Literatura académica sobre el tema "Esperienza del rischio"

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Artículos de revistas sobre el tema "Esperienza del rischio"

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Pietropaoli, Eleonora, Maria Giuseppina Mantione y Paola Castelli Gattinara. "La CO-TERAPIA. Strategia di intervento per il trattamento della disregolazione emotiva". PSICOBIETTIVO, n.º 2 (julio de 2012): 149–65. http://dx.doi.org/10.3280/psob2012-002010.

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Resumen
In questo articolo viene presentato un intervento di co-terapia per quei pazienti che presentano difficoltŕ nel dialogo interpersonale a causa di un deficit nella regolazione emotiva. Tale esperienza clinica si inserisce nella cornice teorica del cognitivo-evoluzionista ed č caratterizzata dal lavoro congiunto fra un setting individuale e un gruppo psicoeducativo per il potenziamento delle abilitŕ emotive. Questo tipo di intervento integrato, č stato finalizzato a rendere i pazienti piů abili a riconoscere e gestire le emozioni e a superare il rischio di stallo relazionale nel dialogo clinico, a causa dell' incapacitŕ di rappresentare verbalmente le proprie esperienze emotive.
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Tagliapietra, Andrea. "Il rischio del senso. Esperienza scientifica e mito della sicurezza". RIVISTA SPERIMENTALE DI FRENIATRIA, n.º 3 (noviembre de 2015): 9–28. http://dx.doi.org/10.3280/rsf2015-003002.

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Martone, Vittorio. "I conflitti ambientali come sperimentazione di comunitŕ di rischio territorializzato". SOCIOLOGIA URBANA E RURALE, n.º 97 (mayo de 2012): 67–84. http://dx.doi.org/10.3280/sur2012-097006.

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Resumen
In questa saggio l'Autore riflette sui conflitti ambientali come esperienza collettiva di costruzione sociale del rifiuto e del territorio. L'attenzione č posta su due dimensioni delle proteste: da un lato, i modelli di azione collettiva e di cittadinanza politica sperimentati nei conflitti ambientali, con particolare attenzione allo strumento dei presědi territoriali; dall'altro lato, la costruzione sociale della territorialitŕ e la comparsa di manifestazioni identitarie e di comunitŕ a essa collegati.
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Favilli, Silvia. "Affrontare la gravidanza con una cardiopatia". CARDIOLOGIA AMBULATORIALE 30, n.º 1 (31 de mayo de 2022): 47–50. http://dx.doi.org/10.17473/1971-6818-2022-1-11.

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Resumen
Le malattie cardiovascolari costituiscono la prima causa indiretta di mortalità materna in gravidanza. Fra le cardiopatie pre-esistenti alla gravidanza, le Cardiopatie Congenite (CC) rappresentano la condizione più frequente nei paesi occidentali, mentre gli esiti della Malattia Reumatica rimangono la prima causa di morte materna nei paesi in via di sviluppo. Anche se molto più rare delle CC, le Cardiomiopatie, soprattutto le forme dilatative, sono la causa più frequente di scompenso cardiaco in gravidanza. La stratificazione del rischio è fondamentale in tutte le donne portatrici di cardiopatia che desiderano una gravidanza; idealmente la valutazione completa delle condizioni cardiovascolari, l’eventuale correzione di fattori di rischio modificabili ed un counselling strutturato dovrebbero precedere la gravidanza. In tutte le cardiopatie moderate o severe, la consulenza pre-concezionale, la gestione della gravidanza e la programmazione del parto dovrebbero essere affidate ad un team multidisciplinare con esperienza nelle gravidanze ad alto rischio.
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Borin, D., C. Piovan, T. Bovolon, N. Olivieri, M. Barbiero y C. Loschiavo. "Esperienza nell'utilizzo di un nuovo presidio per il Priming dei CVC nel trattamento di Emodialisi". Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 22, n.º 1 (24 de enero de 2018): 18–24. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2010.1192.

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Resumen
Il catetere venoso centrale rappresenta uno dei possibili accessi vascolari per il paziente in emodialisi. I protocolli attualmente in uso per la procedura di attacco prevedono una serie di manovre di movimentazione del sangue seguite da ripetute connessioni-sconnessioni di alcune siringhe, con possibili rischi infettivi sia per il paziente sia per l'ambiente e con una valutazione soggettiva della portata dell'accesso. In questa breve esperienza abbiamo utilizzato un nuovo presidio, denominato “Haemocatch”, che permette di aspirare il sangue da entrambi i lumi del catetere venoso centrale mediante una sola siringa, di restituire il sangue filtrato e privo di eventuali coaguli e di quantificare la portata dell'accesso prima dell'inizio della seduta dialitica in un sistema chiuso. I vantaggi di questo device innovativo sono la standardizzazione del metodo di priming, la riduzione del numero delle connessioni con conseguente minor esposizione al rischio di infezioni, la maggiore sicurezza sia per il paziente sia per l'operatore e la preliminare valutazione della portata dell'accesso, che fornisce un'importante informazione all'operatore e riduce l'evenienza di interruzione del trattamento per portata insufficiente.
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Di Cori, Renzo, Nadia Fedeli y Ugo Sabatello. "Giovani autori di reati sessuali: personal profiling, criminogenesi e criminodinamica del juvenile sexual offending". MALTRATTAMENTO E ABUSO ALL'INFANZIA, n.º 3 (diciembre de 2011): 73–89. http://dx.doi.org/10.3280/mal2011-003005.

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Resumen
Quello dei giovani autori di reati sessuali (- JSO) č un fenomeno complesso, la cui valutazione psicopatologica e criminologica puň risultare complessa ed insidiosa. Gli Autori, in base a quanto riportato dalla letteratura specialistica ed alla loro personale esperienza clinica e di ricerca, delineano le principali caratteristiche strutturali e di funzionamento dei minori autori di reati sessuali (JSO). Vengono in particolare descritte l'eziopatogenesi, alcuni aspetti criminodinamici ed i principali fattori di rischio di recidiva dei comportamenti sessuali abusanti, quali elementi conoscitivi indispensabili alla valutazione ed alla successiva strategia riabilitativa, di cura, dei minori autori di.
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Ghinassi, Simon y Franca Tani. "La gelosia romantica: una rassegna". RICERCHE DI PSICOLOGIA, n.º 2 (septiembre de 2020): 435–66. http://dx.doi.org/10.3280/rip2020-002002.

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Resumen
La presente rassegna si propone di esaminare lo stato attuale della ricerca re-lativa al sentimento di gelosia all'interno della relazione di coppia. In particolare, a partire dalla definizione del costrutto, prende in esame i principali modelli teorici avanzati nel corso del tempo ed esamina le specifiche manifestazioni e caratteristiche che distinguono la cosiddetta gelosia normale da quella patologica, gli esiti che forme diverse di gelosia possono avere sul benessere del singolo e sulla qualità della relazione di coppia, nonché i molteplici fattori di rischio e di prote-zione che concorrono al sorgere e al mantenimento di tale complessa esperienza emotiva.
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Montevecchi, F., G. Cammaroto, G. Meccariello, P. T. Hoff, R. M. Corso, C. Galletti, M. F. H. Al-Rawashdeh y C. Vicini. "Transoral robotic surgery (TORS): a new tool for high risk tracheostomy decannulation". Acta Otorhinolaryngologica Italica 37, n.º 1 (febrero de 2017): 46–50. http://dx.doi.org/10.14639/0392-100x-1134.

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Resumen
La decannulazione è sempre stata considerata una procedura con un certo grado di rischio, specie nei pazienti con ridotti diametri delle via aeree, come nel caso della sindrome delle apnee ostruttive (OSA). Presentiamo 4 casi nei quali la chirurgia robotica transorale (TORS) ha permesso un appropriato management di pazienti tracheotomizzati da divers mesi. Gli obiettivi del nostro lavoro sono: 1. Dimostrare come il team otorinolaringoiatrico possa favorire il riconoscimento di pazienti ad alto rischio di decannulazione inefficace e 2. Evidenziare il ruolo nella TORS nel trattamento dell’ipertrofia della base della lingua, responsabile dell’ostruzione delle vie aeree superiori. Dalla nostra esperienza la TORS appare una tecnica efficace nella decannulazione di pazienti affetti da ipertrofia della base della lingua e da epiglottide flottante.
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Di Guida, Anna. "Gioca con me, così posso fidarmi di me". PSICOTERAPIA PSICOANALITICA, n.º 1 (junio de 2021): 157–78. http://dx.doi.org/10.3280/psp2021-001011.

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Resumen
La perdita della persona amata, come un genitore, irrompe nella vita di un bambino in modalità dirompete e traumatizzante. Mentre il mondo esterno è contraddistinto dal vuoto fisico, il mondo interno tenta disperatamente di colmare la presenza dell'oggetto amato. Cosa accade quando la persona amata mette a rischio la vita dell'altro genitore, quando la morte si impone in maniera violenta e traumatica? Queste domande orientano il delicato lavoro di costruzione di confini tra mondo interno ed esterno, tra fantasia e realtà di un piccolo paziente che mediante il gioco prova ad affrontare il sentimento di perdita, la rabbia e l'angoscia per l'esperienza di mancanza. Il contributo descrive come grazie all'utilizzo del gioco e all'analisi del transfert e del controtransfert, sia possibile fare esperienza di un buon incontro per dare l'avvio alla conoscenza dell'altro e anche di sé stesso.
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Valoriani, Vania, Serena Vaiani y maria Gabriella Ferrari. "Intersoggettivitŕ primaria, interazione precoce ed esperienza di allattamento: soddisfazione materna ed esordio depressivo come fattori di rischio per lo sviluppo infantile". CHILD DEVELOPMENT & DISABILITIES - SAGGI, n.º 3 (abril de 2010): 72–95. http://dx.doi.org/10.3280/cdd2009-003004.

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Resumen
Questo studio longitudinale ha valutato 33 madri dal 3° trimestre di gravidanza ai 3 mesi circa dal parto. Il campione fa parte di un piů ampio studio sulla transizione alla genitorialitŕ, dal quale sono state selezionate le donne con una relazione stabile con il partner e un buon supporto sociale percepito per poter escludere fattori di rischio psicosociale, che non riportavano precedenti disturbi psichiatrici, gravidanza fisiologica e bambini nati sani e a termine. In gravidanza č stato valutato il tono dell'umore materno, la soddisfazione nella relazione di coppia e i sintomi psichiatrici life-time. A circa 3 mesi dal parto il protocollo comprendeva la videoregistrazione dell'interazione con il bambino secondo la metodica del Global Rating Scale (GRS), il retest della scala per la depressione e un'intervista sul contesto emotivo della maternitŕ con riferimento all'andamento e alla soddisfazione nell'esperienza di allattamento. I risultati hanno evidenziato correlazioni negative fra segni di depressione della madre dopo il parto e la scala della sensibilitŕ del GRS, cosě come la qualitŕ del supporto del partner č apparsa correlata con le problematiche relative all'esperienza di allattamento e a piů evidenti sintomi depressivi. La comunicazione nell'interazione dei bambini che avevano avuto un allattamento problematico, o lo avevano giŕ interrotto o mai iniziato, č risultato piů povera nelle scale del GRS. I risultati confermano l'ipotesi che la relazione di allattamento possa essere un fattore protettivo nello sviluppo di competenze in- fantili, come dimostrato dai bambini durante l'interazione con la madre, nel senso di maggior capacitŕ di elicitare risposte positive nella madre.
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Tesis sobre el tema "Esperienza del rischio"

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Marchi, Alessandra. "La gestione del rischio sanitario nell'ambito della ristorazione collettiva: esperienza nel territorio emiliano-romagnolo". Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2016. http://amslaurea.unibo.it/11824/.

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Resumen
L’elaborato illustra come il cambiamento delle abitudini quotidiane, nel corso degli anni, ha portato alla nascita di un tipo di ristorazione capace di conciliare i bisogni di tipo nutrizionale e relazionale con l’aspetto qualitativo fondato sulla salubrità degli alimenti. Il settore della ristorazione collettiva è disciplinato dai Reg. CE 178\02 e 852\04, i quali stabiliscono rispettivamente i principi ed i requisiti generali della legislazione alimentare e le linee guida sull'igiene dei prodotti alimentari. Le principali categorie di ristorazione collettiva sono quella aziendale, scolastica e sociosanitaria che soddisfano le esigenze di un numero ampio di persone accomunate dall’esigenza di usufruire dei pasti, al di fuori della propria abitazione (lavoratori-studenti- degenti di un ospedale). Le fasi principali da affrontare nell’analisi della ristorazione sono la preparazione e la distribuzione dei pasti con attenzione alla prevenzione delle tossinfezioni alimentari e la salubrità degli alimenti prodotti, trasformati e somministrati. La qualità non deve rappresentare un costo bensì un investimento: le aziende che operano nel settore alimentare hanno necessità di certificare ufficialmente il proprio adeguamento alla Normativa HACCP,al fine di aumentare la trasparenza, fornire sicurezza al consumatore e diminuirne l’incertezza, nel rispetto di quanto previsto dalle Leggi. I centri di produzione durante l’intero ciclo di lavorazione dei pasti, dalla preparazione alla commercializzazione, si affidano all’autocontrollo igienico fondato sui principi del modello HACCP che racchiude tute le misure da adottare per garantire la sicurezza igienico sanitaria e l’integrità degli alimenti. L’adempimento dei principi dell’HACCP nelle catene ristorative viene garantito dai controlli ufficiali svolti dalle autorità sanitarie con programmi ed interventi di vigilanza atti a ridurre i pericoli fisici-biologici che possono rendere dannoso un alimento per il consumatore.
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Trombatore, Claudia. "Tomografia computerizzara e rischio di deiscenza delle anastomosi chirurgiche del colon: abdominal calcium score-nostra esperienza". Doctoral thesis, Università di Catania, 2018. http://hdl.handle.net/10761/4155.

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Resumen
La deiscenza dell anastomosi chirurgica rappresenta la più temuta e la più severa complicanza in chirurgia colon-rettale. I processi che determinano l insorgenza della deiscenza anastomotica sono complessi e attualmente solo parzialmente conosciuti. L aterosclerosi potrebbe essere un fattore implicato nel processo di deiscenza, in quanto spia di un alterazione del microcircolo della parete colica che interferisce con i fisiologici processi di riparazione tissutale a livello delle anastomosi. La stima dell aterosclerosi dell aorta addominale può essere effettuata con TC attraverso il calcolo dell AAC secondo il metodo Agatston. I nostri risultati dimostrano una differenza statisticamente significativa dei valori di calcium score tra due gruppi di pazienti "deiscenza" e "no-deiscenza". In conclusione il calcium score può essere considerato in fase pre-operatoria un fattore di predizione del rischio di deiscenza.
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Murana, Giacomo <1985&gt. "Impatto del donatore e validazione di nuovi score di rischio sugli outcomes a breve e lungo termine post trapianto cardiaco: esperienza del Policlinico di Sant' Orsola". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2019. http://amsdottorato.unibo.it/9014/1/TESI%20DEFINITIVA%20dottorato%2031%20ciclo.pdf.

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Resumen
Introduzione Il trapianto cardiaco rimane la terapia di scelta nei pazienti in scompenso cardiaco avanzato. Purtroppo il numero dei donatori rimane molto limitato e non sufficiente a soddisfare il fabbisogno dei pazienti in lista d’attesa. In Italia, la valutazione del singolo donatore è basata su multipli fattori ma non esiste uno standard assoluto che possa predirne l’impatto sugli outcomes dopo l’intervento. Materiali L’obiettivo dello studio è stato quello di analizzare i pazienti che hanno ricevuto un trapianto di cuore presso il nostro istituto con particolare riferimento ai donatori, in modo da: (1) valutare l’impatto della donazione sugli outcomes intraospedalieri e sulla sopravvivenza a lungo termine, (2) identificare fattori di rischio del donatore predittivi di mortalità intraospedaliera e disfunzione precoce del graft (3), validare gli attuali score di rischio internazionali sul donatore non ancora utilizzati nella pratica clinica. Risultati Dal 2000 sono stato eseguiti 461 trapianti di cuore presso il Policlinico di Sant’Orsola. Una disfunzione precoce d’organo si è verificata in 74 pazienti (16.1%): di questi in 51 casi (11.1%) è stato necessario impiantare un supporto meccanico di assistenza cardiocircolatorio. Tra le variabili donatore dipendente solo il picco di troponina e un supporto inotropo con noradrenalina hanno rappresentato fattori di prognostici negativi per mortalità intraospedaliera. Tra gli score di rischio più comunemente utilizzati in ambito internazionale solo il RADIAL score sembrerebbe predire gli outcomes a breve e lungo termine post-trapianto. Conclusioni Il donatore ha un forte impatto sulla prognosi dopo il trapianto. Seppur i nostri donatori presentavano un normale profilo di rischio gli attuali score internazionali ad eccezione del RADIAL non sembrerebbero essere predittivi sulla prognosi di questi pazienti. Prossimo obiettivo sarà quello di creare un algoritmo decisionale per la gestione delle donazione basato sulle caratteristiche del donatore in modo da ottimizzare al massimo l’allocazione degli organi cardiaci.
Introduction Heart transplantation is the therapeutic option still offering the best long-term survival and quality of life to patients with advanced heart failure. Organ availability is the main limitation to the access to care for most patients. Methods Objective of the study was to evaluate our overall experience on heart transplantation with particular regard to donor influence on early and late results. Moreover, new predictive donor risk scores (Donor, Radial and Weiss scoring systems) were applied to our population to understand their possible implications and impact on post-operative outcomes and survival. Results Between January 2000 and December 2017, 461 patients received a heart transplantation. An early graft failure was detected in 16.1% (74/461). Mechanical circulatory support was used in 11.1% (51/461). Of the donor related factors only the peak of troponine (p<0.001) and use of noradrenaline (p=0.02) negatively influenced on early outcomes. Of the actual available scoring systems, the Donor score didn’t influence the outcomes, the RADIAL significantly influenced both early mortality and late survival and the Weiss only on late survival. Conclusions According to our experience heart transplantation offers a definitive and stable treatment over time. The most validated donor scoring systems didn’t homogeneously demonstrate a strong correlation with post-operative outcomes and only the radial score seems an accurate predictor. Next step will be to set up a donor management protocol to maximize heart function protection and improve cardiovascular diagnostics algorithms.
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Salvia, Martina <1989&gt. "Il tossicodipendente cronico tra marginalità e rischio di assistenzialismo. esperienze di riduzione del danno e promozione dell’autonomia in Italia e in Europa". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2017. http://hdl.handle.net/10579/10141.

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Resumen
Il tema della cronicità, all’interno dei servizi per le dipendenze, è uno degli argomenti più dibattuti degli ultimi anni. Incerta e problematica è ancora la definizione di quali siano i piani d’intervento più efficaci da attuare, come risposta ai bisogni specifici del tossicodipendente cronico. Questo lavoro mira a ricercare le prassi operative più esemplificative attuate a livello europeo, nazionale e locale, nell’ambito dell’inclusione e del miglioramento di vita di questo target di utenza. Dopo una disanima dei concetti e delle esperienze, tratta dalla letteratura nazionale ed europea, il lavoro presenta una riflessione frutto delle interviste a testimoni privilegiati e delle osservazioni di gruppi di lavoro di operatori e utenti dei Ser.D sul territorio provinciale veneziano. La ricerca e l’analisi sono state condotte alla luce di pratiche come la riduzione del danno e il welfare generativo, permettendo di giungere a dei risultati. Porre alla base degli interventi tali indirizzi operativi può rappresentare una possibile soluzione nel campo della tossicodipendenza cronica, in quanto consente di contenere i danni alla salute e di responsabilizzare il tossicodipendente. Purtroppo il quadro rintracciato, a livello dei servizi esistenti e dei progetti attuati, è apparso scarso, salvo qualche eccezione. Questo lavoro può rappresentare un contributo, seppur modesto, alla riflessione su una nuova sfida in campo alla dipendenza patologica.
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MUZI, STEFANIA. "Relationships among internalizing and externalizing problems, attachment and alexithymia in high-risk and community adolescents: a multi-method comparative study". Doctoral thesis, Università degli studi di Genova, 2020. http://hdl.handle.net/11567/1005727.

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Resumen
Late-adopted (i.e. adopted after 12months) and residential-care adolescents, due to higher rates of adverse childhood experiences, show high rates of internalizing-externalizing problems and they are at high-risk to show attachment insecurity and alexithymia, which are risk-factors that may increase psychopathological vulnerability during adolescence. However, no studies before compare in the same occasion these two high-risk groups of adolescents with community peers in internalizing-externalizing problems, attachment and alexithymia, which were never assessed simultaneously in these groups. This mixed-method comparative research involved 174 non-clinical adolescents aged 10-19 years (M = 15.55, SD = 2.02, 53% boys) matched for age and gender in 3 groups: two "high-risk groups" of 33 late-adoptees (LA, i.e. adopted after 12 months) and 50 in residential-care (RC), and 91 community teens as low-risk control group (C), with two main aims: 1) to compare groups in internalizing-externalizing problems, attachment and alexithymia with a mixed-method, multi-informant approach, in order to check the assumed vulnerability of high-risk adolescents in these variables. 2) to explore relationships between internalizing-externalizing problems, attachment and alexithymia through groups, exploring the cumulative and interactive effects of attachment and alexithymia as possible risk factors for more internalizing-externalizing problems during adolescence. After the approval of the University's Research Ethic Commitee, formal agreements with the Social and Health Services for adoption and residential-care and high-school for the recruitment of participants,and the signature by legal care-takers of an informed consent for the voluntarly participation of the adolescent in the research, each participant was assessed in two meetings in home visiting. Measures were: The Child Behavior Check List 6-18 years (CBCL, filled by a biological or adoptive parent and by the educator in the RC group) and the Youth Self Report 11-18 years (YSR) to assess internalizing-externalizing problems; the Friends and Family Interview (FFI) and the Inventory for Parent and Peer Attachment (IPPA) to assess attachment representations and relationships; the Toronto Alexithymia Scale 20 item (TAS-20) and the Toronto Structured Interview for Alexithymia (TSIA) to assess alexithymia; the verbal comprehension index of the Weschler Intelligence Scale for Children 4th edition (ICV-WISC-IV) to control the confounding effect of participant's verbal skills in the interview, plus a socio-demographic data form to collect demographic and anamnestic data (e.g. age and lenght of adoption or institituionalization, reasons). Main results were: 1) Residential-care adolescents were confirmed the group more vulnerable to internalizing-externalizing problems, attachment insecurity and higher alexithymia, while late-adopted and community adolescents did not show differences each other. 2) Attachment insecurity and higher alexithymia were related to total and internalizing problems in all groups, while no relations with externalizing problems were found. 3) Alexithymia was a common risk-factors for more total and internalizing problems through groups, while attachment patterns had different group-specific roles. Overall, models of prediction inclusive of attachment and alexithymia allowed the prediction of 4%-39% of total problems and 20%-66% of internalizing problems through groups, with higher vulnerability for girls and a certain variability related to the problem's informant (care-giver or adolescent). In the discussion, shared and specific vulnerabilities of each group from a clinical point of view were discussed, commenting on the practical implications and suggesting ways of using these risk prediction models in clinical practice. In the conclusion, the utility of a mixed-method multi-informant approach was highlighted.
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MIGLIORATI, Lorenzo. "Rappresentazioni sociali del rischio. L'esperienza del rischio tra antico e moderno". Doctoral thesis, 2007. http://hdl.handle.net/11562/337861.

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Resumen
Il tema del rischio è relativamente poco frequentato dalle scienze sociali. Si tratta di un concetto che ha riscosso notevole fortuna in ambiti disciplinari tecnici, come l’ingegneria o l’economia, ma, per lungo tempo, ha mancato di produrre una riflessione esaustiva sulle strutture culturali di fondo e sullo statuto epistemologico proprio al tema, specie in riferimento alle dinamiche sociali cui si accompagna. Le riflessioni tecniche sul rischio ne hanno ristretto l’ambito di analisi alla dimensione negativa e al portato destabilizzante (sul piano della linearità dei fenomeni) osservandolo ora come un accadimento aleatorio da prevedere e gestire per contenerne il potenziale negativo; ora come uno strumento che, debitamente utilizzato e gestito, è in grado di rafforzare l’esito positivo di un corso d’azione permettendo il conseguimento di vantaggi maggiori di quelli conseguibili senza rischiare. Altre volte il fenomeno del rischio è stato utilizzato come possibile indicatore dell’efficacia di particolari pratiche per le quali l’accadimento dell’indesiderato è fenomeno contrario alla pianificazione e, a sua volta, marker dell’inefficacia della pianificazione. Quale che, tra questi, sia il punto di vista più efficace sul tema del rischio, rimane un fatto incontestabile: si tratta, nella loro generalità, di approcci che considerano il rischio come un esclusivo prodotto indesiderato dell’agire umano e, in quanto tale, deve essere, quanto più possibile conosciuto e contenuto. Come si può notare, ritroviamo in queste impostazioni una specie di deriva positivistica e illuminista che le scienze umane, nella complessità dell’approccio culturale, sociale e relazionale non possono accettare...
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SBRANA, ALESSANDRO. "Faculty Development Centri di Professionalità Accademica (CPA)". Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251175.

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Resumen
mondo universitario ha subito un’ondata di cambiamenti che si possono ricondurre alla ricerca dell’eccellenza, declinata secondo le due dimensioni della valutazione e della rendicontazione. Tre sono quelli più evidenti: il primo, il passaggio da una ricerca curiosity driven a una ricerca funzionale al raggiungimento di risultati valutabili in tempi brevi; dalla ricerca pura a quella applicata, da un approccio problem-making a uno problem-solving, da una conoscenza come processo a una conoscenza come prodotto, da un modello disinteressato a uno utilitaristico (Barnett, 1994); il secondo, riguardante l’offerta formativa: dal momento che si è modificato il modo di concepire l’apprendimento; i curricula tendono a essere definiti in termini di risultati di apprendimento predefiniti (Blackmore, 2016); il terzo, peculiare della struttura amministrativa: dal momento in cui sono divenute essenziali una serie di nuove sovrastrutture (programmazione, valutazione, controlli, comunicazione) rispetto al mandato originario della struttura universitaria si registra un aumento consistente del personale delle strutture amministrative. Questi cambiamenti devono fare i conti con la perdita di prestigio della vita accademica, il cambiamento del ruolo dello studente, che è diventato sempre più importante e l’aumento delle procedure burocratiche che rischiano di ingessare un sistema un tempo caratterizzato da un’elevata autonomia. Per consentire alle strutture universitarie di affrontare le sfide culturali a partire dagli anni Settanta nelle università nord-americane si sono strutturate iniziative finalizzate allo sviluppo e alla promozione di una migliore offerta formativa. Tali iniziative vengono definite con l’espressione Faculty Development (FD), una policy accademica finalizzata a creare le condizioni per un miglioramento delle competenze di tutti coloro che sono coinvolti nelle attività svolte in un ateneo. Nella realtà italiana emerge la mancanza di una vera politica di formazione al teaching per i ricercatori e i docenti universitari, per non parlare dell’esigenza di superare il pregiudizio, di gentiliana memoria, secondo il quale non è necessario apprendere a insegnare, ma sia sufficiente avere successo nella ricerca, cui si aggiunge nell’ultimo decennio una continua e affannata richiesta al personale accademico di azioni organizzative, valutative e documentali, che assorbono tempo e energie senza il supporto di adeguati apparati gestionali e senza predisporre indagini valutative capaci di misurare l’effettivo esito di tutte queste azioni. L’effetto finale è un evidente declino (Capano et al., 2017) dell’istituzione universitaria. Si può ipotizzare che la cultura del organizzazione propria del Faculty Development possa contribuire nel contesto italiano a fornire azioni a supporto del cambiamento: è quanto mai essenziale dotare gli atenei di risorse funzionali a riqualificare la vita accademica, fornendo al personale accademico gli strumenti necessari per performare una buona scholarship, realizzare un’efficace offerta formativa e attuare adeguate forme di terza missione, capaci di incrementare la vita culturale della comunità. Il presente studio si propone come un’analisi sistematica della letteratura sul tema del Faculty Development, che persegue l’obiettivo di sviluppare una disamina estesa dell’oggetto, in modo che l’esplicitazione della datità raccolta fornisca un’analisi del fenomeno che possa essere di supporto a un’avveduta educational policy nel campo della formazione universitaria. Nel contesto italiano ad oggi non esiste una cultura di attenzione ai contesti di apprendimento universitario. L’offerta formativa è concepita come offerta di pacchetti curriculari e la predisposizione delle condizioni di apprendimento per il conseguimento del titolo universitario si risolve nella organizzazione di una serie di lezioni, frontali o laboratoriali, senza che tutto questo sia innervato da una specifica intenzionalità didattica. Questa immagine poco confortante non intende affatto trascurare tutti i casi di buone prassi sviluppati nei vari corsi di studio, ma il buono che emerge è demandato all’impegno del singolo, senza che l’istituzione universitaria si interroghi sul come predisporre le condizioni per il potenziamento della qualità dei processi di apprendimento. A fronte di questa situazione la necessità di migliorare la qualità dell’insegnamento non è mai stata così stringente e sfidante come lo è oggi, in un clima di continuo cambiamento della formazione superiore. Nuove tendenze definiscono la formazione superiore, attraversando confini istituzionali e nazionali. Essi influiscono sul modo in cui un insegnamento efficace viene concettualizzato, condotto e supportato, valutato, valorizzato e riconosciuto. È necessario affrontare temi quali l’inadeguata preparazione per il lavoro accademico nei corsi di studio magistrali, l’incapacità dei docenti a trasferire competenze, la crescente complessità degli ambienti accademici, le attese e le responsabilità istituzionali, la necessità di preparare meglio gli studenti con bisogni diversi, e la necessità di stare al passo con i balzi della conoscenza e i cambiamenti nelle professioni. Migliorare la qualità della didattica è inoltre essenziale perché consente di ridurre il numero degli abbandoni. È venuto il momento di transitare da un’offerta formativa di tipo episodico a una prospettiva di esperienze di apprendimento in continuità nel tempo, per accompagnare la formazione dei docenti in un modo strutturalmente organizzato (Webster-Wright, 2009). Sulla base della rilevazione fenomenica, sono emerse le seguenti domande di ricerca: che cosa è il FD? Cosa consente di fare? Come si mette in pratica? Quali sono le potenzialità? Quali sono i limiti? Il FD ha il compito di incentivare i docenti ad interessarsi ai processi di insegnamento e apprendimento e a procurare un ambiente sicuro e positivo nel quale fare ricerca, sperimentare, valutare e adottare nuovi metodi (Lancaster et al. 2014). È finalizzato a promuovere cambiamento sia a livello individuale sia a livello organizzativo. Occupa un posto centrale il miglioramento delle competenze di teaching (Steinert, 2014). Due importanti obiettivi sono rappresentati dalla promozione delle capacità di leadership e di gestione dei contesti (Steiner et al., 2012). Una volta definite le metodologie del teaching, che possono essere oggetto di apprendimento da parte del personale accademico, è risultato necessario identificare le principali modalità formative che un centro di Faculty Development (FDc) dovrebbe mettere in atto per favorire l’apprendimento delle competenze didattiche. Per comprenderne la funzione reale è stato utile prendere in esame le attività proposte dai più importanti centri del panorama accademico nordamericano, analizzandone la struttura organizzativa, le risorse disponibili ed identificandone le due figure principali: il responsabile dell’organizzazione dei processi formativi e il responsabile della struttura. L’analisi dei casi ha consentito di evidenziare i molteplici servizi che possono essere forniti da un FDc. Questa analisi di realtà è risultata molto utile poiché ha offerto indicazioni pragmatiche ai fini di una politica accademica innovativa anche in ambito italiano. Alla luce degli argomenti sviluppati è stato possibile ipotizzare anche per gli atenei italiani l’istituzione di “Centri per la professionalità accademica”, indicando possibili iniziative da essi realizzabili, che potrebbero trovare spazio nella realtà del nostro paese.
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Libros sobre el tema "Esperienza del rischio"

1

Sironi, Andrea y Paolo Savona. La gestione del rischio di credito: Esperienze e modelli nelle grandi banche italiane. Roma: Edibank, 2000.

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2

Domenica, La Manna, Lentini Elena 1957-, Sicily (Italy). Dipartimento beni culturali ed ambientali ed educazione permanente y Sicily (Italy). Centro regionale per la progettazione e il restauro e per le scienze naturali ed applicate ai beni culturali, eds. Scienza e patrimonio culturale nel Mediterraneo: Diagnostica e conservazione : esperienze e proposte per una carta del rischio : atti del III Convegno internazionale di studi La materia e i segni della storia, Palermo, 18-21 ottobre 2007. Palermo: Regione siciliana, Assessorato dei beni culturali ed ambientali e della pubblica istruzione, Dipartimento beni culturali ed ambientali ed educazione permanente, 2009.

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Actas de conferencias sobre el tema "Esperienza del rischio"

1

Crupi, Valentina. "Verso una nuova consapevolezza dell'ambiente: l'agire collettivo per la definizione di nuovi spazi pubblici della città". En International Conference Virtual City and Territory. Roma: Centre de Política de Sòl i Valoracions, 2014. http://dx.doi.org/10.5821/ctv.7957.

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Resumen
La necessità di reagire a situazioni nuove in ambito urbano, come quelle legate gli effetti dei cambiamenti climatici, sta favorendo lo sviluppo, in alcune città europee e americane, di azioni innovative da parte della cittadinanza. Se da un lato, infatti, sono ampiamente sperimentate politiche pubbliche urbane di mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici, dall'altro iniziano a fiorire esperienze 'dal basso' che si manifestano nello spazio quotidiano attraverso processi di cura e tutela del territorio promossi dagli abitanti. La traduzione fisica di queste pratiche sembra mostrare l'emergere di un nuovo tipo di spazio pubblico, dal forte carattere sociale, in cui si manifestano le volontà ecologiche della comunità. Queste esperienze, nate in America ma che hanno ormai una larga diffusione in altre parti del mondo, consistono in azioni più o meno organizzate, coordinate da amministrazioni e università, ma anche da associazioni studentesche, collettivi artistici e comunità di quartiere, e si attuano grazie alla presenza di una cittadinanza attiva e ricettiva. Il seguente intervento sostiene l'ipotesi che simili fenomeni rappresentino una risorsa importante per la conoscenza dei luoghi e lascino intravedere lo sviluppo di una rinnovata prospettiva di responsabilità condivisa e presa di coscienza sulle questioni ambientali. Si tenterà dunque di illustrare gli elementi che favoriscono un progetto condiviso di convivenza col rischio; delineare e definire quelli che sembrano essere i caratteri di un nuovo tipo di spazio pubblico; comprendere come la tecnologia 2.0 possa divenire dispositivo per lo scambio di risorse e di informazioni. Si tratta di una prima ricognizione che però lascia intravedere la ricchezza degli approcci e di possibili soluzioni.
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