Literatura académica sobre el tema "Decadimento cognitivo"

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Artículos de revistas sobre el tema "Decadimento cognitivo"

1

Calsolaro, Valeria, Alessia Maria Calabrese, Sara Rogani, Filippo Niccolai, Nadia Caraccio y Fabio Monzani. "Funzione endocrina e decadimento cognitivo". L'Endocrinologo 22, n.º 6 (22 de octubre de 2021): 503–8. http://dx.doi.org/10.1007/s40619-021-00975-5.

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2

Balestrieri, Matteo. "Expressions of depression in Alzheimer's disease. The current scientific debate". Epidemiologia e Psichiatria Sociale 9, n.º 2 (junio de 2000): 126–39. http://dx.doi.org/10.1017/s1121189x00008319.

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Resumen
RIASSUNTOScopo– In questa rassegna sono stati raccolti ed analizzati i dati conoscitivi provenienti da ricerche che si occupano della relazione tra depressione e malattia di Alzheimer (Alzheimer's Disease, AD).Metodo– E' stata analizzata in modo sistematico la letteratura, attingendo sia alle segnalazione presenti nella banca-datiMedlineche alle informazioni ricavabili da una analisi ragionata degli studi pubblicati.Risultati– La prevalenza di segni e sintomi depressivi nei pazienti con AD è piuttosto elevata (40-50%). II ruolo della depressione all'interno dell'AD (indipendente, prodromo, fattore di rischio) deve in realtà essere ancora definito. I dati sulla familiarità per la depressione suggeriscono che l'AD agisca come stimolo scatenante la depressione su una base di vulnerabilità genetica. Su un versante biologico l'insorgenza di depressione nell'AD potrebbe derivare da uno sbilanciamento tra sistema colinergico e noradrenergico, mentre sul versante della comprensione psicologica la depressione costituirebbe una reazione di lutto per il decadimento cognitivo. Gli attuali strumenti diagnostici validati in pazienti con AD costituiscono un buon ausilio nella clinica e nella ricerca. L'individuazione di una depressione nel corso di un AD rimane in realtà sempre difficoltosa se non sono presenti sintomi affettivi franchi, poichè i sintomi cognitivi, psicomotori e vegetativi appartengono sia alia depressione che all'AD. I disturbi affettivi più frequentemente riportati sono la depressione maggiore e la distimia. Nel trattamento farmacologico si suggerisce l'utilizzo dei farmaci antidepressivi con minori effetti anticolinergici. Buoni risultati sono stati ottenuti anche adattando diversi tipi di psicoterapia alle particolari esigenze del paziente demente.Conclusioni– L'attuale dibattito scientifico si basa su conoscenze ancora limitate e parcellizzate. La futura ricerca in questo campo dovrà produrre studi che siano in grado di soddisfare criteri di indagine più rigidi, con una migliore definizione dei casi, una stratificazione per fattori di rischio ed una prospettiva longitudinale.
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3

Mossello, Enrico y David Simoni. "High blood pressure in older subjects with cognitive impairment". Monaldi Archives for Chest Disease 84, n.º 1-2 (22 de junio de 2016). http://dx.doi.org/10.4081/monaldi.2015.730.

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Resumen
<p>High blood pressure and cognitive impairment often coexist in old age, but their pathophysiological association is complex. Several longitudinal studies have shown that high blood pressure at midlife is a risk factor for cognitive impairment and dementia, although this association is much less clear in old age. The effect of blood pressure lowering in reducing the risk of dementia is only borderline significant in clinical trials of older subjects, partly due to the insufficient follow-up time. Conversely, dementia onset is associated with a decrease of blood pressure values, probably secondary to neurodegeneration. Prognostic effect of blood pressure values in cognitively impaired older subjects is still unclear, with aggressive blood pressure lowering being potentially harmful in this patients category. Brief cognitive screening, coupled with simple motor assessment, are warranted to identify frail older subjects who need a more cautious approach to antihypertensive treatment. Values obtained with ambulatory blood pressure monitoring seem more useful than clinical ones to predict the outcome of cognitively impaired older subjects. Future studies should identify the most appropriate blood pressure targets in older subjects with cognitive impairment. </p><p><strong>Riassunto</strong></p><p>Ipertensione arteriosa e decadimento cognitivo spesso coesistono in età avanzata, sebbene la loro associazione sia complessa dal punto di vista fisiopatologico. Diversi studi longitudinali hanno mostrato che elevati valori pressori in età adulta rappresentano un fattore di rischio per decadimento cognitivo e demenza, sebbene tale associazione sia molto meno chiara in età avanzata. L’effetto della terapia antiipertensiva è risultato ai limiti della significatività statistica nel ridurre il rischio di demenza negli studi di intervento su soggetti anziani, in parte a causa della durata insufficiente del follow-up. D’altra parte, l’insorgenza di demenza è associata con una riduzione dei valori pressori, probabilmente secondaria alla neurodegenerazione. L’effetto prognostico dei valori pressori in anziani con decadimento cognitivo non è stato ancora chiarito, in presenza di un possibile effetto dannoso di un trattamento antiipertensivo aggressivo in questa categoria di pazienti. Un breve screening cognitivo, associato con una semplice valutazione motoria, è raccomandato per identificare gli anziani fragili, che necessitano di un approccio più cauto alla terapia antiipertensiva. I risultati del monitoraggio della pressione arteriosa nelle 24 ore sembrano più utili della misurazione clinica per predire la prognosi degli anziani cognitivamente compromessi. Studi futuri dovrebbero identificare gli obiettivi pressori più appropriati nel trattamento di anziani con decadimento cognitivo.</p>
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Sonato, Chiara, Luciano Colangelo, Marco Occhiuto, Veronica Cecchetti, Rachele Santori, Jessica Pepe, Cristiana Cipriani y Salvatore Minisola. "Manifestazioni non classiche dell’iperparatiroidismo primario: nuove evidenze?" L'Endocrinologo, 14 de septiembre de 2021. http://dx.doi.org/10.1007/s40619-021-00953-x.

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Resumen
SommarioLe manifestazioni cliniche non classiche dell’iperparatiroidismo primario, quali quelle cardiovascolari, gastrointestinali, neuromuscolari e articolari, disturbi neuropsicologici e decadimento cognitivo, alterazione dell’ematopoiesi e un aumentato rischio oncologico, a differenza di quelle a carico dello scheletro e del rene, non vengono ad oggi indagate in maniera sistematica nello studio del paziente con tale patologia; mancano inoltre dati univoci sulla loro epidemiologia, sulle caratteristiche cliniche, sulle conseguenze sulla qualità di vita e sulle possibili modificazioni dopo intervento di paratiroidectomia. In questa rassegna verranno trattate le recenti evidenze presenti in letteratura riguardo la presenza di complicanze definite non classiche.
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Tesis sobre el tema "Decadimento cognitivo"

1

Ciaurelli, Lorenzo. "Il linguaggio nel decadimento cognitivo: marker linguistici e automazione della diagnosi". Doctoral thesis, 2020. http://hdl.handle.net/11573/1365801.

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Resumen
L'Alzheimer, una delle forme più comuni di demenza degenerativa, è caratterizzato da un progressivo e irreversibile deterioramento delle abilità cognitive e dalla perdita di memoria, da un declino delle facoltà linguistiche e da altri deficit cognitivi e comportamentali che, nello stadio terminale della malattia, portano l'individuo alla totale perdita dell'autosufficienza. Al momento delle prime manifestazioni cliniche della malattia, alcuni sintomi di deficit cognitivo sono già presenti, ad esempio, a livello del linguaggio e delle funzioni esecutive. Tali cambiamenti, in quanto manifestazioni prodromiche del processo patologico, possono quindi essere usati come indici per la diagnosi. Infatti, il declino delle facoltà linguistiche è individuabile già diversi anni prima della fase clinica della malattia; in letteratura non mancano studi longitudinali retrospettivi che hanno dimostrato come alcuni parametri linguistici, estratti da testi scritti o dal parlato spontaneo, possano funzionare da indici di una disfunzione cognitiva: per esempio, il Nun study, l'Iris Murdoch study e l'Harold Wilson project. Negli ultimi anni la ricerca, grazie anche all'affinamento delle tecniche del Natural Language Processing (NLP), si è impegnata con successo nell'individuazione di features in grado di cogliere i differenti stadi del deterioramento cognitivo, in modo tale da creare set di misure da implementare in sistemi automatici per la diagnosi. La capacità di tali strumenti di rilevare pattern latenti nel linguaggio li rende utili nell'individuazione delle fasi prodromiche della demenza, come ad esempio il Mild Cognitive Impairment (MCI), entità nosografica introdotta alla fine degli anni '80 del secolo scorso per descrivere lo stadio intermedio delle abilità cognitive tra i cambiamenti visibili durante l'invecchiamento e quelli che invece soddisfano i criteri per la diagnosi della demenza o dell'Alzheimer. Il fatto di rappresentare una metodologia non invasiva e a basso costo rende queste tecniche adatte ai fini dello screening su larga scala della popolazione potenzialmente a rischio. Il presente lavoro di ricerca, nel percorso già tracciato in Italia dal progetto OPLON (“OPportunities for active and healthy LONgevity”, Smart Cities and Communities – DD 391/RIC), il quale porta avanti l’ambizioso obiettivo di studiare la fattibilità di un sistema di diagnosi della demenza basato sull’analisi automatica del parlato spontaneo, ha come obiettivo quello di elaborare tecniche di raccolta dati e utilizzare gli strumenti del Natural Language Processing e del Machine Learning per creare un sistema che sia in grado di analizzare e classificare campioni di linguaggio spontaneo in maniera automatica. A tal fine, si è scelto di analizzare la produzione di disfluenze e fenomeni di esitazione nel parlato spontaneo dei soggetti sani e affetti da decadimento cognitivo. Fenomeni già ampiamente studiati nell’inglese e che in molti casi sono stati già utilizzati come parametri nei sistemi automatici di diagnosi della demenza, ma tuttora quasi completamente inesplorati per l’italiano. Per l’analisi è stato utilizzato un sotto campione del corpus OPLON, composto dalle registrazioni di 48 soggetti (21 soggetti di controllo, 19 affetti da decadimento cognitivo lieve, 9 soggetti a uno stadio iniziale della demenza) durante l’esecuzione di due compiti: descrizione di una figura e racconto di una propria giornata lavorativa tipo. Le 96 registrazioni provenienti da questo corpus sono state annotate dall’autore, utilizzando il software Praat. L’annotazione ha riguardato disfluenze e fenomeni di esitazione, secondo una distinzione ampiamente dibattute in letteratura. Con le prime si fa riferimento alla totalità dei fenomeni che intaccano la continuità del parlato, mentre con “fenomeni di esitazione” ci si riferisce a una delle sottoclassi delle disfluenze, ovvero quella composta da pause silenti e piene, prolungamenti sillabici e ripetizioni. Inoltre, a differenza dei fenomeni di disfluenza, i fenomeni di esitazione possono essere descritti anche quantitativamente in relazione alla loro durata. Delle disfluenze è stata fornita una duplice tipologia di annotazione utilizzando un approccio formale e uno funzionale di descrizione. Infatti, in letteratura, si può individuare un approccio “formale”, volto a descrivere e classificare le disfluenze tenendo conto delle forme che esse assumono nel parlato. L’accento è quindi posto sui pattern che le disfluenze esibiscono ai veri livelli di analisi linguistica, indipendentemente dal ruolo che esse svolgono all’interno della produzione orale. L’approccio “funzionale”, invece, partendo dall’assunto che un problema nella pianificazione si ripercuota nella produzione sotto forma di disfluenze, propone una descrizione che tenga conto dei processi cognitivi coinvolti nella pianificazione del parlato. Al fine di automatizzare il processo di analisi, le informazioni contenute nei file di annotazione sono state estratte ed elaborate attraverso l’uso di algoritmi creati dall’autore utilizzando il linguaggio di programmazione Python. A partire dai dati forniti dall’annotazione, sono stati calcolati una serie di parametri mutuati da studi precedenti e alcuni nuovi, proposti dall’autore. Per ognuno dei tre gruppi di parametri, ovvero quelli relativi all’annotazione dei fenomeni di esitazione, delle disfluenze descritte “formalmente” e “funzionalmente”, è stata calcolata la significatività statistica, con il fine di trovare i parametri in grado di differenziare i soggetti affetti da decadimento cognitivo dai soggetti di controllo. I parametri che hanno raggiunto la significatività statistica sono stati successivamente utilizzati come ingresso in due sistemi automatici di classificazione realizzati con il software Orange Data Mining. Lo scopo è stato quello di costruire un sistema addestrato con i dati analizzati e in grado di classificare una nuova produzione orale come appartenente a uno dei tre gruppi, ovvero gruppo di controllo, dei soggetti affetti da decadimento cognitivo lieve o a uno stadio iniziale della demenza. I risultati ottenuti dimostrano che è possibile differenziare i soggetti di controllo dai soggetti affetti da decadimento cognitivo sulla base di parametri relativi a disfluenze e fenomeni di esitazione. In particolar modo questi ultimi si sono rilevati molto più affidabili nel cogliere differenze tra i gruppi analizzati. Per quanto riguarda le disfluenze, invece, la classificazione e l’annotazione funzionale è risultata essere uno strumento più fine, in grado di cogliere uno dei deficit più caratterizzanti il decadimento cognitivo, ovvero quello riguardante la sfera lessicosemantica. L’insieme dei parametri analizzati fornisce un’accurata fotografia delle difficoltà affrontate dai pazienti nella produzione orale e dalle diverse strategie utilizzate per far fronte a una ridotta capacità nella programmazione del discorso. Il rallentamento del ritmo (speechrate), la produzione di enunciati più brevi e di pause più lunghe e frequenti sono alcuni dei modi in cui questo deficit si manifesta nella produzione orale. Infine, l’esperimento di classificazione condotto usando le tecniche del machine learning dimostra come sia possibile individuare, con un discreto margine di affidabilità, i soggetti affetti da decadimento cognitivo utilizzando pochi parametri come input. L’accuratezza ottenuta, intorno all’80%, nella classificazione dei soggetti ad uno stadio iniziale della demenza è in linea con quella della bibliografia di riferimento che oscilla tra il 70% e l’85%. Da migliorare invece la classificazione dei soggetti affetti da decadimento cognitivo che varia tra il 62% e il 66%.
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Martina, Rafanelli. "La Disfunzione Autonomica Cardiovascolare nel Paziente Anziano". Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/2158/1131302.

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Resumen
La presente tesi affronta il tema della disautonomia cardiovascolare nel paziente anziano, illustrando il funzionamento del sistema nervoso autonomo in condizioni di normalità e patologia. La ricerca personale è incentrata sui metodi di screening della disautonomia cardiovascolare e sulla loro applicazione nel paziente anziano, anche affetto da decadimento cognitivo. Una sezione è dedicata all'ipotensione ortostatica tardiva nell'anziano affetto da malattia di Parkinson e non.
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3

Galora, Silvia. "Studio di fattori di rischio cardiovascolari correlati al decadimento funzionale e cognitivo in una comunità anziana del Mugello". Doctoral thesis, 2020. http://hdl.handle.net/2158/1189396.

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Resumen
Nella popolazione dello studio Mugello sono state rilevate informazioni non solo sui dati antropometrici, demografici e anamnestici (anamnesi prossima, remota e familiare), ma sono state raccolte anche informazioni sulle variabili sociali, sulle abitudini alimentari, sul livello di attività fisica e su una serie di valutazioni che possono fornire un quadro degli aspetti cognitivi, psicologici e funzionali nel “grande anziano”. Numerosi sono gli studi che hanno valutato nella popolazione anziana il ruolo dell’infiammazione e dei fattori genetici come predittori di mortalità e del declino cognitivo e funzionale nell’età avanzata. Tuttavia, sono stati ancora poco esplorati i marcatori di disfunzione endoteliale nell’invecchiamento, e la tesi si propone di identificare tramite tecniche citofluorimetriche e di metabolomica un approccio globale che possa definire il profilo di rischio per l'invecchiamento di successo.
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