis Dante-Vorlesungen, welche in die poetologische Debatte über Dante im politisch-literarischen Kontext des florentinischen 16. Jahrhunderts einzufügen sind, in der Gelli als einer der Hauptakteure gilt. Für die Erforschung dieser Vorgänge ist es wichtig, die politisch-kulturelle Situation von Florenz, insbesondere der Florentiner Akademie, genau zu erfassen, um die Bedeutung von Gellis Vorträgen zu verstehen. Die kritischen Beobachtungen von Gelli müssen als eine der Hauptquellen in dieser Debatte begriffen werden und zeichnen sich in perfekter Weise innerhalb eines philosophischen und poetologischen Programms ab, das sicherlich umfassender und vollständiger ist als das vieler schreibender Zeitgenossen unseres Literaten.
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PEREZ, MARTINEZ Ricardo. "Représentation et simulacre : essai sur l'émergence du regard à l'âge classique : regarde renversé, perspective et poin de vue". Doctoral thesis, Università degli studi di Bergamo, 2014. http://hdl.handle.net/10446/32185.

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Resumen
In this study, we have demonstrated that the culture of Early Modernity has popularized three significant metaphors or optical instruments (the reversed view, the perspective and the point of view) to capture, to organize, to interpret and to represent the sensitive world. Each of these metaphors offers a characterization partially different from the world, but all of them address the most common intellectual quests or problems of the epoch, such as the disorder of the world and the mistake that the senses provoke in the judgment. The reversed view or the reversed world (topic inherited from the Middle Ages) can explain the problem of disorder but with the condition of breaking the unity of the world in two representations (the Being and the Appearance). The perspective (metaphor taken from the central perspective of the Renaissance) can explain also this problem but the condition of this perspective is always unique and central (monocular) that could give or guarantee coherence to everything. The metaphor of the point of view (metaphor inherited from the decentralized perspective or anamorphose of the Baroque) was managing to explain also this problem but with the condition of making the world a labyrinthine city of divergent points of view. Leaving out the first metaphor (that of the reversed view), which already began to lose its credibility, we have characterized the imaginary, between the 16th and the 17th century, by combining the metaphor of the perspective of the Renaissance and that of the point of view of the Baroque. That is, in the apparently disordered moral, political, linguistic and scientific world, there is a unique and infinite perspective that gives coherence to the entire fragmented points of view, subordinating them to a unique center. We have thus drawn the following conclusion: the point of view explains the visible plurality of the reality - the disorder, whereas the perspective explains, though invisible, its superior unity - the order. We demonstrated also that during the period from the Renaissance to the Baroque, three important processes in visual imaginary of Europe emerged: the rationalization of the visual conscience (phenomenon related to the central perspective); the interioritation of the vision and its partial separation of the sense of tact (phenomenon related to the assimilation, done by Descartes, from the eye to the camera obscura and also to the perspective of the Renaissance); and the indissoluble unit between the modus spectandi and the representatio (phenomenon tied to the anamorphose and to the geometric perspective of the Early Modernity, done by Leibniz). These three processes arose in the middle of a tension between three different notions from representation. The first type of representation is based on the direct similarity between the object and its representation: the artist must copy the way in which the eye sees the things in the world - subjectivity of the vision. This type of representation can, as Foucault showed it well, generally characterize the Renaissance. The second type of representation is based on the resemblance (vraissemblances) and not on the direct similarities: the painter can represent better a circle with an oval (theory of the dissimilarity). This type of representation can characterize the Early Modernity, the Baroque. We have identified another type of representation that does not copy the similarities or that arises from the verisimilitudes (vérisimilitude), because it copies the objective order of the points, lines and figures. That is, it copies the objective verisimilitude, which was the project undertaken by the geometric perspective (Desargues, Bosse et Leibniz): there is a relation of invariable order between the circle, the oval, the parable and the hyperbole. In this evolution of the notion of representation we show that the theory of the dissimilarity of Descartes has played a very important role. In this order of ideas, we have shown that the baroque poetical concept, as in the aesthetics of Góngora's Solitudes, is a mental representation or an understanding act. The poetical concept is an instantaneous representation, which escapes the understanding. In The Tempest of Shakespeare the similarity ( theatre as a mirror of the world) is replaced by the theatrical resemblance (vraissemblances), the theatre as illusion). In Ménines de Vélasquez, this representation of the representation (Foucault), is also a procedure in which the view is closed partially to the similarity and opened to the resemblance-verisimilitude (vraissemblances). Nevertheless, already Maleau-Ponty said that every theory of painting is metaphysics. In Leibniz, the monade, this " active mirror " of the universe, is a point of view that, to different levels of his philosophical and scientific discourse, implies also a theory of the representation. Already Heidegger, evoking Leibniz and well before Foucault, observed the representative character of the philosophy in the modern epoch. The Early Modern is the time of the emergence of the modern notion of representation, and this emergence is contemporaneous with the emergence of the modern subjectivism: from then, being given as foundation of any clear and different certainty, the man would be defined as that who, by representing himself, represents the world (Descartes). These two notions, representation and subjectivism, have been supported and reinforced by optical metaphors such as the perspective, especially the point of view. It is true that in Leibniz, if we pursue the term point of view to the analysis situs, the metaphor of point of view does not have relation with the modern subjectivism (the point of view is independent of the subject that is placed). In addition, we have demonstrated, as parerga and paralipomena of our research, that the significant metaphors of the reversed view, the perspective and the point of view reappear towards the end of the 19th and the beginning of the 20th. As inheritor of Leibniz, Nietzsche has at the heart of his philosophy the representation always illusory and the perspective always multiple. For Proust, who evokes the theory of the monade in his Recherche, the point of view is also one of the most important elements of his aesthetics of capture and representation. Unlike the Early Modernity that had a teleology of the representation, in Nietzsche and in Proust the representation turns into simulacra (Lucrèce, Klossowski and Deleuze)
Nous avons montré que l’Âge classique a popularisé trois métaphores significatives ou dispositifs optiques de capture, organisation, interprétation et représentation du sensible : le regard renversé, la perspective et le point de vue. Chacune de ces métaphores offre une caractérisation du monde partiellement distincte, mais toutes répondent aux problèmes les plus communs de l'époque, tels que le désordre du monde et les erreurs qui provoquent les sens dans le jugement. Le regard renversé ou le monde à rebours (topique hérité du Moyen-Âge) peut expliquer ce problème du désordre, mais à condition de rompre l’unité du monde en deux représentations (l'Être et l’Apparaître) ; la perspective (métaphore prise de la perspective centrale de la Renaissance) peut expliquer aussi ce problème, mais à condition qu'elle soit toujours une perspective unique et centralisée (monoculaire) qui puisse garantir une cohérence au tout ; la métaphore du point de vue (métaphore provenant de la perspective décentralisée ou l’anamorphose du Baroque) réussissait aussi à expliquer ce problème, mais à condition de faire du monde une ville labyrinthique des points de vue divergents. En laissant de côté la première métaphore (celle du regard renversé), qui commençait déjà à perdre de sa crédibilité, nous avons caractérisé l’imaginaire, entre les XVIème et XVIIème siècles, en combinant la métaphore de la perspective de la Renaissance et celle du point de vue du Baroque : dans ce monde d'apparent désordre moral, politique, linguistique et scientifique, il existe une perspective unique et infinie qui donne cohérence à tous les points de vue fragmentés et finis en les subordonnant dans un centre unique. Nous sommes ainsi arrivés, sans hésiter, aux conclusions suivantes : le point de vue explique la pluralité visible du réel, le désordre ; la perspective explique son unité supérieure, bien qu'invisible, l’ordre. Nous avons montré aussi que pendant la période qui va de la Renaissance au Baroque, trois processus importants dans l'imaginaire visuel européen ont surgi : la rationalisation de la conscience visuelle (phénomène étroitement lié à la perspective centrale) ; l'intériorisation de la vision et sa séparation partiale du sens tactile (phénomène qui est étroitement lié à l'assimilation, faite par Descartes, de l'œil à la chambre obscure et qui est aussi lié à la perspective de la Renaissance) ; et l’unité indissoluble, faite par Leibniz, entre le modus spectandi et la representatio (phénomène qui est étroitement lié aux anamorphoses et à la perspective géométrique de l’Âge classique). Ces trois processus ont surgi au milieu d'une tension entre trois notions très différentes de représentation. Le premier type est basé sur la ressemblance directe entre la chose représentée et sa représentation : l'artiste doit copier la manière avec laquelle l'œil voit les choses du monde, c’est la subjectivité de la vision. Ce type de représentation peut, comme l’a bien montré Foucault, caractériser d'une manière générale la Renaissance. Le deuxième type de représentation est basé sur les vraisemblances et non sur les ressemblances directes : dans la peinture, on peut mieux représenter un cercle par un ovale (théorie de la dissemblance). Ce type de représentation peut caractériser l’Âge classique. Nous avons identifié un troisième type de représentation qui ne copie pas les ressemblances ni ne fait surgir les vraisemblances, mais qui copie plutôt l’ordre objectif des points, lignes et figures, c'est-à-dire qui copie la vérisimilitude, ce qui a été le projet entrepris par la perspective géométrique (Desargues, Bosse et Leibniz) : il y a un rapport d’ordre invariant entre le cercle, l’ovale, la parabole et l'hyperbole. Dans cette évolution de la notion de représentation, nous avons montré que la théorie de la dissemblance de Descartes a joué un rôle très important. Dans cet ordre d’idées, nous avons montré que le concept poétique, à la base de l'esthétique des Solitudes de Góngora, est en fait une représentation mentale contingente ou acte d’entendement ; le concepto poétique est un acte de représentation instantané, à peine l’a-t-on vu, qu’il échappe déjà à l’entendement. Dans la Tempête de Shakespeare, la similitude (ressemblance ou le théâtre comme un miroir du monde) est remplacée par la vraisemblance théâtrale (le théâtre comme illusion). Dans les Ménines de Vélasquez, cette représentation de la représentation (Foucault), il y a aussi une procédure dans laquelle le regard s'abîme en lui-même en se clôturant dans la vraisemblance. Toutefois, déjà Merleau-Ponty disait que toute théorie de la peinture est une métaphysique. Chez Leibniz, la monade, ce « miroir actif » de l’univers est un point de vue qui, à différents niveaux de son discours philosophique et scientifique, implique aussi toute une théorie de la représentation. Déjà Heidegger remarquait, en évoquant Leibniz, et bien avant Foucault, le caractère représentatif de la philosophie à l'époque moderne. L’Âge classique est le moment d’émergence de la notion de représentation moderne et cette émergence est contemporaine de l'émergence du subjectivisme moderne : désormais, en se donnant comme fondement de toute certitude claire et distincte, l’homme sera défini comme celui qui, en se représentant soi-même, se représente le monde (Descartes). Ces deux notions, représentation et subjectivisme, ont été soutenues et renforcées par des métaphores optiques telles que la perspective et, surtout, le point de vue - c’est vrai que chez Leibniz, si on reconduit le terme point de vue à l’analysis situs, la métaphore de point de vue n’a rien avoir avec un subjectivisme moderne (le point de vue est indépendant du sujet qu’y se place). De plus, nous avons montré, comme parerga et paralipomena de notre recherche, que les métaphores significatives du regard renversé, la perspective et le point de vue réapparaissent fortement vers la fin du XIXème et début du XXème. Héritier de Leibniz, Nietzsche place la représentation, toujours illusoire, et la perspective, toujours multiple, au cœur de sa philosophie. Chez Proust, qui évoque la théorie monadologique dans sa Recherche, le point de vue est aussi un des éléments le plus importants de son esthétique de capture et représentation. À la différence de l'Âge classique qui avait une téléologie de la représentation, chez Nietzsche et Proust la représentation devient simulacre (Lucrèce, Klossowski et Deleuze).
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5

Panosetti, Daniela <1977&gt. "Il testo anamorfico: strutture topologiche ambigue e prensione estetica nel discorso letterario". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/220/1/Tesi_Panosetti.pdf.

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Panosetti, Daniela <1977&gt. "Il testo anamorfico: strutture topologiche ambigue e prensione estetica nel discorso letterario". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/220/.

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DELLAVEDOVA, ALBA. "L'EXPÉRIENCE DU NOUVEAU ENTRE LA CONSTRUCTION DE SOI ET LA DESCRIPTION DU MONDE : LE TEXTE COMME LA RENCONTRE D'EXIGENCES LITTÉRAIRES ET SCIENTIFIQUES. LE CAS D'ISABELLE EBERHARDT". Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2017. http://hdl.handle.net/2434/532935.

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Resumen
The thesis describes the work of Isabelle Eberhardt, a travel writer who explores Algeria and Tunisia between 1897 and 1904. The establishment of the original edition of her texts presents several problems considering that quite a number of publishers modified them. The analysis of the editions that are available today and the consultation of manuscripts retained in the Archives nationales d'outre-mer in Aix-en-Provence, allowed to obtain some helpful clarification on this subject, even if the situation remains delicate. Isabelle Eberhardt travels to the islamic Maghreb with the intention of living in Algeria for good, in the desire to construct her new identity, write publishable texts, learn more about local traditions. The diversity of projects means that there is a personal involvement as well a literary and scientific intention. The research method used by our writer during her journeys has been investigated and summerized by the alternation of engagement and estrangement. Eberhardt's poetics is equally clear and it is based on the valorization of the lieu's vitality as well as on the definition of an existential and living space. The texts are the product of a formation process knowledge-based and with a literary purpose. They have been analyzed with a critical and interpretative approach. Isabelle Eberhardt's experience and the values that it promotes make possible a rapprochement with the studies exploring connections between literature and geography.
La thèse étudie l'œuvre d'Isabelle Eberhardt, écrivaine-voyageuse qui explore l'Algérie et la Tunisie entre 1897 et 1904. La définition de l'œuvre originale demeure difficile étant donné que plusieurs éditeurs ont modifié les écrits d'Eberhardt. Une analyse des éditions disponibles et la consultation des manuscrits conservés aux Archives nationales d'outre-mer d'Aix-en-Provence ont permis de donner des éclaircissements à ce sujet, bien que la situation reste délicate. Isabelle Eberhardt voyage au Maghreb dans le but de s'établir en Algérie pour toujours, construire sa nouvelle identité, écrire des textes à publier et connaître les traditions locales. La variété de ses projets fait en sorte que sa démarche ait des implications personnelles, littéraires et scientifiques. La méthode de recherche mise en place par notre écrivaine au cours de ses voyages a été approfondie et résumée dans l'alternance entre participation et éloignement. La poétique eberhardtienne résulte également claire et elle se base sur la valorisation de la vitalité du milieu ainsi que sur la définition d'un espace existentiel et vivant. Les textes sont le résultat d'un riche processus de formation, de connaissance, d'écriture et ils ont été analysés à partir d'une interprétation critique et théorique. L'expérience eberhardtienne et les valeurs qu'elle encourage permettent de rapprocher l'écrivaine aux études concernant le rapport entre la géographie et la littérature.
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Russo, Antonella. ""Una línea de tierra nos separa": estetica e letteratura azul nella guerra civile spagnola. La rivista Horizonte (1938-1942)". Doctoral thesis, Universita degli studi di Salerno, 2013. http://hdl.handle.net/10556/1357.

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Resumen
2011 - 2012
La tesi intitolata «Una línea de tierra nos separa»: estetica e letteratura azul nella guerra civile spagnola. La rivista Horizonte (1938-1942), si inserisce sempre più solido filone di indagine sull’estetica e la letteratura fascista spagnola. La prima parte del lavoro seleziona un corpus di testi poetici e narrativi rilevanti ed originali, per uno studio interpretativo che ne rileva costanti formali e tematiche. Nella seconda parte si presentano i risultati di un lavoro emerografico e di documentazione bibliografica intorno al sistema delle riviste negli anni della guerra civile, con particolare attenzione alle pubblicazioni letterarie degli insorti e con l’obiettivo di delineare il contesto letterario e il panorama editoriale in cui si pubblica la rivista Horizonte (Sevilla-Madrid, 1938-1942). Allo studio e alla catalogazione di quest’ultima, riscattata dall’oblio con il suo ragguardevole patrimonio documentale, è dedicata una sezione consistente del lavoro, che consegna risultati inediti e apre nuove prospettive di studio e ricerca. [a cura dell'autore]
XI n.s.
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Mussa, Kombola Ramadhani. "Oralità e scrittura : un'analisi estetico-letteraria delle opere di Kossi Komla-Ebri, Tahar Lamri e Yousif Jaralla attraverso le forme dell'oralità". Thesis, University of Reading, 2014. http://ethos.bl.uk/OrderDetails.do?uin=uk.bl.ethos.630449.

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Resumen
My thesis is an in-depth analysis of the writings of three Italian migrant writers. Specifically, I discuss several of the different forms taken by orality and explore the relationship between orality and literacy, by analysing the work of three important figures: Kossi Komla Ebri (from Togo), Tahar Lamri (from Algeria) and Yousif Jaralla (from Iraq). I have chosen to concentrate on them because of the originality of their works which possess distinctive literary qualities. My aim is to establish a new formal and aesthetic approach to "migrant writers", in order to: 1) enhance the current literary and critical debate (mostly influenced, in Italy, by thematic and sociological concerns); 2) question the Italian literary canon, which should definitely include "migrant writers" for the literary and aesthetic quality of their works. From a theoretical viewpoint my analysis has taken as its starting points, the idea of oral-literary continuum and Derrida's views on oralite vs. ecriture to challenge the perception of orality (and "oralitura") as an inferior and unsophisticated form of storytelling. This is a perception which is often shared by the authors I discuss and by their critics. I challenge this perception by revealing the literary sophistication of these works through an analysis of the formal patterns they exhibit. This clearly emerges especially in my analysis of the work of Iraqi storyteller Yousif Jaralla, on whose work there are very few in-depth studies. In my chapter on Jaralla I have focussed my account on two aspects of his work: his conception of himself as a storyteller who delivers oral narratives and the stylistic elements which he employs to give a musical rhythm to his tales. iv
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10

FABBI, ANDREA. "La ricezione di Ezra Pound in Italia". Doctoral thesis, 2016. http://hdl.handle.net/11573/875949.

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Resumen
La figura di Ezra Pound rappresenta ancora oggi un caso letterario, ed umano, di carattere internazionale, che in Italia assume dei risvolti ancora più complessi ed intricati. Questo per determinati motivi, come ad esempio il fatto che il poeta americano elesse come seconda patria, tanto da desiderare di venirvi sepolto, l'Italia; oppure, ed è questo forse l'elemento più importante, per quello che si può definire come l'asse portante della sua produzione poetica e saggistica dagli anni '20 in poi, rappresentato proprio dalla cultura italiana, dal suo paesaggio, dalla sua storia, dalle sue vicende politiche. Non è un mistero il fascino che su di lui esercitò il regime fascista, tanto da condurlo a condividere le posizioni del ventennio e lo spirito della Repubblica Sociale Italiana; meno note, e degne di un'analisi più approfondita, le motivazioni attraverso le quali condivise l'ideologia fascista, ed i suoi punti di disaccordo con quest'ultima. Questa forse è una carenza, da parte della critica italiana: il non riuscire ad osservare con uno sguardo il più puro possibile, con uno sguardo libero da connotazioni di ogni sorta, lo stentare ad arrivare al nucleo delle questioni che, nel caso di un poeta, è la sua produzione poetica. Potrebbero costruirsi decine di paralleli per spiegare tale giudizio e motivarlo, ma non essendo questo il luogo deputato a farlo, basti solo qualche esempio. Il primo, attualissimo, è legato alla figura di Martin Heidegger. Cedendo alla tentazione dell'interpretazione secondo l'unica categoria dello Storico, diviene automatica la condanna che, però, dallo Storico fuoriesce, divenendo etica: se eticamente si considera errata un'idea, il facile sillogismo conduce alla condanna di ciò che produce chi quell'idea condivide, chi la vive. Il sillogismo, formalmente corretto, si presenta però come un paralogismo, nel momento in cui si riconosce la necessità di sospendere ogni forma di giudizio storico ed etico, e si tenta l'ingresso nel merito della produzione filosofica, nel caso di Heidegger, o nella categoria dell'estetico, nel caso di Pound. La posizione di partenza di ogni tipo di riflessione legata alle produzioni materiali ed immateriali degli esseri umani dovrebbe essere sempre animata dallo spirito dell'epoché, che permette il distacco necessario per un'analisi completa e più corretta possibile. Il danno che si può arrecare alla critica, alla storia della letteratura, alla storia dell'arte in generale, si rintraccia nella popolare locuzione del “gettare il bambino con l'acqua sporca”1: si è analizzato tutta una produzione ed il suo contesto con il necessario distacco, con il necessario approfondimento, sospendendo quei pre – giudizi che sì, animano le modalità di conoscenza dell'uomo, ma che nel momento in cui passano ad un livello di inibizione rispetto alla conoscenza stessa, impediscono di estrapolare un giudizio sincero ed onesto? Come detto, di casi simili ne esistono a decine; si pensi a Louis Ferdinand Céline, a Gottfried Benn, a Yukio Mishima, a Mircea Eliade, a Ernst Jünger, a Carl Schmitt, a Werner Sombart, ed in Italia Giovanni Gentile, Curzio Malaparte, Ardengo Soffici, Ugo Ojetti, e moltissimi altri. Tale problematica, che in Italia ha assunto delle caratteristiche marcatissime2, necessita di una nuova lettura, di una revisione corretta, completa, distaccata: non può esistere condanna etica nel tentativo di recupero degli elementi estetici (nel caso di Pound e degli altri artisti), o filosofici, in soggetti che eticamente sono stati condannati, e verso i quali si può condividere la condanna. Ovvio appare quanto il giudizio della critica italiana sia stato condizionato, in maniera più pesante rispetto al resto del mondo, dal fatto che Pound condivise l'ideologia fascista e visse il Ventennio da sostenitore; condizionato ancora nell'attualità, però, dal momento in cui un'organizzazione di smaccata ispirazione fascista, CasaPound Italia, assume il suo nome per connotarsi politicamente in direzione di un fascismo del terzo millennio. Lo sforzo critico risiede proprio in una presa d'atto del fascismo poundiano, e successivamente nell'analisi distaccata rispetto alla sua produzione, ed alla sua ricezione da parte della critica. In merito a questo aspetto, si è ritenuto utile prendere come punto di riferimento metodologico la Fenomenologia, che pone alla base di ogni riflessione lo strumento dell'epoché, ovvero la sospensione del giudizio, l'attenzione alla cosa in quanto tale, l'apertura ad ogni stimolo esterno, ad ogni aspetto che possa integrare un sistema per farlo funzionare in modo più accurato, in un'ottica di totale laicità nei confronti dell'oggetto analizzato. Parlando di ricezione, il rimando sarà anche alla Scuola di Costanza, che tenta lo spostamento del focus dell'analisi del fatto letterario verso il ricettore ed il pubblico, piuttosto che verso l'opera in sé. Guardando all'Italia, la figura di Luciano Anceschi possiede un doppio legame con la figura di Ezra Pound e con i presupposti teorici del seguente lavoro. Il suo modello critico, legato all'apertura del sistema metodologico ed alla fenomenologia (in particolare alla lezione del suo maestro Antonio Banfi e, per altri versi, alle riflessioni di Luigi Pareyson), rappresenta un fondamento per una critica del fenomeno letterario che risulti aperta, distaccata, non animata da pregiudizi politici ed etici; dall'altro lato, Anceschi fu uno dei grandi introduttori della poesia poundiana nella cultura italiana, fornendo una lezione che sarà fondamentale per la stagione poetica della Neoavanguardia. Si osserverà, infatti, quanto Pound sia presente nei decenni immediatamente successivi alla Seconda Guerra Mondiale, in particolare in due poeti fra i principali esponenti del Gruppo '63, come Edoardo Sanguineti ed Elio Pagliarani; in un versante diverso, si avrà modo di analizzare anche il turbolento rapporto fra Pound e Pier Paolo Pasolini che, partendo da un giudizio sostanzialmente negativo, giungerà ad una riabilitazione del poeta e ad un giudizio positivo. Non si voglia vedere nel presente lavoro un tentativo di negazione di ciò che Pound ha scelto, di quello che ha rappresentato, delle sue posizioni ideologiche e politiche. Il tentativo sarà esclusivamente quello di analizzare, nella maniera più completa possibile, il suo rapporto con l'Italia, in ogni suo aspetto, con la giusta profondità, rispondendo ad una necessità di chiarezza intorno alla figura del poeta americano. Lontano dall'essere agiografico, e dal non sottolineare le sue posizioni ideologiche, dall'altro lato vi è il bisogno di ricercare e comunicare alcuni aspetti che raramente sono stati sottolineati, e quasi mai assunti come elementi fondamentali dell'esperienza poetica, politica ed esistenziale di Ezra Pound. Non potendo raggiungere la massima obiettività, in quanto metodo critico ed onestà intellettuale impongono la negazione della pretesa di questa, si cercherà quanto meno di avvicinarcisi, tentando la strada della raccolta complessiva dei giudizi (anche quelli che, a volte, possono apparire come più fragili e meno fondati) e della loro analisi, in quanto è presupposto fondamentale, in quest'idea di critica letteraria, il fuggire la tentazione della riduzione semplicistica, dell'adeguamento al giudizio consolidato, credendo che la revisione continua dei giudizi e delle categorie sia esercizio vitale per la disciplina stessa.
The figure of Ezra Pound represents, in Italy, a difficult critical case, especially beacuse of his involvement with the Fascist regime. This work, that has for theoric bases and methodology on a side the premises of Husserl's phenomenology and its consequences, like Gadamer's hermeneutics and the figure of H.R. Jauss and his aestethic of reception, and on the other side the social aspect of the reception of the readers, focuses on basically three perspectives: the political reception of the figure of Ezra Pound in Italy, starting with the Fascism, passing through the Neofascism of the 70's and arriving to the contemporary neofascists positions of CasaPound Italia; the central part of the work is a review and analysis of the critical reception from the 30's til the contemporary studies; the last part is about the influences of Ezra Pound poetry on italian poetry, especially in the 50's and 60's, with the selection of three case studies: Elio Pagliarani, Edoardo Sanguineti, Pier Paolo Pasolini.
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Libros sobre el tema "Estetica letteraria"

1

Jauss, Hans Robert. Esperienza estetica ed ermeneutica letteraria. Bologna: Mulino, 1987.

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2

Padula, Vincenzo. Scritti di estetica, linguistica e critica letteraria. Roma [etc.]: GLF editori Laterza, 2001.

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3

Pasquale, Tuscano, ed. Scritti di estetica, linguistica e critica letteraria. Roma: GLF editori Laterza, 2001.

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4

Padula, Vincenzo. Scritti di estetica, linguistica e critica letteraria. Roma [etc.]: GLF editori Laterza, 2001.

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5

Bausani, Alessandro. Il pazzo sacro nell'islam: Saggi di storia estetica, letteraria e religiosa. Milano: Luni, 2000.

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6

La forma dell'informe: Un�ipotesi estetica dell'informale tratta dall'attività letteraria moderna e contemporanea. Perugia: Morlacchi, 2003.

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7

Carolis, Adolfo De. Il mare piceno: Scritti letterari ed estetici. Ancona: Il lavoro editoriale, 1999.

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8

Carolis, Adolfo De. Il mare piceno: Scritti letterari ed estetici. Ancona: Il lavoro, 1999.

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9

Piero Gobetti: Critico letterario e teatrale : un percorso estetico "a ritroso," da Croce a De Sanctis. Chieti: Solfanelli, 2017.

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10

Davoli, Vito y Daniele Giancane. Pubblicazioni Letterariæ: Lezioni Di Estetica. Independently Published, 2021.

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Capítulos de libros sobre el tema "Estetica letteraria"

1

Balboni, Paolo E. "15 • Educazione linguistica ed educazione letteraria: Intersezioni". En Thesaurus di Linguistica Educativa: guida, testi, video. Venice: Fondazione Università Ca’ Foscari, 2022. http://dx.doi.org/10.30687/978-88-6969-607-7/015.

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Tutti i linguaggi possono svolgere sia una funzione pragmatica, quotidiana, sia una funzione estetica, finalizzata al ‘piacere del testo’, per dirla con Roland Barthes. È di questa sezione, la comprensione e il piacere del testo, che ci occupiamo in questa riflessione, perché questa è l’area dell’educazione linguistica che si sovrappone all’educazione linguistica, che ha scopi suoi propri.
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2

Najgeburska, Karolina. "Reportaż „Z kraju, który tańczy” – „Terremoto” Jarosława Mikołajewskiego". En Sperimentare ed esprimere l’italianità. Aspetti letterari e culturali. Doświadczanie i wyrażanie włoskości. Aspekty literackie i kulturowe. Wydawnictwo Uniwersytetu Łódzkiego, 2021. http://dx.doi.org/10.18778/8220-478-0.19.

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Niniejszy artykuł podejmuje refleksję nad obrazem Italii i jej mieszkańców, wyłaniającym się z reportażu Terremoto Jarosława Mikołajewskiego poświęconego, jak sugeruje tytuł, trzęsieniom ziemi, które w latach 2016–2017 nawiedziły środkowe Włochy. Mikołajewski, w formie reportażu literackiego, nie tylko podejmuje próbę opisania krajobrazu po przejściu kataklizmu, lecz także, a może przede wszystkim, mierzy się z doświadczeniem, wobec którego język pozostaje bezradny, co znajduje swój wyraz w strukturze i kompozycji tekstu, w składni i rytmie zdań, a także w estetyce milczenia. Celem studium jest zatem zbadanie, o czym opowiada reportaż (a więc jakie aspekty trzęsień ziemi zostały poruszone w tekście, a następnie wykorzystane do otwarcia nowej perspektywy na „włoskość”), jak również w jaki sposób poeta‑reporter buduje swą opowieść, jak stara się wyrazić pustkę i nieobecność oraz jak ukazany został pogrzebany w gruzach świat po katastrofie. Analizie poddano styl narracji oraz poetykę tekstu, w szczególności zaś – elementy poetyki apofatycznej oraz metaforykę. Ponadto artykuł stanowi próbę odpowiedzi na pytanie, jak tragiczne w skutkach trzęsienia ziemi wpływają na życie i mentalność Włochów oraz w jakim stopniu owo doświadczenie może zyskać wymiar szerszy, ogólnoludzki, poprzez odwołanie do fundamentalnych wartości humanitarnych oraz do kultury antycznej, którą uznać można za fundament zjawiska „włoskości”.
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