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Rampazzo, Lino y José Marcos Miné Vanzella. "RIFUGIATI: MINORANZE SENZA PROPRIETÀ?" Revista Direitos Fundamentais & Democracia 23, n.º 3 (14 de diciembre de 2018): 258. http://dx.doi.org/10.25192/issn.1982-0496.rdfd.v23i31189.

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Resumen
Questo studio si propone di esaminare il tema del “Diritto di Proprietà”, espresso particolarmente nei due primi articoli della questione 66 (II-II) della Somma Teologica di San Tommaso, che è ripreso, nel secolo XX, dal filosofo francese Emmanuel Mounier. La riflessione cerca, prima di tutto, di situare la questione 66, che tratta “Del Furto e della Rapina”, sia nella visione più ampia di tutta la Somma, come nel contesto specifico della parte morale della medesima opera. Subito dopo si analizzano i due articoli della Somma sul “Diritto di Proprietà”. Poi si studia un capitolo dell’opera “Dalla proprietà capitalista alla proprietà umana” di Mounier, che fa valere la dottrina tomista nel contesto della crisi mondiale della sua epoca. Si pretende così, a partire da un autore clássico, analizzare il tema del “Diritto di Proprietá”, con la possibilità di mostrare, come Mounier, un percorso che indichi la sua funzione sociale. Significativa è pure la ripresa della posizione tomista nella Dottrina sociale della Chiesa, che, in documenti ufficiali, dei quali si indicano due, a titolo do esempio, cita espressamente la stessa questione 66 (II-II) della Somma Teologica, su cui basa il suo insegnamento. La ripresa di questo problema è applicada alla situazione dei profughi, in particolare in Europa, al fine di mostrare il "diritto di proprietà" che essi possiedono, in una situazione di estrema necessità. E, molto significativo in questo senso, é il recente messaggio di Papa Francesco per la giornata del migrante e del Rifugiato.
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Colao, Floriana. "La proprietà fondiaria dalla bonifica integrale di Arrigo Serpieri alla riforma agraria di Antonio Segni. Diritto e politica nelle riflessioni di Mario Bracci tra proprietà privata e socializzazione della terra". Italian Review of Legal History, n.º 7 (22 de diciembre de 2021): 323–76. http://dx.doi.org/10.54103/2464-8914/16892.

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Resumen
Nel Programma di Giangastone Bolla per la Rivista di diritto agrario (1922) la proprietà fondiaria era banco di prova delle «moderne trasformazioni del diritto di proprietà» – su cui Enrico Finzi – in primo luogo con la «funzione sociale». Nell’azienda agraria Bolla osservava inoltre lo spostamento dalla proprietà all’impresa; asseriva che il legame tra l’agricoltura e lo Stato imponeva allo studioso del diritto agrario l’impegno per la «ricostruzione sociale ed economica del paese». In vista della «funzione sociale» Arrigo Serpieri – dal 1923 sottosegretario di Stato all’Agricoltura – promuoveva diversi provvedimenti legislativi per la «bonifica integrale»; la politica per l’agricoltura si legava all’organizzazione dello Stato corporativo in fieri (Brugi, Arcangeli). Il Testo unico del 1933 mirava al risanamento della terra per aumentarne la produttività e migliorare le condizioni dei contadini con trasformazioni fondiarie di pubblico interesse, con possibili espropri di latifondi ed esecuzione coatta di lavori di bonifica su terre private; dal 1946 il Testo unico del 1933 sarà considerato una indicazione per la riforma agraria (Rossi Doria, Segni). Nel primo Congresso di diritto agrario, (Firenze 1935), Maroi, Pugliatti, Serpieri, D’Amelio, Bolla, Ascarelli, Calamandrei discutevano alcune questioni, in primo luogo il diritto agrario come esperienza fattuale, legato alla vita rurale, irriducibile ad un ordine giuridico uniforme; da qui la lunga durata della ‘fortuna’ dell Relazione Jacini sulle diverse Italie agrarie. In vista della codificazione civile, i giuristi rilevavano l’insufficienza dell’impianto individualistico; ponevano l’istanza di norme incentrate sul bene e non sui soggetti, fino al superamento della distinzione tra diritto pubblico e privato. I più illustri giuristi italiani scrivevano nel volume promosso dalla Confederazione dei lavoratori dell’agricoltura; La Concezione fascista della proprietà esprimeva il distacco dalla concezione liberale – con l’accento sulla proprietà della terra fondata sul lavoro (Ferrara, Panunzio) – e teneva ferma l’iniziativa privata (Filippo Vassalli). Bolla ribadiva la particolarità della proprietà fondiaria tra ordinamento corporativo e progetto del codice civile, «istituto a base privata, aiutato e disciplinato dallo Stato», con il titolare «moderator et arbiter» della propria iniziativa. Nel codice civile del 1942 la proprietà fondiaria aveva senso dell’aspetto dinamico dell’attività produttiva, senza contemplare la «funzione sociale» come «nuovo diritto di proprietà» (Pugliatti, Vassalli, D’Amelio).Dopo la caduta del regime fascista le lotte nelle campagne imponevano al ministro Gullo di progare i contratti agrari e regolare l’occupazione delle terre incolte, con concessioni pluriennali ai contadini occupanti; il lodo De Gasperi indennizzava i mezzadri. Le differenti economie delle ‘diverse Italie agrarie’ sconsigliavano una riforma uniforme (Rossi Doria, Serpieri); i riorganizzati partiti politici miravano alla ripartizione delle terre espropriate e ad indennizzi al proprietario privato, senza lesioni del diritto di proprietà. L’iniziale azione dello Stato ad erosione del latifondo, con appositi Enti di riforma, aveva per scopo la valorizzazione della piccola proprietà contadina (Segni, Bandini). Per coniugare proprietà privata ed interesse sociale nella Costituzione Mortati motivava la sua proposta di «statuizione costituzionale»; Fanfani chiedeva «un articolo che parli espressamente della terra». Il latifondo era la questione più urgente ma divisiva; Di Vittorio ne chiedeva l’«abolizione » ed Einaudi la «trasformazione», scelta che si imponeva in nome delle diverse ‘Italie rurali’; non si recepiva la proposta di una norma intesa ad ostacolare le grandi proprietà terriere. L’articolo 44 della Costituzione prevedeva una legge a imporre «obblighi e vincoli alla proprietà terriera privata», al fine di «conseguire il razionale sfruttamento del suolo ed equi rapporti sociali». Bolla apprezzava la scelta di «trasformare la proprietà individuale in proprietà sociale»; Vassalli scriveva di un non originale «prontuario di risoluzione del problema agrario». Nel progetto del Ministro per l’agricoltura Segni – che riusciva a far varare una contrastata riforma agraria – l’art. 44 dettava compiti al «legislatore futuro»; la legge Sila 21 Maggio 1950, la legge stralcio del 21 Ottobre 1950 per le zone particolarmente depresse, i progetti di legge sui contratti agrari erano discussi nel Terzo congresso di diritto agrario e nel primo Convegno internazionale, promosso da Bolla, con interventi di Bassanelli, Segni, Capograssi, Pugliatti, Santoro Passarelli, Mortati, Esposito. Il lavoro era considerato l’architrave della proprietà della terra, «diritto continuamente cangiante, che deve modellarsi sui bisogni sociali» (Bolla). In questo quadro è interessante la riflessione teorico-pratica, giuridico-politica di Mario Bracci, docente di diritto amministrativo a Siena, rettore, incaricato anche dell’insegnamento di diritto agrario. Rappresentante del PdA alla Consulta nazionale nella Commissione agricoltura, Bracci si proponeva di scrivere un «libro sulla socializzazione della terra», mai pubblicato; l’Archivio personale offre una mole di appunti finora inediti sul tema. Bracci collocava nella storia la proprietà della terra, che aveva senso nel «lavoro»; la definiva architrave del diritto agrario e crocevia di diritto privato e pubblico, tra le leggi di bonifica, la codificazione civile, l’art. 44 della Costituzione, la riforma agraria, intesa come «problema di giustizia». Dal fascismo alla Repubblica Bracci coglieva continuità tecniche e discontinuità ideologiche nell’assetto dell’istituto di rilevanza costituzionale, «le condizioni della persona sono indissolubilmente legate a quelle della proprietà fondiaria». Da studioso e docente di diritto amministrativo e diritto agrario dal luglio 1944 Bracci intendeva rispondere al conflitto nelle campagne, mediando tra «fini pubblici della produzione agraria e le esigenze della giustizia sociale»; proponeva «forme giuridiche adeguate e che sono forme di diritto pubblico».
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Viglianisi Ferraro, Angelo. "L’art. 1 del Primo Protocollo alla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e la sua “turbolenta” applicazione in Italia". Revista Justiça do Direito 34, n.º 1 (30 de abril de 2020): 106–30. http://dx.doi.org/10.5335/rjd.v34i1.11067.

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L’articolo si concentra sulla tutela in Italia del diritto di proprietà, sancito nell’art. 1 del Primo Protocollo Addizionale alla Convenzione europea per la protezione dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) e reso effettivo dalla Corte europea dei diritti dell’uomo (che ha il potere di ritenere gli Stati responsabili di un mancato rispetto dei diritti contenuti nella Convenzione). L’Italia è stata più volte condannata dalla Corte di Strasburgo per le continue violazioni dell’art. 1 del Primo Protocollo Addizionale alla Convenzione europea. Al fine di garantire una reale efficacia del sistema CEDU, è necessario rafforzare e rendere effettiva a livello nazionale l’applicazione dei diritti proclamati nella Convenzione.
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Graziadei, Michele. "La proprietà fiduciaria, la proprietà nell’interesse altrui, e i trust. Un itinerario". gennaio-febbraio, n.º 1 (3 de febrero de 2022): 26–47. http://dx.doi.org/10.35948/1590-5586/2022.47.

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TesiTanto nel mondo di common law, quanto nel mondo di civil law, è necessario disporre di regole robuste, quando si tratta di gestire la ricchezza delegando tale compito ad altri. Nel diritto italiano, il tentativo di mettere al bando ogni forma di proprietà eretta nell’interesse altrui non si è rivelata vincente, ed è da ripensare. Questo ripensamento è compatibile con le strutture fondamentali del diritto italiano, le quali devono riconoscere come fisiologico il potere di alienare i beni su cui verte il rapporto tra le parti. Tale potere, infatti, salvaguarda il valore capitale gestito. Qualunque sia l’origine del rapporto, è dunque un errore ritenere che si caratterizzi essenzialmente per il limitato potere di disposizione del gestore. The author’s view Both in the common law world and in civilian jurisdictions robust rules are necessary when it comes to managing wealth by delegating this function to others. Italy’s attempt to ban all forms of ownership established for the benefit of others has not proved successful, and needs to be reconsidered. The fundamental structures of Italian law are compatible with the regular recognition of the power to alienate assets entrusted to the manager. The power to dispose of such assets, safeguards the capital value of the managed wealth. Whatever the origin of the relationship, it is therefore a mistake to think this relationship it fundamentally characterized by the manager’s limited power of disposition.
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Adornato, Francesco. "I diritti della terra". AGRICOLTURA ISTITUZIONI MERCATI, n.º 2 (octubre de 2011): 115–22. http://dx.doi.org/10.3280/aim2011-002009.

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Sotto il profilo giuridico, l'accesso alla proprietà della terra si pone oggi in termini molto diversi dal passato: esso è presupposto per godere dei valori ambientali che la terra esprime, è condizione di un più generale godimento della natura e del paesaggio, ma è anche espressione della consapevolezza e della responsabilità che noi abbiamo verso la terra e verso le generazioni future. La terra reclama diritti attraverso usi sostenibili, atteggiamenti responsabili, valori ideali, comportamenti solidali. È necessario pertanto un nuovo patto sociale tra l'uomo e la terra, che regoli anche i diritti di quest'ultima. È questo il compito dei giuristi, soprattutto di quelli di diritto agrario: è necessario, costruire più adeguate strumentazioni per modificare l'ordinamento in funzione di un nuovo orizzonte strategico dell'agricoltura e per assicurare la sopravvivenza dell'umanità.
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Mariani, Serena. "Il grano della discordia: il provvedimento Cappelli dell'Agcm e la sentenza San Carlo del Tribunale di Roma". AGRICOLTURA ISTITUZIONI MERCATI, n.º 2 (enero de 2021): 133–59. http://dx.doi.org/10.3280/aim2018-002008.

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Il presente contributo ha l'obiettivo di analizzare due recenti decisioni aventi ad oggetto distinte varietà di grano duro: il provvedimento sul frumento Cappelli dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato e la sentenza sul grano San Carlo del Tribunale di Roma. Entrambi i casi riguardano, sebbene in modo diverso, il tema dei diritti di esclusiva sulle varietà vegetali. Nella vicenda San Carlo, tali diritti derivano dalla concessione di una privativa nazionale sulla nuova varietà vegetale. Diversamente, nel caso Cappelli è stata posta in essere una privatizzazione de facto di una varietà antica, in assenza di qualsivoglia diritto di proprietà intellettuale sulla stessa. L'elaborato vuole altresì porre l'accento sull'importanza del miglioramento genetico in agricoltura, necessario affinché vengano sviluppate varietà sempre più produttive, resistenti e sostenibili. Per fare ciò, è opportuno permettere al costitutore di ottenere un ritorno sugli investimenti, mediante il riconoscimento di un'esclusiva sulla nuova varietà. Tuttavia, tale esclusiva non può essere illimitata né estendersi a varietà di pubblico dominio.
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Vercellone, Antonio. "Il <i>Community Land Trust</i> negli Stati Uniti e in Italia". marzo-aprile, n.º 2 (7 de abril de 2022): 259–74. http://dx.doi.org/10.35948/1590-5586/2022.81.

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Resumen
TesiIl contributo esamina l’esperienza statunitense del Community Land Trust, meccanismo di accesso all’abitazione e di governo delle aree urbane nato negli USA in via di prassi, attraverso il ricorso a strumenti di diritto privato per assolvere a bisogni tradizionalmente appannaggio del diritto pubblico, ricorrendo a una complessa tecnica di conformazione negoziale della proprietà. Valorizzando i vantaggi del modello, capace di impostare una redistribuzione della rendita fondiaria in favore dei singoli e della collettività, il saggio esamina quindi gli istituti ai quali si dovrebbe ricorrere per costruire, a diritto vigente, un Community Land Trust di diritto italiano. The author’s view This essay examines the American experience of Community Land Trusts, a mechanism of access to housing and governance of urban areas emerged from the bottom up in the United States, in order fulfil, through private law, needs and rights traditionally assigned to public law. The Community Land Trust does that relying on contract to shape property rights, this way enabling a complex system of socialization of land rent. Highlighting the advantages of this institution, the paper shows the technical tools we could rely on to build a Community Land Trust under Italian private law.
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Masina, Luisa. "Interdisciplinarità e consulenze tecniche in ambito familiare". MINORIGIUSTIZIA, n.º 1 (julio de 2021): 132–40. http://dx.doi.org/10.3280/mg2021-001014.

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L'autrice riflette sulle consulenze tecniche in ambito civile in materia di diritto di famiglia, correlando la propria esperienza alle teorie di riferimento e dando conto del metodo utilizzato. Approfondisce la distinzione fra consulenze tecniche "valutative" e consulenze tecniche "terapeutiche" proponendo un modello alternativo, che si caratterizza per la sua proprietà di attivare potenziali trasformazioni. Si sofferma infine sulla questione della ricerca di un linguaggio comune fra le diverse professionalità coinvolte nelle consulenze, indicando nel lavoro di gruppi costituiti cosiddetti misti uno strumento adeguato.
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Ferrari, Francesca. "In materia di trust ritenuto <i>sham</i> dall'agenzia (CTR Lazio 28 settembre 2021, n. 4321)". Trusts, n.º 3 (1 de junio de 2022): 474–78. http://dx.doi.org/10.35948/1590-5586/2022.115.

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MassimaLa ragione o causa pratica del trust non sta nell’attribuzione definitiva del diritto trasferito al trustee, ma nella conservazione di tale diritto e nel compimento di tutti quegli atti (anche di alienazione) che, nei limiti prescritti dall’atto istitutivo, il trustee dovrà porre in essere per realizzare lo scopo del trust e quindi per soddisfare gli interessi che il disponente ha attribuito ai beneficiari.La circostanza per cui oggetto il trust sia dotato con l’intero capitale sociale di una società in cui sono contenuti immobili di proprietà del contribuente, di cui quest’ultimo continua ad usufruire, e partecipazioni di un’altra società in cui il disponente continua a ricoprire la carica di amministratore e i rapporti di parentela o di lunga collaborazione con i soggetti individuati quali trustee e beneficiari sono mere presunzioni semplici non sufficienti a dimostrare la natura fittizia del trust.
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Góralski, Wojciech. "Problematyka małżeństwa i rodziny w kwartalniku "Prawo Kanoniczne"". Prawo Kanoniczne 51, n.º 1-2 (5 de junio de 2008): 31–55. http://dx.doi.org/10.21697/pk.2008.51.1-2.03.

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La problematica del matrimonio e della famiglia presente nel periodico „Prawo Kanoniczne” della Facoltà di Diritto Canonico dell’Accademia di Teologia Cattolica in Varsavia (dal 1999 dell’Università del Cardinale Stefan Wyszyński in Varsavia), fondato nel 1958, è assai ricca e abbraccia 120 articoli (pubblicati da 45 autori) appartenenti ai diversi campi di diritto matrimoniale e familiare. Quella problematica viene presentata secondo la seguente sistematica: 1) la concezione del matrimonio, i suoi fini, le proprietà essenziali, il carattere sacramentale e 1’amore coniugale; 2) la preparazione al matrimonio; 3) gli impedimenti matrimoniali; 4) il consenso matrimoniale; 5) la forma canonica del matrimonio; 6) i matrimoni misti; 7) lo scioglimento del vincolo e la convalidazione del matrimonio; 8) altre questioni. Le più numerose pubblicazioni (il 25% di tutte) sono state consacrate al consenso matrimoniale.
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Capicchioni, Amos. "Trust <i>sham</i> e tutela cautelare (Trib. Perugia, 31 luglio 2021)". marzo-aprile, n.º 2 (7 de abril de 2022): 344–45. http://dx.doi.org/10.35948/1590-5586/2022.91.

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Massima È assoggettabile a sequestro conservativo ex art. 671 cod. proc. civ. la nuda proprietà di un immobile che l’ex amministratrice di una s.r.l., convenuta in giudizio dalla curatela del fallimento della società per mala gestio e condotte distrattive, ha segregato in un trust autodichiarato in favore dei propri discendenti, essendo il trust sham per essersi il disponente/trustee riservato il diritto di abitazione e il potere di revocare i beneficiari e nominarne di nuovi e avere così mantenuto la disponibilità del fondo in trust.
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Leone, Marialucrezia. "Il dibattito tardo-medievale sulla povertà francescana e sul diritto di proprietà". Quaestio 3 (enero de 2003): 495–99. http://dx.doi.org/10.1484/j.quaestio.2.300337.

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Manne, Henry. "A Nobel Prize in Economics for a Revolution in Law". Journal of Public Finance and Public Choice 9, n.º 3 (1 de octubre de 1991): 213–15. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907345405.

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Abstract Prima del 1960, anno in cui apparve il più famoso articolo di Coase, «Il problema del costo sociale», i giuristi avevano grandi difficoltà nell’analizzare, valutare e confrontare regole giuridiche alternative. Ne derivava che essi dovevano ricorrere di frequente a valutazioni soggettive, di natura morale ed etica. Gli economisti, dal canto loro, non avevano percepito le opportunità di ricerca di natura economica presentate dal sistema giuridico.Nel suo articolo, Coase affermò che se gli individui fossero liberi di contrattare e i costi di transazione fossero nulli, non avrebbe importanza, nella determinazione dell’efficienza del risultato, l’appartenenza all’una o all’altra parte del diritto di proprietà. Poiché, tuttavia, nella realtà i costi di transazione sono rilevanti, il «teorema di Coase» ha portato ad affermare che una norma giuridica dovrebbe essere cambiata qualora il suo mutamento riducesse al minimo i costi di transazione.
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Viglianisi Ferraro, Angelo. "Il diritto di proprietà nella Convenzione europea dei diritti dell’uomo e la necessità di una maggiore tutela dello stesso a livello nazionale." Revista de Estudos Constitucionais, Hermenêutica e Teoria do Direito 12, n.º 3 (11 de enero de 2021): 335–49. http://dx.doi.org/10.4013/rechtd.2020.123.02.

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Leszczyński, Grzegorz. "Błąd determinujący wolę : (kan. 1099 KPK)". Prawo Kanoniczne 48, n.º 1-2 (5 de junio de 2005): 73–83. http://dx.doi.org/10.21697/pk.2005.48.1-2.05.

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Viviamo oggi in un mondo, in cui davanti agli nostri occhi, si presentano spesso le diverse tendenze contrarie all’insegnamento della Chiesa. In conseguenza di queste, l’uomo di oggi non sempre è capace di distinguere bene qual’è il concetto del matrimonio presentato dalla Chiesa, qual’è invece quello del mondo laico. Questa difficoltà produce sia nel suo intelleto, che nella sua volontà, i comportamenti contrari, riguardo al matrimonio canonico, all’insegnamento della Chiesa raccolto nel Codice di Diritto Canonico. Possono, quindi capitare i casi, anche se forsę raramente, che una persona battezzata contra il matrimonio provocata dall’errore che determina la sua volontà. Il can. 1099 CIC decide che l’errore come tale non provoca la nullità matrimoniale. Possono però succede i casi in cui la volontà di una persona è così gravemente intaccata dall’errore riguardo alle proprietà matrimoniali о alla dignità sacramentale del matrimonio che il suo matrimonio sarà nullo. In questo articolo cerco di precisare i questi casi, ma anche di descrivere la figura dell’errore che determina la volontà sotto l’aspetto della sua autonomia giuridica.
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Tallacchini, Mariachiara. "Il corpo e le sue parti. L’allocazione giuridica dei materiali biologici umani". Medicina e Morale 47, n.º 3 (30 de junio de 1998): 499–544. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1998.834.

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Lo statuto del corpo umano sta cambiando rapidamente sotto le pressioni dei nuovi sviluppi delle biotecnologie, e pone dilemmi inediti al diritto. Si tratta, in particolare, delle dicotomie tra: corpo-soggetto e corpo-oggetto, uguaglianza o diversità delle parti del corpo, naturalità e artificialità dei prodotti derivati da materiali biologici umani. L’articolo dedica attenzione allo statuto delle parti distaccate del corpo, per valutare la coerenza e l’adeguatezza del loro inquadramento giuridico attuale. Anche se la configurazione proprietaria delle componenti corporee viene generalmente respinta - perché lesiva della dignità umana - le nozioni impiegate nella configurazione degli atti di disposizione e acquisizione delle parti del corpo non riescono veramente a restare immuni dall’idea di proprietà. Benché la connotazione del corpo come res extra commercium indichi la chiara volontà di escludere da questo ogni considerazione economica, paradossalmente il mercato finisce con il divenire l’unico tratto unificante e determinante la disciplina degli atti dispositivi. Una coerente tutela giuridica del corpo e delle sue parti -e la sottrazione al mercato- può passare attraverso nozioni giuridiche che ne sottolineino la natura di bene comune e condiviso, pur nel rispetto della libertà e dignità degli individui.
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Spoto, Giuseppe. "Luci e ombre del sistema multilaterale degli accordi internazionali sul commercio dei prodotti agricoli". Przegląd Prawa Rolnego, n.º 2(29) (30 de diciembre de 2021): 423–60. http://dx.doi.org/10.14746/ppr.2021.29.2.22.

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Anche se le regolazioni sul commercio dei prodotti agricoli si sono evoluti dagli obiettivi di piena liberalizzazione perseguiti per il commercio dei prodotti industriali, le regole del GATT sono state applicate fin dall’inizio. L’autore dell’articolo ricostruisce il quadro normativo delle fonti internazionali, con particolare attenzione all’Accordo SPS (sulle misure sanitarie e fitosanitarie), all’Accordo TBT (sulle barriere tecniche al commercio), e all’Accordo TRIPs (Trade Related Intellectual Property Rights; Accordo sugli aspetti commerciali dei diritti di proprietà intellettuale). La seconda parte dello studio approfondisce il tema del commercio e dell’informazione a garanzia del diritto internazionale umanitario, partendo da un esame del caso del vino israeliano e dalla motivazione della sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea (C-368/18). Da quando l’OMC è stata istituita sono avvenuti molti cambiamenti, ma soprattutto c’è stata un’inversione di rotta da parte dei Paesi industrializzati che hanno scelto di stimolare accordi commerciali bilaterali rispetto al sistema multilaterale, minando così l’importanza delle regole dell’OMC. La novità più significativa di questa evoluzione è che tali accordi bilaterali non sono più da considerare come ulteriori sviluppi nella costruzione del sistema multilaterale, ma sono spesso diventati dei veri e propri ostacoli alla ricostruzione. Per l’autore, sono proprio le regole del commercio internazionale stabilite con l’OMC a offrire le migliori garanzie di fronte alla crescita degli scambi e alla conquista sempre più crescente di quote significative del mercato mondiale da parte dei Paesi più aggressivi. Le crisi economiche degli ultimi anni e, soprattutto, i recenti sconvolgimenti dei mercati internazionali a seguito della pandemia hanno mostrato la necessità di rinnovare l’agenda globale, legando indissolubilmente la circolazione delle merci (soprattutto agricole) ad ulteriori obiettivi che non possono prescindere dal cambiamento climatico, dalla lotta all’inquinamento e dalla soluzione dei problemi ambientali che sono diventati temi da considerare come tasselli di un unico grande mosaico. Questi obiettivi richiederebbero un rilancio del multilateralismo e confermerebbero l’importanza di trovare un anello comune all’interno dell’OMC.
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Bompiani, Adriano. "L’elaborazione di “regole” per le innovazioni biotecnologiche". Medicina e Morale 49, n.º 4 (31 de agosto de 2000): 713–50. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2000.765.

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Come è noto, l'unione Europea ha fra i suoi scopi quello di favorire lo sviluppo sociale ed economico dei Paesi aderenti, facilitando la ricerca scientifica, l’innovazione tecnologica, la produzione di beni e la circolazione degli stessi nell’ambito dell’Unione, eliminando per quanto è possibile differenze, normative e conflitti commerciali. Con questo spirito, dopo anni di difficile lavoro, è stata emanata la Direttiva 98/44/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio (6luglio 1998) che riguarda la protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche, ne presupposto che si tratti di genoma – sia esso di origine vegetale, animale o umano – in quanto risultati da “invenzioni” suscettibili di applicazioni industriali e non dal mero isolamento (“scoperta”). L’Autore, che già ha esaminato in un precedente contributo gli aspetti etici dell’impiego delle biotecnologie nel campo vegetale e animale (v. Medicina e Morale 2000, 3: 449-504), si sofferma a descrivere quanto prevede la Direttiva 98/44/CE stessa, assieme ad altre norme internazionali precedentemente emanat, per la tutela dell’ambiente, degli animali e degli organismi umani. L’Autore riconosce che la direttiva vieta, nel dispositivo, lo sfruttamento commerciale che sia contrario all’ordine pubblico e al buon costume, fornendo gli esempi concreti dei divieti applicabili ai processi di clonazione umana a scopo riproduttivo, di modificazione dell’identità genetica germinale dell’essere umano; di modificazione degli embrioni umani a fini commerciali e industriali; di modificazione dell’identità genetica animale di natura tale da provocare sofferenza negli stessi, senza utilità sostanziale per l’uomo o per l’animale. Tuttavia la Direttiva – sotto l’aspetto giuridico – consente l’utilizzazione di embrioni umani (sia pure non direttamente ed espressamente prodotti a scopo di ricerca in base all’art. 18 della Convenzione sui diritti dell’uomo e la biomedicina) a scopo sperimentale e per applicazioni biotecnologiche riguardanti la produzione di cellule staminali od i medicamenti. L’Autore esamina anche il dibattito che è seguito alla emanazione della Direttiva soprattutto a livello di Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa (Strasburgo) in merito alle preoccupazioni dell’opinione pubblica sui cosiddetti “cibi transgenici” (raccomandazione n. 1398 (1998) dal titolo “sicurezza del consumatore e qualità degli alimenti”), nella quale è stata espressa contrarietà alla brevettabilità degli organismi viventi, pur riconoscendo la necessità di assicurare un’adeguata protezione ai diritti dell’”invenzione” (proprietà intellettuale) [Raccomandazione 1417/1999]. Questi problemi sono stati affrontati ma non risolti nella conferenza internazionale di Oviedo (16-19 maggio 19999) organizzata dal Consiglio d’Europa. Il Comitato Direttivo di Bioetica del medesimo Consiglio d’Europa è stato indicato di esprimere “parere” sulla complessa materia; nel frattempo sono intervenute la conferenza di Seattle e Montreal, ove è stato firmato, nel gennaio 2000, un Protocollo sulla biosicurezza che regolamenta il commercio internazionale di sementi e sostanze geneticamente modificate ritenuti pericolosi per l’ambiente e la salute, escludendo però i prodotti finiti, e perciò il cibo transgenico. Nel momenti in cui – scadendo la moratoria –la Direttiva 98/44/CE entrerà in vigore (31 luglio 2000) essendo improbabile l’accettazione delle argomentazioni di invalidazione sollevate da Olanda e Italia, l’Autore insiste per l’adozione del “principio di precauzione”, esplicitamente incorporato nel diritto comunicato relativo alla protezione della salute, oltreché alla tutela dell’ambiente, che dovrà essere tuttavia meglio specificato nella sua estensione e nelle conseguenze attese. Un secondo principio, quello della “trasparenza”, richiede un’ulteriore affinamento delle informazioni rivolte al consumatore, tramite una più chiara etichettatura che consenta una scelta realmente libera e consapevole dei prodotti derivanti da organismi geneticamente modificati posti in commercio. Dovrà essere perseguita la ricerca, escludendo peraltro l’uso dell’embrione umano.
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Stentella, Danilo. "Azienda pubblica e finanziamento pubblico dei partiti politici". ECONOMIA PUBBLICA, n.º 2 (junio de 2022): 233–53. http://dx.doi.org/10.3280/ep2022-002002.

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La reintroduzione in Italia di un meccanismo di finanziamento pubblico dei partiti politici, la cui entità venisse collegata direttamente e in via almeno prevalente a una percentuale significativa degli utili generati dalle partecipazioni statali, potrebbe determinare da parte dei leader politici una maggiore propensione alla scelta di management capace e l'adozione di un efficace sistema di verifica delle procedure di gestione di questo patrimonio pubblico. Si potrebbe ridimensionare drasticamente per questa via la piaga apparentemente endemica e cronica del clientelismo dei colletti bianchi di alto livello e realizzare contestualmente una gestione della proprietà pubblica più efficiente, di tipo finalmente privatistico, se proprio vogliamo assegnare a questa categoria una valenza cogente. Le riforme di politica economica introdotte negli ultimi decenni dai governi dei paesi più industrializzati sono state fortemente condizionate dalla dottrina del New Public Management, un approccio radicale, capace di compromettere l'integrità strutturale ed etica del settore pubblico subordinando la giustizia sociale all'efficienza economica, una trasformazione caratterizzata dal taglio della spesa pubblica che ha travolto anche un fondamentale istituto del sistema democratico, i partiti politici. Purtroppo i trascorsi delle imprese pubbliche hanno fortemente agevolato quelle riforme, in quanto per un certo periodo storico queste hanno mostrato una tendenza cronica alla bassa produttività, rispetto alle imprese private, anche a causa delle politiche clientelari e dell'uso intensivo del fattore lavoro. Poiché elementi di servizio pubblico ed elementi di business convivono soprattutto nel settore delle public utilities, potenzialmente capace di generare reddito, le imprese pubbliche possono rappresentare un'utile e prudente forma di diversificazione dei ricavi per la finanza pubblica, in grado di ridurre sensibilmente i rischi di liquidità, ancor di più in un contesto storico di crisi finanziarie ed economiche internazionali ricorrenti. Il finanziamento pubblico dei partiti politici è stato introdotto nel 1974 con la L. 195/1974 per contrastare le collusioni con i grandi poteri economici, già sorte negli anni precedenti. È stato completamente abolito con D.L. 149/2013, convertito in L. 13/2014, lasciando spazio ad una crescente attività di lobbying e finanziamento indiretto ai partiti. La domanda a cui questo elaborato cerca di rispondere è: può l'azienda pubblica essere gestita in modo efficiente dallo Stato, produrre entrate e servizi per la comunità, senza dare luogo a risultati di gestione cronicamente negativi e contribuire a finanziare il diritto costituzionalmente garantito di organizzarsi in partiti politici, finanziando il loro meccanismo?
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Knoll, Barbara. "Il diritto al parto in anonimato". Milan Law Review 3, n.º 1 (28 de septiembre de 2022): 93–115. http://dx.doi.org/10.54103/milanlawreview/18740.

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Il lavoro esamina i conflitti che possono nascere tra il diritto a conoscere le proprie origini e il diritto della madre di partorire in anonimato e descrive l’evoluzione legislativa e giurisprudenziale sulla questione. Dopo un’attenta analisi dello status di filiazione e della sua evoluzione nell’ordinamento giuridico italiano ci si sofferma sulle diverse modalità di accertamento dello stato di figlio sia all’interno del matrimonio che al di fuori di esso. Si pone poi l’attenzione sull’istituto del parto in anonimato, la sua ratio e le sue origini. In questo ambito si menziona l’istituto post medievale della cosiddetta “ruota degli esposti”, come quello delle moderne “culle per la vita”. In chiusura si esamina il diritto del figlio a conoscere le proprie origini, come interpretato dalla più recente giurisprudenza sia nazionale che sovranazionale, anche a seguito della nota sentenza Godelli della Corte Europea dei diritti dell’uomo. Si ha anche modo di affrontare la questione della reversibilità o meno del segreto della madre sulla propria identità dopo il suo decesso e in caso di sua incapacità di intendere e di volere, come anche quella della possibilità data al figlio di effettuare il cosiddetto “interpello” al fine di un’eventuale revoca da parte della madre della sua dichiarazione di non voler essere nominata.
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Zambrano, Viriginia. "TRA PRINCIPIO DI EGUAGLIANZA E RESPONSABILITÀ: DIVERSI ITINERARI DI TUTELA DEL MINORE". Revista de Direito Brasileira 23, n.º 9 (11 de febrero de 2020): 389. http://dx.doi.org/10.26668/indexlawjournals/2358-1352/2019.v23i9.5748.

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Scopo di questa ricerca è quello di evidenziare come il minore sia innanzitutto “persona”, rispetto alla quale occorre declinare i principi di uguaglianza e responsabilità. La metodologia utilizzata è di tipo deduttivo. Lo studio si avvale dei contributi della giurisprudenza e della dottrina sia italiana che straniera. Infine, la ricerca è qualitativa. Si intende rilevare come la tutela del minore dipenda da una serie di profili che si collegano ad una etica sociale della legalità e dei diritti umani. Il diritto ad una famiglia, alla casa di abitazione, il diritto a conoscere le proprie origini sono alcuni degli aspetti sui quali si è inteso riflettere, per dimostrare su cosa poggia la protezione del minore. Questi è un essere in formazione, sia dal punto di vista fisico che psichico, e ha bisogno di essere tutelato in quanto persona. Non si tratta di vedere solo cosa stabilisce la norma: per rendere efettiva la tutela occorrono adeguate politiche pubbliche in grado di garantire l'applicazione dei principi di uguaglianza e responsabilità, nonché etici. Sia nel campo teorico che nell'attuazione delle politiche pubbliche, occorre assicurare lo sviluppo della personalità del minore.
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Clerico, Giuseppe. "Equità, efficienza e diritti di proprietà". Journal of Public Finance and Public Choice 7, n.º 3 (1 de octubre de 1989): 173–90. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907344802.

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Abstract Because of the market failures private property rights not always are such to obtain socially acceptable outcomes through the exchange. To guarantee social welfare the policy maker usually limits the property rights. Such limitations concern: the existence of the private property rights in itself; the right of transferring and exchanging the above mentioned; the right of discretionary use of the private property.The restrictions to private property rights are motivated by efficiency and equity. On the efficiency side the public policy can be set up by three reasons: presence of externalities; existence of imperfect information; difficulties to coordinate economic activity and exchange.Efficiency and equity are obviously affected by any restriction of the property rights. We face the fact that often the equity aim is not a universal aim but instead a particular one restricted to some social group. On the equity side public policy claims its right to intervene particularly when the right holder earns pure profits limitative of the consumer welfare and exploits his market power.Any restriction to private property rights is either a source of benefits for people not paying the relative cost or a cause of cost for people not enjoying any benefit. Ideally it would be necessary either to levy a tax or to give a subsidy in order to bring back the initial welfare conditions. This rarely happens above all because of tangled effects and transaction costs.
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Bilancia, Francesco. "Profili evolutivi dei più recenti sviluppi della giurisprudenza costituzionale italiana con riferimento alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo". Revista do Direito, n.º 43 (19 de mayo de 2014): 03–24. http://dx.doi.org/10.17058/rdunisc.v0i43.5661.

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Questo breve scritto intende fornire un quadro d’insieme dei più recenti sviluppi della giurisprudenza costituzionale italiana con riferimento all’uso degli accordi internazionali di protezione dei diritti umani, che opera attraverso un “processo di grandiose proporzioni, il quale investe il futuro stesso dello Stato: non di questo o quello Stato, ma – se così può dirsi – della forma-Stato”. Questo processo, destinato a svolgersi in un indefinibile arco di tempo ma costantemente sostenuto dalla più attenta giurisprudenza, non avrebbe – non ha – potuto “non investire il destino della stessa (…) Costituzione ”. La lunga e complicata evoluzione del processo di “interazione” tra i diversi documenti costituzionali statali e tra questi e le Carte internazionali di protezione dei diritti fondamentali si è spesso caratterizzato per un cammino di piccoli passi, di fasi di integrazione a volte più intense, a volte più incerte, senza escludere vere e proprie battute d’arresto, ma comunque qualificato ed arricchito da importanti episodi giurisprudenziali di cui, momento per momento, la dottrina ha preteso di ricostruire la fotografia di sintesi, nell’incessante vano tentativo di ridurre la complessità a sistema. Non è, è bene dirlo subito, l’intenzione di queste brevi note che traggono, piuttosto, spunto da alcune più recenti pronunce della Corte costituzionale italiana, riferite alla Convenzione ed alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’Uomo (CEDU), riconducibili al percorso giurisprudenziale avviato a partire dalle sentenze nn. 348 e 349 del 2007 . Come è noto ormai la Corte costituzionale italiana riconduce il contrasto tra una norma interna ed una norma della Convenzione europea dei diritti dell’uomo alla violazione mediata dell’art. 117, comma 1, Cost., di cui la stessa Corte costituzionale dovrà essere investita nel caso in cui il giudice interno non sia in condizione di risolvere l’antinomia per via di interpretazione conforme. A giudizio della Corte resta, infatti, preclusa al giudice di merito la strada dell’applicazione diretta della norma CEDU mediante la contestuale disapplicazione della norma interna incompatibile , ritenendo non assimilabile tale sistema di garanzie allo schema di adattamento del diritto interno al diritto comunitario e dell’UE . Piuttosto, a giudizio della Corte costituzionale resta, non solo possibile, ma addirittura necessario verificare, in sede di giudizio di costituzionalità, la specifica compatibilità in concreto della norma CEDU invocata quale parametro, per come interpretata ed applicata dalla Corte di Strasburgo, con le diverse disposizioni costituzionali. Sul piano formale della dottrina costituzionale del sistema delle fonti le disposizioni della CEDU , quindi, in quanto dotate di forza passiva superiore a quella delle norme di legge ordinaria, fungeranno da norme interposte nel giudizio di costituzionalità delle norme interne con esse incompatibili per violazione indiretta dell’art. 117 Cost. Laddove, all’opposto, stante la loro non equiparabilità formale alle disposizioni costituzionali, potrebbe darsi il caso di un giudizio di costituzionalità della legge di recepimento della Convenzione nell’ipotesi di contrasto con altre disposizioni costituzionali; non quindi più soltanto dei principi fondamentali come previsto, secondo la nota dottrina costituzionale dei “controlimiti”, con riferimento ai rapporti del diritto interno con le norme di diritto comunitario direttamente applicabili.
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Montanari Vergallo, Gianluca y Natale Mario Di Luca. "La spinta verso una legislazione europea comune sul diritto di conoscere le proprie origini genetiche / The push towards common European legislation with respect to the right to know one’s genetic origins". Medicina e Morale 66, n.º 6 (25 de enero de 2018): 747–61. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2017.518.

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A venti anni dalla sua approvazione, la Convenzione di Oviedo necessita di un aggiornamento. Infatti, non affronta la questione del diritto dei bambini nati da fecondazione eterologa di conoscere l’identità dei donatori di gameti. La Corte europea dei diritti dell’uomo ha recentemente stabilito che: a) il diritto di conoscere le proprie origini biologiche è tutelato dall’art. 8 della Convenzione dei diritti dell’uomo; b) tale diritto deve essere bilanciato con quello della madre biologica di rimanere anonima (c.d. parto anonimo). Al fine di trovare tale bilanciamento, una possibile soluzione consiste nel richiedere ai giudici di convocare la madre per chiederle se intende revocare l’anonimato. Se la madre ribadisce la propria originaria intenzione di rimanere sconosciuta, il Tribunale non può consentire al figlio di conoscere la sua identità. Gli autori analizzano anche altre due questioni non prese in considerazione dalla Corte europea: a) l’equilibrio tra il diritto di conoscere le proprie origini e quello dei donator di gamete all’anonimato; b) se tale diritto dei bambini nati da fecondazione eterologa vincoli i genitori legali a rivelargli le modalità del concepimento. Tali problemi e l’importanza degli interessi in gioco inducono gli autori a sostenere che la scelta di usare il citato art. 8 come criterio di giudizio non è affatto ottimale. Appare preferibile affrontare queste questioni attraverso un aggiornamento della Convenzione di Oviedo o comunque con modalità tali da arrivare ad una regolamentazione che sia uniforme all’interno dell’Unione europea. ---------- Twenty years since it was opened for signature, the Oviedo Convention needs updating. It does not deal with the issue of the donor-conceived children’s right to know the identity of the gamete donors. The European Court of Human Rights has recently stated that: a) the right to know one’s biological background is protected by article 8 of the Convention on Human Rights; b) such a right must be balanced with the biological mother’s right to anonymity (anonymous birth). In order to find such balancing, a possible solution might be to require judges to summon mothers to ask them whether they would like to reverse their decision to be anonymous. If the mother reaffirms her intention to remain unknown, the court may not allow the child to learn of her identity and contact her. The authors also analyze two other issues not taken into account by the European Court: a) the balancing between the right to know one’s origins and the gamete donors’ right to anonymity; b) whether the donor-conceived children’s right to know would make it mandatory for legal parents to disclose conception procedures. These problems and the importance of the interests at stake induce the authors to argue that the choice to keep using the above mentioned article 8 as yardstick is far from ideal. It appears to be far preferable to deal with these issues while updating the Oviedo Convention or in such a way as to incentivize the enactment of legislation that would be uniform throughout the European Union.
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Pejovich, Svetozar. "Law, Tradition and Liberalism in Practice: Quo Vadis Eastern Europe*". Journal of Public Finance and Public Choice 14, n.º 1 (1 de abril de 1996): 3–13. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907540219.

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Abstract Questo articolo analizza i fattori che possono rafforzare le prospettive di radicamento del capitalismo nei Paesi ex-socialisti dell’Europa dell’Est. Sulla base del fatto che i valori astrattamente presi non possono aiutarci a fornire valutazioni di tipo economico, l’A. utilizza un approccio del tipo «analisi costi-benefici» al fine di comparare e scegliere tra sistemi capitalistici imperfetti.Dopo aver enunciato i principi basilari del libero mercato, l’A. sottolinea il ruolo da essi svolto come incentivo nel comportamento degli attori economici: diritti di proprietà, liberta di contratto e governo delle leggi valorizzano i diritti individuali e generano un ambiente fertile per lo sviluppo economico e sociale dell’individuo.Al fine di costruire le basi per un solido capitalismo nei Paesi dell’Europa dell’Est l’A suggensce ai governanti di quei Paesi di creare un contesto legale che possa permettere agli individui di spenmentare ogni sorta di accordo al fine di produrre ricchezza e di earantire i diritti di proprietà degli individui.
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Brady, Gordon L. y Michael L. Marlow. "The Political Economy of Endangered Species Management: the Case of Elephants *". Journal of Public Finance and Public Choice 9, n.º 1 (1 de abril de 1991): 29–39. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907345180.

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Abstract In questo scritto si discute il ruolo dei diritti di proprietà e del rent-seeking nella gestione degli elefanti come specie in via di estinzione. In particolare, gli Autori si soffermano sul dibattito politico che si è prodotto all’interno della comunità ambientalista, divisa fra: 1) preservazionisti, che si oppongono a tutti i tipi di caccia e commercio dei prodotti derivati dagli elefanti, e 2) conservatoristi commerciali, che sono invece favorevoli alia caccia e al commercio dell’avorio e del pellame, cioè ai diritti di proprietà sugli elefanti, da riconoscere alle sole popolazioni africane.Quest’ultimo approccio si è mostrato più proficuo, sia ai fini dello sviluppo delle popolazioni africane che della salvaguardia della specie in pericolo. Il commercio dei prodotti derivati dall’elefante è una cospicua fonte di ricchezza per le popolazioni africane. Il riconoscimento dei diritti di proprietà sugli elefanti a favore di queste popolazioni ha garantito la possibilità di preservare una fonte di ricchezza legale, ridurre i fenomeni di bracconaggio e di commercio illegale e, in ultima analisi, di proteggere la specie in pericolo. L’interesse economico a ottenere vantaggiosi proventi dalla vendita dei prodotti derivati dagli elefanti ha infatti incentivato le popolazioni africane all’adozione di misure atte a proteggere il branco e a favorire al tempo stesso il suo accrescimento.La proibizione del commercio dell’avorio e del pellame di elefante ha prodotto invece solo retorica e ha creato seri problemi di sottosviluppo oltre che ambientali: non potendo ottenere alcun beneficio in termini di reddito direttamente appropriabile, le popolazioni non hanno alcun interesse ad investire sulla protezione degli elefanti. Il caso dei paesi dell’Africa Orientale e Centrale à un esempio probante dei notevoli costi sociali, in termini di declino della popolazione degli elefanti, derivanti da questo tipo di approccio.Ciò di cui si ha bisogno à quindi un approccio che bilanci l’interesse ambientale a salvaguardare la specie in pericolo e quello economico a preservare una fonte di ricchezza per le popolazioni africane.I diritti di proprietà si configurano come un primo e piccolo tassello ai fini della realizzazione di questo obiettivo.
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Maifreda, Germano. "I beni dello straniero. Albinaggio, cittadinanza e diritti di proprietÀ nel Ducato di Milano (1535-1796)". SOCIETÀ E STORIA, n.º 129 (diciembre de 2010): 489–530. http://dx.doi.org/10.3280/ss2010-129003.

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L'albinaggio e le altre forme di limitazione dei diritti di proprietÀ a danno di stranieri furono una realtÀ politicamente e giuridicamente rilevante nella costruzione dello Stato moderno. La loro regolamentazione ebbe importanti ricadute sulla costruzione legislativa e culturale della categoria di cittadinanza. Anche nel caso del Ducato di Milano, per tutta l'etÀ moderna, permasero proibizioni, limitazioni e disincentivi fiscali d'ispirazione mercantilista; esse privilegiarono i sudditi milanesi, a discapito dei forestieri, nell'accesso ai circuiti di trasmissione e scambio dei beni mobili e soprattutto immobili. Le riforme teresiane e giuseppine, nel quadro di una ridefinizione dei rapporti tra la corona e i poteri locali, tentarono di attenuare le stretegie istituzionali protezioniste secolarmente attuate dalle élites di governo milanesi. Il riformismo asburgico in quest'ambito, anche in virtů della sostanziale condivisione da parte di Vienna di taluni principi ispiratori delle limitazioni dei diritti di accesso alla proprietÀ da parte degli stranieri, risultň tuttavia parzialmente inefficace.
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Sgambelluri, Rosa. "L'Universal Design for Learning per una didattica a misura dello studente". EDUCATION SCIENCES AND SOCIETY, n.º 1 (junio de 2020): 241–54. http://dx.doi.org/10.3280/ess1-2020oa9491.

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Nel 2006 la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità (ONU, 2006) sottolinea la necessità di garantire il diritto universale ad un'educazione inclusiva indipendentemente dall'età, senza differenze e basata sul principio delle pari opportunità. La scuola italiana, che nel corso degli anni è riuscita a sviluppare un proprio modello inclusivo, rappresenta senza dubbio un territorio fertile per accogliere l'approccio UDL. Tuttavia, gli studi condotti fino ad oggi, nei diversi contesti didattici, dimostrano che la sfida dell'educazione inclusiva deve rappresentare innanzitutto un valore proiettato verso il rispetto della persona nella sua globalità, ed i docenti, mediante l'utilizzo di una strategia innovativa come l'Universal Design for Learning, possono co-progettare interventi efficaci nel rispetto delle caratteristiche proprie di ogni studente. In questo modo, si assiste allo sviluppo di un nuovo e moderno paradigma dell'inclusione che, coinvolgendo sia i contesti che le persone, rappresenterà una realtà differenziata e fruibile per tutti.
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Garlati, Loredana. "Alle origini della prova scientifica: la scuola di polizia di Salvatore Ottolenghi". Revista Brasileira de Direito Processual Penal 7, n.º 2 (29 de agosto de 2021): 883. http://dx.doi.org/10.22197/rbdpp.v7i2.597.

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Il saggio ripercorre le tappe che portarono alla nascita della Scuola di polizia scientifica (poi Scuola superiore a partire dal 1925), grazie all’opera di Salvatore Ottolenghi. La Scuola, istituita a Roma nel 1902, si proponeva di insegnare sia ai funzionari di pubblica sicurezza che a quelli della polizia giudiziaria un metodo scientifico per assolvere al meglio le proprie funzioni: nell’un caso la prevenzione dei reati, nell’altro fornire all’autorità giudiziaria dati “oggettivi” ai fini dell’accertamento della verità processuale. L’analisi è l’occasione per aprire uno squarcio su un periodo culturalmente vivace e di fideistico entusiasmo verso le cd. scienze ausiliarie (l’antropologia, la psicologia, la medicina legale, la statistica etc.), che irrompono sulla scena del processo penale, grazie anche all’impulso della Scuola positiva. Oggetto di attenzione sarà in particolare l’antropometria, messa a punto da Bertillon, e la dattiloscopia, grazie anche agli studi dell’italiano Gasti. Siamo agli albori della prova scientifica, che allora, come oggi, interroga sul ruolo del giudice, sulla legittimità dell’uso di pratiche tacciate di invasività e violazione dei diritti della persona, sul rapporto tra scienza e diritto e tra prova scientifica e discrezionalità (o libero convincimento) del giudice.
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Sobański, Remigiusz. "Prawo kanoniczne a kultura prawna". Prawo Kanoniczne 35, n.º 1-2 (5 de junio de 1992): 15–33. http://dx.doi.org/10.21697/pk.1992.35.1-2.02.

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Si presenta la versione polacca di una relazione tenuta nell’ambito dei seminari sul tema „Scienza giuridica e diritto canonico” al’Università di Torino 2. 5. 1990. Il testo originale viene pubblicato nel volume sullo stesso tema curato da Rinaldo Bertolino, Torino 1991. Ci presentiamo le osservazioni finali. 1. Il diritto canonico non può non giovarsi dello sviluppo della cultura giuridica (allo stesso modo che l'intero magistero della Chiesa non può non giovarsi del patrimonio culturale dell’umanità). Immutato è il quesito di fondo: in che misura queste vicende possono riuscire utili ad esprimere la „verità” ecclesiale. L’utilità dipende dallo sviluppo delle scienze giuridiche, come di quelle ecclesiali: il che significa che il diritto canonico ha, di fronte alla cultura giuridica, un atteggiamento aperto ed assorbente, pur se differenziato e non privo di critica. 2. Per sua vocazione universale la Chiesa ha un atteggiamento aperto di fronte alla cultura giuridica d’ogni ambiente in cui esse è presente ed agisce. Il riferimento alla cultura giuridica locale e i rapporti con le vicende delle culture regionali sono omogenei con i principi fondamentali della relazione Chiesa universale-Chiese locali. L’influsso del diritto romano e di quello germanico sul diritto canonico, da un lato; la romanizzazione del diritto dei barbari attraverso la Chiesa o, anche, l’influsso del diritto canonico p. es. sul diritto polacco dall’altro, dimostrano quanto il contatto della Chiesa con la cultura giuridica dell’ambiente possa ruiscire fecondo. 3. Negli ultimi secoli la presenza del diritto canonico nella cultura giuridica è, al massimo, passiva. Cerca d’assicurarsela una presenza mediante l’adattamento. Se anche sia vero che qualunque presenza debba accompagnarsi con la disponibilità ad imparare, occorre riconoscere che questa posizione unicamente difensiva non consente al diritto canonico di incidere e di ispirare la cultura giuridica. Inoltre, l’esito di questa presenza (passiva) è parziale, non solo perché le premesse filosofiche che fondano il pensiero giuridico sono (o sembrano essere) per la Chiesa inaccettabili, ma perché, in seguito all‘atteggiamento esclusivamente recettizio, si corre il rischio di trasferire nell’ambito metagiuridico tutto cio che non si ritrovi nell’ottica delle attuali dottrine giuridiche. 4. Non c’è dubbio che la Chiesa non sia l’ambiente topico di sviluppo delle scienze giuridiche e che la scienza giuridica goda di una sua piena autonomia. Ma la comunione ecclesiale, non di raro definita Ecclesia iuris, non lo è in seguito alla recezione del diritto ab extrinseco, ma in forza della propria immanente dimensione giuridica. (Senza di essa non avrebbe ragion d’essere un autonomo diritto canonico, ed i problemi organizzativi della Chiesa potrebbero essere risolti alla stregua del solo diritto ecclesiastico dello Stato). Si deve quindi riconoscere che la Chiesa, iscritta nella storia umana del diritto, ha qualche cosa da dire nella sfera del diritto, sia nella sua dimensione ideologica che in quella della sua realizzazione pratica. L’assenza di un ruolo ispiratore del diritto canonico sulla scienza giuridica contemporanea dovrebbe dar a pensare per la più che i fondamentali problemi giuridici vengono continuamente discussi dai cultori di diritto: viviamo tuttavia in un mondo di nazioni sempre più unite nel quale le interferenze di differenti teorie e sistemi giuridici tendono ad aumentare e le dottrine giuridiche si rivelano particolarmente suscettibili agli influssi di molteplici filosofie. 5. Su un contatto non unidirezionale ma bilaterale del diritto canonico con la cultura giuridica si potrà contare soltanto allora, quando la canonistica abbia fatto proprio il metodo del Concilio Vaticano II, durante il quale la Chiesa ha rinunciato a presentarsi ratione status, ed ha invece cercato di esporre la sua natura secondo la propria convinzione di fede. Anche nel diritto canonico bisogna finalmente decidersi ad una riflessione profondo sulla Chiesa alla luce della fede, sulle proprie radici e finalità, per poter realizzare il diritto ecclesiale nel modo più coerente e per potere, per cio stesso, dialogare con le altre culture giuridiche. Il dialogo non nascerà da una passiva traslitterazione, quasi a ricalco, del diritto civile nell’ambiente ecclesiale, ma attraverso una franca ed aperta meditazione sulle proprie premesse ontologiche, le proprie peculiarità, le proprie esigenze: anche quelle di una „nuova giustizia”. Soltanto allora la presenza del diritto canonico nella cultura giuridica potrà essere non solo riproduttiva, ma anche produttiva. 6. Anche sotto questo punto di vista appare urgente la necessità di una robusta elaborazione di una teoria generale del diritto canonico. Si tratta di una teoria del diritto della Chiesa secondo il suo proprio „credo Ecclesiam”, non già elaborata all’interno di rigide teorie aprioristiche. Troppo generiche e scarsamente feconde le prese di posizione a favore di una deteologizzazione del diritto ecclesiale e, al contrario, le obiezioni stesse contro una presunta sua teologizzazione. Non si tratta invero di una „teologizzazione”, ma di prendere in seria considerazione i principi teologici, grazie ai quali il dialogo con la cultura giuridica diventa possibile e razionale.
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Zambrano, Virginia. "Un’indagine nella retorica: dalla vulnerabilità sociale di Zola alla deumanizzazione di Kafka". ANAMORPHOSIS - Revista Internacional de Direito e Literatura 1, n.º 2 (28 de febrero de 2016): 247. http://dx.doi.org/10.21119/anamps.12.247-265.

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Per i giuristi, mettere in relazione diritto e letteratura è importante. La congiunzione dei due elementi permette di corrodere la dogmatica giuridica, desacralizzare e restituire il diritto alla propria misura e alla misura dell’etica. Ciò che, infatti, la letteratura insegna, rispetto all’assetto astrattamente codificato del diritto, è l’inesistenza di leggi generali nell’esperienza vissuta. Ne consegue che le condanne, come le assoluzioni, sono inevitabilmente imperfette: siamo tutti in qualche modo colpevoli, ma anche, secondo diverso angolo di lettura, tutti innocenti. E se i decreti di colpevolezza assoluta appaiono inadeguati nelle opere di Proust, Musil e Hofmannsthal, non diversa è la situazione che si respira nell’universo di Kafka e di Zola. A questa prima decostruzione del diritto se ne aggiunge una seconda, ancor più radicale, relativa non più ai suoi limiti, ma alla stessa essenza del diritto. Non solo il sistema normativo non riesce ad incasellare nelle proprie griglie una realtà umana sfuggente ad un ordine prefissato, ma, tutt’altro che situarsi al polo opposto della violenza criminale, confina ambiguamente con essa. In questo senso, l’intersezione fra diritto e letteratura insegna che le situazioni individuali vanno sempre calate in quel caleidoscopio sociale, culturale, storico, economico, che condiziona i nostri atti non meno della nostra volontà.
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Zambrano, Virginia. "Un’indagine nella retorica: dalla vulnerabilità sociale di Zola alla deumanizzazione di Kafka". ANAMORPHOSIS - Revista Internacional de Direito e Literatura 1, n.º 2 (28 de febrero de 2016): 247. http://dx.doi.org/10.21119/anamps.12.247-265/original_language.

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Per i giuristi, mettere in relazione diritto e letteratura è importante. La congiunzione dei due elementi permette di corrodere la dogmatica giuridica, desacralizzare e restituire il diritto alla propria misura e alla misura dell’etica. Ciò che, infatti, la letteratura insegna, rispetto all’assetto astrattamente codificato del diritto, è l’inesistenza di leggi generali nell’esperienza vissuta. Ne consegue che le condanne, come le assoluzioni, sono inevitabilmente imperfette: siamo tutti in qualche modo colpevoli, ma anche, secondo diverso angolo di lettura, tutti innocenti. E se i decreti di colpevolezza assoluta appaiono inadeguati nelle opere di Proust, Musil e Hofmannsthal, non diversa è la situazione che si respira nell’universo di Kafka e di Zola. A questa prima decostruzione del diritto se ne aggiunge una seconda, ancor più radicale, relativa non più ai suoi limiti, ma alla stessa essenza del diritto. Non solo il sistema normativo non riesce ad incasellare nelle proprie griglie una realtà umana sfuggente ad un ordine prefissato, ma, tutt’altro che situarsi al polo opposto della violenza criminale, confina ambiguamente con essa. In questo senso, l’intersezione fra diritto e letteratura insegna che le situazioni individuali vanno sempre calate in quel caleidoscopio sociale, culturale, storico, economico, che condiziona i nostri atti non meno della nostra volontà.
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Gherri, Paolo. "Primi appunti per una storia delle origini della Teologia del Diritto (Canonico)". Ius Canonicum 50, n.º 99 (17 de julio de 2015): 221–53. http://dx.doi.org/10.15581/016.50.2658.

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La Teologia del Diritto sviluppatasi nella Canonistica cattolica con l’insegnamento di Mörsdorf mostra le proprie radici più profonde nel problema espressamente germanico dell’autonomia giuridica delle Chiese rispetto allo Stato. La questione venne posta da Sohm negando ogni fondamento a tale autonomia: il Kirchenrecht è di competenza esclusiva dello Stato e contraddice la natura della Chiesa. A Barmen (1934), guidata da Barth, la Chiesa evangelica si ruppe rifiutando le leggi razziali naziste per dotarsi di una regolamentazione autonoma intra-ecclesiale (ancora: Kirchenrecht) da fondare attraverso una Kirchenrechtstheologie anziché filosoficamente. Nel dopo-guerra Mörsdorf seguì tale linea per rivitalizzare il Diritto canonico (Kanonischenrecht) pre-conciliare. Ciò avvenne, tuttavia, scambiando il Kanonischenrecht col Kirchenrecht, poiché il vocabolario e la cultura tedesca erano ormai cambiati. Il Kirchenrecht di Sohm era Diritto dello Stato sulle Chiese (Diritto ecclesiastico); quello di Mörsdorf era Diritto della Chiesa su se stessa (Diritto canonico). Un solo termine per due realtà inconciliabili.
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Lo Voi, Valentina. "Parto anonimo in Italia e il diritto all’anonimato della madre biologica in caso di morte della stessa". Revista de la Facultad de Derecho de México 69, n.º 275-1 (29 de octubre de 2019): 245. http://dx.doi.org/10.22201/fder.24488933e.2019.275-1.71165.

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<p>Va riconosciuto prevalente il diritto del figlio, nato da parto anonimo, di conoscere le<br />proprie origini biologiche ed il rapporto di filiazione con la madre che lo aveva partorito, specie<br />dopo la morte della donna. Lo stesso diritto sussiste nei confronti dei fratelli e delle sorelle<br />biologiche.</p>
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Elliott, Peter J. "La prospettiva etica nella Conferenza ONU di Pechino sulla donna". Medicina e Morale 44, n.º 6 (31 de diciembre de 1995): 1175–82. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1995.957.

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L'articolo analizza quale sia stata l'etica dominante durante i lavori della recente IV Conferenza Internazionale sulla Donna svoltasi a Pechino dal 4 al 15 settembre 1995. In generale, durante tutte le Conferenze Onu - ed anche la manifestazione di Pechino non fa eccezione - ci si riferisce ad un'etica basata sul consenso fra tutte le nazioni secondo il principio del "minimo comun denominatore". Da questa premessa, ne deriva il ruolo importante svolto dai sostenitori di un'etica imperniata sul pragmatismo e l'utilitarismo, i quali rifiutano qualsiasi fondazione metafisica o religiosa. A queste correnti di pensiero si rifanno anche i movimenti femministi che a Pechino hanno improntato la stesura del documento finale (Piatform for Action). In esso traspare l'individualismo liberale che privilegia l'autonomia e l'autodeterminazione della donna, la quale può, ad esempio, arrivare al punto di negare al nascituro il diritto alla vita, perché considerato parte del corpo della donna e, quindi, ad essa soggetto. Termini come reproductive rights, reproductive health, fertility control, sexual rights, sexual orientation sono stati proposti durante la Conferenza secondo la logica sopra illustrata. Gli stessi diritti umani, così, non sono considerati giustamente quali principi universali fondati sul diritto naturale, bensì come adattamenti, vantaggi o privilegi concessi alle persone secondo il consenso sociale e lo sviluppo delle leggi. La Santa Sede - che ha partecipato sia alla fase preparatoria che ai lavori della Conferenza di Pechino - non ha mancato di far sempre presente - sia in riferimento al Documento preparatorio che alla Pllltfonn for Action - tutte le proprie riserve sulle dichiarazioni che non rispondono al pieno rispetto del principio dell'inviolabilità della vita umana fin dal momento del suo concepimento e dell'inalienabilità della dignità di ciascun individuo.
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Wagner, Richard E. "Parasitical Political Pricing, Economic Calculation, and the Size of Government: Variations on a Theme by Maffeo Pantaleoni*". Journal of Public Finance and Public Choice 15, n.º 2 (1 de octubre de 1997): 135–46. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907782888.

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Abstract Il lavoro estende 1’originate intuizione di Maffeo Pantaleoni che vede due distinti meccanismi del prezzo nelle contemporanee economie miste. Da una parte, vi è il meccanismo del prezzo del mercato, caratterizzato da diritti di proprietà esclusivi. Dall’altra, vi è il meccanismo di prezzo del sistema politico, distinto, fra le altre cose, da comitati amministrativi e proprietà comune. Si enfatizza come il sistema di prezzo politico può esistere solo in presenza del mercato ma non viceversa.Tramite una semplice illustrazione si suggerisce che i «mercati politici» sono parassitari nei confronti di quelli privati. A volte questo parassitismo può essere benefico, come nel caso dei beni pubblici; mentre altre volte è nocivo, come nel caso dei sussidi pubblici che promuovono imprese inefficienti.
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Davola, Antonio. "L'AGCM e i rapporti di interdipendenza con la Commissione Europea: riflessioni sul ruolo delle Autorità Nazionali della Concorrenza a partire dalle evoluzioni normative e giurisprudenziali nel mercato digitale". DIRITTO COSTITUZIONALE, n.º 2 (julio de 2022): 184–98. http://dx.doi.org/10.3280/dc2022-002011.

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L'articolo indaga il tema del rapporto tra enforcement del diritto della concorrenza ad opera delle Autorità Nazionali della Concorrenza (ANC) e coordinamento gerarchico a livello centrale della Commissione Europea: se, da un lato, l'applicazione del diritto antitrust da parte delle ANC nell'ambito dell'European Competition Network costituisce una naturale evoluzione del sistema delineato a partire dal Regolamento 1/2003, al contempo ciò rischia di determinare una frammentazione dell'approccio alle dinamiche anticoncorrenziali nel mercato europeo. Al fine di analizzare il ruolo che le ANC - ed in primis l'AGCM - saranno chiamate a giocare nei prossimi anni, si individua nel mercato digitale una prospettiva privilegiata di osservazione, utile a comprendere come coniugare flessibilità e sperimentalismo proprie delle NCA con le esigenze di armonizzazione del diritto dell'Unione.
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Paoloni, Lorenza. "Farmers' Rights, tutela della biodiversitĂ e salvaguardia delle risorse genetiche: l'esperienza del Canada". AGRICOLTURA ISTITUZIONI MERCATI, n.º 3 (marzo de 2011): 11–39. http://dx.doi.org/10.3280/aim2009-003002.

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Isono stati introdotti dal Trattato internazionale sulle risorse genetiche vegetali per l'alimentazione e l'agricoltura nel 2001 quale riconoscimento del contributo che gli agricoltori e le comunità rurali hanno dato nella creazione, conservazione, scambio e valorizzazione delle risorse genetiche. Essi sono dei diritti collettivi che appaiono antitetici ai quelli di natura individuale rappresentati dai diritti di proprietà intellettuale che hanno determinato, da parte delle multinazionali farmaceutiche e del seme, la sottrazione dell'uso di dette risorse alle comunità rurali. Nell'attuale fase storica è importante l'affermazione dei "diritti degli agricoltori" sulle risorse genetiche ai fini sia della sicurezza alimentare che della preservazione dell'ambiente e della biodiversità ; contribuiscono, altresì, alla prevenzione del cambiamento climatico e al mantenimento delle conoscenze tradizionali e locali.
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Corigliano, Alessandra. "Web scraping e diritti di proprietà intellettuale nell'intermediazione di biglietti aerei low cost". RIVISTA ITALIANA DI DIRITTO DEL TURISMO, n.º 22 (noviembre de 2018): 120–64. http://dx.doi.org/10.3280/dt2018-022005.

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Nella sentenza di seguito commentata, la Corte d'Appello di Milano, in merito alla decisione di Ryanair di escludere qualsiasi intermediazione commerciale nella vendita dei propri biglietti aerei, si è pronunciata nella vertenza tra la compagnia aerea irlandese e l'agenzia di viaggi italiana Viaggiare che, in primo grado, ha denunciato il comportamento di Ryanair in quanto avrebbe ostacolato con il proprio comportamento l'agenzia di viaggio nella vendita dei biglietti aerei di Ryanair direttamente ai consumatori, costringendo l'agenzia stessa a riutilizzare i dati forniti dal database di Ryanair al fine di vendere indirettamente i biglietti sul suo sito web. La Corte (in parziale riforma della sentenza del Tribunale di primo grado) ha ritenuto che la decisione della compagnia aerea di riservarsi la vendita di biglietti aerei non costituisse un abuso di posizione dominante come previsto dall'articolo 102 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea, in quanto Ryanair deteneva nel mercato dei voli europei solo il 10%, quota questa molto bassa, che varrebbe a escludere una posizione dominante della compagnia su detto mercato. Nell'ottica della normativa antitrust, è stata accolta la mozione di Ryanair volta ad escludere una posizione dominante sul mercato dei voli europei, mentre nell'ottica dei diritti di proprietà intellettuale la domanda di Ryanair è stata respinta. A questo proposito, la Corte non ha accolto la mozione di Ryanair in base alla quale l'uso dei suoi marchi da parte di Viaggiare violasse i diritti privativi di Ryanair; la Corte ha inoltre stabilito che il database di Ryanair non potesse essere considerato di proprietà di quest'ultima, in quanto lo stesso, essendo del tutto svincolato da specifiche tecniche e funzionali che ne dettano la scelta e l'organizzazione dei dati, non può essere considerato alla stregua di una manifestazione creativa e, quindi, proprietà intellettuale ai sensi dell'art. 2, 64-quinques e 64-sexies della Legge sul Copyright. La Corte ha quindi ritenuto che non vi fosse nemmeno protezione ai sensi della cosiddetta dottrina "sui generis" del database Rynair poiché la protezione di tale database era finalizzata ad escludere la commercializzazione dei biglietti aerei e non a proteggere gli sforzi di investimento di Ryanair. La condotta di Viagiare di "screen scraping" dei dati Ryanair relativi all'offerta di biglietti aerei è stata considerata legittima in quanto Ryanair - nei Termini di Utilizzo del suo sito web - ha fornito l'accesso (concessione di licenza) a terzi dei suoi dati
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Foulquier, Norbert y Jean-Charles Rotoullié. "Numérique et tourisme: la réglementation française sur les locations meublées de tourisme". RIVISTA ITALIANA DI DIRITTO DEL TURISMO, n.º 22 (noviembre de 2018): 32–44. http://dx.doi.org/10.3280/dt2018-022002.

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Il recente intervento delle autorità pubbliche nella regolamentazione della locazione di appartamenti ammobiliati ad uso turistico in Francia ha portato, soprattutto nella città di Parigi, ad una significativa contrazione dell'offerta abitativa. L'articolo presenta un'analisi delle componenti giuridiche, economiche e sociali del fenomeno, a partire dalle due leggi fondamentali n. 2014-366 del 24 marzo 2014, denominata "loi ALUR", e n. 2016-1321 del 7 ottobre 2016, evidenziandone i possibili effetti sui diritti di proprietà e sulla libertà di commercio e industria, nonché sul mercato turistico
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Garrido, Gómez M. Isabel. "Niveles de juridicidad y modalidades del derecho en la era de la globalización". SOCIOLOGIA DEL DIRITTO, n.º 3 (febrero de 2012): 45–64. http://dx.doi.org/10.3280/sd2011-003002.

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Resumen
In questo lavoro l'autrice parte da un concetto interdisciplinare e plurale di ciň che significa il termine globalizzazione. In particolare esso si riferisce a un processo sociale, economico, culturale e demografico dal quale il diritto non puň sfuggire. In questa prospettiva, e partendo dal nuovo rapporto tra le sfera privata e pubblica, quello che emerge č la rilevanza della deregulation come una realtŕ, unitamente alla necessitŕ per lo Stato di continuare a conservare le proprie funzioni, pur aggiornandole in modo tale da adattarle alle esigenze del nuovo scenario in cui opera. La realtŕ del diritto manifesta numerosi problemi che devono essere superati attraverso un nuovo modo di concepire la globalizzazione e la implementazione di nuove tecniche e formulazioni.
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Perra, Livio y Teresa Perra. "Diritto alla salute e chirurgia durante la pandemia di COVID-19". Revista de Estudos Constitucionais, Hermenêutica e Teoria do Direito 13, n.º 3 (24 de mayo de 2022): 285–96. http://dx.doi.org/10.4013/rechtd.2021.133.02.

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Resumen
Nel presente articolo, gli autori concentrano la propria attenzione sul tema connesso al diritto alla salute e alla sua applicazione nel settore della chirurgia durante la pandemia di COVID-19. Ciascuno di essi approfondisce le questioni sottese all’argomento in base alle proprie competenze. L’emergenza sanitaria comporta numerose sfide e muoversi in questo scenario non è facile per coloro che svolgono le professioni sanitarie. Al fine di comprendere come possa essere gestita l’emergenza sanitaria senza sacrificare il diritto alla salute degli individui, sono analizzate le raccomandazioni elaborate nello specifico settore della chirurgia. Infine, gli autori rilevano come non si possa prescindere dalla ricerca scientifica che diviene il faro che illumina la strada da percorrere nel mezzo della pandemia di COVID-19.
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Spadaro, Carmela Maria. "A Deo Coronato. Sovranità cristiforme e rappresentazioni del potere nel Regno di Napoli tra Normanni, Angioini e Borbone". Italian Review of Legal History, n.º 8 (21 de diciembre de 2022): 7–38. http://dx.doi.org/10.54103/2464-8914/19249.

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Il Cristo Pantocratore assunto come modello iconografico per rappresentare la sovranità nel Regnum Siciliae in età normanno-sveva, lasciava il posto in età angioina alla paupertas che, per effetto della predicazione francescana accolta dai sovrani napoletani, diventava elemento ineludibile di legittimità del potere regio. In una lettera scritta dal frate francescano Angelo Clareno a Filippo di Majorca, fratello della regina Sancha di Napoli, sono delineati i caratteri del sovrano cristiforme, che esercita il potere in qualità di amministratore del Regno, il cui unico titolare è Cristo: a Deo coronato è solo il sovrano che si fa povero, spogliandosi di ogni brama di potere e volontà di dominio ed usando le ricchezze pubbliche al solo scopo di provvedere alle necessità dei sudditi. La novitas francescana incentrata sul precetto del sine proprio codificato nella Regola di Francesco di Assisi, mutava la rappresentazione e le prospettive della sovranità, introducendo nel diritto pubblico del Regno concetti giuridici destinati ad ampliare la gamma dei significati di proprietas e di dominium. Con sguardo retrospettivo ed in continuità con la tradizione del Regno, l’ultimo re delle Due Sicilie Francesco II di Borbone faceva appello agli antichi diritti del trono di Ruggero e di Carlo III per difendere la legittima sovranità delle Due Sicilie, richiamando così l’immagine del sovrano a Deo coronato la cui condotta politica non poteva che ispirarsi al modello della christiformitas: una prospettiva della sovranità che di lì a poco sarebbe stata travolta dagli eventi rivoluzionari in corso in tutta Europa, dei quali tuttavia potrebbe fornire un’inedita chiave di lettura, proponendosi come momento di riflessione sulla storia italiana ed europea degli ultimi due secoli.
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Pejovich, Steve. "Quo Vadis Eastern Europe: a Property Rights Analysis*". Journal of Public Finance and Public Choice 10, n.º 2 (1 de octubre de 1992): 137–58. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907539491.

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Abstract Vengono presi in considerazione i tipi d’impresa alternativi che, per la prima volta dopo la seconda guerra mondiale, i paesi dell’Europa Orientale possono adesso scegliere liberamente.In particolare, sono esaminati gli effetti di quattro diversi sistemi già sperimentati su larga scala: l’impresa di tipo sovietico, la società capitalistica, l’impresa in regime di codeterminazione e la società autogestita.Per ciascun caso si considera, dapprima, il complesso di diritti di proprietà inerenti quel particolare tipo d’impresa, indicando quindi i connessi incentivi ed i loro effetti sul comportamento individuale e sui risultati aziendali.La conclusione, sulla base dell’analisi economica e dell’evidenza empirica, è che i sistemi di produzione «involontari» non costituiscono un tipo d’impresa efficiente.
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Saponaro, Fabio. "L’accertamento dei tributi doganali: nuovi criteri di selezione dei controlli, confronti e tendenze evolutive". Revista Brasileira de Direito 16, n.º 2 (23 de noviembre de 2020): 1. http://dx.doi.org/10.18256/2238-0604.2020.v16i2.4292.

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Aprovado e publicado em 11 de novembro de 2020. L’Autore esamina il funzionamento del sistema doganale europeo nei suoi profili sia di diritto sostanziale sia di diritto formale, ponendo particolare attenzione all’attività di revisione ed accertamento dei tributi doganali, che continua ad essere disciplinata dai singoli Stati membri dell’Unione europea. L’esigenza di reprimere sul territorio dell’Unione europea le frodi in materia doganale - in considerazione del fatto che i dazi costituiscono risorse proprie dell’Unione - ha visto incrementare gli interventi legislativi sovranazionali, anche in questa materia, al fine di introdurre nuovi strumenti e regole comuni per agevolare e migliorare le attività di verifica e controllo: scambio di informazioni fiscali e banche date informatiche per la condivisione delle informazioni tributarie disponibili presso ciascuno Stato. La ricerca di più efficaci criteri di selezione del rischio di elusione ed evasione fiscale sembra sempre più essere il risultato di una sterile e discutibile elaborazione informatica, scaturita dell’esame incrociato di una sempre maggiore mole di informazioni fiscali scambiate e/o condivise, quasi mai preceduta da un’adeguata analisi qualitativa e preventiva in grado di tenere conto e di garantire le esigenze di tutela del contribuente. Il modello europeo viene posto a confronto con quello brasiliano, che con l’adozione del “SISAM”, particolarmente evoluto sul piano tecnico-informatico, giunge perfino all’utilizzo di forme di “intelligenza artificiale” per garantire una efficiente selezione dei controlli e delle operazioni a rischio. Sullo sfondo emerge la contrapposizione tra il prevalente interesse fiscale rispetto al diritto di tutela del contribuente, spesso pregiudicato o impossibilitato nell’esercizio del suo diritto di difesa.
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Méndez Reátegui, Rubén y Amparo Álvarez Meythaler. "Pensiero progettuale: Innovazione e protezione delle idees". i+Diseño. Revista Científico-Académica Internacional de Innovación, Investigación y Desarrollo en Diseño 16 (16 de diciembre de 2021): 61–70. http://dx.doi.org/10.24310/idiseno.2021.v16i.13084.

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Resumen
Desde un enfoque de Design Thinking, este artículo pretende explicar cómo los procesos creativos en las organizaciones, expresados en un contexto de efervescencia de los derechos de propiedad, requieren la formulación de métodos más rigurosos de obtención y evaluación de la información, que permitan mitigar los efectos asimétricos y la pérdida de eficiencia y eficacia de los esfuerzos realizados por las empresas. Se analizan tres posibles intervenciones para que el proceso creativo genere conocimientos valiosos. Las ideas pueden patentarse durante las fases iniciales: orientación del pensamiento creativo, uso de la tecnología a través de herramientas de registro digital y estrategias empresariales sostenibles centradas en el comportamiento humano. Se concluye que partir de un pensamiento de diseño requiere sistematizar e incorporar mayor rigor en el proceso creativo para facilitar los procesos de registro de derechos de propiedad sobre un producto original de la organización. A partire da un approccio di Design Thinking, questo articolo mira a spiegare come i processi creativi nelle organizzazioni, espressi in un contesto di effervescenza dei diritti di proprietà, richiedono la formulazione di metodi più rigorosi per ottenere e valutare le informazioni, che permettono l’attenuazione degli effetti asimmetrici e la perdita di efficienza ed efficacia degli sforzi fatti dalle aziende. Si analizzano tre possibili interventi affinché il processo creativo generi un prezioso know-how. Le idee possono ricevere un trattamento organizzato durante le fasi iniziali: guida del pensie­ro creativo, uso della tecnologia attraverso strumenti di registro digitale, e strategie aziendali sostenibili focalizzate sul comportamento umano. Si conclude che partire da un pensiero progettuale richiede la sistematizzazione e l’incorporazione di un mag­gior rigore nel processo creativo per facilitare i processi di registrazione dei diritti di proprietà su un prodotto originale dell’organizzazione.
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Masala, Antonio. "LEONI, HAYEK AND “IL POLITICO”". Il Politico 257, n.º 2 (17 de enero de 2023): 5–22. http://dx.doi.org/10.4081/ilpolitico.2022.763.

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Il saggio ricostruisce la relazione scientifica tra Bruno Leoni e Friedrich A. von Hayek, prendendo in esame le lettere, gli scambi intercorsi alle riunioni della Mont Pelerin Society ed esaminando i saggi che Hayek pubblicò su “Il Politico” quando Leoni era ancora in vita. Ne emerge un dialogo molto intenso, nel quale Leoni rappresenta non solo un prezioso riferimento filologico per gli studi sul diritto e sul pensiero politico, ma anche una costante sfida alla riflessione hayekiana e uno stimolo ad andare oltre le proprie posizioni. Le differenze tra i due permarranno, e Hayek non metterà mai in discussione la necessità della rappresentanza politica e dunque di un processo elettivo (per quanto estremamente articolato e mediato) per la produzione del diritto, e di quelle che egli chiamava le “regole di condotta”. Tuttavia è possibile vedere un suo progressivo avvicinamento alle posizioni di Leoni. L’austriaco diventa infatti ben consapevole, grazie all’influenza di Leoni, che la libertà si era storicamente affermata grazie a un diritto che non era stato prodotto per via legislativa, per volontà degli uomini. In questa consapevolezza sta il suo grande cambiamento, e in fondo anche la messa in discussione dell’impianto teorico di The Constitution of Liberty. È dunque anche possibile sostenere che la “costituzione ideale’ hayekiana, presentata nel terzo volume di Law, Legislation, and Liberty, risenta di una forte influenza di Leoni. Ipotesi confermata anche dal fatto che Hayek scelse “Il Politico” per presentare le prime versioni di quella sua elaborazione.
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Cuffaro, Nadia y David Hallam. ""Land grabbing" nei Paesi in via di sviluppo: investitori esteri, regolamentazione e codici di condotta". QA Rivista dell'Associazione Rossi-Doria, n.º 2 (junio de 2011): 131–49. http://dx.doi.org/10.3280/qu2011-002006.

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L'articolo tratta gli sviluppi recenti degli investimenti esteri diretti in agricoltura nei paesi in via di sviluppo (Pvs). Tre sono agli argomenti analizzati. Il primo č l'evidenza empirica sulla recente crescita delle acquisizioni di terra per usi agricoli nei paesi in via di sviluppo da parte d'investitori esteri (land grabbing) e la questione collegata del ruolo del controllo sulla terra nel processo d'internazionalizzazione dell'agricoltura dei Pvs. Il secondo sono i possibili rischi di tali progetti, derivanti essenzialmente dal fatto che l'attuale ondata di investimenti riguarda contesti in cui molti soggetti dipendono da diritti di proprietŕ sulla terra poco certi e sono perciň esposti al rischio di gravi perdite. Infine, si discute il possibile ruolo della responsabilitŕ sociale delle imprese e di un codice di condotta promosso su base internazionale nel mitigare tali rischi.
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Lacey, Eric F. "Some Comparative and Contrasting Features of OECD Countries’ Competition Laws*". Journal of Public Finance and Public Choice 7, n.º 1 (1 de abril de 1989): 81–87. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907344703.

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Abstract La legislazione sulla concorrenza nei paesi OCSE presenta, nei rispettivi ordinamenti, profonde diversità, sia sostanziali che procedurali.La relativa regolamentazione riguarda, soprattutto: 1) accordi orizzontali tra imprese concorrenti, con esclusione di quelli che non sono considerati anti-competitivi, come gli accordi a fini di ricerca e sviluppo e quelli attinenti ai diritti di proprietà intellettuale; 2) accordi verticali; 3) abuso di posizione dominante (con ampie differenze, sia nella definizione di « posizione dominante » che di « abuso »); 4) fusioni e concentrazioni, con « soglie », anche in questo caso, molto diverse, ma generalmente con un uso limitato del potere di controllo delle autorità, per evitare interferenze con il mercato.Le procedure per l’applicazione della liquidazione sono caratterizzate in tutti i paesi OCSE dalla distinzione tra l’attività investigativa e quella decisionale, ma gli organi preposti possono anche essere numerosi (come nel Regno Unito), con conseguenti complicazioni.
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Serio, Mario. "L'interpretazione del trust e l'obbligo di interpretazione conforme («<i>Reading down</i>»)". Trusts, n.º 4 (4 de agosto de 2022): 599–626. http://dx.doi.org/10.35948/1590-5586/2022.133.

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Resumen
Tesi Il lavoro si muove nel perimetro di una recente sentenza della Chancery Division della High Court inglese nel caso Goodrich v AB, relativo all'interpretazione di una pluralità di disposizioni di un trust di dubbia interpretazione quanto alla identificazione dei beneficiari, affrontando i problemi connessi. Essi sono di duplice natura. In primo luogo, si tratta di stabilire se le ordinarie regole ermeneutiche vigenti nel common law inglese per altre categorie di atti giuridici, sia tra vivi sia a causa di morte, possano applicarsi anche ai trust. Alla motivata risposta positiva, tratta da una costante linea giurisprudenziale, consegue l’ulteriore effetto che assegna all’interprete del trust il compito di accertare la portata oggettiva dell’atto di disposizione, senza indulgere verso la prevalenza di criteri puramente soggettivi. Il secondo ordine di problemi cui il lavoro ha inteso dar risposta riguarda la possibilità di adeguare una serie di nozioni e categorie proprie del diritto di famiglia e delle relazioni da esso nascenti alla stregua di disposizioni legislative sopravvenute che hanno esteso la platea dei possibili beneficiari di un trust. E ciò in virtù di un’interpretazione compatibile con i principii della Convenzione per la salvaguardia dei diritti umani del 1950 trasposta nello Human Rights Act del 1998. Ed infine, viene esaminato il profilo degli obblighi informativi gravanti sul trustee in merito alle proprie scelte, concludendosi nel senso che a decisioni contrarie alla logica o puramente arbitrarie possa sopperire l’intervento sostitutivo o integrativo dell’autorità giudiziaria. La conclusione è nel senso che dell’apertura verso la sponda eurounitaria del diritto inglese ha tratto giovamento, in termini di rinnovamento delle tradizionali categorie di beneficiari e dei metodi ermeneutici per identificarli, anche il law of trust. The author’s view The recent decision in Goodrich v AB highlights a number of problems which this essay centres upon in an effort to outline a more modern and CEDU oriented version of the law of trust. In particular, the focus will be on the applicable criteria in this branch of the law to the interpretation of settlements aimed at conferring benefits on one or more persons, to be identified through a correct analysis of their objective, legal status in relation to the settlor's intention. It will also be devoted to the determination of whether or not duties of disclosure of relevant documents relating to his/her activity may be said to be incumbent, and in the event to what extent, on the trustee. All these issues have been accurately and extensively taken into account in its decision by the Chancery Division of the High Court and have been given a satisfactory answer. In particular, the interpretative methods to be applied to trust cannot but be the same as in contracts and wills according to the Supreme Court precedents. As to the definition of the beneficiaries of the trust in question, the Court has shown to adhere to an evolutive interpretation derived from the direct application in the domestic law, via the Human Rights Act 1998, of the provisions of the European Convention on Human Rights 1950, with the ultimate result of the broadening of the categories of those who can benefit from the trust, such as civil partners and married couples of the same sex. Finally, a clear tendency to stress the very existence of a duty to frankly and openly disclose relevant information on the part of the trustee is emphasized with an eye to the protection of beneficiaries. The non-performance of such a duty may give rise to a judicial intervention in the light of the Public Trust v Cooper decision.
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