Literatura académica sobre el tema "Diritto universale"

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Artículos de revistas sobre el tema "Diritto universale"

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Montini, Gianpaolo. "Agenda per una evoluzione della giustizia amministrativa canonica". Estudios Eclesiásticos. Revista de investigación e información teológica y canónica 97, n.º 383 (13 de diciembre de 2022): 1197–216. http://dx.doi.org/10.14422/ee.v97.i383.y2022.010.

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Resumen
Nel contesto della tematica delle sfide che attendono il diritto della Chiesa quarant’anni dopo la promulgazione del Codice vigente, l’articolo si propone di preconizzare l’evoluzione auspicata della giustizia amministrativa canonica, ripartendo le responsabilità dell’agenda tra i vari soggetti della missione della Chiesa, a partire dai fedeli fino al Legislatore supremo e universale. L’evoluzione del sistema di giustizia amministrativa — forse come ogni altro ambito del diritto — non può essere caricato sulle spalle del solo legislatore, ma è opera corale: dai fedeli che devono sviluppare una maggiore coscienza dei propri diritti di partecipazione della missione della Chiesa, agli avvocati che devono operare con maggiore competenza e coraggio, ai Dicasteri della Curia Romana che devono maggiormente proceduralizzare i ricorsi gerarchici, ai Vescovi diocesani che devono sviluppare normative più efficaci di conciliazione. L’articolo espone in particolare alcune proposte per una evoluzione della giurisprudenza del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica e la proposta che il Legislatore supremo e universale consenta l’istituzione di tribunali amministrativi locali su richiesta di singole Conferenze episcopali.
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Tarantino, Antonio. "Sul fondamento dei diritti del nascituro: alcune considerazioni bioetico-giuridiche (TI)". Medicina e Morale 44, n.º 6 (31 de diciembre de 1995): 1209–48. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1995.959.

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L'articolo (che nella sua prima parte è stato pubblicato su "Medicina e Morale" 1995,5:951-984) analizza quale etica sia confacente alla definizione dello statuto biologico dell'embrione. Dopo aver illustrato criticamente le varie posizioni filosofiche al riguardo, l'Autore ritiene decisivo per la riflessione il riconoscimento del rapporto fra ordine biologico ed ordine etico. Tale legame risponde all'esigenza di trovare dei punti fermi naturali ai quali ancorare il ragionamento e le norme che disciplinano la vita individuale e l'ordine civile in materia di tutela del diritto alla vita. Si tratta cioè di affermare che l'ordine insito nella natura umana può costituire il punto di orientamento della condotta della persona. Lo studio prosegue argomentando a favore della titolarità, da parte dell'embrione, di diritti essenziali rispetto alla madre, primo fra tutti quello alla vita, a partire dalla fecondazione. Il nascituro, quindi, va tutelato giuridicamente come persona umana. Dopo avere esaminato, alla luce di quanto precedentemente affermato, se esista un diritto della donna all'aborto volontario - arrivando ad una conclusione negativa - l'articolo si conclude auspicando che gli organi competenti nei vari Stati emanino una "Dichiarazione dei diritti del nascituro", nel rispetto di quanto affermato all'art. 3 della Dichia razione Universale dei Diritti dell'Uomo: "Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza della propria persona".
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Schaeffer, John D. "Vico’s Il diritto universale and Roman Law". New Vico Studies 19 (2001): 45–62. http://dx.doi.org/10.5840/newvico2001193.

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Souza, Lidyane Maria Ferreira de y Luca Baccelli. "L'UTILITÀ DELL’ANALISI CULTURALE DEI DIRITTI SOGGETTIVI RELIGIOSI". Revista Eletrônica do Curso de Direito da UFSM 17, n.º 1 (31 de diciembre de 2022): e79979. http://dx.doi.org/10.5902/1981369470979.

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Resumen
Nei paesi democratici, l’ordine giuridico in genere riconosce diritti soggettivi religiosi, prima di tutti la libertà religiosa. Dalla Guerra dei Trent’anni, un’ esperienza storicamente e geograficamente abbastanza specIfica, la libertà religiosa è presentata come soluzione universale alla sfida della coesistenza di differenti credenze religiose nello stesso spazio politico. Di conseguenza, si osserva come questi diritti promuovano determinati tipi di soggettività e di organizzazione religiosa. Dato che tale critica è già stata rivolta alla categoria dei diritti soggettivi, così come a quella dei diritti umani, questo articolo investiga se le risposte fornite a queste critiche – nell’ambito dei studi sociogiuridici, dell’analisi culturale del diritto e della filosofia e sociologia dei diritti umani – possono contribuire a riflettere sull’utilità dei diritti soggettivi religiosi per le persone di fede non egemonica. Si conclude che l’analisi culturale permette identificare possibili reinvenzioni della strategia politica dei diritti soggettivI religiosi.
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Bettinelli, Ernesto. "La lunga marcia del voto elettronico in Italia". Quaderni dell'Osservatorio elettorale QOE - IJES 46, n.º 1 (30 de abril de 2002): 5–48. http://dx.doi.org/10.36253/qoe-12775.

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Resumen
Voto elettronico ed effettività del suffragio universale. Condizioni per l'esercizio "genuino" del diritto di voto. Inderogabilità dei requisiti della "libertà" e "segretezza" del voto. La segretezza del voto come garanzia anche "esterna". Immaterialità dell'E-Poll e riduzione delle cause di invalidità del voto. Adeguamento e semplificazione della complessiva organizzazione elettorale e, in particolare, del procedimento preparatorio. Il recupero del "diritto alla mobilità" da parte degli elettori. Appendice - Esperienze della sperimentazione di Avellino.
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Moccia, Luigi. "La comparaison « au-delà » des systèmes de droit: la protection de l'environnement". CITTADINANZA EUROPEA (LA), n.º 1 (agosto de 2021): 5–31. http://dx.doi.org/10.3280/ceu2021-001001.

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Resumen
Due tesi di fondo, distinte ma strettamente correlate tra loro, sono al centro di questo saggio. La prima è che la globalizzazione, non solo economica e tecnologica, ma anche sociale e culturale, incidendo sul piano giuridico chiama in causa il diritto comparato per ripensarne e riaffermarne la propria vocazione di studio critico di problematiche ed esperienze giuridiche e normative, che si pone, al livello teorico, come modo autoriflessivo di conoscenza del diritto. La seconda tesi è che vi sono temi, come è il caso emblematico della tutela ambientale, che assumono carattere di ‘fondamenti' di comparazione giuridica, nel senso di rappresentare un paradigma di un nuovo statuto metodologico ed epistemologico di questo campo di studi, che invece di conoscere il mondo attraverso il diritto, alla maniera di classificazioni (tassonomie) dei sistemi giuridici, cerca di conoscere il diritto attraverso il mondo, nella sua dimensione ‘globale', al tempo stesso territoriale e spaziale, particolare e comune, relativa e universale, come polarità tra loro non oppositive, ma complementari.
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Vantin, Serena. "Prospettive di genere. L'educazione da attività filantropica a diritto universale". SOCIETÀ DEGLI INDIVIDUI (LA), n.º 58 (agosto de 2017): 43–55. http://dx.doi.org/10.3280/las2017-058005.

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Sgreccia, Elio y Marina Casini. "Diritti umani e bioetica". Medicina e Morale 48, n.º 1 (28 de febrero de 1999): 17–47. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1999.808.

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Resumen
Esiste un legame tra la riflessione sulla bioetica e quella sui diritti umani? Lo scritto muove da questo interrogativo per giungere dopo un’articolata analisi alla conclusione che il limpido e chiaro riconoscimento della dignità e del conseguente diritto alla vita di ogni essere umano a partire dalla fecondazione costituisce terreno e presupposto comune delle due discipline e, allo stesso tempo, è ciò che consente loro di non navigare verso le derive individualistiche dell’utilitarismo e del relativismo etico. L’analisi del rapporto fra diritti umani e bioetica parte da un dato storico e cioè dalla svolta che il processo di Norimberga e la Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo hanno impresso nel cammino dell’umanità. Questa nuova tappa accompagna gli albori del “filone giuridico-normativo della bioetica” che nel corso degli anni assumerà sempre maggior consistenza, tanto da sfociare in un autonomo campo di riflessione noto sotto il nome di “biodiritto” o “biogiuridica”. A riguardo l’articolo presenta una disamina ricognitiva (non esente da osservazioni di tipo valutativo) dei principali documenti giuridici nazionali e internazionali che si occupano di “questioni di bioetica”. Dal ricco affresco di questi emerge da un lato la constatazione di un rapporto che esprime la necessità di un’integrazione fra diritti umani e bioetica, dall’altro l’urgenza di dare un solido ed autentico fondamento agli uni e all’altra. È questa una problematica di cruciale importanza, perché sia i diritti umani che la bioetica risentono di una crisi metafisica tanto più evidente e acuta quanto più ci si avvicina ai momenti di maggiore precarietà e debolezza dell’esistenza umana, nei quali la vita umana “è”, semplicemente “è”. In questo senso, l’embrione umano è l’emblema di ogni povertà ed emarginazione. La via d’uscita dalla “crisi” e dunque la ricerca del fondamento - sia per i diritti umani che per la bioetica - va trovata all luce della dignità umana, sempre presente con la stessa forza e intensità in tutti e in ciascuno, da rispettare e promuovere in primo luogo nel rispetto e nella promozione del diritto ad esistere che della dignità è la prima manifestazione, la più immediata concretizzazione.
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Gröschler, Peter. "Franciszek Longchamps de Bérier, Il fedecommesso universale nel diritto romano classico". Zeitschrift der Savigny-Stiftung für Rechtsgeschichte. Romanistische Abteilung 119, n.º 1 (1 de agosto de 2002): 511–16. http://dx.doi.org/10.7767/zrgra.2002.119.1.511.

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Sobański, Remigiusz. "Prawo kanoniczne a kultura prawna". Prawo Kanoniczne 35, n.º 1-2 (5 de junio de 1992): 15–33. http://dx.doi.org/10.21697/pk.1992.35.1-2.02.

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Resumen
Si presenta la versione polacca di una relazione tenuta nell’ambito dei seminari sul tema „Scienza giuridica e diritto canonico” al’Università di Torino 2. 5. 1990. Il testo originale viene pubblicato nel volume sullo stesso tema curato da Rinaldo Bertolino, Torino 1991. Ci presentiamo le osservazioni finali. 1. Il diritto canonico non può non giovarsi dello sviluppo della cultura giuridica (allo stesso modo che l'intero magistero della Chiesa non può non giovarsi del patrimonio culturale dell’umanità). Immutato è il quesito di fondo: in che misura queste vicende possono riuscire utili ad esprimere la „verità” ecclesiale. L’utilità dipende dallo sviluppo delle scienze giuridiche, come di quelle ecclesiali: il che significa che il diritto canonico ha, di fronte alla cultura giuridica, un atteggiamento aperto ed assorbente, pur se differenziato e non privo di critica. 2. Per sua vocazione universale la Chiesa ha un atteggiamento aperto di fronte alla cultura giuridica d’ogni ambiente in cui esse è presente ed agisce. Il riferimento alla cultura giuridica locale e i rapporti con le vicende delle culture regionali sono omogenei con i principi fondamentali della relazione Chiesa universale-Chiese locali. L’influsso del diritto romano e di quello germanico sul diritto canonico, da un lato; la romanizzazione del diritto dei barbari attraverso la Chiesa o, anche, l’influsso del diritto canonico p. es. sul diritto polacco dall’altro, dimostrano quanto il contatto della Chiesa con la cultura giuridica dell’ambiente possa ruiscire fecondo. 3. Negli ultimi secoli la presenza del diritto canonico nella cultura giuridica è, al massimo, passiva. Cerca d’assicurarsela una presenza mediante l’adattamento. Se anche sia vero che qualunque presenza debba accompagnarsi con la disponibilità ad imparare, occorre riconoscere che questa posizione unicamente difensiva non consente al diritto canonico di incidere e di ispirare la cultura giuridica. Inoltre, l’esito di questa presenza (passiva) è parziale, non solo perché le premesse filosofiche che fondano il pensiero giuridico sono (o sembrano essere) per la Chiesa inaccettabili, ma perché, in seguito all‘atteggiamento esclusivamente recettizio, si corre il rischio di trasferire nell’ambito metagiuridico tutto cio che non si ritrovi nell’ottica delle attuali dottrine giuridiche. 4. Non c’è dubbio che la Chiesa non sia l’ambiente topico di sviluppo delle scienze giuridiche e che la scienza giuridica goda di una sua piena autonomia. Ma la comunione ecclesiale, non di raro definita Ecclesia iuris, non lo è in seguito alla recezione del diritto ab extrinseco, ma in forza della propria immanente dimensione giuridica. (Senza di essa non avrebbe ragion d’essere un autonomo diritto canonico, ed i problemi organizzativi della Chiesa potrebbero essere risolti alla stregua del solo diritto ecclesiastico dello Stato). Si deve quindi riconoscere che la Chiesa, iscritta nella storia umana del diritto, ha qualche cosa da dire nella sfera del diritto, sia nella sua dimensione ideologica che in quella della sua realizzazione pratica. L’assenza di un ruolo ispiratore del diritto canonico sulla scienza giuridica contemporanea dovrebbe dar a pensare per la più che i fondamentali problemi giuridici vengono continuamente discussi dai cultori di diritto: viviamo tuttavia in un mondo di nazioni sempre più unite nel quale le interferenze di differenti teorie e sistemi giuridici tendono ad aumentare e le dottrine giuridiche si rivelano particolarmente suscettibili agli influssi di molteplici filosofie. 5. Su un contatto non unidirezionale ma bilaterale del diritto canonico con la cultura giuridica si potrà contare soltanto allora, quando la canonistica abbia fatto proprio il metodo del Concilio Vaticano II, durante il quale la Chiesa ha rinunciato a presentarsi ratione status, ed ha invece cercato di esporre la sua natura secondo la propria convinzione di fede. Anche nel diritto canonico bisogna finalmente decidersi ad una riflessione profondo sulla Chiesa alla luce della fede, sulle proprie radici e finalità, per poter realizzare il diritto ecclesiale nel modo più coerente e per potere, per cio stesso, dialogare con le altre culture giuridiche. Il dialogo non nascerà da una passiva traslitterazione, quasi a ricalco, del diritto civile nell’ambiente ecclesiale, ma attraverso una franca ed aperta meditazione sulle proprie premesse ontologiche, le proprie peculiarità, le proprie esigenze: anche quelle di una „nuova giustizia”. Soltanto allora la presenza del diritto canonico nella cultura giuridica potrà essere non solo riproduttiva, ma anche produttiva. 6. Anche sotto questo punto di vista appare urgente la necessità di una robusta elaborazione di una teoria generale del diritto canonico. Si tratta di una teoria del diritto della Chiesa secondo il suo proprio „credo Ecclesiam”, non già elaborata all’interno di rigide teorie aprioristiche. Troppo generiche e scarsamente feconde le prese di posizione a favore di una deteologizzazione del diritto ecclesiale e, al contrario, le obiezioni stesse contro una presunta sua teologizzazione. Non si tratta invero di una „teologizzazione”, ma di prendere in seria considerazione i principi teologici, grazie ai quali il dialogo con la cultura giuridica diventa possibile e razionale.
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Tesis sobre el tema "Diritto universale"

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CAVALETTO, TOMMASO. "Democrazie in crisi epistemica: il suffragio universale alla prova". Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2020. http://hdl.handle.net/10281/277367.

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La ricerca analizza la crisi sistemica attraversata dalle democrazie contemporanee leggendone i sintomi alla luce di un profilo specifico, ossia quello del declino epistemico che colpisce l’utenza di tali sistemi normativi. Si è in particolare focalizzata l’attenzione sul divario sempre più marcato tra, da una parte, lo scarso livello di (in)formazione e capacità di ragionamento dei cittadini e, dall’altra, la crescente quantità di competenze necessarie per orientarsi correttamente all’interno della società. Si è quindi cercato di dimostrare come l’esacerbazione di tutti i principali sintomi dell’attuale crisi democratica sia fortemente correlata alle preoccupanti dimensioni ormai raggiunte da questo “differenziale epistemico”, il quale, pur rappresentando una fonte di criticità sempre latente all’interno di società organizzate democraticamente, incontra oggi condizioni di contesto che favoriscono il pieno dispiegamento dei suoi effetti anche sul piano fenomenico. La sintomatologia della crisi democratica viene esaminata ricorrendo all’ausilio di elaborazioni socio-demoscopiche sul rapporto tra cittadini e politica, di dati statistici relativi alle abilità cognitive e al livello delle competenze possedute dagli elettori, e di ricerche sul decision making applicato al contesto elettorale, prestando un’attenzione particolare al panorama italiano. Questo complesso di studi ha consentito di approcciare criticamente quelle teorie che, pur con molteplici sfaccettature, fondano la legittimazione assiologica della democrazia su una presunta capacità dei cittadini di autogovernarsi. L’analisi è stata quindi orientata verso la ricerca di soluzioni istituzionali volte a superare la crisi in modo strutturale. In primo luogo si è esplorata la possibilità di intervenire sul sistema formativo e sulla regolamentazione di quello mediatico, con l’obiettivo di innalzare il livello delle competenze, di incrementare le abilità analitiche, e di migliorare lo stato informativo dei cittadini. Realisticamente, simili interventi si prospettano tuttavia soltanto parzialmente risolutivi rispetto a un fenomeno diffuso, consolidato e persistente come il deficit epistemico che colpisce l’elettorato democratico. Nella seconda parte del lavoro si è quindi rivolto lo sguardo alle teorie elaborate nell’ambito della filosofia politica di orientamento epistocratico, la quale, pur con molte sfumature e diverse declinazioni, propone di ridiscutere la pressoché incondizionata universalità del suffragio caratterizzante le democrazie contemporanee, per sostituirla con forme di selezione dell’elettorato fondate sulla valorizzazione della conoscenza. La scelta di concentrare l’attenzione sulle dottrine epistocratiche discende dal fatto che esse stanno acquistando un ruolo sempre più rilevante nel dibattito scientifico, e configurano uno dei filoni di ricerca attualmente più innovativi (e al contempo più controversi) per l’analisi critica del modello democratico. Si sono quindi esaminate le condizioni giuridiche che un’eventale restrizione del suffragio dovrebbe rispettare per non violare i principî supremi degli ordinamenti democratici, per poi trattare il problema della realizzabilità di queste proposte anche dal punto di vista assiologico. Da ultimo ci si è interrogati se, al di là della legittimità giuridica e della condivisibilità teorica, simili interventi risulterebbero altresì realisticamente concretizzabili nell’attuale contesto socio-politico, ovvero se quest’ultimo imponga di orientare il processo di epistocratizzazione verso soluzioni politicamente meno dirompenti. In particolare, si sono prese in considerazione alcune proposte che, pur mantenendo formalmente inalterato il suffragio universale, potrebbero comunque ridurre per via indiretta l’incidenza dell’ignoranza politica sul processo elettorale.
This work analyzes the crisis faced by contemporary democracies moving from a specific point of view, i.e. the epistemic decline of democratic electorates. In particular, I focused on the gap between low level of information/reasoning ability of the average citizen, and the growing amount of skills he needs to get properly oriented in contemporary society. Therefore, I show that all the main symptoms of the current democratic crisis are strongly correlated with this “epistemic gap”, which has always been a potential problem for democracy, but its effects are nowadays amplified by the social, political and technological context we live in. In order to analyze the features of this epistemic crisis, I used surveys on the relationship between citizens and politics, statistical data on voters’ cognitive skills and studies on voters’ decision-making, focusing in particular on the Italian context. As a result, these studies cast a shadow over many democratic theories that base the axiological legitimacy of democracy on a citizens’ supposed ability to govern themselves. Therefore, I tried to find institutional solutions to overcome the crisis. First of all, I proposed some interventions for improving education and media systems, aimed at increasing competences, analytical skills, and information of citizens. However, a phenomenon as pervasive and entrenched as epistemic deficit cannot be fully solved only by this kind of interventions. Therefore, in the second part of the thesis I considered the theories developed by epistocratic political philosophy, which proposes to rethink universal suffrage and replace it with some kind of knowledge-based electorate selection. I chose to focus on epistocratic doctrines because of the increasingly key role they are acquiring in the contemporary scientific debate: nowadays, they are one of the most innovative (and controversial) line of research in the field of critical analysis of the democratic model. I studied the legal conditions that a suffrage restriction should respect in order not to violate the supreme principles of democratic systems. I then studied the same issue also from an axiological point of view. Lastly, I wondered about the feasibility of these kind of interventions in the current socio-political context. From this point of view, it has emerged it was appropriated to think also of less disruptive solutions in the short-medium term. In particular, I analyzed some reform proposals that could reduce indirectly the incidence of political ignorance on the electoral process, while keeping universal suffrage formally unchanged.
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Collazzoni, Elisa <1991&gt. "La Dichiarazione Universale di Bioetica e Diritti Umani". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2017. http://hdl.handle.net/10579/9834.

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Albert Schweitzer scrisse: “se l’uomo perde il rispetto anche per una sola parte della vita, perderà il rispetto per tutta la vita.” I rapidi sviluppi delle scienze, celano nuovi ed esiziali interrogativi etico-morali. Nonostante la difficoltà nel fornire delle risposte, il desiderio di trovare un equilibrio tra l’importanza del progresso scientifico e del rispetto della vita, presente e futura, hanno portato l’UNESCO ad adottare, il 19 ottobre 2005, la Dichiarazione Universale di Bioetica e Diritti Umani, che fornisce un orientamento, il quale, con giustizia, potrebbe guidare la rotta verso un futuro in cui gli sviluppi delle scienze mediche possano divenire sinonimo di benessere, pace e prosperità. Il processo di elaborazione della Dichiarazione è stato complesso, dovendo individuare l’universale di principi bioetici, come la dignità e l’autonomia, nel particolare delle distinte culture e prospettive dei popoli della terra. Partendo dal grande potenziale d’impatto degli atti non vincolanti, com’è la Dichiarazione in esame, e quindi dal fenomeno c.d. soft law, sullo sviluppo del diritto internazionale, ed il dibattito che lo caratterizza, porterà il lettore a comprendere i meccanismi e gli effetti di questi strumenti, concordia discors tra diritto, etica, psicologia e sociologia. Proseguendo, si avrà la possibilità di approfondire la genesi della Dichiarazione, tramite la ricostruzione e l’analisi delle varie fasi del processo elaborativo, l’ardimento che ne trapela, i dubbi e le speranze. Infine, il lettore sarà posto di fronte ai principi racchiusi nella Dichiarazione, ed ai suoi possibili destini: cadere nell’oblio, lasciando nelle generazioni future la sua sola ricordanza, oppure, di converso, ingenerare, e plasmare, un cambiamento sostanziale negli animi degli uomini, di cui, come di un’alba, ne stiamo ammirando i primi bagliori.
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CRIPPA, MARIA. "LA GIUSTIZIA PENALE INTERNAZIONALE DI FRONTE AI TRIBUNALI DOMESTICI. PROPOSTE PER L¿ADEGUAMENTO DELLA LEGISLAZIONE ITALIANA IN MATERIA DI CRIMINA IURIS GENTIUM". Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2022. http://hdl.handle.net/2434/932370.

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La giustizia penale internazionale di fronte ai tribunali domestici. Proposte per l’adeguamento della legislazione italiana in materia di crimina iuris gentium. La tesi si concentra sulla proposta di soluzioni per l’adeguamento dell’ordinamento italiano alle disposizioni sostanziali dello Statuto della Corte penale internazionale (Cpi), la cui incorporazione domestica risulta, allo stato attuale, ancora assente. L’indagine si è, in particolare, sviluppata intorno a tre direttrici principali. La prima sezione ha delineato i confini entro i quali deve attestarsi l’elaborazione delle proposte di introduzione di una disciplina domestica dei crimini internazionali, con particolare riferimento, innanzitutto, alla ricostruzione del complesso sistema delle fonti del diritto penale internazionale e al ruolo della consuetudine, alla luce delle tensioni che questa pone nel rapporto con il principio di legalità (internazionale e costituzionale). La verifica delle esperienze dei tribunali internazionali e, in particolare, dei limiti che queste presentano, ha imposto di spostare il campo di indagine alla attuazione indiretta del diritto penale internazionale, al fine di delineare soluzioni maggiormente efficaci per la realizzazione di un sistema integrato di giustizia penale internazionale, secondo la prospettiva descritta dal principio di complementarietà (artt. 1, 17 Statuto Cpi). In questa cornice, ci si è interrogati sulla estensione degli obblighi di introduzione di disposizioni domestiche sui crimini internazionali, nonché, in prospettiva comparata, sulle modalità degli interventi normativi stranieri, alla luce dell’ampio margine di discrezionalità che lo Statuto Cpi concede ai legislatori nazionali. La seconda parte è stata dedicata alla verifica della estensione delle giurisdizioni nazionali ai crimini internazionali commessi oltre i limiti territoriali degli ordinamenti domestici. L’analisi si è concentrata, in primo luogo, sulla ricostruzione della nozione e delle criticità strutturali che hanno caratterizzato, a partire da secondo dopoguerra, le applicazioni del principio di universalità nel sistema di giustizia penale internazionale. Così ricostruiti i tratti fondamentali del principio di giurisdizione universale, ci si è, quindi, proposti di verificare la controversa estensione ‘tendenzialmente universale’ della legge penale italiana, secondo l’interpretazione fornita dalla giurisprudenza di legittimità alle ipotesi di cui agli artt. 7 – 10 c.p., in riferimento a fattispecie di fatto sussumibili nella definizione dei crimini internazionali. Il cuore della ricerca è costituito, infine, dalla terza sezione, dedicata alla valutazione di compatibilità delle disposizioni attualmente in vigore nell’ordinamento penale domestico con il diritto penale internazionale e della conseguente introduzione di una disciplina specifica, laddove siano riscontrate lacune e contraddizioni rispetto allo Statuto Cpi. La verifica di compatibilità della disciplina italiana in vigore è stata condotta, innanzitutto, in riferimento alla parte speciale del diritto penale, al fine di indagare la rispondenza delle fattispecie ordinarie alla definizione dei crimini internazionali contenuta negli artt. 5 e seguenti Statuto Cpi (genocidio, crimini contro l’umanità, crimini di guerra e aggressione). Per quanto concerne, invece, l’analisi della parte generale, si è vagliata, da un lato, l’adeguatezza dei criteri ordinari di attribuzione della responsabilità penale e, dall’altro lato, la necessità di introdurre contestualmente una disciplina ad hoc, laddove richiesto dalle istanze specifiche della giustizia penale internazionale. Il riferimento è, in particolare, alle ipotesi di responsabilità del superiore civile e del comandante militare, di responsabilità delle persone giuridiche, di irrilevanza delle immunità funzionali, nonché di estinzione del reato o della pena per il decorso della prescrizione e di provvedimenti, generali o individuali, di clemenza. L’indagine ha voluto, in ultima istanza, verificare se l’adozione delle disposizioni sostanziali di diritto penale internazionale consenta all’ordinamento italiano di aderire ad un sistema integrato di giustizia penale internazionale, nonché, in senso più ampio, di contribuire allo sviluppo del diritto penale internazionale. La tardiva attuazione dello Statuto Cpi nell’ordinamento domestico costituisce infatti, secondo le conclusioni alle quali l’analisi è pervenuta, una occasione per ampliarne le disposizioni, nel superamento dei compromessi imposti in sede negoziale e al fine di ottemperare ai più recenti sviluppi del diritto penale internazionale. Una simile conclusione consentirebbe, in questo modo, di rilanciare il ruolo dell’ordinamento italiano nel sistema di giustizia penale internazionale e di renderne l’intervento legislativo, nonché le sue future applicazioni giurisprudenziali, un modello di riferimento sullo scenario internazionale.
International criminal justice before domestic courts. Proposals for the implementation of Italian provisions on crimina iuris gentium. The thesis aims at proposing solutions for the incorporation into the Italian legal system of International Criminal Court (ICC) Statute’s substantive provisions, whose domestic implementation is, at the moment, still lacking. The research develops, in particular, along three main sections. The first part sketches the main features of the indirect implementation of international criminal law by domestic legal systems. It deals, first of all, with the complex system of sources of international criminal law, as well as with the role of customs, in light of its tensions with the (international and constitutional) principle of legality. The analysis of international courts’ shortcomings leads to shift the scope of enquiry to the indirect implementation of international criminal law, in order to shape effective solutions for an integrated system of international criminal justice, under the complementarity principle (articles 1 and 17 ICC Statute). Within this framework, the extent of positive obligations to adopt domestic provisions on international crimes effects, in a comparative perspective, different solutions implemented by national legislators, considering the wide margin of discretion granted them by the ICC Statute. The second part outlines the extension of national jurisdictions to international crimes committed beyond their traditional territorial borders. The research focuses, firstly, on the notion and the structural shortcomings that characterize the principle of universal jurisdiction in the enforcement of international criminal justice since the Second World War. The section further sets out to verify the controversial 'tendential universality' of Italian criminal law, according to the interpretation of articles 7 - 10 Italian Criminal Code favored by the Italian jurisprudence, regarding in particular cases amounting to international crimes. The third section represents the heart of the research, dedicated to the evaluation of the compliance of provisions currently in force in the Italian criminal system and international criminal law. The research further proposes the introduction of a specific discipline, whenever gaps and shortcomings with respect to the ICC Statute are found. The analysis moves from the special part of criminal law, in order to investigate the conformity of criminal provisions already in place with the definition of international crimes contained in articles 5 et seq. ICC Statute (genocide, crimes against humanity, war crimes and aggression). The general part is examined with the aim to investigate, on the one hand, the adequacy of ordinary criteria for the attribution of criminal responsibility and, on the other hand, the need to introduce an ad hoc discipline where required by specific instances of international criminal law. The reference is, in particular, to the hypotheses of command and superior responsibility, legal entities liability, irrelevance of functional immunities, as well as statutes of limitations. The research ultimately seeks to ascertain whether the adoption of substantive provisions on international crimes enables the Italian legal order to adhere to an integrated system of international criminal justice and, in a broader sense, to contribute to the development of international criminal law. Indeed, the late implementation of the ICC Statute into the domestic legal system constitutes, according to the conclusions reached by the analysis, an opportunity to expand its provisions in order to overcome its possible shortcomings and to comply with the most recent developments of international criminal justice. Such conclusion would enable to relaunch the role of the Italian legal system in the international criminal justice system and make its legislative intervention, as well as its future jurisprudential applications, a model on the international scene.
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GANARIN, MANUEL. "L'INTERPRETAZIONE AUTENTICA DELLE LEGGI UNIVERSALI DELLA CHIESA. LA COMPETENZA DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER I TESTI LEGISLATIVI". Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2015. http://hdl.handle.net/2434/254241.

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This work illustrates the institution of the authentic interpretations of the universal laws of the Church, currently under the responsability of the Pontifical Council for Legislative Texts. After analysis of the function of the interpretative law, the elaborate ranks the twenty-nine authentic interpretation dates following the promulgation of the Code of Canon Law of 1983 within the specified category mentioned in can. 16, § 2 (declaratio, explicatio, coarctatio and extensio legis). The method that inspires the attempt to classify the responses is that of the so-called "legal realism", which leads to overcoming the positivist view of canon law and sees in the solution of an doubt of law the ideal remedy to protect, rediscover and strenghten the "rationabilitas" of the law interpreted.
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BODINI, PAOLO. "DEMOCRACY AND THE RULE OF KNOWLEDGE". Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2022. http://hdl.handle.net/2434/920424.

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Democracy and the Rule of Knowledge The work starts from the analyses of epistocratic theorists, reconstructing their criticism to democracy in order to develop a broader reflection on the role of political knowledge (episteme) within democratic paradigm. The thesis aims to present knowledge as vital component of political agency that democracy assumes and institutionalizes. Nonetheless, epistocrats’ epistemic reductionism represents a misinterpretation of such an agency and, accordingly, the remedies they support are presented as a misunderstanding of episteme’s reach and function in political process. Chapter 1 focuses on epistocrats’ account of citizens’ epistemic littleness, emphasizing how ignorance and irrationality characterize their participation to political decision-making. Chapter 2 deals with the notion of political knowledge assumed by epistocracy: episteme is understood as a body of factual information, which constitutes the cognitive background of political decision-making. Chapter 3 argues that epistocratic interpretation of democracy recalls instrumentalism and, with it, the questionable assumption of politics as a mere epistemic practice. On the contrary, the thesis collocates the role of episteme in a procedural understanding of democracy, asserting that democracy embodies an “enlightened procedure”. In this view, democracy institutionalizes people’s capacity to formulate and consider factual truths (“serviceable truths”) concerning the context in which they operate as decision-makers. Chapter 4 challenges epistocracy by proposing an alternative institutional approach to deal with political ignorance. Democratic institutions have the duty to empower citizens’ epistemic agency, transforming the assumption of that agency into the commitment to spread political knowledge in society.
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Akimoto, Shingo. "La naissance de la science politique moderne dans la Methodus de Jean Bodin : l'héritage de Budé et Connan, du droit à la politique". Doctoral thesis, Università degli studi di Trento, 2019. https://hdl.handle.net/11572/367985.

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Our research aims to examine how the innovative conception of "political science", developed by Jean Bodin (1529/30-1596) in his Methodus ad facilem historiarum cognitionem (1566; 1572), falls within the scope of a humanist program which restores legal science in the name of scientia civilis. We therefore propose to investigate the line of thoughts which regard the scientia civilis in the works of two of his predecessors, Guillaume Budé and François Connan, who develop this "science" for the sake of magistrates-judges of the Parlements by devising a "method" which intends to unify legal theory with practical knowledge. Their considerations lead them to establish a new paradigm of jusnaturalism and to re-establish, in modern times, the very notion of law on the basis of right reason, id est, on the basis of a community of laws dominated only by reason: civitas universa. We bring light to the fact that, when this community is identified with the international society of his time, supposedly ruled by the ius gentium which incarnates reason, Bodin bestows upon his scientia civilis a political character. If the jusnaturalist paradigm allows him to assume the transition from a barbarous state to a human society, it is his famous theory of sovereignty (summum imperium) that, by defining the coercive power delegated to the magistrates of Parlements, allows them to realize this transition. We propose that his "method" of reading the history enables him to materialize the political science, which determines, beyond the limits of legal science, the role the government plays in realizing the human society, or in other words, the new civitas universa, governed by the ius gentium.
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SAVINI, Fabrizio. "Metafisica e storia in Vico. Motivi agostiniani nel Diritto universale". Doctoral thesis, 2009. http://hdl.handle.net/11562/337541.

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La tesi rilegge alcuni temi fondamentali della filosofia di Vico ricercando nell’opera del Napoletano la presenza di sant’Agostino, fonte che risulta poco indagata nella pur vastissima storiografia vichiana. L’attenzione è rivolta prevalentemente alle opere giuridiche dove è più immediatamente evidente l’influenza dell’Ipponate. Si tratta di opere meno studiate nelle quali, tuttavia, emergono chiaramente le prospettive teoriche che caratterizzano la Scienza nuova. Dall’analisi dei testi si evince che la lettura del De civitate Dei orienta Vico nella fase in cui definisce la sua proposta filosofica in opposizione ai teorici del giusnaturalismo moderno ed in particolare di Grozio. Al di là delle citazioni esplicite che non sono molto numerose, il lavoro documenta l’incidenza delle prospettive agostiniane sulla forma mentis di Vico, individuando evidenti riferimenti teorici e teologici. In primo luogo, pur nelle differenze del contesto e delle finalità, il De civitate Dei rappresenta per Vico un modello di riflessione allo stesso tempo filosofica e filologica. Il capolavoro agostiniano offre al filosofo napoletano un’enorme quantità di materiale storico ed erudito, ed insieme una prospettiva che raccoglie in sé il fluire degli eventi orientandoli ad un fine. Un certo rilievo è dato alla mediazione agostiniana dell’opera di Varrone che ha inciso significativamente sulla formulazione di alcune dottrine vichiane. In particolare, il principio della «formula naturae» ed il tema della teologia civile costituiscono due motivi in riferimento ai quali vengono messe in luce la continuità e le differenze tra Vico ed Agostino. Comune ai due autori è il riferimento ad un ordine eterno, ai temi biblici della caduta originale, del diluvio e dei giganti, questioni che Agostino affronta da teologo con finalità prevalentemente pastorali e che diventano in Vico il criterio interpretativo della distinzione tra storia sacra e storia profana, presupposto per fare della storia della gentilità l’oggetto privilegiato della sua ricerca. Vico non rifiuta la rivelazione, anzi difende le Scritture contro quelle tesi «empie» che, tra il Seicento e il Settecento, ne mettevano in discussione l’autorità. Da filosofo moderno intende tuttavia dimostrare, attraverso la storia dei popoli gentili, la religiosità dell’animo umano in quanto tale. A questa esigenza fanno capo le tesi sulla manifestazione della coscienza come timore delle divinità e sui principî del senso comune. Dal punto di vista prettamente storico-giuridico, viene messa in luce la funzione esemplare che in Agostino e in Vico hanno svolto il diritto e la storia di Roma. In essa si ritrovano i motivi e le dinamiche sulle quali si fondano e per le quali decadono le civiltà. Se l’ammirazione per le virtù dei romani accomuna i due autori, diverso è l’atteggiamento nei confronti della loro religione che Agostino accusa di idolatria, oscenità, superstizione ed antropomorfismo e nella quale invece Vico riconosce una via di cui la Provvidenza si serve per ricondurre l’uomo caduto agli ordini civili. La tesi mostra infine come a livello metafisico esistono interessanti confluenze tra la riflessione vichiana e quella neoplatonica, ed in particolare plotiniana. Anche in questo caso è possibile riconoscere, pur nell’assenza di riferimenti diretti, una mediazione agostiniana che si precisa nel tema della mens e del suo fondamento ontologico in Dio. In definitiva, a prescindere dei riferimenti espliciti di Vico all’opera di Agostino, che pure non mancano, dallo studio emerge un rapporto per così dire sotterraneo che in contesti diversi pone i due filosofi di fronte a questioni analoghe. Le risposte tuttavia spesso divergono dal momento che, all’interno della medesima tradizione filosofica, il platonismo cristiano, Agostino e Vico interpretano esigenze diverse, teologico-apologetiche il primo, antropologico-giuridiche e storiche il secondo. In Agostino, la dimensione nella quale l’uomo perviene alla sapienza è l’interiorità. Alimentando la vita dello Spirito, la mens compie il suo itinerario di crescita verso il bene e realizza il proprio desiderio di verità e di felicità. Nella prospettiva agostiniana il tempo, riscattato dalla dissipazione, è prefigurazione dell’eternità e la storia è il luogo dell’attesa e della speranza. Nell’umanista Vico, la sapienza si esprime come poiesis e la storia è l’orizzonte nel quale il «fabbro», ossia l’arbitrio umano, collaborando con la «regina», la divina Provvidenza, dà vita al mondo delle nazioni.
The thesis reads some fundamental Giambattista Vico’s philosophical themes researching in Neapolitan’s works the presence of Saint Augustine, source not much investigated in the very wide Vichian historiography. The attention is addressed prevalently to the juridical works where Augustine’s influence is more evident. Even if these works are less investigated, theoretical perspectives of the Scienza nuova clearly emerge in them. The analysis of the texts highlights how the reading of De civitate Dei orients Vico in the period in which he defines his philosophical proposal in opposition to the modern theoreticians of natural law and especially to Grotius. Even if the explicit quotations are not so numerous, the thesis documents the influence of Augustine’s perspectives on Vico’s forma mentis, individualizing evident theoretical and theological references. First of all, also in the differences of context and finalities, for Vico, the Augustine’s De civitate Dei represents a reflection model both philosophical and philological. The Augustinian masterpiece offers to the Neapolitan philosopher a huge quantity of historical and erudite material and, at the same time, a perspective which orients the events towards an aim. A certain importance is given to the Augustinian mediation of Varro’s thought; in particular the principle of «formula naturae» and the matter of civil theology played an important role in the formulation of some Vico’s doctrines. Through these two topics are showed the continuity and the differences between Vico and Augustine. Common to the two authors is the reference to an eternal order, to the biblical themes of the original fall, of the Flood and of the giants, themes that Augustine treats like a theologian prevalently for pastorals aims and that in Vico become the interpretative criterion to distinguish sacred from profane history and make of the second one the preferential object of his research. Vico does not refuse the revelation, on the contrary he defends the Holy Scriptures from those «impious» thesis which, between the Sixth and the Seventh centuries, criticized his authority. Like a modern philosopher he wants to show, through the history of the Gentiles, the religiousness of human soul as such. At this aim are connected the arguments about the consciousness that reveals itself in the sentiment of divinity’s fear and in the principles of common sense. From an historical and juridical point of view, it is showed the exemplary function that Augustine and Vico gave to the roman history and law. In the events of the Romans we can find paradigmatic motives and rules in order to understand and describe foundation, development and decline of every civilizations. Common to both authors is the admiration for Romans’ virtues, but different is their attitudes towards roman religion that Augustine accuses of idolatry, obscenity, superstition and anthropomorphism whereas Vico reads like a way used by Providence to lead the fallen man to the civil orders. Eventually the thesis shows that, at a metaphysical level, there are interesting connections between Vichian and Neoplatonic reflection. In this case too, it is possible to realize, even in lack of explicit references, an Augustinian mediation stressed in the theme of the mens and of its ontological foundation in God. After all the research highlights, so to say, a hidden relation that, in different contests, puts the two philosophers in front of similar questions. But anyway the answers are often different, in the same philosophical tradition, Christian Platonism, Augustine and Vico express different demands: theological-apologetic the first one, anthropological-juridical and historical the second one. For Augustine, man gets to wisdom through interiority. Feeding Spirit’ life, the mens moves towards the Good and achieves its own wish of Truth and Happiness. In Augustinian perspective, time, free from waste, is the prefiguration of eternity and history is the place of expectation and hope. In the humanist Vico, wisdom expresses itself like poiesis and history is the horizon where the «smith», human will, cooperating with the «queen», the Divine Providence, gives life to the world of nations.
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MOSQUERA, MARIN VÍCTOR. "Il diritto penale internazionale come sistema di protezione dei diritti delle vittime". Doctoral thesis, 2020. http://hdl.handle.net/11573/1345783.

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Cap I: Questo capitolo mira a stabilire un punto di partenza per quanto riguarda questa tesi, ricostruendo una definizione ampiamente accettata dalla comunità internazionale su ciò che si deve intendere come concetto di vittime di crimini atroci, concetto sviluppato e perfezionato dal diritto internazionale pubblico, in particolare i contributi a tale concetto proverranno dal diritto internazionale dei diritti umani e dal diritto penale internazionale, inoltre si analizzerà ciascuno degli obiettivi dei modelli di giustizia restaurativa e la di giustizia retributiva per le vittime, dimostrando che esiste un punto di convergenza o di visione eclettica tra i due modelli nel diritto penale internazionale a favore delle vittime di crimini atroci. In questo capitolo si pretende introdurre un concetto simile a quello riconosciuto a livello internazionale come la carta dei diritti umani, in questo caso si introdurrà il concetto di Carta Internazionale dei diritti delle Vittime di crimini atroci, carta fondamentale composta da quattro documenti essenziali e la riunione degli stessi sarà la loro carta dei loro diritti, nel senso di fornire la protezione, difesa e riconoscimento dei loro diritti come Lex specialis, termine utilizzato non per privilegiare l'applicazione di una norma, ma per la costruzione di un corpo legale attraverso l'unione di vari pezzi che contiene disposizioni specifiche e generali, che di per sé non corrispondono ad una posizione cronologica, allo stesso modo, questa Carta delle Vittime si vedrà arricchita dal retaggio di due tradizioni giuridiche del common law e del civile law che hanno inciso nei tribunali internazionali penali e/o dei diritti umani, che rendono effettiva la protezione delle vittime . È allora che si tratterà: In primo luogo, sugli apporti che realizzano i Principi fondamentali di giustizia per le vittime di reati e dell'abuso di potere. In secondo luogo, si approfondirà sui contributi dei principi e delle linee guida sul diritto delle vittime di violazioni manifeste delle norme internazionali dei Cap I diritti umani e di gravi violazioni del diritto internazionale umanitario a interporre ricorsi e ottenere riparazioni, si farà riferimento agli strumenti e alla giurisprudenza del Sistema Universale Dei Diritti Umani, il Sistema regionale Interamericano Dei Diritti Umani, il Sistema Regionale Europeo Dei Diritti Umani e il Sistema Regionale Africano Dei Diritti Umani. In modo uguale si tratterà di garantire in ogni momento alle vittime il diritto di ottenere un risarcimento per le violazioni verificatesi ai loro diritti internazionalmente riconosciuti o per le violazioni del diritto internazionale umanitario. In terzo luogo, si analizzeranno i contributi apportati dai Principi contro l'impunità, in particolare i principi del diritto di sapere, del diritto alla giustizia e del diritto alla riparazione. Quarto luogo: Si descriveranno le caratteristiche generali del riconoscimento dei diritti delle vittime nel Sistema della Corte Penale Internazionale.
cap II: Questo capitolo analizzerà i principi generali che regolano il processo penale internazionale, in particolare quelli a favore delle vittime e degli imputati coinvolti nel processo. Questi principi saranno definiti e spiegati sulla base della giurisprudenza internazionale dei diritti umani, del diritto penale internazionale e della dottrina internazionale. Di conseguenza, saranno trattati come principi per le vittime; l'accesso alla giustizia che tratta il ricorso effettivo contro i gravi crimini perpetrati, che comprendono: il diritto di accedere a un rimedio adeguato e idoneo, il diritto a un ricorso effettivo e il diritto a un ricorso opportuno. Il principio della quarta istanza a favore delle vittime, in particolare l'esame del diritto penale internazionale sulla cosa giudicata fraudolenta l principio dell'adozione di misure di protezione a favore delle vittime di crimini atroci: il principio delle Norme imperative di diritto internazionale generale, jus cogens ed i principi secondo i quali l'imputato deve essere presente nel processo. Allo stesso modo, per sviluppare il processo e come garanzia per gli indagati e imputati e talvolta della vittima, si svilupperanno i principi di: la presunzione di innocenza; il principio di indipendenza e di imparzialità dei giudici; il principio della parità e della ragionevolezza della durata del procedimento; l'uguaglianza delle parti; la pubblicità del procedimento; accesso obbligatorio all' informazione, la confidenzialità e la riservatezza; la durata ragionevole del procedimento e il principio della doppia istanza.
Cap III: Una volta definiti i diritti delle vittime, Carta Internazionale dei diritti delle Vittime di crimini atroci, questo capitolo mira a descrivere le fasi proprie del processo dinanzi alla Corte Internazionale Penale quale massimo esponente del diritto penale internazionale; per questo, la procedura sarà spiegata in modo dettagliato e illustrativo, facendo riferimento alle norme pertinenti degli Statuti e delle regole di procedimento e prova dell'TPIY, dell'TPIR e della Corte Internazionale Penale CPI, nonché alla prassi giuridica dei tribunali penali ad hoc, così come all'influenza degli strumenti e della giurisprudenza dei Tribunali penali internazionali di diritti umani. Pertanto, descriverà il modo di attivazione della Corte da parte di: Gli Stati, il Consiglio di sicurezza, la Procura della CPI, introducendo la partecipazione delle vittime alla trasmissione di informazioni sui reati atroci alla Procura della CPI; così come sitratterà dell'accesso e capacità di azione delle vittime, il diritto di partecipazione al diritto penale internazionale, in particolare dinanzi alla Corte Internazionale Penale, nonché i diritti riconosciuti dallo Statuto di Roma agli indagati e che si trovano in un processo internazionale penale in confronto con gli strumenti relativi ai diritti umani. Dopo di ciò si procederà ad affrontare le varie fasi del processo avviato dalla Corte Internazionale Penale, vale a dire la fase di apertura dell'inchiesta da parte del Procuratore, il principio di complementarità e il test di ammissibilità, le condizioni per l'avvio delle indagini, Lo svolgimento delle indagini e delle indagini da parte del Procuratore della CPI, comprese: la cooperazione giudiziaria degli Stati, la procedura di arresto in attesa di processo, La presentazione dell'atto d'accusa e delle accuse, la procedura preliminare all'udienza. A sua volta si tratterà tutto ciò che riguarda il Processo, vale a dire la presentazione del caso, le norme sulle prove, la delibera, la determinazione della pena, e la procedura di appello o la revisione del processo. Inoltre, questo capitolo mirerà a definire e descrivere le modalità di partecipazione delle vittime all'intero procedimento dinanzi alla Corte Internazionale Penale. Le Corti Internazionali Penali sono state istituite in diversi contesti per indagare e punire crimini gravi; tuttavia, né il Tribunale Penale Internazionale per il Ruanda, né il Tribunale Penale Internazionale per l'ex Iugoslavia e attualmente il Tribunale Penale Internazionale, non sono dotati di forze di polizia che possa operare liberamente nel territorio degli Stati interessati, motivo per cui gli agenti internazionali sono spesso costretti a intervenire per impedire che gli stessi funzionari siano ostacolati, sia per la loro incapacità che per la loro riluttanza, da certe violazioni. Non essendo dotate di un'autorità di polizia, accade spesso che la loro vera funzione sia relegata dagli Stati e non vi sia più azione. È per questo che la sfida particolare nei confronti degli Stati che esplicitamente o tacitamente sono riluttanti a tali ricerche, è quello di trovare la combinazione tra coercizione legale ed estendere un qualche tipo di azione che permetta un'indagine adeguata. Occorre sottolineare che molti degli sviluppi giurisprudenziali e statutari derivanti dall'esperienza dei tribunali per l'ex Iugoslavia e il Ruanda sono stati inseriti nello Statuto e nelle regole della Corte Internazionale Penale. Nella pratica, tuttavia, esistono differenze importanti che spesso riflettono i diversi contesti di ciascuna situazione. È importante notare che l'innovazione apportata dallo Statuto che è rilevante per le vittime può essere analizzata su tre aspetti specifici: 1. La Protezione, che è stata trattata nel capitolo precedente, 2. La Partecipazione, che sarà trattata nel presente capitolo, e 3. La riparazione o Risarcimento che sarà trattata nel capitolo III. D'altro canto, nonostante il fatto che, in questo secolo, il movimento per i diritti umani abbia significato per molte persone una lotta contro l'impunità, è stato anche espresso in modo contraddittorio, poiché, mentre ha rafforzato la responsabilità penale di coloro che li hanno violati, ha significato anche l'emanazione di molte leggi di amnistia opposte che potrebbero ostacolare tale responsabilità . In relazione alla conclusione del capitolo sui rimedi efficaci, numerose organizzazioni per i diritti umani e autorità giudiziarie sono giunte alla conclusione che gli Stati sono responsabili di indagare, perseguire e punire penalmente le persone che commettono crimini di guerra, crimini contro l'umanità e genocidio, nell'ambito delle molteplici violazioni dei diritti umani che possono verificarsi. Di conseguenza, il fatto che uno Stato venga meno ai propri doveri implica una violazione del diritto internazionale dei Diritti Umani. Inoltre, questo movimento ha portato come conseguenza l’aumento della lotta contro l'impunità, in quanto la responsabilità è considerata una caratteristica importante nella risoluzione dei conflitti
Cap IV: Questo capitolo svilupperà il diritto internazionalmente riconosciuto al risarcimento e le forme di risarcimento previste dal diritto penale internazionale a favore delle vittime di crimini atroci su base individuale e collettivamente, spiegando a tal fine che per risarcimento si deve intendere la giurisprudenza e i principi elaborati dalla Corte penale internazionale e da altri organismi che hanno affrontato questo concetto. A sua volta si spiegherà il fondo fiduciario a favore delle vittime, modello sussidiario al risarcimento diretto che si decreta contro l'autore di crimini atroci, ma che segna una pietra miliare nel diritto penale internazionale moderno e dimostra con la sua adozione una posizione di Stati di compassione e di solidarietà verso le persone che hanno sofferto sofferenze indicibili. Nel corso di questo capitolo si farà inoltre riferimento alle sentenze della Corte penale internazionale e al modo in cui si sono svolte le varie riparazioni ordinate a favore delle vittime.
Cap V: Dopo aver spiegato come per il diritto internazionale, le vittime possono contare su diritti unici e obblighi a carico degli Stati e dei Tribunali Internacionali dei Deritti Umani e Penali Internacionali, Carte Fondamentali delle Vittime; che esistono principi che guidano i procedimenti nel diritto penale internazionale e che, in particolare ce ne sono di fondamentali per le vittime, le persone indagate e / o accusate e in generale per garantire un processo giusto ed equo; Che il diritto internazionale moderno, attraverso la Corte Penale Internazionale, riflette nelle sue procedure i diritti delle vittime di partecipare al processo e di ricevere un'adeguata riparazione individuale e collettiva, questo è il consolidamento della giurisprudenza delle corti internazionali per i diritti umani a favore delle vittime. A sua volta è spiegato come questa riparazione è stabilita e come le vittime possono accedere al ripristino o alla riparazione dei loro diritti direttamente o attraverso un fondo fiduciario proprio della Corte Penale Internazionale. Il presente capitolo ha lo scopo di riaffermare gli interessi e gli obiettivi comuni dell'Umanità di giustizia contro i perpetratori di crimini atroci, cioè perseguire, giudicare e condannare i responsabili. Vale a dire riaffermare il valore della non impunità di fronte a crimini gravi. Secondo il fatto che amnistie e indulti, perdoni amnesici, etc. possono essere riproposti nel mondo nel quadro della giustizia di transizione non autentica o difettosa. Che cercheranno di sottrarre la persona responsabile dalle conseguenze criminali stabilite a livello internazionale.. Ecco perché è stato discusso nel capitolo II di questa tesi, oltre all'importanza del concetto della Quarta Istanza a favore delle vittime e della cosa giudicata fraudolenta per l'attivazione della giurisdizione della Corte penale internazionale. In questo capitolo si cercherà di trattare l'impegno del l'intera comunità internazionale per la repressione penale dei crimini più gravi di rilevanza internazionale, la messa al bando dell'impunità nel diritto penale internazionale, l'esigenza di una pena privativa della libertà per crimini atroci per il diritto penale internazionale, il principio del diritto alla giustizia per il diritto penale internazionale, i parametri per l'imposizione di pene detentive per il diritto penale internazionale, il divieto di amnistia o indulto per crimini atroci e la giurisprudenza internazionale dei tribunali per i diritti dell'uomo che sancisce la pena detentiva per crimini atroci.
Cap VI: Nell'accordo concluso tra lo Stato della Colombia e il gruppo delle Farc, è stata istituita una giustizia transizionale, che in ogni caso sostituisce la giurisdizione penale della Colombia, le pene previste e le rispettive procedure, denominata “Giurisdizione per la pace e/o Sistema Integrale di Verità, Giustizia, Riparazione e Non Ripetizione, di seguito il SIVJRNR. La presente analisi comparativa sarà effettuata esclusivamente tra le norme internazionali del diritto penale internazionale e del diritto internazionale dei diritti dell'uomo e la giurisprudenza dei loro tribunali trattati nei capitoli precedenti, rispetto all'accordo concluso tra le parti, lo Stato della Colombia e il gruppo delle Farc, denominato: accordo 5, sulle Vittime del Conflitto: “Sistema Integrale di Verità, Giustizia, Riparazione e Non Ripetizione”. Questo perché tale accordo avrà un impatto diretto sulla legislazione nazionale della Colombia per la sua attuazione. Tuttavia, non mi soffermerò sul modo in cui è stato attuato a livello interno. Tale accordo tra il gruppo insurrezionale e lo Stato annunciava che il risarcimento delle vittime è al centro dell'Accordo tra il Governo Nazionale e le FARC-EP. In tal senso, in seno al Tavolo delle Trattative dell'Avana, si è discusso e raggiunto un accordo sul punto 5 dell'Agenda “Vittime” che comprende i seguenti punti: 1. Diritti umani delle vittime e 2. Verità, cercando di dare contenuti che soddisfino le rivendicazioni di coloro che sono stati colpiti dal lungo confronto sulla cui soluzione politica oggi, mediante questi nuovi consensi e importanti misure e accordi di disarmo, si è compiuto un passo fondamentale verso la costruzione di una pace stabile e duratura e la fine di una guerra di più di mezzo secolo che ha dissanguato il paese” Con il presente capitolo e sulla base dei precedenti si intende dimostrare che l'accordo concluso tra le parti non è conforme a quanto stabilito a livello di diritto penale internazionale e di diritto internazionale dei diritti umani.
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Libros sobre el tema "Diritto universale"

1

Maria Gabriella Belgiorno De Stefano. Il diritto universale alla libertà di coscienza. Roma: Editrice Ianua, 2000.

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2

Vico, Giambattista. Diritto universale: A translation from Latin into English of Giambattista Vico's Il diritto universale : Universal Law : together with an introduction and notes. Lewiston, NY: The Edwin Mellen Press, 2011.

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3

D, Schaeffer John, ed. Diritto universale: A translation from Latin into English of Giambattista Vico's Il diritto universale : Universal Law : together with an introduction and notes. Lewiston, NY: The Edwin Mellen Press, 2011.

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4

Nova scientia tentatur: Introduzione al Diritto universale di Giambattista Vico. Roma: Edizioni di storia e letteratura, 2010.

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5

Bonacina, Giovanni. Storia universale e filosofia del diritto: Commento a Hegel. Milano: Guerini e associati, 1989.

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6

Ghezzi, Morris L. Massoneria e giustizia: Principi, valori e diritto nel pensiero della Libera muratoria universale. Milano: Mimesis, 2013.

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7

Linda, Bimbi, Tognoni Gianni, Archibugi Daniele y Fondazione Lelio e Lisli Basso-ISSOCO., eds. Speranze e inquietudini di ieri e di oggi: I trent'anni della Dichiarazione universale del diritto dei popoli. Roma: EdUP, 2008.

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8

Linda, Bimbi, Tognoni Gianni, Archibugi Daniele y Fondazione Lelio e Lisli Basso-ISSOCO., eds. Speranze e inquietudini di ieri e di oggi: I trent'anni della Dichiarazione universale del diritto dei popoli. Roma: EdUP, 2008.

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9

Sabbarese, Luigi. La costituzione gerarchica della Chiesa universale e particolare: Commento al Codice di diritto canonico : Libro II, parte II. Città del Vaticano, Roma: Urbaniana University Press, 2013.

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10

Il diritto della Chiesa tra universale e particolare: XXXIX incontro di studio Centro turistico Pio X, Borca di Cadore (BL), 2-6 luglio 2012. Milano: Glossa, 2013.

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Capítulos de libros sobre el tema "Diritto universale"

1

"The Intention and Form of the Diritto universale". En Vico, Genealogist of Modernity, 35–41. University of Notre Dame Press, 2002. http://dx.doi.org/10.2307/j.ctvpj75rz.10.

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