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KUTLUER, MELTEM. "Variazioni di Espressione Genica nei Fotorecettori Durante La Degenerazione". Doctoral thesis, Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, 2022. http://hdl.handle.net/11380/1278779.

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Resumen
La retinite pigmentosa (RP) è una malattia genetica caratterizzata da una perdita progressiva della vista dovuta alla degenerazione dei fotorecettori. Più di 100 geni diversi sono stati correlati alla RP e l'elevata eterogeneità genetica ostacola lo sviluppo di trattamenti per la cura di questa malattia invalidante. Per lo sviluppo di nuovi approcci terapeutici è necessaria un'elucidazione più profonda a livello molecolare dei meccanismi alla base della progressione della malattia. Questo studio si è concentrato sui cambiamenti trascrizionali che avvengono durante la degenerazione dei bastoncelli al fine di comprendere i meccanismi della malattia e trovare possibili bersagli terapeutici. Per investigare la degenerazione dei bastoncelli, abbiamo sviluppato un nuovo modello in vitro basato sulla linea cellulare 661W che simula la mutazione di perdita di funzione del gene PDE6 nei pazienti RP e nei modelli animali correlati. Questo modello si basa sul trattamento della linea cellulare con zaprinast, un inibitore della PDE6. Abbiamo poi confrontato le cellule esposte a zaprinast rispetto a quelle non trattate tramite analisi RNAseq e sono stati identificati con successo i geni differenzialmente espressi in risposta all'inibizione della PDE6. Tra questi sono emersi, in particolare, geni legati alla pathway del colesterolo. Diversi cambiamenti genici legati alla biosintesi e al metabolismo del colesterolo sono stati convalidati nel sistema cellulare da analisi qPCR. È stata confermata la rilevanza dei geni identificati nella degenerazione retinica tramite analisi in rilevanti modelli animali di RP. In conclusione, la degenerazione dei fotorecettori inizia nei bastoncelli, i quali sono neuroni post-mitotici. Il nuovo sistema in vitro che abbiamo sviluppato per mimare la degenerazione è uno strumento fondamentale per le analisi future e consenteirà studi molecolari sui meccanismi di morte cellulare degli stessi. Grazie a questo nuovo sistema, abbiamo analizzato i cambiamenti di espressione genica durante la degenerazione ed abbiamo scoperto che le vie della biosintesi del colesterolo e del metabolismo potrebbero avere un ruolo cruciale nella perdita dei bastoncelli. La conferma delle variazioni geniche sui modelli animali mostra che le mutazioni che causano la RP possono innescare uno squilibrio nelle vie del colesterolo suggerendo che possano essere un nuovo bersaglio per lo sviluppo di nuovi approcci terapeutici.
Retinitis Pigmentosa (RP) is a genetic disorder characterized by progressive vision loss due to the degeneration of photoreceptors. More than 100 different genes have been linked to RP, and the high genetic heterogeneity hampers the development of treatments to the cure of this disabling disease. A more profound elucidation at the molecular level of the mechanisms underlying the progression of the disease is needed for the development of new therapeutic approaches. This study focused on transcriptional changes during rod photoreceptor degeneration to understand disease mechanisms and find possible therapeutic targets. To gain insights into rod photoreceptor degeneration, we developed a new in vitro model based on the 661W cell line that mimics the PDE6 gene loss of function mutation in RP patients and related animal models. The cell model relies on the treatment of the cell line with zaprinast, a PDE6 inhibitor, and we compared by RNAseq analysis cell exposed to zaprinast versus not treated cells. We successfully identified differentially expressed genes in response to PDE6 inhibition, especially related to cholesterol biosynthesis and metabolism. Several gene changes linked to cholesterol biosynthesis and metabolism have been validated by Real-time qPCR in the cell system. Confirmation of the relevance of the identified genes in retinal degeneration was performed in relevant animal models of RP. In conclusion, the primary degeneration starts in the rod photoreceptors that are post-mitotic neurons. We developed a new in vitro system to mimic rod photoreceptor degeneration, a fundamental tool for future studies enabling molecular studies on cell death mechanisms. Thanks to the new cell system, we analyzed gene expression changes during degeneration. We found that cholesterol biosynthesis and metabolism pathways might have a crucial role in rod photoreceptor loss. Validation of the genes on the animal models shows that the mutations causing RP can trigger an imbalance in cholesterol pathways. We suggest that the cholesterol pathways can be a new target for the development of new therapeutic approaches.
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Pierini, Michela <1978&gt. "Studi di espressione genica in linfociti T di soggetti di diversa età". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2008. http://amsdottorato.unibo.it/997/1/Tesi_Pierini_Michela.pdf.

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Pierini, Michela <1978&gt. "Studi di espressione genica in linfociti T di soggetti di diversa età". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2008. http://amsdottorato.unibo.it/997/.

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Centi, Sonia. "Identificazione di pattern di espressione genica della displasia renale associata ad uropatia malformativa". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2008. http://hdl.handle.net/11577/3425156.

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Resumen
Normal kidney and urinary tract development is a complex process, regulated by a strict space-time-corrected sequential activation of a cascade of genes encoding transcription factors, growth factors, cell death/proliferation factors and adhesion molecules. An alteration disrupting this sequential gene expression may cause a defective ureteric bud-to-metanephric mesenchyme cross-talk that results in a renal and urinary tract developmental abnormality (congenital anomalies of kidney and urinary tract - CAKUT). Phenotype severity depends on the stage of nephrogenesis in which the alteration of the developmental program occurs, thus renal dysplasia is the most severe manifestation. However, little is known about CAKUT pathogenesis. The recent advent of microarray technology provided an unique tool to identify genes potentially involved in the pathogenesis of several diseases. During the first stage of this research, we applied the microarray technique to study gene expression profiles of primary renal cell cultures, using an array composed by 21329 oligonucleotides. The aim was to identify potential biomarkers of renal dysplasia. Four genes seemed to be more interesting (UPK1B, SOX11, SPRY1, MMP2). We analysed the expression of these four genes using Real Time PCR on RNA extracted from renal tissue samples of 10 patients with a histological picture of renal dysplasia and 10 with histologically normal renal tissue. Mutation analysis of SPRY1 gene, whose murine homologue is hugely involved in the regulation of GDNF growth factor's expression during ureteric branching, was carried out on 27 patients with renal duplicity. Mutation analysis identified 2 new genomic variants - whose frequency was analysed in a control population - that may be "genomic variants involved in splicing" (SpaGVs). Our research results allow to hypothesize that SPRY1 gene may be involved in the pathogenesis of kidney and urinary tract developmental diseases.
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Andalo, Alice. "Analisi quantitativa dell'espressione genica mediante real-time rt-pcr". Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amslaurea.unibo.it/8450/.

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Resumen
Il primo capitolo di questo lavoro di tesi introduce i concetti di biologia necessari per comprendere il fenomeno dell’espressione genica. Il secondo capitolo descrive i metodi e le tecniche di laboratorio utilizzate per ottenere il cDNA, il materiale genetico che verrà amplificato nella real-time PCR. Nel terzo capitolo si descrive la tecnica di real-time PCR, partendo da una descrizione della PCR convenzionale fino a delineare le caratteristiche della sua evoluzione in real-time PCR. Si prosegue con la spiegazione del principio fisico alla base della tecnica e delle molecole necessarie (fluorofori e sonde) per realizzarla; infine si descrive l’hardware e il software dello strumento. Il quarto capitolo presenta le tecniche di analisi del segnale che utilizzano metodi di quantificazione assoluta o relativa. Infine nel quinto capitolo è presentato un caso di studio, cioè un’analisi di espressione genica con real-time PCR condotta durante l’esperienza di tirocinio presso il laboratorio ICM. e delle molecole necessarie (fluorofori e sonde) per realizzarla; infine si descrive l’hardware e il software dello strumento. Il quarto capitolo presenta le tecniche di analisi del segnale che utilizzano metodi di quantificazione assoluta o relativa. Infine nel quinto capitolo è presentato un caso di studio, cioè un’analisi di espressione genica con real-time PCR condotta durante l’esperienza di tirocinio presso il laboratorio ICM.
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Larocca, Samanta. "La risposta cellulare ai diversi tipi di radiazione tramite espressione genica e radiobiologia sistemica". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2014. http://amslaurea.unibo.it/7832/.

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Resumen
Questo progetto ha confrontato gli effetti indotti da diversi tipi di radiazioni, diversa intensità delle dosi, diverso rateo di dose su sistemi cellulari differenti. In particolare sono stati seguiti due studi differenti, finalizzati all’indagine degli effetti e dei meccanismi indotti da trattamenti radioterapici su cellule in coltura. Nel primo studio -EXCALIBUR- sono stati investigati i meccanismi di induzione e trasmissione del danno a basse dosi di radiazioni, in funzione della qualità della radiazione (raggi gamma e protoni) e della dose. Cellule di glioblastoma umano (T98G) sono state irraggiate con raggi gamma e protoni a due diverse dosi (0,25 Gy e 2 Gy); in questo studio è stata valutata e analizzata la variazione di espressione genica rilevata utilizzando la tecnologia dei microarray. Per mezzo dell’analisi statistica, con due software diversi, si è osservato come nelle cellule irraggiate si attivino i geni legati alla senescenza cellulare; questo risultato è significativo, visto che potrebbe rappresentare una prospettiva terapeutica interessante per molte neoplasie. Il secondo studio –Plasma Focus- ha lo scopo di ampliare le applicazioni nel settore medicale di una sorgente radiante che produce raggi X ad altissimo rateo di dose (plasma focus). In questo studio, l’attenzione è stata posta sulla preparazione dei campioni biologici per l’irraggiamento. Cellule di adenocarcinoma mammario (MCF7) sono state coltivate in laboratorio e posizionate all’interno di appositi portacampioni pronte per essere irraggiate con raggi X ad alto e a basso rateo di dose. Per mezzo della microscopia ottica e della citometria a flusso in fluorescenza, si è osservato come un rateo di dose elevato provochi danni cellulari superiori. L’analisi quantitativa ha mostrato che, nelle cellule trattate con il plasma focus, il 18% risulti danneggiato rispetto al 7% delle cellule di controllo; con i raggi X convenzionali risulta danneggiato l'8% di cellule, rispetto al 3% delle cellule di controllo.
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Zirpoli, Hilde. "Effetto selettivo di sieri umani dislipidemici e degli acidi grassi poliinsaturi sull'espressione genica". Doctoral thesis, Universita degli studi di Salerno, 2011. http://hdl.handle.net/10556/183.

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Resumen
2008 - 2009
Serum profile, in physiological or pathological conditions, results from the whole effect of both nutritional intake and endogenous metabolism and is commonly used as diagnostic tool. Moreover individual serum components and their concentration are often related to specificity, development and progression of many metabolic diseases. Dietary fat intake strictly affects serum lipid profile and cardiovascular disease epidemiology. Fatty acids derived from diet, both saturated and polyunsaturated fatty acids, have specific and controversial effects. The underlying molecular mechanisms are numerous but partially understood, and they are related to homeostatic metabolic pathways as well gene expression effects. Consequently the aim of this project was to assess the ability of serum samples differing in content of nutritionally related lipid components to specifically affect gene expression of human hepatoma cells (HepG2). We collected 40 human sera, differing in metabolic and nutritionally relevant fatty acids, and tested their effect on hepatoma cells comparing samples from hyperlipidemic (cholesterol average 273 mg/dl) vs normolipidemic male subjects (cholesterol average 155 mg/dl). Analyzed genes were selected among those previously found modulated by lipid nutrients. Determination of fatty acids in sera showed that arachidonic acid (AA) was 88% more abundant in hypercholesterolemic subjects (p<0.01), while docosahexaneoic acid (DHA) and eicosopentanoic acid (EPA), as quota of total detected fatty acids, were significantly higher in normocholesterolemic subjects by 25% (p<0.05) and by 80% (p<0.01) respectively. Normocholesterolemic subjects had an higher n-3/n-6 fatty acids ratio (p<0.05). Hypercholesterolemic sera decreased sterol regulatory element binding protein-1c (SREBP-1c) mRNA by 40% (p<0.05). In hypercholesterolemic group ,UDP-glucuronosyltransferase-1A1 (UGT1A1) mRNA expression was significantly increased by 84% (p<0.01). Samples with higher concentrations of DHA, EPA and AA produced a higher expression of UGT1A1 mRNA. The amount of fatty acids, as c18:2, c18:3, DHA, EPA, AA, is more high in hypercholesterolemic subjects (p<0.01) and has an opposite trend compared to SREBP-1c mRNA expression (p<0.05). Our data clearly indicate that serum lipid profile is functionally linked with gene expression involved in metabolic and nutritional related conditions.[edited by author]
VIII n.s.
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Perota, A. "COSTRUZIONE DI VETTORI DI ESPRESSIONE GENICA PER LA REALIZZAZIONE DI SUINI TRANSGENICI DESTINATI AGLI XENOTRAPIANTI". Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2010. http://hdl.handle.net/2434/150110.

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Swine physiology and anatomy share many features with those of human. Stable pig stem cell lines are not available and somatic cell nuclear transfer (SCNT) is the best way to obtain transgenic litter using genetically modified somatic cells. The knock-out of α1,3-galactosyltransferase gene (GAL-/-) overcame the hyperacute rejection in swine-non human primates xenografts but to prolong the lifespan of transplanted organs, the acute vascular rejection has to be prevented inserting human genes to inhibit complement (CD55), coagulation and inflammation (CD39, EPCR and TM) cascades. The aim of our study was to obtain tetra-transgenic GAL KO cloned pigs to use in solid organ xenotranplantation programs. The activity of pCAGGS promoter and utility of 5´MAR of chicken lysozyme were successfully tested creating live cloned green fluorescent pigs. After that different expression vectors were obtained for selected human genes and a reliable screening platform was set up using PK15 transgenic colonies. GAL-/- fibroblasts were separately cotransfected with CD55Hygro+CD39 and EPCRPuro+TM expression vectors and resistant clones were efficiently selected using Western blot (WB) and Immunocitochemistry (ICC). Two live piglets (DAFne and Aretusa) were obtained using one GAL-/-/CD55+ colony and CD55 expression was widely characterized by WB, ICC, Immunohystochemistry and FACS in all analysed tissues and organs. One GAL-/-/CD55+CD39+ stillborn piglet (090210) was achieved but expression of CD55 and CD39 was maintained only in muscles. Instead, no pregnancies were obtained using EPCR+TM+ colonies. These results suggested us that strong expression of: CD55 is compatible with life of cloned piglets and it has cytoprotective effects on endothelial cells; CD39 has lethal anticoagulant effects; EPCR and TM are lethal for cloned embryos aborted after 45 days of pregnancy. Tissue-specific or inducible promoters will be used in order to obtain better cloning efficiency.
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DAINI, ELEONORA. "H3.3A e H3.3B: distribuzione regionale ed espressione cellulare delle isoforme della variante istonica H3.3 in diverse condizioni fisiologiche". Doctoral thesis, Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, 2020. http://hdl.handle.net/11380/1201000.

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Resumen
Le varianti istoniche svolgono un ruolo fondamentale nel complesso scenario dell’epigenetica e del rimodellamento della cromatina; l’evidenza della loro incorporazione replicazione-indipendente all’interno della cromatina e di un turnover rapido hanno recentemente portato a ipotizzare un loro coinvolgimento nella fisiopatologia e plasticità del sistema nervoso centrale (SNC), ma rimane ancora da chiarire quale parte svolgano in questi processi. La variante istonica H3.3, altamente espressa nel cervello, è codificata da due diversi geni chiamati H3f3a e H3f3b. Sebbene le proteine che ne derivano, rispettivamente H3.3A e H3.3B, siano identiche, inattivando H3f3b si genera un fenotipo più grave rispetto a H3f3a, il che suggerisce la mancanza di una completa sovrapposizione funzionale. Questi diversi fenotipi potrebbero derivare da una diversa espressione cellulo-specifica e distribuzione regionale nel SNC delle due isoforme. Al fine di comprendere il ruolo funzionale dell’espressione della variante H3.3 nel SNC è necessario dunque chiarire la localizzazione e l'espressione cellulare delle due isoforme. Questo consentirà di definire se il turnover di H3.3A e H3.3B, singolarmente o insieme, è alla base di processi neuroplastici e alterazioni funzionali in specifici circuiti neuronali. In questo progetto di tesi sono stati usati topi H3.3A (WT/HA-fH3.3A) e H3.3B (WT/HA-fH3.3B) che esprimono un tag di emoagglutinina (HA) per eseguire un'analisi dettagliata della distribuzione delle isoforme di H3.3, nelle regioni di sostanza bianca e grigia del SNC, tramite immunoistochimica (IHC) semi-quantitativa. È stata inoltre valutata l’espressione cellulo-specifica di queste proteine mediante l’utilizzo di anticorpi diretti contro microglia, astrociti, oligodendrociti e neuroni grazie a tecniche di doppia immunofluorescenza e microscopia confocale ad alta risoluzione. H3.3A e H3.3B hanno una differente distribuzione nel SNC, per entrambe molto diffusa ma eterogenea, e, per quanto riguarda la loro espressione cellulare, sono per la maggior parte, ma non esclusivamente, espresse dai neuroni. Tecniche innovative quali la chiarificazione dei tessuti e la microscopia a foglio di luce hanno permesso di ottenere una visione d’insieme della localizzazione delle isoforme di H3.3 nell’intero cervello. Abbiamo infine studiato i possibili cambiamenti nell’espressione di H3.3 in diverse condizioni fisiologiche, quali l’invecchiamento e l’esposizione ad ambiente arricchito, una procedura che mima gli effetti neurotrofici e neuroprotettivi di un livello elevato di istruzione negli uomini. In quest’ultimo modello, è stato osservato un incremento nell’espressione di H3.3B in specifiche aree cerebrali e specifici tipi cellulari. I nostri risultati descrivono per la prima volta la precisa distribuzione regionale ed espressione cellulare delle due isoforme di H3.3 nel SNC di topo così come i loro cambiamenti in varie condizioni fisiologiche. Questo studio apre la strada alla generazione di topi knock-out condizionali per specifiche popolazioni cellulari al fine di comprendere il contributo delle isoforme di H3.3 in specifici circuiti cerebrali.
Histone variants play a fundamental role in the complex scenery of epigenetic dynamics and chromatin remodelling; their replication-independent incorporation into chromatin and rapid turnover have recently suggested their involvement in central nervous system (CNS) pathophysiology and plasticity, though their precise role is still to be elucidated. The H3.3 histone variant, highly expressed in the brain, is encoded by two different intron-containing genes namely H3f3a and H3f3b. Although the coded proteins, H3.3A and H3.3B respectively, are identical, knocking out H3f3b generates a more severe phenotype compared to H3f3a, suggesting the lack of a complete functional overlap. This different impact may derive from a differential cell-type expression and regional distribution in the CNS. In order to investigate the functional role of H3.3 variant expression in the CNS it is therefore necessary to clarify the localization and cellular expression of the two isoforms. This will permit to define whether H3.3A and H3.3B turnover, alone or together, participates to molecular mechanisms that lead to neuroplasticity in specific neuronal circuits and associated functions. In this project, hemagglutinin (HA)-tagged H3.3A (WT/HA-fH3.3A) and HA-tagged H3.3B (WT/HA-fH3.3B) mice were used to perform a detailed analysis of H3.3 isoform distribution in CNS white and grey matter regions, by using semi-quantitative immunohistochemistry (IHC). Moreover, cell-specific expression of these proteins was assessed by using specific antibodies against microglia, astrocytes, oligodendrocytes and neurons through double immunofluorescent (IF) stainings and high-resolution confocal microscopy. H3.3A and H3.3B have a widespread though different region-specific distribution and, as concerns their cellular expression, they are mostly, though not exclusively, expressed by neurons. Innovative techniques such as tissue clearing and lightsheet microscopy allowed us to obtain an overall view of H3.3 isoform distribution in the whole brain. Finally, we investigated the possible changes in H3.3 expression in various physiological conditions, including ageing and exposure to an enriched environment, a procedure that models the neurotrophic and neuroprotective impact of high educational attainment in humans. In this latter model, an increased expression of H3.3B variant in specific brain areas and cell types was observed. Our results demonstrate for the first time a different regional distribution and cellular expression of the two H3.3 isoforms in the mouse CNS as well as their changes in various physiological conditions. This opens up a path to the generation of cell-population specific conditional knock-out mice to elucidate H3.3 isoform contribution to the function of precise cerebral circuits.
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Rossi, Samantha. "Espressione genica di Lactobacilullus paracasei A13 esposto a livelli sub-letali di alte pressioni di omogeneizzazione". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2017. http://amslaurea.unibo.it/14376/.

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Resumen
L’obiettivo della mia tesi è stato quello di valutare gli effetti delle alte pressioni di omogeneizzazione sulla vitalità, idrofobicità, modulazione degli acidi grassi di membrana e la risposta genica, legata soprattutto alla biosintesi di acidi grassi, di Lactobacillus paracasei A13 quando sottoposto a trattamenti ad alta pressione di omogeneizzazione compresi tra 50 e 200 MPa. I dati di carico cellulare, registrati anche dopo trattamento a 200 MPa, hanno dimostrato che Lb. paracasei A13 è fortemente baro tollerante. Inoltre, il trattamento iperbarico induce un incremento di idrofobicità del ceppo, soprattutto quando trattato a 150 MPa, influenzando potenzialmente in modo positivo l’interazione tra il microrganismo oggetto di studio e l’intestino dell’ospite. I dati riguardanti gli acidi grassi hanno dimostrato che la membrana cellulare, ritenuta uno dei bersagli più suscettibili alla pressione, è in grado di rispondere agli stress sub letali provocati dal trattamento iperbarico. In particolare, all’aumentare della pressione, aumenta il grado d’insaturazione della membrana, accompagnato anche da un incremento degli acidi grassi ciclici, da una riduzione della catena carboniosa degli acidi grassi C12, 13, 14 e da una diminuzione degli idrossiacidi, giustificata con la ben nota capacità di molti batteri lattici di trasformarli, in condizioni di stress, in molecole quorum sensing quali ad esempio i furanoni. I dati relativi allo studio di specifici geni, indicano chiaramente una iperespressione dei geni fabH e fabD, responsabili delle prime fasi di biosintesi degli acidi grassi. Pertanto, la loro significativa iperespressione a 150 e 200 MPa rende ragione del significativo incremento di acidi grassi a corta catena registrato in tali condizioni. Anche il significativo aumento degli acidi grassi insaturi può essere spiegato attraverso l’incremento di espressione di fabF e fabZ responsabili dell’introduzione di doppi legami nella catena carboniosa.
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Silvestrini, Andrea. "Espressione genica e stato fisiologico di Listeria monocytogenes Scott A in relazione all'alta pressione di omogeneizzazione". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2018.

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Resumen
Nel lavoro sperimentale presentato in questa tesi di laurea, è stato valutato l’effetto delle alte pressioni di omogeneizzazione applicate a diversi livelli e ripetute o meno per più cicli su una sospensione cellulare di Listeria monocytogenes, in termini di vitalità, stato fisiologico delle diverse frazioni della popolazione di cellule ed espressione di geni coinvolti nella patogenicità (flaA, bsh, inlA), nella risposta generale allo stress (opuCA e cspL) e nei meccanismi di trasporto dei nutrienti (opuCA). I livelli di pressione applicati hanno mostrato che L. monocytogenes, pur mantenendo elevati carichi cellulari, mette in atto, all’aumentare della pressione, una modulazione dell’espressione di geni coinvolti sia nella virulenza (flaA, bsh, inlA) che nella risposta generica agli stress (opuCA, cspL). In particolare, trattamenti a 25 e 100 MPa hanno portato ad una sostanziale stimolazione della patogenicità. Diversamente, i trattamenti iperbarici a 100 MPa ripetuti, determinano una sostanziale diminuzione della virulenza cellulare. Per quanto riguarda i geni coinvolti nei meccanismi di risposta generale, è stata riscontrata una sottoespressione del gene cspL e una sovraespressione del gene opuCA. Grazie all’utilizzo della citometria di flusso, sono stati inoltre evidenziati i cambiamenti fisiologici delle cellule di L. monocytogenes quando sottoposte a trattamenti iperbarici crescenti. Questi dati forniscono inoltre indicazioni interessanti per il trasferimento a livello industriale di questa tecnologia. Infatti, i dati di espressione genica indicano chiaramente che occorre applicare pressioni superiori a 100 MPa per più cicli per evitare di incrementare la virulenza del batterio.
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SAVINETTI, ILENIA. "Specific Signatures in Peripheral Blood Monocytes Stratify Multiple Sclerosis Patients Phenotypes". Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2022. http://hdl.handle.net/10281/365445.

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Resumen
La Sclerosi Multipla (MS) è una patologia autoimmune cronica che colpisce il sistema nervoso centrale (SNC) determinando demielinizzazione. I principali fenotipi patologici sono Recidivante-Remittente (RRMS) e Primariamente Progressiva (PPMS) – quest’ultima è la forme più grave. Ajami B. et al. hanno dimostrato che nel modello murino affetto da Encefalomielite (EAE) - il modello animale di MS- vi è una forte correlazione tra la presenza di monociti a livello del SNC ed il peggioramento dei sintomi motori tipici della malattia. Partendo da queste evidenze , per il nostro studio sono stati prelevati campioni di sangue da HC, RRMS e PPMS -tutte femmine- per poi isolare i monociti CD14+. Su tali campioni sono stati condotti esperimenti microarray e successivamente qRT-PCR. L’analisi bioinformatica ha evidenziato che gli RRMS si distribuivano formando due gruppi: un gruppo (RR1) si distribuiva similmente agli HC, l’altro (RR2) si distribuiva similmente ai PPMS. Dalla Gene Ontology è emerso che i processi biologici maggiormente deregolati erano quelli di Infiammazione e Colesterolo. In aggiunta a questi pazienti, è stata validata tramite qRT-PCR una seconda coorte di RRMS e PPMS. La validazione tramite qRT-PCR ha confermato che i geni coinvolti nella biosintesi del colesterolo sono deregolati nei pazienti di entrambe le coorti, ma con specifiche differenze basate sul paziente. Infatti, sia per gli RRMS che per i PPMS si sono potute apprezzare differenze nei livelli di espressione dello stesso gene anche tra i pazienti con lo stesso fenotipo clinico. Questa deregolazione a livello metabolico, ha permesso di ipotizzare che i monociti di questi pazienti possano avere un fenotipo concordante con la Trained Immunity (TI), recentemente scoperta. Per TI si intende la memoria dell’immunità innata: monociti venuti in contatto con uno stimolo primario conserverebbero memoria di tale “incontro” reagendo in maniera più violenta ad una seconda stimolazione come potrebbe essere uno stimolo infiammatorio. Il primo stimolo può essere indifferentemente un vaccino o molecole come mevalonato (intermedio della biosintesi del colesterolo), β-Glucano e LDL ossidato (oxLDL). Per verificare questa ipotesi abbiamo testato l’espressione di geni che possono essere coinvolti nella TI, tra cui CD36, SR-A, OLR1 – collegati all’oxLDL- NLRP3, DECTIN-1 (codifica per il recettore del β-Glucano) e KDM6B (legato a modificazioni epigenetiche). I più deregolati sono risultati essere OLR1 e DECTIN-1, ma in modo diverso tra le due coorti. In particolare, la coorte 1 risulta più deregolata. Per quanto riguarda il pathway infiammatorio, invece, non è stata osservata la stessa deregolazione nella coorte 1 e nella coorte 2. La coorte 1 è risultata tendenzialmente più infiammata rispetto alla coorte 2, in particolare per i geni TNFα, CXCL2, CXCL3 e CXCL8. A seguito di questi risultati molecolari, si è proceduto con la messa a punto di un possibile modello in vitro. Stimolando ThP1 (monociti umani immortalizzati) con LPC (componente principale dell’oxLDL) si è osservata una corrispondente up-regolazione sia dei geni del colesterolo che dei geni infiammatori (NLRP3, TNFα), confermando di fatto che Infiammazione e Colesterolo viaggiano di pari passo. Per finire, sui pazienti della coorte 1 analizzati con microarray, è stata effettuata l’analisi del miRnoma che ha identificato miRNA collegati ai geni del colesterolo. Alla luce di questi risultati, dove è stato possibile caratterizzare meglio la coorte 1 che la coorte 2, e date le differenze riscontrate anche tra pazienti dello stesso fenotipo clinico di MS, si suggerisce un approccio di tipo personalizzato partendo da una signature molecolare, in modo da definire il profilo di ogni paziente. Inoltre, questo studio suggerisce che per almeno dei sottotipi di pazienti con MS, un trattamento con statine potrebbe essere un importante aiuto nel miglioramento dei sintomi.
Multiple Sclerosis (MS) is a chronic autoimmune disease that affects the central nervous system (CNS) leading to demyelination. The main pathological phenotypes are Relapsing-Remitting (RRMS) and Primary Progressive (PPMS) - the latter being the most severe form. Ajami B. et al. have shown that in the mouse model affected by Encephalomyelitis (EAE) - the animal model of MS- there is a strong correlation between the presence of monocytes at the level of the CNS and the worsening of the motor symptoms typical of the disease. Based on this evidence, blood samples from HC, RRMS and PPMS -all female- were collected for our study and CD14+ monocytes were isolated. Microarray experiments were conducted on these samples and subsequently qRT-PCR was performed. Bioinformatics analysis showed that RRMS distributed in two groups: one group (RR1) had similar trend to HC, the other group (RR2) had similar trend to PPMS. Gene Ontology showed that the most deregulated biological processes were those of Inflammation and Cholesterol. In addition to these patients, a second cohort of RRMS and PPMS was validated by qRT-PCR. Validation by qRT-PCR confirmed that the genes involved in cholesterol biosynthesis were deregulated in patients of both cohorts, but with specific patient-based differences. In fact, for both RRMS and PPMS, differences in expression levels of the same gene could be appreciated even among patients with the same clinical phenotype. This deregulation at the metabolic level, allowed us to hypothesize that the monocytes of these patients may have a phenotype consistent with the recently discovered Trained Immunity (TI). By TI is meant the memory of innate immunity: monocytes come into contact with a primary stimulus would retain memory of such "encounter", reacting more violently - and in the case of Multiple Sclerosis in an autoimmune way - to a second stimulation as could be an inflammatory stimulus. The first stimulus may be either a vaccine or molecules such as mevalonate (intermediate cholesterol biosynthesis), β-Glucan, and oxidized LDL (oxLDL). To verify this hypothesis, we tested the expression of genes that may be involved in IT, including CD36, SR-A, OLR1 - linked to oxLDL- NLRP3 and DECTIN-1 (the latter is the β-Glucan receptor). The most deregulated were OLR1 and DECTIN-1, but in a different way between the two cohorts. In particular, cohort 1 is more deregulated. For inflammatory pathways, however, the same deregulation was not observed in cohort 1 and cohort 2. Cohort 1 tended to be more inflamed than cohort 2, particularly for TNFα, CXCL2, CXCL3 and CXCL8 genes. Following these molecular results, a possible in vitro model was developed. By stimulating Thp1 (immortalized human monocytes) with LPC (main component of oxLDL) a corresponding up-regulation of both cholesterol genes and inflammatory genes (NLRP3, TNFα) was observed, confirming that inflammation and cholesterol travel hand in hand. Finally, on cohort 1 patients analyzed with microarrays, miRNome analysis was carried out and identified miRNAs related to cholesterol genes. In view of these findings, where cohort 1 has been better characterized than cohort 2, it is suggested a personalized approach starting from a molecular signature, in order to define the profile of each patient. In addition, this study suggests that for at least subtypes of patients with MS, statin treatment could be an important aid in improving symptoms.
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FABBRI, Matteo. "LESIONI DI INTERESSE MEDICO-LEGALE: ESPRESSIONE DI MARCATORI miRNA NEL SOLCO CUTANEO DI SOGGETTI IMPICCATI". Doctoral thesis, Università degli studi di Ferrara, 2021. http://hdl.handle.net/11392/2488203.

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Resumen
La datazione cronologica di una ferita rappresenta una delle sfide più difficili ed affascinanti per il patologo forense. In modo particolare, proprio quando viene chiesto allo stesso di stabilire la vitalità di una lesione cutanea in quanto, proprio nelle prime fasi del processo di rigenerazione, gli esami istologici ed immunoistochimici tradizionali potrebbero non fornire solide prove oggettive. In conseguenza di ciò, negli anni, sono stati compiuti numerosi studi coinvolgenti le numerose molecole biologiche coinvolte nel processo di riparazione delle ferite, allo scopo di identificare biomarcatori sempre più affidabili e proprio nelle fasi precoci del processo di guarigione. Inoltre, i predetti studi hanno visto l’applicazione di tecniche avanzate, allo scopo di produrre dati accurati e robusti. In relazione al fatto che i microRNA (miRNAs) svolgono un ruolo fondamentale nella regolazione dell'espressione di proteine chiave coinvolte nella risposta infiammatoria, si è proceduto a verificare sperimentalmente se l'espressione di alcuni miRNA specifici risultasse essere modificata proprio analizzando da un punto di vista molecolare il solco (abrasione classica determinata dal materiale utilizzato per la produzione del cappio) prodotto nella morte per impiccagione. Allo stesso tempo, è stato dimostrato come l'esame grossolano ed istologico di tali lesioni possa in alcune circostanze risultare inaffidabile ed indurre in errore il patologo forense a concludere sul fatto che possano essere determinati da sospensione o sospensione post mortem del corpo. L’obiettivo dello studio proposto è stato quello di studiare l'espressione di un pannello di miRNA in campioni di pelle derivati da casi autoptici di morte per impiccamento, allo scopo di comprendere e differenziare se tali lesioni si fossero verificate prima o successivamente rispetto alla morte del soggetto. I campioni utilizzati nel presente studio (cute del solco e campioni di controllo) erano rappresentati da sezioni trasversali di 1.5-4.0 cm di tessuto, prelevate durante le procedure autoptiche. Sono stati prelevati un totale 39 campioni di cute del solco in soggetti la cui causa di morte è stata riconosciuta quale asfissia meccanica acuta da impiccamento (13 conservati in congelatore, 26 fissati in formalina e inclusi in paraffina). A questi 39 campioni si aggiungono 15 controlli di cute sana (9 prelevati dalla regione addominale di 9 dei soggetti deceduti per impiccamento, 6 dalla stessa regione di soggetti deceduti per altra causa). L’ estrazione dei miRNAs è stata condotta utilizzando i kit miRNeasy mini® e RNeasy FFPE® kit (Qiagen®). La fase di retrotrascrizione delle molecole di miRNA è stata operata utilizzando il kit miScript II RT (Qiagen®). I risultati ottenuti hanno mostrato un aumento statisticamente significativo dell'espressione dei miRNA riconosciuti quali regolatori della risposta infiammatoria in lesioni cutanee e rappresentati da miR125a-5p e miR125b-5p. Lo studio ha mostrato un aumento statisticamente significativo, in termini di espressione genica, per i marcatori identificati nel miR-125a-5p e miR-125b-5p. Inoltre, è stata osservata un’iper-espressione per i marcatori miR-150-5p, miR-126-3p, miR-16-5p, miR-195-5p, miR-23-3p, miR-let7a-3p (p<0,01) e miR-let7d-3p, miR-let7c-3p, miR-let7e-3p, miR-222-3p, miR-214-3p, miR-205-5p, miR-92a-3p, miR-103a-3p (p<0,05). I risultati ottenuti hanno mostrato un aumento statisticamente significativo dell'espressione dei miRNA riconosciuti quali regolatori della risposta infiammatoria in lesioni cutanee e rappresentati da miR125a-5p e miR125b-5p.
Wound age evaluation is one of the hardest challenges for the forensic pathologist when asked to establish the vitality of a skin lesion since, especially at the very beginning of the healing process, traditional histological and immunohistochemical examinations may not provide solid objective evidence. Consequently, research into the numerous biological substances involved in the process of wound repair has been carried out over the years to identify increasingly reliable biomarkers even in the very early stages of the healing process and advanced techniques have been applied to generate data with enhanced accuracy and objectivity. Since miRNAs play a pivotal role in regulating the expression of key proteins that control the complex inflammatory response and since, after wounding, the mRNA levels of cytokines and enzymes typically change sooner than protein levels and the histomorphology, we proceeded to investigate whether the expression of some selected miRNAs was modified in ligature marks (patterned abrasion caused by ligature material) in death by hanging. At the same time, we acknowledged that gross and histological examination of these marks may sometimes be unreliable and may mislead the forensic pathologist into concluding as to whether they are due to hanging or post-mortem suspension of the body. In this study, the expression of a panel of miRNAs was investigated in skin specimens derived from autopsy cases of death due to hanging, to clarify and to discuss their significance in assessing whether hanging marks and signs occurred before or after the death of the victim. Specimens (hanging marks and control skin), corresponding to skin cross-sections of 1.5 to 4.0 cm, were collected during medico-legal autopsies. A total of 39 skin samples from ligature marks and 15 samples from non-injured skin of subjects who had died by suicidal hanging were analyzed. To further assess the possible effects of degradation on miRNA profiling success, 26 skin samples from hanging ligature marks, formalin-fixed and paraffin-embedded (FFPE) before use, were collected for the study. Specimens were extracted using the miRNeasy Mini kit (Qiagen®) and miRNeasy FFPE kit (Qiagen®) according to the manufacturer’s protocols. Multiplexed cDNA synthesis was performed using the miScript II RT kit® (Qiagen®). The study showed a statistically significant increase, in term of expression, for miR-125a-5p and miR-125b-5p. Furthermore, miR-150-5p, miR-126-3p, miR-16-5p, miR-195-5p, miR-23-3p, miR-let7a-3p (p<0.01) and miR-let7d-3p, miR- let7c-3p, miR-let7e-3p, miR-222-3p, miR-214-3p, miR-205-5p, miR-92a-3p, miR-103a-3p (p<0.05) were also overexpressed. The results obtained showed an increase in the expression of miRNAs recognized as regulators of the inflammatory response in skin lesions such as miR125a-5p and miR125b-5p. Furthermore, overexpression of additional miRNAs (miR214a-3p, miR128-3p, miR130a-3p, miR122-5p and miR92a-3p) with anti-inflammatory activity was highlighted; however, it was possible to document a statistical significance compared with control skin samples only for miR214a-3p, miR130a-3p and miR92a-3p.
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Bertelli, Luca <1980&gt. "Studio monocentrico sui cambiamenti globali dei profili di espressione genica in bambini con Sindrome delle apnee ostruttive nel sonno". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2017. http://amsdottorato.unibo.it/7914/1/Bertelli_Luca_tesi.pdf.

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Background: La Sindrome delle apnee ostruttive del sonno (OSAS) è una malattia in cui possono essere coinvolti sia fattori genetici che ambientali. Se non trattata, può portare a significativa comorbidità cardiovascolare, neurocognitiva e comportamentale. Abbiamo ipotizzato che OSAS pediatrica potrebbe determinare cambiamenti nell’espressione genica. Metodi e risultati: Il profilo di espressione genica è stato valutato utilizzando i chip Human Transcriptome Arrays (HTA) per identificare i geni che possono essere regolati in modo differenziale nei bambini non obesi con OSAS rispetto ai controlli sani. Campioni di sangue di 12 bambini (6 OSAS e 6 controlli) sono stati prelevati e studiati. Specifici geni infiammatori (IL5RA, PDK4, HRH4, CLC4, IL1RL1) sono risultati essere differenzialmente espressi essendo up-regolati. Pathways biologici pertinenti ai geni differenzialmente espressi sono stati esplorati e hanno rivelato il coinvolgimento e l’attivazione di vie infiammatorie. Conclusioni: Il nostro studio ha evidenziato una up-regulation di geni pro-infiammatori nei casi affetti da OSAS rispetto ai controlli sani. Questa espressione aumentata induce un'attivazione di pathways cellulari specifici quali la risposta infiammatoria nel suo complesso e nelle sue componenti più specifiche come la chemiotassi. I nostri risultati confermano come si debba considerare OSAS come un “low-grade inflammatory disease”, condizione che comporta una comorbidità sistemica rilevante (metabolica, cardiovascolare e neuro-comportamentale), data la robusta relazione tra lo stato pro-infiammatorio e le sequele sistemiche a lungo termine.
Background: Obstructive sleep apnea (OSAS) is a multi-factorial and highly prevalent disorder in which both genetic and environmental factors may be involved. If left untreated, OSA may lead to significant cardiovascular and neurocognitive and behavioral morbidities. We hypothesized that pediatric OSAS would lead to altered gene expression. Methods and results: Gene expression profile was studied through chip Human Transcriptome Arrays (HTA) to identify genes that may be differentially regulated in non-obese children with polysomnographically-established OSAS compared to matched control children. Total morning blood samples from 12 children (6 OSAS and 6 controls) were extracted and studied. Specific inflammatory genes (IL5RA, PDK4, HRH4, CLC4, IL1RL1) resulted differentially expressed being up-regulated. Biological pathways pertinent to the differentially expressed genes were explored and revealed prominent involvement of inflammatory pathways. Conclusions: The study confirms the presence of altered expression of functionally relevant gene clusters and the activation of specific inflammatory pathways in pediatric OSAS. Pediatric OSAS could be considered as a low grade inflammatory disease with significant cardiovascular and neurocognitive and behavioral morbidities
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CASTELLANO, SARA. "Sviluppo di un modello computazionale di analisi di espressione genica per la stratificazione del rischio in pazienti con mielofibrosi". Doctoral thesis, Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, 2022. http://hdl.handle.net/11380/1278340.

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La mielofibrosi primaria (PMF), la policitemia vera (PV) e la trombocitemia essenziale (ET), appartengono al gruppo di tumori ematologici correlati denominati neoplasie mieloproliferative classiche Philadelphia negative (MPNs). PV e ET possono evolvere in mielofibrosi (MF), dando origine a MF post-PV (PPV-MF) e post-ET (PET-MF), che sono entrambe definite come MF secondarie (SMF). Nonostante le differenze, i pazienti con PMF e SMF sono gestiti nello stesso modo e la stratificazione del rischio si basa perlopiù su caratteristiche cliniche e mutazioni driver. Nessuno dei modelli esistenti per MF (es. DIPSS e MIPSS70) integra dati trascrittomici. D'altra parte, negli ultimi anni l’interesse verso la capacità dei profili di espressione genica (GEP) di fornire informazioni prognostiche è aumentato. Diversi studi hanno dimostrato che i GEP possono migliorare la classificazione del rischio in altre neoplasie ematologiche. Pertanto, si evidenzia la necessità di migliorare la caratterizzazione trascrittomica della MF al fine di aggiungere robustezza ai sistemi di scoring attualmente usati. Lo scopo principale di questo progetto era quello di identificare una firma molecolare e di costruire un modello di classificazione robusto per distinguere pazienti con MF ad alto rischio, con una sopravvivenza globale inferiore, da pazienti a basso rischio. Abbiamo analizzato i GEP di granulociti isolati da 114 pazienti con MF. La regressione di Cox ha portato all'identificazione di 832 trascritti correlati con la sopravvivenza, caratterizzanti i pazienti ad alto rischio di morte. Nearest shrunken centroids, iterazioni successive e k-fold cross-validation sono stati utilizzati per costruire, ottimizzare e convalidare un modello di classificazione, ottenendo un modello finale basato su 273 trascritti. La classificazione dei 114 campioni ha prodotto 54 campioni ad alto rischio (HR) e 60 campioni a basso rischio (LR). I pazienti HR hanno mostrato sopravvivenza globale e libera da leucemia inferiore. È stato osservato un arricchimento, nel gruppo HR, di caratteristiche cliniche e molecolari dannose incluse nei modelli prognostici attuali. Diversi pazienti low e intermediate-1 secondo gli score prognostici attuali, ma HR secondo il nostro modello, sono deceduti o hanno subito una trasformazione leucemica in un tempo inferiore rispetto alla sopravvivenza mediana di riferimento. Inoltre, il nostro modello ha mostrato buone prestazioni nel distinguere pazienti HR e LR nelle categorie intermedie di DIPSS e MIPSS70. È interessante notare che le classi di rischio intermedio rappresentano le categorie di pazienti più complesse, per le quali è più difficile determinare la strategia terapeutica ottimale. In aggiunta, per valutare se il nostro modello è in grado di migliorare il potere prognostico dei sistemi di scoring attuali, abbiamo progettato due nuovi modelli combinati, integrando le informazioni provenienti dalla nostra classificazione basata su GEP all'interno di due score esistenti (DIPSS e MIPSS70). Per confrontare i modelli è stato usato il criterio d'informazione di Akaike (AIC). È risultato che entrambi i nuovi modelli hanno mostrato valori di AIC migliori rispetto a DIPSS e MIPSS70 da soli. Nel complesso questi risultati dimostrano che i GEP nei pazienti con MF correlano con le loro caratteristiche molecolari e cliniche, in particolare con la loro sopravvivenza. Suggerendo, così, che la valutazione dei GEP dei granulociti può migliorare l'inquadramento prognostico attraverso l’identificazione di sottogruppi di pazienti caratterizzati da prognosi sfavorevole, che possono essere indirizzati verso l’opzione terapeutica più appropriata. Questi risultati dovrebbero essere validati in un dataset indipendente per confermarne il potere predittivo.
Primary myelofibrosis (PMF), together with polycythemia vera (PV) and essential thrombocythemia (ET), belongs to the group of related hematologic cancers named classic Philadelphia-negative myeloproliferative neoplasms (MPNs). PV and ET can evolve to myelofibrosis giving rise to post-PV (PPV-MF) and post-ET (PET-MF) myelofibrosis, which are both defined as secondary myelofibrosis (SMF). Despite the differences, PMF and SMF patients are currently managed in the same way, and risk stratification is based mainly on clinical features and the presence of driver mutations. None of the existing models for MF (e.g. DIPSS, MIPSS70) integrates transcriptomic data. On the other hand, interest has grown in the last few years concerning the ability of gene expression profiles (GEPs) to provide valuable prognostic information. Several studies demonstrated that GEP can improve risk classification in other hematologic malignancies. Therefore, there is a need to better characterize the transcriptomic profile of myelofibrosis in order to add more robustness to the current scoring systems. The main scope of this project was to identify a molecular signature and to build a robust classification model able to distinguish “high risk” MF patients with inferior overall survival from “low risk” ones. We analyzed the gene expression profiles of granulocytes isolated from 114 patients with MF. Cox regression analysis led to the identification of a list of 832 survival-related transcripts characterizing patients who are at high risk for death. Nearest shrunken centroids, subsequent iterations, and k-fold cross-validation were used to build, optimize and validate a classification model, obtaining a final model based on 273 transcripts. Classification of the 114 samples of our dataset with this model resulted in 54 high-risk and 60 low-risk samples. High-risk patients displayed an inferior overall survival and leukemia-free survival. In addition, we observed significant enrichment, within the high-risk group, of clinical and molecular detrimental features included in contemporary prognostic models. Strikingly, several patients belonging to the low and intermediate-1 categories of existing prognostic scores were classified as high-risk with our model. These patients were deceased or leukemia transformed earlier than the prognostic class reference median survival. Moreover, our model showed good performance particularly in distinguishing high-risk and low-risk patients within DIPSS and MIPSS70 intermediate categories. It is noteworthy that intermediate-risk classes represent the most challenging patients’ categories, for whom determining the optimal therapeutic strategy is more difficult. Additionally, to assess if our model was able to improve the prognostic power of current scoring systems, we designed two new combined models by integrating information from our gene expression-based classification within two existing scores (DIPSS and MIPSS70). The Akaike information criterion (AIC) score was used to compare models for prediction of survival. It turned out that both our new combined models showed better AIC values than DIPSS and MIPSS70 alone. Overall, these results demonstrate that GEPs in MF patients correlate with their molecular and clinical features, particularly their survival. Thus suggesting that the evaluation of granulocytes’ gene expression profiles can improve prognostication, particularly with the identification of MF patients’ subgroups characterized by poor prognosis, allowing these patients to be directed towards the most appropriate therapeutic option. These results should be validated in an independent dataset to confirm their predictive power.
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Manfrin, Chiara. "Alterazione dell'espressione genica in mitili contaminati con acido Okadaico e Dinofisitossine". Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2011. http://hdl.handle.net/10077/4580.

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Resumen
2009/2010
Gli aumenti stagionali delle temperature dei mari sono tra le condizioni ottimali di crescita per i Dinoflagellati, i quali possono raggiungere elevate concentrazioni nella colonna d’acqua e negli organismi filtratori come in Mytilus galloprovincialis. Alcuni dinoflagellati, comunemente Dinophysis e Prorocentrum spp., sono conosciuti produttori di acido okadaico (OA) e dei suoi analoghi che sono responsabili della sindrome diarroica (Diarrheic Shellfish Poisoning (DSP)) nell’uomo. Quando i livelli delle tossine DSP nei mitili eccedono i 16 μg su 100 g di polpa, le mitilicolture vengono chiuse e le vendite dei molluschi sono bloccate. Risulta chiaro che nonostante non siano mai state registrate mortalità negli uomini o nei mitili, gli eventi DSP provocano importanti problemi sanitari ed economici in tutto il settore dell’acquacoltura. Questo lavoro suddiviso in 3 parti ha, dapprima sondato l’applicabilità di metodiche molecolari, quali l’impiego di un microarray (MytArray 1.0) e le validazioni in PCR real time quantitativa (qRT PCR), per la rilevazione delle modifiche dei profili trascrizionali indotte dalla presenza delle biotossine DSP. Questa prima parte ha fornito una lista di geni attivati o silenziati nel corso di un esperimento durato 35 giorni in mitili mantenuti a condizioni costanti e contaminati con OA. Sebbene le condizioni di mantenimento non rappresentino le situazioni alle quali i mitili sono sottoposti in natura, ciò ha permesso un’analisi preliminare dei putativi effetti indotti dall’acido okadaico (OA). L’insieme dei trascritti differenzialmente espressi ha consentito di avere una panoramica di quelli che sono i pattern molecolari maggiormente influenzati dalla presenza della biotossina. Al fine di validare i risultati ottenuti dalle ibridazioni sul MytArray 1.0 e per poter individuare putativi biomarker di OA si è proceduto a validare alcuni trascritti attraverso qRT PCR. Questa analisi ci ha consentito di osservare i livelli di espressione dei singoli trascritti selezionati e non ultimo di validare o meno i risultati ottenuti dal MytArray 1.0. La disponibilità dei Dott Zanolin e Franceschini ha reso possibile sondare i trascritti ritenuti putativi marker di OA in campioni naturalmente contaminati. 14 trascritti sono stati analizzati nei campioni provenienti da varie zone del Golfo di Trieste. Questa seconda parte del lavoro è stata indispensabile e scientificamente necessaria per poter discriminare i trascritti differenzialmente espressi a seguito della presenza di tossine DSP o a causa del mantenimento in condizioni controllate dei mitili, nell’esperimento iniziale. L’individuazione di pattern molecolari comuni ai campioni naturalmente contaminati e raccolti in anni diversi e ai profili di espressione ottenuti nello studio iniziale, è un punto di partenza interessante per la ricerca indirizzata all’individuazione di un set di trascritti attivati in modo specifico dalla presenza di tossine DSP e rafforza la validità dell’utilizzo di approcci molecolari negli studi di biomonitoraggio ambientale. Non ultimo l’analisi dei trascritti proteici che costituisce un altro aspetto importante della ricerca volta all’individuazione di trascritti attivati e specificatamente correlati alla presenza di tossine DSP. La sinergia dei metodi di rilevamento applicati di routine per l’accertamento della presenza di biotossine, supportato da metodiche di indagine genetica o estese al trascrittoma dell’organismo oggetto di studio, permetterebbero l’individuazione di contaminazioni a livelli sicuramente inferiori rispetto a quelli che sono i limiti di sensibilità dei test oggi applicati. L’applicazione di metodiche molecolari di questo tipo è d’uso crescente in analisi di biomonitoraggio ambientale supportando la validità e la robustezza dei risultati che questi approcci forniscono. In un lasso relativamente breve di 3 anni è stato possibile ottenere e validare un set di risultati correlati alla risposta genica del mitilo sottoposto a contaminazione con tossine DSP. Le problematiche connesse agli eventi di DSP nel nostro Golfo, legato alle pesanti perdite economiche che derivano dalle chiusure delle mitilicolture in alcuni periodi dell’anno e la mancanza di metodiche di rilevamento ad oggi completamente accettate dalla Comunità Scientifica, pongono le metodologie di analisi impiegate in questo studio, tra le più interessanti e sensibili nella rilevazione di situazioni di stress ambientale.
XXIII Ciclo
1982
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Rossi, Valentina. "Profili di espressione genica nel carcinoma della vescica: identificazione dell'enzima nicotinamide -n-metiltrasferasi quale possibile marker diagnostico e bersaglio terapeutico". Doctoral thesis, Università Politecnica delle Marche, 2009. http://hdl.handle.net/11566/242326.

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Tasselli, Stefano. "Espressione di geni correlati allo stress ossidativo nell'ascidia coloniale Botryllus schlosseri esposta a diverse condizioni ambientali nella Laguna di Venezia". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amslaurea.unibo.it/9360/.

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Resumen
I pattern di espressione genica permettono di valutare se gli organismi siano soggetti a stress ambientali, spesso associati a stress ossidativo e produzione di specie reattive dell’ossigeno, che possono essere analizzate per studiare gli effetti sub-letali indotti dall’ambiente negli organismi. Scopo di questa ricerca è stato valutare la possibilità di utilizzo dell’ascidia coloniale B. schlosseri come biomarker in ambiente lagunare. Le colonie, esposte a diverse condizioni ambientali nella Laguna di Venezia, sono state confrontate con esemplari allevati in condizioni di controllo. La ricerca si è concentrata in 2 siti con diverso grado di idrodinamicità e impatto antropico. Mentre nel sito 1, più vicino alla bocca di porto, si è rilevata la presenza di Tunicati, il sito 2 ne è privo. Il sito 2 ha registrato valori di pH e temperatura più alti. Inoltre, nel sito 2 è stata rilevata una mortalità maggiore delle colonie e alterazioni della morfologia nelle colonie sopravvissute. Ciò suggerisce che il sito 2 presenti condizioni avverse per B. schlosseri. Sui campioni di B. schlosseri sono state eseguite PCR semiquantitative per analizzare l’espressione di un gruppo di geni coinvolto nella risposta allo stress ossidativo: la glutammato cistein ligasi la glutatione sintetasi, 2 isoforme di glutatione perossidasi e la superossido dismutasi (SOD). Tutti i geni presentano livelli di trascrizione doppi nelle colonie del sito 1 rispetto al controllo. Viceversa, il sito 2 mostra livelli di espressione di poco superiori al controllo. Analisi spettrofotometriche evidenziano che le attività enzimatiche di SOD e catalasi sono più alte nel sito 2 rispetto al sito 1. Si può pertanto ipotizzare che le colonie esposte al sito 2 siano soggette a un maggiore stress. B. schlosseri appare dunque un buon indicatore dello stato ecologico dell’ambiente lagunare, entro parametri di pH e temperatura in cui abitualmente vive.
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Formigari, Alessia. "Metallotioneine: Evoluzione molecolare e funzionale nei protozoi ciliati appartenenti al genere Tetrahymena". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2008. http://hdl.handle.net/11577/3425217.

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Resumen
The ciliated protozoan, Tetrahymena thermophila, has long served as a model for basic research. At the same time, its unique biological properties make it extremely attractive as practical system for the overexpression of recombinant proteins. The scientific community has recently taken into great consideration the use of T. thermophila for the production of recombinant proteins for both biotechnological perspectives and as research tools, since no system (e. g., bacteria, fungi, insect and mammalian cell lines) is universally suitable for the expression of foreign genes. The utility of T. thermophila as an experimental model organism has been recently increased by the development of inducible expression vectors based on the MTT1 metallothionein promoter. Metallothioneins (MT) are a group of low molecular weight proteins which bind metals through their numerous cysteine residues and which are present in many phyla. One of the most important properties of these proteins is their ability to be transcriptionally induced by transition metals. The research studies, made during my PhD course, focused on molecular and fuctional evolution of MT in T. thermophila. In the present study, two new MT (MTT-5 in T. thermophila and MT-2 in T. pyriformis) gene isoforms have been cloned and characterized. The transcriptional activity of MTT-2 and MTT-5 towards heavy metals (cadmium, copper and zinc), was evaluated. Results showed that the three metals induced different MTT-2-mRNA and MTT-5-mRNA levels. Furthermore, using the coding sequence of nrk2-GFP gene as a reporter, I found that the upstream region of MTT5 induced nrk2-GFP protein expression. The fluorescence was present in the basal bodies and at the tips of cilia within transformed cells. These results have substantially contributed to demonstrate the suitability of free-living protozoan in studies of cell tolerance to heavy metals, and they have validated the use of Tetrahymena as a model system to determine ecotoxicological risk. To date, only a limited number of inducible promoters for driving high-level gene expression in T. thermophila has been described. Furthermore, little is known about the sequence elements that regulate gene expression within the upstream regions of ciliate genes. I described a robust new promoter from MTT-5, a T. thermophila cadmium-inducible MT gene of T. thermophila during my research studies. Using, as a reporter, the coding sequence of a gene for a candidate vaccine antigen from a parasitic protist, Ichthyophthirius multifiliis, I found that the upstream region of MTT5 can induce high-level expression of the relevant gene product in its correct 3-dimensional conformation. Expression was sensitive to cadmium, and to lesser extent copper, but not to zinc. Moreover, a direct comparison between this promoter and one from a previously described Cd-inducible MT gene, namely MTT1, shows that MTT5 is considerably stronger. To begin to define the sequence elements underlying the metal-responsiveness of this promoter, I constructed a series of deletions starting with a 1777 bp fragment immediately upstream of the start codon of MTT5, which is fully functional. Interestingly, a fragment as short as 300 bp upstream of the start codon appears fully functional as well, while a deletion down to 290 bp essentially abolishes activity in response to cadmium. These results have been confirmed by site-specific mutagenesis. This study indicates that the MTT5 promoter can be used as a practical tool for protein manufacture in T. thermophila, and sheds light on potential sequence elements responsible for metal-induced promoter control in this species. The identification of this MRE sequences in Tetrahymena, quite different from those previously identified in mammalians, represents the first step to characterize molecular mechanisms involved in the expression of Tetrahymena MT isoforms. Phylogenetic analysis performed with all Tetrahymena MT protein and nucleotidic sequences revealed that MTT-5 is closely related to Cd-induced isoforms and quite separate from Cu-induced ones. Our results indicate that Cd and Cu MTs diverged early in evolution, before the speciation event that separated the Tetrahymena borealis group and the Tetrahymena australis group. The mutation rate in the Tetrahymena MTs appears to be heterogeneous, being very low for MT-1 and MTT-1 and higher for other isoforms. The phylogentic analysis indicates a particular evolutionary history independent from other MT isoforms, for MTT-5.
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De, Luca Lucia. "Attività catalitica ed espressione genica di enzimi antiossidanti nei mitili, Mytilus galloprovincialis esposti ai farmaci fluoxetina e propranololo ed alla loro miscela". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2012. http://amslaurea.unibo.it/3219/.

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Resumen
E’ stimato che circa 4.000 sostanze diverse vengano utilizzate nella medicina umana, fra cui soprattutto analgesici, antinfiammatori, contraccettivi, antibiotici, beta-bloccanti, regolatori lipidici, composti neuroattivi e molti altri. Inoltre un elevato numero di farmaci, spesso simili a quelli umani tra cui antibiotici e antinfiammatori, viene usato nella medicina veterinaria. L’uso può essere diverso nei diversi Paesi ma farmaci quali l’ibuprofene, la carbamazepina, o i beta-bloccanti vengono consumati in quantità di tonnellate per anno. Le analisi chimiche hanno riscontrato la presenza dei residui dei farmaci nelle acque reflue dai depuratori, nei fiumi e nei laghi in maniera ubiquitaria a concentrazioni nell’intervallo di 10-1000 ng/L. Come ci si aspetta, i farmaci sono molto concentrati nelle acque reflue degli ospedali, tuttavia la percentuale di farmaci provenienti dagli ospedali è stata valutata complessivamente non oltre il 20% del quantitativo totale. L’origine preponderante dei farmaci proviene dall’uso domiciliare, per cui gli impianti municipali di raccolta delle acqua di rifiuto sono la maggiore via di ingresso in ambiente. Una volta ingeriti e metabolizzati, i farmaci vengono escreti via urine o feci e introdotti nella rete fognaria fino alle sedi di trattamento delle acque. Altra sorgente è rappresentata dalle manifatture dei farmaci, dalle quali possono derivare scarichi illegali o accidentali. Una sorgente importante di farmaci, soprattutto di antibiotici, è rappresentata dagli allevamenti animali, sia in ambienti interni che al pascolo, e dall’acquacoltura. Nel primo caso in particolare vengono prodotti e raccolti una grande quantità di rifiuti, che di solito sono accumulati temporaneamente e poi dispersi sui suoli agricoli. I farmaci presenti nei suoli possono essere trasportati alle acque sotterranee, o dilavati a livello superficiale contribuendo ad aumentare il livello di farmaci nei corsi d’acqua oppure una volta sciolti nell’acqua interstiziale possono essere assunti dai vegetali. Gli impianti di depurazione attuali non sono pianificati per eliminare microinquinanti altamente polari come i farmaci, e in relazione alle differenti molecole la eliminazione può essere in percentuale diversa, spesso anche molto bassa. I test ecotossicologici di tipo acuto utilizzati per molto tempo per valutare la tossicità dei farmaci ambientali hanno riportato effetti soltanto a concentrazioni superiori a quelle ambientali; nei 2-3 anni più recenti tuttavia è stato messo in luce come, già a basse concentrazioni, alcuni farmaci modifichino le attività riproduttive o il metabolismo di pesci e molluschi. Da qui è nata l’esigenza di studiare quale sia la possibile interazione dei residui dei farmaci con la fauna acquatica a concentrazioni compatibili con quelle ambientali, e valutare il meccanismo d’azione sfruttando per quanto possibile le conoscenze disponibili per i farmaci messi in commercio. I farmaci infatti sono composti disegnati per avere effetti terapeutici attraverso specifici meccanismi d’azione. Negli organismi non bersaglio che risultano esposti ai residui dei farmaci in ambiente, queste sostanze potrebbero però indurre effetti simili a quelli specifici nel caso i bersagli molecolari siano stati conservati durante l’evoluzione. Inoltre, i farmaci manifestano effetti collaterali, in genere se usati a dosi elevate o per lungo tempo, e molto spesso si tratta di effetti ossidanti. E’ possibile che tali effetti siano indotti dai farmaci ambientali nei molluschi o nei pesci, magari a basse dosi se questi animali sono più sensibili dell’uomo. Lo scopo di questa tesi è stato quello di valutare nei mitili Mytilus galloprovincialis i potenziali effetti indotti dalla fluoxetina (farmaco antidepressivo), dal propranololo (farmaco β-bloccante), o dalla loro miscela con riferimento a quelli classificati come collaterali nell’uomo. In particolare, è stata studiata l’espressione di geni che codificano per gli enzimi antiossidanti catalasi (CAT), glutatione S transferasi (GST) e superossido dismutasi (SOD), mediatori della risposta allo stress ossidativo. I possibili effetti dei farmaci sono stati valutati dopo esposizione dei mitili Mytilus galloprovincialis per 7 giorni a fluoxetina (FX) e propranololo (PROP) ad un range di concentrazioni che comprendono quelle misurate in ambiente, e alla loro miscela alla concentrazione di 0,3 ng/l, scelta perché rappresentativa delle dosi inferiori dei due farmaci riscontrate in ambiente acquatico. I risultati hanno dimostrato che FX causa una generale diminuzione dell’espressione dei geni CAT, mentre per i geni codificanti per GST e SOD si osservano variazioni significative soltanto ad una concentrazione di FX, 300 e 3 ng/L rispettivamente. La riduzione dei livelli di espressione di CAT non sempre accompagnata dalla significativa variazione dei livelli di espressione di SOD e GST, può indicare che il sistema anti-ossidante non è in grado di adattarsi in modo efficiente all’alterazione indotta dall’esposizione a FX, portando ad un progressivo aumento dei livelli di stress. Per quanto riguarda gli effetti del PROP, i risultati ottenuti mostrano che nei mitili esposti a concentrazioni crescenti del farmaco i geni CAT e SOD risultano progressivamente sovra-espressi rispetto al controllo, anche se in maniera non significativa mentre i livelli di espressione di GST non sono significativamente alterati. I dati ottenuti esponendo i mitili alla miscela dei due farmaci, indicano che FX e PROP possono avere effetti interattivi sulla regolazione dei tre geni coinvolti nella risposta antiossidante. In presenza della miscela si osserva infatti una riduzione significativa dell’espressione del gene CAT, del gene GST mentre non ci sono effetti sul gene SOD. In conclusione, concentrazioni di PROP e FX nell’intervallo di quelle misurate in ambiente possono generare significativi effetti sui geni CAT, GST, e SOD. Come riscontrato nella precedente letteratura, l’attività o l’espressione degli enzimi antiossidanti risente molto dello stato fisiologico dei mitili e della stagionalità, quindi il ruolo degli enzimi antiossidanti come biomarker deve essere interpretato all’interno di batterie più ampie di risposte subletali degli organismi sentinella. Nel laboratorio questi dati sono stati ottenuti in precedenti lavoro di Tesi (Tosarelli, Tesi Magistrale in Biologia Marina, A.A. 2011; Inzolia, Tesi Magistrale in Biologia Marina, A.A. 2011). Le alterazioni ottenute a concentrazioni circa 1.000 volte inferiori rispetto a quelle efficaci nei test ecotossicologici acuti, dimostrano comunque che i farmaci possono avere effetti sugli organismi anche a concentrazioni molto basse come quelle ambientali. In particolare, poiché gli effetti ossidativi sono i più comuni effetti collaterali dei farmaci nell’Uomo che ne assuma elevate quantità o somministrazioni prolungate nel tempo, possiamo affermare che questi hanno luogo anche negli organismi non-target, a concentrazioni basse e dopo soli 7 giorni di esposizione. I dati della tesi non dimostrano che propranololo e fluoxetina hanno effetti deleteri sulle popolazioni o le comunità dei molluschi, ma debbono essere considerati come indicatori della vulnerabilità degli animali a questi composti.
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Morganti, Stefano. "Identificazione dell'enzima Nicotinamide N-Metiltrasferasi quale marker molecolare del carcinoma polmonare non a piccole cellule". Doctoral thesis, Università Politecnica delle Marche, 2014. http://hdl.handle.net/11566/242767.

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Il carcinoma polmonare rappresenta la neoplasia più diffusa a livello mondiale e la principale causa di morte per cancro. L’aumento del tasso di sopravvivenza dei pazienti affetti da tale patologia è affidato ai progressi compiuti in campo chirurgico e terapeutico, nonché all’identificazione di nuovi marcatori per una diagnosi precoce. Oggetto del presente lavoro di ricerca è l’enzima nicotinamide N-metiltrasferasi (NNMT). I livelli di espressione dell’NNMT sono stati valutati nel tessuto polmonare tumorale e nel tessuto peritumorale prossimo e lontano, rispetto al margine della neoplasia, di 36 pazienti affetti da carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC) mediante Real-Time PCR, Western blot, analisi immunoistochimica e saggio di attività catalitica. Allo scopo di esplorare il coinvolgimento dell’NNMT nel metabolismo della cellula tumorale, è stato effettuato il silenziamento dell’NNMT mediante l’impiego di plasmidi codificanti shRNA ed è stato valutato l’effetto di tale downregolazione sulla proliferazione cellulare e sul potenziale tumorigenico della linea cellulare di carcinoma polmonare A549. I risultati ottenuti evidenziano un aumento dell’espressione dell’NNMT (mRNA e proteina) nel tessuto tumorale rispetto al tessuto peritumorale prossimo e lontano dal margine della neoplasia. Inoltre, il tessuto tumorale mostra livelli di attività specifica significativamente più elevati rispetto al tessuto peritumorale prossimo e lontano dalla neoplasia. In particolare, il tessuto polmonare peritumorale, sia prossimo che lontano dal margine della neoplasia dei casi sfavorevoli (N+), mostra livelli di attività nicotinamide N-metiltrasferasica più elevati rispetto a quelli rilevabili a carico degli stessi tessuti relativi ai casi favorevoli (N0), suggerendo che a livello molecolare il tessuto peritumorale dei casi sfavorevoli (N+) si trova in una fase, seppur estremamente precoce, della trasformazione neoplastica. Il silenziamento dell’NNMT ha determinato una diminuzione significativa della proliferazione cellulare e della capacità di formare colonie in assenza di adesione al substrato. I dati riportati nel presente lavoro indicano che l’NNMT rappresenta un marcatore molecolare del carcinoma polmonare non a piccole cellule e supportano l’ipotesi secondo la quale esso possa svolgere un ruolo importante nella crescita del tumore e nell’invasione neoplastica. Successivi studi saranno rivolti a chiarire se l’NNMT possa rappresentare un potenziale bersaglio di una terapia antineoplastica.
Lung cancer is the most common neoplasm worldwide and the leading cause of tumor death. Improvements in surgery and therapy, as well as the discovery of new and effective markers for an early diagnosis, are necessary to increase the overall survival rate. This study is focused on the enzyme nicotinamide N-methyltransferase (NNMT). NNMT expression levels were evaluated in tumor, tumor-adjacent and surrounding tissue samples of 36 patients with non-small cell lung carcinoma (NSCLC) by Real-Time PCR, Western blot analysis, catalytic activity assay and immunohistochemical analysis. To explore the involvement of NNMT in tumor cell metabolism, we evaluated the effect of shRNA-mediated inhibition of NNMT on cell proliferation and tumorigenic potential of A549 lung cancer cell line. Results obtained showed NNMT upregulation (mRNA and protein) in tumor compared with both tumor-adjacent and surrounding tissue. Moreover, NSCLC displayed significantly higher activity levels than those determined in both tumor-adjacent and surrounding tissue. Interestingly, both tumor-adjacent and surrounding tissue samples of unfavorable cases (N+) seem to display higher activity levels than those of favorable NSCLCs (N0), suggesting that normal-looking tissue of unfavorable cases seems to change toward cancer. NNMT downregulation significantly inhibited cell proliferation and reduced colony formation ability on soft agar. Reported data indicate that NNMT represents a molecular marker for non-small cell lung carcinoma and support the hypothesis that it could play an important role in tumor growth and invasion. Further studies may establish whether NNMT could represent a target for an effective anti-cancer therapy.
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Tiralongo, Emilia. "Complesso macromolecolare responsabile dell'endocitosi dell'albumina: un ruolo a livello glomerulare? Studio di espressione genica di CLCN5 e megalina in biopsie microdissezionate di nefropatie proteinuriche". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2009. http://hdl.handle.net/11577/3426054.

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ClC-5 and Megalin are part of the same macromolecular complex involved in the re-uptake of albumin in the proximal tubuli. To understand the relationship between this mechanism and proteinuric kidney diseases, we have performed gene expression study of CLCN5 and Megalin genes in glomerular (gl) and tubular interstitial (ti) compartments of patients with type 2 diabetes (NIDDM) and IgA nephropathy (IgAN). Gene expression of CLCN5 and Megalin was investigated by Real-Time PCR in microdissected biopsies (mpb) (under a stereomicroscope) from patients with IgAN (n 10) and with NIDDM (n 9). Both groups had similar level of proteinuria. As controls, we used cortical tissues obtained from sites remote from tumor bearing renal tissue (n 9). Moreover, we analyzed human mesangial cells (HMC), endothelial cells (HuVEC), tubular cells (HK-2) and podocytes (HP) in basal conditions. HMC and HK-2 were also examined in high glucose and albumin conditions respectively. We found that: 1) CLCN5 and Megalin were expressed in all mbp both at gl and ti levels, and their expression did not differ between gl and ti of NIDDM and IgAN; 2) CLCN5 and Megalin expression levels were significantly higher in proteinuric nephropathies than in controls both at gl and ti compartment. In order to exclude ti contamination in microdissected glomeruli, we performed gene expression analysis of CLCN5 and Megalin also on laser microdissected glomeruli from 28 NIDDM patients and 14 controls that confirmed our previous results. In these mbp a direct correlation between CLCN5 and Megalin was evidenced (r=0,50 p=0,0039); 3) CLCN5 transcript was evidenced in all cells analyzed, on the contrary, very low levels of Megalin were detected; 4) HK-2 treated with albumin showed the same level of CLCN5 expression as untreated cells; 5) HMC treated with high glucose for 24 and 48 hours showed the same level of CLCN5 expression as untreated cells. Our study reveals, for the first time, that CLCN5 and Megalin genes are expressed in human glomeruli, and that all the cell types constituting the glomerulus express in vitro CLCN5. The overexpression of CLCN5 and Megalin in diabetic and IgA nephropathy biopsies suggests that proteinuria might regulate their expression. The in vitro experiments on HMC exclude the role of glucose in the up-regulation of ClC-5 expression in diabetic glomerulopathy. A role might be hypothesized for podocytes since podocyte endocytosis of proteins does occur in proteinuric patients.
ClC-5 e Megalina sono due delle proteine che compongono il complesso macromolecolare coinvolto nel riassorbimento dell’albumina a livello del tubulo prossimale. Per comprendere meglio se ci fosse una relazione tra questo meccanismo e le patologie proteinuriche abbiamo effettuato uno studio di espressione per i geni CLCN5 e Megalina nei compartimenti glomerulare e tubulo interstiziale di pazienti con diabete di tipo II (NIDDM) e nefropatia a depositi di IgA (IgAN). L’espressione di CLCN5 e Megalina è stata investigata mediante Real-Time PCR in biopsie microdissezionate manualmente grazie all’ausilio di uno stereomicroscopio. Queste sono stete ottenute da pazienti con diabete di tipo II (n°9) e nefropatia a depositi di IgA (n°9). Come controllo è stato utilizzato tessuto corticale ottenuto da polo renale indenne in corso di nefrectomia per tumore. Entrambi i gruppi di pazienti analizzati presentavano livelli simili di proteinuria. Abbiamo inoltre analizzato cellule mesangiali umane (HMC), cellule endoteliali umane (HuVEC) cellule tubulari umane (HK-2) e podociti umani (HP) in condizioni basali. HMC e HK-2 sono state anche analizzate rispettivamente in presenza di alte concentrazioni di glucosio e a diverse concentrazioni di albumina. Abbiamo trovato che: 1) CLCN5 e Megalina sono entrambi espressi in tutte le biopsie microdissezionate sia a livello glomerulare che a livello tubulo interstiziale e i loro livelli di espressione erano simili nei due compartimenti in entrambe le patologie; 2) i livelli di espressione sono risultati maggiori nelle nefropatie proteinuriche rispetto ai controlli sia a livello tubulo interstiziale che a livello glomerulare. Per escludere un’eventuale contaminazione del compartimento glomerulare da parte del tubulo prossimale abbiamo chiesto la collaborazione del Dott. J.J.Baelde del Leiden University Medical Center che ha effettuato l’analisi di espressione di CLCN5 e Megalina su glomeruli microdissezionati mediante laser ottenuti da biopsie di pazienti NIDDM (n°28) e su glomeruli sani di controllo (n°14), confermando i nostri precedenti risultati. In queste biopsie microdissezionate è inoltre emersa una correlazione diretta tra CLCN5 e Megalina (r=0,5, p=0,0039); 3) la presenza di CLCN5 è stata evidenziata e quantificata in tutte le cellule analizzate, mentre per Megalina sono stati rilevati livelli molto bassi di espressione; 4) le cellule HK-2 stimolate con albumina hanno mostrato gli stessi livelli di espressione di CLCN5 delle cellule non trattate; 5) le cellule HMC stimolate con glucosio hanno mostrato gli stessi livelli di espressione di CLCN5 delle cellule non trattate. Il nostro studio evidenzia per la prima volta la presenza di CLCN5 e Megalina a livello del compartimento glomerulare nell’uomo ed inoltre che tutti i tipi cellulari costituenti il glomerulo esprimono in vitro CLCN5. La sovrespressione di CLCN5 e Megalina nelle biopsie dei pazienti diabetici e con nefropatia da IgA suggerisce un loro ruolo nella fisiopatologia della proteinuria e la loro correlazione diretta, emersa tra l’espressione genica delle due proteine nel glomerulo, fa ipotizzare un loro meccanismo d’azione coordinato simile a quello presente nel tubulo prossimale. Gli esperimenti in vitro sulle HMC escludono un ruolo del glucosio nella modulazione dell’espressione di CLCN5 nella patologia diabetica. Un ruolo in questo processo potrebbe essere ipotizzato per i podociti in quanto i risultati da noi ottenuti bene si affiancano ai dati in letteratura che mostrano che i podociti, nei pazienti proteinurici, sono in grado di endocitare proteine.
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Salvalaio, Marika. "Valutazione del profilo di espressione genica cerebrale nel modello murino per la mucopolisaccaridosi di tipo II (sindrome di Hunter) effettuata mediante tecnologia RNA-Seq". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2011. http://hdl.handle.net/11577/3421640.

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Hunter Syndrome (mucopolysaccharidosis type II, MPS II) is an inherited metabolic disease belonging to the wide group of lysosomal storage disorders (LSDs), including nearly 50 different pathologies. Although individually rare, these pathologies have a collective incidence from 1:4000 to 1:7000 live births, depending on the analyzed population. Most LSDs are due to single, or more rarely multiple, deficit of lysosomal enzymes, responsible of macromolecules degradation. Unmetabolized substrates result in multiorgan and multisystem diseases, which in the vast majority of the patients seriously affect also the central nervous system. Very little is known on LSDs pathophysiology and even less on the determinants of their neurological impairment. Since ERT (enzymatic replacement therapy) is getting promising results only in treatment of the LSDs without neurological involvement, because the enzyme cannot efficiently cross the blood brain barrier, more attention should be put in handling the cognitive and behavioral components of these pathologies. In this scenario, the comprehension of the neurological pathogenesis of these diseases, and in this specific case, of Hunter syndrome, becomes mandatory. Such understanding, although quite complex, might allow, among others, the development of new specific therapeutic strategies targeted to the brain. In this pre-clinic investigation, the murine MPS II model was used for a complex molecular analysis through high-throughput technology. RNAs from two different brain areas, cortex and midbrain, have been analyzed with next generation sequencing, by using SOliD® (Sequencing by oligo ligation and detection) technology. Although this technology is considered the most specific for RNA sequencing, it has not been extensively used so far due to its very high costs and to the complexity of the data analysis requiring advanced bioinformatics competence and a good capacity of software handling. RNA sequencing is a very powerful technology that, in contrast to microarray, can point out every single cellular transcript indistinctly. This work is a comparative study between brain areas derived from the IDS-knock-out and the healthy control mice. Data obtained, after alignment and filtration, have been classified according to Gene Ontology Domains, and analyzed by functional categories. The analysis has clearly pointed out the involvement of a wide group of genes and pathways implicated in neurological processes. Altered structures and cellular functions have been highlighted both through the analysis of terms that have the same alteration in the two cerebral areas and, in a more specific way, through the analysis of terms related to each area. This approach can underline genes whose altered expression is directly related to the cell pathological condition and, at the same time, genes with differential expression, representing instead specific pathways for the function of the brain area considered. Also the detection of alterations in genes involved in some common neurodegenerative diseases (as Parkinson’s and Alzheimer’s) could be very interesting; common pathways could be hypothesized for the disease development or as a consequence of the pathological state. The last part of this work has focused on some selected pathways that have been chosen as the most interesting candidates for the pathogenesis of the disease: heparan sulphate binding protein, calcium homeostasis, oxidative stress, autophagy, axon guidance, neuroinflammation, correlation with other neurodegenerative diseases and the growth hormone. A significant endocellular alteration, due to progressive increase of glycosaminoglican deposits and also of secondary deposits as gangliosides, could justify the involvement of proteins related to calcium metabolism, detected by the present analysis; since calcium plays an important ubiquitous messenger function in different biological processes, its role of leitmotiv in many pathways emerging from this analysis is not surprising. In conclusion, although very complex, the analysis here presented has highlighted the great power of this technology, due to its ability to detect, not only pathways obviously related to this disease, but also non-suspected pathways, whose role in the determination of the pathological condition has not been yet clarified.
La Sindrome di Hunter (o Mucopolisaccaridosi di tipo II, MPS II) è una patologia ereditaria appartenente al più vasto gruppo delle malattie da accumulo lisosomiale (Lysosomal Storage Disorders, LSDs), comprendente quasi 50 diverse patologie. Tali patologie, sebbene individualmente molto rare, presentano un’incidenza complessiva che va da 1:4000 a 1:7000, a seconda della popolazione considerata. Le LSDs, che risultano per lo più da deficit singoli, e più raramente multipli, di enzimi lisosomiali deputati alla degradazione di molecole complesse, sono devastanti malattie multiorgano e multisistemiche che, in buona parte dei casi, comprendono un coinvolgimento neurologico grave. Poco è noto tuttora sulla patofisiologia di queste sindromi e, ancor meno, sulle cause del loro deficit neurologico. Nel momento in cui alcune di queste patologie trovano finalmente beneficio dall’applicazione della terapia enzimatica sostitutiva, risalta maggiormente la problematica del trattamento della componente cognitiva e comportamentale. Essa infatti non trova beneficio da questi nuovi approcci terapeutici, poiché gli enzimi impiegati non sono in grado di attraversare la barriera emato-encefalica. Nasce da qui la necessità di comprendere la patogenesi neurologica di queste sindromi e, nel caso specifico di questo lavoro, della sindrome di Hunter. Tale comprensione, seppure molto complessa, potrebbe consentire, tra le altre cose, lo sviluppo di specifiche strategie terapeutiche mirate al cervello. In questo lavoro di ricerca preclinica, il modello murino per la MPS II è stato impiegato per effettuare una valutazione molecolare complessa attraverso l’impiego di tecnologie high throughput. RNA derivati da 2 aree cerebrali, la corteccia e il mesencefalo, sono stati analizzati mediante next generation sequencing, impiegando la procedura SOLiD® (Sequencing by Oligo Ligation and Detection). Questa tecnologia, seppure estremamente indicata proprio per il sequenziamento dell’RNA, è stata finora poco utilizzata a questo scopo, a causa dei costi ancora piuttosto elevati, ma soprattutto, a causa della complessità dell’analisi che richiede notevoli competenze bioinformatiche e capacità di gestione dei software. Il sequenziamento dell’RNA è una tecnologia estremamente potente in grado di evidenziare, a differenza della tecnica del microarray, tutti i trascritti cellulari in maniera indistinta. Il lavoro qui presentato è un’analisi di tipo comparativo tra le aree cerebrali dell’animale knock-out per l’IDS e le corrispondenti aree dell’animale sano di controllo. I dati, dopo la fase di allineamento e di filtrazione, sono stati classificati secondo i domini della Gene Ontology e analizzati in base alle principali categorie funzionali. L’analisi ha chiaramente evidenziato il coinvolgimento di molti geni e di parecchie vie specificamente implicati in processi neurologici. L’alterata struttura e funzione cellulare sono state evidenziate sia in modo generico, attraverso analisi di termini ugualmente alterati nelle due diverse aree cerebrali, sia in modo specifico, all’interno di ciascuna area cerebrale. Ciò consente di mettere in risalto i geni la cui alterata espressione è direttamente correlata allo stato di accumulo patologico della cellula e i geni con espressione differenziale che, invece, rappresentano pathways specifici per le funzioni svolte da quell’area cerebrale. Molto interessante potrebbe risultare anche l’alterazione di geni implicati in alcune comuni patologie neurodegenerative croniche quali il morbo di Alzheimer e di Parkinson. Vie comuni potrebbero essere ipotizzate per l’instaurarsi delle malattie o come conseguenza dello stato patologico. La parte finale dell’analisi ha preso in considerazione le vie di segnale e le correlazioni più interessanti, alcune delle quali già precedentemente considerate come potenziali candidati nella patogenesi delle malattie da accumulo lisosomiale: l'eparan solfato binding protein, l'omeostasi del calcio, lo stress ossidativo, il processo dell’autofagia, l'axon guidance, la neuroinfiammazione, la correlazione con altre malattie neurodegenerative e l'ormone della crescita. Una forte alterazione del comparto endocellulare dovuta al progressivo, patologico aumento dei depositi primari di glicosaminoglicani, ma anche di quelli secondari quali i gangliosidi, potrebbe giustificare il coinvolgimento delle proteine implicate nel metabolismo del calcio cellulare, rilevato da questo lavoro. Essendo poi il calcio un messaggero ubiquitario coinvolto in differenti processi biologici non stupisce il ruolo di filo conduttore in molti pathways, evidenziato da questa analisi. In conclusione, seppure fortemente complessa, l’analisi intrapresa in questo studio ha evidenziato le enormi potenzialità della procedura, dovute alla sua caratteristica capacità di mettere in luce, oltre a processi correlati in modo sospetto alla patologia, anche pathways non sospetti o la cui implicazione nella determinazione dello stato patologico non sia ancora stata definita.
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CAROSI, CHIARA. "Regolazione dell'espressione genica dell'mRNA di FMR1, responsabile della sindrome dell'X fragile: implicazioni nel ritardo mentale e nella plasticità sinaptica". Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2008. http://hdl.handle.net/2108/427.

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Le regioni non tradotte localizzate al 5’ ed al 3’ degli mRNA maturi sono di particolare importanza nella regolazione genica. Nel promotore del gene FMR1, responsabile della sindrome dell’X fragile, ci sono siti di inizio della trascrizione multilpli sia nelle cellule linfoblastoidi sia nelle linee cellulari neuronali; questa caratteristica è tipica dei promotori, come quello di FMR1, che mancano della sequenza nota come TATA box. In questo studio ho analizzato la regione 5’UTR del gene FMR1 del cervello umano e di quello di topo. Nel caso delle regioni dell’ippocampo e del cervelletto umane ho identificato l’uso di quattro siti alternativi di inizio della trascrizione, ognuno dei quali co-localizza con delle sequenze chiamate Inr-like (initiator like sequences), comunemente presenti nei promotori che mancano della TATA box. La presenza del quarto sito di inizio non è rilevabile nelle linee cellulari linfoblastoidi indicando una selezione tessuto specifica dei siti di inizio. Dati preliminari indicavano la presenza di trascritti più lunghi, cioè con l’uso dei siti di inizio più distanti, correlati con un incremento delle ripetizioni CGG, lasciando ipotizzare un modello in cui la lunghezza delle ripetizioni influenzi direttamente la trascrizione del gene e in un modo tessuto specifico. Per completare la mia analisi ho diretto la mia attenzione sul promotore del gene FMR1 di topo. Ho studiato la regione 5’UTR in cervelletto e in ippocampo di topi selvatici e di topi modificati geneticamente, CGG ki, in cui sono state annesse circa 100 ripetizioni CGG derivanti dalla corrispondente regione umana. Nel topo però, pur avendo evidenziato l’uso di siti di inizio della trascrizione alternativi, non ho evidenziato nessuna dipendenza dell’uso dei siti dalla lunghezza delle espansioni. In ultimo ho completato lo studio analizzando la poliadenilazione alternativa nella regione 3’UTR del gene umano di FMR1, dal momento che tale meccanismo è spesso associato con la localizzazione tessuto specifica di alcuni mRNA. Usando la tecnica della 3’ RACE ho identificato cinque trascritti con poliadenilazione alternativa, uno contenente la sequenza canonica e gli altri con sequenza non canonica. Da questi dati possiamo dedurre che il gene FMR1 possiede poliadenilazione alternativa ma che questa non sembra essere tessuto specifica. In questo studio ho poi analizzato gli effetti del trattamento antidepressivo sulla espressione genica, in particolare analizzando la regione 3’UTR nel messaggero per αCaMKII (la subunità α della chinasi II Calcio calmodulina dipendente). Gli antidepressivi sono il terzo gruppo di farmaci più venduto nel mondo. Molti di essi sono basati su molecole che, come la fluoxetine, hanno come bersaglio una singola molecola , il trasportatore della serotonina (5-HT). Gli effetti di tali farmaci sono localizzati sia nella pre che nella post-sinapsi, suggerendo che dei cambiamenti nella struttura sinaptica sono correlati alle modificazioni della plasticità sinaptica osservate nei pazienti depressi. Sulla base di queste osservazioni , le molecole chiave del trattamento degli antidepressivi sono recettori, chinasi, neurotrofine e proteine coinvolte nella neurogenesi e nella funzione sinaptica come per esempio αCaMKII. Avvalendomi della metodologia della 3’RACE, ho analizzato se un trattamento acuto con fluoxetina su cellule corticali primarie potesse influenzare l’espressione del mRNA della αCaMKII. Ho evidenziato che, dopo trattamento, si assiste ad una modulazione della poliadenilazione del trascritto di αCaMKII come anche ad un incremento della proteina stessa. Questo indica un cambiamento della sua espressione dopo antidepressivo, lasciando ipotizzare che tale terapia agisce sulla poliadenilazione alternativa del messaggero della αCaMKII per aumentare poi l’efficienza di traduzione della proteina.
The 5’ and 3’ untranslated regions (UTRs) play important roles in regulating gene activity. Within the promoter of the human FMR1 gene, responsible for the Fragile X syndrome, there are multiple transcription start sites in both lymphoblastoid and neuronal cell lines, a common feature of other promoters that lack the TATA box initiator element. In this study I have identified a fourth transcription initiation site in human brain tissue, including hippocampus and cerebellum. All four sites co-localize with an initiator (Inr)-like sequence, commonly found at transcriptional start sites within TATA-less promoters. No detectable activity of the fourth site was observed in lymphoblastoid lines, suggesting a tissue-specific determinants of start site selection. Preliminary data indicate that the longer transcripts (upstream Inrs) are expressed at higher levels with increasing CGG repeat number, providing further support for an initiation model in which the CGG repeat element in the FMR1 gene directly modulates upstream initiation, and in a tissue-specific manner. I have also analyzed the presence of alternative transcription start sites in the promoter of mouse FMR1 gene. I compared the wild type mouse with the transgenic mouse CGG ki, that including in the 5’UTR of FMR1 100 CGG repeats of human gene. In mouse analysis I find several multiple initation sites but I did not find any differences in their usage between wild-type and the CGG ki mice. I have also studied alternative polyadenylation usage in the 3’UTR of the human FMR1 gene, since, the presence of alternative polyadenylation sites has been associated with tissue specific localization of other mRNA species. Using 3’RACE methodology, I have identified five polyadenylation sites, one canonical and four non canonical. These preliminary analysis indicates that transcripts containing the different polyadenylation sites are expressed in both human cell lines and human brain tissues. In this study I also investigated the role of UTRs in antidepressants treatment. Antidepressants are the third most commonly sold group of therapeutic agents worldwide. Most of them are based on molecules, such as fluoxetine, that target a single protein in the brain, the serotonin (5-HT) transporter. Effects of depression are probably localized at both pre- and postsynaptic compartments suggesting that changes in synaptic structure are related to the impaired modification in synaptic strength observed in patients with depression. Based on these hypothesis/observations, key target molecules of the antidepressant treatment are receptors, kinases, neurotrophic factors and protein involved in neurogenesis as well as synaptic function such as αCaMKII. I used the 3’RACE to determine if acute treatment of neurons with fluoxetine would change the αCaMKII mRNA expression in mouse neuronal cortical culture. I obtained that fluoxetine treatment induces a shift in the alternative polyadenylation site usage of αCaMKII mRNA as well as an increase in the total αCaMKII protein in cortical primary culture. These results show that the dendritically localized αCaMKII mRNA changes its pattern of expression after antidepressant treatment. They also show that this treatment affects the use of alternative polydenylation allowing neurons to achieve different levels of protein, possibly translating αCaMKII with a higher efficiency. Key Words: 5’ UTR, 3’ UTR, transcription start site, polyadenylation, dendritic mRNAs, neuronal gene expression, synaptic plasticity, fluoxetine.
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Renzulli, Matteo <1979&gt. "Terapia di prima linea del mieloma multiplo con talidomide-desametasone: identificazione di una "signature" predittiva dell'ottenimento della risposta completa mediante studio del profilo di espressione genica". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/180/1/TESI_DI_DOTTORATO_MATTEO_RENZULLI.pdf.

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Renzulli, Matteo <1979&gt. "Terapia di prima linea del mieloma multiplo con talidomide-desametasone: identificazione di una "signature" predittiva dell'ottenimento della risposta completa mediante studio del profilo di espressione genica". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/180/.

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AGRAPART, VINCENT. "Steroidogenesis in the human brain: trends on sexual dimorphism". Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2009. http://hdl.handle.net/2108/1066.

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Resumen
La produzione locale ed il metabolismo degli steroidi nel Sistema Nervoso Centrale, la Neurosteroidigenesi, si pensa possa giocare un ruolo chiave nello sviluppo e nel corretto funzionamento del cervello. Un numero in crescita di studi sembra confermare l’importanza di questo processo svelando diverse condizioni fisio-patologiche dove i neurosteroidi sembrano un punto cardine. Sebbene in tempi recenti ci siano stati degli sforzi isolati di confermare diversi enzimi chiave della steroidogenesi in specifiche strutture cerebrali, ad oggi nessuno studio sistematico è stato effettuato per comprendere le complesse pathways della steroidogenesi cerebrale. La difficoltà di questi studi è stata resa maggiore sino ad ora dalla bassa espressione genica degli enzimi e degli ormoni coinvolti, e dalla difficoltà nel reperire tessuto umano encefalico. Lo scopo della nostra ricerca è stato di quantificare tramite la Real-Time quantitative PCR (qPCR) un set di 63 geni di specifico interesse nella steroidogenesi, dalla biosintesi de-novo a partire dal colesterolo, ai passaggi metabolici chiave per formare i neurosteroidi bioattivi (Cytochrome P450 family, Aldo-Keto reductase family, hydroxysteroid dehydrogenase family, hormone receptors, GABA receptors...). Le PCR quantitative sono state eseguite su RNA estratto dal materiale umano congelato (116 campioni, 9 tessuti da 24 autopsie in 7 gruppi d’età ed accoppiati per i diversi sessi) da controlli “non dementi” ottenuti dalla Netherlands Brain Bank, per un totale oltre le 20000 reazioni chimiche. Il tessuto umano raccolto per lo studio includeva: cervelletto, nucleo caudato, giro frontale mediale, giro frontale superiore, giro superiore occipitale, giro superiore parietale, giro cingolato, talamo (pulvinar) e materia bianca. Globalmente parlando, abbiamo esaminato la domanda controversa di quali steroidi sono prodotti direttamente nel cervello umano e quali siano prodotti negli organi periferici endocrini, come il surrene, e poi successivamente modificati nel tessuto cerebrale. Per questo fine abbiamo analizzato l’espressione di enzimi chiave coinvolti nella formazione di corticosteroidi e degli ormoni sessuali. In maniera opposta al controllo positivo surrenalico, le espressioni degli mRNA CYP17A1 (converte gli steroidi C21 in C19), SULT2A1 (DHEA sulfotransferasi), CYP11β1 (11β-idrossilasi) e CYP11β2 (aldosterone sintetasi) non sono stati trovati nel cervello umano (con l’eccezione del cervelletto). In aggiunta grossi livelli di espressione sono stati riscontrati per STS (sulfatasi steroidea) enzima chiave per attivare i solfati steroidei non biologicamente attivi nelle aree esaminate nello studio. Possiamo quindi ipotizzare che la trasformazione periferica e non la sintesi de-novo siano la fonte primaria di aldosterone, cortisolo e DHEA nel cervello umano. Riportiamo inoltre la prima cartografia su larga scala della steroidogenesi steroidea cerebrale che sembra suggerire un dimorfismo sessuale tessuto-specifico negli enzimi neurosteroidogenetici come l’aromatasi, il P450scc (Cholesterol side-chain cleavage enzyme), STS (steroid sulfatase), 3β-HSD [trasformazione del pregnenolone e DHEA in progesterone ed androstenedione rispettivamente], AR (androgen receptor), ESR (estrogen receptor), CYP21A2 (trasformazione del progesterone e 17-α idrossiprogesterone in 11-deossicorticosterone and 11-deossicortisolo), e molti recettori GABA. Concludendo, questa è la prima volta che una ricerca quantitativa e comprensiva sulla trascrizione genetica della steroidogenesi nel cervello umano sia stata portata a termine, usando un approccio metodologico di largo uso, negli stessi “set” di campioni individuali, rendendo così possibile un confronto diretto tra tessuto cerebrale nei due sessi. I risultati della nostra espressione genica hanno mostrato per la prima volta un dimorfismo sessuale nella sintesi steroidea nel cervello umano. I neurosteroidi posso quindi avere effetti immediati e sesso-specifici su alcune pathways neuronali. Il nostro lavoro sembra indicare che la neurosteroidogenesi sia un processo ubiquitario nel sistema nervoso centrale e non limitato a strutture specifiche. La differenza riscontrata nei set enzimatici nelle diverse regioni cerebrali indica un’interazione molto complessa tra di esse. Questo processo generalizzato è differente in strutture specifiche con ruoli importanti come il cervelletto.
Local production and metabolism of steroids in the Central Nervous System: Neurosteroidogenesis, is believed to be a crucial process in normal brain development and function. Increasing number of studies tend to confirm the importance of this process, through the number of physiopathological conditions in which neurosteroids seem to play a key role. Although in recent years isolated efforts have sought to establish the expression of several key steroidogenic enzymes in specific brain structures, to date, no systematic study has been undertaken to understand the intricate pathways of neurosteroidogenesis in the brain. Such efforts have so far been hindered technically by low enzymatic gene expression and hormones production. The difficult access to human encephalic tissue is also a major drawback for this kind of studies. The aim of our work was to quantify by the means of Real-Time quantitative PCR (qPCR) a set of 63 genes of interest corresponding to a broad selection of steroidogenic enzymes, implicated in de novo biosynthesis from cholesterol, so well as key transformation steps for bioactive neurosteroids (Cytochrome P450 family, Aldo-Keto reductase family, hydroxysteroid dehydrogenase family, hormone receptors, GABA receptors...). qPCRs have been performed on RNA extracted from fresh frozen material (116 samples, 9 tissues from 24 autopsies in 7 age groups paired by sex), from non-dement controls obtained from the Netherlands Brain Bank, for a total of more than 20,000 reactions. Human brain tissues harvested for this study included cerebellum, caudate nucleus, medial frontal gyrus, superior frontal gyrus, superior occipital gyrus, superior parietal gyrus, cingulate gyrus, thalamus (pulvinar) and white matter. Overall, we investigated the controversial question of which steroids are directly produced in the human brain and which are produced in peripheral endocrine organs like the adrenal gland and subsequently modified in the brain tissue, we analyzed the expression of key enzymes involved in corticosteroid and sex steroids formation. In contrast to the adrenal gland, that served as positive control, CYP17A1 [conversion of C21 steroids into C19 steroids], SULT2A1 (“DHEA sulfotransferase”), CYP11β1 (11β-hydroxylase) and CYP11β2 (aldosterone synthase) mRNAs expressions were not detected in the human brain (with the exception of the cerebellum). Furthermore, strong mRNA expression of STS (steroid sulfatase) has been confirmed in the areas examined in the study. We therefore conclude that local peripheral transformation, and not de novo synthesis, could be the main source of aldosterone, cortisol and DHEA in the human brain. We reported the first large scale undertaking of human brain cartography which suggested a tissue-specific sexual dimorphism in gene expression of some neurosteroidogenic enzymes, such as P450 aromatase, P450scc (Cholesterol side-chain cleavage enzyme), STS (steroid sulfatase), 3β-HSD [transformation of pregnenolone and DHEA into progesterone and androstenedione respectively], AR (androgen receptor), ESR (estrogen receptor), CYP21A2 [transformation of progesterone and 17-α hydroxyprogesterone to 11-deoxycorticosterone and 11-deoxycortisol], and many GABA receptors. Neuroactive steroids are endogenous neuromodulators. They have potent effects on neurotransmission mediated by γ-aminobutyric acid type A (GABAA) receptors. In this work, statistical analysis revealed significant sex differences of mRNA expression in human thalamus. The expression of STS, 3β-HSD2, CYP19A1, HSD11β1, AR, GR, and GABRA4 was higher in women, while CYP21A2, HSD17β3, HSD11β2, PGR and GABRδ were more expressed in men. We therefore hypothesize that two sex-dependant pathways inhibit the neurotransmission via interaction with the GABAA receptor to modulate the flow of visceral information to the thalamus. Women appear to preferentially modulate GABRA4 through synthesis of DHEA and estrogen, while the formation of TH-PROG, TH-DOC and their precursors was the men tendency with GABRδ modulation. THPROG and THDOC are potent modulators of the GABAA receptor. GABA mediates most of the inhibitory neurotransmission in the mammalian brain. Both THDOC and THPROG have significant sedative effects in vivo. THDOC is a metabolite of the mineralocorticoid DOC and is responsible for the sedative and anti-seizure activity of DOC in animal models. DOC can be metabolised from progesterone, and CYP21A2 mediates this conversion. CYP21A2 mRNA was detected in all samples studied. In the human brain, we found a higher gene expression of CYP21A2 in men than women (with the exception of cerebellum and caudate nucleus). In absence of CYP11B2 which converts DOC in corticosterone, we can conclude that THDOC is the principal DOC metabolite. In men brain, the tendency seems to be the formation of progesterone metabolites which act as potent modulators of GABAR. Recently the Purkinje cell, an important cerebellar neuron, has been identified as a major site for neurosteroid formation in vertebrates. The cerebellum contains more than half the neurons in the brain. Interestingly, gene expression profile of the cerebellum seems to be unusual compared to the other brain specimens analyzed. Indeed, this is the only tissue that expresses genes of de novo synthesis like CYP17A1, SULT2A1 or CYP11B2. Furthermore, we observed the strongest mRNA expression of key genes: 3β-HSD2 and GABRδ (δ-containing GABAR are the most sensitive to modulation by steroids). These data suggest that the cerebellum could have a crucial role in the steroidogenesis in human brain. To conclude, this is the first time, to our knowledge, that a comprehensive quantitative survey of steroidogenic gene transcription in the human CNS has been performed, using a common methodological approach in the same set of individual samples, permitting direct comparison of brain tissue and sex. Our gene expression results demonstrated for the first time a sexual dimorphism on steroid synthesis in the human brain. Neurosteroids can have immediate and sex specific effects on selected neuronal pathways. Our work tends to show that neurosteroidogenesis is an ubiquitous process in the CNS, and is not limited to specific structures. The difference in the enzymatic set in the different regions studied suggests a complex interplay among them. This generalized process is not incompatible with the existence of specialized structures with more predominant roles like the cerebellum.
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Cheli, S. "LINEE CELLULARI DERIVATE DA PAZIENTI AFFETTI DA DISTROFIA FACIO-SCAPOLO-OMERALE (FSHD) DI TIPO 1 E 2 MOSTRANO LUNGO IL DIFFERENZIAMENTO MIOGENICO PROFILI DIVERSI DI ESPRESSIONE GENICA". Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2010. http://hdl.handle.net/2434/150258.

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Resumen
Facioscapulohumeral muscular dystrophy (FSHD) is an autosomal dominant disorder mainly associated with a contraction of the subtelomeric repeat D4Z4 on chromosome 4. The D4Z4 copy number is highly polymorphic in normal individuals ranging between 11-150 copies, whereas almost all FSHD patients (FSHD-1) carry fewer than 11 repeats. Nevertheless there is a subgroup of patients presenting clinical signs of disease without D4Z4 contraction (FSHD-2). Current hypothesis on FSHD-1 pathogenesis foresee the presence of an epigenetic molecular mechanism, but, how the contraction of D4Z4 array could determine alterations in chromatin structure and trigger transcriptional deregulation of target genes is not clear. Moreover the specific gene(s) responsible for FSHD phenotype have not yet been identified. To clarify some of these aspects, we used the Human GeneChip Exon 1.0 ST platform to analyze the global gene expression profiles of FSHD-1, FSHD-2 and controls proliferating myoblasts and the corresponding myotubes. Comparisons of normal and FSHD-1 myoblasts identified a greater number of deregulated genes in comparisons to normal and FSHD-1 myotubes, suggesting a defect in early stages of FSHD-1 differentiation. Moreover, the gene-expression profiles of FSHD-1 and FSHD-2 myoblast exhibited different categories of deregulated genes, demonstrating that different molecular mechanisms are responsible of the disease. The obtained results also suggest that miRNAs could be involved in the regulatory network of FSHD. Our approach provided new insights into the molecular mechanism of FSHD, allowing the identification of new candidate genes that may represent potential targets for clinical application.
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Tumino, Manuela Rossella. "Espressione genica e Profilo Fosfoproteomico nella Malattia del Trapianto contro l Ospite in bambini sottoposti a trapianto di cellule staminali ematopoietiche: confronto tra forma acuta e forma cronica". Doctoral thesis, Università di Catania, 2013. http://hdl.handle.net/10761/1375.

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La malattia del trapianto contro l ospite (Graft versus Host Disease, GvHD), principale complicanza del trapianto allogenico di cellule staminali ematopoietiche (alloTCSE), è un disordine immunologico scatenato dai linfociti T del donatore contro gli alloantigeni del ricevente; la gravità dipende dalle differenze HLA tra donatore e ricevente, con interessamento di diversi organi (cute, tratto gastrointestinale, fegato, polmoni). Si distinguono la forma acuta e cronica (aGvHD, cGvHD). Le conoscenze sulla patogenesi della forma acuta sono meglio conosciute rispetto a quelle sulla cGvHD, in cui diagnosi e gestione terapeutica rappresentano uno dei maggiori problemi post allo-TCSE. Non esistono ancora marcatori biologici in grado di permettere una distinzione tra le due forme. Clinicamente la forma cronica presenta manifestazioni simili alle malattie autoimmuni (sclerodermia, sindrome di Sijogren, psoriasi, malattie infiammatorie croniche intestinali). Sulla base di questa osservazione, scopo di questo studio è stato quello di analizzare retrospettivamente l espressione di marcatori biologici in parte già noti nelle patologie autoimmuni, in 29 pazienti pediatrici sottoposti ad alloTCSE nel periodo dal 1995 al gennaio 2012 presso l Unità Trapianti della Clinica di Oncoematologia di Padova che hanno o meno sviluppato GvHD. Secondo la vecchia classificazione temporale e successiva revisione secondo il National Institute of Health (NIH) sono stati inclusi pazienti con aGvHD (vecchia classificazione: 11 pazienti; NIH 2005: 13 pazienti), con cGvHD preceduta dalla forma acuta (vecchia classificazione: 14 pazienti; NIH 2005: 12 pazienti), pazienti che non avevano sviluppato GvHD (4 pazienti). Sono state eseguite analisi di espressione genica di citochine mediante Sybr Green Real Time Quantitative PCR (RQ PCR) e studio del profilo fosfoproteomico delle proteine coinvolte nelle principali vie di trasduzione del segnale, proliferazione e attivazione delle cellule B e T e nell infiammazione mediante Reverse Phase Protein Array (RPPA). In RQ PCR l'IL22 è risultata essere maggiormente espressa nei pazienti con cGvHD in fase attiva rispetto agli altri pazienti (p value 0,02). Per mancanza di dati completi riguardanti la caratterizzazione immunofenotipica dei pazienti analizzati, non è stato possibile attribuire l aumentata produzione di IL22 a nessun sottotipo cellulare specifico. Avendo a disposizione dati precedentemente raccolti sul numero di cellule Natural Killer (NK), non è stata osservata correlazione con l espressione di IL22, sebbene non sia possibile escludere un possibile ruolo delle NK non avendone studiato lo stato di attivazione. Nell ipotesi di un possibile ruolo delle Th17, è stata osservata correlazione tra espressione genica di IL22 e quella di IL17 (rho: 0,7); tale dato è stato avvalorato dallo studio di fosfoproteomica relativo all espressione delle proteine coinvolte nel pathway di espressione dell IL22 nelle Th17 (JAK2, STAT3 e TYK2): dopo rivalutazione dei pazienti secondo i nuovi criteri NIH del 2005 è stata osservata una tendenza della loro maggiore espressione nel gruppo di pazienti con cGvHD in fase attiva rispetto ai pazienti in remissione completa. Le Th17 potrebbero essere implicate nell aumento dell espressione dell IL22, sebbene possano essere coinvolte anche altre popolazioni (Th1, Th22). L IL22 potrebbe rappresentare un potenziale marker di stato attivo di cGvHD. Al fine di valicare i dati ottenuti bsarà necessario: 1) aumentare la casistica, 2) dosare i livelli plasmatici di IL22, 3) valutare la presenza delle sottopopolazioni Th1, Th17 e Th22, nonché studiare lo stato di attivazione delle NK ai vari timepoint considerati post alloTCSE. Sarà infine interessante studiare l attivazione dei pathway a valle del recettore dell IL22 nelle biopsie dei tessuti interessati dalla cGvHD
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VURUKONDA, SAI SHIVAKRISHNAPRASAD. "Agricoltura simbiotica: aumentare le conoscenze sulle modalità di azione dei microrganismi benefici". Doctoral thesis, Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, 2020. http://hdl.handle.net/11380/1201054.

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I microrganismi che forniscono benefici alle piante promuovono la loro crescita e le proteggono dai patogeni attraverso diversi meccanismi. Tali meccanismi sono la sintesi di IAA, produzione di siderofori, attività di solubilizzazione dei fosfati, produzione di ammoniaca e produzione di antibiotici. meccanismi Pertanto essi sono in grado di proteggere le piante ospiti da numerosi stress biotici e abiotici. Gli endofiti batterici che promuovono la crescita delle piante impiegano meccanismi di promozione della crescita delle piante simili a quelli utilizzati dai rizobatteri. Una serie di microrganismi benefici sono stati valutati per la loro attività antimicrobica in vitro su vari batteri e funghi fitopatogeni. Abbiamo identificato gli endofiti che promuovono la crescita delle piante all'interno dei gruppi batterici come parte del consorzio batterico. Streptomyces sp. ceppo SA51 e Pseudomonas sp. il ceppo PT65 utilizzato nel presente studio sono stati ampiamente caratterizzati per valutare la loro attività di promozione della crescita delle piante in vitro e del biocontrollo. Qui, abbiamo caratterizzato sia i ceppi SA51 che PT65 per la loro capacità di colonizzazione, promozione della crescita delle piante e protezione contro le malattie dei punti del pomodoro causate da Xanthomonas vesicatoria sul pomodoro (Solanum lycopersicum) come pianta modello. In questo studio, l'azione inibitoria diretta contro X. vesicatoria da parte delle piante di pomodoro batterizzate ha mostrato una crescita della pianta significativamente migliore rispetto al controllo. La protezione contro X. vesicatoria in piante di pomodoro batterizzate è stata confermata in serra: la malattia è stata ridotta di circa il 96%. Inoltre, le piante batterizzate dal ceppo SA51 hanno mostrato una crescita significativamente migliore rispetto ai controlli non batterizzati. Infine, è stato riscontrato un beneficio in piante sane inoculate in termini di un aumento significativo del peso secco e della lunghezza di radici e germogli, rispetto ai controlli non inoculati. Un mutante GFP del ceppo SA51 è stato prodotto per studiare la sua colonizzazione endofita nelle piante di pomodoro: i risultati hanno confermato che SA51 è in grado di colonizzare in modo efficiente il pomodoro endofiticamente, dalle radici alle foglie. Gli esperimenti sul campo hanno confermato la capacità del ceppo SA51 di agire come agente di promozione della crescita delle piante: tale attività di promozione si è anche riflessa in un aumento della produzione di frutta di circa il 7%. La promozione della crescita delle piante è un processo multigenico sotto l'influenza di molti fattori; pertanto, la comprensione di questi processi e delle funzioni regolate può avere profonde implicazioni. Il presente studio riporta l'analisi dell'espressione genica differenziale in vite inoculate con un consorzio microbico . I cambiamenti di espressione genica, a diverse ore dopo l'inoculazione (hpi) sono stati studiati per ottenere informazioni su vari geni codificanti proteine di patogenesi (PR), enzimi litici, ormoni della crescita e per mantenere l'integrità della parete cellulare favorendo la promozione della crescita delle piante della vite le foglie. È stato dimostrato che i consorzi microbici hanno indotto la sovraespressione digeni della vite coinvolti nel mantenimento del biocontrollo e nell'attività di promozione della crescita delle piante. Quasi tutti i geni sono stati sotto-regolati inizialmente dopo 0 hpi e 2 hpi, ma in seguito da 4 geni hpi come ACC, CHS, PAL e PER sono stati significativamente sovraregolati. In particolare, i geni PR11 e PR12 hanno significativamente sovraregolato dopo 4 hpi. Pertanto è stata confermata l’attività benefica in vitro e in planta di singoli microrganismi e di loro consorzi.
Microbes that provide benefit to plants are termed as plant growth-promoting bacteria (PGPB) and can facilitate plant growth and protect them from pathogenic microorganisms by several different mechanisms. PGPR can stimulate plant growth promoting traits and induce plant health by providing IAA synthesis, siderophore production, phosphate solubilization activity, ammonia production, and antibiotic production: because of these mechanisms beneficial microbes can protect host plants from several biotic and abiotic stresses. Plant growth-promoting bacterial endophytes employ similar plant growth promotion mechanisms to those used by rhizospheric PGPB. A set of beneficial PGPR were evaluated for their in vitro antimicrobial activity on various phytopathogenic bacteria and fungi. We identified plant growth-promoting endophytes within the bacterial groups as part of the core bacterial consortium. The Streptomyces sp. strain SA51 and Pseudomonas sp. strain PT65 used in the present study were extensively characterized to evaluate their in vitro plant growth promoting (PGP) traits and their biocontrol activity. Here, we characterized both the strains SA51 and PT65 for their colonization ability, plant growth promotion and protection against tomato spot disease caused by Xanthomonas vesicatoria on tomato (Solanum lycopersicum) as model plant. In this study, direct inhibitory action against X. vesicatoria by the bacterized tomato plants showed a significantly good plant growth, as compared to unbacterized controls. Protection against X. vesicatoria by the bacterized tomato plants was confirmed in the greenhouse: disease was reduced by approximately 96%. Additionally, plants bacterized by strain SA51 showed significant plant growth, particularly in aerial parts as compared to un-bacterized controls. Finally, benefit was seen in inoculated healthy plants in terms of a significant increase in dry weight and length of roots and shoots, as compared to the uninoculated controls. A GFP mutant of strain SA51 was produced to study its endophytic colonisation in tomato plants: results confirmed that SA51 was able to efficiently colonise tomato endophytically, from the roots to the leaves. Field experiments confirmed the ability of strain SA51 to act as plant growth promoting agent: such promoting activity was also reflected into an increase of fruit production by approximately 7%. Plant growth promotion is a multigenic process under the influence of many factors; therefore, an understanding of these processes and the functions regulated may have profound implications. The present study reports differential gene expression analysis of Grapevine leaves inoculated with a beneficial microbial consortium that resulted in significant increase in growth traits in terms of biochemical and biocontrol as compared with non-inoculated control. The gene expression changes, represented by different time points hours post inoculation (hpi) have been studied to gain insight into various genes responsible for pathogen related (PR) proteins, lytic enzymes, growth hormones and to maintain cell wall integrity assisted plant growth promotion grapevine leaves. It was observed that the microbial consortium profusely induced the upregulation of grapevine genes involved in maintenance of biocontrol and plant growth promotion activity. Almost all the genes were downregulated initially after 0 hpi and 2 hpi, but later from 4 hpi genes like ACC, CHS, PAL & PER were significantly upregulated. Particularly, PR11 and PR12 genes were significantly upregulated after 4 hpi. Summarising, we were able to confirm the ability of single beneficial microbes and a microbial consortium to act as promoting factor for plant growth and health; this study was done in vitro and in planta.
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Mininni, Alba Nicoletta. "Risposta allo stress da freddo nei pesci: analisi del trascrittoma di Sparus Aurata (L.) esposta alle basse temperature". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2011. http://hdl.handle.net/11577/3421681.

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From the second half of past century to nowadays aquaculture keeps on being the fastest-growing animal-food-producing sector, so that it has provided the 46% of total food fish supply in 2010. However, we are faced with a few problems closely connected to some aspects that are still unknown in the biology of certain relevant species such as the gilthead seabream (Sparus aurata). Functional genomics can offer very well-grounded tools to get information about the molecular mechanisms which are involved in physiological processes whose consequences may be very high also from an economic point of view. The issue concerning how the marine organisms and populations react to climatic changes is a question of paramount importance which is still rather unsettled. The gilthead bream is very sensitive to low temperatures, so that it does not survive when temperature falls under 5°C. In fact, in winter time the breeding cause often huge economic losses to their owners since the mortality rate rises because of metabolic syndrome known as winter disease. In this study we considered the gene expression profiles of Sparus aurata individuals which have been exposed to low temperatures, in experimental conditions that could represent as realistic as possible the winter season. The gene expression profile can be used as a tool to link up the genotype to the physiology and to the phenotype. Moreover, the study looked into populations coming from regions with different climatic conditions (Veneto and Sicily), by assuming a different tolerance to cold exposition. Four groups of wild sea bream (120±16 g), coming in pairs from the two regions, were exposed for 21 days to two temperature treatments: 16 ± 0.3 °C (control groups) and 6.8 ± 0.3 °C (cold groups). Liver and gill samples were collected during acute (0, 6 and 24 hours) and chronic exposure (21 days). The gene expression profiles were analyzed using an oligo-nucleotide microarray technology, with about 19,715 ESTs. Results revealed a complex transcriptomic response to cold with many molecular pathways involved among which: lipid and carbohydrate metabolism, regulation of heat shock proteins (HSPs) and other protein chaperones, protein degradation and repair, regulation of cell death, RNA and DNA metabolism, immune response. The earliest transcriptional response is linked to oxidative stress and anti-oxidant/survival cell response, suggesting an immediate disturbance of systemic oxygen balance. The largest transcriptional difference between cold and control groups occurred during long-term exposure, involving primarily several genes of lipid metabolism with a role in the re-allocation of energy sources and immune-related genes indicating an immunosuppressive effect of cold exposure. The data on the liver and gill transcriptome of the gilthead sea bream exposed to cold provide a starting point to investigate physiological mechanisms underlying long term cold adaptation in fish and to address future research for the identification of cold tolerant S. aurata strain for aquaculture.
Dalla seconda metà del secolo scorso ad oggi l‟acquacoltura continua ad essere il settore delle produzioni animali in più rapida crescita, con il 46% di pesce fornito sul totale consumato nel 2010. Rimangono, tuttavia, problematiche strettamente legate ad aspetti ancora sconosciuti nell‟ambito della biologia di alcune specie d‟interesse come l‟orata comune (Sparus aurata). La genomica funzionale può fornire validi strumenti per ottenere informazioni sui meccanismi molecolari coinvolti nei processi fisiologici importanti anche da un punto di vista economico. Come le popolazioni e le specie marine reagiscono ai cambiamenti climatici è una questione di importanza centrale ancora non del tutto risolta. L‟orata comune risente fortemente del freddo, non sopravvivendo a temperature inferiori ai 5°C e spesso, durante l‟inverno, gli allevamenti subiscono ingenti danni economici per l‟elevata mortalità data dalla sindrome metabolica winter disease. In questo studio sono stati valutati i profili di espressione genica di individui di S. aurata esposti alle basse temperature, in condizioni sperimentali che fossero il più realistiche possibile con la stagione invernale. Il profilo di espressione genica può servire come strumento per legare il genotipo alla fisiologia e al fenotipo. Sono state, inoltre, esaminate popolazioni provenienti da regioni con condizioni climatiche diverse, Veneto e Sicilia, ipotizzando una differente tolleranza al freddo. Quattro gruppi di orate (120±16 g), provenienti a coppie dalle due regioni, sono state esposte per 21 giorni a due trattamenti di temperatura: 16 ± 0,3 °C (gruppi di controllo) e 6,8 ± 0,3 °C (gruppi dei trattati). Campioni di fegato e branchia sono stati raccolti durante esposizione acuta (0, 6 e 24 ore) e cronica (21 giorni). I profili di espressione sono stati analizzati usando un microarray a oligo-nucleotidi con circa 19.715 geni. I risultati hanno rivelato una risposta trascrizionale complessa per la risposta al freddo, con numerosi pathway coinvolti: metabolismo di lipidi e carboidrati, heat shock protein (HSP) e chaperoni, degradazione proteica, apoptosi, metabolismo di RNA e DNA, risposta immunitaria. La prima risposta è legata allo stress ossidativo, suggerendo un disturbo immediato del bilancio dell‟ossigeno a livello sistemico, mentre le più grandi differenze trascrizionali tra trattati e controlli si rilevano durante l‟esposizione a lungo termine, e coinvolgono principalmente geni del metabolismo lipidico per la ridistribuzione delle riserve energetiche e geni dell‟immunità per l‟importante effetto immuno-soppressivo del freddo. I dati del trascrittoma di branchia e fegato di orate esposte alle basse temperature forniscono un punto di partenza per indagare i meccanismi fisiologici sottostanti l‟adattamento al freddo a lungo termine nei pesci e per indirizzare ricerche future volte all‟identificazione di ceppi di S. aurata resistenti al freddo in acquacoltura.
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Ragazzini, Giulia. "Dieta di sostituzione con alimenti a base di grano khorasan KAMUT in pazienti affetti da diabete di tipo 2: Valutazione dell'effetto sull'espressione genica in campioni di sangue intero". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2017. http://amslaurea.unibo.it/14588/.

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Il diabete mellito di tipo 2 (T2DM) è una patologia cronica multifattoriale, la cui incidenza è correlata a fattori socio-economici e comportamentali. Sono ormai numerose le evidenze epidemiologiche che dimostrano la correlazione tra uno stile di vita scorretto e l’insorgenza di T2DM. Essendo la dieta uno dei maggiori fattori di rischio modificabili, la ricerca in ambito nutrizionale si è adoperata nell’ultimo decennio al fine di ridurre il rischio di insorgenza di T2DM e di possibili complicanze attraverso il miglioramento del controllo glicemico e lipidico. In tale ambito, l’Università di Firenze, in collaborazione con l’Ospedale Careggi di Firenze, ha condotto recentemente un trial clinico di intervento per valutare se il consumo regolare di alimenti a base di grano khorasan KAMUT® potesse coadiuvare le terapie nel controllo glicemico, rispetto ad una dieta a base di prodotti con grani moderni. Dati i risultati clinici positivi, è nata una collaborazione con l’Università di Bologna volta a chiarire il meccanismo alla base delle evidenze cliniche mediante valutazione dell’espressione di alcuni geni chiave. Poiché il diabete causa infiammazione cronica e sbilanciamento dell’omeostasi redox, si è ipotizzato il coinvolgimento di meccanismi molecolari connessi alla protezione dal danno ossidativo e infiammatorio, nonché al controllo glicemico. Pertanto, è stata valutata l’espressione del fattore di trascrizione PPARG, coinvolto nell’omeostasi lipidica, di geni legati alla via del segnale PI3K/AKT/mTOR, fondamentale nella regolazione del metabolismo glico-lipidico, e geni della via del segnale Nrf2–Keap1, strettamente connessa alle difese antiossidanti. A seguito di analisi tramite qPCR, è stata riscontrata una down-regolazione del gene codificante per Keap1, dalla dieta con prodotti a base di grano KAMUT® e, al contrario, una up-regolazione dalla dieta con prodotti a base di grani moderni. Tuttavia, le basi molecolari di tali effetti risultano ancora da chiarire.
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FERRÈ, LAURA. "Characterization of the genomic profile and immune repertoire in Multiple Sclerosis patients to predict disease activity". Doctoral thesis, Università Vita-Salute San Raffaele, 2022. http://hdl.handle.net/20.500.11768/133077.

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Multiple Sclerosis has a highly heterogeneous clinical course and, given the large number of available therapies, there is a strong need to identify prognostic markers of disease activity that can guide patients’ management towards a more personalized approach. In the present thesis we investigated clinical, genomic and immunological parameters associated with inflammatory activity. To this aim, we enrolled two cohort of multiple sclerosis patients: an “Extended” cohort of ~1,000 subjects that started a first-line drug, with available clinical and genetic data, and a “Core” dataset of ~200 patients with genetic, transcriptomic and immune repertoire information obtained before treatment. The patients were observed for 4 years and classified according to the no evidence of disease activity status and the time to first relapse criteria. We then tested the relationship between the different –omics data and disease outcomes and we integrated the different layers of information into a prognostic model of disease activity. Our results confirmed that a younger age at onset, a shorter disease duration and female gender strongly correlate with higher inflammatory activity during follow-up. Besides, the genetic study highlighted some suggestive associations near to genes implicated in the regulation of coagulation system and vascular permeability as well as in antioxidant processes, regulation of oligodendrocyte differentiation and remyelination. These findings were strengthened by the results of the transcriptomic and pathway analyses that prioritized biological paths involved not only in immune functions but largely in cell homeostasis and death as well as neurodegeneration. Moreover, we also found that a higher immunological diversity seems to correlate with MS reactivation during follow-up. Finally, we applied machine learning algorithms to integrate clinical, genetic and immunological data and found that the best predictive performance was obtained using clinical information, while the addition of molecular data only slightly improved the prediction of disease activity. In conclusions, our findings demonstrated that genetic, transcriptomic and immune repertoire data can help in deciphering biological processes underlying Multiple Sclerosis pathophysiology and clinical expression but the predictive power of models integrating the different layers of information is currently not enough for application in clinical practice, probably because of the limited sample size of the studied cohort compared also to the number of thousands of features that are tested in the predictive model.
La Sclerosi Multipla è una malattia con decorso clinico molto eterogeneo e, in considerazione dell’elevato numero di terapie ad oggi disponibili, vi è una grande necessità di individuare dei fattori prognostici che possano guidare la gestione clinica dei indagato i parametri clinici, genomici ed immunologici associati all’attività infiammatoria di malattia. A tal fine abbiamo incluso due coorti di pazienti con Sclerosi Multipla: una coorte “Estesa” di ~1,000 individui trattati con un farmaco di prima linea per cui erano disponibili dati clinici e genetici, ed una coorte “Centrale” di ~200 pazienti per cui i dati genetici, trascrittomici e di repertorio immunitario sono stati generati da campioni pre-trattamento. I pazienti sono quindi stati osservati per 4 anni e classificati secondo il criterio di assenza di attività di malattia e sulla base del tempo alla prima ricaduta. E’ quindi stata testata l’associazione tra le singole omiche e questi obiettivi clinici ed infine i diversi livelli di informazione sono stati integrati per costruire un modello predittivo di attività di malattia. I risultati hanno confermato che un esordio più giovanile, una durata di malattia più corta ed il sesso femminile sono associati ad una maggiore attività infiammatoria di malattia durante l’osservazione. Inoltre, lo studio genetico ha evidenziato alcuni segnali suggestivi di associazione nelle vicinanze di geni implicati nel sistema della coagulazione, nella modulazione della permeabilità vasale nonché in processi antiossidanti e nella regolazione della differenziazione degli oligodendrociti e della remielinizzazione. Questi risultati vengono corroborati dalle analisi di trascrittomica e di pathway che hanno selezionato processi biologici implicati non solo in funzioni immunitarie ma soprattutto nella regolazione dell’omeostasi e morte cellulare ed in meccanismi di neurodegenerazione. Inoltre, sembra che un maggior grado di diversità immunologica correli con un maggior rischio di riattivazione di malattia. In ultimo, abbiamo applicato algortimi di “machine learning” per integrare i dati clinici, genetici ed immunologici al fine di predire l’attività di malattia: i migliori esiti in termini predittivi sono stati ottenuti utilizzando le sole informazioni cliniche mentre l’aggiunta di dati molecolari ha portato solo un modesto incremento di predittività. In conclusione, i risultati della presente tesi dimostrano che dati genetici, di trascrittomica e di repertorio immunitario possono aiutare a decifrare i processo biologici alla base della patogenesi e della evoluzione della Sclerosi Multipla ma il potere predittivo di modelli che integrano questi diverse informazioni è attualmente insufficiente per l’applicazione in ambito clinico, probabilmente anche in considerazione del numero limitato di pazienti inclusi nello studio in confronto alle migliaia di variabili considerate in tali modelli.
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Modonut, Martina. "Effetti dei diversi trattamenti post-raccolta sull'espresione di geni nelle drupe di caffè (coffea arabica)". Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2010. http://hdl.handle.net/10077/3503.

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2008/2009
L'aroma di una tazza di caffè appena preparata è l'espressione finale di una lunga catena di trasformazioni che partano dal chicco verde alla bevanda fumante. I semi di caffè contengono tutti i precursori necessari per generare l'aroma durante la fase di tostatura, ma nel determinare un prodotto di qualità concorrono diversi fattori: la genetica, la chimica, l'ambiente e l'uomo. Questo lavoro di ricerca si divide essenzialmente in due parti. In una prima fase è stato possibile aggiornare il database locale con informazioni genetiche riguardanti il trascrittoma delle drupe in via di maturazione di Coffea arabica. La seconda fase, mediante l'utilizzo della tecnica della real time PCR, ha permesso lo studio del profilo di espressione genica dei semi di caffè verde trattati con diversi metodi post-raccolta e con diverse percentuali di acqua. La raccolta di cDNA di drupe in via di sviluppo è stata processata attraverso l'utilizzo di 2 diverse tecniche di sequenziamento, il metodo a terminazione di catena (Sanger) e l'innovativo pirosequenziamento (454 Sequencing) ed è stato possibile aggiornare il database locale (www.coffeedna.net). In totale sono state ottenute 148.777 sequenze sotto forma di Expressed Sequence Tag's (EST). Queste sono state processate eliminando sequenze a bassa qualità, sequenze altamente ripetute e togliendo eventuali adattatori. Successivamente sono state sottoposte ad assemblaggio ibrido, metodica che permette di utilizzare i dati derivanti da tecniche di sequenziamento diverse (454 Sequencing e Sanger) per ottenere delle lunghe sequenze contigue (contig) rappresentanti di potenziali geni. Successivamente è stata fatta l'annotazione genomica per l'idetificazione dei geni e di altri elementi funzionali. In totale è stato possibile annotare 5.774 contig (sui 22.383 iniziali), pari al 25,66% di identificazioni. Nella seconda fase del progetto di ricerca, l’obiettivo è stato volto alla caratterizzazione di alcuni processi biologici mediante un’attenta valutazione quantitativa dell’espressione genica con real time PCR. Si tratta di una tecnologia sensibile e specifica che consente la contemporanea valutazione di un certo numero di marcatori utilizzando una limitata quantità di campione. Questa metodica consente di avere un dato di espressione relativa di un gene bersaglio che viene quantizzato normalizzando contro qualcosa di costitutivo, i geni di riferimento (o reference genes). Questi sono trascritti il cui livello di espressione è costante attraverso tutti i campioni e nelle varie condizioni di reazione. Per questo lavoro sono stati identificati 2 specifici reference genes (GAPDH e Rpl 7) di Coffea arabica. Dalle informazioni dei database pubblici e del nostro database locale è stato invece possibile selezionare e disegnare 16 coppie di primer, specifici per C. arabica, da studiare nell'analisi di espressione dei geni in determinati campioni. Un profilo di espressione genica viene definito come l’insieme dei geni attivati in un tessuto in un particolare momento o condizione. È possibile misurare le differenzetra tessuti diversamente trattati, analizzandone semplicemente il profilo dei geni espressi attraverso la tecnica della real time PCR. Per questo lavoro di tesi sono stati selezionati 16 geni d'interesse sia metabolico che biochimico, coinvolti in diverse attività cellulari di regolazione dei livelli di alcuni composti, quali lipidi, carboidrati, caffeina e acidi clorogenici, associati a caratteristiche qualitative della bevanda. I geni selezionati sono stati studiati in diversi campioni e in diverse situazioni. Innanzitutto sono state studiate le relazioni tra l'espressione relativa dei geni in campioni che si differenziano per il luogo di crescita e per i trattamenti post-raccolta. Avendo a disposizione semi di caffè verde di origine brasiliana coltivati in 2 località e trattati con 3 diversi trattamenti postraccolta (metodo naturale, lavato e semilavato) è stato possibile evidenziare come in alcuni casi le località siano discriminanti sull'espressione genica, mentre altre volte siano i trattamenti post-raccolta ad essere significativi della variabilità nell'espressione genica. In un secondo momento gli stessi geni sono stati analizzati in campioni con diverse concentrazioni di acqua nel seme verde. È ben noto dalla normativa internazionale di standardizzazione ISO 1446:2001 che il contenuto di acqua del seme deve corrispondere ad un valore pari al'11±1% per consentire un adeguato stoccaggio e trasporto dei campioni senza incorrere in difetti quali la fermentazione o la rottura dei chicchi. Dalle analisi real time è stato possibile individuare come in alcuni casi le percentuali di acqua incidano in modo significativo sull'espressione di alcuni geni: dopo un picco di attività nei campioni con il 14,1% di acqua residua, al diminuire della concentrazione di acqua residua diminuisce l'espressione di alcuni geni, probabilmente in seguito ad una degradazione del delicato messaggero. Questi dati sono molto importanti dal punto di vista qualitativo perché potrebbero consentire alcune migliorie nella qualità finale del prodotto. È doveroso ricordare che nella definizione dell'aroma ci sono più di 800 singoli composti che combinandosi tra loro danno origine alle qualità percettive della bevanda ed inoltre la componente personale ha un impatto importante sulla definizione di miglior o peggior aroma.
XXII Ciclo
1978
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COSTA, MARTA. "Disturbo bipolare e cefalea a grappolo: identificazione di geni e pathway molecolari e loro potenziale coinvolgimento nella risposta alla terapia con sali di litio tramite analisi dei profili di espressione genome‑wide". Doctoral thesis, Università degli Studi di Cagliari, 2014. http://hdl.handle.net/11584/266468.

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Cluster headache (CH) and bipolar disorder (BD) are pathological conditions affecting 1% and 1.5% of the general population, respectively. Albeit the pathogenesis has not yet been completely elucidated, family and twin studies have suggested a genetic basis for both disorders, with an estimated heritability of 80% for BD and up to 60% for CH. Though BD and CH are very different diseases, they show important clinical similarities, such as a temporal pattern of disturbances, dysregulation of the wake-­‐sleep cycle, neuroendocrine derangements, and more important positive clinical response to lithium and valproate treatments in a significant proportion of treated patients. In the present study, we sought to explore whether BD and CH patients responders to lithium share common molecular pathways potentially involved in predisposing to positively respond to prophylactic lithium treatment. To this aim, we carried out a transcriptome study in lymphoblastoid cell lines from 10 BD type I patients, responders to lithium, 8 CH patients responders to lithium treatment and 10 healthy subjects (CO). Expression profiles were measured by Affymetrix GeneChip Human Gene ST 1.0 covering 36,079 transcripts. Expression levels of BD and CH patients were compared with CO using a t-­‐test, in order to identify commonly dysregulated genes. Pathway analysis was performed based on the hypergeometric test for over representation of specific Kyoto Encyclopedia of Genes and Genomes (KEGG). A total of 544 and 1172 genes were differentially expressed in BD versus CO and CH versus CO respectively. Filtering criteria were based on corrected p value < 0.05 and a Fold Change (FC) ≥ |1.3|. Among these genes, 314 were commonly altered both in CH and BD compared to CO. The most significant dysregulated gene in BD and CH was RNA binding motif (RNP1, RRM) protein 3 (RBM3), a gene implicated in sleep regulation and in the temperature entrained circadian gene expression (corrected p value of 6,30x 10-­‐09 in BD vs CO and 1,88x 10-­‐09 in CH vs CO). Pathway analysis showed that Protein processing in endoplasmic reticulum pathway was one of the most significantly enriched in BD and CH when compared to CO. In conclusion, data from this pilot microarray study may provide useful and relevant information for a better understanding of the molecular underpinnings of lithium response and on the neurobiology of BD and CH.
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TROTTA, ROSA. "A novel biomarker for cancer and autoimmune diseases: IGFBP6". Doctoral thesis, Università degli Studi di Foggia, 2019. http://hdl.handle.net/11369/382356.

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La temperatura corporea costituisce un importante meccanismo di difesa ed è il risultato di una complessa interazione che coinvolge numerosi fattori. Nell'uomo sano, la temperatura corporea è finemente regolata; deviazioni di 0.5°C oltre il limite superiore possono indicare una condizione patologica. Numerosi agenti possono indurre ipertermia, tra cui, insufficienza cardiaca acuta/cardiomiopatia acuta da stress [1] e infarto miocardico acuto [2] sindrome neurolettica maligna [3], endocrinopatie [4, 5], disturbi del sistema nervoso centrale (SNC) [6] e patologie oncologiche [7]. Le temperature febbrili aumentano l'efficacia della risposta immunitaria durante le infezioni stimolando il sistema immunitario innato e adattativo. Questo studio ha come obiettivo quello di dimostrare come l'ipertermia possa indurre modifiche del profilo di espressione genica e di evidenziare nuovi marker precoci di prognosi/diagnosi in patologie autoimmuni e/o tumorali. Nelle cellule dendritiche, alcuni tra i geni up-regolati codificano per proteine secrete, come IGFBP6 [8]. In condizioni ipertermiche, questa proteina induce chemiotassi dei monociti, dei linfociti T, ma non dei linfociti B. Inoltre, IGFBP6 è un agonista selettivo nei neutrofili poiché aumenta sia il burst ossidativo che la degranulazione e agisce come fattore chemotattico.
Body temperature is an important defense mechanism and is the result of a complex interaction of many factors. In healthy human, the body temperature is regulated very carefully; deviations of 0.5°C above the upper limit of normal are considered to be significant indications of disease. Numerous elements may induce febrile conditions, including acute heart failure/stress cardiomyopathy [1] and acute myocardial infarction [2] neuroleptic malignant syndrome [3], endocrinopathies [4, 5], central nervous system (CNS) disorders [6] and oncological diseases [7]. Febrile temperatures increase the effectiveness of the immune response during infections by stimulating both the innate and adaptive arms of the immune system. The aim of this study is to demonstrate how hyperthermia can induce changes in the gene expression profile and highlight new early markers of prognosis/diagnosis in autoimmune and/or tumor pathologies. Among the up-regulated genes in dendritic cells, some encode secreted proteins, such as IGFBP6 [8]. This protein may have a functional role in the hyperthermic conditions as chemoattractant factor in monocytes and T cells, but not in B cells. Moreover, IGFBP6 is a selective neutrophil agonist, increasing oxidative burst and degranulation, as well as functioning as a chemotactic factor.
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CAVIOLA, GIADA. "Impatto dell’ambiente materno precoce e del sesso sul comportamento e metabolismo in due modelli murini KO". Doctoral thesis, Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, 2020. http://hdl.handle.net/11380/1200998.

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Le interazioni gene-ambiente svolgono un ruolo critico nella modulazione dello sviluppo dell’organismo: in particolare l’ambiente materno precoce sembra essere un fattore chiave dello sviluppo neuro-comportamentale. Il legame tra la madre e il figlio infatti è considerato la relazione sociale più comune e duratura nei mammiferi, filogeneticamente conservato tra le diverse specie. Evidenze sperimentali indicano che l’ambiente materno precoce può modulare la regolazione dell’espressione genica; diversi studi hanno dimostrato che animali che avevano ricevuto maggiori cure materne durante il primo periodo post nascita, presentavano minori livelli di ansia, minore produzione di ACTH e corticosterone, minore invecchiamento nell’ippocampo e maggiore attività immunitaria in risposta allo stress. Negli esprimenti condotti abbiamo approfondito come l’interazione tra ambiente materno precoce e lo specifico background genetico, in relazione al sesso, agisca sul metabolismo e il comportamento. Abbiamo esaminato quindi due diversi modelli murini con modificazioni geniche: il primo è un modello caratterizzato da un knockout condizionale per il recettore Y1r nei neuroni eccitatori del proencefalo; il secondo è un knockout selettivo per TLQP21 (ΔTLQP-21), peptide derivato di VGF. Per testare l’ipotesi che gli effetti della delezione genica possono variare in relazione all’ambiente materno precoce, nel primo esperimento Npy KO e controlli di entrambi i sessi sono stati dati in adozione alla nascita a madri ad alto o basso grado di cure materne (rispettivamente CD1 swiss, FVB – C57/Bl6, Balb/c). In età adulta i topi sono stati sottoposti a test comportamentali per valutare l’aspetto emozionale, sociale ed aggressivo, e a test metabolici in risposta a dieta standard o ad alto contenuto di grassi. Nel secondo esperimento abbiamo eseguito un’analisi dettagliata dell’effetto dell’ambiente materno precoce sugli animali controllo del modello Npy Y1r KO. Nel terzo esperimento infine abbiamo osservato il comportamento materno e il successo riproduttivo in topi ΔTLQP-21 eterozigoti o omozigoti, ed eseguito una caratterizzazione della prole analizzando comportamento emozionale e simil-depressivo negli individui adulti di entrambi i sessi. In generale i risultati del primo studio hanno mostrato che i maschi, ma non le femmine, avevano un aumento dei comportamenti simil-ansiosi e pesavano meno dei loro rispettivi controlli solo quando allevati da madri adottive ad alto grado di cure materne. Nel secondo esperimento abbiamo dimostrato che l’ambiente materno agisce sullo sviluppo della prole ma l’impatto non è ascrivibile soltanto alle variazioni delle cure materne; infatti anche la quantità e la qualità del latte materno e fattori nutrizionali potrebbero essere variabili importanti che influenzano il comportamento e il metabolismo in età adulta. Infine, i risultati del terzo studio hanno indicato che la mutazione nel gene TLQP21 influenza il comportamento materno: genitori che avevano fenotipo mutante ed eterozigote mostravano un livello minore di cure materne (definito dal tempo trascorso nella posizione di arched back) se confrontati con topi wild-type. Tale differenza ha effetto anche sul fenotipo comportamentale degli animali adulti, in particolare riguardo al comportamento emozionale e alle relative differenze sessuali. Saranno dunque necessari ulteriori studi per comprendere il ruolo della nutrizione e del latte materno nello sviluppo comportamentale della prole negli animali Ko e Wt del modello Npy, e per capire in maniera dettagliata quale sia il ruolo dell’ambiente materno nei topi ΔTLQP-21.I risultati ottenuti sottolineano quanto sia importante prendere in considerazione la complessa interazione tra gene, ambiente materno precoce ed effetti legati al sesso quando si lavora con modelli murini geneticamente modificati per identificare funzioni specifiche dei geni.
Interactions between genes and environment are recognized to play a critical role in modulating the development of the organism. More in details early maternal environment seems to be a key factor in shaping neuro-behavioral development; the mother-infant bond is the strongest and more common social relationship in mammal species and phylogenetically highly conserved. Experimental evidence demonstrated that maternal behavior may act on the regulation of genetic expression; in adult life, the offspring that had received high levels of maternal cares showed lower anxiety, less ACTH and Corticosterone production, less aging effect on hyppocampus and more immune activity in response to stress. In the present experiments we investigated the interaction between early maternal environment and specific genetic background, in relation to sex on metabolism and behaviour. We examined two different genetically modified mice models; the first one is a mouse model characterized by a conditional knock-out of the Y1 receptor in the excitatory neurons of the forebrain; the second one is a knockin mouse model of selective loss of the VGF peptide TLQP-21. To test the hypothesis that the effects of gene deletion may vary in relation to early maternal environment, in the first experiment male and female, Npy Ko and control mice were fostered at birth to dams that displayed high or low levels of maternal care (CD1 swiss, FVB – C57/Bl6, Balb/c respectively). As adults mice were tested for emotional, aggressive and social behavior and metabolic changes in response to standard or high fat diets. In the second experiment we performed a detailed analysis of the effect of early maternal environment on control animals of the Npy Y1r KO model. In the third experiment we observed maternal behavior and reproductive success in ΔTLQP-21 heterozygotes or homozygotes breeders and characterized their offspring by an analysis of emotional and depression-like behaviors in adult males and females. Overall the results of the first study showed that males, but not females, had an increase in axiety-like behavior and weighted less than their controls, but only when reared by foster mothers displaying high levels of maternal care. In the second experiment, we demonstrated that early maternal environment affected offspring development but its impact can not be ascribed entirely to the variation in maternal cares; in fact also maternal milk quality/quantity and nutritional factors could be important variables influencing behavior and metabolism in adult’s life. Lastly, results in the third study indicated that the mutation in TLQP21 gene influence maternal behavior, with mutant or heterozygotes breeders displaying lower amount of maternal care (defined by the time spent in the arched back position) when compared with wild type mice. Such a difference affected the offspring subsequent behavioral phenotype as adults, particularly emotional behaviour and sex related differences . Further study will be necessary to investigate the role of nutrition and maternal milk in metabolic and behavioural development of offspring in both NPY KO and WT animals, and to better understand the role of early maternal environment in ΔTLQP-21 mouse. The present findings, however, highlight the importance to take into consideration and control for the complex interaction between genes, early maternal environment and sex-related effects when working with GM mouse models to uncover specific gene functions.
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Benali, Silvia Lucia. "The progression of the tubulointerstitial damage in canine renal diseases". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2015. http://hdl.handle.net/11577/3423949.

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Resumen
Kidney lesions can primarily involve the glomeruli, tubulointerstitium, or renal vessels. However, regardless of the initiating site of injury, all compartments often eventually become affected. Tubulointerstitial damage (TID) plays a central role in the progression of renal diseases, leading to an irreversible decline in renal function and ultimately resulting in end-stage renal disease (ESRD). TID is characterized by loss of renal tubules, increased number of interstitial myofibroblasts, and accumulation of extracellular matrix (ECM) in the interstitium usually with chronic inflammatory cell infiltrate. This project aimed at investigating different aspects of the progression of chronic TID in canine renal diseases. The first part of the project consisted in a morphological study describing the progression of renal lesions in canine Leishmaniosis possibly representing a model of TID progression in infectious immune-mediated glomerulonephritis. Renal biopsies taken at the beginning and after a 60-day period specific leishmanicidal treatment were evaluated. Progression of the TID was overall mild but present in half of the dogs especially those that had severe TID already at the first biopsy. The results further confirmed that the progression of the chronic TID is independent from the persistence of the causative agent. Moreover, elimination of the etiological agent, by means of the leishmanicidal treatment is not responsible for a significant improvement of renal lesions when these are severe and include irreversible changes like the presence of obsolescent glomeruli andd fibrosis. In contrast the positive effect of the treatment seems to occur in case of mild TID and is possibly related to the reduction of the inflammatory component. The second part of the project focused on the role of tubular epithelial cells (TECs) in the progression of chronic TID. Morphological diagnosis, severity of inflammation, interstitial fibrosis, HLA-DR expression by TECs and clinicopathological variables were compared in renal biopsies from dogs with spontaneous kidney diseases of varying severities and etiologies. Fibrosis, HLA-DR expression, serum creatinine concentration (SCr), and urine protein-to-creatinine ratio (UPC) were all increased in dogs with primary glomerular disease compared with dogs with acute tubular necrosis. HLA-DR expression by TECs was positively correlated to fibrosis, inflammation, UPC, and SCr. The study provided evidence of the capacity of TECs of acting as non-professional antigen presenting cells (APCs) in chronic TID, identifying a potential causative effect of the proteinuria. Moreover, this expression of TECs seems to precede and partially overlap with the process of epithelial-to-mesenchymal transition (EMT) and potentially represents a phase of the EMT process itself. The last part of the project investigated and described the progression of TID in a canine model of CKD and was conducted in partnership with the Texas A&M University (College Station, TX, USA). The included dogs were members of a single family affected by a X-linked hereditary nephropathy (XLHN) caused by a mutation in the gene encoding the α5 chain of type IV collagen, which is a crucial component of normal glomerular basement membranes (GBM). The salient clinical and pathological features of the nephropathy that occurs in male dogs with XLHN include juvenile onset of proteinuria and renal failure rapidly progressive to ESRD. Aims of the study were to examine the evolution of renal injury and the expression of selected molecules potentially involved in the progression of chronic TID. Affected dogs were characterized by progressive loss of glomeruli mostly undergoing cystic glomerular atrophy and less commonly global glomerulosclerosis. Primary lesions into the glomerulus were mesangial matrix expansion and hypercellularity. The tubulointerstitial lesions included changes typical of chronic TID, like tubular necrosis and atrophy, interstitial fibrosis and inflammation. The obtained results suggested that two different phases of the disease can be identified. The first was classified as an “early” phase (4 months of age), characterized by minimal or absence of histopathological lesions but evident proteinuria that is characterized by TGFβ, CTGF, and PDGFRα overexpression, likely produced by podocytes and TECs in response to the glomerular damage and intratubular proteinuria. The second “advanced” phase (after 6 months of age) was characterized by prominent glomerular and tubulointerstitial changes associated with an upregulation of clusterin and TIMP1 by TECs. The obtained results significantly improved the understanding of the progression of chronic TID in canine renal diseases pointing out the importance of proteinuria and possibly other molecular changes that precede the morphological changes. More data are needed to further understand the mechanisms responsible for the initiation ad promotion of the secondary TID and the major cellular and molecular players involved in order to identify early and specific markers of renal damage, improve the time of the diagnosis and eventually new targets for therapy.
Un danno renale primario può coinvolgere uno dei comparti del tessuto renale: glomerulare, tubulointerstiziale o vascolare. Tuttavia, indipendentemente dalla struttura anatomica primariamente colpita, tutte le componenti del tessuto renale possono venire secondariamente coinvolte. Il danno tubulointerstiziale cronico svolge un ruolo centrale nella progressione del danno renale e nell’irreversibile declino della funzionalità renale risultante nella Malattia Renale Cronica. Morfologicamente il danno tubulointerstiziale cronico è caratterizzato da perdita del parenchima funzionale, in cui si osserva marcata atrofia tubulare ed espansione dell’interstizio dovuto ad aumento del numero di fibroblasti e accumulo di matrice extracellulare. Spesso in associazione si rileva infiltrato infiammatorio cronico di entità variabile. Il progetto di dottorato è stato suddiviso in tre parti e ha avuto come obiettivo lo studio della progressione del danno tubulo-interstiziale cronico nelle patologie renali del cane. In una prima fase si è analizzata l’evoluzione delle lesioni renali in soggetti con glomerulonefrite immunomediata associata all’infezione da Leishmania spp. Lo studio si è svolto su 14 cani Leishmania-positivi sottoposti ad un trattamento leishmanicida specifico della durata di 60 giorni e in cui si è ottenuta una duplice biopsia renale, pre-trattamento e post-trattamento. Complessivamente si è osservata lieve progressione delle lesioni renali in metà dei soggetti, particolarmente in quei pazienti caratterizzati da prominente danno tubulo-interstiziale già alla valutazione della biopsia pretrattamento. I risultati ottenuti forniscono ulteriore supporto alla tesi secondo cui la progressione del danno tubulo-interstiziale cronico è indipendente dalla persistenza dell’agente causale. Inoltre l’eliminazione dell’agente eziologico, conseguente al trattamento leishmanicida, non sembra essere responsabile di un significativo miglioramento delle lesioni e funzionalità renale soprattutto in caso di lesioni in stadio avanzato e quindi croniche e di gravi come nel caso di glomerulosclerosi globale e fibrosi interstiziale. Al contrario un’efficacia del trattamento farmacologico si è evidenziato in presenza di un danno tubulo-interstiziale lieve ed è apparentemente imputabile ad una riduzione della componente infiammatoria. Nella seconda fase del progetto, lo studio è stato focalizzato ad esplorare il ruolo delle cellule epiteliali tubulari nella progressione del danno tubulointerstiziale cronico. Lo studio è stato svolto su biopsie renali di cane affetti da patologie di diversa natura e gravità ricercando una correlazione tra le lesioni istopatologiche e la funzionalità renale, nonché la capacità delle cellule tubulari epiteliali di agire come cellule presentanti l’antigene. Si è potuto evidenziare che cani affetti da glomerulopatie primarie presentavano più comunemente un danno tubulointerstiziale cronico con fibrosi interstiziale e innalzamento dei parametri di creatinemia e proteinuria, così come si osservava l’espressione ex novo di HLA-DR da parte delle cellule epiteliali tubulari. Ulteriormente si è osservata una correlazione positiva tra l’espressione di HLA-DR nelle cellule epiteliali, il grado di fibrosi, d’infiammazione, e i valori di proteinuria e creatinemia. Lo studio ha evidenziato la capacità delle cellule epiteliali tubulari di agire come cellule presentanti l’antigene nel danno tubulo-interstiziale cronico. Si è inoltre identificata nella proteinuria un possibile agente causale nell’indurre questa capacità. Infine questa parte dello studio ha messo in luce che l’espressione di HLA-DR nelle cellule epiteliali tubulari sembra precedere e parzialmente sovrapporsi con il fenomeno di transizione epitelio-mesenchimale delle cellule epiteliali e potrebbe rappresentarne una fase iniziale. La terza parte del progetto ha descritto la progressione del danno tubulointerstiziale cronico in un modello canino di Malattia Renale Cronica ed è stato svolto in collaborazione con la Texas A&M University (College Station, TX, USA). Lo studio è stato svolto su cani con nefropatia ereditaria legata al cromosoma X e mantenuti in condizioni sperimentali presso la Texas A&M University (College Station – Texas – USA). Tale nefropatia è dovuta ad una mutazione del gene codificante per la catena α5 del collagene di tipo IV, che rappresenta uno dei principali componenti della membrana basale glomerulare. Le caratteristiche cliniche e patologiche della malattia renale in cani affetti da nefropatia ereditaria consistono nell’insorgenza precoce di proteinuria ed insufficienza renale, rapidamente progressive a Malattia Renale Cronica. Obiettivi del lavoro sono stati quelli di esaminare l’evoluzione del danno renale da un punto di vista morfologico, clinico patologico e tramite lo studio dell’espressione genica e proteica di fattori potenzialmente coinvolti nella progressione del danno. I soggetti patologici presentavano una progressiva aumento del numero di glomeruli atrofici cistici o, meno frequentemente globalmente sclerotici. Le lesioni primarie osservate a livello glomerulare consistevano in espansione del mesangio ed ipercellulatià mesangiale. Il tubulointerstizio era caratterizzato da lesioni croniche ed aspecifiche come la necrosi ed atrofia tubulare, la fibrosi interstiziale e l’infiltrato infiammatorio cronico. I risultati ottenuti suggeriscono che si possano distinguere due fasi della malattia renale nella nefropatia ereditaria studiata. Un fase “precoce” (4 mesi di età) in cui si sono osservate da lesioni morfologiche minime o assenti ma con proteinuria conclamata. Da un punto di vista molecolare in questa fase si è evidenziata una sovra-espressione di TGFβ, CTGF, and PDGFRα probabilmente prodotti da podociti e cellule epiteliali tubulari in risposta al danno glomerulare e alla proteinuria. Una seconda fase “avanzata” (dopo i 6 mesi di età) sarebbe invece caratterizzata da lesioni glomerulari e tubulointerstiziali conclamate e da una up-regulation di clusterina e TIMP1 ad opera delle cellule epiteliali tubulari. I risultati ottenuti forniscono nuove informazioni e aumentano la conoscenza dei meccanismi di progressione del danno tubulointerstiziale cronico nelle malattie renali del cane. Dal lavoro effettuato emerge che l’insorgenza di proteinuria e l’alterata espressione di alcune molecole sembra precedere la presenza di lesioni morfologiche. Ulteriori studi sono necessari per approfondire la nostra conoscenza dei meccanismi di iniziazione e promozione del danno tubulointerstiziale cronico, delle componenti cellulari e molecolari coinvolte con l’obiettivo di identificare marcatori di danno renale precoci e specifici e possibili target terapeutici per la gestione del paziente con insufficienza renale.
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D'AMICO, FRANCA. "Studio dell'espressione dei geni del metabolismo degli androgeni e caratterizzazione del profilo citogenetico per la ricerca di biomarcatori genomici in linee primarie di carcinoma della prostata". Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2008. http://hdl.handle.net/2108/680.

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Obiettivi principali di questa tesi di dottorato sono lo studio dell’espressione genica e del profilo citogenetico, basato sulla tecnologia dei microarrays, per l’identificazione di potenziali biomarcatori genomici quali geni candidati per la comprensione della patogenesi molecolare del tumore della prostata, in linee primarie ottenute da campioni di carcinoma prostatico dopo rimozione chirurgica e lo studio degli eventuali geni differenzialmente espressi nelle colture primarie in linfociti estratti da sangue periferico di pazienti affetti da carcinoma prostatico e non trattati farmacologicamente, allo scopo di verificare se l’espressione differenziale è riscontrata anche nel sangue. E’ stato costruito un array a bassa densità costituito da 205 geni (“androchip”) selezionati sulla base del loro provato o potenziale ruolo nella cancerogenesi del carcinoma prostatico relazionati al pathway degli androgeni. E’ stata osservata un’alterata espressione dei geni coinvolti nella progressione verso l’androgeno indipendenza (BCL2, CALR e VIM) e nel contempo una diminuzione del gene PKC-beta, marcatore delle fasi iniziali della progressione del tumore. Inoltre è stato riscontrato un elevato aumento dell’espressione del gene NQO1. Questo gene è in grado di trasformare un farmaco anti tumorale, il β-lapacone, nella sua forma attiva e pertanto potrebbe essere un gene chiave nelle scelte terapeutiche da parte dei clinici. D’altro canto, dopo gli esperimenti di a-CGH non si è riscontrata alcuna anomalia a carico del corredo genomico delle linee primarie analizzate ad eccezione della perdita del cromosoma Y riscontrata in una linea primaria su dieci analizzate, prima con la piattaforma a BAC e confermata con la piattaforma Agilent a oligonucleotidi. Per quanto riguarda lo studio dei biomarcatori nel sangue di pazienti affetti da carcinoma prostatico, sono stati analizzati i geni NQO1, PKC-beta, BCL2 e ERBB2. Nel complesso i nostri dati hanno mostrato una effettiva variazione dell’espressione dei quattro geni esaminati. in particolare abbiamo riscontrato, in alcuni pazienti, una diminuzione dell’espressione di PCK-beta, gene ipo-espresso nelle primissime fasi della malattia e un aumento di espressione del gene ERBB2, gene correlato ad androgeno indipendenza e metastasi. In conclusione, questo lavoro ha portato all’individuazione di marcatori di prognosi sfavorevole in linee primarie ottenute da pazienti con carcinoma prostatico e all’identificazione e alla conferma del potenziale ruolo del gene ERBB2 come marcatore di prognosi nel sangue.
The aims of this study where to investigate expression profiles of genes related to androgen signaling and to screen genomic alterations in primary epithelial cultures derived from tissue explanted from patients undergoing radical prostatectomy to better understanding the rule of androgen pathway and of genomic copy number changes in the development and progression of prostate cancer. Moreover, we investigated expression profiles of selected genes (NQO1, PKC-beta, BCL2 e ERBB2) in circulating blood cells of prostate cancer patients to discover new biomarkers for diagnostic purposes. To carry out these aims we developed a low density home made oligonucleotide-array composed of 205 genes selected on the basis of their proved or potential role in prostate cancerogenesis related to androgen signalling (“AndroChip”), and we carried out array-based comparative genomic hibridization (aCGH) on primary epithelial cultures derived from tissue explanted from patients undergoing radical prostatectomy. After microarray experiments, considering only genes resulted significant in all primary cancer cell lines and whose differential expression had a threeshold>±1,5, we identified a total of 15 genes. In summary, we observed differential expression of genes (BCL2, CALR e VIM) able to confer androgen- independent growth and down regulation of PKC-beta gene that may be down-regulated at an early stage in the pathogenesis of prostate cancer. Moreover, we found over expression of NQO1 gene. High levels of NQO1 gene expression have been observed in many cancers as compared to normal tissues of the same origin. NQO1 bioactivates an anti-cancer agent, Beta-lapachone and so this gene could be exploitable target for the treatment of cancer cells that overexpress this enzyme. After aCGH experiment, we did not reveal genomic imbalances in 9 of the 10 samples examined. In one semple we detected the loss of the Y chromosome. These results demonstrate that no specific genomic biomarkers are detectable for early stage prostatic cancer. Moreover, we studied NQO1, PKC-beta, BCL2 e ERBB2 expression by RT-PCR real-time in peripheral blood mononuclear cell fraction samples of 7 patients with prostate cancer. All thogether, our results showed an differential expression profiles of examinated genes. In particular, we found down regulation of PCK-beta and up regulation of ERBB2. In conclusion, this study allowed to identify prognosis biomarkers in primary cell lines and confirmed that ERBB2 gene can be use as prognosis marker in blood.
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Lonati, C. "MODIFICAZIONI FENOTIPICHE DELL¿ARTERIA BASILARE E RIPERCUSSIONI PERIFERICHE DURANTE EMORRAGIA SUBARACNOIDEA. POTENZIALE TERAPEUTICO DELLE MELANOCORTINE". Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2013. http://hdl.handle.net/2434/217473.

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Background: L'emorragia subaracnoidea (ESA) è una condizione patologica caratterizzata da un accumulo di sangue nello spazio subaracnoideo conseguente a trauma cranico o rottura di un aneurisma. Il decorso clinico è gravato da complicanze cerebrovascolari e sistemiche che peggiorano significativamente la prognosi del paziente. La complicanza più comune e grave dell’ESA è il vasospasmo dell’arteria basilare, che può causare ischemia cerebrale. L'intensa reazione infiammatoria che si sviluppa nello spazio subaracnoideo costituisce un importante fattore patogenetico del vasospasmo. Le complicanze periferiche infettive e infiammatorie,assai frequenti in pazienti con ESA, sembrano essere anche una conseguenza diretta del danno cerebrale. Infatti, il rilascio di citochine nel SNC attiva in modo incontrollato l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, il sistema nervoso simpatico e la via anti-infiammatoria colinergica. Ciò causa l’induzione di uno stato di immunodepressione che aumenta la suscettibilità dell'organismo alle infezioni. Contemporaneamente, nei tessuti periferici, si verifica l'attivazione della risposta flogistica e dell’infiltrazione leucocitaria. Ad oggi, non esiste ancora una strategia risolutiva per il trattamento dell’ESA. Le melanocortine potrebbero costituire un'opportunità terapeutica innovativa. Tali peptidi, derivati dal precursore pro-opiomelanocortina, sono rappresentati principalmente dall’l'ormone -melanocitostimolante (-MSH) e dalll'adrenocorticotropina (ACTH). Essi esercitano potente attività anti-infiammatoria, anti-piretica e immunomodulante. Gli effetti delle melanocortine si esplicano attraverso la modulazione dell’espressione di mediatori pro-infiammatori e l’attivazione di circuiti neurali immunomodulanti endogeni. Obiettivi Della Ricerca: L'obiettivo generale è proporre un nuovo approccio terapeutico per il trattamento dell’ESA. Gli scopi specifici erano: A) Identificare e caratterizzare le modificazioni molecolari indotte a livello dell'arteria basilare e negli organi periferici (milza, fegato e intestino) durante ESA sperimentale; B) Valutare l'efficacia della terapia con una melanocortina sintetica nel prevenire o attenuare le alterazioni associate all'ESA. Lo studio è articolato in 3 fasi: 1) Sviluppo del modello di ESA nel ratto; 2) Analisi molecolare delle ripercussioni precoci e tardive nell’arteria basilare e in periferia; 3) Valutazione dell’efficacia terapeutica delle melanocortine. Risultati: Ottimizzazione e standardizzazione della procedura basata su singola iniezione di sangue autologo in cisterna magna per indurre l’ESA nel ratto. L’analisi di gene profiling indica che l’ESA induce già a 4 ore una profonda alterazione del profilo di espressione dell’arteria basilare. La valutazione del calibro dell'arteria a 5 giorni mostra una riduzione del diametro vascolare del 50%. I risultati preliminari in organi periferici forniscono indicazioni circa la capacità dell’ESA di attivare una risposta extracerebrale e incoraggiano il proseguimento della ricerca allo scopo di caratterizzare in maniera più approfondita tale fenomeno. Il trattamento sistemico con la melanocortina sintetica NDP-MSH ha prevenuto molte delle alterazioni indotte dall’ESA nell’arteria basilare. L’effetto protettivo sembra essere esercitato attraverso la modulazione di diverse vie di segnalazione. NDP-MSH ha ridotto significativamente la vasocostrizione dell’arteria basilare a 5 giorni post-ESA.
Background: Subarachnoid hemorrhage (SAH) is a pathological condition caused by bleeding into the subarachnoid space. Central and peripheral complications worsen patient outcome. Vasospasm is a severe central complication of SAH. It can cause ischemia and permanent brain damage or death. Bleeding-induced inflammation in the subarachnoid space contributes to vasospasm pathogenesis. In addition, peripheral organs develop inflammatory and infectious complications that seem to be a direct consequence of central injury. Indeed, cytokine production induced by brain damage causes activation of hypothalamic-pituitary-adrenal axis, sympathetic nerve signalling and cholinergic anti-inflammatory pathway. These signals induce immunodepression that could partly account for SAH-related increased susceptibility to infection. In peripheral tissues, activation of 2-adrenoreceptors triggers local inflammatory response and leukocyte recruitment. No consistently efficacious therapies have been identified and implemented in clinical practice for this dire condition. Treatment with melanocortins could constitute an innovative therapeutic strategy. Melanocortin peptides, such as -melanocyte-stimulating hormone (-MSH) and adrenocorticotropic ormone (ACTH), are pro-opiomelanocortin derivatives that exert potent anti-inflammatory, immunodulatory, and antipyretic action. These molecules can directly modulate expression of pro-inflammatory molecules in responsive cells and activate endogenous anti-inflammatory neural circuits. Objectives: The general aim in the present research is to implement a novel therapeutic approach for SAH treatment. Specific goals were: A) To identify and characterize SAH-induced molecular alterations in the basilar artery and in the spleen, large intestine and liver; B)To evaluate whether melanocortin treatment can attenuate SAH-associated central and peripheral complications. The present research is divided in 3 phases: 1) Development of an experimental model to induce SAH in the rat; 2) Analysis of SAH-associated molecular alterations in the basilar artery and in peripheral organs at 4 hours and 5 days post-hemorrhage; 3) Evaluation of the potential protective action of melanocortin treatment. Results: Optimization and standardization of surgical procedure based on single autologous blood injection into the cisterna magna to induce SAH in the rat. Gene profiling analysis indicates that SAH induced a profound gene expression alteration in the basilar artery at 4 h. Morphometric analysis shows a marked vasoconstriction in the basilar arteries from the SAH group relative to controls. Preliminary data indicate that hemorrhage exerts detrimental effects in the spleen and liver. Further investigations are required to better analyze peripheral consequences of central injury. Systemic administration of the synthetic melanocortin NDP-MSH prevented most of SAH-induced alterations in the basilar artery. Protective effect is exerted through modulation of different signaling pathways. In addition, NDP-MSH significantly attenuated basilar artery vasoconstriction at 5 days post-SAH.
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Giantin, Mery. "Effetti di fattori intrinseci ed estrinseci sull'espressione in vivo ed in vitro degli enzimi farmaco-metabolizzanti epatici del bovino". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2008. http://hdl.handle.net/11577/3426269.

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Cytochrome P450 superfamily (CYP) comprises an ubiquitous enzyme system, with the highest concentration found in the liver. These enzymes play a crucial role in the metabolism of xenobiotics and endogenous compounds. Their primary role is converting lipophilic compounds to more polar and hydrophilic metabolites by means of oxidative, reductive and hydrolitic reactions. Products of these chemical reactions can then be conjugated with polar endogenous compounds and readily excreted by the organism (Ioannides, 2006). The evaluation of liver biotrasformation pathways in veterinary species, but expecially in cattle, is considered very important, particularly for the presence of potentially harmful residues in foodstuff of animal origin (Sivapathasundaram et al., 2001). Thus, very few informations about bovine metabolism are actually available in literature and they primarily focused on catalytic activities and protein expression data (Sivapathasundaram et al., 2001; Nebbia et al., 2003; Szotáková et al., 2004; Dacasto et al., 2005). Recently, increasing importance has been given to toxicogenomics, the science which studies the correlations between genome structure, activity and toxicological effects of xenobiotics (Aardema and McGregor, 2002). The recent advances in molecular biology have resulted in the possibility to set up innovative, sensitive and specific biomolecular tecniques, that can be successfully applied in Drug Metabolism (DM) studies (Tugwood et al., 2003). As a consequence, the aim of the present research project consists on the application of some recent biomolecular techniques, as the quantitative Real Time PCR (Q RT-PCR), in order to study the expression and the regulation of some genes involved in bovine DM. The following methodological approach has been adopted: firstly a bibliographic search to identify genes involved in xenobiotics metabolism and then, collection of the corresponding available mRNA sequences from databases; clonage and sequencing of bovine sequences not yet available; primers design and set up of bovine-specific Q RT-PCR assays; total RNA isolation from cattle liver samples either of control or experimentally treated with illicit growth promoters; finally, the application of Q RT-PCR assays for the relative quantitation of selected transcripts (genes involved in xenobiotics metabolism and/or transcription factors) in: (a) beef cattle belonging to different meat cattle breeds; (b) veal calves and beef cattle illegally treated with dexamethasone (DEX) administered alone per os or intramuscularly, or in association with 17ß-oestradiol (E2: this last treatment has been considered only in beef cattle); (c) in primary cultures of bovine hepatocytes incubated with endogenous/exogenous precursors of steroids and in beef cattle illegally treated with the same molecules, in order to compare in vivo/in vitro effects. Messanger RNA results were successfully compared and/or correlated with catalytic activity data obtained by using marker substrates known as specific for each considered CYP isoform or phase II enzyme, but also with protein expression data (CYP1A, 2B, 2C, 2E and 3A immunoblotting and semiquantitative densitometric analysis). Partial sequences coding for bovine CYP2B, CYP4A, UGT1A4, RXR?, GR, HNF4? and 17ßHSDII genes (all involved in DM and its regulation) have been cloned, sequenced and submitted to GenBank; furthermore Q RT-PCR assays for a total of 28 transcripts have been designed and set up. Forementioned assays were applied to evaluate the hepatic biotransformative pattern in 18-20 months old beef cattle belonging to three different meat cattle breeds (Charolais, CH; Piedmontese, PM; Blonde d'Aquitaine, BA). Statistically significant differences (P<0.05 or less) have been noticed in CYP1A1, CYP1A2, CYP2B6, CYP2C9, CYP2C18, CYP3A4, UGT1A1, UGT1A6, UGT2B17, GSTA1, GSTM1, GSTP1 mRNA expression. In particular, CH presented the lowest mRNA expression for all the forementioned transcripts except for UGT1A6, if compared with the similar expression profile of PM and BA. Results obtained at the pre-transcriptional level were confirmed at the post-translational one by immunoblotting, only in the case of CYP2B and CYP3A: in this respect, protein expression data for these two enzymes demonstrated the same trend among breeds (CH
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Risso, Davide. "Simultaneous inference for RNA-Seq data". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2012. http://hdl.handle.net/11577/3421731.

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In the last few years, RNA-Seq has become a popular choice for high-throughput studies of gene expression, revealing its potential to overcome microarrays and become the new standard for transcriptional profiling. At a gene-level, RNA-Seq yields counts rather than continuous measures of expression, leading to the need for novel methods to deal with count data in high-dimensional problems. In this Thesis, we aim at shedding light on the problems related to the exploration and modeling of RNA-Seq data. In particular, we introduce simple and effective ways to summarize and visualize the data; we define a novel algorithm for the clustering of RNA-Seq data and we implement simple normalization strategies to deal with technology-related biases. Finally, we present a hierarchical Bayesian approach to the modeling of RNA-Seq data. The model accounts for the difference in sequencing depth, as well as for overdispersion, automatically accounting for different types of normalization.
Negli ultimi anni il sequenziamento massivo di RNA (RNA-Seq) è diventato una scelta frequente per gli studi di espressione genica. Questa tecnica ha il potenziale di superare i microarray come tecnica standard per lo studio dei profili trascrizionali. A livello genico, i dati di RNA-Seq si presentano sotto forma di conteggi, al contrario dei microarray che stimano l’espressione su una scala continua. Questo porta alla necessità di sviluppare nuovi metodi e modelli per l'analisi di dati di conteggio in problemi con dimensionalità elevata. In questa tesi verranno affrontati alcuni problemi relativi all'esplorazione e alla modellazione dei dati di RNA-Seq. In particolare, verranno introdotti metodi per la visualizzazione e il riassunto numerico dei dati. Inoltre si definirà un nuovo algoritmo per il raggruppamento dei dati e alcune strategie per la normalizzazione, volte a eliminare le distorsioni specifiche di questa tecnologia. Infine, verrà definito un modello gerarchico Bayesiano per modellare l'espressione di dati RNA-Seq e verificarne le eventuali differenze in diverse condizioni sperimentali. Il modello tiene in considerazione la profondità di sequenziamento e la sovra-dispersione e automaticamente sviluppa diversi tipi di normalizzazione.
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Gottardini, Elena. "Risposte morfologiche, fisiologiche e geniche all’ozono della specie arbustiva Viburnum lantana L". Doctoral thesis, country:IT, 2012. http://hdl.handle.net/10449/22868.

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Because its oxidative power, tropospheric ozone is considered, at the large scale, the most harmful pollutant to vegetation. The exceedances of critical levels set to protect vegetation are quite high and widespread, so that large parts of crops and forests in Europe are exposed to potentially harmful levels of ozone. The impact of ozone on vegetation is the result of multiple factors such as the concentration in the atmosphere, the stomatal uptake - which depends on environmental and physiological factors -, and the detoxification potential of plants. The complexity of these factors and their interactions can make it difficult to establish a clear relationship between ozone and plant response under field conditions. The use of plants as bioindicators may be a solution because they reflect and summarize all processes that occur between ozone exposure and the response of the plant. The aim of this research is to explore the potential of the shrub species Viburnum lantana L. as a bioindicator in situ to assess the potential effects of ozone on native vegetation. This species is known to be sensitive to ozone, has a specific response (visible foliar injuries, consisting in red stipples on the upper leaf surface ), and a wide spatial distribution. However it is not fully known if V. lantana meets all the requirements to be used as a bioindicator. In particular, the actual responsiveness to ozone of native plants and the relationship between the intensity of responses and the levels of exposure to the pollutant under field conditions remain to be evaluated. For these purposes, two field studies were carried out in the Province of Trento (North Italy) at local (1) and large scale (2). Moreover, a study under controlled conditions (3) was carried out in order to deepen the knowledge about the effects of ozone on V. lantana at biochemical, physiological and genetic level. (1) The first study was carried out in 2009 and aimed at assessing the time course of plant responses to ozone during the growing season. To this, two 1x1 km quadrates were considered. The two quadrates, located 3 km apart, were characterized by different levels of ozone. The adoption of a completely randomized experimental design ensured replication in each area and the selection of plants. Plants were monitored for the development of ozone-specific foliar symptoms, the chlorophyll content (SPAD) and the fluorescence of chlorophyll a during the entire growing season. (2) The second study was carried out in 2010 and aimed at verifying the response of V. lantana to different levels of ozone exposure. To this end, a stratified random sampling design (elevation x ozone) was adopted to select 30 1x1 km quadrates. On all quadrates, the assessment of symptomatic plants was carried out. For this second field study, the spatial domain was the entire surface of the province of Trento (6.200 km2). (3) For the study in controlled environment, 9 potted plants of V. lantana were subjected to fumigation with known concentrations of ozone (60 ppb for 45 days, 5 hours per day) (treated), while other 9 plants were maintained under the same environmental conditions with the exception of ozone (control). Plants were analyzed for the presence and development of foliar symptoms, chlorophyll content (SPAD), fluorescence of chlorophyll a, leaf content of photosynthetic pigments and carbohydrate (HPLC) and gene expression. Overall, the results of the two field studies allowed to verify (1) a temporal development of the responses of V. lantana consistent with the trend of ozone exposure; and (2) an higher frequency of symptomatic plants where ozone levels were also higher. However, the frequency of symptoms was not always proportionate to the level of ozone exposure. At the same time of the onset and spread of foliar symptoms, a decrease in the foliar chlorophyll content and in photosynthetic performance occurred. The analysis of the fluorescence transient of chlorophyll a showed an early response to ozone for the parameter ΔVI-P, that indicates the ability of the final electron acceptor to be reduced. Interestingly, when comparing similar ranges of ozone exposures, symptomatic plants were always more frequent at higher altitudes (above 700 m a.s.l.): this may suggests that they are subjected to an additional oxidative stress (e.g. due to solar radiation), and/or that environmental conditions are more favourable to ozone uptake (high relative humidity and relative lower temperature). The physiological and metabolic analysis carried out on plants treated with ozone, confirmed their reduced photosynthetic capacity and their lower content of chlorophyll, as well as a not completely effective system to protect plants against photo-inhibition. This behavior is probably the cause of the sensitivity of this species in relation to the ozone. V. lantana - whose sensitivity and specificity of response to ozone were verified also in real field conditions - seems suitable as a bioindicator in situ to qualitatively assess the potential impact of ozone, for large-scale surveys and in remote areas. Foliar symptoms on this species are also confirmed as valid response indicators of ozone, although their interpretation in terms of potential damage to vegetation always requires great caution.
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MANCA, CLAUDIA. "Analisi integrata dell'espressione di geni/microrna in un modello di epatocancerogenesi sperimentale". Doctoral thesis, Università degli Studi di Cagliari, 2013. http://hdl.handle.net/11584/266231.

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Hepatocellular carcinoma (HCC) is the fifth most common cancer in the world, accounting for an estimated half million deaths annually, and represents one of the major health problems. Although much is known about the cellular changes that lead to HCC, the molecular pathogenesis of HCC is not yet well understood. Gene expression studies conducted with microarray techniques and real-time PCR, suggest that tumors are characterized by an aberrant activation of signal transduction pathways involved in proliferation, survival, cell differentiation and angiogenesis. However, for HCC, these studies don’t allow the identification of a "signature" or a single specific pathway that is predominantly involved in the development and prognosis of the malignancy. Recently it has become clear that the classification and stratification of cancer can be performed not only through the analysis of gene expression, but also by analyzing the expression of microRNAs, small non-coding RNA molecules that negatively control gene expression and protein synthesis. In the present study we performed an integrated analysis of genome-wide mRNA and microRNA (miR) expression profiles to characterize the molecular events involved in the step-by-step progression (preneoplastic nodules-adenoma-early HCC-advanced HCC) of hepatocellular carcinoma (HCC) in the rat Resistant-Hepatocyte (R-H) model. Interestingly, while analysis of the transcriptome clustered together preneoplastic lesions and advanced HCC, suggesting that the majority of the genes dysregulated in HCC are already aberrantly expressed in early lesions, miRNome analysis did not co-cluster the two populations but, very interestingly, stratified the lesions according to their stage of progression to HCC. The results also unveiled specific genes/miRs, altered in the very early steps of the carcinogenic process, in the transition from adenoma to early HCC or in the progression to advanced HCC. By assessing the correlation between the expression of each miRNA and its targets, we determined that distinct pathways are aberrantly activated in different stages of the carcinogenic process. This integrated approach was also able to identify molecular events discriminating the preneoplastic lesions that will progress to HCC from those that spontaneously regress. Finally, 110 orthologous genes were almost super imposable between rat and human HCC signatures, supporting the value of the R-H model in recapitulating human liver cancer. Conclusions: This systematic analysis deciphered the molecular phenotypes of the several steps involved in the onset and progression of HCC and investigated their variations at mRNA and miR levels. In view of the striking similarity between mRNA and miRs commonly dysregulated in rat and human HCC, our results provide a valuable source for future studies and highlight promising genes, miRNAs, pathways and processes which may be useful for diagnostic or therapeutic applications.
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Bertaggia, Marco. "Ricerca di nuovi indici molecolari e microbiologici dello stato nutrizionale della vite". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2013. http://hdl.handle.net/11577/3423016.

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The study of soil-plant relationships is a prerequisite for controlling production of the vineyard. In vineyard sites of Gambellara, we studied the relationship between productivity, the main physico-chemical properties of soils and some innovative indices for the diagnosis of the nutritional status of the grape as i) the biodegradation capacity of organic matter evaluated by means of degradation of filaments of vegetal and animal origin and ii) the expression of genes that could be involved in defence mechanisms of grape to abiotic stress. Large and significant differences (p<0.05) were observed for physical and chemical fertility parameters evaluated. The vineyards characterized by high productivity are those showing a neutral pH, good supply of organic matter and adequate C/N ratio. These soils also showed high biodegradation of organic matter determined through the soil filaments degradation. The ARISA analysis (Amplified Ribosomal Intergenic Spacer Analysis), carried out on DNA samples isolated through an automatic procedure, showed that sites Pio Paulsen and Pio Carenza, characterized by low biodegradation capacity of organic matter, have a reduced genetic similarity compared to sites Chiarafontana and Branco viceversa characterized by high biodegradation capacity. Furthermore, the number of ARISA peaks, index of the number of soil bacterial species, was was statistically lower (p <0.05) in sites Pio Paulsen and Pio Carenza with respect to sites Chiarafontana and Branco. Plants of Campilonghi’s vineyard which is characterized by acid pH, scarce organic matter content, low C/N ratio, limited degradation capacity of filaments and low leaves content of nitrogen and sulphur showed, with respect plants of Pio Paulsen involved as control, up-regulation of WRKY, SuSy, PAL and STS1 genes. In conclusion, the degradative capacity of filaments and the assays of expression of above genes seem to be valid indicators of soil fertility and grape nutritional status.
Lo studio della relazione suolo-pianta è un presupposto fondamentale per il controllo vegeto-produttivo del vigneto. In siti vitati della zona D.O.C. di Gambellara, ci si è proposti di studiare la relazione fra la produttività, le principali caratteristiche fisico-chimiche del suolo e alcuni indici innovativi per la diagnosi dello stato nutrizionale della vite quali la capacità biodegradativa della sostanza organica valutata mediante la degradazione di fili di natura vegetale e animale inseriti nel suolo e la valutazione dell’espressione di geni che potrebbero essere coinvolti nei meccanismi di difesa della vite dagli stress abiotici. Ampie e significative differenze (p<0,05) sono state riscontrate fra i parametri di fertilità fisico-chimica esaminati. I vigneti caratterizzati da maggiore produttività sono quelli che evidenziano valori di pH neutro, buona dotazione di sostanza organica e un adeguato rapporto C/N. Questi suoli presentano, inoltre, elevata capacità biodegradativa della sostanza organica determinata in base alla degradazione dei fili immessi nel suolo. L’analisi ARISA (Amplified Ribosomal Intergenic Spacer Analysis), eseguita su campioni di DNA estratto da suolo in maniera automatizzata tramite la messa a punto di un nuovo protocollo, ha evidenziato che i siti Pio Paulsen e Pio Carenza, caratterizzati da bassa attività biodegradativa della sostanza organica, hanno una ridotta similarità genetica rispetto ai siti Chiarafontana e Branco caratterizzati viceversa da pronunciata attività biodegradativa. Inoltre, il numero di picchi ARISA, indice della numerosità delle specie batteriche presenti nel suolo, è risultato statisticamente inferiore (p<0,05) nei siti Pio Paulsen e Pio Carenza rispetto ai siti Chiarafontana e Branco. Nelle piante del sito Campilonghi che è caratterizzato da pH acido, scarsa dotazione di sostanza organica, basso rapporto C/N, limitata attività degradativa dei fili vegetali e da basso contenuto fogliare di azoto e zolfo è stata riscontrata la sovra-espressione, rispetto al sito di controllo Pio Paulsen, dei geni WRKY, SuSy, PAL e STS1. In conclusione, la capacità degradativa dei fili e la valutazione dell’espressione dei suddetti geni sembrano essere dei validi indicatori della fertilità del suolo e dello stato nutrizionale della vite.
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BOMBA, LORENZO. "Effect of dietary changes during weaning on gut gene expression in animal models". Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2012. http://hdl.handle.net/10280/1314.

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Una dieta scorretta incrementa il rischio di malattie come l’insulino resistenza e l’obesità. Questa tesi ha l’obiettivo di valutare l’effetto di diete sbilanciate sulla fisiologia ed espressione genica in topi e suini allo svezzamento. Topi C57BL/6 sono stati sacrificati dopo 2 settimane, dopo essere stati alimentati con dieta iper-lipidica e dieta controllo. L’espressione genica è stata stimata usando la tecnologia microarray. Quattro dei sette geni identificati differenzialmente espressi tra il controllo e l’iper-lipidico sono coinvolti nella regolazione della via metabolica del sistema circadiano, che recentemente è stato mostrato avere effetti sul metabolismo lipidico e processo infiammatorio. Il secondo studio ha avuto lo scopo di capire gli effetti dello svezzamento con o senza l’aggiunta di acidificante nella dieta. I suinetti allo svezzamento (T0) sono stati comparati con i suinetti dopo una settimana (T1). Il gruppo post-svezzamento è stato alimentato con una dieta convenzionale, e metà di questi hanno ricevuto un supplemento di acido sorbico. L’aggiunta di acido sorbico nella dieta non ha causato nessuna differenza a livello fisiologico e di espressione genica. 205 geni sono stati identificati come differenzialmente espressi in T1 comparato con T0, evidenziando una forte risposta all’adattamento metabolico e agli stress subiti durante lo svezzamento.
An incorrect diet increases the risk of diseases as insulin resistance and obesity. This thesis aims at assessing the effects of unbalanced diets on gut physiology and gene expression in pig and mouse during weaning. The first research explored the impact of a high fat diet in C57BL/6 mice. High-fat-fed mice and control-fed mice were sacrificed after two weeks of treatment. Gene expression level was assessed by 90K Combimatrix microarray technology. Four of seven genes found differentially expressed between control and high fat diet mice are involved in the regulatory pathway of the circadian clock system, which was recently shown to affect lipid metabolism and inflammatory processes. Those genes were successfully validated by real time PCR. The second study aimed at understanding the weaning effect with or without acidifier addition in the diet. Piglets at weaning (T0) were compared to piglets after one week (T1). The post-weaning group was fed a conventional diet, half of which received in addition sorbic acid. The sorbic acid supplementation evidenced no effects in terms of physiology and gene expression. 205 genes were significantly differentially expressed in T1 when compared with T0, evidencing a response to the metabolic adaptation and the stress suffered during weaning.
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BOMBA, LORENZO. "Effect of dietary changes during weaning on gut gene expression in animal models". Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2012. http://hdl.handle.net/10280/1314.

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Una dieta scorretta incrementa il rischio di malattie come l’insulino resistenza e l’obesità. Questa tesi ha l’obiettivo di valutare l’effetto di diete sbilanciate sulla fisiologia ed espressione genica in topi e suini allo svezzamento. Topi C57BL/6 sono stati sacrificati dopo 2 settimane, dopo essere stati alimentati con dieta iper-lipidica e dieta controllo. L’espressione genica è stata stimata usando la tecnologia microarray. Quattro dei sette geni identificati differenzialmente espressi tra il controllo e l’iper-lipidico sono coinvolti nella regolazione della via metabolica del sistema circadiano, che recentemente è stato mostrato avere effetti sul metabolismo lipidico e processo infiammatorio. Il secondo studio ha avuto lo scopo di capire gli effetti dello svezzamento con o senza l’aggiunta di acidificante nella dieta. I suinetti allo svezzamento (T0) sono stati comparati con i suinetti dopo una settimana (T1). Il gruppo post-svezzamento è stato alimentato con una dieta convenzionale, e metà di questi hanno ricevuto un supplemento di acido sorbico. L’aggiunta di acido sorbico nella dieta non ha causato nessuna differenza a livello fisiologico e di espressione genica. 205 geni sono stati identificati come differenzialmente espressi in T1 comparato con T0, evidenziando una forte risposta all’adattamento metabolico e agli stress subiti durante lo svezzamento.
An incorrect diet increases the risk of diseases as insulin resistance and obesity. This thesis aims at assessing the effects of unbalanced diets on gut physiology and gene expression in pig and mouse during weaning. The first research explored the impact of a high fat diet in C57BL/6 mice. High-fat-fed mice and control-fed mice were sacrificed after two weeks of treatment. Gene expression level was assessed by 90K Combimatrix microarray technology. Four of seven genes found differentially expressed between control and high fat diet mice are involved in the regulatory pathway of the circadian clock system, which was recently shown to affect lipid metabolism and inflammatory processes. Those genes were successfully validated by real time PCR. The second study aimed at understanding the weaning effect with or without acidifier addition in the diet. Piglets at weaning (T0) were compared to piglets after one week (T1). The post-weaning group was fed a conventional diet, half of which received in addition sorbic acid. The sorbic acid supplementation evidenced no effects in terms of physiology and gene expression. 205 genes were significantly differentially expressed in T1 when compared with T0, evidencing a response to the metabolic adaptation and the stress suffered during weaning.
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Granzotto, Alberto. "Role of metal ions dyshomeostasis in neurodegeneration". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2013. http://hdl.handle.net/11577/3423606.

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In the present study metal ions role in neurodegenerative processes has been investigated. Two major pathways have been developed: 1) metal ions role in β-amyloid (Aβ folding and deposition from in vitro to in vivo; 2) calcium dyshomeostasis in an in vitro model of neurodegeneration. Firstly, metal ions role (aluminum, copper, iron, zinc) in Aβ folding and deposition was assessed. Aβ misfolding is, in fact, believed to play a critical role in Alzheimer’s disease pathogenesis. Our data confirm that Aβ folding is closely related to the conjugated metal ion, thereby following peculiar metal ion-dependent conformational changes. Strikingly, we report that aluminum, a non physiological metal ion, is the most efficient in “freezing” Aβ in its oligomeric and most toxic state. Within this framework we investigated the mechanisms underlying Aβ and Aβ-metal conjugates toxicity. To that aim we employed two natural compounds (resveratrol and cholesterol) acting on two different Aβ mechanisms of toxicity: oxidative stress and membrane damage, respectively. In both cases, in vitro analysis revealed that resveratrol and cholesterol do not influence Aβ and Aβ-metal conjugates folding processes, but are still effective in protecting a neuronal-like cell line against Aβ toxicity. We reported that resveratrol was able to significantly reduce the Aβ-triggered generation of reactive oxygen species, meanwhile physiological concentrations of cholesterol were effective in protecting cellular membrane structure against Aβ (especially Aβ-Al) lipid disrupting activity. To further assess that differently shaped Aβ-metal conjugates result in different biological responses, we investigated Aβ-Cu and Aβ-Zn role in influencing/altering gene expression profile in a neuronal-like cell line. We found that these two conjugates are effective in modulating expression of transcripts involved in inflammatory processes, oxidative stress, and in apoptotic cell death. Following these in vitro studies we decided to investigate whether expression of transcripts involved in metal ions homeostasis resulted affected in an in vivo model of the disease, represented by the 3xTg-AD mice. Our data highlight a significant overlapping between the expression profiles of young 3xTg-AD mice compared with aged wild type mice; this finding support the notion that Alzheimer’s disease can be interpreted as a boosted variant of otherwise naturally occurring age-driven changes. In our dataset we found several differentially expressed transcripts involved in calcium homeostasis, a key metal ion for the physiology of the cell. Secondly, calcium dyshomeostasis in striatal neurons following excitotoxic challenge was assessed. Striatal neurons degeneration is involved in several pathologies showing motor and behavioral sequelae, such as Huntington’s disease (HD). We tried to determine why a subpopulation of striatal neurons results spared in HD striata, showing a peculiar resistance towards excitotoxic challenges. Our data demonstrate that the striking resistance of these cells may be due to boosted scavenging capabilities embedded in such neuronal subpopulation, resulting in lack of ROS generation upon excitotoxic insults. Collectively, these findings highlight the pivotal role played by metal ions in the development of neurodegenerative disorders. Noteworthy, not only endogenous and biologically relevant metal ions (iron, copper, zinc and calcium) seem involved in the pathogenesis of neurodegenerative disorders, but also exogenous metals (i.e.: aluminum) could have a key and subtle, although less investigated, role in neuronal degeneration
Il presente lavoro di tesi si è suddiviso in due filoni principali che hanno come filo conduttore la disomeostasi di ioni metallici nei processi neurodegenerativi. La prima parte riporta lo studio sul ruolo di alcuni ioni metallici (alluminio, ferro, rame e zinco) nel processo di folding della proteina β-amiloide (Aβ), ritenuta uno dei fattori eziopatogenici del morbo di Alzheimer. I dati ottenuti dimostrano come i complessi Aβ-metallo-ione acquistino una peculiare conformazione dipendente dal metallo legato, conferendo così all’Aβ particolari proprietà citotossiche. Tale citotossicità risulta particolarmente evidente per il complesso Aβ-Al che è in grado di aumentare, in maniera significativa, la tossicità data dalla sola Aβ o dalla stessa Aβ coniugata con metalli diversi dall’Al. All’interno di questo quadro sperimentale si è poi cercato di indagare più nel dettaglio i meccanismi con i quali Aβ, e i suoi complessi metallici, esercitassero la loro citotossicità. A questo scopo sono stati impiegati due composti quali il resveratrolo e il colesterolo, che vanno ad agire su due meccanismi che stanno alla base della tossicità dell’Aβ, come lo stress ossidativo e l’alterata fluidità delle membrane cellulari. Nel primo caso, i dati in vitro hanno permesso di dimostrare come, agendo in maniera selettiva sulla produzione di specie reattive dell’ossigeno (ROS) Aβ-mediata, sia possibile ridurre la tossicità di Aβ e dei suoi complessi con metalli redox (rame e ferro) mediante un meccanismo di scavenging dei ROS ad opera del resveratrolo, dalle spiccate proprietà anti-ossidanti e neuro-protettive. A questo punto si è indagata la capacità dei vari complessi Aβ-metalloioni di alterare la struttura di membrane lipidiche attraverso l’uso di modelli di membrane cellulari. In precedenza si era dimostrato come il complesso Aβ-Al fosse l’unico complesso in grado di alterare significativamente la fluidità di layer lipidici. I dati ottenuti ci permettono di affermare che tale capacità è dovuta principalmente alla elevata idrofobicità superficiale del complesso Aβ-Al. Inoltre, agendo sulle membrane cellulari con concentrazioni fisiologiche di colesterolo è stato possibile ridurre l’”irrigidimento” delle membrane (lipidico) conseguente alla presenza di Aβ-Al, e ridurne la citotossicità. Si é quindi approfondito il ruolo geno-tossico dei succitati complessi Aβ-metalloioni andando ad indagare come questi siano in grado di modulare in maniera significativa (e metallo-dipendente) l’espressione genica di numerosi trascritti coinvolti nella patologia di Alzheimer. In particolare, il nostro interesse si è focalizzato sui complessi Aβ-Cu e Aβ-Zn, che si sono rivelati in grado di modulare selettivamente l’espressione di geni coinvolti in processi infiammatori, nello stress ossidativo e nella morte cellulare (apoptosi). Dopo questa serie di studi in vitro si è passati ad indagare l’espressione genica dell’intero genoma umano in un modello in vivo di patologia di Alzheimer. Lo scopo era quello di identificare il network o il pathway d’espressione coinvolti della disomeostasi cationica. I profili d’espressione del modello murino 3xTg-AD sono stati pertanto confrontati con quelli del controllo wild type. In questo contesto, si è scoperta una significativa sovrapposizione dei geni sovra- e sotto-espressi tra topi wild type anziani e topi 3xTg-AD giovani. Questo dato supporta l’idea che il substrato patologico dell’AD possa favorire un processo di invecchiamento precoce. All’interno del gruppo di geni trovati differenzialmente espressi, molti erano coinvolti nell’omeostasi del calcio, ione chiave per la fisiopatologia cellulare. Il secondo filone di ricerca ha riguardato lo studio del ruolo dello ione calcio nell’eccitotossicità dei neuroni dello striato. Tale fenomeno è particolarmente importante in alcune patologie neurodegenerative che hanno come segno caratteristico una progressiva e irreversibile perdita del controllo motorio, come ad esempio il morbo di Huntington. L’interesse si è focalizzato nel determinare il perchè una subpopolazione di neuroni striatali, caratterizzata dalla sovraespressione di nitrico-ossidosintasi, non vada incontro ad apoptosi in seguito a stress eccitotossico. I dati raccolti ci hanno permesso di stabilire che la resistenza di tale sottopopolazione al sovraccarico di calcio è dovuta principalmente ad una potenziata capacità di questi neuroni di detossificarsi rapidamente dalle specie ROS, di origine mitocondriale, specie che si generano durante fenomeni eccitotossici. Conclusione. Nel complesso i dati ottenuti sottolineano una volta di più un ruolo centrale degli ioni metallici nello sviluppo e/o nella progressione di alcune patologie a carattere neurodegenerativo. In particolare è importante notare come, a fianco di alcuni ioni metallici endogeni - che hanno un rilevante ruolo fisiologico (ferro, rame, zinco, calcio) -, anche altri ioni privi (apparentemente) di un ruolo biologico, ma coi quali ci interfacciamo quotidianamente, come ad esempio l’alluminio, sembrino svolgere un ruolo chiave in processi eziopatogenetici legati a fenomeni neurodegenerativi
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VOLPE, ELISABETTA. "Gene expression profiling of mycobacterium tuberculosis and human macrophage during host-pathogen interaction". Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2004. http://hdl.handle.net/2108/208538.

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I macrofagi giocano un ruolo essenziale nella risposta immune a Mycobacterium tuberculosis (Mtb), ma Mtb ha evoluto una serie di meccanismi per superare le risposte macrofagiche e può sopravvivere a lungo all’interno del macrofago umano. Lo studio della risposta trascrizionale all’infezione sia dell’ospite che del patogeno, potrebbe essere interessante per conoscere meglio questa interazione. Con questo scopo noi abbiamo analizzato, a livello trascrizionale, la relazione tra virulento Mtb e macrofago umano dopo 7 giorni di infezione, usando la tecnica del macroarray. Noi abbiamo settato una procedura sperimentale per arricchire di RNA micobatterico, l’RNA totale estratto dalle cellule infettate. Inoltre abbiamo ottimizzato il processo di retrotrascrizione per la generazione del cDNA di Mtb, usando primers specifici per il batterio. Quindi abbiamo analizzato le alterazione di Mtb intracellulare rispetto a Mtb cresciuto in un terreno di coltura sintetico, usando un macroarray con l’intero genoma di Mtb, e abbiamo studiato il profilo di espressione genica dei macrofagi infettati, rispetto ai non infettati, usando un macroarray contenente 858 geni umani coinvolti in processi immunoregolatori. L'analisi globale del trascrittoma di Mtb descritta in questo studio evidenzia un batterio che sente attivamente l’ambiente che lo circonda e che si adatta alle condizioni ostili intracellulari. Dal punto di vista del macrofago, invece, l’infezione determina un’up-regolazione di geni codificanti principalmente molecole con ruolo chemotattico, indicando che il macrofago umano mantiene, dopo 7 giorni di interazione col patogeno, la propria capacità di reclutare altre cellule al sito di infezione. I dati di alcuni geni ottenuti dall’ array sono stati confermati in real-time polymerase chain reactions (PCR). In questo contesto noi abbiamo sviluppato un saggio SYBR Green real-time PCR più specifico e sensibile per rilevare mRNAs micobatterici, rari e ricchi in GC, da campioni di cellule infettate.
Macrophages play an essential role in the immune response to Mycobacterium tuberculosis (Mtb), but Mtb evolved effective mechanisms to survive most macrophage effector functions and it can persist within macrophage longtime. The study of transcriptional response to infection of both host and pathogen, should be interesting to better understand this interaction. To this aim we analyzed, at transcriptional level, the relationship of virulent Mtb and human macrophages after 7 days of infection by macroarrays technique. We set up the experimental procedure to enrich in mycobacterial RNA the total RNA extracted from Mtb-infected cells. We optimized also, the reverse transcription process for Mtb cDNA generation, using Mtb specific primers. Then, we studied simultaneously the gene expression profile of the host and the pathogen. We analyzed the alterations in intracellular Mtb, respect to Mtb grown in synthetic medium, using a macroarray with the whole Mtb genome and the gene expression profile of infected macrophages, versus uninfected ones, using a macroarray containing 858 human genes involved in immunoregulation. The global Mtb transcriptome described in this study suggests an intracellular Mtb that actively sense and adapt itself to hostile environment. On the other hand, human macrophages up-regulate, mainly, genes encoding for molecules with a chemotactic role, indicating their maintenance of capacity to recruit other cells at the site of infection, after 7 days of interaction with the pathogen. The data for a selected group of the modulated genes were confirmed by real-time polymerase chain reactions (PCR). In this context we developed a more sensitive and more specific SYBR Green real-time PCR assay to detect rare and GC-rich mycobacterial mRNAs from infected samples.
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ZAGO, Elisa Debora. "Applicazione della tecnica AFLP-TP per lo studio dell'espressione genica in pianta". Doctoral thesis, 2007. http://hdl.handle.net/11562/337969.

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La collezione dei geni che vengono espressi, chiamata anche profilo di espressione o trascrittoma, è il maggior determinante di un fenotipo. Diversamente dal genoma, il trascrittoma è molto dinamico e cambia rapidamente sia in risposta alle perturbazioni sia durante i normali eventi cellulari. Per caratterizzare un gene, è importante determinare il prodotto codificato dal gene stesso e come, dove e quando questo gene venga espresso. Inoltre lo studio dei cambiamenti dei profili di espressione può contribuire a comprendere i meccanismi regolatori di un fenomeno e le vie biochimiche che vengono coinvolte nel fenomeno in esame. Gli esperimenti di analisi dei profili di espressione, pertanto, possono rispondere a diversi problemi biologici. Infatti, monitorando i cambiamenti di questi profili in risposta ad un particolare trattamento o ad uno stimolo, è possibile ottenere il quadro completo di un certo processo biologico. Le tecniche di indagine dell’espressione genica su larga scala sono numerose; tra queste le più utilizzate sono: suppression subtractive hybridization (SSH), differential display reverse transcription PCR (DDRT-PCR), representational difference analysis of cDNA (cDNA-RDA), serial analysis of gene expression (SAGE), massively parallel signature sequencing (MPSS), microarray e amplified fragment length polymorphism - based transcript profile (AFLP-TP). In questo lavoro di tesi è stata applicata la tecnica AFLP-TP per l’analisi dei profili trascrizionali su ampia scala di tre differenti sistemi biologici. Innanzitutto è stata analizzata la regolazione genica da parte dell’ossido nitrico e del perossido d’idrogeno durante l’induzione della morte cellulare ipersensibile in Nicotiana tabacum. Sono stati rilevati 330 frammenti differenzialmente espressi, che sono stati raggruppati in cinque cluster principali. Sono state ottunute 214 sequenze, di cui il 59% non ha omologia con sequenze note di tabacco depositate in banca dati. La riproducibilità dell’esperimento è stata verificata analizzando anche una replica biologica. Il confronto dei risultati relativi ai due esperimenti ha mostrato un accordo dei profili di espressione superiore al 90% e una correlazione significativa. Per validare i risultati ottenuti dall’analisi AFLP-TP, i profili di espressione osservati per dieci frammenti appartenenti ai cinque differenti cluster sono stati analizzati utilizzando la tecnica real-time PCR. L’analisi di regressione tra i dati ottenuti mediante real-time PCR e quelli mediante AFLP-TP ha mostrato una correlazione significativa. L’AFLP-TP è stata poi applicata per studiare l’espressione genica dipendente da fosfatidilinositolo-3-fosfato durante l’arricciamento dei peli radicali nella simbiosi in Medicago truncatula. Sono stati identificati 22 geni putativi, 7 dei quali non sono presenti nella banca dati MtGI. Infine sono stati rilevati 2000 frammenti differenzialmente espressi durante la maturazione e l’appassimento della bacca di Vitis vinifera, che sono stati raggruppati in cluster, secondo il loro profilo di espressione. Sono state ottenute 1270 sequenze di buona qualità, di cui il 27% è risultato assente dalla banca dati di vite VvGI. L’applicazione della tecnica AFLP-TP, quindi, ha permesso di studiare i geni che vengono differenzialmente espressi durante i processi in esame e di identificare geni nuovi, non ancora presenti nelle banche dati pubbliche. Questa tecnica si è dimostrata utile sia per analizzare processi specifici, identificando i geni modulati da molecole segnale, sia per studiare processi complessi come la maturazione e l’appassimento della bacca, in cui si ha la regolazione di migliaia di geni. L’AFLP-TP si è rivelata una tecnologia efficiente, sensibile e riproducibile e, non richiedendo la conoscenza delle sequenze di DNA, è uno strumento utile per l’analisi dell’espressione genica e per l’identificazione di nuovi geni. Per questo motivo, resta la scelta migliore per l’analisi dell’espressione genica in organismi poco studiati.
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