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Tesis sobre el tema "Direttiva 2019"

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Pletto, Davide. "Snap: Progettazione di un tappo conforme alla direttiva sulle plastiche monouso". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2021.

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Resumen
Il progetto si pone l’obiettivo di rispondere alle esigenze nate dalla Direttiva Europea 2019/904 che promuove l’abbandono delle plastiche monouso per una maggiore sostenibilità ambientale. Si stima che una grossa percentuale di rifiuti ritrovati nelle coste dell’unione europea sia composta da plastiche monouso, per cui la direttiva chiede, tra le altre cose, di limitare la separazione di tappi e coperchi dalla loro confezione principale. Il progetto analizza gli elementi presenti sul mercato e sviluppa una soluzione per un sistema di apertura per contenitori in poliaccoppiato, senza tralasciare le prestazioni dei prodotti tradizionali.
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Tartini, Davide <1997&gt. "Il codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza: La Direttiva 1023/2019/UE e Il D.L 118/2021". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2022. http://hdl.handle.net/10579/21315.

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Resumen
L'elaborato finale ha lo scopo principale di affrontare la delicata tematica della crisi d'impresa. Stiamo vivendo in un contesto sociale ed economico molto fragile vista l'attuale crisi dovuta all'emergenza sanitaria. Le Piccole Medie Imprese, settore trainante del nostro Paese, sono in difficoltà nel rispettare molte obbligazioni intraprese con diverse controparti, tra cui gli enti creditizi. La tesi di laurea ha lo scopo di evidenziare i sistemi di allerta per ovviare il problema delle anomalie di pagamento. La struttura della tesi di laurea partirà da una breve ma esaustiva spiegazione delle cause interne ed esterne inerenti alla crisi d'impresa, proseguendo con la cosiddetta "Normativa Insolvency": il Codice della Crisi d'Impresa e dell'Insolvenza. Al terzo capitolo, invece, verranno affrontate le ultime novità a livello normativo: La Direttiva (UE) 1023/2019 con particolare dettaglio alle misure di allerta precoce e le novità rispetto al CCII per quanto concerne la fase del monitoraggio del credito. Il quarto capitolo riguarderà il Decreto Legge 118/2021 relativo alla composizione negoziata: la nuova procedura prevista dal D. L. offre alle aziende percorsi più accessibili, più rapidi e meno costosi utilizzabili per la ristrutturazione o il risanamento aziendale. Concludendo, risulta chiaro che lo scopo della tesi è di tipo informativo/descrittivo per essere attuali in tema di crisi d'impresa visto il contesto sociale ed economico attuale.
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Cesaro, Riccardo <1997&gt. "Vizi e difformità del bene nella vendita al consumatore: analisi della normativa e focus sulla direttiva 771/2019". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2022. http://hdl.handle.net/10579/21054.

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Resumen
L’elaborato dal titolo “Vizi e difformità del bene nella vendita al consumatore: analisi della normativa e focus sulla direttiva 771/2019” si propone di analizzare la disciplina relativa ai vizi della cosa venduta, facendo particolare riferimento ai contratti di compravendita di beni di consumo. Il lavoro inizialmente analizza la normativa vigente, disciplinata dal Codice civile e dal Codice del consumo, per poi concentrarsi sulla direttiva europea 771/2019, andandone ad approfondire il contenuto, il recepimento da parte dello Stato italiano e alcuni interessanti profili.
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DIANIN, Marilina. "PROFILI DI RILEVANZA DELLA CONOSCENZA E DELLA CONOSCIBILITÀ DEL DIFETTO DI CONFORMITÀ NELLE VENDITE MOBILIARI B-TO-C Dal Codice civile italiano alla Direttiva (UE) 2019/771". Doctoral thesis, Università degli studi di Ferrara, 2022. https://hdl.handle.net/11392/2497136.

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Resumen
La tesi di dottorato è diretta all’approfondimento del principio in base al quale il venditore non è chiamato a rispondere dei difetti del bene, laddove questi fossero conosciuti o conoscibili al compratore, al momento della conclusione del contratto, nell’ambito della vendita B-to-C di beni mobili. Il principio in esame vanta carattere generale e transazionale: sorto dapprima nella vendita romanistica e consacrato nel brocardo “caveat emptor”, è giunto fino all’opera di codificazione del 1800, per poi approdare nella vendita internazionale di beni mobili, attraverso l’adozione della Convenzione di Vienna del 1980. Nel diritto dell’Unione europea, esso viene ratificato per la prima volta dalla direttiva 1999/44/CE che, all’art. 2, par. 3, prevede che ove il difetto fosse conosciuto o ragionevolmente conoscibile al consumatore, al momento della stipula del contratto, questi non potesse far valere alcun difetto di conformità nei confronti del professionista. L’approdo del principio in esame nell’ordinamento comunitario ha suscitato diverse criticità sul piano ermeneutico e applicativo: tale principio invero seppur poteva trovare una giustificazione negli ordinamenti di carattere nazionale, appare incompatibile con le peculiarità dell’ordinamento dell’Unione europea. Di assoluta importanza dunque l’intervento della direttiva (UE) 2019/771, relativa a determinati aspetti dei contratti di vendita di beni – che abroga la direttiva 1999/44/CE – con la quale si addiviene al superamento definitivo del principio che faceva dipendere dagli stati soggettivi del consumatore la responsabilità del professionista per difetto di conformità e, in un’ottica di valorizzazione dell’autonomia privata, alla contestuale introduzione della facoltà di scostamento, espressamente e separatamente accettato dal consumatore, dai requisiti oggettivi di conformità (art. 7, par. 5, attuato senza variazioni all’art. 130, comma 4, cod. cons., come sostituito dall’art. 1 del d.lgs. n. 170 del 4 novembre 2021). D’altro canto, seppur il modello costituito dalla nuova direttiva comporti il superamento delle criticità suscitate dalla precedente disciplina in tema di vendita di beni di consumo, esso suscita nuovi e non meno rilevanti profili di criticità. Infine, posto che la conoscibilità del difetto non rileva più quale esimente della responsabilità del professionista, rimane da chiarire l’effettiva rilevanza della conoscenza del difetto da parte del consumatore, al momento della conclusione del contratto: ci si può infatti chiedere se la condotta del consumatore, il quale pur a conoscenza del difetto decida ugualmente di stipulare il contratto di vendita, per poi azionare i rimedi riparatori, possa essere valutata alla stregua del canone di buona fede e di correttezza.
The dissertation is aimed at the examination of the principle according to which the seller is not liable for defects in the goods, if these are known or knowable to the buyer, at the time of the conclusion of the contract, in the context of the B-to-C sale of movable goods. The principle under consideration has a general and transactional character: arising first in the Romanistic sale and enshrined in the brocard "caveat emptor," it came to the codification work in the 1800s, and then achieved the international sale of goods, through the adoption of the Vienna Convention in 1980. In the European Union law, this principle was regulated, for the first time, by Directive 1999/44/EC, which, in Article 2(3), provides that if, at the time the contract was concluded, the consumer was aware or could not reasonably be unaware of the lack of conformity, the consumer could not claim the lack of conformity against the seller. The adoption of the principle in question in the European Union system has risen several critical questions in terms of its interpretation and application: this principle, although it could be justified in national legal systems, appears to be incompatible with the specific features of the European Union law. Therefore, the intervention of Directive (EU) 2019/771, related to certain aspects concerning contracts for the sale of goods – repealing Directive 1999/44/EC –, is of absolute importance. Indeed, the principle that the liability of the trader for lack of conformity depended on the subjective states of the consumer is definitively exceeded. Moreover, with a view to enhance private autonomy, the faculty of deviation, expressly and separately accepted by the consumer, from the objective requirements for conformity is introduced (Art. 7(5), implemented without changes to Art. 130(4), Code of consumers, as replaced by Art. 1 of Legislative Decree No. 170 of Nov. 4, 2021). On the other hand, although the model constituted by the new directive entails the overcoming of the critical issues raised by the previous regulation on the sale of consumer goods, it raises new and no less relevant critical profiles. Eventually, since the knowability of the defect is no longer relevant as an exemption to the liability of the seller, it remains to clarify the actual relevance of the consumer’s knowledge of the defect at the time of the conclusion of the contract: the question arises as to whether the conduct of the consumer who, despite being aware of the defect, decides to enter into the contract of sale, and then to take remedial action, can be assessed in the same way as the principle of good faith and fair dealing.
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Monteleone, Andrea Giulia. "User-adapted content: l’elefante nella stanza del diritto d’autore dell’Unione europea?" Doctoral thesis, Luiss Guido Carli, 2020. http://hdl.handle.net/11385/204154.

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Nigrisoli, Guido. "Soluzioni impiantistiche innovative per l'abbattimento delle emissioni gassose da termovalorizzatore". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2020.

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Resumen
In data 12/11/2019 la Comunità Europea ha rilasciato il documento “Decisione di Esecuzione 12/11/2019” contenente i nuovi limiti emissivi rilasciabili da impianti di incenerimento e co-incenerimento. Insieme a questi valori, nel documento sono presenti le definizioni di BAT, Best Available Techniques, e BAT-AEL, “BAT-Associated Emission Level”. L’elaborato svolto ha voluto analizzare l’adeguamento di tre diversi impianti di termovalorizzazione, ed uno di co-incenerimento, a questi nuovi limiti degli inquinanti rilasciati in atmosfera. Di questi impianti uno è attualmente in esercizio, uno è in costruzione, uno in fase di avanzata progettazione e l’ultimo in fase di progettazione preliminare. Nello specifico sono stati studiati gli adeguamenti delle linee di trattamento dei gas acidi e degli ossidi di azoto, essendo gli inquinanti che comportano una spesa maggiore in termini di reagenti da utilizzare e tecnologie da installare in impianto. Questa analisi è stata svolta calcolando le portate di reagente minime necessarie per l’abbattimento degli inquinanti, in modo da determinare la miglior tecnologia da utilizzare all’interno dell’impianto, verificando o smentendo quelle che sono state le scelte fatte in sede di progettazione.
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LIBRICI, Pietro. "L’ILLECITO ANTITRUST DOPO LA DIRETTIVA 2014/104/UE". Doctoral thesis, Università degli Studi di Palermo, 2020. http://hdl.handle.net/10447/400297.

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Resumen
Tradizionalmente, tanto a livello nazionale quanto a livello comunitario, la tutela della concorrenza si è caratterizzata per l’impiego di strumenti di enforcement pubblicistico. Dopo un lungo iter, il 26 novembre 2014 è stata pubblicata la direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio UE 2014/104 relativa a determinate norme che regolano le azioni per il risarcimento del danno ai sensi del diritto nazionale per violazioni delle disposizioni del diritto della concorrenza degli Stati membri e dell'Unione europea. In Italia il recepimento della Direttiva è avvenuto il 19 gennaio 2017 con il d.lgs. n. 3/2017. Sebbene la normativa in parola intervenga a colmare il vuoto creato dall’assenza, sia ambito nazionale che comunitario, di norme di diritto positivo dirette a prevedere esplicitamente la possibilità di promuovere un’azione per il risarcimento del danno sulla base di una violazione delle disposizioni antitrust, essa lascia irrisolte problematiche di notevole importanza. L'obiettivo che ci si propone di raggiungere, pertanto, è quello di verificare i tratti fondamentali della disciplina dell'azione di risarcimento del danno conseguente alla violazione di norme antitrust alla luce della stratificazione di dottrina, giurisprudenza e prassi createsi intorno alla private litigation antitrust in anni recenti. Ciò anche al fine di offrire un contributo utile a fornire le coordinate atte a propiziare un corretto approccio ai tanti risvolti problematici che la nuova disciplina lascia insoluti.
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Di, Mezza Grazia. "Obblighi informativi e tutela del consumatore nel D.Lgs. n. 72/2016 attuativo della direttiva n. 2014/17/Ue". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2019. http://hdl.handle.net/11577/3422220.

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Resumen
Parallelamente ai contratti di credito al consumo, la Commissione europea ha monitorato nel corso degli anni i comportamenti degli operatori finanziari nella stipulazione di contratti di credito per l’acquisto di beni immobili residenziali. Al termine dei vari studi, il Parlamento europeo ed il Consiglio hanno emanato il 4 febbraio 2014, la nuova Direttiva 2014/17/UE592, volta sia a disciplinare contratti di credito ai consumatori stipulati per l’acquisto di beni immobili residenziali attraverso la predisposizione di rimedi volti ad evitare una concessione irresponsabile dei creditori per l’acquisto di tali beni (apportando anche alcune modifiche alla precedente direttiva n. 2008/48/CE, relativa ai contratti di credito ai consumatori).Attraverso la direttiva n.17/2014 il legislatore europeo abbiamo visto come abbia inteso armonizzare alcuni aspetti della disciplina dei contratti di credito al consumatore che siano assistiti da diritti di garanzia su beni immobili residenziali o finalizzati all’acquisto o al mantenimento del diritto di proprietà su beni immobili. L’intervento del legislatore comunitario si inserisce tra quelli di “armonizzazione minima”, nonostante contenga disposizioni che limitino gli Stati membri in ordine alla possibilità di introdurre o mantenere disposizioni divergenti: si pensi ad esempio alla disciplina relativa al calcolo del tasso annuo effettivo globale e a quella concernente le informazioni precontrattuali personalizzate da fornirsi mediante il prospetto informativo europeo standardizzato. La tipologia di beni oggetto della direttiva, sono generalmente acquistati all’interno delle famiglie, ma a differenza di quelli di consumo, hanno un valore economico di gran lunga superiore che quindi porta spesso i consumatori, non aventi disponibilità economiche così importanti, a stipulare presso gli appositi istituti di credito, contratti volti all’acquisto, e si è posto pertanto per questi contratti l’esigenza di garantire una erogazione di credito responsabile ed in favore di soggetti meritevoli. Si è evidenziato come la direttiva mutui abbia predisposto una disciplina più rigida, rispetto a quella presente nella direttiva sul credito ai consumatori n.48/2008/Ce per l’acquisto di beni di consumo, volta favorire da un lato il responsible borrowing, dall’altro il responsible lending. Per quanto riguarda la disciplina del responsible borrowing vi è, infatti, da un lato, in sede pubblicitaria un ampliamento delle informazioni volte a promuovere sia l’istituto di credito, che i prodotti finanziari disponibili sul mercato a chiunque abbia interesse a stipulare un contratto di credito; dall’altro, vi è in sede precontrattuale una migliore erogazione d’informazioni al consumatore-cliente, informazioni che vengono fornite attraverso un modulo informativo personalizzato alle preferenze e condizioni economiche del consumatore (Considerando 41).In merito alla disciplina del responsible lending sono state previste, invece, disposizioni più rigide e chiare per quanto riguarda la valutazione del merito creditizio e le sue ripercussioni sul rapporto obbligatorio. La disciplina del responsible borrowing, all’interno della c.d. “direttiva mutui”, si è evidenziato come si caratterizzi per una graduale erogazione d’informazioni che inizia da un ambito generale standardizzato, svincolato da una contrattazione vera e propria con un consumatore determinato (all’informazione pubblicitaria sono dedicati gli artt. 11 12 alle informazioni generali l’art. 13), fino ad una qualificata personalizzata serie d’informazioni dirette al consumatore specifico (all’informazione precontrattuale è dedicato l’art. 14), contrassegnate dalla bi-direzionalità circolarità delle notizie fornite da un lato, dal finanziatore, dall’altro dal consumatore. Queste informazioni, sono tutte fornite in modo che il consumatore possa giungere ad una decisione informata, attraverso sia il confronto tra le offerte di credito disponibili sul mercato, sia una valutazione delle diverse implicazioni che possono conseguire una volta stipulato il contratto. Abbiamo analizzato, la prima tranche d’informazioni: informazioni pubblicitarie e generali sono erogate a fini meramente conoscitivi e pubblicitari ad un numero indeterminato di soggetti. Dalla lettura del nuovo d.lsg. 72/2016 è emerso come molte questioni non siano in realtà state risolte, in particolare la scelta di riportarsi fedelmente al contenuto della direttiva, senza aggiungere nulla e senza integrare alcun passaggio, ha fatto si che non si affrontassero determinati temi quali il recesso, il collegamento contrattuale nell’ambito dei contratti di credito immobiliari, o soprattutto le conseguenze derivanti dalla mancata o inadeguata o errata valutazione del merito creditizio da parte del professionista. Proprio quest’ultimo passaggio relativo al non aver affrontato in termini di conseguenze i casi derivanti dalla mancata o inadeguata o errata valutazione del merito creditizio da parte del professionista ha portato a delle riflessioni. La direttiva non avendo individuato rimedi specifici nel caso di violazione degli obblighi di informazione, neppure in merito alle responsabilità del finanziatore o del consumatore, ha rimesso agli Stati membri il compito di definire in sede di recepimento “sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive”. Non sono quindi mancati autori che hanno elaborato delle ipotesi in riferimento alle conseguenze in caso di violazione degli obblighi di informazione; in relazione alla disciplina delle informazioni generali, quelle quindi rivolte ad un pubblico indeterminato e ancora estraneo ad una possibile contrattazione, laddove queste informazioni dovessero risultare lacunose o fuorvianti, si è ipotizzata l’applicabilità della disciplina delle pratiche commerciali scorrette di cui all’art.20 del codice del consumo e, quindi, della tutela amministrativa di cui agli artt. 21-23 -27 del Codice del Consumo. Qualora poi, tali informazioni siano falsate e determinino un comportamento del consumatore interessato che non si sarebbe verificato nel caso in cui tali informazioni fossero state veritiere, si potrebbe ipotizzare un vizio del consenso sanzionabile con l’annullamento del contratto stesso. Concretamente, tuttavia, non è sempre facile giungere ad una soluzione simile, laddove soprattutto la conclusione del contratto è sempre mediata dall’erogazione delle informazioni personalizzate secondo il disposto di cui all’art. 14 della direttiva, che riguardano sì i medesimi aspetti oggetto delle informazioni generali, ma che li espongono in modo molto più dettagliato e finalizzato. Ecco, quindi, che se l’informazione personalizzata è integra e completa e corrisponde poi all’operazione che effettivamente si conclude, sembra difficile o quanto meno forzato poter sostenere che il contratto concluso sia annullabile per via delle scorrette informazioni generali che si ritiene possano aver viziato il consenso del consumatore in fase anteriore a quella precontrattuale. Qualora le, invece, le informazioni scorrette siano fornite in sede precontrattuale attraverso il modulo personalizzato e creino uno sviamento del comportamento economico del consumatore, si ritiene che esse possano realmente allora aver inciso sulla volontà del contrante, viziandone il consenso. In ultima analisi, si dà il caso in cui si determini una discordanza tra i costi indicati in sede di informazioni generali e quelli rinvenuti nel Pies; in tal caso sarebbe applicabile nel nostro ordinamento la disciplina delle informazioni pubblicitarie di cui all’art. 116 e 117 del T.u.b., secondo cui il contenuto del contratto può si discostarsi ma solo in melius dal contenuto presente nelle informazioni pubblicitarie. In questi casi si avrà, quindi, la nullità delle clausole contrattuali che prevedevano condizioni economiche meno favorevoli in sede pubblicitaria e la sostituzione automatica con le clausole più favorevoli, che quindi vadano a ripristinare lo squilibrio che si è determinato. Qualora poi l’inesattezza delle informazioni generali abbia determinato la mancata conclusione del contratto, il consumatore si ritiene che possa appellarsi alla violazione dell’art.1337 c.c., ovvero alla configurabilità di una responsabilità precontrattuale del professionista, lamentando un danno nell’aver fatto affidamento nelle condizioni economiche esposte all’interno delle informazioni generali riguardati quei determinati prodotti, informazioni che poi si sono rivelate fuorvianti in sede di informazioni personalizzate. Nel caso in cui, invece, il contratto sia concluso in assenza di consegna del Pies o con l’erogazione di un Pies mancante delle parti che riguardano la spiegazione di alcuni contenuti economici essenziali del contratto, in entrambi i casi si ritiene che si possa ipotizzare la violazione degli obblighi informativi personalizzati che comporta un’estensione del termine di recesso ci cui all’art. 125-bis e ter del cod.cons. Si è palesa dunque, la cautela del legislatore europeo e di quello italiano nel pronunciarsi in merito alla responsabilità del consumatore che del professionista e nel prevedere sanzioni in merito a tali comportamenti. La scelta prudente è sicuramente dettata anche dalla delicatezza della materia che si affronta. Se infatti si caricasse di eccessivi oneri in termini di informazione, la figura del finanziatore, si potrebbe avere come effetto quello di un comportamento difensivo e soprattutto di diffidenza dello stesso qualora voglia concedere il credito, con inevitabile danneggiamento per il consumatore che non sarebbe incoraggiato alla stipulazione responsabile di tali contratti e, quindi, un danneggiamento per il mercato in generale. Se, d’altra parte si caricasse di eccessivi oneri il consumatore, questo comporterebbe una disciplina oltremodo severa per lo stesso, dimenticando che è invece il soggetto debole che deve essere tutelato, dove invece il professionista sarebbe esageratamente tutelato, potendo erogare finanziamenti senza considerare la figura e gli interessi del consumatore. Si può comunque evidenziare che, nonostante le difficoltà del legislatore europeo e nazionale, gli strumenti interpretativi presenti nel nostro ordinamento se coordinati con le norme di derivazione europea, possono prospettare dei margini di tutela ulteriore per il consumatore, avendo come guida il principio di buona fede nella fase delle trattative e nella conclusione del contratto. L’assenza nel nostro ordinamento di un apposito sistema rimediale, che faccia discendere dalle ipotesi di violazione di un obbligo informativo una sanzione tipica, fa si che la ricerca della soluzione è inevitabilmente lasciata all’interprete. Orbene, in un contesto del genere, la dottrina (ma anche, come visto in precedenza, la giurisprudenza) si è sbizzarrita dando vita ad un ventaglio di ipotesi, da taluno definito come l’“ambaradan dei rimedi contrattuali”. Ecco dunque che si è dedicato ampio spazio a quello che è il dibattito nazionale tra regole di validità e regole di correttezza, fino alla pronuncia delle SS.UU del 2007, e i risvolti in termini degli effetti che la violazione delle regole di comportamento possono provocare su un contratto valido ma tuttavia sconveniente. Da questo spunto, e per approcciarsi ad una soluzione di quella che è la violazione degli obblighi precontrattuali in senso stretto, in omessa valutazione del merito creditizio, o nelle patologie del Pies, si è analizzata la disciplina interne e si è ipotizzata l’applicabilità della teoria dei vizi incompleti. Funzione della teoria dei c.d. vizi incompleti potrebbe perciò rinvenirsi nell’esigenza di evitare che la disciplina dell’invalidità negoziale possa venire facilmente elusa da soggetti che, furbamente, utilizzino tali limiti per concludere contratti con assetti di interessi fortemente squilibrati e pur tuttavia validi; e per fungere da guida per gli operatori del diritto al fine di cristallizzare la nuova fattispecie della responsabilità precontrattuale in caso di contratto valido, ma sconveniente. Inoltre, gran parte della dottrina propende a escludere il ricorso al rimedio invalidante sulla scorta di un’importante pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione risalente al 2007, concernente i contratti di investimento e la violazione degli obblighi informativi. Al di là dell’oggetto specifico della controversia, queste sentenze sono particolarmente importanti per l’innovazione che hanno apportato nell’ordinamento sul tema del rapporto fra regole di validità e di responsabilità in caso di violazione degli obblighi di buona fede nella fase delle trattative. L’elaborazione della teorica dei c.d. vizi incompleti ha svolto un’opera di “traino” ai fini dell’avvicinamento delle due discipline (quella precontrattuale e quella relativa al sistema delle invalidità negoziali), portando con sé notevoli conseguenze, anche sul piano giurisprudenziale, tralatiziamente ancorato ad interpretazioni riduttive della normativa precontrattuale. Per quanto attiene più nel dettagli alla violazione dell’obbligo di valutazione del merito creditizio, abbiamo avuto modo di constare che già la direttiva sul credito al consumo 2008/48/Ce aveva introdotto l’esecuzione della verifica della solvibilità del consumatore/ debitore non aveva regolato le conseguenze dell’eventuale inadempimento di questo obbligo, per cui all’art.23 della direttiva in linea con quanto previsto dal considerando n.47, si limitava a rimettere agli Stati membri la definizione di sanzioni che fossero “efficaci, proporzionate e dissuasive” per punire la violazione delle disposizioni nazionali in materia di credito al consumo. Tuttavia la discrezionalità lasciata al legislatore nazione difficilmente si coordinava con l’obiettivo di armonizzazione massima a livello europeo. Lo stesso legislatore italiano non aveva ritenuto di intervenire per determinare le conseguenze sanzionatorie dell’omessa valutazione del merito creditizio da parte del finanziatore che, quindi dipenderanno dalla normativa da parte dei giudici nazionali, attraverso il ricorso ai rimedi civilistici esistenti. Corre l’obbligo precisare che se è vero che il nostro sistema civilistico non preveda il divieto di erogare il finanziamento qualora la capacità restitutoria del consumatore risultasse negativa, essendo pacificamente ammessi sia da parte di dottrina che di giurisprudenza la piena validità dei contratti stipulati in tale contesto, tuttavia, l’importanza della valutazione si ravvisa laddove la sua violazione comporti un effetto negativo sul consumatore sicuramente importante; lo stesso infatti dopo la concessione del credito confidando sulla propria capacità di sostenere il piano di rimborso, affidandosi alla valutazione che il finanziatore avrebbe dovuto eseguire prima dell’erogazione, si ritrova in realtà in uno stato di futura insolvenza. Un comportamento scorretto del finanziatore sia che non effettui la preventiva verifica del merito creditizio, sia che conceda il finanziamento in presenza di una valutazione dall’esito negativo, avrà come conseguenza l’erogazione al consumatore di un credito eccessivo rispetto alla sua capacità restitutoria e, a ragione di ciò, potrebbe non riuscire a rispettare gli impegni assunti. Nonostante la mancanza di una specifica disposizione sul punto, la dottrina ha ritenuto opportuno tutelare il consumatore prevedendo che il mancato rispetto da parte del finanziatore di un obbligo di condotta determini la possibilità di poter agire per ottenere un risarcimento danni, in quanto non ha ricevuto tutte le informazioni necessarie per potere giungere ad una decisione ponderata e ciò l’ha portato a contrarre un debito non sostenibile. Può quindi concludersi considerando che seppure la direttiva mutui si sia inserita in un contesto tentando di colmarne lacune, alla luce soprattutto di un’armonizzazione massina in aspetti che se lasciati ai singoli Stati, avrebbero comportato un eccessivo divario di tutela, è proprio in quell’ambito dove avrebbe dovuto spingersi oltre che in realtà si arresta. La tutela del contraente debole, soprattutto nella fase precontrattuale, in termini di “rimedi” per violazioni da parte dell’operatore del credito, sembra essere ancora ancorata alle soluzioni domestiche dei singoli Stati che si trovano quindi a far fronte a recepimenti di direttive che seppure, come è, sono finalizzate alla massima tutela del consumatore, tralasciano poi quello che è l’aspetto dove concretamente si dovrebbe attuare questa tutela, ovvero la fase esecutiva.
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Baggio, Alessandro <1991&gt. "La Direttiva 34/2013/UE nell'attuale contesto di regolamentazione europea". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2015. http://hdl.handle.net/10579/7310.

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In data 26 giugno 2013 il Parlamento europeo e il consiglio hanno emesso la Direttiva 34/2013/UE relativa ai bilanci d’esercizio, ai bilanci consolidati e alle relazioni di talune tipologie d’imprese, recante modifica della Direttiva 2006/43/CE del Parlamento europeo e del Consiglio ed abrogazione delle Direttive 78/660/CEE e 83/349/CEE del Consiglio, comunemente conosciute come IV e VII direttiva. La nuova direttiva contabile, a differenza delle precedenti, racchiude in un unico provvedimento la disciplina inerente i bilanci individuali e i bilanci consolidati e pone la propria attenzione sul concetto di “think small first”, con il quale si intende la necessità di focalizzarsi in primis sui bisogni e le esigenze delle piccole entità, le quali rappresentano in termini numerici la quasi totalità delle imprese dell’Unione Europea. Il seguente lavoro di tesi si pone l’obiettivo di analizzare ed approfondire le modifiche apportate dalla Direttiva, con particolare attenzione ai cambiamenti significativi rispetto alle precedenti direttive contabili e agli interventi di armonizzazione con gli standard internazionali.
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Dhimgjini, Ina <1986&gt. "La mora del debitore e la Direttiva 2011/7/Ue". Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2015. http://hdl.handle.net/10579/8287.

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La tesi si incentra sulla tematica della mora del debitore e sulla direttiva 201177/Ue, avente ad oggetto la lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali. Oltre a soffermarsi sull'assetto tradizionale delle obbligazioni in generale, e delle obbligazioni pecuniarie in particolare, la tesi mira ad evidenziare il percorso voluto dal Legislatore europeo sulla lotta contro il fenomeno dei ritardi di pagamento. Dapprima, infatti, si ricorda la direttiva 2000/35/Ce, recepita nel D. Lgs. 231 del 2002 e successivamente la direttiva 2011/7/Ue, recepita con D. Lgs. 192 del 2012. La tesi si concentra sul rovesciamento dunque della tradizionale impostazione dogmatica del creditore inteso come parte contrattuale forte a creditore come parte debole, soggetto ai continui ritardi di pagamento da parte del debitore. Circa gli strumenti normativi messi a disposizione dal legislatore ci si interroga non solo ricordando lo strumento di ingiunzione europea ma anche il rimedio delle nullità, intorno al quale una rilevante novità si può riscontrare nella letture dell'art. 7 del D. Lgs. 231 del 2002 e D. Lgs. 192 del 2011. Il fenomeno dei ritardi viene letto infine in una ottica comparativa, prendendo spunto dagli studi di ricerca effettuati durante i periodi di internazionalizzazione ad Oxford ed a Madrid.
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Ferron, Selena <1992&gt. "La direttiva 2015/2302/UE: il nuovo contratto di viaggio". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2018. http://hdl.handle.net/10579/12445.

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La tesi tratta la nuova direttiva 2015/2302/UE, che riguarda i pacchetti turistici. Nel primo capitolo è contenuto un excursus della storia del turismo, dalla sua nascita al turismo odierno. Risulta così facile comprendere l'evoluzione normativa del settore che ne è conseguita, sia a livello europeo che nazionale, evoluzione che ha portato alla direttiva in esame. La direttiva del 2015 introduce non poche novità in materia, in particolare sul contenuto del contratto, sulla sua forma e sul rapporto viaggiatore-organizzatore e intermediario che ne deriva. Con la tesi, l'obiettivo è quello di capire come cambierà la disciplina, analizzando le principali novità apportate, facendo anche un confronto con la normativa precedente 90/314/CEE (ora abrogata).
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Bugin, Dario <1991&gt. "La direttiva 2014/95/UE e la disclosure di carattere non finanziario". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2018. http://hdl.handle.net/10579/13499.

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La seguente tesi di laurea magistrale si concentra inizialmente sull’analisi della direttiva 2014/95/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio dell'Unione Europea a riguardo della “comunicazione di informazioni di carattere non finanziario e di informazioni sulla diversità da parte di talune imprese e taluni gruppi di grandi dimensioni” e del correlato atto normativo (decreto legislativo 30 dicembre 2016 n. 254) emanato dal Governo italiano per il recepimento della stessa all'interno dell'ordinamento giuridico nazionale. Dopo aver introdotto tali atti normativi, l’attenzione si sposta sulla loro contestualizzazione nel contesto politico-economico odierno e nella letteratura esistente. La successiva parte dell’elaborato invece, dopo aver brevemente introdotto e cercato di far chiarezza su alcune definizioni e concetti rilevanti (fra i quali l’informazione non finanziaria, di sostenibilità e sulla responsabilità sociale d’impresa), tratta la materia della disclosure non finanziaria, dapprima, ricercando nella letteratura le ragioni che stanno alla base della questione e gli effetti/benefici che possono derivarne per l’azienda e i propri stakeholder e, successivamente, sulla base dei dati di una nota società di consulenza, presentando al lettore la situazione mondiale attuale, sia dal lato della domanda, con riferimento agli strumenti emanati da governi, mercati borsistici o altre organizzazioni che volontariamente o obbligatoriamente richiamano alla disclosure non finanziaria, sia dal lato dell’offerta, con riferimento al livello di informazione non finanziaria comunicato all’esterno da parte delle più grandi aziende di alcuni paesi del mondo. Infine, l’ultima parte dell’elaborato spiega, commenta e confronta due fra i più importanti standard esistenti a livello mondiale in materia di reportistica di carattere non finanziario, offerti rispettivamente dal Global Reporting Initiative (GRI) e dall’International Integrated Reporting Council (IIRC), tentando inoltre di collegare le linee guida insite in tali modelli con le disposizioni della direttiva 2014/95/UE, al fine di mettere in luce se e in quale modo possano considerarsi un’efficace risposta ad essa.
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Santagà, Enrico <1992&gt. "I PRODOTTI DI INVESTIMENTO ASSICURATIVO ALLA LUCE DELLA DIRETTIVA (UE) 2016/97". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2020. http://hdl.handle.net/10579/16380.

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L'elaborato analizza le diverse tappe legislative che hanno interessato l'ambito assicurativo nell'ultimo ventennio: dalla prima Direttiva facente riferimento all'intermediazione assicurativa, alla Direttiva attuale che introduce il concetto più ampio di distribuzione assicurativa. In particolare la trattazione si focalizza sull'evoluzione della disciplina e terminologia dei prodotti di investimento assicurativi (includente le Polizze di ramo III e V), e sulle tutele assicurate verso coloro che si interfacciano a queste tipologie finanziarie.
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Donato, Antonio <1995&gt. "La disciplina delle Controlled Foreign Companies alla luce del recepimento della Direttiva ATAD 2016/1164". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/15347.

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Nel corso degli ultimi anni, il processo di globalizzazione ha contribuito alla crescita e allo sviluppo economico mondiale. Le recenti tecnologie hanno dato origine ad una “nuova ricchezza”, più immateriale e facilmente trasferibile. In questo contesto, alcuni ordinamenti nazionali si sono dotati di regimi fiscali agevolati al fine di attirare i flussi di capitali esteri garantendo un livello di imposizione sensibilmente inferiore a quello vigente nelle giurisdizioni con tassazione ordinaria. Pertanto, le organizzazioni mondiali hanno deciso di intervenire per contrastare il fenomeno di erosione delle basi imponibili posto in essere dai contribuenti mediante il trasferimento di attività mobili altamente profittevoli all’interno dei cosiddetti paradisi fiscali. Tra le misure antielusive proposte a livello internazionale, un ruolo primario viene attribuito alla disciplina sulle Controlled Foreign Companies (CFC). Nello specifico si tratta di un insieme di disposizioni finalizzate a tassare in capo ai soggetti residenti i redditi prodotti da parte di società da questi controllate localizzate in Stati che, sulla base di determinati parametri, vengono classificati come regimi fiscali privilegiati. Lo scopo è quello di eliminare il differimento di imposizione conseguibile mediante la posticipazione della distribuzione degli utili prodotti dall’impresa controllata insediata nel paradiso fiscale. Tale obiettivo viene raggiunto tassando per trasparenza i redditi prodotti dalla partecipata estera a prescindere dalla loro effettiva distribuzione. La presente tesi propone di approfondire il tema delle Controlled Foreign Companies e di indentificare gli aspetti critici correlati ad essa, anche con riferimento alle recenti novità legislative introdotte in materia. Nello specifico, verranno dapprima esaminate le disposizioni emanate in ambito internazionale dall’OCSE in occasione della pubblicazione dei Rapporti BEPS e Action 3. Successivamente verranno analizzati gli interventi comunitari che, prima con la pubblicazione del Codice di Condotta e poi con l’emanazione dell’Anti Tax Avoidance Directive (ATAD), hanno regolamentato la questione delle società controllate estere tra gli Stati dell’Unione Europea. Infine, verrà analizzata la normativa italiana che di recente è stata rinnovata proprio a seguito del recepimento delle Direttiva ATAD di matrice europea.
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Paccagnella, Alberto <1989&gt. "LA DIRETTIVA 34/2013 E LE CONSEGUENZE SULLE VALUTAZIONI AZIENDALI DA PARTE DI UN SOGGETTO TERZO". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2015. http://hdl.handle.net/10579/5964.

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Come varierà la redazione del bilancio d'esercizio con il recepimento della Direttiva 2013/34/UE e quali conseguenze tali cambiamenti avranno nella valutazione di un bilancio d'esercizio da parte di soggetti terzi.
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Ferrarini, Paola <1992&gt. "Modellizzazione di scenari di stress nei Piani di Recovery ai sensi della Direttiva 2014/59/UE". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2018. http://hdl.handle.net/10579/13657.

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La doppia recessione che ha colpito lo scenario economico internazionale nell’ultimo decennio ha messo in luce le fragilità dell’impianto istituzionale di vigilanza e dell’assetto normativo bancario in vigore, del tutto inadeguati a fronteggiare esternalità negative di tale portata. In particolare, l’assenza di una disciplina ben delineata ed armonizzata di gestione delle crisi ha amplificato gli effetti, già di per sé disastrosi, causati dal default di banche ed enti creditizi sul sistema finanziario e sul tessuto sociale. Una volta inquadrato il contesto economico-finanziario di riferimento, all’analisi delle criticità, sia congiunturali esterne che strutturali interne alle banche, che hanno innescato la crisi economica più grave della storia, è seguita la trattazione di tutte le misure che l’Unione Europea ha implementato in risposta. Nel dettaglio, ci si è focalizzati sul ruolo giocato della BRRD che, insieme all’SRM, oggi costituisce il quadro normativo di riferimento per la prevenzione, gestione e risoluzione delle crisi bancarie in Europa. Tale direttiva, di cui a partire dal 2019 sarà emanata la versione aggiornata, BRRD II, ha denotato un distacco netto di prospettiva rispetto al passato, introducendo principi e strumenti del tutto nuovi quali il bail-in e le misure di prevenzione delle crisi, come i Recovery Plan. L’ultimo capitolo di questo elaborato è dedicato allo sviluppo di modelli di scenario di stress da utilizzare per la predisposizione del Piano di Recovery.
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Pavani, Michela <1993&gt. "L'informativa non finanziaria aziendale nella Direttiva 2014/95/UE Analisi delle imprese europee nell'anno fiscale 2016: uno sguardo su Belgio, Cipro, Croazia, Finlandia, Germania, Portogallo, Romania, Regno Unito". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2018. http://hdl.handle.net/10579/12675.

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Lo scopo di questo elaborato è di studiare la conformità dell’informativa non finanziaria delle imprese europee in relazione a quanto disposto dalla Direttiva 2014/95/UE sulla comunicazione di informazioni di carattere non finanziario e di informazioni sulla diversità, prima dell’entrata in vigore della stessa. Attraverso un campione randomizzato di 100 aziende appartenenti a Belgio, Cipro, Croazia, Finlandia, Germania, Portogallo, Romania e Regno Unito, si vuole analizzare la divulgazione di suddetta informativa nei report dell’anno fiscale 2016, andando a verificare eventuali relazioni tra il grado di comunicazione dell’impresa e l’appartenenza ad un determinato paese o settore. Dopo una breve introduzione, il primo capitolo della tesi racchiude l’evoluzione della non-financial disclosure: dalla definizione di framework, standard e linee guida su base volontaria da parte di varie organizzazioni alla nascita del Sustainability Reporting arrivando, al giorno d’oggi, alla diffusione dell’Integrated Reporting. Il secondo capitolo si concentra sulla fase di stesura della Direttiva in esame e sul suo contenuto normativo, con uno sguardo all’approccio adottato dai singoli stati membri sui temi che riguardano la responsabilità sociale d’impresa. Infine, il terzo capitolo contiene le evidenze relative all’analisi empirica condotta: in particolare vengono riportate alcune ipotesi sviluppate al fine di spiegare le differenze nel livello di comunicazione non finanziaria delle aziende, la metodologia di analisi adottata e una discussione riguardante i risultati ottenuti a seguito dell’elaborazione dei dati. In conclusione, vengono evidenziati gli eventuali limiti dello studio e i possibili sviluppi futuri.
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De, Luca Giulia Raffaella. "Dosimetria e radioprotezione: le novità introdotte dalla direttiva 2013/59/Euratom e il suo recepimento in Italia". Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2020. http://amslaurea.unibo.it/21031/.

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L’obiettivo che questo elaborato si propone è quello di approfondire le tematiche relative alla radioprotezione in ambito medico e alla sua complessità, illustrando nel primo capitolo il funzionamento delle apparecchiature radiologiche e i principi fisici alla base, ed esponendo nel secondo i punti salienti della direttiva europea sopracitata, evidenziando le criticità e le opportunità offerte dal suo futuro recepimento. Nell’ultimo paragrafo vengono riportati due studi che analizzano l’esposizione alle radiazioni derivante da procedure mediche in Emilia-Romagna, così da fornire un esempio reale e sottolineare ulteriormente l’importanza del recepimento della direttiva.
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Fiorin, Giulia <1989&gt. "Effetti del recepimento della Direttiva 2013/34/UE nel panorama contabile nazionale in tema di bilancio d'esercizio". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2016. http://hdl.handle.net/10579/7854.

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L’elaborato è volto ad analizzare l'impatto, in ambito nazionale, del recepimento della nuova Direttiva europea 2013/34/UE in tema di bilanci d'esercizio, bilanci consolidati e relazioni connesse. In particolare, la tesi si concentra sull'analisi delle novità in tema di redazione del bilancio d’esercizio delle imprese “non-IAS/IFRS”. Inizialmente, attraverso un’analisi dello scenario contabile europeo, si definisce l’obiettivo della nuova direttiva comunitaria e se ne analizzano i riflessi sull'economia reale. La Direttiva 2013/34/UE, infatti, si inserisce in un contesto di rottura tra due sistemi contabili di riferimento per le imprese europee: le direttive contabili comunitarie ed principi contabili internazionali. L’obiettivo del legislatore comunitario è di cercare da un lato di modernizzare il quadro contabile nazionale, avvicinandolo alle moderne tecniche contabili degli IAS/IFRS, e dall'altro di creare un ambiente più favorevole alla piccola imprenditoria – che rappresenta, attualmente, la tipologia produttiva più diffusa nei paesi a tradizione continentale come l’Italia – attraverso l’implementazione un regime di informativa economico-finanziaria notevolmente semplificato. In seguito si passa ad un’analisi dettagliata dello schema di D. Lgs. n. 139 del 18 agosto 2015 recante l’attuazione delle disposizioni della Direttiva 2013/34/UE. Ci si sofferma ad esaminare e commentare quali sono stati i principali interventi normativi che hanno modificato i postulati, la forma ed il contenuto del bilancio d’esercizio, facendo un raffronto con le precedenti disposizioni civilistiche, con i progetti di riforma del codice civile proposti dall'OIC nel 2006 e 2008, con i principi contabili internazionali e con quanto emerso sulla base dell’attività istruttoria antecedente l’adozione del decreto (Consultazioni pubbliche e pareri delle Commissioni parlamentari). Si vuole, pertanto, arrivare a definire se le modifiche intervenute nel quadro contabile nazionale sono in linea con lo spirito e gli obiettivi della Direttiva 2013/34/UE. Infine, viene fatto un focus sui criteri di valutazione delle poste di bilancio e quindi sull'introduzione del metodo di valutazione del fair value, in riferimento agli strumenti finanziari derivati, e del costo ammortizzato, per la valutazione dei crediti, dei debiti e dei titoli. Tali modifiche, infatti, segnano un rimarchevole tentativo di avvicinamento alla disciplina contabile internazionale ed un progressivo allontanamento alla metodologia valutativa del costo storico ed al principio di prudenza, i quali hanno rappresentato per decenni i fondamenti del modello di bilancio tradizionale.
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Carraro, Elena <1990&gt. "Le società di gestione collettiva nel disegno europeo di diritto d'autore armonizzato. La Direttiva 2014/26/UE". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2016. http://hdl.handle.net/10579/8755.

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Nell'ambito del diritto d’autore e dei diritti ad esso connessi, l’attuale contesto economico e sociale è scenario di un inevitabile scontro tra territorialità del diritto e ubiquità degli interessi. Il diritto d’autore è tradizionalmente territoriale, ma oggi più che mai i confini nazionali stanno stretti alle opere dell’ingegno, grazie anche ai nuovi strumenti offerti dallo sviluppo tecnologico che ne favoriscono la diffusione in uno spazio internazionale. In un tale contesto si rende necessaria un’armonizzazione dei diversi ordinamenti giuridici: è questa la strada intrapresa dall'Unione Europea che, con una serie di interventi puntuali, ha regolato diversi aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi, con il fine di creare regole il più possibile uniformi e garantire una tutela minima non limitata nello spazio. Il progetto di armonizzazione ha necessariamente investito il tema della gestione dei diritti, e dunque tali interventi si sono occupati anche delle società di gestione collettiva, in particolare con la recente Direttiva 2014/26/UE in tema di gestione collettiva e di licenze multiterritoriali per opere musicali online. Questa tesi di laurea si propone di analizzare come le istituzioni comunitarie hanno trattato il tema delle collecting societies, focalizzandosi soprattutto sulla direttiva appena citata; ciò dopo aver fornito un inquadramento dell’istituto del diritto d’autore e dei diritti connessi e dopo una generale analisi delle società di gestione collettiva, operata anche attraverso un confronto tra il modello italiano e quello inglese.
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Chemin, Marta <1993&gt. "La distribuzione assicurativa e le sue tendenze evolutive alla luce della Direttiva n. 2016/97/UE (“IDD”)". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2018. http://hdl.handle.net/10579/13166.

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Resumen
L’obiettivo di questo lavoro è l’analisi e l’interpretazione giuridica degli effetti nel mercato assicurativo europeo, con ovvi sviluppi nelle legislazioni nazionali, conseguenti all’approvazione della nuova direttiva riguardante la distribuzione assicurativa, ovvero la Direttiva 2016/97/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, denominata “Direttiva IDD”. L’acronimo IDD sta ad indicare l’espressione Insurance Distribution Directive, ossia la disciplina della distribuzione assicurativa in generale. Si fa riferimento alla nozione di “distribuzione”, in alternativa a quella di “intermediazione” assicurativa impiegata dalla precedente direttiva 2002/92/CE (“IMD”: Insurance Mediation Directive), poiché raggruppa tutti i soggetti che procedono alla vendita dei prodotti assicurativi, ampliando la cerchia dei destinatari delle disposizioni in questione. Dopo una breve introduzione concernente il cambiamento normativo negli ultimi anni del panorama assicurativo europeo, innanzitutto in questo elaborato si evidenziano le fasi dello sviluppo normativo riguardante gli intermediari assicurativi in Italia. In seguito, questo studio delinea e riassume le novità principali frutto della nuova direttiva “IDD”, la quale ha modificato, integrato e sostituito la direttiva precedente; quest’ultima, infatti, risulterà definitivamente abrogata dal 1 ottobre 2018. A fronte degli attuali e considerevoli cambiamenti che stanno interessando il settore della distribuzione assicurativa a livello europeo, infine, il presente lavoro si propone di approfondire l’analisi del recente schema di Decreto Legislativo, approvato in esame preliminare dal Consiglio dei Ministri lo scorso 8 febbraio 2018, diretto a dare attuazione in Italia alla già citata Direttiva n. 2016/97/UE; la materia in esame è comprensibilmente mutevole e di ampia portata e si può facilmente ipotizzare che tale tema costituirà, nel prossimo futuro, uno dei principali leitmotiv dell’attività assicurativa.
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CUNEO, Valentina. "La presa di contatto tra difensore e imputato in vinculis alla luce della direttiva 2013/48/UE". Doctoral thesis, Università degli studi di Ferrara, 2018. http://hdl.handle.net/11392/2488268.

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La materia dei colloqui dell’imputato in vinculis col difensore è disciplinata dall’art. 104 c.p.p. La disposizione regolamenta in termini formalmente rigorosi il rapporto di regola/eccezione che sussiste, rispettivamente, tra il diritto ai colloqui ed il suo differimento. Più nel dettaglio, solo specifiche ed eccezionali ragioni di cautela legittimano la dilazione del diritto di conferire col difensore. A seguito della riforma Orlando, peraltro, la deroga riguarda solo talune gravi forme di criminalità. L’interesse per le questioni sottese alla disciplina dei colloqui dell’indagato in vinculis si rinnova alla luce della direttiva n. 48 del 2013, che disciplina, per quanto ai presenti fini principalmente rileva, il diritto di accesso al difensore. La normativa europea attribuisce all’indagato in vinculis il diritto di incontrare in privato e di comunicare riservatamente col proprio legale, senza indebito ritardo dopo la privazione della libertà personale. Alcuni motivi imperativi possono giustificare una deroga temporanea a tale diritto, tra cui la «necessità indispensabile di un intervento immediato delle autorità inquirenti per evitare di compromettere in modo sostanziale un procedimento penale». Nel recepire la direttiva il legislatore non è intervenuto sull’art. 104. A livello astratto, in effetti, l’ordinamento nazionale risulta conforme agli obblighi europei. Tuttavia, alla luce dell’importanza riservata dalla direttiva all’effettività dei diritti in essa contemplati, l’atteggiamento del legislatore avrebbe dovuto essere diverso. Le letture giurisprudenziali della clausola derogatoria prevista dall’art. 104 sovvertono infatti, in maniera del tutto evidente, il rapporto di regola/eccezione tra esercizio immediato del diritto ai colloqui e sua dilazione. La direttiva n. 48 del 2013 (nonostante per alcuni aspetti sia deludente e forse addirittura al di sotto del livello di tutela apprestato dall’ordinamento CEDU) sotto determinati profili offre al diritto di difesa un livello di tutela più elevato rispetto all’ordinamento interno. Il lavoro di tesi si incentra sulla disamina dei vari aspetti di difformità tra livelli di garanzia nell’ordinamento interno e sovranazionale, per poi focalizzare l’attenzione sui rimedi posti dal diritto UE per risolvere i contrasti tra la norma nazionale ed europea. Oltre alla strada della procedura d’infrazione, extrema ratio dell’ordinamento europeo, si valuta in particolare la percorribilità dell’interpretazione conforme. Tale strumento esegetico consente di risolvere solo talune delle antinomie individuate. Rispetto ad altri profili, invece, i deficit di tutela sussistenti a livello nazionale non possono essere risolti ricorrendo all’esegesi conforme alla direttiva. Vi osta il tenore letterale delle disposizioni interne. Il primo limite dell’interpretazione conforme va infatti individuato nel divieto di giungere ad esegesi contra legem, poiché altrimenti l’attività ermeneutica si tradurrebbe in una vera e propria normazione mascherata. Nonostante determinati esiti interpretativi permettano di garantire l’effettività del diritto di difesa, non possono raggiungersi sacrificando il valore della legalità. Data l’impraticabilità dell’interpretazione conforme, la sola alternativa per risolvere i contrasti tra norma interna ed europea rimane la sottoposizione di una questione di costituzionalità alla Consulta. La disposizione italiana non in linea con quella della direttiva, infatti, si pone in contrasto con gli artt. 11 e 117 della Costituzione.
Article 104 of Italian Code of Criminal Procedure regulates the right to comunicate with a lawyer when the accused person is deprived of his liberty. The relationship between the right and its derogations is formally strict in terms of rule and exception. Only when excpetional circumstances occur it is possible to delay the contact between the suspect and his lawyer. Moreover, after a recent reform, derogations are limited only to certain serious criminal offences. For what is most important to the present purposes, the Directive 2013/48/UE ensures the right of access to a lawyer and provides that any accused person has the right to meet and communicate with a lawyer without undue delay after deprivation of liberty. Only some compelling reasons may allow temporary derogation to this right, such as the need of immediate action by the investigating authorities in order to prevent substantial jeopardy to criminal proceedings. When transposing the Directive, Italian legislator did not amend Art. 104. From a formal point of view, indeed, the internal level of protection of defense rights is compliant with European provisions. However, the Directive focuses on the effective aspects of the right of access to a lawyer and thus Italian legislator should have act differently. Italian Courts, indeed, interpreting Art. 104.3, literally overturn the relation of rule/exception formally existing between right to communicate with the lawyer and its derogations. Even if Directive 2013/48/UE is anything but ambitious to certain extent, to other extent it offers a greater protection if compared with Italian legal order. The thesis critically addresses the single aspects in which Italian provisions seem to breach European legislation. The attention is then drawn to the remedies offered by EU legal order to address inconsistencies between a Directive and a national provision. Besides infringement procedure, extrema ratio of EU legal order, it is specifically considered the possibility to interpret Italian provisions in a way consistent with EU Directive. Through consistent interpretation a number of analyzed issues can be solved. With regard to other issues, instead, the possibility to offer a consistent interpretation is not allowed because of the need to respect the rule of law principle, according to which no interpretation can overcome the literal meaning of a legislative provision. The only chance to solve the contrasts between EU norms and national law is thus to bring the issue before Italian Constitutional Court, which might declare the unconstitutionality of the internal provision because of the breach of Art. 11 and 117 of the Constitution.
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Chiarini, Marco. "Analisi energetica ed economica degli edifici in funzione della Direttiva europea 2009/28/ce sulle fonti rinnovabili: disamina del recepimento della regione Emilia-Romagna con la dgr 1366/2011". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2012. http://amslaurea.unibo.it/3292/.

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Mazzero, Mavie <1993&gt. "Gli effetti dell'introduzione della Direttiva 2014/95/EU sul livello di comunicazione di sostenibilità delle maggiori imprese europee". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2018. http://hdl.handle.net/10579/12837.

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Nell’attuale contesto socio-economico sono sempre più le imprese (oltre che i consumatori) attente alla sostenibilità e all’ambiente. Sulla scia di questo trend ormai globale, sempre maggiore importanza hanno assunto e stanno assumendo ogni giorno le informazioni non-finanziarie che le imprese si propongono di riportare ai propri stakeholder. Il presente elaborato vuole analizzare il livello e gli effetti della comunicazione di sostenibilità di alcune tra le maggiori imprese europee per l’anno fiscale 2016, successivamente all’introduzione della Direttiva 2014/95/EU. In particolare, ci si focalizzerà su enti di interessi pubblici operanti in Danimarca, Francia, Spagna, Grecia, Austria, Slovacchia, Bulgaria ed Estonia. Lo studio procederà in modo molto semplice, a cascata, e sarà così articolato: • Fase 1 – valutazione dell’ambiente teorico europeo di riferimento • Fase 2 – esposizione della metodologia statistica di estrazione del campione di imprese e creazione dello stesso, costruzione del database utilizzato per l’analisi • Fase 3 – esposizione della legislazione vigente in ogni Nazione, analisi dei report annuali delle aziende selezionate, valutazione della conformità degli stessi alle linee guida poste dalla Direttiva. Ciò permetterà di osservare quali siano, a livello europeo, le imprese la cui comunicazione meglio aderisce alla Direttiva stessa e quali, invece, debbano ancora compiere dei grossi passi in avanti in merito. In secondo luogo, si esploreranno l’importanza e il grado di integrazione degli elementi non-finanziari nelle strategie di marketing aziendali e il loro utilizzo come strumenti rilevanti nella creazione del brand value. Si osserverà come a tale scopo le imprese siano portate a condividere quasi esclusivamente gli aspetti positivi e come queste informazioni conducano molte volte le intere organizzazioni ad apparire più che ad essere, nonostante sia ormai imprescindibile considerarle nelle scelte strategiche.
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Telepan, Norina <1994&gt. "Dall’intermediazione alla distribuzione assicurativa: la disciplina degli intermediari assicurativi e riassicurativi alla luce della Direttiva 2016/97/UE". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2020. http://hdl.handle.net/10579/16771.

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La Direttiva 2016/97/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 gennaio 2016, entrata in vigore il 1° ottobre 2018 in tutti gli Stati membri e conosciuta con l’acronimo “IDD”, ovvero Insurance Distribution Directive, è nata con l’intento di armonizzare le disposizioni nazionali in materia di distribuzione assicurativa e riassicurativa e rappresenta una rifusione della precedente Direttiva 2002/92/CE. In particolare, la nuova Direttiva segna il passaggio alla nozione di “distribuzione”, in luogo di “intermediazione”, sottolineando l’intento del Legislatore eurounionale di estendere il perimetro di applicabilità della nuova disciplina rispetto alla precedente e includendo nel novero dei soggetti destinatari tutti coloro che partecipano alla distribuzione dei prodotti assicurativi, secondo un approccio che pone al centro l’attività distributiva. A detta di taluni la Direttiva 2016/97/UE rappresenta la rivoluzione copernicana nel mercato assicurativo e, in effetti, la direttiva in oggetto ha apportato non poche modifiche al Codice delle Assicurazioni Private, dando vita a cascata ad una florida normativa secondaria. Proprio da tale considerazione nasce questo lavoro, con l’obiettivo di fornire – dopo aver illustrato i principi fondamentali dell’attività assicurativa e l’evoluzione della disciplina dell’intermediazione - una panoramica generale del nuovo quadro normativo applicabile agli intermediari assicurativi e riassicurativi; nonché illustrare le novità più rilevanti introdotte dalla Direttiva citata, così come integrata dai Regolamenti delegati (UE) n. 2358 e 2359 del 21 settembre 2017 della Commissione europea, e accolte nell’ordinamento nazionale per mezzo del Decreto attuativo n. 68 del 21 maggio 2018, approvato in esame definitivo dal Consiglio dei ministri il 16 maggio 2018, e dei Regolamenti IVASS n. 39, 40 e 41 del 2 agosto 2018.
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Telepan, Norina <1994&gt. "Dall’intermediazione alla distribuzione assicurativa: la disciplina degli intermediari assicurativi e riassicurativi alla luce della Direttiva 2016/97/UE". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2020. http://hdl.handle.net/10579/18483.

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La Direttiva 2016/97/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 gennaio 2016, entrata in vigore il 1° ottobre 2018 in tutti gli Stati membri e conosciuta con l’acronimo “IDD”, ovvero Insurance Distribution Directive, è nata con l’intento di armonizzare le disposizioni nazionali in materia di distribuzione assicurativa e riassicurativa e rappresenta una rifusione della precedente Direttiva 2002/92/CE. In particolare, la nuova Direttiva segna il passaggio alla nozione di “distribuzione”, in luogo di “intermediazione”, sottolineando l’intento del Legislatore eurounionale di estendere il perimetro di applicabilità della nuova disciplina rispetto alla precedente e includendo nel novero dei soggetti destinatari tutti coloro che partecipano alla distribuzione dei prodotti assicurativi, secondo un approccio che pone al centro l’attività distributiva. A detta di taluni la Direttiva 2016/97/UE rappresenta la rivoluzione copernicana nel mercato assicurativo e, in effetti, la direttiva in oggetto ha apportato non poche modifiche al Codice delle Assicurazioni Private, dando vita a cascata ad una florida normativa secondaria. Proprio da tale considerazione nasce questo lavoro, con l’obiettivo di fornire – dopo aver illustrato i principi fondamentali dell’attività assicurativa e l’evoluzione della disciplina dell’intermediazione - una panoramica generale del nuovo quadro normativo applicabile agli intermediari assicurativi e riassicurativi; nonché illustrare le novità più rilevanti introdotte dalla Direttiva citata, così come integrata dai Regolamenti delegati (UE) n. 2358 e 2359 del 21 settembre 2017 della Commissione europea, e accolte nell’ordinamento nazionale per mezzo del Decreto attuativo n. 68 del 21 maggio 2018, approvato in esame definitivo dal Consiglio dei ministri il 16 maggio 2018, e dei Regolamenti IVASS n. 39, 40 e 41 del 2 agosto 2018.
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VANINI, Simone. "Servizi di pagamento e regole di responsabilità nelle operazioni non autorizzate alla luce della direttiva 2015/2366/UE". Doctoral thesis, Università degli studi di Ferrara, 2020. http://hdl.handle.net/11392/2488212.

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L’indagine ha ad oggetto la disciplina sui servizi di pagamento elettronici introdotta nell'ordinamento italiano in attuazione della dir. 2007/64/CE (PSD), da ultimo modificata in sede di recepimento della dir. 2015/2366/UE (PSD2), entrambe di piena armonizzazione. In particolare, la ricerca si propone di analizzare il regime speciale di responsabilità del prestatore di servizi di pagamento e del pagatore contenuto nel d.lgs. n. 11 del 2010, così come modificato e integrato dal d.lgs. n. 218 del 2017. La struttura dell’elaborato è quadripartita. Il primo capitolo è volto principalmente a illustrare la rilevanza privatistica della disciplina contenuta nelle due direttive sui servizi di pagamento nel mercato interno. Le argomentazioni svolte hanno anche il ruolo di delineare l’articolato quadro delle fonti Ue e interne regolatrici della materia. Il secondo capitolo ha ad oggetto lo studio delle diverse tipologie di servizi di pagamento, con particolare attenzione a quelli innovativi offerti dai third-party providers, ovverosia da quei fornitori di servizi di pagamento soggettivamente distinti dall'istituto di radicamento del conto dell’utente, e che, cionondimeno, hanno il diritto di accedervi per disporre un trasferimento di fondi o semplicemente per offrire all'utente delle informazioni aggregate sulla sua situazione finanziaria. Oggetto di specifica trattazione, poi, sono le differenti tipologie di operazioni di movimentazione di fondi, suddivise in credit transfers (quando sono disposte dal pagatore) e in debit transfers (quando sono disposte dal beneficiario). Il capitolo si conclude con una riflessione sul contratto di prestazione di servizi di pagamento, ivi qualificato come contratto tipico ad oggetto eterogeneo, e sulla neutralità dell’operazione di pagamento rispetto all'eventuale obbligazione sottostante. Nel terzo capitolo, dopo aver definito l’ambito di applicazione materiale e territoriale della disciplina oggetto della ricerca, e dopo aver altresì analizzato i margini di derogabilità delle norme in essa contenute sulla base della qualifica soggettiva dell’utente (consumatore, microimpresa, professionista diverso dalla microimpresa), la trattazione è volta a marcare il sottile discrimine fra operazione di pagamento autorizzata e operazione di pagamento non autorizzata, il che costituisce il presupposto logico (prima ancora che giuridico) perché possa trovare applicazione la disciplina sulle operazioni eseguite senza il consenso del pagatore di cui agli artt. 11 e 12 d.lgs. n. 11 del 2010. L’ultimo capitolo dell’elaborato si apre con lo studio dei rimedi di diritto comune esperibili al ricorrere di un’operazione non autorizzata. Ciò, in primo luogo, è finalizzato a dimostrare l’inefficienza di detti rimedi in subiecta materia, e, in secondo luogo, ha la funzione di individuare il contesto con cui deve inevitabilmente dialogare la disciplina speciale. Quest’ultima reca regole particolarmente favorevoli all'utente che abbia subito perdite in conseguenza della sottrazione abusiva di fondi. In particolare, anche quando siano stati adottati dall’istituto tutti gli accorgimenti necessari per proteggere il cliente, e anche laddove un’operazione (non autorizzata) sia stata disposta da una terza parte (ed esempio, un prestatore di servizi di disposizione di ordine di pagamento) è comunque dovere del prestatore di radicamento del conto rimborsare il pagatore delle somme perdute.
The investigation concerns the rules on electronic payment services introduced in Italian law in implementation of the dir. 2007/64/EC (PSD), recently amended to implement the dir. 2015/2366/EU (PSD2), both of full harmonization. In particular, the research intends to analyse the special regime of liability of the payment service provider and the payer contained in Legislative Decree no. 11/2010, as amended and interpolated by Legislative Decree no. 218/2017. The paper has four sections. The first chapter is aimed primarily at illustrating the private law importance of the discipline contained in the two directives on payment services in the internal market. The arguments carried out also have the role of outlining the articulated framework of EU and internal sources that regulate the subject. The second chapter deals with the study of the different types of payment services, with particular attention to the innovative ones offered by third-party providers, that are diverse from the bank account rooting institution, and, nevertheless, they have the right to access the account of the user in order to initiate a transfer of funds or simply to offer the user aggregated information on its financial situation. Object of specific treatment, then, are the different types of fund handling operations, divided into credit transfers (when they are initiated by the payer) and debit transfers (when they are initiated by the beneficiary). The chapter concludes with a meditation on the payment services contract, qualified as a typical contract with a heterogeneous object, and on the neutrality of the payment transaction with respect to any underlying obligation. In the third chapter, after having defined the material and territorial scope of the subject matter of the research, and after having also analysed the margins of derogability of the rules contained in it on the base of the subjective qualification of the user (consumer, micro-enterprise, professional different from a micro-enterprise), the discussion is aimed at marking the thin distinction between authorized payment transactions and unauthorized payment transactions, which constitutes the logical and juridical assumption for the application of the rules laid down for transactions carried out without the payer's consent pursuant to articles 11 and 12 of the Legislative Decree no. 11/2010. The last chapter of the paper opens with the study of common private law remedies that can be used when an unauthorized transaction occurs. This, as first, is aimed at demonstrating the inefficiency of said remedies in this subject, and, secondly, has the function to identify the context the special discipline must inevitably dialogue with. The latter contains rules that are particularly in favour of the user who has suffered losses as a result of abusive disposal of funds. In particular, even when all the measures necessary to protect the customer have been adopted by the institute, and also where an (unauthorized) transaction has been ordered by a third party (for example, a payment initiation service provider) it is in any case the duty of the account servicing provider to reimburse the payer of the lost amounts.
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Fornaciari, B. "LA DIRETTIVA 2012/13/UE SUL DIRITTO ALL'INFORMAZIONE.LA CONOSCENZA NEL PROCESSO PENALE FRA UNIONE EUROPEA E ORDINAMENTO INTERNO". Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2016. http://hdl.handle.net/2434/369477.

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La presente ricerca si propone di analizzare la Direttiva 2012/13/UE sul diritto all'informazione nei procedimenti penali ed il suo impatto sul sistema processuale italiano. L'analisi prende le mosse da un primo capitolo dedicato al sistema multilivello delle fonti: sul panorama nazionale e sovranazionale, infatti, la direttiva è solo l'ultima norma, in ordine di tempo, a disciplinare il diritto fondamentale alla conoscenza dell'indagato e dell'imputato. Necessario quindi apprestare una panoramica delle fonti che garantiscono la protezione multilevel dei diritti, e descrivere le loro reciproche interazioni. Imprescindibile, poi, un approfondimento sulla tutela dei diritti nello Spazio di Libertà Sicurezza e Giustizia dell'UE, con un'attenzione particolare all'era post-Lisbona ed al valore aggiunto che le direttive ex art. 82 co. 2 TFUE possono portare sul sistema multilevel. Il secondo ed il terzo capitolo sono dedicati all'analisi normativa della fonte europea. La trattazione si muove lungo le tre visuali prospettiche che la norma europea attribuisce al diritto all'informazione: diritto alla conoscenza dei propri diritti; diritto alla conoscenza dell'accusa; diritto alla conoscenza degli atti di indagine. Le disposizioni europee vengono continuamente integrate con la giurisprudenza della Corte EDU, che inietta di significato le norme della direttiva e fornisce gli standards di tutela laddove non specificati. Vengono messe in rilievo le disposizioni più innovative, che consentono alla direttiva di non essere solo “codificazione” del case law di Strasburgo, ma fonte autonoma e progredita di diritti. Il capitolo finale è infine focalizzato sull'impatto che la direttiva ha prodotto sul sistema processuale interno. La trattazione è suddivisa tra l'analisi delle modifiche apportate dalla normativa di attuazione italiana, d. lgs. 101/2014, e la disamina delle sue lacune: il legislatore ha dato luogo ad un intervento minimalista, omettendo di dare esecuzione proprio alle disposizioni europee più innovative che avrebbero permesso al nostro sistema di essere in linea con i dettami sovranazionali. Particolare attenzione è data al tema delle modifiche all'imputazione e al principio Iura novit curia, sulla scorta dei punti saldi elaborati dalla Corte EDU nel noto caso Drassich. In conclusione, vengono proposti gli scenari futuri che potrebbero conseguire all'efficacia diretta della direttiva e alla penetrazione, per il suo tramite, delle norme CEDU nell'ordinamento giuridico nazionale.
The present research examines the European Directive on the right to information in criminal proceedings (Directive 2012/13/EU, hereinafter ‘the Directive’), assessing the impact that it is likely to have on the Italian legal system. Before analyzing the legislation, the thesis provides an historical overview of the status of human rights safeguards in the EU and a description of its multi-layered system of protection. Starting from the early ECJ case law setting out a ‘human rights theory’, the research moves on to consider the Charter of Nice and the development of a European Area of Criminal Justice, until the Stockholm Program and the entry into force of the Lisbon Treaty. In addition, it addresses the question as to whether and to what extent the directives ‘of new generation’ based on art. 82 par. 2 TFEU bring an added value to the aforementioned human rights protection system. Chapters 2 and 3 of the research focus on the analysis of the legislation and on the three meanings that the Directive attaches to the right to information in criminal proceedings, namely, the right to information about rights, the right to information about accusation, and the right to information about case file. The effort is shedding some light on the most innovative prescriptions, while at the same time highlighting how much the EU legislation owes to the ECtHR case law, which is used as a yardstick for the evaluation and interpretation of the Directive. Finally, Chapter 4 addresses the Italian implementing legislation (d. lgs. 101/2014) and the impact of the Directive on our legal system. It finds that the NIM is highly unsatisfactory, as the Italian legislator has failed to comply with the most innovative EU standards. In this regard, the research illustrates the impact of EU prescriptions on the jurisdiction of national judges, in particular, the impact of the ‘new’ right to information about accusation. It concludes that Italian judges can (in)directly apply ECtHR case law standards due the direct effect of the Directive (which can be regarded as an ‘ECtHR case-law codification’).
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Balzano, Simona. "Strumenti di incentivazione all'energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili: a proposito del recepimento della Direttiva 2009/28/CE". Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2011. http://hdl.handle.net/10077/4441.

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2009/2010
La tesi, dal titolo “Gli strumenti di incentivazione all’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili. A proposito del recepimento della Direttiva 2009/28/CE”, si compone di quattro capitoli e affronta le principali problematiche giuridiche ed economiche connesse alle misure di sostegno previste dall’ordinamento nazionale a favore dell’energia prodotta da fonti rinnovabili. Come noto, lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili costituisce una valida risposta sia alla necessità di incrementare forme di evoluzione del settore energetico alternative a quelle basate sullo sfruttamento delle fonti convenzionali, sia all’esigenza di ridurre gli elevatissimi costi ambientali connessi ai cicli produttivi a tali fonti connessi in ambito sopranazionale e nazionale. La tesi, prendendo le mosse dall’analisi del contesto normativo internazionale, europeo e nazionale, mira a delineare un quadro del “sistema incentivi” nell’ordinamento italiano per poi affrontare le specifiche problematiche connesse al recepimento della Direttiva 2009/28/CE in tema di promozione e sviluppo dell’energia prodotta da fonti rinnovabili. Dopo aver tracciato il quadro delle principali politiche internazionali ed europee in tema di sviluppo energetico sostenibile, lo scritto procede con l’analisi delle competenze e dei poteri dei principali soggetti istituzionali coinvolti nel “sistema incentivi”: l’Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas, il Gestore dei Servizi Energetici (GSE) e la Cassa Conguaglio per il Settore Elettrico. In particolare, per quanto attiene l’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas, l’analisi condotta, partendo dalla ricostruzione giuridica dei poteri ad essa attribuiti, intende indagare le funzioni effettivamente esercitate da tale amministrazione indipendente nello specifico settore delle fonti rinnovabili. Con riguardo al Gestore dei Servizi Energetici e alla sua funzione di soggetto attuatore del sistema di incentivazione nazionale, la trattazione ha preso le mosse dalla ricostruzione della sua struttura per poi analizzarne l’attività di rilascio di certificazioni volontarie (es. RECS o Garanzia di Origine) e di erogazione degli incentivi ai soggetti aventi diritto (es. Certificati Verdi o Tariffa Omnicomprensiva). Per quanto attiene, infine, alla Cassa Conguaglio per il Settore Elettrico, successivamente alla ricostruzione della natura giuridica di tale ente e all’analisi dei poteri istituzionali, amministrativo-contabili e di accertamento, si è provveduto ad analizzarne il ruolo di soggetto deputato all’esazione di corrispettivi e tariffe nell’ambito delle politiche connesse allo sviluppo delle fonti rinnovabili. Esaurita la trattazione dei principali soggetti istituzionali coinvolti nel sistema di incentivazione, il lavoro, partendo dalla ricostruzione giuridica del concetto di incentivo economico, prosegue con l’analisi dei principali strumenti di sostegno all’energia prodotta da fonti convenzionali previsti nell’ordinamento nazionale: il c.d. CIP/6, i certificati verdi, il ritiro dedicato, lo scambio sul posto, il c.d. Conto Energia per la tecnologia fotovoltaica e la tariffa omnicomprensiva. In particolare, per quanto attiene i certificati verdi, nello scritto ci si sofferma anche sull’analisi della loro natura giuridica, tutt’oggi ancora controversa sia in dottrina che in giurisprudenza. L’ultima parte del lavoro, infine, affronta le differenti problematiche inerenti il recepimento della Direttiva 2009/28/CE che prevede la revisione, da parte degli Stati membri, dei meccanismi di incentivazione in vista del conseguimento degli obblighi di incremento dell’energia rinnovabile e prescrive l’introduzione di modelli di autorizzazione semplificati per quanto attiene la realizzazione d impianti alimentati da fonti alternative. Occorre precisare che al momento della stesura della tesi il Governo aveva emanato una bozza di decreto di recepimento che presentava diverse criticità soprattutto con riferimento alla definizione del nuovo quadro delle misure di sostegno. Il disegno tracciato dal Governo, seppur provvisorio, determinava il rischio che dalla sua applicazione potessero derivare effetti di distorsione competitiva sul mercato all’ingrosso della produzione di energia elettrica. La parte finale della tesi è dedicata proprio alla valutazione di congruità giuridica ed economica delle proposte contenute nella bozza di decreto anche alla luce delle disposizioni comunitarie in tema di tutela della concorrenza.
XXIII Ciclo
1981
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DUCOLI, Giulia. "LA PERSONA OFFESA NELLA FASE DELLE INDAGINI PRELIMINARI. TRA DIRETTIVA EUROPEA ED EQUILIBRI SISTEMATICI INTERNI". Doctoral thesis, Università degli studi di Ferrara, 2022. https://hdl.handle.net/11392/2497137.

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Le ragioni che contribuiscono a rendere rilevante e attuale il tema relativo alle prerogative della persona offesa nel procedimento penale sono essenzialmente due. La prima, di carattere prevalentemente teorico, riguarda la necessità di riflettere su quale sia lo spazio che essa può occupare sulla scena del procedimento penale e, in particolare, del processo accusatorio, costruito e modellato attorno alla figura dell’imputato. La seconda ragione è da individuarsi, invece, nei numerosi interventi che negli ultimi decenni hanno portato a consistenti modifiche dell’ordinamento interno. Il lavoro di studio e di ricerca sarà pertanto orientato a verificare che gli equilibri sui cui si fonda il procedimento penale non siano compromessi. La scelta di focalizzare l’attenzione della ricerca sulla fase delle indagini preliminari è dovuta alla circostanza per cui è questo il segmento procedurale in cui sono previsti per la persona offesa i moduli partecipativi più incisivi. Oltre ad un’ampia serie di diritti informativi, funzionali a garantirle una concreta e consapevole partecipazione, risulta infatti titolare di diritti e facoltà che sembrerebbero potersi distinguere in due macrocategorie: da un lato, prerogative che le consentono di contribuire alla formazione di materiale a contenuto probatorio e, dall’altro, strumenti idonei a controllare o a condizionare l’esercizio dell’azione penale da parte del pubblico ministero. Lo studio dei principali istituti e dei meccanismi procedimentali propri della fase delle indagini preliminari è funzionale a comprendere se le prerogative riconosciute alla persona offesa dal reato risultino compatibili con la struttura di un procedimento penale che pretende di essere qualificato come accusatorio o se, viceversa, non rappresentino solo un arricchimento in termini di peso processuale della persona offesa a discapito di un indagato e, poi, di un imputato che gode di una protezione costituzionale dal cui confronto non sembra possibile esimersi. A dieci anni dalla Direttiva 2012/29/UE (c.d. Direttiva Vittime) i tempi appaiono maturi per un’analisi del livello di compliance dell’ordinamento interno agli standard europei e per formulare alcune riflessioni in una prospettiva de iure condendo, con l’obiettivo di comprendere se sussistano – e nel caso, quali siano – ulteriori margini di miglioramento con riferimento ai diritti e alle garanzie partecipative da riconoscere ad un soggetto che, spesso considerato ospite indesiderato del procedimento penale, si deve inevitabilmente imparare a conoscere.
There are essentially two reasons that contribute to making the topic of the prerogatives of the offended person in criminal proceedings relevant and topical. The first, mainly of a theoretical nature, concerns the need to reflect on what space it can occupy on the scene of criminal proceedings and, in particular, of the accusatory process, built and modelled around the figure of the defendant. The second reason is to be found in the numerous interventions that have led to significant changes in the domestic legal system in recent decades. The study and research work will therefore be oriented towards verifying that the balances on which criminal proceedings are based are not compromised. The decision to focus the research attention on the preliminary investigation phase is due to the circumstance that this is the procedural segment in which the most incisive forms of participation are provided for the offended person. In addition to a wide range of informational rights, functional to guaranteeing her concrete and conscious participation, the offended person holds rights and faculties that seem to be distinguishable in two macro-categories: prerogatives that contribute to the formation of material with evidentiary content and instruments suitable for controlling or conditioning the exercise of criminal action. The study of the main institutes and procedural mechanisms of the preliminary investigation phase is aimed at understanding whether the prerogatives granted to the offended person are compatible with the structure of a criminal proceeding that claims to be classified as accusatory or if they just represent an enrichment in terms of the offended person's procedural weight that weakens the rights of the defendant. Ten years after Directive 2012/29/EU (Victims Directive), it seems possible to proceed with an analysis of the level of compliance of the domestic legal system with the European standards and to formulate some reflections de iure condendo, with the aim of understanding whether there are - and if so, which are - further margins for improvement with reference to the participatory rights and guarantees to be recognised to a subject often considered an unwanted guest of the criminal proceedings, but that we must inevitably investigate.
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BANDIERA, EDOARDO. "I terzi nel procedimento di prevenzione patrimoniale finalizzato alla confisca. Diritti, poteri e tutela dei soggetti coinvolti nel procedimento alla luce della direttiva 2014/42/UE e del regolamento 2018/1805/UE". Doctoral thesis, Università degli studi di Ferrara, 2020. http://hdl.handle.net/11392/2488047.

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L’indagine ha ad oggetto la tutela procedimentale che l’ordinamento riconosce ai terzi coinvolti in un procedimento finalizzato all’adozione di un provvedimento di confisca di prevenzione; dunque, si concentra sui diritti ed i poteri che questi soggetti possono esercitare nel corso del procedimento. L’assunto da cui prende abbrivio la ricerca è quello per cui negli ultimi anni l’attenzione del legislatore, in materia penale, è stata catalizzata sempre più dai patrimoni e dalle ricchezze illecitamente accumulate dalle organizzazioni criminali, che sono così divenute il bersaglio privilegiato dell’intervento punitivo. Accanto a un diritto penale patrimoniale si è, così, edificato un “processo al patrimonio” che ha visto nelle forme di incapacitazione patrimoniali, recte nella confisca, la forma privilegiata di risposta coercitiva statale. In particolare, il modello italiano si è connotato per un ricorso parossistico all’utilizzo della confisca misura di prevenzione, una sanzione dalla natura non penale. La considerazione per cui i provvedimenti ablatori, siano essi cautelari, oppure definitivi, rischiano di coinvolgere beni formalmente nella proprietà o nella disponibilità di soggetti terzi ha mosso il legislatore, nazionale . È questo il motivo per cui la più recente normativa europea (la direttiva 2014/42/UE relativa al congelamento e alla confisca dei beni strumentali e dei proventi da reato nell’Unione europea) chiede agli Stati membri di garantire uno statuto minimo di tutela dei diritti dei terzi in sede di trasposizione (artt. 6 e 7). Peraltro, in sede di recepimento della direttiva (d.lgs. 29 ottobre 2016, n. 202) il legislatore domestico non ha apportato alcuna modifica al nostro ordinamento in merito alle garanzie che devono essere riconosciute ai soggetti terzi coinvolti in un procedimento penale all’esito del quale sarà comminata la sanzione della confisca. Dal punto di vista della teoria generale del processo, infatti, il terzo non essendo una parte del processo penale, ma un estraneo, non può proporre alcuna impugnazione avverso la sentenza di primo grado che prevede la confisca di beni su cui vanti, a qualsiasi titolo, una pretesa. La tutela dei soggetti terzi, invece, è da tempo “croce e delizia” del procedimento di prevenzione patrimoniale. Si sono così esaminate le differenti posizioni e gli strumenti di tutela corrispondenti a ciascuna di esse, che le diverse tipologie di terzi possono azionare, pur nell’unicità del procedimento.
The investigation has as its object the procedural protection that the system recognizes to third parties involved in a procedure aimed at the adoption of a measure of confiscation of prevention; therefore, the analysis focuses on the rights and powers that these subjects can exercise during the procedure. The assumption from which the research is taken into consideration is that, in recent years, the attention of the Legislator, in the criminal matter, has been catalyzed more and more by the patrimonies and riches illegally accumulated by the criminal organizations, which have become the privileged target of the punitive intervention. Alongside a criminal patrimonial law, a "trial of the patrimony" has been built up, which has seen in the forms of patrimonial incapacitation, recte in the confiscation, the privileged form of coercive state response. In particular, the Italian model has been characterized by a paroxysmal recourse to the use of the confiscation measure of prevention, a sanction of a non-criminal nature. The consideration for which the dispositions of attorney, whether precautionary or definitive, risk involving property formally in the ownership or availability of third parties, has moved the legislator, national and European, to prepare a minimum statute of guarantee in respect of these subjects. This is why the most recent European legislation (Directive 2014/42/EU on the freezing and confiscation of instrumental property and the proceeds from crime in the European Union) calls on the Member States to guarantee a minimum statute for the protection of the rights of third parties when transposing it (Articles 6 and 7). From the point of view of the general theory of the trial, in fact, the third party, not being a part of the criminal trial, but a stranger, cannot propose any appeal against the sentence of first instance which provides for the confiscation of goods and properties on which, for whatever reason, a claim is made. The protection of third parties, on the other hand, has long been a "cross and delight" of the procedure of patrimonial prevention. The research has been characterized by two poles: on the one hand, the process of patrimonial prevention; on the other, the participation of the third party in the same. In conclusion, particular attention was paid to the issue of evidence, differentiating with regard to the object of evidence that each category of third party is required to demonstrate.
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Askarova, Albina <1984&gt. "La disciplina dell’imposta sul valore aggiunto nelle operazioni comunitarie. Rivisitazione delle triangolazioni IVA alla luce della direttiva (UE) 2018/1910". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2020. http://hdl.handle.net/10579/17074.

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La presente tesi analizza la disciplina dell’imposta sul valore aggiunto nelle operazioni intracomunitarie, l’evoluzione normativa e le rettifiche programmate dalla Commissione europea, per abbandonare l’attuale sistema transitorio di tassazione ai fini IVA che prevede una suddivisione dell’operazione a non imponibile nel Paese del cedente ed imponibile nel Paese del cessionario. Il regime definitivo dell’IVA si baserà sul principio dell’imposizione nello Stato membro di destinazione con l’imposta applicata dal venditore con l’aliquota propria dello Stato del cliente, riscossa dal Paese del cedente e da quest’ultimo attribuita allo Stato in cui avviene il consumo. Di qui la proposta di estendere il mercato unico digitale europeo all'insieme delle operazioni digitali, con il versamento dell'IVA da parte del cedente secondo le modalità del Paese di destinazione, attraverso lo Sportello Unico europeo. Uno schema semplice, che abbatte i costi di conformità e chiude i varchi all'evasione. Nel secondo capitolo della tesi si prosegue con l’analisi delle operazioni triangolari IVA in ambito intra-europeo che assumono un significato sempre più elevato per l’esigenza di dimostrare l’effettiva realizzazione della transazione ed evitare eventuali frodi. Il fatto che nelle operazioni triangolari comunitari siano esentate le prime due operazioni e solo la terza sia tassata nel paese di destinazione implica un’analisi dettagliata del ruolo del trasporto. In varie circostanze la Corte di Giustizia europea ha sottolineato che la correlazione tra compravendita effettuata e trasporto dei beni in altro Stato membro consente di poter imputare un regime di non imponibilità all'operazione a monte. Ciò nonostante, l’interpretazione della Corte, in tema di operazioni triangolari intracomunitarie, pone numerosi problemi sull'accertamento esatto dell’operazione cui si riferisce il trasporto e le operazioni che possono, eventualmente, beneficiare dell’esenzione. Per contribuire alla creazione di una disciplina uniforme, il legislatore europeo ha emanato la direttiva 2018/1910/UE che, a partire dal 1° gennaio 2020, affronta le situazioni in cui la merce forma oggetto di più cessioni tra soggetti appartenenti a Stati membri diversi ai fini di minimizzare i rischi di doppia imposizione o di salto d’imposta, e di eliminare le incertezze del diritto tra gli operatori. La tesi si conclude con l'esame delle conseguenze positivi che il regime definitivo dell'IVA avrà sula semplificazione e sulla minimizzazione del costo di gestione dell'imposta, sul contenimento delle frodi e sulle opportunità di accedere a nuovi mercati per le imprese minori.
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DI, GUIDA Carmela. "La comunicazione economica-finanziaria d'impresa e l'armonizzazione dei bilanci. Il contesto europeo e l’esperienza italiana". Doctoral thesis, Università degli studi del Molise, 2020. http://hdl.handle.net/11695/99050.

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Resumen
Il processo di armonizzazione contabile a livello europeo trova la sua origine negli anni Settanta del secolo scorso e si pone l’obiettivo ambizioso di creare un linguaggio contabile unico per tutte le aziende dei Paesi dell’Unione Europea (UE), favorendo in tal modo l’accountability e la trasparenza di bilancio. L’intento è quello di favorire il migliore funzionamento del mercato interno dei capitali, degli strumenti e dei servizi finanziari, nonché garantire la concretezza del diritto di stabilimento sancito nel Trattato Costitutivo della Comunità Europea del 1957. In aggiunta, il processo di armonizzazione contabile dovrebbe favorire anche gli investitori per i quali, a seguito della diffusione di un unico linguaggio contabile, si riducono sia i costi di interpretazione dei bilanci sia i rischi di un’errata lettura e comprensione dei dati economico- finanziari forniti dalle società. In tale direzione si colloca la direttiva n. 34/2013/UE, relativa ai bilanci d’esercizio ed a quelli consolidati delle società non quotate, che ha abrogato la IV e la VII direttiva CEE, riscrivendo la normativa sul bilancio. La direttiva è stata recepita dai singoli Stati membri nel corso del 2015 e deve essere applicata per la prima volta per i bilanci pubblicati nel 2017 e relativi all’esercizio avente inizio dal 1° gennaio 2016. Alla luce di tali premesse obiettivo del presente lavoro è quello di indagare sia il livello di armonizzazione contabile di diritto raggiunto tra i Paesi membri dell’UE a seguito del recepimento della direttiva contabile 34/2013/UE, con particolare riferimento a Italia, Francia e Spagna (armonizzazione de jure), sia il livello di armonizzazione contabile di fatto realizzato in Italia in sede di prima adozione dei contenuti della direttiva 34 (armonizzazione de facto). Per verificare il livello di armonizzazione de jure è stato analizzato il contenuto dei testi normativi di recepimento della direttiva in Italia, Francia e Spagna, evidenziando una sostanziale disomogeneità relativa ai soggetti ai quali viene applicata la normativa, alle tipologie di documenti da redigere e alla loro struttura informativa, e infine anche ai criteri di valutazione delle singole poste contabili, tale da rendere difficile la comparazione nello spazio dei bilanci predisposti dalle società operanti nei tre Stati membri. Per misurare il livello di armonizzazione de facto in Italia è stata condotta un’analisi sui bilanci delle società non quotate, al fine di verificare il livello di armonizzazione degli schemi, delle voci e dei criteri di valutazione delle singole poste contabili a seguito dell’emanazione del D.LGS. 139/2015 di recepimento della direttiva. L’indice di armonizzazione (H) ha evidenziato un discreto livello di armonizzazione contabile de facto in Italia, in merito sia alla forma di disclosure che ai criteri di valutazione, cui si accompagna tuttavia uno scarso grado di compliance della nuova normativa, le cui prescrizioni sono rimaste di fatto disattese. Tali risultati hanno implicazioni sia sul piano normativo che della ricerca. Dal un punto di vista normativo, infatti, il mancato adeguamento alla nuova normativa, a distanza di due anni dalla sua emanazione, testimonia una scarsa attenzione alla disciplina sul bilancio da parte delle società non quotate. Tale dato potrebbe essere la conseguenza di una non dettagliata disciplina in merito alle false comunicazioni sociali e di una scarsa attenzione da parte delle aziende non quotate alla redazione del bilancio, principalmente dovuta alla presenza di pochi stakeholder interessati alla lettura del documento. I principali stakeholder delle aziende non quotate italiane sono, infatti, gli istituti di credito che finanziano le stesse e che hanno un accesso diretto alla documentazione di cui necessitano. Sul fronte della ricerca, invece, i risultati devono essere inquadrati alla luce dei precedenti studi che hanno evidenziato come il recepimento di una nuova normativa avvenga gradualmente nel corso degli anni successivi alla sua emanazione, per cui potrebbe risultare utile estendere l’indagine agli anni successivi al 2017.
The accounting harmonization process at European level originated in the 1970s last century andhas the ambitious goal of creating a single accounting language for all companies in the countries ofthe European Union (EU), thus promoting accountability and budget transparency.The intent is to promote the better functioning of the internal market for capital, financial instruments and services, as well as to guarantee the concreteness of the right of establishment enshrined in the Constitutional Treaty of the European Community of 1957. In addition, the accounting harmonization process should also to favor investors for whom, following the diffusion of a single accounting language, reducing the costs of interpreting the financial statements and the risks of incorrect reading and understanding of the economic and financial data provided by the companies. Directive no. 34/2013 / EU, relating to the financial statements and consolidated financial statements of unlisted companies, which replaced the IV and VII EEC directives, rewriting the budget legislation. The directive was transposed by the individual Member States during 2015 and must be applied for the first time for the financial statements published in 2017 and relating to the year starting from 1 January 2016. In light of these premises, the aim of this work is to investigate both the level of accounting harmonization by law achieved between the EU member countries following the implementation of accounting directive 34/2013 / EU, with particular reference to Italy, France and Spain (de jure harmonization), and the level of de facto accounting harmonization achieved in Italy when the contents of Directive 34 (de facto harmonization) were first adopted. In order to verify the level of de jure harmonization, the content of the regulatory texts transposing the directive in Italy, France and Spain was analyzed, highlighting a substantial lack of homogeneity relating to the subjects the legislation is applied, the types of documents to be drafted and their information structure, and finally also to the evaluation criteria of the individual accounting items, such as to make it difficult to compare the financial statements of the companies operating in the three Member States. To measure the level of de facto harmonization in Italy, an analysis on the financial statements of unlisted companies was carried out, in order to verify the level of harmonization of the schedules, items and evaluation criteria of the individual accounting items following the issue of the Legislative Decree 139/2015 transposing the directive. The harmonization index (H) showed a discrete level of de facto accounting harmonization in Italy, with regard both to the form of disclosure and to the evaluation criteria, which is however accompanied by a poor degree of compliance with the new regulations, whose requirements were in fact disregarded. These results have implications for both regulators and researchers. From a regulatory point of view, in fact, the lack of compliance to the new legislation, after two years, testifies to a scarce of attention to the discipline on the financial statements by unlisted companies. This figure could be the consequence of a non-detailed discipline regarding false corporate communications and a lack of attention by unlisted companies to the elaboration of the financial statements, mainly due to the presence of a few stakeholders interested in reading the document. The main stakeholders of Italian unlisted companies are, in fact, the credit institutions that finance them and that may have direct access to the documentation they need. On the research front, however, the results must be framed in the light of previous studie,s which have shown that the transposition of a new regulation takes place gradually over the years following its enactment, so it may be useful to extend the investigation to subsequent years to 2017.
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Savella, Riccardo Angelo <1994&gt. "L'obbligo di rendicontazione non finanziaria secondo la direttiva 2014/95/UE. Analisi effettuata per l'anno 2017 su 150 imprese europee appartenenti a: Bulgaria, Francia, Irlanda, Lituania, Lussemburgo, Malta, Olanda, Polonia, Repubblica Ceca, Spagna e Svezia". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/14310.

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L'obiettivo del lavoro di tesi è quello di analizzare l'attività di non-financial reporting per l'anno 2017, anno in cui la direttiva 2014/95/UE sancisce l'obbligatorietà per imprese che superano una determinata dimensione. Il lavoro di tesi è effettuato su un campione di 150 imprese europee appartenenti ai seguenti stati membri: Bulgaria, Francia, Irlanda, Lituania, Lussemburgo, Malta, Olanda, Polonia, Repubblica Ceca, Spagna e Svezia. Nel primo capitolo viene affrontata l'evoluzione dell'importanza nelle attività di non-financial reporting, facendo riferimento alla Legitimacy theory e raffrontando Integrated Report e Sustainability Report. Il secondo capitolo esamina il testo della direttiva e offre una panoramica di tutti i paesi europei inerenti al campione con specifico riguardo alla direttiva 2014/95/UE. Nel terzo capitolo vengono osservati i risultati dei non-financial report per l'anno 2017. Nel quarto ed ultimo capitolo sono analizzati i cambiamenti per settore e per nazione tra 2016 e 2017, al fine di comprendere cosa effettivamente sia cambiato con il passaggio da un regime volontario ad uno obbligatorio dell'attività di non-financial reporting.
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Flacco, Giuseppe <1981&gt. "Edificio-Impianto: ruolo dell'involucro e dell'impiantistica. Miglioramento delle prestazioni energetiche degli edifici attraverso progetti innovativi che anticipano l'applicazione della Direttiva CE 2010/31". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2011. http://amsdottorato.unibo.it/3359/1/FLACCO_GIUSEPPE_TESI.pdf.

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La tematica del presente scritto è l’analisi teorico-sperimentale del sistema edificio-impianto, che è funzione delle soluzioni progettuali adottate, dei componenti scelti e del tipo di conduzione prevista. La Direttiva 2010/31/CE sulle prestazioni energetiche degli edifici, entrata in vigore l’8 luglio 2010, pubblicata sulla Gazzetta Europea del 18 giugno 2010, sostituirà, dal 1º febbraio 2012, la direttiva 2002/91/CE. La direttiva prevede che vengano redatti piani nazionali destinati ad aumentare il numero di “edifici a energia quasi zero” e che entro il 31 dicembre 2020 tutti gli edifici di nuova costruzione dovranno essere “edifici a energia quasi zero”, per gli edifici pubblici questa scadenza è anticipata al 31 dicembre 2018. In questa prospettiva sono stati progettati due “edifici a energia quasi zero”, una villa monofamiliare e un complesso scolastico (scuola dell’infanzia, elementare, media inferiore) attualmente in via di realizzazione, con l’obiettivo principale di fornire un caso studio unico per ogni tipologia in quanto anche modulare e replicabile nella realtà del nostro territorio, che anticipano gli obiettivi fissati dalla Direttiva 2010/31/CE. I risultati ottenibili dai suddetti progetti, esposti nella tesi, sono il frutto di un attenta e proficua progettazione integrata, connubio tra progettazione architettonica ed energetico/impiantistica. La stessa progettazione ha esaminato le tecnologie, i materiali e le soluzioni tecniche “mirate” ai fini del comfort ambientale e di un’elevata prestazione energetica dell’edificio. Inoltre è stato dedicato ampio rilievo alla diagnosi energetica degli edifici esistenti attraverso 4 casi studio, i principali svolti durante i tre anni di dottorato di ricerca, esemplari del patrimonio edilizio italiano. Per ogni caso studio è stata condotta una diagnosi energetica dell’edificio, valutati i risultati e definita la classe energetica, ed in seguito sono stati presi in considerazione i possibili interventi migliorativi sia da un punto di vista qualitativo sia economico tenendo conto degli incentivi statali per l’incremento dell’efficienza energetica.
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Flacco, Giuseppe <1981&gt. "Edificio-Impianto: ruolo dell'involucro e dell'impiantistica. Miglioramento delle prestazioni energetiche degli edifici attraverso progetti innovativi che anticipano l'applicazione della Direttiva CE 2010/31". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2011. http://amsdottorato.unibo.it/3359/.

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La tematica del presente scritto è l’analisi teorico-sperimentale del sistema edificio-impianto, che è funzione delle soluzioni progettuali adottate, dei componenti scelti e del tipo di conduzione prevista. La Direttiva 2010/31/CE sulle prestazioni energetiche degli edifici, entrata in vigore l’8 luglio 2010, pubblicata sulla Gazzetta Europea del 18 giugno 2010, sostituirà, dal 1º febbraio 2012, la direttiva 2002/91/CE. La direttiva prevede che vengano redatti piani nazionali destinati ad aumentare il numero di “edifici a energia quasi zero” e che entro il 31 dicembre 2020 tutti gli edifici di nuova costruzione dovranno essere “edifici a energia quasi zero”, per gli edifici pubblici questa scadenza è anticipata al 31 dicembre 2018. In questa prospettiva sono stati progettati due “edifici a energia quasi zero”, una villa monofamiliare e un complesso scolastico (scuola dell’infanzia, elementare, media inferiore) attualmente in via di realizzazione, con l’obiettivo principale di fornire un caso studio unico per ogni tipologia in quanto anche modulare e replicabile nella realtà del nostro territorio, che anticipano gli obiettivi fissati dalla Direttiva 2010/31/CE. I risultati ottenibili dai suddetti progetti, esposti nella tesi, sono il frutto di un attenta e proficua progettazione integrata, connubio tra progettazione architettonica ed energetico/impiantistica. La stessa progettazione ha esaminato le tecnologie, i materiali e le soluzioni tecniche “mirate” ai fini del comfort ambientale e di un’elevata prestazione energetica dell’edificio. Inoltre è stato dedicato ampio rilievo alla diagnosi energetica degli edifici esistenti attraverso 4 casi studio, i principali svolti durante i tre anni di dottorato di ricerca, esemplari del patrimonio edilizio italiano. Per ogni caso studio è stata condotta una diagnosi energetica dell’edificio, valutati i risultati e definita la classe energetica, ed in seguito sono stati presi in considerazione i possibili interventi migliorativi sia da un punto di vista qualitativo sia economico tenendo conto degli incentivi statali per l’incremento dell’efficienza energetica.
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Girotto, Giulio <1993&gt. "Strumenti per la risoluzione delle controversie fiscali internazionali relative a doppia imposizione: dalla Convenzione arbitrale (90/436/CEE) alla Direttiva UE (2017/1852)". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/14743.

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L'elaborato intende inizialmente presentare uno strumento (potenzialmente) in grado di risolvere le controversie in materia di prezzi di trasferimento in ambito europeo, ossia la Convenzione 90/436/CEE. Il meccanismo arbitrale presente nella Convenzione assicura che le Autorità competenti degli Stati membri forniscano una soluzione certa al contribuente, prevedendo l'istituzione di una Commissione qualora le stesse non raggiungano un accordo, mediante procedura amichevole, entro un determinato periodo di tempo. Tuttavia, detto strumento presenta alcune carenze strutturali che verranno analizzate. Queste carenze giocano a sfavore del contribuente e del suo diritto all'ottenimento di una piena eliminazione della doppia imposizione, ma vanno anche a svantaggio dell'Unione stessa, in quanto, il loro mancato superamento, impedisce la piena implementazione del mercato unico e sfavorisce gli investimenti esteri. A tal proposito, l'UE ha recentemente adottato una direttiva (2017/1852) volta a superare le debolezze della già esistente Convenzione arbitrale europea, alla quale non intende comunque sostituirsi ma affiancarsi. L'obiettivo di questo elaborato è quello di analizzare gli aspetti procedurali, normativi, la dottrina e la giurisprudenza riguardanti l'ormai datata Convenzione arbitrale europea (90/436/CEE). Successivamente verranno discusse le novità apportate dalla Direttiva dell'UE (2017/1852) ai meccanismi di risoluzione delle controversie già esistenti, confrontandone la portata e l'efficacia, al fine di verificare l'eventuale possibilità di proporre ulteriori raccomandazioni in grado di condurre a soluzioni delle controversie più accettabili e uniformi a livello UE.
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REMOTTI, GIORGIO. "I RAPPORTI TRA AUTORI, ARTISTI E COLLECTING L'apparente antitesi tra efficienza e solidarietà nel quadro italiano di recepimento della direttiva UE n. 26 del 2014". Doctoral thesis, Università degli studi di Pavia, 2018. http://hdl.handle.net/11571/1214792.

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La tesi si occupa dei rapporti tra i titolari dei diritti d’autore e le società di gestione collettiva. Il tema è oggi in una fase di riforma a causa dell’introduzione della direttiva UE n. 26 del 2014. L’intervento del legislatore europeo incide fortemente sull’assetto attuale del modello di gestione collettiva presente in molti ordinamenti europei e quindi sul sistema di diritto d’autore. In particolare il modello proposto dalla direttiva abbandona la logica corporativa e associativa con funzioni solidaristiche, che aveva connotato le prime esperienze di gestione collettiva per abbracciare un sistema dedicato ed efficientista atto a perseguire finalità economiche. Il principale indizio di questo cambiamento si rinviene nell’art. 3 della direttiva, in cui si prevede l’introduzione della possibilità di perseguire finalità lucrative per gli organismi di gestione collettiva e che addirittura per le entità di gestione indipendente costituisce un requisito essenziale. Il mutamento del sistema di gestione collettiva incide sulle funzioni a cui è preordinato. Nel sistema tradizionale di gestione collettiva emergeva una funzione di particolare rilevanza nel sistema di diritto d’autore, vale a dire quella di assicurare una remunerazione sufficiente ad autori e artisti, non strettamente determinata dalle sole regole di mercato ma secondo criteri di giustizia distributiva informati da una dimensione solidaristica. Nel nuovo sistema, invece, perdono rilievo proprio le funzioni solidaristiche volte – anche – ad assicurare una remunerazione equa ad autori e artisti. Il rischio che ne discende è quello di pregiudicare le funzioni stesse che sottendono alle regole attributive dei diritti d’autore. E in particolare di intaccare quel meccanismo incentivante alla produzione e divulgazione delle opere culturali che vede nell’equa remunerazione il giusto premio che l’ordinamento riserva a ciascun autore o artista che abbia concretamente contribuito al progresso e allo sviluppo culturale e sociale. Si presenta allora l’esigenza di assicurare anche nel nuovo sistema di gestione collettiva, la funzione in parola. Nell’ordinamento italiano tale funzione trova un addentellato nell’art. 36 Cost. Ciò consente di interpretare l’accordo negoziale intercorrente tra titolare dei diritti e collecting sulla base di un principio di giustizia distributiva. E tale previsione può costituire il fondamento sistematico per giustificare l’estensione di alcuni rimedi previsti dall’ordinamento ai rapporti in esame, come ad esempio, quelli previsti nelle ipotesi di abuso di dipendenza economica.
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De, Luca Giulia <1992&gt. "Come è cambiata la normativa di redazione del bilancio in seguito al recepimento della Direttiva 2013/34/UE e i relativi effetti contabili sulle imprese". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2017. http://hdl.handle.net/10579/10211.

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Resumen
Il presente elaborato è incentrato sull’analisi della riforma riguardante la redazione del bilancio d’esercizio, in seguito all’emanazione della Direttiva 2013/34/UE e al recepimento della stessa con il d.lgs. 139/2015. Partendo dall’origine storica della redazione dei documenti contabili, si illustrano i più importanti interventi legislativi che hanno contribuito ad una modifica dello schema di bilancio. Viene descritto il percorso evolutivo che ha portato al recepimento della Direttiva europea 34/2013, ponendola a confronto con le proposte di riforma OIC del 2006 e 2008 e la normativa attuale. Dopo aver esaminato la struttura e gli obiettivi della Direttiva, l’attenzione si sposta sui principi generali e sui criteri di valutazione che disciplinano la normativa civilistica, confrontandola con quella internazionale. Viene, poi, trattato il recepimento della nuova Direttiva UE, in Italia, con il d.lgs. 139/2015 e come, grazie a quest’ultimo, sia cambiata la struttura del bilancio d’esercizio dal 1° gennaio 2016. Verranno analizzate le varie novità riportate dalla voci e dai documenti di bilancio, con un breve cenno a quanto riguarda il bilancio consolidato. Infine verranno affrontati gli effetti della normativa a livello nazionale e come le imprese si siano adeguate a quest’ultima. Si tratta, quindi, di capire se la nuova impostazione di concepire il bilancio possa portare ad una semplificazione nel confronto tra i diversi bilanci per tutti i portatori di interessi, oppure no.
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GIUFFRE', GUGLIELMO ALDO. "I contratti pubblici alla luce delle direttive europee del 2014 tra rispetto del principio di concorrenza e uso efficiente degli investimenti pubblici". Doctoral thesis, Università degli studi del Molise, 2017. http://hdl.handle.net/11695/77222.

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Resumen
Il presente lavoro ha inteso mettere in luce le innovazioni apportate dalle direttive del 2014 nella materia dei contratti pubblici, evidenziando, in particolare, il mutamento di prospettiva che ha portato a non identificare più solamente in quello di concorrenza, in sé considerato, il principio cardine di rilevanza euro-unitaria (e costituzionale) sotteso al mercato delle commesse pubbliche, ma ad affiancarvi una serie di ulteriori e rilevanti principi di pari importanza, finalizzati al raggiungimento di una maggiore efficienza della spesa pubblica, che costituisce lo scopo ultimo della riforma. Dopo aver dato conto dell’origine storica del principio di tutela della concorrenza e del fondamentale ruolo avuto nella sua evoluzione dall’Unione Europea, oltre che delle più importanti pronunce costituzionali ed euro-unitarie in materia, ci si è soffermati sui principi a esso sottesi, e in particolare su quelli di parità di trattamento e di non discriminazione in base alla nazionalità, su quelli di trasparenza e pubblicità, su quello di proporzionalità, allo scopo di evidenziare le novità concernenti la loro applicazione apportate dalle nuove direttive, mediante un analitico confronto, in particolare, dei considerando della direttiva 24/2014 (c.d. “direttiva appalti nei settori ordinari”) con quelli della previgente direttiva 18/2004. Si è quindi trattato del recepimento delle recenti direttive nel nostro ordinamento, segnalando come l’intento della riforma di semplificazione, chiarificazione e riorganizzazione della materia appaia, sotto molto aspetti, tradito dal nuovo testo normativo, passando poi ad analizzare nel dettaglio, attraverso le singole disposizioni del nuovo Codice, le innovazioni introdotte per soddisfare l’intento del legislatore euro-unitario – e poi, per l’effetto, di quello nazionale – di introdurre il principio di efficienza della spesa pubblica e del “value for money”. In quest’ottica ci si è occupati dei criteri di aggiudicazione – la cui selezione è stata, sulla spinta delle ultime direttive, profondamente rivisitata nel nuovo Codice –, dell’istituto del soccorso istruttorio – anch’esso profondamente mutato rispetto alla previgente disciplina –, delle misure volte a facilitare l’accesso al mercato delle micro imprese e delle piccole e medie imprese (c.d. PMI) e di quelle volte a promuovere lo sviluppo sostenibile e la tutela dell’ambiente. Infine, sono state segnalate le principali novità apportate dal Codice al rito speciale sui contratti pubblici, evidenziandone le principali criticità, legate troppo spesso all’ingiusta considerazione della giustizia amministrativa quale principale fattore di rallentamento delle opere pubbliche, e si è dato atto dell’introduzione di un’apposita disciplina in materia di concessioni, costituente un novum assoluto per l’ordinamento italiano, delineandone i tratti caratterizzanti.
The aim of this job is showing the innovations brought by 2014 European Directives in the field of public contracts. Particularly, this elaborate underlines the change of perspective regarding the identification of some new principles with particular attention on how to improve the public spending. This reform wants to question the importance of the competition principle, which was previously considered the only cornerstone subtended to the public procurement market. This work highlights the historical origin of the competition principle, its fundamental role and its evolution through the European Union. It also focuses on its important “ruling” regarding the principle given by the Italian Constitutional Court and by the Court of Justice of the European Union. It analyses the principles deriving therefrom, particularly on those of equal treatment and non-discrimination and on those of transparency, traceability and proportionality of the process. The purpose here is to underline the novelties pertaining to their application brought by the new directives, through an analytical comparison between directive 24/2014 and the previous directive 18/2004. Subsequently, this elaborate focuses on the transposition of the recent directives into the Italian law, highlighting the intent of the reform to simplify, clarify and reorganise the Italian legislation on public contracts. This appears betrayed by the new normative text through different points of view. Furthermore, the contribution analyses in detail, through the study of the single dispositions of the new Italian Code, the innovations introduced in order to satisfy the purpose of the European legislator – and, consequently, also the one of the Italian legislator. This is adding the principle of the efficiency of public spending and the one of "value for money". In this perspective this job focuses in the first place on the criteria – whose selection has been, on the push of the 2014 Directives, deeply revisited in the new Code. Furthermore, on the institute of the “soccorso istruttorio” – it has also deeply changed in comparison to previous disciplines and on the measures aimed to facilitate the participation of small and medium-sized enterprises (SMEs) in public procurement and on those aimed to promote the sustainable development and the protection of the environment. Lastly, this contribution highlights the principal innovations brought by the new Italian Code to public procurement judgement, underlining its greatest problems – related to the unfair consideration of the Italian administrative justice as the principal factor of the deceleration of public contracts –, and the introduction of a specific discipline about concessions, that is an absolute “novum” for the Italian law, delineating the essential features of it.
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Portolese, Giovana Camila <1975&gt. "I profili fiscali delle operazioni di riorganizzazione societaria transfrontaliere nell'Unione Europea: Il regime fiscale comune della direttiva 2009/133/CE e le prospettive di sviluppo normativo". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amsdottorato.unibo.it/6143/1/PORTOLESE_GiovanaCamila_tesi.pdf.

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La tesi affronta le problematiche fiscali della riorganizzazione societaria e la soluzione adoperata nell’Unione europea per le operazioni di carattere transfrontaliere. Si parte dalla definizione del termine “riorganizzazione societaria”, evidenziando le sue matici economiche e la varietà del suo contenuto secondo l’ordinamento giuridico e la branca del diritto di riferimento. Si prosegue sulla correlazione fra l’ampliazione del contenuto della libertà di stabilimento, dovuta maggiormente all’attività interpretativa della Corte di giustizia, e l’allargamento del concetto di riorganizzazione societaria nel quadro normativo dell’Unione. Si procede dunque all’analisi del regime fiscale comune della direttiva 2009/133/CE intravedendosi i suoi sviluppi successivi. In sede di conclusioni, si apporta un breve riassunto sullo stato della questione in Brasile e si riflette sull’attendibilità del modello impositivo dell’Unione quale parametro per una futura riforma fiscale in Brasile.
The thesis deals with the fiscal problems related to corporate reorganisation and the solutions provided by relevant EU legislation applicable to cross-border operations . The analysis starts with the definition of the term corporate reorganisation, highlighting its economic aspects and its various interpretations in different legal systems and law sectors of reference. This is followed by a discussion of the correlation between the enrichment of freedom of establishment content, primarily resulting from relevant EU Court of Justice rulings, and the enlargement of the concept of corporate reorganization under the EU legal framework. Subsequently, there is an analysis of the common system of taxation adopted by Directive 2009/133/EC, anticipating the tendencies for its future development. Finally, in the thesis’ conclusion, there is a brief summary of the current Brazilian corporate reorganisation tax framework, followed by a discussion of the suitability of applying the EU common system of taxation as a model for tax reform in Brazil.
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Portolese, Giovana Camila <1975&gt. "I profili fiscali delle operazioni di riorganizzazione societaria transfrontaliere nell'Unione Europea: Il regime fiscale comune della direttiva 2009/133/CE e le prospettive di sviluppo normativo". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amsdottorato.unibo.it/6143/.

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La tesi affronta le problematiche fiscali della riorganizzazione societaria e la soluzione adoperata nell’Unione europea per le operazioni di carattere transfrontaliere. Si parte dalla definizione del termine “riorganizzazione societaria”, evidenziando le sue matici economiche e la varietà del suo contenuto secondo l’ordinamento giuridico e la branca del diritto di riferimento. Si prosegue sulla correlazione fra l’ampliazione del contenuto della libertà di stabilimento, dovuta maggiormente all’attività interpretativa della Corte di giustizia, e l’allargamento del concetto di riorganizzazione societaria nel quadro normativo dell’Unione. Si procede dunque all’analisi del regime fiscale comune della direttiva 2009/133/CE intravedendosi i suoi sviluppi successivi. In sede di conclusioni, si apporta un breve riassunto sullo stato della questione in Brasile e si riflette sull’attendibilità del modello impositivo dell’Unione quale parametro per una futura riforma fiscale in Brasile.
The thesis deals with the fiscal problems related to corporate reorganisation and the solutions provided by relevant EU legislation applicable to cross-border operations . The analysis starts with the definition of the term corporate reorganisation, highlighting its economic aspects and its various interpretations in different legal systems and law sectors of reference. This is followed by a discussion of the correlation between the enrichment of freedom of establishment content, primarily resulting from relevant EU Court of Justice rulings, and the enlargement of the concept of corporate reorganization under the EU legal framework. Subsequently, there is an analysis of the common system of taxation adopted by Directive 2009/133/EC, anticipating the tendencies for its future development. Finally, in the thesis’ conclusion, there is a brief summary of the current Brazilian corporate reorganisation tax framework, followed by a discussion of the suitability of applying the EU common system of taxation as a model for tax reform in Brazil.
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Sbordoni, Anna <1995&gt. "Il diritto d'autore dalle origini ad oggi. Confronto fra SIAE e Soundreef alla luce della direttiva 2014/26/UE e un'introduzione al diritto d'autore in architettura". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/15508.

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Questo elaborato si propone di fornire un inquadramento storico e normativo del diritto d’autore, mostrandone l’evoluzione dalle origini alla recente liberizzazione che ha portato, in Italia, alla comparsa di alternative alla SIAE, in primis Soundreef. Analizzando la storia del diritto d’autore europeo, ci si sofferma in particolare sulle vicende inglesi e francesi del Settecento, che, sommate ad una percezione romantica, hanno creato le basi del diritto d’autore moderno. A fronte di differenze nazionali più o meno accentuate, si riscontra una matrice comune che, a partire dalla fine del XIX sec, numerosi stati hanno sentito l’esigenza di definire a livello internazionale, nell’ottica di una progressiva armonizzazione delle normative domestiche. Alle convezioni internazionali in materia è seguito un tentativo di armonizzazione, tuttora in atto, a livello dell’UE, con l’obiettivo di uniformare i trattamenti riservati agli aventi diritto nei diversi stati dello spazio comune europeo. Significativo è stato l’apporto della Dir. 2014/26/UE, che ha aperto nuove possibilità alle collecting societies europee ed agli aventi diritto che ad esse si affidano. Nello specifico, si analizzano le due società SIAE e Soundreef e si cerca un contributo da parte di professionisti del settore che permetta di capire, a livello pratico, l’impatto di quanto descritto. Infine, si analizza il caso particolare del diritto d’autore in architettura, cui spesso non viene dedicata particolare attenzione.
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PALUDI, ALESSIA. "Abusi di mercato e ne bis in idem: dalla sentenza della Corte EDU del 5 marzo 2014 all’adeguamento dell’ordinamento italiano alla nuova Direttiva c.d. MAD 2". Doctoral thesis, Luiss Guido Carli, 2019. http://hdl.handle.net/11385/200701.

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Il presente elaborato dottorale mira principalmente a fornire una ricognizione dettagliata eed esaustiva della l’interpretazione del principio di preclusione espresso dal ne bis in idem, in particolare, all’interno del sistema puntivo-sanzionatorio degli abusi di mercato. Invero, si assiste alla trasformazione sempre più spinta delle garanzie penali sottese alla “materia penale”, nozione oggetto delle forme più sofisticate di interrelazione tra i vari ordinamenti a livello verticale e tendente a conquistare sempre più ambiti materiali, sul piano orizzontale le connessioni tra rami diversi dell’ordinamento diventano sempre più fluide e caotiche. Cosicché, il principiodivieto di bis in idem ha iniziato ad assumere una veste diversa dal passato, legata al profilo delle garanzie sostanziali e dei diritti dell’uomo, soprattutto in ambito penale, rappresentandone l’ultima frontiera. Invero, la cifra saliente del sistema di tutela dei mercati finanziari è rappresentata, ancora ad oggi, dalla coesistenza complessa di un binario sanzionatorio di matrice amministrativa presidiato dalla Consob accanto ad un altro sostanzialmente penale ed incentrato sulla configurazione dei reati di cui agli artt. 184 e 185 del D. Lgs. 58 del 1998 (“TUF”). Cosicchè partendo dall’esame delle posizioni teoriche assunte in materia di ne bis in idem da parte della dottrina, che attraverso la sua elaborazione ha prodotto una “frantumazione” del principio, individuandone ratio e perimetri operativi differenziati a seconda che si fosse trattato di ne bis in idem processuale ovvero sostanziale si è affrontato nel dettaglio il “crono-programma” degli eventi giuridico-politici che ne hanno ulteriormente affinato i tratti precipui a partire dal 4 marzo 2014, data in cui Corte EDU nella causa Grande Stevens e altri contro Italia ha condannato quest’ultima imponendo un ripensamento del sistema sanzionatorio “ipermuscolare” ed “efficientista” varato con la Legge 18 aprile 2005, n. 62, con conseguenze significative anche rispetto all’intero sistema penale. Si è poi perseguito nella ricostruzione del dibattito giurisprudenziale successivo passando per i revirement operati dalla stessa Corte EDU (A. e B. c. Norvegia) e le posizioni fondate sulla proporzionalità della Corte di Giustizia UE fino alla risposta dell’ordinamento italiano, dapprima analizzato ancora attraverso le posizioni della giurisprudenza di merito e di legittimità – entrambe impegnate a dialogare con le Corti europee – e poi del Legislatore, protagonista del processo di recepimento e adeguamento della disciplina italiana ai nuovi strumenti europei (il Regolamento UE n. 596/2014 alla Direttiva 2014/57/UE sulle sanzioni penali).
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Brunelli, Lara. "Analisi della sostenibilità della filiera dell'olio di palma e della Direttiva Comunitaria 2009/28/CE sulla promozione dell'uso di energia da fonti rinnovabili: il caso Unigrà SpA". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2012. http://amslaurea.unibo.it/2984/.

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Questo elaborato si pone l'obiettivo di analizzare e valutare la sostenibilità dell'intera filiera dell'olio di palma, che viene importato da paesi del Sud Est asiatico per essere utilizzato in Europa per scopi sia energetici che alimentari. Nell'introduzione è inquadrata la problematica dei biocombustibili e degli strumenti volontari che possono essere utilizzati per garantire ed incentivare la sostenibilità in generale e dei biocombustibili; è presente inoltre un approfondimento sull'olio di palma, sulle sue caratteristiche e sulla crescita che ha subito negli ultimi anni in termini di produzione e compra/vendita. Per questa valutazione sono stati impiegati tre importanti strumenti di analisi e certificazione della sostenibilità, che sono stati applicati ad uno specifico caso di studio: l'azienda Unigrà SpA. La certificazione RSPO (Roundtable on Sustainable Palm Oil) è uno strumento volontario per la garanzia della sostenibilità della filiera dell'olio di palma in termini economici (vitalità nel mercato), ambientali (risparmio delle emissioni di gas ad effetto serra o GHG, conservazione delle risorse naturali e della biodiversità) e sociali (preservazione delle comunità locali e miglioramento nella gestione delle aree di interesse). La Global Reporting Initiative è un'organizzazione che prevede la redazione volontaria di un documento chiamato bilancio di sostenibilità secondo delle linee guida standardizzate che permettono alle organizzazioni di misurare e confrontare le loro performance economiche, sociali e ambientali nel tempo. La Direttiva Comunitaria 2009/28/CE (Renewable Energy Directive o RED) è invece uno strumento cogente nel caso in cui le organizzazioni intendano utilizzare risorse rinnovabili per ottenere incentivi finanziari. A seguito di un calcolo delle emissioni di GHG, le organizzazioni devono dimostrare determinate prestazioni ambientali attraverso il confronto con delle soglie presenti nel testo della Direttiva. Parallelamente alla valutazione delle emissioni è richiesto che le organizzazioni aderiscano a dei criteri obbligatori di sostenibilità economica, ambientale e sociale, verificabili grazie a degli schemi di certificazione che rientrano all'interno di politiche di sostenibilità globale. Questi strumenti sono stati applicati ad Unigrà, un'azienda che opera nel settore della trasformazione e della vendita di oli e grassi alimentari, margarine e semilavorati destinati alla produzione alimentare e che ha recentemente costruito una centrale da 58 MWe per la produzione di energia elettrica, alimentata in parte da olio di palma proveniente dal sud-est asiatico ed in parte dallo scarto della lavorazione nello stabilimento. L'adesione alla RSPO garantisce all'azienda la conformità alle richieste dell'organizzazione per la commercializzazione e la vendita di materie prime certificate RSPO, migliorando l'immagine di Unigrà all'interno del suo mercato di riferimento. Questo tipo di certificazione risulta importante per le organizzazioni perché può essere considerato un mezzo per ridurre l'impatto negativo nei confronti dell'ambiente, limitando deforestazione e cambiamenti di uso del suolo, oltre che consentire una valutazione globale, anche in termini di sostenibilità sociale. Unigrà ha visto nella redazione del bilancio di sostenibilità uno strumento fondamentale per la valutazione della sostenibilità a tutto tondo della propria organizzazione, perché viene data uguale rilevanza alle tre sfere della sostenibilità; la validazione esterna di questo documento ha solo lo scopo di controllare che le informazioni inserite siano veritiere e corrette secondo le linee guida del GRI, tuttavia non da giudizi sulle prestazioni assolute di una organizzazione. Il giudizio che viene dato sulle prestazioni delle organizzazioni e di tipo qualitativo ma non quantitativo. Ogni organizzazione può decidere di inserire o meno parte degli indicatori per una descrizione più accurata e puntuale. Unigrà acquisterà olio di palma certificato sostenibile secondo i principi previsti dalla Direttiva RED per l'alimentazione della centrale energetica, inoltre il 10 gennaio 2012 ha ottenuto la certificazione della sostenibilità della filiera secondo lo schema Bureau Veritas approvato dalla Comunità Europea. Il calcolo delle emissioni di tutte le fasi della filiera dell'olio di palma specifico per Unigrà è stato svolto tramite Biograce, uno strumento di calcolo finanziato dalla Comunità Europea che permette alle organizzazioni di misurare le emissioni della propria filiera in maniera semplificata ed adattabile alle specifiche situazioni. Dei fattori critici possono però influenzare il calcolo delle emissioni della filiera dell'olio di palma, tra questi i più rilevanti sono: cambiamento di uso del suolo diretto ed indiretto, perché possono provocare perdita di biodiversità, aumento delle emissioni di gas serra derivanti dai cambiamenti di riserve di carbonio nel suolo e nella biomassa vegetale, combustione delle foreste, malattie respiratorie, cambiamenti nelle caratteristiche dei terreni e conflitti sociali; presenza di un sistema di cattura di metano all'oleificio, perché gli effluenti della lavorazione non trattati potrebbero provocare problemi ambientali; cambiamento del rendimento del terreno, che può influenzare negativamente la resa delle piantagioni di palma da olio; sicurezza del cibo ed aspetti socio-economici, perché, sebbene non inseriti nel calcolo delle emissioni, potrebbero provocare conseguenze indesiderate per le popolazioni locali. Per una valutazione complessiva della filiera presa in esame, è necessario ottenere delle informazioni puntuali provenienti da paesi terzi dove però non sono di sempre facile reperibilità. Alla fine della valutazione delle emissioni, quello che emerge dal foglio di Biograce e un numero che, sebbene possa essere confrontato con delle soglie specifiche che descrivono dei criteri obbligatori di sostenibilità, non fornisce informazioni aggiuntive sulle caratteristiche della filiera considerata. È per questo motivo che accanto a valutazioni di questo tipo è necessario aderire a specifici criteri di sostenibilità aggiuntivi. Il calcolo delle emissioni dell'azienda Unigrà risulta vantaggioso in quasi tutti i casi, anche considerando i fattori critici; la certificazione della sostenibilità della filiera garantisce l'elevato livello di performance anche nei casi provvisti di maggiore incertezza. L'analisi del caso Unigrà ha reso evidente come l'azienda abbia intrapreso la strada della sostenibilità globale, che si traduce in azioni concrete. Gli strumenti di certificazione risultano quindi dei mezzi che consentono di garantire la sostenibilità della filiera dell'olio di palma e diventano parte integrante di programmi per la strategia europea di promozione della sostenibilità globale. L'utilizzo e l'implementazione di sistemi di certificazione della sostenibilità risulta per questo da favorire.
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Corigliano, Dora <1991&gt. "Nuove politiche verso gli Investimenti Diretti Esteri in Cina e analisi del Catalogo Guida 2015 con repertorio terminografico". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2017. http://hdl.handle.net/10579/9565.

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Attraverso la definizione delle nuove manovre cinesi verso gli investimenti esteri e il confronto del Catalogo Guida degli investimenti esteri 2015 con il Catalogo precedente (2011), l'elaborato si propone di contestualizzare le novità apportate del testo di legge all'interno dei settori economici in cui esso trova applicazione, dando un'interpretazione del nuovo grado di apertura del Paese verso gli IDE.
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Biasin, Martino <1995&gt. "Gli appalti nei settori speciali: il recepimento della Direttiva 25/2014/UE, la nuova disciplina nei settori speciali, il Partenariato Pubblico Privato ed il case study in Italgas". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2020. http://hdl.handle.net/10579/18386.

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Il presente elaborato mira ad esplorare il settore degli appalti nei settori speciali. Quest’ultimi, afferenti ad attività e settori di interesse generale, erano originariamente relegati a settori esclusi dal diritto comunitario a causa della natura tendenzialmente chiusa del mercato e dell’influenza delle autorità pubbliche. Si vedranno le ragioni sia di quest’iniziale esclusione e sia del progressivo avvicinamento della disciplina a quella dei settori ordinari, anche per opera della recente direttiva 25/2014/UE relativa al settore utilities, nata assieme alle gemelle 23/2014/UE e 24/2014/UE, rispettivamente riguardanti concessioni ed appalti pubblici. Direttive nate allo scopo di apportare un efficientamento al settore degli appalti pubblici, quale individuato come uno dei settori leva per raggiungere degli obiettivi della “Strategia Europa 2020”. Verranno approfondite le peculiarità dei settori utilities, sia dal punto di vista dell’ambito di applicazione che della procedura d’appalto, focalizzandosi sulla nuova disciplina tracciata dal D.lgs. 50/2016 nato dal recepimento delle tre direttive 2014. A fianco della nuova disciplina codicistica dei settori speciali, si evidenzierà anche il fenomeno giuridico del Partenariato Pubblico Privato, relativamente recente nel dibattito comunitario ed racchiuso sempre nel “nuovo codice dei contratti pubblici”, quale mezzo di collaborazione pubblico-privato per la realizzazione di attività volte al conseguimento di interessi pubblici. Il presente lavoro è frutto anche di una coerenza con il tirocinio curriculare, svolto presso Italgas Reti Spa, principale società del gruppo Italgas Spa, quest’ultima operante nel settore della distribuzione del gas. Nell’ultimo capitolo verrà infatti illustrato, come case study, l’appalto di bonifica relativo all’area dell’ex officina gas a Santa Marta (VE), approfondito durante il tirocinio all’interno dell’unità Realizzazioni Investimenti- Bonifiche Area 2.
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Santoni, Lorenzo. "Valutazione della prestazione energetica degli edifici tramite il lcca (life cycle cost analysis). Analisi comparativa con gli strumenti applicativi della direttiva 31/2010/ce epbd e uni en 15459". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amslaurea.unibo.it/5496/.

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Batini, Claudia. "L’Emission Trading System europeo e la sua applicazione a un’azienda del settore ceramico". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2020.

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L’elaborato esplora l'Emission Trading System (ETS) dell'Unione Europea come principale strumento contro i cambiamenti climatici. Viene analizzato il meccanismo di funzionamento e il “ciclo di conformità” del sistema, che, attraverso monitoraggio, comunicazione e verifica, ne garantisce la credibilità e l’attuazione. L'ETS è stato contestualizzato all’interno del quadro normativo europeo ed italiano, ponendo particolare attenzione alle modifiche che verranno apportate nella quarta fase di scambio, che avrà inizio nel gennaio 2021 e terminerà nel 2030. Nell’elaborato sono stati approfonditi i processi produttivi di piastrelle in ceramica, le relative emissioni di combustione e di processo ed il meccanismo di assegnazione di quote a titolo gratuito nel settore di riferimento. Il caso oggetto di questo studio è una grande azienda ceramica italiana, di cui sono state calcolate le emissioni di combustione e di processo relativamente all’anno 2019, redigendo il Piano di Monitoraggio e la Comunicazione delle emissioni relativamente all’anno di riferimento. È stato calcolato l’impatto economico legato all’applicazione del sistema EU ETS sull’azienda ceramica del caso studio, nel periodo 2013-2020, corrispondente alla Fase III, e nel periodo 2021-2030, corrispondente alla quarta fase del periodo di scambio del sistema. Ciò è stato possibile attraverso una analisi di sensitività, che prevede tre diversi scenari di evoluzione del prezzo della CO2 nei prossimi dieci anni. Sono state inoltre delineate soluzioni alternative che l’impresa potrebbe adottare, svolgendo un ruolo proattivo nella riduzione delle proprie emissioni di CO2 e, conseguentemente, di costi legati all’applicazione dell’EU ETS. Lo scopo ultimo dell’elaborato è quello di comprendere l’efficacia del sistema di scambio ETS in relazione ai suoi obiettivi e di analizzarne criticamente le conseguenze per le aziende con particolare riferimento al settore industriale oggetto di studio.
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BELLETTATO, Sara. "Contratti di finanziamento e valutazione del merito creditizio del cliente-consumatore nel diritto dell'Unione europea. Le direttive 2008/48/CE e 2014/17/UE e la loro attuazione negli Stati membri". Doctoral thesis, Università degli studi di Ferrara, 2018. http://hdl.handle.net/11392/2488141.

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Nel quadro dell’attuale crisi finanziaria e del sempre più penetrante fenomeno del c.d. “sovraindebitamento delle famiglie”, le istituzioni europee hanno ritenuto opportuno intervenire attraverso l’emanazione di due direttive aventi entrambe lo scopo di creare un mercato interno del credito al consumo più trasparente, efficiente e competitivo, tale da garantire a tutti i cittadini europei un livello di tutela elevato ed uniforme. A tal riguardo, il lavoro di ricerca si propone di indagare se la verifica del merito creditizio del consumatore, quale obbligo gravante in capo ai finanziatori, possa rappresentare il nucleo normativo a partire dal quale sviluppare strumenti di tutela rispetto a forme di credito irresponsabile finalizzati a proteggere il consumatore dal rischio di una potenziale insolvenza del contratto di credito, ovvero se tale istituto sia primariamente volto a garantire il corretto svolgimento dell’attività bancaria. Si analizzeranno dunque le diverse soluzioni prospettate dai legislatori nazionali dei singoli Stati membri, ponendo particolare attenzione alla tipologia di sanzioni in concreto previste in caso di violazione del precetto europeo e si tenterà altresì l’individuazione di regole volte a realizzare un adeguato bilanciamento fra le esigenze di trasparenza ed efficienza del mercato e la tutela dei diritti e delle libertà fondamentali della persona nell’ottica della realizzazione di un sistema efficiente ed affidabile per tutti i soggetti coinvolti nell’operazione finanziaria.
The PhD Thesis is based on the regulation concerning the evaluation of consumers’ credit worthiness, according to the article 8 Directive 2008/48/EC on “credit agreements for consumers” and article 14 Directive 2014/17/UE on “credit agreements relating to residential property” (Mortgage Credit Directive, MCD). Each of these directives contain a special regulation of the “credit worthiness”, that arouses the problem relating with the identification of the purpose of this evaluation and with the social and juridical protected interest. In fact, on the one end, this discipline could be understood as a regulation aimed at ensuring only the correct execution of bank activity, in order to avoid that the financial institutions grant sum of money (even if of limited amount) to subjects that, through an ex ante evaluation, could have well been recognized as potentially insolvent. On the other hand, however, in the current social and economical context, we cannot exclude that the European Union Institutions first, and the national legislators of European Union Member States then, making reference to the credit negotiation, intend to offer to the weaker party of the contractual relation (i.e.: the consumer) a level of protection directed to avoid the lending, from bank intermediaries, when the loan is substantially unbearable for the consumer himself and is based on an incorrect evaluation of the credit worthiness (which could also lead, in the long run, to the so-called Overindebtedness of the consumer). Central, then, is the recognition of the right perspective of the protected interest because different would be the practical implications resulting from the non-fulfilment of the duty (in any case burdening the financier) to proceed to the evaluation of credit worthiness of the potential debtor. This aspect is not completely regulated by the two European directives, allowing each Member State to outline different systems of sanctions according to the interest considered preeminent: if it is the banks’ interest to be privileged, administrative sanctions would be preferred; on the contrary, if it is the consumers’ interest to be protected, it could allow the creation of private-law sanctions directed to avoid situations of so-called Over-indebtedness of themselves.
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