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Berghmans, Th. "L’obbedienza militare edi divieti del diritto internazionale pubblico". Military Law and the Law of War Review 27, n.º 1 (diciembre de 1988): 137–41. http://dx.doi.org/10.4337/mllwr.1988.01.18.

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Tucci, Giuseppe. "La discriminazione contro il disabile: i rimedi giuridici". GIORNALE DI DIRITTO DEL LAVORO E DI RELAZIONI INDUSTRIALI, n.º 129 (marzo de 2011): 1–28. http://dx.doi.org/10.3280/gdl2011-129001.

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Resumen
La discriminazione contro i disabili ha una storia particolare nella nostra esperienza giuridica, in quanto viene fatta oggetto di sanzioni solo molto tempo dopo che erano state eliminate le altre tradizionali forme di discriminazione, come, ad esempio, quella contro le donne. Anche le norme costituzionali, che rendevano certamente illegittime quelle discriminazioni (artt. 2, 3, 4, 32, 35, etc. Cost.), sono state lette in funzione della tutela del disabile solo negli anni '90 del secolo scorso, quando la nostra legislazione ordinaria č stata costretta ad adeguarsi al diritto europeo. Infatti, soltanto l'art. 16 della l. 12 marzo 1999, n. 68, ha abrogato la norma del t.u. sul pubblico impiego che prevedeva la «sana e robusta costituzione» come astratto e generale requisito di accesso al pubblico impiego medesimo, cosě come soltanto nel 2003, in attuazione di precise direttive europee, l'art. 15 st. lav. č stato riformato in modo da qualificare come illegittima la discriminazione contro il disabile nel rapporto di lavoro privato. Oggi la tutela del disabile si realizza a livelli multipli. Infatti, vi č una tutela di diritto interno, una tutela di diritto internazionale, in base alla Convenzione delle Nazioni Unite del 13 dicembre 2006, una tutela di diritto dell'Unione europea in senso stretto ed una tutela basata sulla Convenzione europea dei diritti dell'uomo. Malgrado tale pluralismo delle fonti delle differenti discipline giuridiche, solo l'intervento delle diverse Corti, come la Corte costituzionale, quella di Lussemburgo e quella di Strasburgo, in costante dialogo tra loro, riesce a tutelare il disabile di fronte alle nuove forme di discriminazioni, come quelle razziali, che spesso hanno ad oggetto, in particolare nella nostra esperienza giuridica, disabili extracomunitari.
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3

Papadimitriou, Costas. "Le recenti trasformazioni del diritto del lavoro in Grecia". GIORNALE DI DIRITTO DEL LAVORO E DI RELAZIONI INDUSTRIALI, n.º 135 (septiembre de 2012): 389–400. http://dx.doi.org/10.3280/gdl2012-135003.

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Il saggio ricostruisce i principali interventi adottati dal legislatore greco in materia di diritto del lavoro a partire dal 2010 per far fronte alla grave crisi economica che ha colpito il Paese, nonché sulla scia delle indicazioni provenienti dal Fondo monetario internazionale, dalla Banca centrale europea e dalla Commissione europea. Nello specifico, vengono prese in considerazione le misure volte a ridurre il costo del lavoro, con particolare riferimento al pubblico impiego, a flessibilizzare - tanto in entrata, quanto in uscita - l'utilizzo della forza lavoro ed a modificare l'assetto dei rapporti collettivi di lavoro.
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Chiappetta, Giovanna. "Cittadinanza europea: opportunità e abusi nel diritto internazionale privato della famiglia". CITTADINANZA EUROPEA (LA), n.º 2 (enero de 2021): 105–34. http://dx.doi.org/10.3280/ceu2020-002005.

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Resumen
Il saggio si incentra sulla funzione dell'autonomia negoziale nella regolamentazione degli status e dei rapporti familiari tra componenti il nucleo familiare tipico o atipico. Ciò in quanto il ruolo dell'autonomia negoziale è stato ampliato anche dalla cittadinanza europea intesa dalla Corte di giustizia europea come fonte autonoma di diritti. Tale cittadinanza, che si aggiunge a quella nazionale, ha consentito alla coppia ‘statica', pur in assenza del carattere transnazionale della situazione familiare, di scegliere la legge e gli strumenti di ordinamenti stranieri da applicare ai rapporti patrimoniali ed esistenziali della comunità di vita. Il saggio si propone di dimostrare come i Regolamenti UE in materia familiare possano applicarsi anche ai cittadini europei ‘statici', consentendo la scelta di leggi straniere con soluzioni estranee all'ordinamento nazionale, nel rispetto del limite dell'ordine pubblico costituzionale di ciascun Paese membro.
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Mugarra, Miriam Velazco. "Derecho Agrario: instrumento del desarrollo agrícola y rural". Przegląd Prawa Rolnego, n.º 2(23) (15 de diciembre de 2018): 159–69. http://dx.doi.org/10.14746/ppr.2018.23.2.12.

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Resumen
L’obiettivo dell’articolo è di presentare le sfide contemporanee del diritto agrario in materia di sviluppo sostenibile delle zone rurali, tenendo conto delle politiche agricole attuate a livello locale, regionale, internazionale e globale. Nello specifico si è cercato di approfondire l’influenza del c.d. approccio territoriale allo sviluppo sostenibile delle zone rurali e la sua importanza per il diritto agrario. Per attuare il concetto di agricoltura sostenibile a Cuba è necessaria un’implementazione decisiva del progresso tecnologico, una moderata, razionale ed economicamente giustificata intensificazione della produzione e un contenimento del degrado della produttività potenziale del suolo. È inoltre inevitabile ampliare e modernizzare l’infrastruttura tecnica delle zone rurali e delle aziende agricole stesse. Oltre alla necessità di aumentare il livello di istruzione e di conoscenza professionale da parte degli agricoltori, come anche il livello di consapevolezza ecologica, queste azioni richiedono un sostegno finanziario tramite stanziamenti del bilancio pubblico e dei fondi regionali. È anche necessario migliorare il reddito agricolo, in quanto esso determina le possibilità di intraprendere investimenti e attività pro-ecologiche, che a loro volta determinano la sicurezza alimentare del Paese. Secondo l’autore, l’approccio territoriale è uno strumento efficace che facilita la gestione pubblica delle zone rurali e contribuisce a un ulteriore sviluppo socio-economico della popolazione rurale.
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6

Colao, Floriana. "La proprietà fondiaria dalla bonifica integrale di Arrigo Serpieri alla riforma agraria di Antonio Segni. Diritto e politica nelle riflessioni di Mario Bracci tra proprietà privata e socializzazione della terra". Italian Review of Legal History, n.º 7 (22 de diciembre de 2021): 323–76. http://dx.doi.org/10.54103/2464-8914/16892.

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Resumen
Nel Programma di Giangastone Bolla per la Rivista di diritto agrario (1922) la proprietà fondiaria era banco di prova delle «moderne trasformazioni del diritto di proprietà» – su cui Enrico Finzi – in primo luogo con la «funzione sociale». Nell’azienda agraria Bolla osservava inoltre lo spostamento dalla proprietà all’impresa; asseriva che il legame tra l’agricoltura e lo Stato imponeva allo studioso del diritto agrario l’impegno per la «ricostruzione sociale ed economica del paese». In vista della «funzione sociale» Arrigo Serpieri – dal 1923 sottosegretario di Stato all’Agricoltura – promuoveva diversi provvedimenti legislativi per la «bonifica integrale»; la politica per l’agricoltura si legava all’organizzazione dello Stato corporativo in fieri (Brugi, Arcangeli). Il Testo unico del 1933 mirava al risanamento della terra per aumentarne la produttività e migliorare le condizioni dei contadini con trasformazioni fondiarie di pubblico interesse, con possibili espropri di latifondi ed esecuzione coatta di lavori di bonifica su terre private; dal 1946 il Testo unico del 1933 sarà considerato una indicazione per la riforma agraria (Rossi Doria, Segni). Nel primo Congresso di diritto agrario, (Firenze 1935), Maroi, Pugliatti, Serpieri, D’Amelio, Bolla, Ascarelli, Calamandrei discutevano alcune questioni, in primo luogo il diritto agrario come esperienza fattuale, legato alla vita rurale, irriducibile ad un ordine giuridico uniforme; da qui la lunga durata della ‘fortuna’ dell Relazione Jacini sulle diverse Italie agrarie. In vista della codificazione civile, i giuristi rilevavano l’insufficienza dell’impianto individualistico; ponevano l’istanza di norme incentrate sul bene e non sui soggetti, fino al superamento della distinzione tra diritto pubblico e privato. I più illustri giuristi italiani scrivevano nel volume promosso dalla Confederazione dei lavoratori dell’agricoltura; La Concezione fascista della proprietà esprimeva il distacco dalla concezione liberale – con l’accento sulla proprietà della terra fondata sul lavoro (Ferrara, Panunzio) – e teneva ferma l’iniziativa privata (Filippo Vassalli). Bolla ribadiva la particolarità della proprietà fondiaria tra ordinamento corporativo e progetto del codice civile, «istituto a base privata, aiutato e disciplinato dallo Stato», con il titolare «moderator et arbiter» della propria iniziativa. Nel codice civile del 1942 la proprietà fondiaria aveva senso dell’aspetto dinamico dell’attività produttiva, senza contemplare la «funzione sociale» come «nuovo diritto di proprietà» (Pugliatti, Vassalli, D’Amelio).Dopo la caduta del regime fascista le lotte nelle campagne imponevano al ministro Gullo di progare i contratti agrari e regolare l’occupazione delle terre incolte, con concessioni pluriennali ai contadini occupanti; il lodo De Gasperi indennizzava i mezzadri. Le differenti economie delle ‘diverse Italie agrarie’ sconsigliavano una riforma uniforme (Rossi Doria, Serpieri); i riorganizzati partiti politici miravano alla ripartizione delle terre espropriate e ad indennizzi al proprietario privato, senza lesioni del diritto di proprietà. L’iniziale azione dello Stato ad erosione del latifondo, con appositi Enti di riforma, aveva per scopo la valorizzazione della piccola proprietà contadina (Segni, Bandini). Per coniugare proprietà privata ed interesse sociale nella Costituzione Mortati motivava la sua proposta di «statuizione costituzionale»; Fanfani chiedeva «un articolo che parli espressamente della terra». Il latifondo era la questione più urgente ma divisiva; Di Vittorio ne chiedeva l’«abolizione » ed Einaudi la «trasformazione», scelta che si imponeva in nome delle diverse ‘Italie rurali’; non si recepiva la proposta di una norma intesa ad ostacolare le grandi proprietà terriere. L’articolo 44 della Costituzione prevedeva una legge a imporre «obblighi e vincoli alla proprietà terriera privata», al fine di «conseguire il razionale sfruttamento del suolo ed equi rapporti sociali». Bolla apprezzava la scelta di «trasformare la proprietà individuale in proprietà sociale»; Vassalli scriveva di un non originale «prontuario di risoluzione del problema agrario». Nel progetto del Ministro per l’agricoltura Segni – che riusciva a far varare una contrastata riforma agraria – l’art. 44 dettava compiti al «legislatore futuro»; la legge Sila 21 Maggio 1950, la legge stralcio del 21 Ottobre 1950 per le zone particolarmente depresse, i progetti di legge sui contratti agrari erano discussi nel Terzo congresso di diritto agrario e nel primo Convegno internazionale, promosso da Bolla, con interventi di Bassanelli, Segni, Capograssi, Pugliatti, Santoro Passarelli, Mortati, Esposito. Il lavoro era considerato l’architrave della proprietà della terra, «diritto continuamente cangiante, che deve modellarsi sui bisogni sociali» (Bolla). In questo quadro è interessante la riflessione teorico-pratica, giuridico-politica di Mario Bracci, docente di diritto amministrativo a Siena, rettore, incaricato anche dell’insegnamento di diritto agrario. Rappresentante del PdA alla Consulta nazionale nella Commissione agricoltura, Bracci si proponeva di scrivere un «libro sulla socializzazione della terra», mai pubblicato; l’Archivio personale offre una mole di appunti finora inediti sul tema. Bracci collocava nella storia la proprietà della terra, che aveva senso nel «lavoro»; la definiva architrave del diritto agrario e crocevia di diritto privato e pubblico, tra le leggi di bonifica, la codificazione civile, l’art. 44 della Costituzione, la riforma agraria, intesa come «problema di giustizia». Dal fascismo alla Repubblica Bracci coglieva continuità tecniche e discontinuità ideologiche nell’assetto dell’istituto di rilevanza costituzionale, «le condizioni della persona sono indissolubilmente legate a quelle della proprietà fondiaria». Da studioso e docente di diritto amministrativo e diritto agrario dal luglio 1944 Bracci intendeva rispondere al conflitto nelle campagne, mediando tra «fini pubblici della produzione agraria e le esigenze della giustizia sociale»; proponeva «forme giuridiche adeguate e che sono forme di diritto pubblico».
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Tarwacka, Anna. "Convegno internazionale DIRITTO ROMANO PRIVATO E DIRITTO ROMANO PUBBLICO: TEORIA E PRATICA. Xiamen, Chiny, 23-27 października 2010 r." Zeszyty Prawnicze 10, n.º 2 (23 de diciembre de 2016): 353. http://dx.doi.org/10.21697/zp.2010.10.2.21.

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Calvieri, Carlo. "ALCUNE RIFLESSIONI SULLO STATO POST-MODERNO TRA “PSICOPOLITICA” E NUOVA DIMENSIONE INTERNAZIONALE DEL DIRITTO PUBBLICO NELLA CORNICE DEL “CONCETTO DI POLITICO” DI C. SCHMITT". Novos Estudos Jurí­dicos 23, n.º 3 (20 de diciembre de 2018): 848. http://dx.doi.org/10.14210/nej.v23n3.p848-871.

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Resumen
Il presente articolo illustra come, nello scenario internazionale e nazionale italiano, la sovranitá sia rimessa sempre con piú frequenza nelle mani del potere economico ed I diritti e le libertá individuali siano rimesse all´autonomia privata a fronte di un potere statuale sempre piú esautorato.
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Ruiloba Santana, Eloy. "PALAIA, Nicola: L'ordine pubblico “internazionale”, Padova, 1974 (Studi e pubblicazioni della "Rivista di Diritto Internazionale Privato e Processuale", 11), 172 páginas". Anuario Español de Derecho Internacional 1 (16 de agosto de 2018): 556–59. http://dx.doi.org/10.15581/010.1.28837.

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Franzina, Pietro. "La concessione di una <i>freezing injunction</i> non preclude la riconoscibilità in Italia della successiva sentenza di merito resa nel medesimo giudizio". marzo-aprile, n.º 2 (7 de abril de 2022): 356–65. http://dx.doi.org/10.35948/1590-5586/2022.94.

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Resumen
Tesi L’art. 64, lettere b) e g) della L. 31 maggio 1995, n. 218 di riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato deve essere interpretato nel senso che non può dirsi integrata una violazione dei diritti essenziali della difesa e delle garanzie ascrivibili all’ordine pubblico processuale italiano, idonea a giustificare il diniego del riconoscimento di una sentenza straniera, per il solo fatto che la sentenza in questione sia stata resa all’esito di un procedimento nel corso del quale il debitore della sentenza è stato il destinatario di un provvedimento cautelare in personam, concesso inaudita altera parte, secondo il modello della freezing injunction inglese. Il riconoscimento di una sentenza straniera preceduta da un provvedimento cautelare può essere negato in forza delle disposizioni citate solo quando l’emanazione di detto provvedimento abbia comportato una violazione delle garanzie processuali fondamentali tale da tradursi, per la sua rilevante incidenza, in una lesione del diritto di difesa rispetto all’intero processo. The author’s view According to Article 64, literae b) and g) of the Law of 31 May 1995, No 218 (Reform of the Italian system of private international law), a foreign judgment is not eligible for recognition in Italy if the right to a fair trial was violated in the proceedings before the court of origin, and if recognition would contravene public policy, including procedural public policy. A judgment cannot be denied recognition on the above grounds merely because the court of origin granted, in the course of the same proceedings, a worldwide freezing injunction, as known under English law. In fact, recognition of the judgment could only be denied if it were established that, by granting the interim measure in question, the procedural rights of the party concerned were violated in such a serious way as to undermine the fairness of the proceedings considered as a whole.
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Marongiu Buonaiuti, Fabrizio. "Recognition in Italy of filiation established abroad by surrogate motherhood, between transnational continuity of personal status and public policy = Il riconoscimento in Italia del rapporto di filiazione costituito all’estero tramite maternita’ surrogata, tra continuita’ dello status e ordine pubblico". CUADERNOS DE DERECHO TRANSNACIONAL 11, n.º 2 (1 de octubre de 2019): 294. http://dx.doi.org/10.20318/cdt.2019.4959.

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Resumen
Abstract: A recent judgment by the Sezioni Unite of the Italian Corte di cassazione has ruled on a highly sensible and controversial issue, concerning the compatibility with the Italian public policy of a foreign court order, establishing a bond of filiation between a child born by surrogacy and the intended father, materially the same sex spouse of the biological father, despite the absence of any genetical link. The Sezioni Unite declared that such a court order could not be recognized, as incompatible with the Italian public policy. In so deciding, they appeared to have taken a step back as compared to an earlier judgment delivered by the first civil chamber of the same Corte di cassazione in 2016, where a more favourable attitude had prevailed. As compared to the said earlier judgment, the Sezioni Unite, besides distinguishing the circumstances occurring in the two cases, provided a more flexible reading of the public policy exception in private international law, partly overruling the narrower reading provided in the earlier judgment, which had limited its scope to those principles concerning the protection of fundamental rights enshrined in international and European instruments, as well as in the Italian Constitution. In the conclusions it reaches, the judgment by the Sezioni Unite reveals a substantial alignment with the solution envisaged by the European Court of Human Rights in its Advisory Opinion of 10 April 2019, contemplating adoption by the intended, non-biological parent, as the avenue by which the right of the child to his private life with that parent might be enforced.Keywords: Status filiationis, surrogate motherhood, public policy, recognition of personal and family status, Art. 8 ECHR.Riassunto: Una recente sentenza delle Sezioni Unite della Corte di cassazione ha affrontato una questione molto delicata e controversa, costituita dalla riconoscibilità in Italia di un provvedimento giurisdizionale straniero costitutivo di un rapporto di filiazione tra un minore e il padre di intenzione – materialmente il coniuge dello stesso sesso del padre biologico – in assenza di alcun legame genetico. Nell’affermare che un tale provvedimento non può essere riconosciuto in quanto in contrasto con l’ordine pubblico, le Sezioni Unite sono parse compiere un passo indietro rispetto a una precedente pronuncia della I sezione civile della stessa Cassazione del 2016, nella quale aveva prevalso un approccio di maggiore apertura. Rispetto a tale precedente pronuncia, le Sezioni Unite, oltre a sottolineare le differenze tra le fattispecie che si presentavano nei due casi, hanno adottato una definizione maggiormente flessibile del limite dell’ordine pubblico nel diritto internazionale privato, del quale la precedente decisione della sezione semplice aveva dato una lettura eccessivamente restrittiva, limitandone la portata a quei soli principi internazionalmente condivisi in materia di tutela dei diritti fondamentali e a quegli ulteriori principi che trovano affermazione nella Costituzione italiana. Nelle conclusioni raggiunte, la pronuncia delle Sezioni Unite rivela un sostanziale allineamento con la posizione assunta dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nel suo parere consultivo del 10 aprile 2019, facendo riferimento all’adozione del minore da parte del genitore d’intenzione privo di legami biologici, come la via attraverso la quale il diritto del minore alla sua vita privata con tale genitore può ricevere tutela.Parole chiave: rapporto di filiazione, maternità surrogata, ordine pubblico, riconoscimento degli status personali e familiari, Art. 8 CEDU.
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Bompiani, Adriano. "L’elaborazione di “regole” per le innovazioni biotecnologiche". Medicina e Morale 49, n.º 4 (31 de agosto de 2000): 713–50. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2000.765.

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Come è noto, l'unione Europea ha fra i suoi scopi quello di favorire lo sviluppo sociale ed economico dei Paesi aderenti, facilitando la ricerca scientifica, l’innovazione tecnologica, la produzione di beni e la circolazione degli stessi nell’ambito dell’Unione, eliminando per quanto è possibile differenze, normative e conflitti commerciali. Con questo spirito, dopo anni di difficile lavoro, è stata emanata la Direttiva 98/44/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio (6luglio 1998) che riguarda la protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche, ne presupposto che si tratti di genoma – sia esso di origine vegetale, animale o umano – in quanto risultati da “invenzioni” suscettibili di applicazioni industriali e non dal mero isolamento (“scoperta”). L’Autore, che già ha esaminato in un precedente contributo gli aspetti etici dell’impiego delle biotecnologie nel campo vegetale e animale (v. Medicina e Morale 2000, 3: 449-504), si sofferma a descrivere quanto prevede la Direttiva 98/44/CE stessa, assieme ad altre norme internazionali precedentemente emanat, per la tutela dell’ambiente, degli animali e degli organismi umani. L’Autore riconosce che la direttiva vieta, nel dispositivo, lo sfruttamento commerciale che sia contrario all’ordine pubblico e al buon costume, fornendo gli esempi concreti dei divieti applicabili ai processi di clonazione umana a scopo riproduttivo, di modificazione dell’identità genetica germinale dell’essere umano; di modificazione degli embrioni umani a fini commerciali e industriali; di modificazione dell’identità genetica animale di natura tale da provocare sofferenza negli stessi, senza utilità sostanziale per l’uomo o per l’animale. Tuttavia la Direttiva – sotto l’aspetto giuridico – consente l’utilizzazione di embrioni umani (sia pure non direttamente ed espressamente prodotti a scopo di ricerca in base all’art. 18 della Convenzione sui diritti dell’uomo e la biomedicina) a scopo sperimentale e per applicazioni biotecnologiche riguardanti la produzione di cellule staminali od i medicamenti. L’Autore esamina anche il dibattito che è seguito alla emanazione della Direttiva soprattutto a livello di Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa (Strasburgo) in merito alle preoccupazioni dell’opinione pubblica sui cosiddetti “cibi transgenici” (raccomandazione n. 1398 (1998) dal titolo “sicurezza del consumatore e qualità degli alimenti”), nella quale è stata espressa contrarietà alla brevettabilità degli organismi viventi, pur riconoscendo la necessità di assicurare un’adeguata protezione ai diritti dell’”invenzione” (proprietà intellettuale) [Raccomandazione 1417/1999]. Questi problemi sono stati affrontati ma non risolti nella conferenza internazionale di Oviedo (16-19 maggio 19999) organizzata dal Consiglio d’Europa. Il Comitato Direttivo di Bioetica del medesimo Consiglio d’Europa è stato indicato di esprimere “parere” sulla complessa materia; nel frattempo sono intervenute la conferenza di Seattle e Montreal, ove è stato firmato, nel gennaio 2000, un Protocollo sulla biosicurezza che regolamenta il commercio internazionale di sementi e sostanze geneticamente modificate ritenuti pericolosi per l’ambiente e la salute, escludendo però i prodotti finiti, e perciò il cibo transgenico. Nel momenti in cui – scadendo la moratoria –la Direttiva 98/44/CE entrerà in vigore (31 luglio 2000) essendo improbabile l’accettazione delle argomentazioni di invalidazione sollevate da Olanda e Italia, l’Autore insiste per l’adozione del “principio di precauzione”, esplicitamente incorporato nel diritto comunicato relativo alla protezione della salute, oltreché alla tutela dell’ambiente, che dovrà essere tuttavia meglio specificato nella sua estensione e nelle conseguenze attese. Un secondo principio, quello della “trasparenza”, richiede un’ulteriore affinamento delle informazioni rivolte al consumatore, tramite una più chiara etichettatura che consenta una scelta realmente libera e consapevole dei prodotti derivanti da organismi geneticamente modificati posti in commercio. Dovrà essere perseguita la ricerca, escludendo peraltro l’uso dell’embrione umano.
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Scovazzi, Tullio. "La Giurisprudenza italiana di diritto internazionale pubblico. Vol. II, Repertorio 1987-1997. Edited by Paolo Picone. Naples: Jovene Editore, 1997. Pp. xx, 943. Indices. Lit 165,000." American Journal of International Law 93, n.º 1 (enero de 1999): 284–85. http://dx.doi.org/10.2307/2997984.

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Stentella, Danilo. "Azienda pubblica e finanziamento pubblico dei partiti politici". ECONOMIA PUBBLICA, n.º 2 (junio de 2022): 233–53. http://dx.doi.org/10.3280/ep2022-002002.

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La reintroduzione in Italia di un meccanismo di finanziamento pubblico dei partiti politici, la cui entità venisse collegata direttamente e in via almeno prevalente a una percentuale significativa degli utili generati dalle partecipazioni statali, potrebbe determinare da parte dei leader politici una maggiore propensione alla scelta di management capace e l'adozione di un efficace sistema di verifica delle procedure di gestione di questo patrimonio pubblico. Si potrebbe ridimensionare drasticamente per questa via la piaga apparentemente endemica e cronica del clientelismo dei colletti bianchi di alto livello e realizzare contestualmente una gestione della proprietà pubblica più efficiente, di tipo finalmente privatistico, se proprio vogliamo assegnare a questa categoria una valenza cogente. Le riforme di politica economica introdotte negli ultimi decenni dai governi dei paesi più industrializzati sono state fortemente condizionate dalla dottrina del New Public Management, un approccio radicale, capace di compromettere l'integrità strutturale ed etica del settore pubblico subordinando la giustizia sociale all'efficienza economica, una trasformazione caratterizzata dal taglio della spesa pubblica che ha travolto anche un fondamentale istituto del sistema democratico, i partiti politici. Purtroppo i trascorsi delle imprese pubbliche hanno fortemente agevolato quelle riforme, in quanto per un certo periodo storico queste hanno mostrato una tendenza cronica alla bassa produttività, rispetto alle imprese private, anche a causa delle politiche clientelari e dell'uso intensivo del fattore lavoro. Poiché elementi di servizio pubblico ed elementi di business convivono soprattutto nel settore delle public utilities, potenzialmente capace di generare reddito, le imprese pubbliche possono rappresentare un'utile e prudente forma di diversificazione dei ricavi per la finanza pubblica, in grado di ridurre sensibilmente i rischi di liquidità, ancor di più in un contesto storico di crisi finanziarie ed economiche internazionali ricorrenti. Il finanziamento pubblico dei partiti politici è stato introdotto nel 1974 con la L. 195/1974 per contrastare le collusioni con i grandi poteri economici, già sorte negli anni precedenti. È stato completamente abolito con D.L. 149/2013, convertito in L. 13/2014, lasciando spazio ad una crescente attività di lobbying e finanziamento indiretto ai partiti. La domanda a cui questo elaborato cerca di rispondere è: può l'azienda pubblica essere gestita in modo efficiente dallo Stato, produrre entrate e servizi per la comunità, senza dare luogo a risultati di gestione cronicamente negativi e contribuire a finanziare il diritto costituzionalmente garantito di organizzarsi in partiti politici, finanziando il loro meccanismo?
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Schilf, S. "Fabrizio Marrella, La nuova lex mercatoria - Principi Unidroit ed usi dei contratti del commercio internazionale, Trattato di diritto commerciale e di diritto pubblico dell'economia Volume XXX, Cedam, Padova 2003, ISBN 88-13-24181-X, pp. LXII +1001." Uniform Law Review - Revue de droit uniforme 9, n.º 1 (1 de enero de 2004): 231–34. http://dx.doi.org/10.1093/ulr/9.1.231.

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Rubino, Francesco. "Marxismo, ecologia e costituzione". DESC - Direito, Economia e Sociedade Contemporânea 2, n.º 2 (21 de febrero de 2020): 146–68. http://dx.doi.org/10.33389/desc.v2n2.2019.p146-168.

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Resumen
Questo saggio analizza le origini del consolidamento progressivo della sensibilità ecologica negli ultimi cento anni, le rapporti tra l’ecologia e la costituzione e l’ampiezza teorica dei concetti di diritti fondamentali, diritti umani, democrazia, socialismo per evitare la catastrofe, non dimenticando che il discorso ecologico è nato nelle tradizione socialisti sovietici. Analizza anche dalla guerra come fonte di diritto e la legittima difesa ambientale nel diritto internazionale al ‘ambiguo’ ma necessario corollario del principio internazionale di solidarietà come uscita possibile alla crisi. La costruzione di altre nozioni come “beni pubblici globali” sembra, da molti, un’altra conseguenza di questa opposizione tra la protezione ambientale e gli interventi umanitari, entrambi su scala globale e planetaria. Salvare l’ambiente e salvare l’economia è il secondo grande problema: che cos’è la produzione ambientale e come funziona al di là delle tante assunzioni di responsabilità e dei tanti committments che non hanno séguito? Esiste un “capitale naturale del mondo”? è l’ultima questione del saggio, come da una decina d’anni si è legittimato un modo di vedere che punta alla valorizzazione del “capitale naturale del mondo”. Dinanzi una somma di argomenti critici e historici a tutti questi concetti, l’articolo tende a concludere che l’atteggiamento politico è proprio invece quello di un “evasionismo” dal Pianeta, di un abbandono cioè nei confronti di un pianeta ormai in crisi irreversibile.
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Colao, Floriana. "La sovranità della Chiesa cattolica e lo Stato sovrano. Un campo di tensione dalla crisi dello Stato liberale ai Patti Lateranensi, con un epilogo nell'articolo 7 primo comma della Costituzione". Italian Review of Legal History, n.º 8 (21 de diciembre de 2022): 257–312. http://dx.doi.org/10.54103/2464-8914/19255.

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Resumen
Il saggio ricostruisce la genesi della ‘Premessa’ al Trattato del Laterano del 1929, in cui le Due Alte Parti – governo italiano e Santa Sede, con le firme di Mussolini e del cardinale Gasparri – garantirono alla Chiesa «una sovranità indiscutibile pur nel campo internazionale». Da qui la «necessità di costituire, con particolari modalità, la Città del Vaticano […] con giurisdizione sovrana della Santa Sede», e l’art. 2, «l’Italia riconosce la sovranità della Santa Sede nel campo internazionale come attributo inerente alla sua natura, in conformità alla sua tradizione ed alle esigenze della sua missione». Il saggio considera che i giuristi – Vittorio Emanuele Orlando, che, da presidente del Consiglio nel maggio giugno 1919 tentò una trattativa con la Santa Sede per la risoluzione della Questione romana, e Amedeo Giannini, che tra i primi suggerì a Mussolini un «nuovo codice della legislazione ecclesiastica» – legarono la Conciliazione alla crisi dello Stato liberale ed al «regime diverso», insediatosi in Italia il 28 Ottobre 1922. Il saggio considera che già nel 1925 il guardasigilli Alfredo Rocco coglieva nelle ‘due sovranità’ una pietra d’inciampo nella costruzione dello Stato totalitario, anche se dichiarava di dover abbandonare l’«agnostico disinteresse del vecchio dottrinarismo liberale». Il saggio considera che Rocco rimase ai margini delle trattative con la Santa Sede, dal momento che metteva in guardia dal riconoscimento del «Pontefice sovrano, soggetto di diritto internazionale», e da «un altro Stato nello Stato», principio su cui convergevano giuristi quali Ruffini, Scaduto, Schiappoli, Orlando. Le trattative segrete furono affidate a Domenico Barone – consigliere di Stato, fiduciario del Duce – e Francesco Pacelli, avvocato concistoriale e fiduciario del cardinal Gasparri; la sovranità della Chiesa ed un suo ‘Stato’ appariva come la posta in gioco. Il saggio considera che la nascita dello Stato della Città del Vaticano complicava l’‘immagine’ del Regno d’Italia persona giuridica unitaria, ‘costruita’ dalla giuspubblicistica nazionale, difesa anche da Giovanni Gentile sul «Corriere della Sera». Mostra che il fascismo intese riconoscere il cattolicesimo «religione dominante dello Stato» per rafforzare la legge 13 Maggio 1871 n. 214, «sulle guarentigie pontificie e le relazioni fra Stato e Chiesa», che aveva previsto un favor religionis per la Chiesa cattolica. La Conciliazione risalta come l’approdo di un lungo processo storico, che offriva forma giuridica al ruolo che il cattolicesimo aveva e avrebbe rivestito per l’identità italiana; non a caso nel Marzo 1929 Agostino Gemelli celebrava una «nuova Italia riconciliata con la Chiesa e con sè stessa, con la propria storia e la propria bimillenaria civiltà». Il saggio mostra che la sovranità della Chiesa e lo Stato della Città del Vaticano furono molto discusse nel dibattito parlamentare sulla ratifica dei Patti firmati l’11 Febbraio 1929, con i toni duri di Mussolini, che definì la Chiesa «non sovrana e nemmeno libera». Rocco affermò che il «regime fascista» riconosceva «de iure» una sovranità «immutabile de facto»; rispondeva agli «improvvisati e non sinceri zelatori dello Stato sovrano, ma anticlericale», che «lo Stato è fascista, non abbandona parte alcuna della sua sovranità». Jemolo e Del Giudice – estimatori delle « nuove basi del diritto ecclesiastico – colsero il senso di questa «pace armata» tra governo e Santa Sede. Il saggio esamina l’ampio dibattito sulla «natura giuridica» della sovranità della Chiesa e sulla «statualità» dello Stato della Città del Vaticano, tra diritto pubblico, ecclesiastico, internazionale, teoria generale dello Stato. Coglie uno snodo nel pensiero di Santi Romano, indicato da Giuseppe Dossetti alla Costituente come assertore del «principio della pluralità degli ordinamenti giuridici». Il saggio esamina poi il confronto sullo Stato italiano come Stato confessionale, teoria sostenuta da Santi Romano, negata da Francesco Scaduto. Taluni – Calisse, Solmi, Checchini, Schiappoli – guardavano ai Patti Lateranensi come terreno del rafforzamento della sovranità dello Stato; Meacci scriveva di «Stato superconfessionale, cioè al di sopra di tutte le confessioni»; Piola e Del Giudice tematizzavano uno «Stato confessionista». Jemolo – che nel 1927 definiva la «sovranità della Chiesa questione forse insolubile» – affermava che, dopo gli Accordi, «il nostro Stato non sarà classificabile tra i Paesi separatisti, ma tra quelli confessionali». Il saggio esamina poi il dibattito sulla sovranità internazionale della Chiesa – discussa, tra gli altri, da Anzillotti, Diena, Morelli – a proposito della distinzione o unità tra la Santa Sede e lo Stato Città del Vaticano – prosecuzione dello Stato pontificio o «Stato nuovo» – e della titolarità della sovranità. Il saggio si sofferma poi sul dilemma di Ruffini, «ma cos’è precisamente questo Stato», analizzando uno degli ultimi scritti del maestro torinese, il pensiero di Orlando, Jemolo, Giannini, una monografia di Donato Donati e una di Mario Bracci, due dense «Lectures» di Mario Falco sul Vatican city, tenute ad Oxford, Ordinamento giuridico dello Stato della Città del Vaticano di Federico Cammeo, in cui assumeva particolare rilievo la «sovranità, esercitata dal Sommo Pontefice», per l’«importanza speciale» nei «rapporti con l’Italia». Quanto agli ecclesiasticisti, il saggio esamina le prospettive poi sviluppate nell’Assemblea Costituente, uno scritto del giovane Giuseppe Dossetti – docente alla Cattolica – sulla Chiesa come ordinamento giuridico primario, connotato da sovranità ed autonomia assoluta non solo in spiritualibus; le pagine di Jannaccone e D’Avack sulla «convergenza tra potestas ecclesiastica e sovranità dello Stato come coesistenza necessaria della Chiesa e dello Stato e delle relative potestà»; un ‘opuscolo’ di Jemolo «per la pace religiosa in Italia», che nel 1944 poneva la libertà come architrave di nuove relazioni tra Stato e Chiesa. Il saggio conclude il percorso della «parola sovranità» – così Aldo Moro all’Assemblea Costituente – nell’esame del sofferto approdo all’articolo 7 primo comma della Costituzione, con la questione definita da Orlando «zona infiammabile». Sull’‘antico’ statualismo liberale e sul ‘monismo giuridico’ si imponeva il romaniano pluralismo; Dossetti ricordava la «dottrina dell’ultimo trentennio contro la tesi esclusivista della statualità del diritto». Rispondeva alle obiezioni dei Cevolotto, Calamandrei, Croce, Orlando, Nenni, Basso in nome di un «dato storico», «la Chiesa cattolica […] ordinamento originario […] senza alcuna compressione della sovranità dello Stato». Quanto al discusso voto comunista a favore dell’art. 7 in nome della «pace religiosa», Togliatti ricordava anche le Dispense del 1912 di Ruffini – imparate negli anni universitari a Torino – a suo dire ispiratrici della «formulazione Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani». Tra continuità giuridiche e discontinuità politiche, il campo di tensione tra ‘le due sovranità’ si è rivelato uno degli elementi costitutivi dell’identità italiana, nel segnare la storia nazionale dei rapporti tra Stato e Chiesa dall’Italia liberale a quella fascista a quella repubblicana, in un prisma di temi-problemi, che ancora oggi ci interroga.
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Bissell, Richard E. "STRUCTURE AND OPERATION OF THE INDEPENDENT ACCOUNTABILITY MECHANISMS (IAMSs)". Il Politico 84, n.º 1 (25 de junio de 2019): 83–93. http://dx.doi.org/10.4081/ilpolitico.2019.54.

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L’inserimento, negli anni ’90, dei cosiddetti “meccanismi indipendenti di responsabilità” (IAMs) nelle organizzazioni internazionali ha diverse origini. Un lavoro seminale del 1991 della Banca Mondiale si concentrava sulla necessità di responsabilizzare i governi nei confronti dei cittadini come condizione di maggior successo dei progetti promossi dalla Banca stessa. Se la maggior parte dell’attività derivante da tali meccanismi consisteva nel rispondere a reclami concernenti servizi governativi, essa alimentava a sua volta le aspettative dei cittadini per quanto riguarda la reattività delle organizzazioni pubbliche. L’idea che un individuo che riteneva violati i propri diritti umani potesse ricorrere a un organismo internazionale costituiva una novità sostanziale. È inoltre rilevante il fatto che le istituzioni internazionali attribuiscano valore al fatto di “aprire” le proprie operazioni così da consentire che le denunce vengano effettuate e che a esse sia data risposta. La responsabilità internazionale, dopo 25 anni di esperienza, può infine trarre vantaggio dalla modernizzazione dei sistemi: le opportunità offerte dalle nuove tecnologie, ad esempio, stanno rapidamente annullando le distanze in gran parte del mondo.
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Wołodkiewicz, Witold. "LEX RETRO NON AGIT. SFORMUŁOWANIE W POLSKIEJ DOKTRYNIE PRAWNICZEJ". Zeszyty Prawnicze 1 (27 de enero de 2017): 103. http://dx.doi.org/10.21697/zp.2001.1.06.

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LEX RETRO NON AGIT. UN BROCARDO NELLA GIURISPRUDENZA POLACCAII problema della irretroattività della norma giuridica è stato trattato molto spesso nella dottrina giuridica generale e in quella romanistica. La regola lex retro non agit (che nella giurisprudenza e dottrina giuridica polacca esprime il principio délia irretroattività del diritto) è il brocardo latino il più spesso usato nella giurisprudenza polacca.Considerazioni a proposito del vigore délia norma giuridica nel tempo si incontrano nelle fond del diritto romano nelle varie epoche del suo sviluppo. Il problema délla retroattività délia legge fu affrontato già dai giuristi repubblicani. Fu toccato anche dai giuristi classici. La generalizzazione del principio secondo il quale la legge non deve retroagire, si trova peraltro in diverse costituzioni imperiali del Basso Impero. Il principio délia irretroattività del diritto compare più volte nella storia giuridica postgiustinianea.Nelle visioni dello Stato di diritto, sviluppate dai filosofi del Secolo dei Lumi il principio dell’irretroattività délia legge è stato trattato come un dogma fondamentale ed assoluto.II principio d’irretroattività è molto spesso enunciato nei codici contemporanei. E un elemento fondamentale della definizione classica del delitto penale, peró la dottrina e la pratica penale e costituzionale dopo la seconda guerra mondiale hanno cominciato, almeno in certa misura, ad allontanarsi dal principio d’irretroattività nel diritto penale. Questa tendenza fu stata già notata, a proposito del processo di Norimberga, dal Berger in un articolo del 1949. Le dichiarazioni e convenzioni internazionali sui crimini di guerra e contro l’umanità , hanno poi introdotto diverse eccezioni al principio dell’irretroattività della legge penale. Questi atti di diritto internazionale hanno tendenzialmente influenzato i sistemi nazionali di diritto costituzionale e penale (come esempio si puô citare l’art. 42 punto 1 della Costituzione polacca del 2 aprile 1997).II brocardo lex retro non agit non fu mai esplicitamente individuato eon queste parole, né ai tempi romani, né nella storia posteriore del diritto. Questa formulazione è infatti sconosciuta ai dizionari ed alle enciclopedie giuridiche in quasi tutta Europa al di fuori della Polonia.Nella romanistica polacca, l’autore che cita il brocardo lex retro non agit fu Stanisław Wróblewski (nel suo manuale di diritto romano, pubblicato nel 1916). E probabile che l’autorità del Wróblewski (a lungo professore di diritto romano a Cracovia, ed influente membro della Commissione di Codificazione polacca, chiamato spesso il „Papiniano polacco”) abbia influenzato la divulgazione del brocardo lex retro non agit nella dottrina e nella giurisprudenza polacca e radicato per conseguenza la persuasione della derivazione romanistica del concetto d’irretroattività del diritto, letteralmente cosi individuato, nell’odierna pratica giurisprudenziale polacca.
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Bompiani, Adriano. "L’Italia e la “Dichiarazione di Amsterdam” sui diritti dei pazienti". Medicina e Morale 47, n.º 1 (28 de febrero de 1998): 47–90. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1998.843.

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In questo lavoro si compie un’analisi della “Dichiarazione sulla promozione dei diritti dei pazienti in Europa”, redatta da un gruppo di esperti sotto gli auspici dell’Ufficio Regionale Europeo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nella riunione tenutasi ad Amsterdam (28-30 marzo 1994). L’iniziativa dell’OMS dimostra il crescente interesse degli Stati appartenenti alla Regione Europea a rendere comparabili le norme degli ordinamenti interni concernenti l’accesso e l’utilizzazione da parte dei pazienti dei servizi sanitari, venendo incontro non solamente ad ormai codificati diritti soggettivi della persona umana, ma anche a legittime aspirazioni di miglioramento della qualità e dei rapporti umani nell’assistenza. Richiamata la lunga serie delle “Dichiarazioni sui diritti dell’uomo” proclamate in diversi documenti internazionali di alto valore morale, e le parallele dichiarazioni riguardanti i “diritti dei pazienti”, l’analisi prosegue delineando i contenuti fondamentali della Dichiarazione di Amsterdam e valutandoli sotto il profilo etico-giuridico. Si è cercato anche di verificare - brevemente - le analogie intercorrenti fra detta “Dichiarazione di Amsterdam” e la “Carta dei servizi pubblici sanitari”, strumento che intende attuare l’art. 14 del D. Leg. n. 502/1992 (e successive modificazioni ed integrazioni). “Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’art.1 della legge 23 ottobre 1992 n. 421”. L’art. 14, come è noto, ha per oggetto i “Diritti dei cittadini”. L’applicazione dei principi solennemente dichiarati nei vari documenti esaminati richiede - ormai - una convinta adesione ai postulati dell’etica della cura, interpretati nella tradizione personalista.
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Ferritti, Monya, Anna Guerrieri y Luca Mattei. "Adozione e scuola: individuare i punti critici e accrescere la consapevolezza di genitori e insegnanti". MINORIGIUSTIZIA, n.º 2 (noviembre de 2020): 83–94. http://dx.doi.org/10.3280/mg2020-002007.

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Dal 2000 al 2018, i minorenni adottati (AI e AN) sono stati più di 68.000. La ricerca internazionale rileva come l'adozione, intervento di recupero tra i più efficaci in ogni area di sviluppo dei bambini, non riesca tuttavia a garantire altrettanto nell'area della performance scolastica1. Per tale motivo, nel 2014 il Miur, in collaborazione con il Coordinamento Care, ha pubblicato le Linee di indirizzo per il diritto allo studio degli alunni adottati. Osservandone una disomogenea conoscenza e attuazione, il Coordinamento Care ha promosso nel 2019 un'indagine qualitativa per esplorare il benessere scolastico degli alunni adottati attraverso la somministrazione in Cawi di questionari a insegnanti e genitori adottivi. Da tale indagine emerge che il 39,2% dei genitori dichiara di avere figli a cui è riconosciuto un Bes a fronte di una scarsa conoscenza e formazione degli insegnanti sul tema (21,1%). Il presente lavoro, approfondendo come la scuola sia significativa per i ragazzi e le ragazze adottati, analizza le principali criticità.
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Braga, Paolo. "Il racconto inclusive della disabilità e dell’autismo: i casi delle serie TV Speechless e Atypical". Medicina e Morale 69, n.º 1 (20 de abril de 2020): 23–47. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2020.606.

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L’articolo muove da una panoramica sulle criticità che storicamente hanno segnato il racconto audiovisivo della disabilità. Come mostrano report sull’industria cinetelevisiva e come sottolineano i Disability Studies, accanto ad una rappresentazione insufficiente della disabilità, c’è, quando l’argomento è affrontato, il diffuso scadimento nello stereotipo. A partire da questo dato generale, l’articolo considera la recente categoria critica dell’«inspiration porn». Coniata dagli attivisti dei diritti alla pari dignità, denuncia quei prodotti culturali in cui la persona con disabilità è riduttivamente ritratta al solo fine di suscitare i buoni sentimenti, l’auto-stima, la gratificazione del pubblico che non ha disabilità. Tuttavia, nell’offerta televisiva internazionale segnali di un’inversione di tendenza sono riscontrabili. L’articolo analizza due serie, Speechless e Atypical, che hanno provato a migliorare lo storytelling improntandolo al valore dell’inclusione. L’analisi, che incrocia un approccio etico di fondo con la prospettiva più tecnica della sceneggiatura, si concentra su due aspetti: come la storia rende conto del punto di vista della persona con disabilità, così da rivelare la complessità della sua esperienza personale; come la storia presenta l’inclusione come un obiettivo socialmente conseguibile e motivante. In sede di conclusioni, sulla scorta della differente qualità riscontrata nelle due serie, l’articolo suggerisce tre criteri generali per l’eticità del racconto sulla disabilità: il realismo referenziale, per una rappresentazione fedele al dato medico-terapeutico-sociale; il realismo ottativo, cioè una declinazione proattiva del dramma; il realismo antropologico, cioè l’attribuzione ad azioni e relazioni del loro significato oggettivo entro un disegno esaustivo di completamento personale.
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Pereira, Jeremias y Lívia Haygert Pithan. "Il rapporto tra diritto internazionale pubblico e diritto petrolifero: studio del caso tra Timor-Leste e l'Australia". Revista Científica Multidisciplinar Núcleo do Conhecimento, 11 de diciembre de 2019, 31–51. http://dx.doi.org/10.32749/nucleodoconhecimento.com.br/legge/diritto-internazionale-pubblico.

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Questo articolo ha lo scopo di analizzare la Legge del Mare e il Petrolio per comprendere le ragioni che hanno generato, per più di un decennio, il conflitto tra Timor-Leste e l'Australia per quanto riguarda la definizione di confini marittimi definitivi. Timor-Leste è già stato sfruttato e invaso da diverse nazioni. A causa dell'abbondanza di petrolio e gas naturale, ha sofferto per ottenere l'indipendenza nel 2002, così come ha lottato per godere del suo territorio marittimo fino al 2018, da questo nuovo contesto del trattato di frontiera marittima firmato tra Timor-Leste e la Australia. La linea di equidistanza mediana è stato il parametro utilizzato per definire i confini definitivi di Timoresi, concedendo il diritto di godere del loro territorio marittimo. Il patto definitivo sulle frontiere ha contribuito notevolmente allo sviluppo di Timor Est, grazie allo sfruttamento delle ricchezze marine, oltre a riconoscere la necessità del paese di compagnie petrolifere che contribuiscano all'evoluzione di Timor-Leste in modo specifico e puntuale. Ciò deve ora essere ratificato dai parlamenti nazionali di entrambi i paesi. Il processo di ratifica dovrebbe essere completato nel 2019. Timor-Leste sta attualmente cercando di negoziare i suoi confini marittimi con l'Indonesia, ma questi sono stati sospesi durante il processo di conciliazione obbligatorio con l'Australia. Ora che questo processo è finito, i due paesi possono riprendere le discussioni. Parole chiave: diritto petrolifero, diritto internazionale, diritto marittimo.
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Sartea, Claudio. "Sulla problematica idea di un “diritto di aborto”". Medicina e Morale 62, n.º 4 (30 de agosto de 2013). http://dx.doi.org/10.4081/mem.2013.93.

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L’articolo nella sua prima parte evidenzia l’inesistenza nei testi fondamentali del diritto nazionale ed internazionale di un “diritto di aborto” in senso tecnico, a prescindere dall’uso che sempre più frequentemente si fa di questa espressione nei media e nel dibattito pubblico ed ora anche giurisprudenziale. Nella seconda parte tenta una spiegazione del fenomeno che va al di là del dato positivo e penetra da un lato nella struttura propria del diritto soggettivo, dall’altro nella complessa problematica psicologica e sociale della pratica abortiva, molto difficilmente riconducibile allo schema lineare di una spettanza individuale. ---------- The article in its first part highlights that in the basic texts of national and international law there is not the possibility to talk of a “right to abortion”, despite the widespread use of this expression in the public debate and now also in the judgments. In the second part, the article attempts an explanation of this phenomenon that goes beyond the positive data, and seeks explanations on the one hand in the analysis of the structure of individual right, for each other into the complex psychological and social problems of the practice of abortion, that with great difficulty can be traced to the scheme of a linear individual right.
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"Cortese, Bernardo: L'ordinamento dell'Unione europea tra autocostituzione, collaborazione e autonomia. – Torino: Giappichelli 2018. XVII, 342 pp. (Quaderni del Dipartimento di diritto pubblico internazionale e comunitario. Nuova serie 21. ..." Rabels Zeitschrift für ausländisches und internationales Privatrecht 85, n.º 3 (2021): 653. http://dx.doi.org/10.1628/rabelsz-2021-0027.

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Probst, Charles y Giovanni Fantacci. "L’eutanasia in Svizzera e le esperienze internazionali". Medicina e Morale 57, n.º 1 (28 de febrero de 2008). http://dx.doi.org/10.4081/mem.2008.293.

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Resumen
Nell’articolo si esaminano i valori etici fondamentali in gioco nel dibattito sull’eutanasia. La precisa definizione dei concetti deve contribuire a far chiarezza nella discussione. Gli autori osservano i vari tentativi di legalizzazione dell’eutanasia attiva in atto a livello internazionale. La prassi eutanasia dei Paesi Bassi esercita un particolare influsso in Svizzera. Nel dibattito pubblico occorre distinguere nettamente tra medicina palliativa, in grado di attenuare le sofferenze dei malati terminali e eutanasia. Purtroppo questa distinzione spesso non si fa. Per effetto della confusione che regna in materia la Svizzera registra la più alta percentuale di casi di assistenza al malato terminale fra i sei paesi europei comparati. Ciò si spiega con la tendenza a sospendere anzitempo e senza vera necessità le terapie. In Svizzera operano varie organizzazioni per il suicidio assistito: esse sfruttano una lacuna legale esistente. L’assistenza al suicidio è infatti perseguita unicamente se è stata prestata per motivi egoistici. I fautori dell’eutanasia cercano di preparare il terreno per altre forme di eutanasia attiva approfittando di questo vuoto legislativo. Negli ultimi anni si è così sviluppato un inquietante “turismo suicida”: da tutta Europa giungono in Svizzera persone che desiderano porre fine alla propria vita; nel solo cantone di Zurigo i casi di suicidio assistito sono triplicati. In nessun altro paese si assiste a un incremento così rapido del fenomeno. L’assistenza al malato terminale dipende essenzialmente da due fattori: la situazione e la problematica del paziente interessato nonché il valore di fondo che si attribuisce alla vita umana. Il nostro giudizio si fonda sul diritto naturale e la Rivelazione cristiana con il decalogo. ---------- The article examines in detail the various ethical values at stake in the euthanasia debate. Clarity in the discussion is to be obtained by clearly defining terms. The authors review various international endeavours to legalise active euthanasia. The practice of euthanasia in the Netherlands in particular is very influential in Switzerland. In the public debate palliative medicine, which mitigates the suffering of terminally ill patients, must be clearly differentiated from euthanasia. Unfortunately this distinction is often not made. It is symptomatic of this confusion that Switzerland has the largest rate of “non treatment decisions” among six European countries compared with one another. This is due to improper handling of treatment discontinuation in routine clinical practice. In Switzerland various euthanasia organisations are active which exploit a loophole in the law. Assisting a suicide leads to criminal prosecution only if done for selfish reasons. In this way advocates of euthanasia seek to prepare the ground for other forms of active euthanasia too. “Euthanasia tourism” to Switzerland from all over Europe has developed alarmingly in the last years and tripled according to the figures in Canton Zurich alone. In no other country assisting a suicide has increased so rapidly. Paramount in palliative care are the particular patient’s individual circumstances and problems and the valuing of human life as a matter of principle. This we assert on the basis of natural law and the Christian revelation with the decalogue.
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"Diritto italiano. Asilo". DIRITTO, IMMIGRAZIONE E CITTADINANZA, n.º 2 (septiembre de 2011): 128–36. http://dx.doi.org/10.3280/diri2011-002009.

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1. Corte di cassazione 24.3.2011 n. 6879 - cittadino del Burkina Faso richiedente la protezione internazionale - rigetto delle plurime censure di rito e di merito proposte nel ricorso per Cassazione - disamina delle tipologie di protezione internazionale anche diverse da quelle previste dalle direttive comunitarie 2. Corte appello di Milano 3.2.2011 n. 4 - cittadino nigeriano - richiedente la protezione sussidiaria o il diritto di asilo - valutazione della prova alla stregua dei criteri indicati dalla direttiva 2004/83/CE nella interpretazione di Cassazione n. 27310/08.RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA3. Corte appello di Roma 7.3.2011 n. 963 - cittadino ivoriano richiedente status di rifugiato - protezione sussidiaria o diritto di asilo - poteri istruttori del giudice quale espressione del dovere di cooperazione legislativamente stabilito 4. Tribunale di Trieste 11.11.2009 n. 505 - cittadino tunisino richiedente lo status di rifugiato - illiceitŕ della condotta del Ministero - Dipartimento di pubblica sicurezza per il rimpatrio disposto in pendenza del termine per la presentazione del gravame - sussistenza della lesione del diritto del richiedente di essere sentito dal giudice - sussistenza del diritto alla protezione internazionale in presenza di atti di repressione di condotte dirette a rivendicare la libertŕ e condizioni di lavoro piů dignitose
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"Diritto italiano. Espulsioni". DIRITTO, IMMIGRAZIONE E CITTADINANZA, n.º 3 (diciembre de 2011): 139–52. http://dx.doi.org/10.3280/diri2011-003011.

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1. Corte di cassazione 5.5.2011 n. 9967 - espulsione - pendenza procedimento rinnovo carta soggiorno - annullamento 2. Corte di cassazione 8.9.2011 n. 18481 - espulsione per violazione ordine allontanamento - contrasto normativa nazionale con direttiva europea cd. rimpatri - immediata applicazione direttiva - disapplicazione normativa nazionale - annullamento 3. Corte di cassazione 8.9.2011 n. 18493 - opposizione tardiva - rigetto richiesta protezione internazionale - comunicazione in lingua conosciuta - violazione - nullitŕ - valutazione giurisdizionale tempestivitŕ impugnazione - difetto motivazione - cassazione con rinvio 4. Giudice di pace di Agrigento 8.7.2011 - respingimento differito - giurisdizione ordinaria - termine adozione rispetto rintraccio/inizio trattenimento in CIE - mancata previsione normativa - necessitŕ ricostruzione sistematica secondo ragionevolezza - violazione - annullamento 5. Tribunale di Bologna 15.10.2011 - trattenimento in CIE - presupposto allontanamento immediato per violazione divieto reingresso - necessitŕ accertamento violazione divieto con condanna penale - mancanza - illegittimitŕ atto presupposto - diniego convalida.RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA 6. Tribunale di Novara 28.9.2011 - accompagnamento coattivo alla frontiera - cittadino comunitario - richiesta convalida - motivi imperativi pubblica sicurezza - appartenenza a categorie persone pericolose - precedenti penali - recente scarcerazione - assenza attualitŕ pericolositŕ sociale - diniego convalida.
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Costa, Josécley Dos Santos. "Definizione del concetto di bene immobile nella dottrina e nell’ordinamento giuridico costituzionale – Responsabilità civile brasiliana e internazionale: articolo 1.225, punto I, della legge 10,406 del 10 gennaio 2002, che istituisce il codice civile brasiliano". Revista Científica Multidisciplinar Núcleo do Conhecimento, 14 de diciembre de 2020, 24–42. http://dx.doi.org/10.32749/nucleodoconhecimento.com.br/legge/bene-immobile.

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L’offerta di questo mestiere mira a definire il concetto di immobiliare. Tracciare un panorama evolutivo storico generale, dalla preistoria ai giorni contemporanei, riferendosi al Diritto Reale, su scala globale, riferendo le ragioni storiche, i sistemi sociali ed economici al rapporto della proprietà immobiliare, che ne ha portato l’aspetto e lo sviluppo ai conglomerati che hanno fondato le città. Compresa la creazione del suo concetto a carattere nazionale e internazionale, ordinato da sistemi di governi nei loro regimi governativi, con un focus interdisciplinare, fornendo non solo basi, più comprendendo anche i fattori dell’industria edile, motivo del vettore economico dei carri delle piccole economie, proprietà pubbliche e private attraverso la vita quotidiana, visualizzando la traiettoria dell’osservazione di un ricercatore al risultato di questo lavoro , da cui è stato condotto in una sequenza logica. La metodologia si basava sulla ricerca bibliografica, un approccio al problema, utilizzando i metodi: procedura induttiva, storica, con quella dell’osservazione della vita reale, corrispondente alla delimitazione del tema, portando ad un percorso specifico, cioè a definire il concetto di proprietà immobiliare. Che vanno dai risultati più particolari, alle leggi e alle teorie dottrinali, in una comunicazione ascendente. La domanda e il problema di questo lavoro risiedono nella domanda: cos’è il settore immobiliare? Vale la pena chiarire, il diritto del proprietario e della sua facoltà, presente nel codice civile brasiliano in vigore. L’origine degli immobili nella storia nasce nel Medioevo, nel Medioevo sorge la facoltà del proprietario, tra le altre apparizioni, quali: condominio, dicotomia: terre pubbliche e private, possesso, nomenclatura: Diritto Reale, ecc. In diverse costituzioni, codici e legislazione internazionale, la definizione di questo concetto non è stata trovata.
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Fusco, Sara. "Participation, Sharing, and Cooperation: The rights of indigenous peoples over natural resources in the Arctic". Nordicum-Mediterraneum 16, n.º 4b (2022). http://dx.doi.org/10.33112/nm.16.4.6.

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Resumen
Abstract: Climate change is an issue at the heart of Arctic policies, as its effects are most visible in the polar regions. Climate change puts the unique Arctic ecosystem and cultural diversity of the region at serious risk. The strong link between environment and culture is very evident among indigenous communities, whose identity is closely linked to traditional nature-based activities. This article explores the mechanisms of deliberative democracy in ​​natural resource management in the Arctic. The analysis was carried out through the disquisition of national legal sources and international instruments on human rights, indigenous rights, and constitutional texts. The paper also includes a brief examination of the effectiveness of the public consultation processes that the author collected in March 2019 during fieldwork in Kiruna, Sweden. Sommario: Il cambiamento climatico è una questione al centro delle politiche artiche, poiché i suoi effetti sono più visibili nelle regioni polari. Il cambiamento climatico pone l’ecosistema artico e la diversità culturale della regione a grave rischio. Il forte legame tra ambiente e cultura è molto forte tra le comunità indigene, la cui identità è strettamente legata alle attività tradizionali basate sulla natura. Le attività come la caccia, pesca, agricoltura si basano sul know-how indigeno tramandato da millenni. Questo articolo esplora i meccanismi della democrazia deliberativa nella gestione delle risorse naturali nell’Artico. L’analisi è stata condotta attraverso la disquisizione di fonti giuridiche nazionali e strumenti internazionali sui diritti umani, sui diritti indigeni e sui testi costituzionali. Il documento include anche un breve esame dell’efficacia dei processi di consultazione pubblica che l’autore ha raccolto nel marzo 2019 durante una ricerca sul campo a Kiruna, in Svezia.
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Šuleková, Mária. "Le biobanche di ricerca Problematiche etico-sociali tra diritti dell’individuo e prospettiva comunitaria". Medicina e Morale 62, n.º 3 (30 de junio de 2013). http://dx.doi.org/10.4081/mem.2013.96.

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Resumen
Negli ultimi dieci anni si è avuto un aumento delle attività legate alle biobanche, ossia alle collezioni di campioni biologici e dei dati associati, sia a livello nazionale sia internazionale. La metafora della banca è stata messa in discussione, dal momento che porta con sé uno scopo di lucro e rischia di ridurre un nuovo campo della biomedicina – che ha la potenzialità di sviluppare nuove modalità per la promozione della salute – a prospettiva di profitto individuale. Perciò sono state proposte altre analogie tra le quali le collezioni d’arte, le organizzazioni di volontariato, le biblioteche o depositi (“teca”) per sottolineare il primato dell’avanzamento della ricerca nell’interesse della società. Se da un lato si ipotizzano innovative strategie di diagnosi, prevenzione e terapia per varie malattie derivate dai progetti che mettono a confronto i fattori di rischio genetici e ambientali nella loro insorgenza, dall’altro le attività legate alla ricerca che utilizzano le biobanche comportano rilevanti rischi etici e sono un motivo di preoccupazione sociale. Il presente contributo si concentra sulle questioni specifiche di carattere etico ed etico-sociale nel campo del biobanking. Ciò include problematiche come la fiducia pubblica, il consenso informato, la privacy, il ritorno dei risultati, il rischio di discriminazione genetica e stigmatizzazione sociale, la commercializzazione, l’appartenenza dei campioni e la condivisione dei benefici. Inoltre, le problematiche sono state messe a contronto con due approcci teorici fondamentali nell’etica del biobanking: la prospettiva basata sulla protezione dei diritti dell’individuo e la prospettiva comunitaria. La preoccupazione al centro di questo dibattito è quello di risolvere il problema di come le biobanche devono essere organizzate e gestite tra garanzie di interessi e diritti individuali (come il consenso informato e la privacy) da un lato e la realizzazione del bene comune (in termini di progresso della ricerca e di benefici per la salute pubblica) dall’altro. Mentre l’approccio tradizionale può rivelarsi, infine, una impostazione solo procedurale o legalistica, i nuovi approcci, d’altra parte, rischiano di prendere una svolta di mera retorica o di adottare un’ottica utilitarista o contrattualista. Infine, si conclude con un dibattito aperto, considerando i punti critici di entrambi i framework, riportando alcune proposte di intersezione tra i punti di vista eccessivi e sottolineando in conclusione la rilevanza di alcune sfide socio-politiche attuali della ricerca basata sulle biobanche. ---------- In the last decade, the establishment of organized biobanks (collections of biological samples and associated data) has grown at both the national and international level. The metaphor of the bank was questioned, as it recalls a lucrative scope and reduces a new field of biomedicine that could develop innovative methods for promotion of human health to the perspective of individual profit. Other analogies such as art collections, voluntary organizations, libraries or repositories (“teca”) were proposed as the primary function of these collections is an advance of research for public interest. New strategies of diagnosis, prevention and therapy for various illnesses are expected to be derived from studies that focus on the understanding of the contributions of genes, lifestyle and environment, to the development of complex diseases. However, at the same time, activities related to research biobanking carry significant ethical risks and arise for social concern. This paper after such a general examination focuses on the specific ethical and socio- ethical issues in this field. This involved topics such as public trust, informed consent, privacy, return of results, risk of genetic discrimination and social stigmatization, commercialization, property and benefit sharing. Furthermore, while analysing these topics, two fundamental theoretical approaches in the ethics of biobanking were addressed: the protection of individual’s rights perspective and the communitarian perspective. The central concern in pointing out this debate is to solve the problem of how biobanks should be organized and managed between guarantees of individual interests and rights (like informed consent and privacy) on one hand and the realization of the common good (in terms of research progress and benefits for public health) on other. Whilst one perspective risks being excessively paternalistic and procedural, the other can tend to be rhetoric, purely utilitarian or contractual. Finally, the article ends with an open-ended discussion by considering critical points of both frameworks, by referring to some particular “bridging concepts” aimed at balancing the excessive views, and by emphasizing the relevance of some socio-political challenges of current biobank research policy.
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Bompiani, Adriano. "Aspetti etici dell’assistenza intensiva e “provvedimenti di fine vita” in epoca neonatale al limite della vitalità". Medicina e Morale 57, n.º 2 (30 de abril de 2008). http://dx.doi.org/10.4081/mem.2008.285.

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Il Protocollo di Gröningen e la Carta di Firenze hanno sollevato nell’opinione pubblica questioni sull’assistenza ostetrico-pediatrica da tempo dibattute in sede scientifica e professionale, riguardanti i criteri assistenziali cui sono sottoposti – attualmente – i nati estremamente prematuri per settimana di gestazione (22-25) e/o di peso estremamente ridotto (inferiore a 1000 gr). L’A. affronta l’argomento partendo da una rassegna – notevolmente ampia – della letteratura in merito, ripartita per anni di attività della neonatologia intensivista, sia alla luce dello “stile di risposta” dei vari Centri attivi, sia dei progressi terapeutici intervenuti negli anni (uso prenatale di glicocorticoidi; uso neonatale di surfattante polmonare; assistenza ventilatoria strumentale, etc.). Esamina successivamente i contenuti del Protocollo di Gröningen e della Carta di Firenze, rilevandone notevoli differenze di applicazione ma anche tratti comuni nella posizione pregiudiziale di “non rianimare” il neonato al di sotto di determinati limiti temporali di sviluppo (peraltro attenuata dalla previsione di condizioni eccezionali di vitalità neonatale nella Carta di Firenze). Descritti, alla luce delle indagini epidemiologiche, gli esiti neurologici e polmonari dei sopravvissuti e gli atteggiamenti – in vari Paesi – dei neonatologi, espone gli elementi giuridici riguardanti la posizione del neonato alla luce delle fondamentali Dichiarazioni del Diritto Internazionale riguardanti la persona umana e della Carta Costituzionale Italiana, con relative norme applicative. Anche sulla base di elaborazioni etiche – estesamente esaminate – , e rifiutando ogni impostazione eutanasica, l’A. propende per una linea assistenziale che favorisca la rianimazione (primaria e secondaria) del nato estremamente prematuro, nei limiti tuttavia in cui lo stato di vitalità alla nascita e l’evoluzione del caso nelle Unità di terapia intensiva favoriscano il rispetto del “principio di proporzionalità delle cure”. Si conviene sulla necessità della costante comunicazione con i genitori nella discussione delle linee terapeutiche più opportune, ma si riconosce che il neonatologo intensivista è il responsabile – a termine di legge – delle decisioni terapeutiche. ---------- The Gröningen Protocol and the Florence Chart have raised in the public opinion issues on the obstetrician-paediatric care debated in scientific and professional centres for a long time, regarding the health care criteria to which extremely preterm infants are – currently – subordinated for week of gestation (22-25) and/or for extremely reduced weight (lower than 1000 gr). The author debates starting from a review – remarkably wide – of the literature, shared among years of intensive neonatology activity both in the light of the “answer style” of the different centres and of the therapeutic progresses in the last years (prenatal use of glycocorticoides; neonatal use of pulmonary surfactant; mechanics of artificial breathing, etc.). He subsequently examines the contents of the Gröningen Protocol and of the Florence Chart, finding some remarkable differences of application but also common features in prejudicial position of the “do not resuscitate” infants under determine temporal limits of development (moreover attenuated from the prediction of exceptional conditions of neonatal vitality in Florence Chart). Once described, in the light of epidemiologic researches, the survivors neurological and pulmonary outcomes and the neonatologists attitudes – in several Countries – he exposes the legal elements regarding the position of the infants in the light of the Declarations of International Law on human person and Italian Constitution, with their applicative norms. Also according to ethical statements – extensively examined –, and refusing all euthanasian formulation, the author is inclined for a line that can favour the resuscitation (primary and secondary) of the extremely premature infant, however, insofar as the limits in which the state of viability at the birth and the evolution of the case in the neonatal intensive care units favour the respect of the principle of proportionality of care. He agrees on the necessity of the constant dialogue with the parents discussing the more opportune therapeutic lines, but acknowledging that the intensive neonatologist is the responsible – according to law – of the therapeutic decisions.
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