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Tesis sobre el tema "Diritto di proprietà"

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Grano, Simona <1978&gt. "L'evoluzione del diritto di proprietà in Cina". Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2008. http://hdl.handle.net/10579/866.

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Terranova, G. "I NUOVI DIRITTI DI PROPRIETÀ: UN'ANALISI COMPARATA". Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2016. http://hdl.handle.net/2434/361088.

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La ricerca analizza l'evoluzione del concetto di proprietà nel diritto italiano, quale conseguenza dell'evoluzione della realtà economica e degli scambi commerciali e, in particolare, si concentra sull'avvicinamento della concezione dominicale ad esso sottesa a quella propria degli ordinamenti di common law, in particolare quello inglese e quello statunitense. A tale scopo sono esaminati alcuni istituti giuridici in cui é evidente l'esigenza della prassi, da un lato, e la tendenza del legislatore, dall'altro, a servirsi di schemi di appartenenza distinti rispetto al modello tradizionale. L'analisi, infine, si interroga sulla capacità del diritto italiano a dar riconoscimento a nuove forme di appartenenza elaborate dall'autonomia privata, ancorché non ancora riconosciute a livello legislativo e fornisce, quindi, una possibile soluzione de iure condendo.
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Nicolosi, Costanza. "Libertà Fondamentali e Diritto di Proprietà nella Russia Post-Sovietica". Doctoral thesis, Università di Catania, 2019. http://hdl.handle.net/10761/4099.

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Il presente elaborato intende tracciare un affresco dei peculiari sviluppi del costituzionalismo russo attraverso la comparazione tra il modello delle Costituzioni sovietiche e quello, formalmente diverso, della Costituzione post-sovietica del 1993. L angolo prospettico per svolgere siffatta comparazione è quello della disciplina delle c.d. libertà economiche o, come suole dirsi, della costituzione economica russa nel suo evolversi storico. In particolare, si è ritenuto opportuno centrare il focus dell indagine sul diritto di proprietà e sul peculiare regime per esso previsto nell ordinamento della Russia sovietica e post-sovietica. Necessariamente, lo studio delle libertà economiche (e dei diritti ad esse correlati) si traduce, in chiave giuridico-costituzionale, in una riflessione sul rapporto tra modello economico e democrazia. Da qui, l esigenza di osservare lo stato (e lo stadio) della neo-democrazia russa dall analisi della costituzione economica , formalmente stabilita dalla Costituzione del 1993, che altrettanto formalmente sembra ispirarsi ai modelli delle liberal-democrazie occidentali, nonché di (tentare di) comprendere se l ispirazione a un preciso modello economico (e democratico) si sia tradotto, nella Russia post sovietica, nella concreta ed effettiva adesione a siffatto modello.
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PIAIA, FEDERICO. "IL PROBLEMA DELLA RINUNZIA ABDICATIVA AL DIRITTO DI PROPRIETÀ IMMOBILIARE". Doctoral thesis, Università degli studi di Pavia, 2021. http://hdl.handle.net/11571/1434995.

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Resumen
La ricerca si propone di indagare il tema dell’ammissibilità di una c.d. rinunzia abdicativa alla proprietà immobiliare, e di illustrarne i principali profili e aspetti problematici, alla luce dei principi generali che conformano e governano l’attuale ordinamento giuridico. La tesi si struttura complessivamente in tre capitoli. Il primo capitolo, partendo in via di premessa da un generale esame del significato giuridico-concettuale della rinunzia alle situazioni giuridiche soggettive, si sofferma specificatamente sull’analisi di tutte quelle ipotesi di rinunzia (o abbandono) aventi ad oggetto il diritto di proprietà (o comproprietà) su beni immobili disciplinate espressamente dal legislatore, al fine di valutarne l’eventuale portata e rilevanza sistematica e, al contempo, di meglio delimitare l’oggetto precipuo di indagine. Il secondo capitolo si articola in due sezioni. La prima sezione è dedicata, in particolare, alla ricostruzione tanto del profilo “strutturale” quanto del profilo “effettuale” della rinunzia (meramente) abdicativa alla proprietà, condotta – anche in una logica storico-evolutiva, e di raffronto con la fattispecie dell’abbandono (derelictio) dei beni mobili – alla stregua dei principali indici normativi e giurisprudenziali che utilmente si offrono all’interprete. La seconda sezione mira invece, anzitutto, a porre in luce la natura complessa del diritto dominicale e, in particolare, a evidenziare il c.d. “lato passivo” della proprietà immobiliare, ossia quell’insieme di poste negative, costi, oneri, obblighi e responsabilità (sia di natura pubblicistica che privatistica) strutturalmente connessi al bene, anche ove rinunciato, e, in secondo luogo, a far emergere una possibile dinamica di conflittualità della rinunzia, ossia di contrapposizione tra diversi interessi, da svolgere e risolvere – nel segno di un adeguato e virtuoso componimento – in ossequio al principio costituzionale della “funzione sociale” della proprietà. In considerazione di quanto emerso e alla luce dei risultati ottenuti, il terzo e ultimo capitolo si propone di individuare un momento di bilanciamento e di incontro tra la tutela dell’autonomia privata del proprietario e la tutela di interessi altrui coinvolti e pregiudicati dalla vicenda dismissiva nella possibilità di qualificare – sia pure all’esito di un giudizio da svolgersi caso per caso, e in considerazione della singola vicenda concreta – in termini di abuso (o di emulazione) l’attività dispositivo-rinunziativa del dominus avente ad oggetto il diritto di proprietà immobiliare.
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Dallari, Filippo <1976&gt. "I limiti al diritto di proprietà derivanti dagli strumenti di pianificazione urbanistica. I vincoli urbanistici". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2012. http://amsdottorato.unibo.it/5022/1/Dallari_Filippo_Tesi.pdf.

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Resumen
Nella prima parte viene ricostruito il concetto di vincolo espropriativo alla luce dell’elaborazione della giurisprudenza della Corte costituzionale e della Corte EDU, giungendo alla conclusione che rientrano in tale concetto le limitazioni al diritto di proprietà che: - derivano da scelte discrezionali dell’Amministrazione non correlate alle caratteristiche oggettive del bene; - superano la normale tollerabilità nel senso che impediscono al proprietario la prosecuzione dell’uso in essere o incidono sul valore di mercato del bene in modo sproporzionato rispetto alle oggettive caratteristiche del bene e all’interesse pubblico perseguito. Ragione di fondo della teoria dei vincoli è censurare l’eccessiva discrezionalità del potere urbanistico, imponendo una maggiore obiettività e controllabilità delle scelte urbanistiche. Dalla teoria dei vincoli consegue altresì che nell’esercizio del potere urbanistico l’Amministrazione, pur potendo differenziare il territorio, deve perseguire l’obiettivo del riequilibrio economico degli interessi incisi dalle sue determinazioni. L’obbligo della corresponsione dell’indennizzo costituisce la prima forma di perequazione urbanistica. Nel terzo e nel quarto capitolo viene analizzata la giurisprudenza civile e amministrativa in tema di vincoli urbanistici, rilevandone la non corrispondenza rispetto all’elaborazione della Corte costituzionale e l’incongruità dei risultati applicativi. Si evidenzia in particolare la necessità del superamento del criterio basato sulla distinzione zonizzazioni-localizzazioni e di considerare conformative unicamente quelle destinazioni realizzabili ad iniziativa privata che in concreto consentano al proprietario di conseguire un’utilità economica proporzionata al valore di mercato del bene. Nel quinto capitolo viene analizzato il rapporto tra teoria dei vincoli e perequazione urbanistica, individuandosi il discrimine tra i due diversi istituti non solo nel consenso, ma anche nella proporzionalità delle reciproche prestazioni negoziali. Attraverso la perequazione non può essere attribuito al proprietario un’utilità inferiore a quella che gli deriverebbe dall’indennità di esproprio.
In the first part, the concept of expropriation restriction is reconstructed in the light of the Constitutional Court and Court of Human Rights jurisprudence, concluding that restrictions on property right fall into this concept. They: - come from discretionary Administration choices not related to the objective characteristics of the property, - go beyond the normal tolerance, meaning they preclude the landlord to be in continued use or they affect the market value of the property disproportionately to the objective characteristics of the property and to the public interest pursued. Underlying reason of the planning restrictions theory is censoring the excessive discretion of the planning power by imposing a greater objectivity and controllability to land use decisions. From the planning restrictions theory it also follows that in exercising the planning power, although the territory could be differentiated, the Administration must pursue the target of balancing economic interests affected by its determinations. The obligation to a compensation payment is the first form of urban planning equalization. In the third and fourth chapters, the civil and administrative jurisprudence is analyzed on the subject of planning restrictions, noting the mismatch compared to the Constitutional Court elaboration and the incongruity of the application results. There is a focus on the need to overcome the criterion based on the zoning-localisations distinction and to consider conforming only those destinations feasible through private enterprise, which actually allow the owner to achieve an economic benefit proportionate to the market value of the property. The fifth chapter analyzes the relationship between planning restrictions theory and urban equalization. The distinction between the two institutions is not only in the consensus, but also in the proportionality of negotiating reciprocal contractual services. Through the equalization it can’t be attributed to the owner a utility lower than what would result from expropriation compensation.
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Dallari, Filippo <1976&gt. "I limiti al diritto di proprietà derivanti dagli strumenti di pianificazione urbanistica. I vincoli urbanistici". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2012. http://amsdottorato.unibo.it/5022/.

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Nella prima parte viene ricostruito il concetto di vincolo espropriativo alla luce dell’elaborazione della giurisprudenza della Corte costituzionale e della Corte EDU, giungendo alla conclusione che rientrano in tale concetto le limitazioni al diritto di proprietà che: - derivano da scelte discrezionali dell’Amministrazione non correlate alle caratteristiche oggettive del bene; - superano la normale tollerabilità nel senso che impediscono al proprietario la prosecuzione dell’uso in essere o incidono sul valore di mercato del bene in modo sproporzionato rispetto alle oggettive caratteristiche del bene e all’interesse pubblico perseguito. Ragione di fondo della teoria dei vincoli è censurare l’eccessiva discrezionalità del potere urbanistico, imponendo una maggiore obiettività e controllabilità delle scelte urbanistiche. Dalla teoria dei vincoli consegue altresì che nell’esercizio del potere urbanistico l’Amministrazione, pur potendo differenziare il territorio, deve perseguire l’obiettivo del riequilibrio economico degli interessi incisi dalle sue determinazioni. L’obbligo della corresponsione dell’indennizzo costituisce la prima forma di perequazione urbanistica. Nel terzo e nel quarto capitolo viene analizzata la giurisprudenza civile e amministrativa in tema di vincoli urbanistici, rilevandone la non corrispondenza rispetto all’elaborazione della Corte costituzionale e l’incongruità dei risultati applicativi. Si evidenzia in particolare la necessità del superamento del criterio basato sulla distinzione zonizzazioni-localizzazioni e di considerare conformative unicamente quelle destinazioni realizzabili ad iniziativa privata che in concreto consentano al proprietario di conseguire un’utilità economica proporzionata al valore di mercato del bene. Nel quinto capitolo viene analizzato il rapporto tra teoria dei vincoli e perequazione urbanistica, individuandosi il discrimine tra i due diversi istituti non solo nel consenso, ma anche nella proporzionalità delle reciproche prestazioni negoziali. Attraverso la perequazione non può essere attribuito al proprietario un’utilità inferiore a quella che gli deriverebbe dall’indennità di esproprio.
In the first part, the concept of expropriation restriction is reconstructed in the light of the Constitutional Court and Court of Human Rights jurisprudence, concluding that restrictions on property right fall into this concept. They: - come from discretionary Administration choices not related to the objective characteristics of the property, - go beyond the normal tolerance, meaning they preclude the landlord to be in continued use or they affect the market value of the property disproportionately to the objective characteristics of the property and to the public interest pursued. Underlying reason of the planning restrictions theory is censoring the excessive discretion of the planning power by imposing a greater objectivity and controllability to land use decisions. From the planning restrictions theory it also follows that in exercising the planning power, although the territory could be differentiated, the Administration must pursue the target of balancing economic interests affected by its determinations. The obligation to a compensation payment is the first form of urban planning equalization. In the third and fourth chapters, the civil and administrative jurisprudence is analyzed on the subject of planning restrictions, noting the mismatch compared to the Constitutional Court elaboration and the incongruity of the application results. There is a focus on the need to overcome the criterion based on the zoning-localisations distinction and to consider conforming only those destinations feasible through private enterprise, which actually allow the owner to achieve an economic benefit proportionate to the market value of the property. The fifth chapter analyzes the relationship between planning restrictions theory and urban equalization. The distinction between the two institutions is not only in the consensus, but also in the proportionality of negotiating reciprocal contractual services. Through the equalization it can’t be attributed to the owner a utility lower than what would result from expropriation compensation.
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D'Amore, Martina <1993&gt. "Il diritto di proprietà industriale e il mondo dell'arte: il caso Vantablack". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/15169.

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L'elaborato vuole proporre una analisi del sistema delle fonti giuridiche in materia di brevetti e proprietà industriali a partire dalle prime convenzioni per arrivare alle leggi più recenti. Dopo aver analizzato nello specifico come funzioni il sistema di tutela da brevetto, si analizza il caso Vantablack. Studio della brevettabilità di un colore e la licenza che ne è scaturita tra la società produttrice e l'artista Anish Kapoor. Tutela e semplice business oppure una trovata pubblicitaria?
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8

Dal, Lago Eugenia <1992&gt. "La legittimità dell'azione inibitoria: tra diritto di proprietà intellettuale e tutela della concorrenza". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2017. http://hdl.handle.net/10579/10677.

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Biasini, Alessandro <1982&gt. "Indagini sul concetto di "diritto" tra pensiero classico e moderno : diritto soggettivo, proprietà e autorità in Luigi Taparelli d'Azeglio". Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/3051.

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Il presente lavoro affronta il tema del diritto nel suo rapporto tra la tradizione classica e quella moderna. Riteniamo che la tradizione classica ci proponga una concezione del diritto intesa come “concreto ordinamento”. Facciamo appello ai testi di Aristotele e, soprattutto, di Tommaso d'Aquino per mettere in luce come la modernità abbia perduto tale orientamento approdando ad una concezione sostanzialmente dualistica del diritto, secondo la quale quest'ultimo è definito talora nei termini di “legge”, talaltra nei termini di “diritto soggettivo”. Tentiamo di ricondurre questi due ambiti nel seno della concezione unitaria del diritto ereditata dalla tradizione classica. Infine, prendiamo in esame il pensiero di Luigi Taparelli d'Azeglio: in tale Autore, che pure si ispira alla tradizione scolastica, sono presenti elementi che conducono verso una concezione moderna del diritto, in particolare sui temi del diritto soggettivo, della proprietà e dell'autorità.
This work is concerned with the concept of “right” considered in its relationship between the classic and the modern tradition. We think that the classic tradition supports a conception of right as a “concrete institutional order”. We refer to Aristotle and particularly to Saint Thomas Aquinas in order to put into the light that the modern thought rejected this unitary conception of right for a dualistic one, according to which “right” means sometimes “law”, sometimes “subjective right”. We examine the thought of Luigi Taparelli d'Azeglio (1793-1862) to show that, even in an Author that explicitly refers to the Scholastic tradition, there are many aspects that lead us to modern juridical and political thinking, in particular as we come to consider his theory of subjective rights, property and authority.
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ARTARIA, RICCARDO. "La proprietà fra Costituzione e carte europee". Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2012. http://hdl.handle.net/10281/45606.

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Resumen
La proprietà, al pari degli altri diritti costituzionalmente tutelati, si apre oggi ad una tutela articolata su molteplici livelli: in particolare, l’elaborato approfondisce lo studio della Costituzione italiana, della Cedu e del diritto comunitario (nel quale ha di recente assunto forza normativa la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione). Queste Carte compongono un sistema complesso di tutela della proprietà che, se contribuisce a incrementare le garanzie di effettività per il singolo, impone nuove riflessioni: può infatti creare problemi con riguardo tanto alla composizione delle varie fonti concorrenti quanto ai rapporti fra le relative giurisdizioni esclusive di legittimità e più in generale, impegna a ripensare al ruolo della dimensione sociale della proprietà. Lo studio è infatti stato condotto secondo la logica del rapporto fra prospettiva individuale e sociale nella configurazione della proprietà, al fine di verificare come il sapiente bilanciamento fra queste due dimensioni cristallizzatosi nella disciplina costituzionale si sia aperto alla europeizzazione dei diritti vivendo una profonda trasformazione. Partendo dallo studio dell’evoluzione storico-politica delle concezioni relative alla proprietà, l’elaborato si sofferma sull’analisi dell’art. 42 Cost. evidenziando come l’imprescindibile rapporto fra proprietà e comunità politica sia svolto dallo Stato sociale disegnato in Costituzione secondo un disegno singolare, che determina la perdita di centralità della proprietà in favore del valore della persona umana sintetizzato nel principio personalista e in quello solidarista, cristallizzato nella formula della “funzione sociale”: la Costituzione supera così la naturale tensione fra il principio di eguaglianza e il riconoscimento del diritto di proprietà, prescrivendo che l’integrazione sociale sia costruita anche attraverso una disciplina della proprietà capace di armonizzare l’interesse individuale con quello della comunità, secondo la prospettiva tipica dello Stato sociale. Per questo, su un diverso piano, si è considerato che in virtù della “funzione sociale” nemmeno può dirsi che l’art. 42, comma 2, Cost. intenda costituzionalizzare un diritto fondamentale dell’individuo. A chi scrive è quindi sembrato difficile accedere all’idea, che anima il diritto di matrice europea ed ora anche la nostra giurisprudenza costituzionale, della massimizzazione della tutela della proprietà, proprio in ragione della finalità redistributiva della ricchezza che è imprescindibile per lo Stato sociale In tale ottica, si è approfondito lo studio della tutela della proprietà disegnata dalla Cedu e dal diritto dell’Unione europea; per conseguenza, si è delineata la dimensione della distanza fra il modello sociale della nostra Costituzione e il modello liberale del diritto europeo, orientato verso la maggior soddisfazione delle ragioni della proprietà. Si è quindi affrontato il problematico nodo della composizione dei diversi livelli normativi alla luce dell’art. 117, comma 1, Cost. e della relativa giurisprudenza costituzionale, rilevando che la tutela multilivello della proprietà sembra ruotare in particolare attorno alla garanzia scolpita nell’art. 1 del Prot. n. 1 alla Cedu e nella giurisprudenza della Corte di Strasburgo. Tuttavia, se la prospettiva che si adotta nel pensare alla tutela dei diritti è quella dell’ampliamento della tutela stessa, come vorrebbe la Corte costituzionale, l’elemento della «funzione sociale» che innerva lo statuto costituzionale della proprietà non può che trovarsi corrispondentemente dimidiato. A dimostrazione di ciò si è approfondita la rilevante influenza del diritto sovranazionale con riguardo a taluni temi specifici: la determinazione dell’indennizzo per l’espropriazione; l’espropriazione indiretta; il bilanciamento fra diritto all’abitazione e proprietà espresso dalla disciplina in materia di sfratti. In conclusione, si è rilevato che la recente giurisprudenza costituzionale sembra trascurare il necessario bilanciamento fra interessi costituzionalmente protetti: ad avviso di chi scrive, infatti, la prevalenza della norma internazionale, sul piano interpretativo o applicativo, non è assoluta, ma trova un limite nel bilanciamento fra il principio internazionalista e gli altri princìpi supremi dell’ordinamento costituzionale, fra i quali la funzione sociale della proprietà.
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Zanovello, Francesca. "Usucapione "privata" e "pubblica" nella prospettiva della giurisprudenza CEDU. La tutela multilivello del diritto di proprietà". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2017. http://hdl.handle.net/11577/3422401.

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Resumen
The title of thesis is “Usucapione “privata” e “pubblica” nella prospettiva della giurisprudenza CEDU: la tutela multilivello del diritto di proprietà”. The research work is divided into three chapters: the first chapter concerns the protection of property right in the national law, in Article 1 of Protocol No. 1 CEDU and in Article 17 of the Charter of fundamental rights of the European Union; the second chapter concerns the “usucapione” and the adverse possession; the third chapter concerns the conformity of “usucapione pubblica” with decisions of European Court of Human rights on “indirect expropriation”. The first chapter analyses the relation between national law, Article 1 of Protocol No. 1 CEDU and Article 17 of the Charter of fundamental rights of the European Union. The roll of Judges (Italian Constitutional Court, European Court of Human rights, Court of Justice of the European Union) is very important in the coordination between the national law, the European Convention on Human Rights and the Charter of fundamental rights of the European Union. The coordination is difficult, because in the national law property is a economic right, but in the European Convention on Human Rights and in the Charter of fundamental rights of the European Union the property is a fundamental right. The European Convention and the Charter the don’t mention the “social function” of property. This contrast and the incidence of the European law and of the European Convention on Human Rights on the national legal system raise doubts about the conformity of “usucapione” with Article 1 of Protocol No. 1 CEDU. The legal regulation of “usucapione” consents the loss of property in the absence of compensation and procedural protection for a paper owner. The second chapter analyses the case of J.A. Pye (CEDU, 15.11.2005, n. 44302/02, J.A. Pye Ltd (Oxford) v. the United Kingdom; CEDU, (G.C.), 30.08.2007, n. 44302/02, J.A. Pye Ltd (Oxford) v. the United Kingdom). On this occasion, the European Court of Human rights examines the compatibility of adverse possession with Article 1 of Protocol No. 1, because the regulation of adverse possession consents the loss of property in the absence of compensation and procedural protection for a paper owner. The Grande Chambre says that adverse possession’s regulation is a case of “control of use” of land (second paragraph of Article 1 of Protocol No. 1 ) and it doesn’t violate the Article 1 of Protocol No. 1 CEDU. Subsequently the research work analyses the national regulation of “usucapione” and the differences whit adverse possession. The thesis concludes that the “usucapione” pursues an objective to general interest (legal certainty) and respects the fair balance required by Article 1 of Protocol No. 1. The paper owner can take an action to deal with the adverse possessor before the expiry of the period of “usucapione”. He hasn’t excessive burden of control and monitoring, because there are strict requisites and long period of “usucapione”. The third chapter concerns the conformity of “usucapione pubblica” (when the public administration occupies a private land) with the Article 1 of Protocol No. 1 CEDU. In this case there is a risk that “usucapione” is in contrast with the decisions of European Court of Human rights on “indirect expropriation”. The research work concludes that the “usucapione pubblica pura” is only admissible. In this case the public administration doesn’t exercise public powers. The thesis wants to point out that the protection of property in European Convention on Human Rights affects the interpretation of national legal arrangements.
La tesi dottorale si intitolata “Usucapione “privata” e “pubblica” nella prospettiva della giurisprudenza CEDU: la tutela multilivello del diritto di proprietà”. Il lavoro si articola in tre capitoli: prima si affronta il rilievo che il diritto di “proprietà” assume sul piano anche sovranazionale (tutela “multilivello” del diritto di proprietà), precisando il rapporto tra le diverse fonti; poi si passa all’esame della disciplina dell’usucapione e dell’adverse possession (del diritto inglese) alla luce della giurisprudenza della Corte eur. dir. uomo sul tema; in fine il lavoro si conclude con la trattazione della discussa ammissibilità dell’usucapione “pubblica” in relazione alle pronunce di Strasburgo in materia di “espropriazione indiretta”. Nel primo capitolo si compie un’analisi delle diverse fonti nazionali (Costituzione, Codice civile e leggi speciali) e sovranazionali (art. 1 del 1° Prot. add. alla Conv. eur. dir. uomo, art. 17 della Carata dir. UE) che oggi vengono in gioco in tema di tutela del diritto di proprietà, evidenziandone le divergenze e valorizzando il ruolo dei giudici (Corte costituzionale, Corte. eur. dir. uomo, Corte di Giustizia UE) che ne operano il coordinamento. Si affronta il problema del difficile raccordo tra il modello economico-sociale di proprietà dell’ordinamento interno e la diversa concezione propria della Conv. eur. dir. uomo (art. 1 del 1° Prot. add.) e della Carta dir. UE (art. 17), ove il diritto di proprietà trova collocazione tra le libertà fondamentali, senza alcun riferimento alla “funzione sociale”. Per evitare un’insuperabile rottura tra i due modelli si prospetta la soluzione di un dialogo tra giudici che, nell’operare il coordinamento delle diverse fonti, ripudia ogni lettura in chiave gerarchica delle stesse. L’incidenza del diritto europeo e la contrapposizione che talora si crea tra tutela della proprietà nel “sistema CEDU” e nell’ordinamento nazionale fanno sorgere dei dubbi circa la compatibilità con il diritto sovranazionale anche di istituti di antica tradizione giuridica come l’usucapione. Questa, infatti, conduce alla perdita del diritto di proprietà senza la corresponsione di alcun indennizzo e in assenza di garanzie procedimentali. La questione prende spunto, come evidenziato nella seconda parte del lavoro, dal caso J.A. Pye relativamente al quale si è pronunciata la Corte eur. dir. uomo (CORTE EUR. DIR. UOMO, 15.11.2005, n. 44302/02, J.A. Pye Ltd (Oxford) v. the United Kingdom; CORTE EUR. DIR. UOMO (G.C.), 30.08.2007, n. 44302/02, J.A. Pye Ltd (Oxford) v. the United Kingdom). In tale occasione si è dubitato della compatibilità dell’adverse possession con l’art. 1 del 1° Prot. add. alla Conv. eur. dir. uomo proprio perché l’istituto consentiva la perdita della proprietà senza corresponsione di un indennizzo e in assenza di garanzie procedimentali. La Grande Chambre, in senso difforme dalla pronuncia di primo grado della Corte eur. dir. uomo, ha qualificato l’istituto come un’ipotesi di regolazione dell’uso dei beni (art. 1 del 1° Prot. add., 2° comma) e ha escluso la violazione dell’art. 1 del 1° Prot. add., non senza perplessità da parte dei giudici dissenzienti. Si è conseguentemente passati all’esame dell’istituto nazionale dell’usucapione, senza estendere in modo automatico le conclusioni dei giudici di Strasburgo alla disciplina interna, date le diversità strutturali rispetto all’adverse possession. Si è comunque concluso per la compatibilità dell’usucapione con il “sistema CEDU” in quanto funzionale al perseguimento di un interesse generale (di certezza giuridica) nel rispetto del principio di “giusto equilibrio”; questa infatti consente al proprietario di contrastare l’altrui possesso prima dell’intervenuta usucapione o di contestare il perfezionamento della fattispecie acquisitiva successivamente, senza eccessivi oneri di vigilanza e controllo, considerate le condizioni che il possesso deve presentare per consentire l’usucapione e il termine ragionevolmente lungo richiesto per il suo perfezionamento. Nel terzo capitolo si passa all’esame dell’usucapione “pubblica” e ci si interroga sulla sua compatibilità con il “sistema CEDU”. Si solleva la questione dell’ammissibilità dell’istituto, non solo in ragione delle maggiori difficoltà nel ricostruire un possesso utile ad usucapire il bene a favore della P.A. occupante, ma soprattutto per il timore che si configuri un’ipotesi di “espropriazione indiretta” in contrasto con la giurisprudenza della Corte eur. dir. uomo. Riconosciuta la difficoltà di espungere del tutto dall’ordinamento l’istituto, si è prospettata la possibilità di un’interpretazione rigorosa e di restringerlo ai soli casi di occupazione usurpativa (pura) in cui difetta del tutto l’esercizio di un potere pubblicistico e il collegamento dell’opera con l’interesse pubblico, mancando la stessa dichiarazione di pubblica utilità. Il lavoro si propone pertanto di evidenziare come l’indubbio rilievo assunto dal diritto di proprietà sul piano sovranazionale (in particolare nel “sistema CEDU”) incida sul diritto interno, dando luogo a una rilettura (non a una passiva eliminazione) anche di istituti propri dell’ordinamento nazionale.
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Leonardi, Amedeo <1990&gt. "Il diritto di proprietà intellettuale giapponese e le regolamentazioni internazionali. Il Partenariato Trans-Pacifico e le sue future implicazioni". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2016. http://hdl.handle.net/10579/7616.

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Il lavoro di tesi proposto ha l'obiettivo di analizzare la situazione delle regolamentazioni dei diritti sulle proprietà intellettuali e industriali (P.I.) giapponesi sia nel suo aspetto di evoluzione storica, sia in quello contenutistico, ponendo particolare attenzione alle nuove condizioni di cooperazione internazionale dell'area pacifica. Il Capitolo I si concentra sui concetti e sui testi di legge oggi applicati, di istituti giuridici quali copyright, brevetti, modelli di utilità, design e trademark, e sul nuovo sistema nazionale promosso dal primo governo Koizumi, atto alla valorizzazione del ricco capitale intellettuale giapponese. Volgendo lo sguardo oltre i confini nazionali, il Capitolo II presenta una riflessione riguardo al ruolo del Giappone all'interno del percorso di globalizzazione delle norme sui diritti di P.I., attraverso uno studio del processo di armonizzazione internazionale. Il Capitolo III è una parentesi nello studio delle P.I. volta alla presentazione del secondo grande tema della tesi, il Partenariato Trans-Pacifico (TPP). Ne vengono illustrate le origini, i contenuti, lo sviluppo del dibattito sull'adesione interno al Giappone e le ripercussioni macroeconomiche sul Paese. L'ultimo capitolo, il IV, affronta le implicazioni delle nuove norme in materia di P.I. previste nel testo del TPP, pubblicato ufficialmente il 5 novembre 2015. Le ripercussioni riguarderanno il settore dell'editoria, dei contents e il sistema sanitario nazionale. Infine, le pagine dedicate alle Conclusioni tentano una valutazione complessiva del cammino del Giappone nel campo dei diritti di P.I.
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ANDREONI, MARTINO MARIO. "La tutela cautelare anticipatoria. Premesse per uno studio dei provvedimenti cautelari nel diritto della proprietà intellettuale". Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2010. http://hdl.handle.net/10281/7773.

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Resumen
Nell’elaborato si esamina la tutela cautelare anticipatoria quale forma di tutela minore rispetto a quella del processo ordinario, ma potenzialmente satisfattiva e autonoma e di frequente utilizzo in alcuni settori del diritto, quale, in particolare, il diritto della proprietà intellettuale e della concorrenza. Prendendo le mosse dalle nozioni di tutela anticipatoria elaborate dalla dottrina, si tenta di definire le caratteristiche di questa forma di tutela, così come è stata realizzata nel corso degli anni nell’ordinamento italiano, analizzando anche le esperienze, più risalenti e mature, dell’ordinamento francese, con la procédure en référé e dell’ordinamento tedesco, con le eistweilige Verfügungen. Si procede poi ad individuare le caratteristiche strutturali e funzionali dei provvedimenti cautelari anticipatori, e le loro differenze da quelli conservativi, alla luce delle norme sulla strumentalità attenuata introdotte, a partire dal 2003, nelle leggi speciali e nel codice di procedura civile, con particolare riguardo ai presupposti di concessione, all’autonomia, alla stabilità e all’efficacia, sul piano sostanziale e su quello processuale, di tali provvedimenti, e alle peculiarità dei giudizi di merito che eventualmente siano instaurati dopo il provvedimento cautelare anticipatorio. Si affronta, inoltre, il problema di quali siano gli effetti della sentenza anticipabili con il provvedimento cautelare, con riguardo alle pronunce di condanna, di mero accertamento e costitutive, e le forme di attuazione del provvedimento cautelare. Si procede, infine, con l’analisi dei provvedimenti cautelari anticipatori previsti dal codice della proprietà industriale e dalla legge sul diritto d’autore, ed in particolare dell’inibitoria e della sua attuazione, e si affronta il problema della stabilità di tali provvedimenti, alla luce delle norme nazionali e di quelle comunitarie ed internazionali.
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PORETTI, DARIO. "Profili della legittimazione passiva all'azione di rivendica". Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2017. http://hdl.handle.net/10281/170825.

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Resumen
La tesi tratta della protezione giuridica della proprietà nel diritto romano. Ci si è concentrati sugli elementi basilari della rei vindicatio per formulam petitoriam. Dopo una presentazione della legittimazione passiva segue l’esegesi di D. 6.1.9. Si discute del contrasto trai quidam e ulpiano, della sussidiarietà tra le azioni contrattuali e la rei vindicatio. Infine si tratta della facultas restituendi menzionata dal giurista severiano in chiusura del passo.
The work deals with the judicial protection of ownership in Roman law. The focus is on the basic elements of the rei vindicatio per formulam petitoriam. After a presentation of the passive legitimation, it follows the exegesis of D. 6.1.9. It is discussed the contrast between the quidam and Ulpiano, of the subsidiarity between the contractual actions and the rei vindication. It finally deals with the facultas restituendi mentioned by the severian jurist in the closing of the step
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ALIPRANDI, SIMONE. "Il diritto d'autore nell'era digitale. Una ricerca empirica su comportamenti, percezione sociale e livello di consapevolezza tra gli utenti della rete". Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2012. http://hdl.handle.net/10281/30053.

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Resumen
Lo spirito di questo lavoro di ricerca è quello di proporre un modello per un'indagine empirica su come tutti questi temi oggetto di raffinate disquisizioni accademico-scientifiche vengano percepiti dalla gente comune. Tale sfida rientra nella mission classica di cui si fa carico la sociologia del diritto, ma nello stesso tempo si spinge in un terrenno davvero ancora troppo poco esplorato, dato che è solo da pochi anni che il problema "diritto d'autore" è uscito dalla nicchia degli addetti ai lavori. L'indagine, che si focalizza sui tre macro-temi "comportamenti degli utenti", "percezione sociale" e "livello di consapevolezza" in materia di diritto d'autore nell'era digitale, prevede una preliminare rassegna delle principali ricerche empiriche condotte negli ultimi anni su questi temi e si estrinsecherà nella descrizione metodologica della online survey condotta tra febbraio e giugno 2011 e nella presentazione dei relativi risultati.
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ROSSIGNOLI, DOMENICO. "DEMOCRACY, INSTITUTIONS AND GROWTH: EXPLORING THE BLACK BOX". Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2013. http://hdl.handle.net/10280/1870.

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Resumen
La letteratura economica e politologica evidenzia un ampio consenso sull’esistenza di un effetto positivo sulla crescita di lungo periodo da parte di diritti di proprietà, stato di diritto e, in generale, istituzioni economiche. Contestualmente, il rapporto tra democrazia e crescita rimane teoricamente poco chiaro mentre l'evidenza empirica è in gran parte inconcludente. Questo studio cerca di riconciliare i fatti stilizzati su crescita e democrazia qui evidenziati, che dimostrano l'esistenza di un "successo sinergico" negli ultimi trent'anni, con la teoria esistente e l’evidenza empirica. Dopo aver dettagliatamente scandagliato la letteratura esistente, questo studio suggerisce che l’effetto della democrazia sulla crescita di lungo periodo sia indiretto, mediato dalle istituzioni. Per testare questa ipotesi si propone un modello di analisi originale, applicato ad un panel di 194 paesi osservati nel periodo 1961-2010, utilizzando lo stimatore System-GMM e una vasta gamma di controlli. I risultati dell’analisi suggeriscono che la democrazia è positivamente correlata a istituzioni “più favorevoli” alla crescita economica, in particolare diritti di proprietà e stato di diritto. Inoltre, l’evidenza empirica supporta la tesi di un effetto indiretto complessivamente positivo della democrazia sulla crescita. Infine, si propone uno sviluppo ulteriore dell’analisi, concentrato sulle determinanti della democrazia, ricercando possibili concause nell’interazione con i processi economici.
Economic and political science literature show a wide consensus about the positive effect of property rights, contract enforcing arrangements and, more generally, economic institutions to long-run growth. Conversely, the linkage between democracy and growth remains unclear and not conclusively supported by empirical research. This work is an attempt to reconcile the stylized facts about democracy and growth –evidencing a long-run “synergic success” between the two terms – with theoretical and empirical literature. After thoroughly surveying the relevant literature on the topic, this study claims that the effect of democracy on long-run growth is indirect, channeled by the means of institutions. To test this hypothesis, the thesis provides an original analytical framework which is applied to a panel of 194 countries over the period 1961-2010, adopting a System-GMM estimation technique and a wide range of robustness controls. The results suggest that democracy is positively related to “better” (namely more growth-enhancing) institutions, especially with respect to economic institutions and rule of law. Hence, the findings suggest that the overall effect on growth is positive, indirect and channeled by institutions. However, since the results are not completely conclusive, a further investigation is suggested, on further determinants of democracy, potentially affecting its pro-growth effect.
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ROSSIGNOLI, DOMENICO. "DEMOCRACY, INSTITUTIONS AND GROWTH: EXPLORING THE BLACK BOX". Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2013. http://hdl.handle.net/10280/1870.

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La letteratura economica e politologica evidenzia un ampio consenso sull’esistenza di un effetto positivo sulla crescita di lungo periodo da parte di diritti di proprietà, stato di diritto e, in generale, istituzioni economiche. Contestualmente, il rapporto tra democrazia e crescita rimane teoricamente poco chiaro mentre l'evidenza empirica è in gran parte inconcludente. Questo studio cerca di riconciliare i fatti stilizzati su crescita e democrazia qui evidenziati, che dimostrano l'esistenza di un "successo sinergico" negli ultimi trent'anni, con la teoria esistente e l’evidenza empirica. Dopo aver dettagliatamente scandagliato la letteratura esistente, questo studio suggerisce che l’effetto della democrazia sulla crescita di lungo periodo sia indiretto, mediato dalle istituzioni. Per testare questa ipotesi si propone un modello di analisi originale, applicato ad un panel di 194 paesi osservati nel periodo 1961-2010, utilizzando lo stimatore System-GMM e una vasta gamma di controlli. I risultati dell’analisi suggeriscono che la democrazia è positivamente correlata a istituzioni “più favorevoli” alla crescita economica, in particolare diritti di proprietà e stato di diritto. Inoltre, l’evidenza empirica supporta la tesi di un effetto indiretto complessivamente positivo della democrazia sulla crescita. Infine, si propone uno sviluppo ulteriore dell’analisi, concentrato sulle determinanti della democrazia, ricercando possibili concause nell’interazione con i processi economici.
Economic and political science literature show a wide consensus about the positive effect of property rights, contract enforcing arrangements and, more generally, economic institutions to long-run growth. Conversely, the linkage between democracy and growth remains unclear and not conclusively supported by empirical research. This work is an attempt to reconcile the stylized facts about democracy and growth –evidencing a long-run “synergic success” between the two terms – with theoretical and empirical literature. After thoroughly surveying the relevant literature on the topic, this study claims that the effect of democracy on long-run growth is indirect, channeled by the means of institutions. To test this hypothesis, the thesis provides an original analytical framework which is applied to a panel of 194 countries over the period 1961-2010, adopting a System-GMM estimation technique and a wide range of robustness controls. The results suggest that democracy is positively related to “better” (namely more growth-enhancing) institutions, especially with respect to economic institutions and rule of law. Hence, the findings suggest that the overall effect on growth is positive, indirect and channeled by institutions. However, since the results are not completely conclusive, a further investigation is suggested, on further determinants of democracy, potentially affecting its pro-growth effect.
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Merlo, Federica <1996&gt. "Acquisto di azioni proprie previamente affrancante dal socio cedente: profili di abuso del diritto". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2020. http://hdl.handle.net/10579/18178.

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Resumen
L’operazione di acquisto di azioni proprie ricopre un ruolo strategico fondamentale nella politica finanziaria delle imprese: essa costituisce infatti uno strumento polivalente di notevole flessibilità, spesso in grado di conseguire risultati altrimenti ottenibili soltanto attraverso interventi rigidi e macchinosi. Tale funzione di “mezzo alternativo” ha originato notevoli implicazioni in tema di abuso del diritto, istituto fondato proprio sull’uso alterativo dello schema formale del diritto, al fine di conseguire obiettivi diversi rispetto a quelli voluti dal Legislatore. Nello specifico, l’Amministrazione finanziaria ha rilevato dei profili di elusività nell’operazione di acquisto di azioni proprie precedentemente affrancate dal socio cedente: infatti, secondo le ipotesi dell’Amministrazione, la cessione delle quote da parte del socio persona fisica (non operante in attività d’impresa) alla società emittente, si configurerebbe, nella sostanza economica, come un recesso che, ai sensi l’art. 47 comma 7 TUIR, genererebbe un reddito di capitale. Il fulcro di tale obiezione risiede proprio nella natura del reddito prodotto, in quanto l’istituto della rivalutazione e dell’affrancamento opera soltanto nei confronti dei redditi diversi, cioè quelli derivanti dalla cessione della partecipazione e dalla conseguente realizzazione della plusvalenza. A fronte di tali contestazioni, gran parte della dottrina ritiene che l’ipotesi formulata dall’Amministrazione poggi su un errato inquadramento dell’istituto del recesso: infatti, la cessione operata dal socio cedente alla società emittente costituirebbe un contratto fra le parti e non un atto unilaterale, come è invece il recesso. Nel silenzio della Cassazione, la giurisprudenza si è spesso pronunciata a favore della tesi della dottrina, mentre l’Amministrazione ha nuovamente rivendicato il principio guida di substance over form.
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Trevisan, Arianna <1993&gt. "La violazione dei diritti di proprietà intellettuale: il caso dell'industria della moda in Europa". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/15158.

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Il tema dei diritti di proprietà intellettuale rappresenta un tema di più sempre attualità e importanza nell'economia globalizzata in cui ci troviamo. L'industria della moda, che si basa in buona parte su assetti immateriali come la creatività e l'innovatività e che ricopre un ruolo sempre più importante nell'economia europea, costituisce una delle industrie che maggiormente dovrebbe fare uso di questa tipologia di diritti, anche alla luce del fatto che gli ultimi dati la ritraggono come una delle principali industrie afflitte dal problema della contraffazione e della pirateria. L'obiettivo di questo elaborato è quello di analizzare, tramite i più recenti studi e report rilasciati dai principali attori coinvolti nel rilascio di questi diritti e nella loro tutela e i più noti casi giudiziari, gli effetti che la violazione dei diritti di proprietà intellettuale provocano all'industria della moda e valutare se l'attuale normativa europea e i relativi strumenti implementati ben si adattano alle esigenze di protezione di cui essa necessita.
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Miguez, Núñez Rodrigo Antonio. "Terra di scontri : alterazioni e rivendicazioni del diritto alla terra nelle Ande centrali". Paris, EHESS, 2010. http://www.theses.fr/2010EHES0073.

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Cette thèse utilise la méthode historique comparative pour montrer comment le développement d'un droit latino-américain traditionnel, d'un côté, et la prédominance historique du formalisme positif de la culture juridique, de l'autre créent des résistances aux diverses formules que la tradition juridique occidentale a historiquement exportées en matière de propriété foncière dans les Andes. On suivra le développement des différentes étapes qui forment les lignes de pénétration et de résistance aux idées occidentales: de la naissance du droit «féodale-coloniale » andin du XVl ème siècle, en passant par l'étude des habitudes des indigènes et du mouvement de la codification sociale européenne, jusqu'aux dernières importations « néo-libérales» de la seconde moitié du XXème siècle. La recherche se propose donc d'élaborer une approche critique de l'unité du système moderne de la propriété dans la zone, avec comme objectif premier de reconstruire l'identité du système foncier au sein de la tradition juridique traditionnelle
The concepts and rules assciated to European systems of land law have historically spread throughout South America. This import did not arrive without creating difficulties, however: just like in Europe. The new ideas implemented by the civil code backlashed, as shown by forms of resistance and obstacles to the implementation of the models represented by the codes and by the "official" doctrine. In South American these reflect a complete Iack of understanding of the alternative forms of land tenure of the traditional societies, which are now the basis of the land claims or autochthonous peoples. This thesis analyses the high Andean region which is currently part of Peru and Bolivia. Based on a comparative historical approach the study advances a critical analysis of the legal transplant of possessive individualism in the region and the local resistances to the: importation of western legal doctrines. The advent of the occidental state involved the imposition of the possessive individualism and liberalism as central values of the new institutional Latin-American order. During the republican period such process, justified by the prestige or the European experience, was supported by the proliferation of a set of laws aimed at canceling any reference to the colonial system. In its economic profile, the new ideology gravitated around the establishment or individual freedom or disposition over the most evaluated asset according the economic and philosophical predicaments of European physiocracy: the land. For this reason the process of economic consolidation leaded to establishment of an increasing rural market based on individual titles to property, and to the eradication through an exhaustive legislative production, of any obstacle to the free alienability of the land
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Pisani, Federico. "Knowledge workers management. Concorrenza e invenzioni nel rapporto di lavoro subordinato: il modello statunitense". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2019. http://hdl.handle.net/11577/3425914.

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Il presente studio affronta gli argomenti della concorrenza e delle invenzioni nel rapporto di lavoro subordinato statunitense. L’attività di ricerca è stata svolta in parte presso la School of Law della Boston University, USA, sotto la supervisione di Micheal C. Harper, professore di diritto del lavoro. L’argomento presenta una crescente rilevanza, considerato che nella nuova organizzazione produttiva, fondata in gran parte sulla conoscenza globalizzata, al lavoro dipendente si chiede ormai sempre maggiore professionalità, innovazione e creatività. La scelta di esaminare questa tematica dalla prospettiva del “laboratorio USA”, è dovuta al primato di cui tale nazione gode a livello internazionale sul piano economico, scientifico e dell’innovazione dei processi lavorativi, che fanno emergere criticità in altri Paesi probabilmente ancora non avvertite. Al fine di inquadrare gli istituti giudici menzionati nel modello statunitense, si è reso opportuno dare conto del sistema delle fonti normative negli USA, con particolare focus sul Restatement of Employment Law, cioè la raccolta di principi fondamentali elaborati negli anni dal common law in materia di rapporto di lavoro. All'esame delle fonti segue la definizione del concetto di lavoratore subordinato (employee) e lavoratore autonomo (independent contractor), necessario per l’inquadramento del campo di applicazione degli obblighi scaturenti dal rapporto di lavoro subordinato, tra cui il duty of loyalty, implicato nel rapporto fiduciario. In tale ambito, si è osservata l’evoluzione giurisprudenziale che ha condotto all'adozione dei criteri relativi alla distinzione in esame, prevalentemente concernenti il giudizio sulla rilevanza degli elementi fattuali determinanti per l’accertamento della subordinazione. Delineati i contorni della fattispecie di lavoro subordinato, il presente studio affronta la tematica della tipica forma del contratto di lavoro statunitense, il c.d. employment-at-will, cioè il rapporto a libera recedibilità. Tale peculiarità scaturisce dal principio fondamentale per cui le parti non sono vincolate ad alcun obbligo di fornire la motivazione per il licenziamento. La terza parte del lavoro ha ad oggetto la disciplina della concorrenza del lavoratore effettuata sulla base delle conoscenze acquisite, legalmente o illegalmente, durante il rapporto e le relative tecniche di tutela del datore di lavoro, a fronte della violazione del duty of loyalty, quale obbligo del lavoratore subordinato di esecuzione della prestazione lavorativa nell'interesse esclusivo dell’imprenditore e, conseguentemente, di astensione dal porre in essere condotte pregiudizievoli nei confronti di quest’ultimo. Quanto alle tecniche di tutela esperibili in caso di violazione degli obblighi esaminati, vengono illustrati i rimedi legali e equitativi che il diritto statunitense offre al datore di lavoro. La parte finale del presente studio si occupa della disciplina relativa alla titolarità dei diritti scaturenti dalle invenzioni sviluppate dai dipendenti nel corso del rapporto di lavoro. In questo senso si sono esaminate le definizioni di “invenzione” e “brevetto” ed il loro rapporto nel contesto della regolamentazione giuslavoristica; si è posta in rilievo la differenza tra invenzione come opera di ingegno e proprietà intellettuale tutelata dal diritto d’autore. Inoltre, si sono osservati i meccanismi sottesi alle norme fondamentali che regolano la materia e la loro convivenza con la libertà contrattuale delle parti e il loro potere di disporre dei suddetti diritti.
This work addresses the issues of competition and inventions in the U.S. employment relationships. The research was carried out in part at the Boston University School of Law of, under the supervision of Micheal C. Harper, professor of Labour Law. The selection of the topic is justified in the light of its importance, given that in the new production organization, based largely on globalized knowledge, employees are now increasingly being asked for professionalism, innovation and creativity. The decision to examine this issue from the perspective of the "U.S. laboratory" is due to the primacy that this nation holds at international level on the economic, scientific and innovation of work processes, which bring out critical issues that in other Countries probably have not yet been raised. In order to frame the above-mentioned topics, it has become appropriate to give an account of the system of regulatory sources in the USA, with particular focus on the Restatement of Employment Law, i.e. the collection of fundamental principles developed over the years by common law in the field of employment relationships. The examination of the sources is followed by the definition of the concept of employee and self-employed worker (independent contractor), necessary for the assessment of the application of the obligations arising from the employment relationships, including the duty of loyalty, involved in the fiduciary law. In this context, the evolution of the case law has been observed, as well as the examination of the criteria relating to the distinction between employees and independent contractors, mainly concerning the judgement on the relevance of the factual elements determining the assessment of the existence of an employment relationship. Subsequently, this study addresses the issue of the typical form of the U.S. employment contract, the so-called employment-at-will. This peculiarity is originated from the principle that the parties are not bound by any obligation to provide reasons for termination. The third part of the work has as its object the discipline of competition of the worker carried out on the basis of the knowledge acquired, legally or illegally, during the relationship and the relative legal remedies for the employer, against the violation of the duty of loyalty, intended as an obligation of the employee to perform the work in the exclusive interest of the entrepreneur and, consequently, to refrain from engaging in prejudicial conduct against the company. About the remedies available in the event of breach of the obligations examined, the legal and equitable remedies that U.S. law offers the employer have been explained. The final part of this study deals with the rules governing the ownership of rights arising from inventions developed by employees in the course of their employment. The definitions of "invention" and "patent" and their relationship in the context of employment law has been examined and the difference between invention as a work of genius and intellectual property protected by copyright has been highlighted. In addition, the mechanisms underlying the basic rules governing the subject matter and their coexistence with the contractual freedom of the parties and their power to dispose of these rights have been observed.
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GABUSI, GIUSEPPE. "L'importazione del capitalismo". Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2007. http://hdl.handle.net/10280/121.

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Resumen
Il successo delle riforme economiche cinesi negli anni '80 e negli anni '90 ha posto in discussione le politiche ufficiali di sviluppo (note come Washington consensus ) delle istituzioni multilaterali. Il consenso, ammettendo che le istituzioni sono importanti per la crescita, prescrive che i Paesi in via di sviluppo dovrebbero adottare governi che da un lato disciplinino un sistema di diritti di proprietà stabili e chiaramente definiti, e che dall'altro creino istituzioni che rafforzino i mercati: la buona governance in termini di liberalizzazione, privatizzazione delle proprietà statali e assenza di corruzione dovrebbe portare allo sviluppo economico. Nessuna di queste condizioni era presente in Cina: i diritti di proprietà apparivano essere né stabili né chiari, la corruzione era diffusa, e il governo era coinvolto in tutti i settori dell'economia. Questa ricerca utilizza i risultati della scuola della political economy per mettere in dubbio la validità dell'incompleta analisi del consenso e per dimostrare come le istituzioni cinesi abbiano appreso la lezione storica del capitalismo: i diritti di proprietà erano instabili, orizzontalmente indefiniti ma verticalmente definiti, e lo stato poté guidare la transizione capitalistica perché il sistema clientelare con il Partito attivo in qualità di political economy residual claimant era compatibile con i costi e i benefici connessi alla diffusione delle attività di mercato.
The success of China's economic reforms in the 1980s and in the 1990s has challenged the official development prescriptions known as Washington Consensus of multilateral institutions. By admitting that institutions matter for growth, the consensus suggests that developing countries should install a government which presides over a system of clear and stable property rights, and which does not interfere with markets but creates institutions that strengthen markets: good governance in terms of liberalisation, privatisation of State-owned assets and absence of corruption should result in economic development. None of these conditions were present in China: property rights appeared to be neither stable nor clear, corruption was widespread, and the government was involved in all sectors of the economy. This research draws on the findings of the political economy school to question the validity of the incomplete analysis of the consensus and to show how China's institutions learned the historical lesson of capitalism: property rights were unstable and horizontally unclear but vertically clear, and the state could guide the capitalist transition because the patron-client framework with the Party as the political economy residual claimant was compatible with the costs and benefits related to the rise of market activities.
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GABUSI, GIUSEPPE. "L'importazione del capitalismo". Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2007. http://hdl.handle.net/10280/121.

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Il successo delle riforme economiche cinesi negli anni '80 e negli anni '90 ha posto in discussione le politiche ufficiali di sviluppo (note come Washington consensus ) delle istituzioni multilaterali. Il consenso, ammettendo che le istituzioni sono importanti per la crescita, prescrive che i Paesi in via di sviluppo dovrebbero adottare governi che da un lato disciplinino un sistema di diritti di proprietà stabili e chiaramente definiti, e che dall'altro creino istituzioni che rafforzino i mercati: la buona governance in termini di liberalizzazione, privatizzazione delle proprietà statali e assenza di corruzione dovrebbe portare allo sviluppo economico. Nessuna di queste condizioni era presente in Cina: i diritti di proprietà apparivano essere né stabili né chiari, la corruzione era diffusa, e il governo era coinvolto in tutti i settori dell'economia. Questa ricerca utilizza i risultati della scuola della political economy per mettere in dubbio la validità dell'incompleta analisi del consenso e per dimostrare come le istituzioni cinesi abbiano appreso la lezione storica del capitalismo: i diritti di proprietà erano instabili, orizzontalmente indefiniti ma verticalmente definiti, e lo stato poté guidare la transizione capitalistica perché il sistema clientelare con il Partito attivo in qualità di political economy residual claimant era compatibile con i costi e i benefici connessi alla diffusione delle attività di mercato.
The success of China's economic reforms in the 1980s and in the 1990s has challenged the official development prescriptions known as Washington Consensus of multilateral institutions. By admitting that institutions matter for growth, the consensus suggests that developing countries should install a government which presides over a system of clear and stable property rights, and which does not interfere with markets but creates institutions that strengthen markets: good governance in terms of liberalisation, privatisation of State-owned assets and absence of corruption should result in economic development. None of these conditions were present in China: property rights appeared to be neither stable nor clear, corruption was widespread, and the government was involved in all sectors of the economy. This research draws on the findings of the political economy school to question the validity of the incomplete analysis of the consensus and to show how China's institutions learned the historical lesson of capitalism: property rights were unstable and horizontally unclear but vertically clear, and the state could guide the capitalist transition because the patron-client framework with the Party as the political economy residual claimant was compatible with the costs and benefits related to the rise of market activities.
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ROMANO, RAMON. "Abuso del diritto ed innovazione. Un percorso ermeneutico intorno alla proprietà intellettuale". Doctoral thesis, 2017. http://hdl.handle.net/2158/1077818.

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PAOLETTI, ARIANNA. "La tutela della concorrenza e la tutela brevettuale nel settore farmaceutico tra esigenze di contemperamento e prospettive future". Doctoral thesis, 2023. https://hdl.handle.net/11573/1668399.

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Resumen
Il presente lavoro si concentra sull’analisi della tutela della concorrenza e della tutela brevettuale nel settore farmaceutico, cercando di analizzare i tentativi posti in essere dai Legislatori nazionale ed eurounitario, nonché dalla giurisprudenza interna e sovranazionale, di contemperare questi due “poli”, che appaiono così distanti tra loro ma che devono necessariamente trovare il modo di convivere nell’ambito dell’assistenza farmaceutica.
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MARINI, MARCO. "Diritti di proprietà e mercato del prodotto: l'interazione strategica". Doctoral thesis, 1994. http://hdl.handle.net/11576/2511012.

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D'ADDAZIO, ALESSIA. "I diritti di proprietà intellettuale alla prova del tempo. Caratteri e struttura della tutela cautelare". Doctoral thesis, 2021. http://hdl.handle.net/11573/1636631.

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Resumen
l presente lavoro si propone di indagare gli aspetti peculiari della tutela cautelare nel settore del diritto della proprietà intellettuale, nel quale sono state previste molteplici regole specifiche e configurate misure tipiche che definiscono un quadro di ius speciale, pur sempre variamente inserito nella cornice delle norme processuali comuni. In particolare, alcuni istituti che generano dubbi di inquadramento sistematico o di compatibilità con la disciplina comunitaria e internazionale vengono analizzati più da vicino per individuarne la portata e la tenuta. Al pari, si presta attenzione alla fisionomia e al contenuto degli strumenti di tutela cautelare chiamati a proteggere i diritti violati nello spazio telematico; lo sviluppo tecnologico che interessa la presente era digitale richiede, infatti, un ripensamento degli istituti, affinché siano in grado di fronteggiare la simultanea e “invisibile” trasmissione di contenuti, merci e servizi, che supera gli schemi classici della circolazione. Il fattore tempo diventa la chiave per garantire effettività alla tutela, che, per alcune situazioni, ancorché intrinsecamente instabile, potrebbe in sede cautelare già soddisfare pienamente le esigenze e la richiesta del titolare del diritto. Lo studio si conclude con l’esposizione di una casistica inerente ad alcuni temi di spicco, frutto di una ricerca condotta presso la sezione specializzata in materia di impresa del Tribunale di Roma.
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MARINI, MARCO. "Diritti di proprietà e mercato del prodotto: l'interazione strategica Tesi di Dottorato in Economia Politica V CICLO, Università di Roma La Sapienza". Doctoral thesis, 1993. http://hdl.handle.net/11573/473163.

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MARTINY, Federica. "Il diritto come reciprocità:un'analisi a partire dall'opera di Malinowski". Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251117.

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Resumen
Questo lavoro nasce con l’intento di riscoprire un autore che è un grande classico dell’antropologia ma che è pressochè sconosciuto in ambito filosofico-giuridico. Bronisław Malinowski, infatti, è stato considerato prima un pioniere nel suo campo e poi un gigante scomodo da confutare, soprattutto dopo la pubblicazione postuma del diario personale, scritto nel corso di quella che probabilmente è stata l’esperienza etnografica più famosa nella storia dell’antropologia. Al contributo della sua riflessione su alcune delle tematiche proprie della scienza giuridica non è stata però dedicata pari attenzione; molti dei suoi saggi sul tema del diritto primitivo non sono ancora stati tradotti in italiano e alcune delle sue considerazioni non sono mai state pubblicate. Il presente lavoro si prefigge dunque l’obiettivo di offrire un contributo filosofico su un tema antropologico-giuridico come quello della reciprocità, prendendo in considerazione i principali studi dell’autore e alcune opere inedite.
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NIOLA, FRANCESCA. "AMBIENTE, VALORE COSTITUZIONALE - CRISI DEL SISTEMA E PROSPETTIVE DI TUTELA". Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11573/1070763.

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La tutela ambientale è un valore costituzionale. Se tale concetto oggi risulta acclarato e generalmente riconosciuto nell’ ordinamento giuridico, ci si rende conto di quanto tale materia sia continuamente in evoluzione e offra all'interprete sempre numerose e progressive occasioni di dibattito ed approfondimento. Il dato che emerge in modo lampante dalla realtà fattuale e dalla ricostruzione giuridica mostra come la materia ambientale sia poliedrica e spendibile in diversi settori dell'ordinamento coinvolgendo di volta in volta posizioni giuridiche ed interessi meritevoli di tutela seppur di varia e non omogenea natura. Ne consegue che, sebbene la tutela dell’ambiente sia spesso oggetto di interventi dal legislatore, risulta frammentaria e iperspecializzata. La ragione di detta tendenza è riscontrabile nella continua evoluzione che il concetto di ambiente ha subito nel corso dei decenni. L’oggetto del presente lavoro è individuare, attraverso un’analisi multi-direzionale, i confini costituzionali della tutela ambientale, in particolare in rapporto alla crescita ed allo sviluppo dell’individuo Analizzare la materia ambientale sotto il profilo costituzionale comporta innanzitutto inquadrarla tra i Principi fondamentali, dando conto della interpretazione evolutiva dell’articolo 9 della Costituzione. Vuol dire altresì descriverla non in termini assoluti e statici, ma sottolinerarne essenzialmente gli opposti caratteri dinamici i quali consentono alla materia in esame di intersecarsi e combinarsi con numerosi diritti e libertà. Ciò, se da un lato fonda il suo carattere composito e complesso, dall’altro pone un problema di tutela generale, talchè risulta arduo riscontrare nel nostro ordinamento, nonostante l’intervento allocativo del Codice dell’Ambiente, l’esistenza di una tutela prodromica dell'ambiente, considerato in assoluto, che abbia carattere di sistematicità ed astrattezza. Ragionare, in chiave costituzionale, di ambiente significa innanzitutto approfondire e bilanciare il problema delle competenze e delle attribuzioni nei diversi livelli di governo con la necessità di chiarire la natura stessa dell'ambiente all'interno dell'ordinamento costituzionale. Ciò stimola la ricerca in due direzioni opposte: verso il passato, attraverso l'analisi delle fonti costituzionali al fine di trovare un concetto unitario di ambiente e verso il futuro, ipotizzando nuovi e conseguenti scenari di tutela. Sotto il primo aspetto la ricerca si è in via prioritaria concentrata sulla ricerca e l'analisi del concetto di ambiente all'interno del testo costituzionale; in particolare ci si è chiesto quale fosse la ragione del mancato inserimento dello stesso termine <> nelle disposizioni della Costituzione. Per rispondere a tale interrogativo è stata adottata una metodologia tradizionale di analisi sistematica delle fonti giuridiche a disposizione: attraverso la ricostruzione dettagliata dei lavori preparatori e delle discussioni in Assemblea costituente intorno all'art 9 Cost. è stato possibile definire l'humus entro il quale si sono sviluppati i cardini costituzionali della tutela ambientale. Ne è criticamente emerso come la nozione di <> abbia per lungo tempo descritto gli argini della materia in parola: da un lato la necessità di sottolineare l'importanza di tutelare le <> dimostrata dalla collocazione della disposizione tra i principi fondamentali fortemente discussa in Assemblea costituente; dall'altro la caratterizzazione di detta tutela solo in termini estetico-formalistici. Se infatti si sposta per un attimo l'attenzione alla norma contenuta nell’art 44 Cost. , la quale fonda il principio del razionale sfruttamento del suolo, ci si rende conto di come la sensibilità giuridica dei Costituenti fosse tesa a distinguere aprioristicamente i concetti di paesaggio, inteso come insieme delle bellezze naturali identificative della Nazione e di suolo, inteso invece in senso produttivo come spazio aggredibile dalla proprietà privata per lo sfruttamento delle risorse. Tale concezione emerge soprattutto nella produzione dottrinale che fino agli anni Settanta circa si occupa di individuare i confini della tutela galvanizzandone specificamente gli aspetti estetico-formalistici ed le competenze statali in materia protezione delle bellezze naturali. L'analisi storica che ne consegue è pertanto tesa ad approfondire le fasi dell'evoluzione del concetto di ambiente da bene costituzionalmente protetto a valore costituzionale; ne è emerso come la tutela profferta dall'ordinamento italiano risulti problematicamente peculiare nel panorama delle esperienze costituzionali analizzate, le quali predispongono, in modo piuttosto omogeneo e costante, la definizione aprioristica della tutela ambientale o attraverso l’inserimento esplicito nel disposto costituzionale o attraverso un intervento di legislazione ordinaria. È opportuno precisare che la disciplina costituzionale italiana ha subito un'importante evoluzione con la riforma del Titolo V, occasione che ha visto l'inserimento espresso della tutela ambientale nel testo della Costituzione. Ciò ha sicuramente contribuito a superare la primordiale contrapposizione tra posizioni centraliste e regionaliste emerse agli albori della discussione tra i costituenti: elemento cardine della nuova impostazione della tutela ambientale è la sua trasversalità. Essa di qualifica in senso formale, quale criterio a governo delle competenze ex art 117 Cost, ma anche in senso sostanziale, quale sostrato dinamico dell’intersecarsi di molteplici materie ed interessi. Se infatti questi trovano negli equilibri del cd. Stato apparato, i fondamenti positivi della corrispondente tutela, la costituzionalizzazione della materia ambientale pone la necessità di uno sforzo ulteriore: l’inquadramento all’interno dei meccanismi dello Stato – comunità. In tale prospettiva affiora il collegamento tra l’individuo e l’ambiente. I costanti dibattiti tra le tesi antropo-centriste e quelle eco-centriste circa l’ individuazione dell’interesse tutelabile e le critiche recenti sulla frammentazione della tutela ambientale in piccoli interessi meritevoli di tutela ( quali il diritto all’informazione ambientale, il diritto ad un ambiente salubre) ruotano in effetti intorno al carattere inafferrabile dell’ambiente. La ricerca si pone quindi l’obiettivo di superare tale difficoltà innanzitutto ricercando nel panorama costituzionale, compulsato da un’ondivaga produzione dottrinale e di una costante ricostruzione giurisprudenziale, quelle occasioni di trasposizione sistematica e concreta della tutela ambientale. In particolare rifuggendo dalla pretesa di <> il concetto di ambiente da valore costituzionale a mero oggetto di diritto o bene materiale si cerca di ipotizzare l’esistenza di una posizione giuridica soggettiva in grado di tradurre la simbiosi uomo – natura che costituisce il fermo fondamento ontologico dell’articolo 9 (e delle relative combinazioni con altre norme di rango costituzionale). Si pone quindi come ipotesi che l’unico elemento in grado di descrivere a tinte forti l’evanescenza del concetto di ambiente è il territorio. Esso costituisce la forma dell’ambiente sulla quale agisce l’intervento umano e lo spazio della cittadinanza, talchè il governo del territorio diventa il governo dell’ambiente. Ciò consente di verificare l’esistenza di posizioni giuridiche immediatamente incidenti o derivanti dalle azioni amministrative su di esso eseguite e degli interventi legislativi che ne sono alla base al fine di (di)mostrare quanto la materia ambientale sia in grado di coinvolgere numerosi settori giuridici (si pensi ai diritti di partecipazione o di informazione ambientale o all’urbanistica). In particolare si sposa la tesi per cui il territorio, quale forma dell’ambiente, sia un bene collettivo: in tale chiave si analizza il dibattito, di recente riaperto da nuovi stimoli, tra beni comuni e la proprietà collettiva. L’idea primigenia è che la tutela dell’ambiente-territorio fonda una pretesa di giustizia dell’individuo, non assoluto, ma all’interno della comunità nella quale si sviluppa. La crisi massima del sistema sin ora descritto è rappresentata dalle emergenze ambientali, o, più correttamente, dalla tecnica legislativa di tutela dell’ambiente in situazioni di emergenza, quali in particolare, il caso Rifiuti in Campania o l’Ilva a Taranto. Il continuo ricorso alla norma straordinaria ha creato e cristallizzato un sistema alternativo di tutela dell’ambiente fondato solo su ragioni di necessità ed urgenza e, di fatto, l’avocazione del governo del territorio al livello centrale, quale criterio solutore dell’emergenza, ha interrotto la relazione simbiotica tra ambiente – territorio – cittadinanza che fonda la natura costituzionale del <> ambiente. Se, infine, la ricerca analizza le crisi dell’attuale sistema di tutela ambientale, dall’altro lato prova a immaginare nuove forme di garanzia: attraverso il ribaltamento della tradizionale concezione dell’ambiente come valore astratto, l’ esame volge a tendenze prospettiche de iure condendo ipotizzando la traduzione della detta relazione triadica in un diritto dell’individuo allo sviluppo sostenibile.
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La, Grotta Valentina. "Negazionismo e libertà di espressione: tra libera manifestazione delle proprie opinioni ed incriminazione dell'incitamento all'odio, alla discriminazione, alla violenza razziale". Doctoral thesis, 2011. http://hdl.handle.net/10447/101801.

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FORMICONI, Cristina. "LÈD: Il Lavoro È un Diritto. Nuove soluzioni all’auto-orientamento al lavoro e per il recruiting online delle persone con disabilità". Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251119.

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INTRODUZIONE: Il presente progetto di ricerca nasce all’interno di un Dottorato Eureka, sviluppato grazie al contributo della Regione Marche, dell’Università di Macerata e dell’azienda Jobmetoo by Jobdisabili srl, agenzia per il lavoro esclusivamente focalizzata sui lavoratori con disabilità o appartenenti alle categorie protette. Se trovare lavoro è già difficile per molti, per chi ha una disabilità diventa un percorso pieno di ostacoli. Nonostante, infatti, la legge 68/99 abbia una visione tra le più avanzate in Europa, l’Italia è stata ripresa dalla Corte Europea per non rispettare i propri doveri relativamente al collocamento mirato delle persone con disabilità. Tra chi ha una disabilità, la disoccupazione è fra il 50% e il 70% in Europa, con punte dell’80% in Italia. L’attuale strategia europea sulla disabilità 2010-2020 pone come obiettivi fondamentali la lotta alla discriminazione, le pari opportunità e l’inclusione attiva. Per la realizzazione di tali obiettivi assume un’importanza centrale l’orientamento permanente: esso si esercita in forme e modalità diverse a seconda dei bisogni, dei contesti e delle situazioni. La centralità di tutti gli interventi orientativi è il riconoscimento della capacità di autodeterminazione dell’essere umano, che va supportato nel trovare la massima possibilità di manifestarsi e realizzarsi. Ciò vale ancora di più per le persone con disabilità, in quanto risultano fondamentali tutte quelle azioni che consentono loro di raggiungere una consapevolezza delle proprie capacità/abilità accanto al riconoscimento delle caratteristiche della propria disabilità. L’orientamento assume così un valore permanente nella vita di ogni persona, garantendone lo sviluppo e il sostegno nei processi di scelta e di decisione con l’obiettivo di promuovere l’occupazione attiva, la crescita economica e l’inclusione sociale. Oggi giorno il frame work di riferimento concettuale nel campo della disabilità è l’International Classification of Functioning, Disability and Health (ICF), il quale ha portato a un vero e proprio rovesciamento del termine disabilità dal negativo al positivo: non si parla più di impedimenti, disabilità, handicap, ma di funzioni, strutture e attività. In quest’ottica, la disabilità non appare più come mera conseguenza delle condizioni fisiche dell’individuo, ma scaturisce dalla relazione fra l’individuo e le condizioni del mondo esterno. In termini di progetto di vita la sfida della persona con disabilità è quella di poter essere messa nelle condizioni di sperimentarsi come attore della propria esistenza, con il diritto di poter decidere e, quindi, di agire di conseguenza in funzione del proprio benessere e della qualità della propria vita, un una logica di autodeterminazione. OBIETTIVO: Sulla base del background e delle teorie di riferimento analizzate e delle necessità aziendali è stata elaborata la seguente domanda di ricerca: è possibile aumentare la consapevolezza negli/nelle studenti/esse e laureati/e con disabilità che si approcciano al mondo del lavoro, rispetto alle proprie abilità, competenze, risorse, oltre che alle limitazioni imposte dalla propria disabilità? L’obiettivo è quello di sostenere i processi di auto-riflessione sulla propria identità e di valorizzare il ruolo attivo della persona stessa nella sua autodeterminazione, con la finalità ultima di aumentare e migliorare il match tra le persone con disabilità e le imprese. L’auto-riflessione permetterà di facilitare il successivo contatto dialogico con esperti di orientamento e costituirà una competenza che il soggetto porterà comunque come valore aggiunto nel mondo del lavoro. METODI E ATTIVITÀ: Il paradigma teorico-metodologico adottato è un approccio costruttivista: peculiarità di questo metodo è che ciascuna componente della ricerca può essere riconsiderata o modificata nel corso della sua conduzione o come conseguenza di cambiamenti introdotti in qualche altra componente e pertanto il processo è caratterizzato da circolarità; la metodologia e gli strumenti non sono dunque assoggettati alla ricerca ma sono al servizio degli obiettivi di questa. Il primo passo del progetto di ricerca è stato quello di ricostruzione dello stato dell’arte, raccogliendo dati, attraverso la ricerca bibliografica e sitografica su: l’orientamento, la normativa vigente in tema di disabilità, i dati di occupazione/disoccupazione delle persone con disabilità e gli strumenti di accompagnamento al lavoro. A fronte di dati mancanti sul territorio italiano relativi alla carriera e ai fabbisogni lavorativi degli/delle studenti/esse e laureati/e con disabilità, nella prima fase del progetto di ricerca è stata avviata una raccolta dati su scala nazionale, relativa al monitoraggio di carriera degli studenti/laureati con disabilità e all’individuazione dei bisogni connessi al mondo del lavoro. Per la raccolta dati è stato sviluppato un questionario ed è stata richiesta la collaborazione a tutte le Università italiane. Sulla base dei dati ricavati dal questionario, della letteratura e delle indagini esistenti sulle professioni, nella fase successiva della ricerca si è proceduto alla strutturazione di un percorso di auto-orientamento, volto ad aumentare la consapevolezza nelle persone con disabilità delle proprie abilità e risorse, accanto a quella dei propri limiti. In particolare, il punto di partenza per la costruzione del percorso è stata l’Indagine Istat- Isfol sulle professioni (2012) e la teoria delle Intelligenze Multiple di H. Gardner (1983). Si è arrivati così alla strutturazione del percorso di auto-orientamento, composto da una serie di questionari attraverso i quali il candidato è chiamato ad auto-valutare le proprie conoscenze, le competenze, le condizioni di lavoro che gli richiedono più o meno sforzo e le intelligenze che lo caratterizzano, aggiungendo a questi anche una parte più narrativa dove il soggetto è invitato a raccontare i propri punti di forza, debolezza e le proprie aspirazioni in ambito professionale. Per sperimentare il percorso di auto-orientamento creato, nell’ultima fase della ricerca è stato predisposto uno studio pilota per la raccolta di alcuni primi dati qualitativi con target differenti, studenti/esse universitari/e e insegnanti di scuola superiore impegnati nel tema del sostegno e dell’orientamento, e utilizzando diversi strumenti (autopresentazioni, test multidimensionale autostima, focus group). CONCLUSIONI: I dati ottenuti dallo studio pilota, seppur non generalizzabili, in quanto provenienti da un campione esiguo, hanno evidenziato come il percorso di auto-orientamento attivi una riflessione sulla visione di sé nei diversi contesti e un cambiamento, in positivo o in negativo, nell’autostima e nella valutazione di sé in diverse aree, ad esempio nell’area delle relazioni interpersonali, del vissuto corporeo, dell’emotività ecc. Tali dati ci hanno permesso soprattutto di evidenziare punti di forza e debolezza del percorso creato e di apportare modifiche per una maggiore comprensione e adattabilità del prodotto stesso. Il valore del percorso orientativo è connesso al ruolo attivo di auto-valutatore giocato dal candidato con disabilità, affiancando a questa prima fase di autovalutazione un successivo confronto dialogico con un esperto, tale da permettere un ancoraggio alla realtà esterna, al contesto in cui il soggetto si trova a vivere. In questo senso, l’orientamento assume il valore di un processo continuo e articolato, che ha come scopo principale quello di sostenere la consapevolezza di sé e delle proprie potenzialità, agendo all’interno dell’area dello sviluppo prossimale della persona verso la realizzazione della propria identità personale, sociale e professionale.
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IAMMARINO, Debora. "Danno ambientale e responsabilità nella gestione dei rifiuti". Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251115.

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La disciplina del danno ambientale è stata oggetto di diverse e numerose modifiche nel corso degli anni, sia a livello nazionale che europeo. Regolata in Italia, per la prima volta, dalla L. 349/1986 che, all’art. 18, prevedeva la risarcibilità del danno ambientale indipendentemente dalla violazione di altri diritti individuali come la proprietà privata o la salute. In ambito Europeo il primo intervento si è avuto con l’adozione della Direttiva 2004/35/CE sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale. La Direttiva è stata poi recepita in Italia con il D.Lgs. n. 152/2006, che nella Parte Sesta si occupa puntualmente di responsabilità per inquinamento ambientale. Tuttavia, le principali novità della normativa comunitaria con riferimento al regime di responsabilità per attività inquinanti nei confronti dei beni ambientali, non sono state immediatamente riprese in modo adeguato dalla normativa italiana, motivo per cui sono state emanate due procedure di infrazione nei confronti del Governo italiano che, per correre ai ripari, in un primo momento, ha approvato il D.l. 135/2009 introduttivo di nuovi criteri per il ripristino del danno ambientale e successivamente il legislatore è intervenuto con la Legge n. 97/2013 in materia di misure di risarcimento del danno e in materia di criteri di imputazione delle responsabilità. Tuttavia, l’assetto dei criteri di imputazione delle responsabilità è stato più volte oggetto degli interventi interpretativi della giurisprudenza che hanno delineato un quadro molto più rispondente alle istanze di origine comunitaria e ai principi del diritto europeo. All’interno di questo quadro più ampio si inserisce la questione della Gestione dei rifiuti, anch’essa oggetto di svariate modifiche normative volte sempre di più ad una tutela ambientale maggiore e prioritaria, attraverso metodi e tecniche in grado di ridurre la produzione dei rifiuti, l’introduzione del concetto di riduzione, prevenzione e recupero, riciclo e solo in ultimo lo smaltimento. Ruolo centrale assume in questo ambito l’attribuzione delle relative responsabilità in capo ai vari soggetti che si occupano della gestione dei rifiuti, pertanto nell’ultimo capitolo, si analizzeranno le diverse forme di responsabilità degli stessi e si darà conto dei principali interventi giurisprudenziali e della diverse interpretazioni dottrinali che hanno interessato la materia negli ultimi anni.
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GUIDI, Arianna. "Il reato a concorso necessario improprio". Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251080.

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Oggetto del presente lavoro è stata la tematica dei reati a concorso necessario (detti anche plurisoggettivi): una categoria penalistica scarsamente presa in considerazione da parte della dottrina e giurisprudenza più recenti, eppure dai risvolti sistematici di un certo rilievo, in quanto coinvolge profili sia di parte generale che speciale del diritto penale. L’indagine è partita dal piano definitorio e classificatorio: sono state riportate dettagliatamente le diverse tesi dottrinali sviluppatesi sul tema (suddivisibili in due macrocategorie, quella dei sostenitori di una concezione ampia di reato a concorso necessario e quella dei sostenitori di una concezione ristretta dello stesso), nonché le pronunce della Cassazione ritenute maggiormente significative. Un’attenzione particolare è stata dedicata alla delimitazione – in negativo – del campo d’indagine, tracciando le differenze intercorrenti fra i reati a concorso necessario (o plurisoggettivi, a seconda della terminologia impiegata) ed istituti ritenuti erroneamente contigui, primo fra tutti quello del concorso eventuale di persone nel reato. Dopodiché, all’interno del secondo capitolo si è scelto di riflettere sulle questioni maggiormente rilevanti e problematiche attinenti ai reati a concorso necessario impropri: in primis, la ratio che giustifica l’esenzione dalla pena in capo ad un soggetto; secondariamente, la possibilità di punire o meno la condotta tipica, nonché le eventuali condotte atipiche, poste in essere dal soggetto non punibile per mezzo dell’applicazione degli artt. 110 ss. c.p. in funzione incriminatrice. La panoramica di orientamenti dottrinali e giurisprudenziali quanto mai oscillanti e fra loro divergenti su questioni di particolare importanza, non è stata solo funzionale ad offrire al lettore una dettagliata ricognizione in generale, piuttosto, da questa è scaturita una vera e propria esigenza di (ri)considerare l’intera materia in modo organico e chiarificatore. Per tale ragione, nel terzo capitolo è stata introdotta una nuova definizione, in sostituzione a quella maggiormente impiegata da dottrina e giurisprudenza: “fattispecie incriminatrici normativamente plurisoggettive”. Una definizione idonea a ricomprendere tutti quegli illeciti penali che, a livello astratto, presentano caratteristiche simili: il riscontro di una pluralità di soggetti e di condotte quali elementi costitutivi del fatto tipico. Pertanto, si è cercato di individuare i confini della categoria assumendo quale criterio di partenza il piano normativo astratto, in considerazione del fatto che ciò che il legislatore ha scelto di codificare come tipo criminoso è dato dall’insieme degli elementi oggettivi e soggettivi, i quali compaiono nella descrizione della norma incriminatrice. La visione d’insieme ha permesso di non limitare l’attenzione al solo soggetto punibile, bensì di spostarla anche sul soggetto non punibile, il quale, con la sua condotta rientrante fra gli elementi oggettivi del fatto tipico, contribuisce alla configurabilità del reato. Infine, all’interno del quarto capitolo si è proceduto all’analisi dei principali reati classificati da parte della dottrina come a concorso necessario impropri, per verificare, tenuto conto della nuova definizione proposta, se possano o meno essere qualificati come fattispecie incriminatrici normativamente plurisoggettive improprie. Il confronto con la parte speciale ha permesso di evidenziare l’estrema delicatezza dell’operazione d’individuazione di fattispecie incriminatrici normativamente plurisoggettive (in senso lato): anzitutto, perché non sempre la pluralità di soggetti e di condotte costitutive del fatto tipico è oggetto di descrizione espressa, risultando alle volte ricavabile solo a seguito di un attento esame della tipologia e del significato delle parole impiegate dal legislatore; secondariamente, perché alle volte è facile lasciarsi confondere dal piano naturalistico della realtà concreta, mentre l’individuazione di una fattispecie incriminatrice in termini di plurisoggettività normativa dovrebbe avvenire, secondo l’impostazione adottata, a partire dal piano normativo astratto. Da ultimo, ci si è soffermati sul ruolo del soggetto non punibile che tenga rispettivamente la condotta tipica o una condotta ulteriore e diversa da quella descritta, cercando di offrire una possibile soluzione al problema. Nel primo caso, si è concluso per l’impossibilità di applicare l’art. 110 c.p. in funzione incriminatrice, pena la violazione delle garanzie proprie del sistema penalistico. Nel secondo, invece, si è concluso in senso affermativo, precisando che l’interprete è tenuto a prestare attenzione a diversi aspetti, fra cui il tipo d’equilibrio intercorrente fra le condotte dei soggetti parte della fattispecie incriminatrice normativamente plurisoggettiva impropria, nonché l’alterità effettiva della condotta atipica rispetto a quella descritta, pena la violazione dei principi di legalità, tipicità e certezza del diritto.
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