Literatura académica sobre el tema "Drenaggi chirurgici"

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Artículos de revistas sobre el tema "Drenaggi chirurgici"

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Maira, G., A. Vignati, E. Marchese, A. Puca, A. Albanese, A. Di Chirico y M. Rollo. "Valutazione del rischio chirurgico nelle malformazioni artero-venose del sistema nervoso centrale". Rivista di Neuroradiologia 15, n.º 1 (febrero de 2002): 137–44. http://dx.doi.org/10.1177/197140090201500113.

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Resumen
I recenti progressi della neurochirurgia e della neuroradiologia permettono di affrontare i problemi relativi alle malformazioni arterovenose cerebrali secondo diverse modalità terapeutiche anche tra loro combinate. Ci riferiamo in particolare al trattamento diretto microneurochirurgico, alla riduzione od esclusione della malformazione vascolare dal circolo mediante trattamento endovascolare anche ripetuto nel tempo ed al trattamento radiochirurgico. Diversi fattori sono stati correlati alla valutazione del rischio chirurgico, quali la sede, le dimensioni, l'angio-architettura, con particolare riferimento alla presenza di aneurismi arteriosi o venosi ed al pattern del drenaggio venoso. Altri fattori che influenzano il rischio chirurgico sono quelli relativi al quadro generale del paziente ed alle sue condizioni neurologiche. L'indicazione al trattamento di una malformazione vascolare si pone se il rischio dell'opzione terapeutica è considerato “accettabile”, ossia inferiore rispetto a quello della storia naturale. Gli Autori espongono i risultati della casistica personale relativa a 20 pazienti trattati con modalità chirurgica ed endovascolare.
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Zhang, C., X. Ding, Y. Lu, L. Hu y G. Hu. "Cerebrospinal fluid rhinorrhoea following transsphenoidal surgery for pituitary adenoma: experience in a Chinese centre". Acta Otorhinolaryngologica Italica 37, n.º 4 (agosto de 2017): 303–7. http://dx.doi.org/10.14639/0392-100x-1086.

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Resumen
Lo scopo del presente studio è stato quello di chiarire i fattori di rischio della rinoliquorrea a seguito di un approccio transfenoidale e di discuterne la prevenzione e il trattamento. Abbiamo revisionato retrospettivamente 474 casi consecutivi di adenoma ipofisario trattati con 485 procedure chirurgiche per via transfenoidale da Gennaio 2008 a Dicembre 2011 nel nostro dipartimento. Abbiamo analizzato l’incidenza di fuoriuscita di liquor cefalorachidiano intraoperatoriamente e nel postoperatorio, e la riuscita di varie strategie di riparazione. Abbiamo riscontrato fuoriuscita di liquor intraoperatoriamente in 85 casi (17.9%) e postoperatoriamente in 13 casi (2.7%). Sette dei 13 pazienti con rinoliquorrea postoperatoria non avevano mostrato fuoriuscita di liquor intraoperatoriamente; tre di questi pazienti avevano adenomi secernenti ADH. Dei rimanenti 6 pazienti con fuoriuscita di liquor sia intra che postoperatoria, 2 erano stati trattati per prolattinoma gigante e invasivo e 2 erano già stati sottoposti in passato a chirurgia trasnfenoidale. In 8 pazienti la fuoriuscita è stata risolta mediante puntura lombare, drenaggio lombare, riposo in posizione semi-reclinata o altri trattamenti conservativi. Due casi sono stati trattati mediante schiuma di gelatina e colla di fibrina utilizzando un approccio transfenoidale e due con grasso autologo e ricostruzione del pavimento della sella utilizzando un approccio transnasale endoscopico. Dopo essere stato sottoposto a due tentativi di riparazione per via transasale, un paziente è stato trattato con successo mediante un ulteriore drenaggio subaracnoideo. In conclusone le procedure che fanno uso di schiuma di gelatina, colla di fibrina e impianti di grasso autologo sono efficaci ai fini del trattamento della rinoliquorrea postoperatoria in pazienti sottoposti a chirurgia transfenoidale. Quando viene rilevata una perdita di liquido cefalorachidiano in corso di chirurgia transfenoidale, un’appropriata ricostruzione del pavimento della sella e un follow up a lungo termine sono necessari.
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Andreoli, A., L. Simonetti, C. Sturiale, R. Agati y M. Leonardi. "Malformazioni artero-venose del sistema nervoso centrale". Rivista di Neuroradiologia 15, n.º 1 (febrero de 2002): 55–67. http://dx.doi.org/10.1177/197140090201500106.

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Resumen
Il trattamento delle malformazioni artero-venose (MAV) cerebrali dispone oggi di 3 opzioni terapeutiche: la microchirurgia, l'embolizzazione, la radiochirurgia. Esiste inoltre la possibilità di combinare fra di loro questi vari trattamenti. La scelta della strategia di trattamento preferibile non è sempre semplice, deve essere personalizzata caso per caso e si basa sull'integrazione di dati clinici, epidemiologici e neuroradiologici. Gli esami diagnostici, neuroradiologici e non, che possono entrare in gioco nello studio delle MAV sono numerosi: TC e/o angio-TC, RM, angio-RMN ed RM “funzionale” (RM-f) di attivazione, studio angiografico, ed altri eventuali esami funzionali quali la PET, i potenziali evocati (pazienti pediatrici in anestesia generale o MAV rolandiche); il transcranial doppler. La scelta delle tecniche varia in funzione delle informazioni che si desidera ottenere. Se l'impostazione terapeutica è essenzialmente chirurgica tradizionale e si basa sull'identificazione del “grading” di una MAV secondo la classificazione di Spetzler e Martin, sono sufficienti i dati deducibili da TC/angioTC o da RM/angio-RM. Sono noti, tuttavia i limiti di questo approccio, che tra l'altro è scarsamente utile per la valutazione del rischio del trattamento endovascolare o radiochirurgico Per tali motivi è più opportuno approfondire lo studio angioarchitettonico e fisiopatologico della MAV con l'esame angiografico selettivo e superselettivo. Nel valutare lo studio angiografico è importante sempre analizzare tutte le sue componenti: afferenti arteriosi, nidus, drenaggi venosi. Al termine di tale iter diagnostico avremo tutti gli elementi fisiopatologici che ci consentono di decidere il trattamento più adeguato: chirurgia; radiochirurgia, trattamenti endovascolari; varie associazioni, trattamento conservativo. In conclusione, esistono pazienti in cui ciascuna delle tre metodiche sarebbe di per sé efficace: in questi casi è da preferire la chirurgia in quanto anatomicamente risolutiva. Esistono pazienti in cui le caratteristiche cliniche e le indagini strumentali orientano verso l'utilizzazione di una sola metodica, chirurgia o radiochirurgia oppure embolizzazione. In altri pazienti il trattamento combinato di due o più metodiche in successione appare il più razionale per ottenere il miglior risultato possibile. Esistono infine alcuni pazienti in cui il rischio di qualsiasi tipo di trattamento è maggiore rispetto al rischio legato alla storia naturale, in cui ancora oggi il trattamento conservativo appare la scelta più ragionevole.
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Capaccio, P., P. Canzi, M. Gaffuri, A. Occhini, M. Benazzo, F. Ottaviani y L. Pignataro. "Modern management of paediatric obstructive salivary disorders: long-term clinical experience". Acta Otorhinolaryngologica Italica 37, n.º 2 (abril de 2017): 160–67. http://dx.doi.org/10.14639/0392-100x-1607.

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Resumen
I disordini ostruttivi salivari sono infrequenti nell’età pediatrica. I recenti progressi tecnologici nel distretto della testa e del collo hanno modificato la strategia diagnostica e terapeutica dei disordini salivari. La diagnosi è oggi basata sull’eco color Doppler, sulla scialo-RMN, sulla cone beam 3D TC, mentre la litotrissia extracorporea ed intracorporea, la scialoendoscopia interventistica, la chirurgia scialoendoscopico- assistita, sono attualmente utilizzati come procedure conservative e mininvasive per la preservazione funzionale della ghiandola affetta. Abbiamo analizzato i risultati dell’esperienza clinica a lungo termine nel trattamento dei disordini ostruttivi dell’età pediatrica. Un gruppo consecutivo di 66 pazienti pediatrici (38 femmine) con sintomi salivari ostruttivi causati da parotite ricorrente pediatrica (32 pazienti), calcoli (20), stenosi duttali (5), e ranule (9) è stato incluso nello studio. 45 pazienti sono stati sottoposti a scialoendoscopia interventistica per parotite ricorrente, calcoli e stenosi, 12 pazienti sono stati sottoposti ad un ciclo di litotrissia extracorporea (ESWL), tre pazienti a chirurgia transorale scialoendoscopico-assistita, un paziente a drenaggio, sei a marsupializzazione e due a sutura della ranula. Nel 90,9% è stato raggiunto un risultato favorevole. L’approccio combinato di litotrissia salivare extracorporea e di scialoendoscopia interventistica è stato utilizzato in tre pazienti ed una procedura secondaria è stata eseguita in sette pazienti. Nessun paziente è stato sottoposto a scialoadenectomia nonostante la persistenza di modesti sintomi ostruttivi in sei pazienti. Non è stata osservata alcuna complicanza maggiore. Adottando un adeguato iter diagnostico mediante eco color Doppler delle ghiandole salivari, scialo-RMN e cone beam 3D TC, i pazienti pediatrici con disordini ostruttivi salivari possono essere efficacemente trattati con un approccio moderno mini-invasivo mediante tecniche di litotrissia extracorporea ed intracorporea, scialoendoscopia interventistica, e chirurgia transorale scialoendoscopico-assistita; questo approccio garantisce un risultato favorevole nella maggior parte dei pazienti evitando così il ricorso alla scialoadenectomia invasiva e mantenendo così la preservazione funzionale della ghiandola coinvolta.
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Beltramello, A., P. Zampieri, E. Piovan, L. Rosta, F. Alessandrini, A. Grazioli, F. Pizzini y V. Martines. "Malformazioni artero-venose intracraniche". Rivista di Neuroradiologia 15, n.º 1 (febrero de 2002): 41–54. http://dx.doi.org/10.1177/197140090201500105.

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Resumen
Al giorno d'oggi, il bilancio diagnostico neuroradiologico degli angiomi intracranici si fonda su tre principali tecniche: Tomografia Computerizzata (TC), Risonanza Magnetica (RM), Angiografia, eventualmente implementate da studi flussimetrici (ad esempio: Xenon-TC). La TC è molto utile negli esami di emergenza e/o in quelli di screening. La superiorità della RM nel dimostrare la precisa localizzazione anatomica e le relazioni del nido della MAV delle sue arterie afferenti e delle vene di drenaggio è probabilmente il vantaggio più importante rispetto alla TC e all'Angiografia. Le tecniche di RM funzionale consentono la mappatura dei principali sistemi funzionali encefalici al fine di delineare le loro precise relazioni anatomiche con la MAV. L'Angiografia rimane la sola tecnica che può fornire l'informazione vascolare ed emodinamica dettagliata necessaria per pianificare il trattamento chirurgico o endovascolare delle M AV. La presenza di emorragia precedente o in atto è reperto di importanza fondamentale per decidere se asportare chirurgicamente la MAV o trattarla conservativamente, a causa dell'elevata incidenza di risanguinamento nei Pazienti con esordio emorragico o in quelli con anamnesi di pregressa emorragia. La RM, con la sua straordinaria sensibilità agli effetti paramagnetici dell'emosiderina, può apportare un contributo molto importante alla gestione terapeutica dei Pazienti in un numero significativo di casi.
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Gasparotti, R., G. F. Gualandi, M. Bonetti, A. Chiesa y G. Galli. "L'angiografia a risonanza magnetica nello studio del circolo cerebrale". Rivista di Neuroradiologia 5, n.º 3 (agosto de 1992): 309–30. http://dx.doi.org/10.1177/197140099200500304.

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Resumen
L'Angiografia a Risonanza Magnetica (ARM) è stata utilizzata per lo studio del circolo cerebrale a completamento della convenzionale indagine RM spin-echo (RM-SE) in 20 pazienti portatori di malformazioni artero-venose (MAV) cerebrali (17 sovratentoriali e 3 sottotentoriali). Per un'efficace dimostrazione sia delle afferenze arteriose che del drenaggio venoso sono stati contemporaneamente impiegati diversi tipi di sequenze ad «pacchetto» 2D e 3D (Time-of-Flight MR Angiography). Nei 5 casi con emorrragia intraparenchimale spontanea è stata utilizzata l'Angio-RM a contrasto d'ampiezza (Magnitude MR Angiography). I reperti sono stati confrontati con quelli dell'angiografia e della RM spin-echo. L'angio-RM è risultata essenziale ai fini di una diagnosi non invasiva di malformazione artero-venosa cerebrale in 3 pazienti (15%) con MAV di piccole dimensioni (diametro max di 15 mm), non riconoscibili nelle immagini spin-echo, ed in 4 casi dubbi (20%) in cui la RM-SE poneva solo un sospetto sulla base di rilievi indiretti. In tutti i casi di emorragia cerebrale da rottura spontanea di MAV l'Angio-RM ha permesso il riconoscimento del nidus angiomatoso residuo, mascherato dal segnale del sangue nelle immagini spin-echo, trovando successiva conferma nell'angiografia. L'Angio-RM si è inoltre dimostrata superiore alia RM spin-echo nella caratterizzazione anatomica delle MAV, riconoscendo un maggior numero di vasi afferenti e precisando meglio il tipo di drenaggio venoso. Confrontata con l'angiografia, l'Angio-RM in 3 casi è risultata insufficiente per la dimostrazione di vasi afferenti di calibro sottile, quali le arterie corioidee e le arterie cerebellari superiori, mentre in altri 3 casi ha mancato la visualizzazione di scarichi venosi profondi non dilatati. Nonostante l'angiografia rimanga l'unica indagine radiologica in grado di fornire una completa caratterizzazione sia morfologica che emodinamica delle MAV cerebrali, indispensabile ai fini di una terapia chirurgica o di un trattamento endovascolare, in base ai risultati del presente studio l'angio-RM può essere considerata come indagine fondamentale nella fase di inquadramento diagnostico, complementare alia RM tradizionale.
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Mascalchi, M., C. Moroni, M. Bartolucci, C. Gavazzi y C. Bortolotti. "Diagnostica neuroradiologica nella patologia della loggia cavernosa". Rivista di Neuroradiologia 13, n.º 3 (junio de 2000): 375–86. http://dx.doi.org/10.1177/197140090001300308.

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Resumen
Il seno cavernoso può essere interessato da patologia neoplastica (primitiva e secundaria), infiammatoria e vascolare. Tutte queste entità, ad esclusione delle fistole carotido-cavernose dirette, si manifestano con una clinica analoga, rendendo la diagnosi dipendente fondamentalmente dalle tecniche di imaging. Attualmente le metodiche più utili nello studio del seno cavernoso sono la tomografia computerizzata e la risonanza magnetica che, con le tecniche di angio-TC ed angio-RM, permettono anche uno studio simil-angiografico della regione di interesse. L'arteriografia selettiva rimane tuttora la tecnica gold standard nello studio delle patologie vascolari (aneurismi della carotide interna e fistole carotido-cavernose). La flebografia sovraorbitaria trova attualmente utilizzo esclusivo nella diagnosi della sindrome di Tolosa Hunt con RM negativa e talvolta nella terapia endovascolare di fistole artero-venose. I tumori primitivi più frequenti sono i meningiomi, mentre i neurinomi del seno cavernoso sono estremamente rari. I meningiomi insorgono dal rivestimento durale del seno e si manifestano, sia alla TC che alla RM, come lesioni ben delimitate con un'impregnazione precoce, intensa ed omogenea. I neurinomi del seno cavernoso possono derivare dal III, dal IV, dal V o dal VI nervo cranico e possono insorgere primitivamente nel seno cavernoso o, più frequentemente, negli spazi cisternali interessando il seno sviluppandosi lungo il nervo. La diagnosi differenziale deve essere posta soprattutto tra il meningioma ed il macroadenoma ipofisario a sviluppo laterosellare (il più frequente tumore secondario). Il principale criterio riguarda l'interessamento della carotide interna che viene frequentemente stenotizzata dai meningiomi, mentre può essere circondata e dislocata dai macroadenomi, senza però apprezzare significative riduzioni del suo lume. Il seno cavernoso può essere interessato per contiguità anche da due neoplasie della base cranica: il carcinoma del rinofaringe ed il cordoma. Le metastasi del seno cavernoso si possono instaurare per via ematogena, liquorale o perineurale. Determinano generalmente aumento di volume del seno, non hanno un segnale RM caratteristico e devono essere messe in diagnosi differenziale con le patologie infiammatorie. Queste comprendono la sindrome di Tolosa Hunt e le affezioni granulomatose croniche (sarcoidosi, granulomatosi di Wegener). La prima è caratterizzata da dolore retroorbitario, paralisi dell'oculomotore ed iperestesia trigeminale sostenute da un'infiammazione del seno ad eziologia sconosciuta. Le immagini di RM possono essere del tutto negative ed in tali casi può essere utile per raggiungere la diagnosi la flebografia. Un valido criterio diagnostico per le patologie infiammatorie è rappresentato dalla drammatica remissione della sintomatologia e del quadro radiologico in seguito a terapia steroidea. Gli aneurismi della carotide interna sono classificati in base alle dimensioni: se di diametro superiore ai 2,5 cm vengono definiti giganti. Questi hanno parete trombizzata, scarsa tendenza alla rottura e si manifestano clinicamente con sintomi da compressione dei nervi che decorrono nella parete od all'interno del seno cavernoso. Nella diagnosi di queste formazioni la semeiotica TC e RM, tra loro complementari, rivestono un ruolo importante. Il criterio fondamentale è però dato dalla dimostrazione della natura vascolare della lesione, ottenibile con le tecniche di angio-TC e angio-RM e l'arteriografia selettiva. Le fistole carotido-cavernose dirette sono anomale comunicazioni ad alto flusso tra la carotide interna ed il seno cavernoso Sono caratterizzate da una presentazione clinica improvvisa ed imponente e sono facilmente valutabili con TC, angio-TC, RM, angio-RM ed arteriografia digitale. Le fistole carotido-cavernose indirette corrispondono a fistole arterovenose durali ed hanno di solito una clinica sfumata ed un decorso subdolo. La loro diagnosi con TC, angio-TC, RM ed angio-RM è più difficile essendo spesso i reperti suggestivi di tali condizioni rappresentati solo da una dilatazione della vena orbitaria di drenaggio. L'arteriografia oltre a confermare la diagnosi rappresenta anche l'indagine indispensabile per la programmazione terapeutica endovascolare o chirurgica.
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Doppman, J. L. "Inferior Petrosal Sinuses Sampling". Rivista di Neuroradiologia 7, n.º 1 (febrero de 1994): 17–26. http://dx.doi.org/10.1177/197140099400700102.

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Resumen
Quando il prelievo dei seni petrosi inferiori (IPS) per la diagnosi differenziale della sindrome di Cushing fu introdotto negli ultimi anni 70, la sua validità fu sottostimata a causa della non compresa necessityà di un prelievo bilaterale. Oltrettutto, il valore di una emiipofisectomia cieca quando nessun tumore sia identificato al tavolo operatorio non è stato apprezzato fino a che non e stato introdotto il prelievo simultaneo bilaterale. Il prelievo dei seni petrosi è meglio eseguito mediante puntura bilaterale delle vene femorali, sebbene in particolari circostanze, le vene giugulari interne possano essere direttamente cateterizzate. La valvola presente alla giunzione tra vena giugulare interna sinistra e vena innominata può essere difficile da superare specie in pazienti con accentuata lipomatosi mediastinica che disloca la vena innominata. I seni petrosi inferiori drenano nella parete mediale delle vene giugulari interne nel tratto immediatamente caudale alla base cranica. Il catetere deve essere posizionato alla giunzione tra segmento verticale e orizzontale del seno petroso inferiore al di sopra della confluenza del plesso venoso vertebrale (VVP). I prelievi dal seno petroso rifletteranno il drenaggio dal seno cavernoso omolaterale solo quando l'iniezione retrograda di mezzo di contrasto opacizzera il seno cavernosa. Cateteri con curve terminali prefissate, quali quelli con configurazione «viscerale» o «a Cobra», tendono a entrare nel plesso venoso vertebrale. Prelievi da queste vene porterebbero ad una diagnosi erronea di sindrome di Cushing ectopica. Gradienti unilaterali si riscontrano nel 40% dei pazienti con comprovato adenoma ipofisario corticotropo cosicchè il prelievo bilaterale è essenziale. Il posizionamento routinario di un catetere Tracker nel seno cavernoso non è necessario e aggiunge considerevoli costi. Cateteri Tracker possono essere usati per attraversare i seni intercavernosi allo scopo di ottenere campionamenti bilaterali in pazienti con una vena giugulare interna ostruita. Per quanto riguarda la nostra esperienza, il successo del prelievo bilaterale dei seni petrosi supera il 98%. Nel 30% circa dei casi, il seno petroso inferiore si connette con la vena giugulare interna attraverso un plesso di vene e in tali casi l'uso di un catetere Tracker si può rendere necessaria. In meno del 2% dei pazienti non c'è connessione tra il seno petroso inferiore e la vena giugulare interna di un lato. Dopo la raccolta di campioni basali, viene eseguita la stimolazione con CRH (corticotropin-releasing hormone) somministrato alla dose di 1 ug/Kg di peso corporeo e prelievi bilaterali dai seni petrosi vengono eseguiti a tre minuti. Abbiamo routinariamente eseguito prelievi a 5 e 10 minuti dopo la stimolazione con CRH, ma i massimi gradienti si sono sempre riscontrati nei campioni raccolti a tre minuti. Il prelievo bilaterale dei seni petrosi è un test estremamente accurato. Senza stimolazione con CRH, il test ha una affidabilita diagnostica del 95% nel distinguere un Cushing ipofisario da una sindrome da iperincrezione ectopica di ACTH utilizzando un gradiente centrale/periferico di 2/1. Dopo stimolazione con CRH, il prelievo petrosa ha una sensibilità del 100% (gradiente minimo 3/1) in presenza di malattia di Cushing. Pazienti con sindrome da iperincrezione ectopica di ACTH non mostrano gradienti di ACTH nei seni petrosi né prima né dopo stimolazione. Tuttavia, il prelievo dai seni petrosi è veritiero solo quando la normale secrezione ipofisaria di ACTH sia soppressa. Pertanto, pazienti con sindrome ciclica o di pseudo-Cushing e pazienti in terapia soppressiva non devono mai essere campionati. In una revisione dei nostri primi 265 casi di malattia di Cushing confermata chirurgicamente e in 20 casi di provata sindrome di iperincrezione ectopica di ACTH, il prelievo dei seni petrosi è risultato aver una sensibilita del 98% prima del CRH e del 100% dopo CRH. Nei nostri primi 265 pazienti non si sono avute complicazioni ad eccezione di occasionali ematomi inguinali. Abbiamo successivamente modificato la configurazione del catetere angolandolo di 90° a 2 cm dalla punta. Nelle successive 150 indagini, un paziente ha presentato una emorragia pontina e due altri pazienti hanno accusato sintomi transitori di disfunzione pontina, scomparsi immediatamente dopo il ritiro del catetere. I sintomi da disfunzione pontina, vale a dire perdita della sensibilità periorale, sensazione di «lingua grossa», fuggevoli alterazioni del sensoria, sono aspecifici e facilmente confondibili con ansia eccessiva. Con l'abbandono dei cateteri con angolazione fissa mediale non abbiamo più registrato complicanze nei successivi 250 pazienti. Noi raccomandiamo il prelievo dei seni petrosi in tutti i pazienti con syndrome di Cushing ACTH-dipendente e con Risonanza Magnetica sellare normale. In tali circostanze, il prelievi dai seni petrosi può escludere un carcinoide bronchiale secernente ACTH, simulante un'origine ipofisaria del Cushing. I carcinoidi bronchiali sono la causa più frequente di iperincrezione ectopica di ACTH e metà di essi simula esattamente un adenoma corticotropo ipofisario. In aggiunta, quando il neurochirurgo non sia in grado di identificare un microadenoma durante un'esplorazione per via trans-nasosfenoidale, l'emiipofisectomia basata sui gradienti petrosi è risolutiva nell'80% dei pazienti (in base a una casistica di più di 50 casi in cui una tale resezione cieca è stata eseguita). Raccomandiamo inoltre il prelievo dai seni petrosi in tutti i pazienti con sindrome di Cushing ACTH-dipendente, con RM sellare positiva o dubbia, e test biochimici incerti (negativi i test di soppressione col Dexamethasone o di stimolazione col CRH). Nella popolazione femminile compresa tra 20–35 anni, si ha un riscontro di «incidentaloma» ipofisario nel 10%. Il prelievo dei seni petrosi è necessaria per escludere un incidentaloma ipofisario in presenza di una sindrome da iperincrezione ectopica di ACTH. In conclusione, il prelievo dai seni petrosi è una metodica estremamente accurata e un test sicuro per la differenziazione tra ipercortisolismo ACTH-dipendente ectopico o ipofisario utile inoltre ad offrire una opportunità chirurgica quando l'esplorazione transsfenoidale risulti negativa.
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Tesis sobre el tema "Drenaggi chirurgici"

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MALLEO, Giuseppe. "STUDIO PROSPETTICO MULTICENTRICO SULLA GESTIONE DEI DRENAGGI DOPO DUODENOCEFALOPANCREASECTOMIA UTILIZZANDO UN SISTEMA DI STRATIFICAZIONE DEL RISCHIO". Doctoral thesis, 2016. http://hdl.handle.net/11562/939513.

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Resumen
Obiettivo: Questo studio multicentrico ha valutato prospetticamente un protocollo di gestione dei drenaggi chirurgici dopo duodenocefalopancreasectomia (DCP) basato sulla combinazione del concetto di drenaggio selettivo (in base a stratificazione del rischio) e di rimozione precoce dei drenaggi stessi. Background: Recenti evidenze scientifiche suggeriscono che sia il posizionamento selettivo di drenaggi sia la loro rimozione precoce risultino applicabili nella DCP. Entrambe le strategie, prese singolarmente, sono state associate a una diminuzione dell'incidenza di fistola pancreatica clinicamente rilevante, la complicanza più comune e allo stesso tempo più critica dopo DCP. Metodi: Il protocollo è stato applicato a 260 pazienti consecutivi operati in un periodo di 17 mesi nelle due istituzioni partecipanti. Il rischio di sviluppare fistola pancreatic clinicamente rilevante è stato stimato attraverso il calcolo intraoperatorio del fistula risk score (FRS). I drenaggi non sono stati posizionati nei pazienti con FRS 0-2, mentre sono stati posizionati per FRS >=3. Nei pazienti con drenaggio, è stato ottenuto in prima giornata postoperatoria ll valore di amilasi dal liquido del drenaggio stesso, che è stato successivamente rimosso in terza giornata se il valore era <=5000 U/L. I pazienti con amilasi dal drenaggio >5000 U/L sono stati gestiti a discrezione del chirurgo che aveva il paziente in carico. I risultati sono stati comparati con una coorte storica (N=557; 2011-2014). Risultati: il FRS non è risultato diverso tra le due coorti (Mediana: 4 vs. 4; p=0.933). Non si è sviluppata alcuna fistola clinicamente rilevante nei 70 pazienti con FRS=0-2, nei quali i drenaggi non erano stati posizionati. L'incidenza di fistola clinicamente rilevante è risultata significativamente minore dopo l'implementazione del protocollo (11.2 vs 20.6%, p=0.001). Nella coorte sperimentale è anche stata osservata minore incidenza di complicanze severe, reinterventi, e posizionamento di drenaggi percutanei (tutte le p<0.05). Anche la degenza mediana è stata minore nella coorte sperimentale (8 vs. 9 giorni, p=0.001). Non c'è stata differenza nell'incidenza di fistole biliari e chilose. Conclusione: Il posizionamento di drenaggi può essere evitato in un quarto dei pazienti sottoposti a DCP. Nei pazienti in cui il drenaggio è posizionato, Il dosaggio delle amilasi in prima giornata postoperatoria identifica in quali la rimozione precoce del drenaggio stesso è appropriata. Questo approccio stratificato per rischio ha ridotto significativamente l'incidenza di fistola pancreatica.
Objective: This multicenter study sought to prospectively evaluate a drain management protocol for pancreatoduodenectomy (PD). Background: Recent evidence suggests value for both selective drain placement and early drain removal for PD. Both strategies have been associated with reduced rates of clinically relevant pancreatic fistula (CR-POPF) – the most common and morbid complication following PD. Methods: The protocol was applied to 260 consecutive PDs performed at two institutions over 17 months. Risk for ISGPF CR-POPF was determined intra-operatively using the Fistula Risk Score (FRS); drains were omitted in negligible/low risk patients and drain fluid amylase (DFA) was measured on POD1 for moderate/high risk patients. Early drain removal (POD3) occurred for patients with POD1 DFA ≤5000 U/L, while patients with POD1 DFA >5000 U/L were managed by clinical discretion. Outcomes were compared with a historical cohort (N=557; 2011-2014). Results: Fistula risk did not differ between cohorts (Median FRS: 4 vs. 4; p=0.933). No CR-POPFs developed in the 70 (29.4%) negligible/low risk patients. Overall CR-POPF rates were significantly lower following protocol implementation (11.2 vs 20.6%, p=0.001). The protocol cohort also demonstrated lower rates of severe complications, any complication, reoperation, and percutaneous drainage (all p<0.05). These patients also experienced reduced hospital stay (8 vs. 9 days, p=0.001). There were no differences between cohorts in bile or chyle leaks. Conclusion: Drains can be safely obviated for one-quarter of PDs. Drain amylase analysis identifies which moderate/high risk patients benefit from early drain removal. This data-driven, risk-stratified approach has significantly decreased the occurrence of clinically relevant pancreatic fistula.
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