Literatura académica sobre el tema "Crisi di impresa"

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Artículos de revistas sobre el tema "Crisi di impresa"

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Aniballi, Valentina. "Crisi di impresa e sospensione dei rapporti di lavoro". GIORNALE DI DIRITTO DEL LAVORO E DI RELAZIONI INDUSTRIALI, n.º 129 (marzo de 2011): 29–79. http://dx.doi.org/10.3280/gdl2011-129002.

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Resumen
L'Autore evidenzia alcune contraddizioni nel panorama italiano degli ammortizzatori sociali riconducibili all'assenza di una definizione del concetto di "crisi" (nella quale rientra la sottospecie "insolvenza"), all'uso distorto della cigs attraverso la progressiva estensione del suo campo di applicazione e della sua durata, nonché alla strada scelta dal legislatore per favorire la cosiddetta "bilateralitŕ". Il saggio analizza altresě il ruolo della contrattazione collettiva e la discrezionalitŕ del datore di lavoro nella richiesta dell'intervento della cigs per far fronte alle sospensioni dei rapporti di lavoro nelle ipotesi in cui l'impresa sia ammessa ad una procedura concorsuale.
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Garofoli, Gioacchino. "Il processo di trasformazione dell'economia in provincia di Pavia: un quadro generale". STORIA IN LOMBARDIA, n.º 1 (abril de 2022): 9–34. http://dx.doi.org/10.3280/sil2021-001002.

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Resumen
L'articolo tratta le trasformazioni economiche in provincia di Pavia nel secondo Novecento, dai cambiamenti di struttura produttiva e dei livelli occupazionali ai diversi modelli di sviluppo perseguiti. Dopo il dopoguerra emerge un rapido processo di industrializzazione, specie nei due comuni più grandi, che si inseriscono nel processo di trasformazione del "triangolo industriale" e del "miracolo economico" italiano. In questa fase l'economia pavese, e la città di Pavia, è caratterizzata dalla presenza di grandi imprese, che la fanno rientrare nell'ambito di un modello à la Perroux. Successivamente soprattutto Pavia, ma anche Vigevano, entrano nella fase della crisi della grande impresa dei primi anni Settanta. A partire dalla metà degli anni Settanta inizia a innescarsi un modello di sviluppo periferico, basato sulla piccola impresa e sul coinvolgimento di aree esterne alle città principali, seguendo il modello della Terza Italia. Segue la fase di progressiva deindustrializzazione che determina una crescente dipendenza dal mercato del lavoro dell'area milanese, con aumento del pendolarismo. Il territorio pavese non riesce più a realizzare la valorizzazione delle risorse locali, a partire dal lavoro ma anche delle risorse finanziarie che non vengono più utilizzate per lo sviluppo territoriale. L'articolo si conclude con la discussione delle occasioni mancate e dei problemi lasciati alle future generazioni.
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De Vivo, Paola y Enrico Sacco. "I percorsi di ridefinizione delle strategie di impresa nei Contratti di Sviluppo". SOCIOLOGIA DEL LAVORO, n.º 163 (agosto de 2022): 227–48. http://dx.doi.org/10.3280/sl2022-163012.

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Resumen
L'articolo rielabora i risultati di una ricerca condotta sul Contratto di Sviluppo, uno strumento divenuto centrale nella politica industriale italiana. Ciò che emerge è che la sua implementazione tende a generare territorialmente delle reti differenziate di attori e interessi. Il filo conduttore riguarda il ruolo delle singole imprese nella formazione e nella istituzionalizzazione delle reti, al fine comprendere se e come il suo utilizzo abbia influenzato le scelte decisionali e le strategie competitive delle imprese, innescando processi di ammodernamento organizzativo e facilitando i piani di sviluppo. Attraverso l'analisi sugli investimenti effettuati emerge che lo strumento risponde a tre differenti funzioni, le quali in alcuni casi si combinano: una funzione innovativa; una funzione redistributiva, una funzione di contenimento delle crisi industriali.
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Alì, Alessandro. "Piccoli centri. Campi di riforma del progetto urbanistico". TERRITORIO, n.º 93 (enero de 2021): 44–54. http://dx.doi.org/10.3280/tr2020-093007.

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Resumen
Dieci anni separano il nuovo Piano urbanistico di Romano di Lombardia approvato definitivamente nell'aprile 2019 da quello precedente costruito alle soglie della crisi del primo decennio del millennio. Un periodo tradizionalmente breve per l'urbanistica, ma sufficiente per tracciare un profondo mutamento nelle domande e nei fabbisogni che attraversano i territori dei piccoli centri. La crisi di previsioni di crescita urbana e di scelte di sviluppo di impresa apparentemente illimitate, il rapporto tra pubblica amministrazione e soggetto privato nella costruzione del welfare urbano, le difficoltà a compiersi delle grandi trasformazioni pianificate in contrapposizione alla fluidità di quelle piccole e diffuse, sono alcuni aspetti del fare urbanistica messi in questione dal nuovo piano di Romano di Lombardia.
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Iannone, Roberta. "Oltre la crisi? Condizioni e prospettive del lavoro a Roma". RIVISTA TRIMESTRALE DI SCIENZA DELL'AMMINISTRAZIONE, n.º 2 (junio de 2011): 5–129. http://dx.doi.org/10.3280/sa2011-002001.

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Resumen
Lo studio analizza, dal punto di vista sociologico e nell'esame delle dinamiche dello sviluppo, le modalitŕ con cui il territorio romano si organizza rispetto ai criteri di competitivitŕ, inclusione e crescita. Si considerano in particolare come riferimenti guida quelli ritenuti determinanti per lo sviluppo sostenibile in una societŕ postmoderna: capacitŕ di agire, opportunitŕ, servizi e strumenti, diritti, competenze. L'analisi considera anche il confronto tra Roma e altre aree metropolitane italiane ed europee e valuta politiche, strumenti, servizi e condizioni dell'economia e della societŕ romana rispetto al tema guida della competitivitŕ dei sistemi locali attraverso i dati della Camera di Commercio, delle organizzazioni di impresa, della banca dati Excelsior, dei Fondi interprofessionali e dei dati sul lavoro e sulla formazione istituzionali.
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Pedrabissi, Stefania. "L'intervento dello Stato e la nazionalizzazione nel trasporto aereo". RIVISTA ITALIANA DI DIRITTO DEL TURISMO, n.º 30 (septiembre de 2020): 136–47. http://dx.doi.org/10.3280/dt2020-030010.

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Il segmento del trasporto aereo nazionale è un settore economico da sempre caratterizzato dalla pervasiva presenza dello Stato. Il processo di liberalizzazione voluto dall'Unione Europea e la conseguente privatizzazione che, nel nostro Paese ha coinvolto anche l'ex compagnia di bandiera, ha condotto a una progressiva ma consistente riduzione della partecipazione statale nell'esercizio dell'attività di impresa di trasporto aereo. La pandemia da Covid-19, preceduta dalla crisi economica, ha posto le premesse per un "ritorno" a significative forme di intervento pubblico. Lo scritto si pone l'obiettivo di riflettere sulle recenti evoluzioni in materia di trasporto aereo osservando la complessa vicenda dal filtro nazionale del ruolo statale.
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Marotta, Giuseppe y Concetta Nazzaro. "Value portfolio in the multifunctional farm: new theoretical-methodological approaches". RIVISTA DI ECONOMIA AGRARIA, n.º 2 (octubre de 2012): 7–36. http://dx.doi.org/10.3280/rea2012-002001.

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La creazione di valore e stata oggetto di significativa attenzione nel dibattito economico- agrario, nazionale e internazionale, degli ultimi anni, portando allo sviluppo di nuovi approcci teorici che hanno permesso di reinterpretare i processi di riposizionamento funzionale dell'impresa agricola (multifunzionale). In quest'ottica, percio, la multifunzionalita permette all'azienda di rispondere alle nuove istanze sociali, consapevoli e responsabili, produrre benessere collettivo, integrare il reddito, individuare percorsi di creazione di valore socialmente responsabile. In questo senso, si rinnova la tradizionale visione della multifunzionalita, la quale da strumento di giustificazione dell'intervento pubblico in agricoltura assume valore di vero e proprio fattore strategico di vantaggio competitivo. Il paper propone un modello teorico che consente di analizzare come i processi di boundary shift portino alla creazione di un "portafoglio di valori" (PV) (Marotta, Nazzaro, 2010; 2011a, 2011b), e a nuovi modelli di impresa agricola multifunzionale e multi-valore. Sul piano metodologico, l'utilizzo della Value Portfolio and Multifunctional Governance Analysis (VPMGA) (Marotta, Nazzaro, 2010; 2011a, 2011b), ha permesso di validare empiricamente il modello del PV, in specifiche filiere agroalimentari e sistemi rurali della Campania, secondo un approccio che, integrando e completando la value chain analysis e la governance value analysis, si pone come innovativo e meglio rappresentativo delle specificita dell'impresa agricola multifunzionale. I risultati hanno permesso di verificare come il boundary shift e, quindi, il PV, consentono di diversificare il rischio, in situazioni di crisi, rappresentando una strategia competitiva per le imprese multifunzionali rispetto alle imprese che conservano il solo core business tradizionale.
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Natale, Andrea. "Dopo la Thyssen". QUESTIONE GIUSTIZIA, n.º 2 (junio de 2012): 147–66. http://dx.doi.org/10.3280/qg2012-002004.

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La sentenza sul caso Thyssen costituisce una svolta? O una presa di posizione ideologica della magistratura? O piuttosto una difficile sentenza su una altrettanto difficile questione di fatto? Il giudizio sulla responsabilitŕ penale degli imputati (e a che titolo) potrŕ eventualmente essere rivisto nei successivi gradi di giudizio. Ciň non toglie che la lettura della sentenza consente giŕ ora di prendere in considerazione dei fatti e trarre da essi dei giudizi. La tragedia della Thyssen di Torino rappresenta infatti un esempio paradigmatico delle mille questioni che si intrecciano nel mondo del lavoro: la crisi; le logiche di impresa che privilegiano il risparmio mettendo tragicamente a rischio la salute dei lavoratori; l'inefficacia dei controlli della pubblica amministrazione; la debolezza dei sindacati. E, sul versante della giurisdizione: la gestione di un processo difficile, con un'imputazione terribile; le reazioni dell'opinione pubblica; i modelli organizzativi delle procure; la specializzazione del magistrato
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Di Nubila, Renato Domenico. "Il nuovo apprendistato: a lezione dalla crisi per un patto di reciprocitŕ sociale tra giovani e imprese. il valore dell'apprendere in situazione di lavoro. indicazioni, proposte e strumenti per l'intesa tra apprendista e tutor". QUADERNI DI ECONOMIA DEL LAVORO, n.º 99 (mayo de 2013): 27–48. http://dx.doi.org/10.3280/qua2013-099003.

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La crisi presenta il suo doppio volto: di devastazione sociale ed economica, ma anche di nuove potenzialitŕ "emancipative". Da un'economia della competizione sfrenata si avverte il bisogno di un nuovo modello di sviluppo verso un'economia della collaborazione. L'apprendistato si pone in questa logica collaborativa, quasi un'"audace impresa" per un patto di reciprocitŕ sociale tra azienda e apprendista. Il tutto sulla scia dei nuovi passaggi imposti dalla societŕ della globalizzazione: dall'io-globale al cittadino- globale alle prese con momenti di delirio di onnipotenza e momenti di incertezza, debolezza e di solitudine; da una Gesellschaft globale, non piů rassicurante, superficialmente unificante, per volgersi alla ricerca di un "ritorno alla comunitŕ", come ad una Gemeinschaft, globalmente piů umana, garante di un reciproco riconoscimento. Č cosě anche nel passaggio dal Training al Learning, per "costruire insieme" un'esperienza di condivisione. Il valore dell'apprendimento "in situazione" propone forme nuove, tempi nuovi, modalitŕ diverse dall'aula tradizionale, stimolando esperienza, riflessivitŕ, situazionalitŕ e soggettivitŕ attiva. L'esperienza si arricchisce, in questo modo, di pratica riflessiva (Erfahrung) e la riflessione si esprime in modi diversi: in action (riflettendo sul momento), on action (dopo l'evento), for action (per un obiettivo o motivo particolare), with action (con consapevolezza per le future azioni). In questo modo si apprende con il lavoro e attraverso il lavoro, potendo passare dal lavoro studiato al lavoro praticato. Il tutto come frutto di un'intesa, di un'intelligente alleanza tra impresa e apprendista, sotto la guida del tutor nel suo ruolo di facilitatore, di allestitore, di coach, di valutatore, nell'uso saggio di alcuni strumenti e di coerenti comportamenti di promozione e di crescita per i due alleati: l'apprendista e l'impresa.
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Berta, Giuseppe. "Contributo a una discussione sui rapporti Fiat-Chrysler". ITALIA CONTEMPORANEA, n.º 260 (febrero de 2011): 471–74. http://dx.doi.org/10.3280/ic2010-260006.

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Le relazioni tra Fiat e Chrysler hanno una lunga storia, che risale all'ultimo dopoguerra, quando la casa americana si fece carico di assistere i torinesi nell'ambito del piano Marshall. Cinquant'anni dopo, fattasi gravissima la crisi della Chrysler negli anni novanta, la Fiat pensň a un'acquisizione ma lasciň subito il posto alla tedesca Daimler, ben piů dotata di risorse tecniche e finanziarie. Piů tardi, dopo la rinunzia della Daimler a sostenere la Chrysler, questa ri- mase nelle mani di un fondo finanziario, che cercň un socio industriale per rilanciare la produzione. La fusione con la Fiat, che assunse le responsabilitŕ gestionali, forně all'amministrazione Usa una soluzione accettabile per evitare un fallimento disastroso. Dopo la conclusione dei primi accordi, la dinamica produttiva č perň tale che la Fiat, ridotta di dimensioni per lo scorporo da Fiat Automobiles Group del settore dei veicoli industriali (Fiat Industrial), e debole sul mercato dell'auto, appare destinata a non avere il ruolo di guida nella nuova impresa, e a perdere la sua importante posizione nel sistema industriale italiano.
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Tesis sobre el tema "Crisi di impresa"

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GRAZIANO, MICHELE. "Soluzioni negoziali della crisi di impresa". Doctoral thesis, Università di Foggia, 2014. http://hdl.handle.net/11369/331734.

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Resumen
ABSTRACT L’originario sistema fallimentare italiano era caratterizzato da una matrice prevalentemente sanzionatoria e punitiva. Il fallimento era percepito come evento socialmente squalificante ed esecrabile, cui porre rimedio sia con l'eliminazione dell’impresa fallita dal mercato che con la restrizione di alcuni diritti personali dell'imprenditore fallito. Il legislatore è intervenuto più volte per superare dette criticità, da un lato innovando la disciplina fallimentare, dall’altro introducendo nuove figure giuridiche nel campo delle soluzioni negoziali della crisi di impresa. Il concordato preventivo, ad esempio, è stato radicalmente modificato. Non vi sono più i requisiti di meritevolezza per l’accesso alla procedura e non vi sono più percentuali minime di soddisfacimento dei creditori. Il presupposto soggettivo è rappresentato dallo stato di crisi (e non necessariamente di insolvenza) e la proposta di concordato è libera e può prevedere la suddivisione dei creditori in classi con trattamento differenziato, nonché il pagamento parziale dei creditori privilegiati. Costituiscono frutto della menzionata innovazione legislativa i piani di risanamento (art. 67, terzo comma, lett. d) l. fall.), caratterizzati da un'esenzione dall’azione revocatoria fallimentare per gli atti, i pagamenti, e le garanzie concesse su beni del debitore posti in essere in esecuzione di un piano che appaia idoneo a consentire il risanamento dell'imprenditore in crisi. Ulteriore innovazione attiene all’introduzione della transazione fiscale (art. 182 ter l. fall.), una particolare procedura “transattiva” tra il Fisco ed il contribuente, esperibile in sede di concordato preventivo (art. 160 l. fall.) o di accordi di ristrutturazione dei debiti (art. 182 bis l. fall.). Essa costituisce una deroga al principio generale di indisponibilità e irrinunciabilità del credito tributario da parte dell’Amministrazione finanziaria, consentendo all’impresa che versa in uno stato di crisi di concordare con l’Erario, alle condizioni e nel rispetto dei limiti imposti dalla legge, una vera e propria operazione finanziaria di ristrutturazione dei debiti fiscali, sia privilegiati che chirografari, attraverso la fissazione di nuove scadenze più dilatate nel tempo (cd. transazione fiscale dilatatoria) oppure, nei casi di crisi finanziaria più grave, mediante una decurtazione del loro ammontare (cd. transazione fiscale remissoria). Nel medesimo alveo vanno inquadrati gli accordi di ristrutturazione dei debiti (art. 182 bis l.fall.), accordi che il debitore negozia e sottoscrive con i creditori rappresentanti almeno il 60% dei crediti. L’accordo deve essere accompagnato dalla relazione di un professionista in possesso dei medesimi requisiti previsti dall’art. 67 che ne attesti l'attuabilità e l'idoneità ad assicurare il regolare pagamento dei creditori che non prendono parte all'accordo. Una volta concluso, l’accordo viene pubblicato nel Registro delle Imprese e per i sessanta giorni successivi sono inibite le azioni cautelari ed esecutive sul patrimonio del debitore. L’istituto degli accordi di ristrutturazione dei debiti è stato inserito nel corpo della legge fallimentare in forza dell'art. 2, 1° co., del d.l. 14.3.2005, n. 35, conv. in l. 14.5.2005, n. 80, che ha introdotto l’art. 182 bis, destinato proprio alla disciplina di tali accordi. Da tempo nel sistema giuridico-economico era avvertita la necessità di una disciplina degli accordi stragiudiziali di ristrutturazione dei debiti, la cui adozione era invalsa nella prassi commerciale al fine di risolvere per via negoziale le crisi d'impresa, superando i rigidi formalismi della legge fallimentare del 1942, e superando anche le lentezze connesse alla gestione delle procedure fallimentari. Nel sistema della legge del 1942, non vi era spazio per un accordo sulla regolazione dell’insolvenza. Insolvenza e crisi d’impresa erano considerati profili patologici del sistema produttivo, da sottrarre al mercato e da affidare alla gestione dello Stato. Salva la possibilità di ricorrere al concordato preventivo, i concordati stragiudiziali vivevano “nella dimensione della riservatezza e del segreto”, strumentali a logiche di acquisizione di posizioni di prevalenza, in violazione al principio di parità di trattamento. Tutto ciò in aperta antitesi alle tendenze della legislazione comunitaria e alle istanze del mercato concorrenziale. Già sotto l’imperio della previgente legge fallimentare era emerso un corposo dibattito in ordine alla ammissibilità di un concordato stragiudiziale ed alla relativa idoneità di detto strumento a superare la crisi di impresa. La Suprema Corte si era espressa in senso estensivo, affermando la configurabilità di soluzioni amichevoli della crisi d’impresa. La Corte, peraltro, non si era limitata a una astratta presa di posizione, intervenendo altresì su specifiche questioni, quali la superfluità del consenso unanime dei creditori e la compatibilità del c.d. “pactum de non petendo” con lo schema dei concordati stragiudiziali. I dubbi avanzati in dottrina riguardavano, invece, l’esistenza di un presunto principio di tipicità delle soluzioni negoziali della crisi di impresa: unici mezzi utilizzabili dovevano considerarsi le c.d. procedure minori (amministrazione controllata e concordato preventivo). Ne conseguiva l’invalidità di concordati stragiudiziali, vuoi argomentando dal contrasto con l’art. 1322 c.c. (perseguendo detti accordi interessi non meritevoli di tutela secondo l’ordinamento) vuoi per contrasto con l’art. 1344 c.c. (considerando detti accordi come strumento di elusione della normativa propria del concordato preventivo e dell’amministrazione controllata). Sulla scorta del riferito orientamento giurisprudenziale, i concordati stragiudiziali si erano diffusi nella pratica degli affari, evidenziando tuttavia l’evidente inadeguatezza dell’allora vigente disciplina fallimentare, specie con riferimento alla insussistenza di regole su profili centrali dell’accordo: esenzione dalla revocatoria fallimentare degli atti esecutivi dell’accordo, prededucibilità dei crediti (specie della nuova finanza) in caso di successivo fallimento, regole per limitare i poteri dei creditori dissenzienti, disciplina della responsabilità derivante dalla concessione abusiva del credito, regolamentazione degli aspetti penalistici legati alla incriminazione per bancarotta preferenziale. Rimaneva aperto, peraltro, l’interrogativo di fondo: ci si chiedeva se le procedure concorsuali fossero davvero necessarie o se, invece, il mercato potesse trovare in se stesso la soluzione per gestire il fenomeno della crisi d’impresa, consentendo ad esempio alle banche, ai fornitori e ai finanziatori in genere, di regolamentare l’eventualità di una insolvenza futura dell’impresa. Proprio la necessità di superare i rischi connessi alla stipulazione degli accordi stragiudiziali di soluzione della crisi d’impresa ha indotto il legislatore del 2005 – il quale ha chiaramente manifestato la propria preferenza per una gestione tendenzialmente “privatistica” delle situazioni di crisi imprenditoriali – a introdurre una compiuta disciplina degli accordi di ristrutturazione dei debiti, così riconoscendone in via definitiva la legittimità ed il diritto di cittadinanza nel nostro ordinamento concorsuale. L’istituto degli accordi di ristrutturazione costituisce evidentemente un tentativo di tipizzazione della figura del concordato stragiudiziale. La scelta di politica legislativa, alla base dell’introduzione degli accordi di ristrutturazione, deriverebbe dalla constatazione dell’insuccesso delle tradizionali procedure fallimentari, caratterizzate dalle ben note rigidità e inefficienze, nonché dall’incapacità di soddisfare gli interessi che il mercato e le imprese ragionevolmente si attendono che vengano perseguiti nella soluzione delle crisi aziendali. Si tratta di una rilevante novità nell’ambito del sistema concorsuale, evidente espressione di un “favor” legislativo per la regolazione della crisi d’impresa mediante accordi stragiudiziali. La dottrina, con toni forse trionfalistici, ha discorso di superamento del “dogma dell’indisponibilità della gestione dell’insolvenza”. Dette affermazioni sono condivisibili, almeno quanto al valore simbolico dell’istituto. Esso rappresenta una metafora dell’evoluzione normativa, con abbandono del lemma della pretesa inammissibilità di accordi stragiudiziali (legato al contrasto con supposte finalità pubblicistiche) in favore della tutela dei valori aziendali e occupazionali, accompagnata dalla predisposizione di strumenti giuridici che favoriscano la tempestiva emersione della crisi d’impresa. Sotto un profilo più squisitamente dommatico, “si passa dal piano della “Haftung” (intesa come attuazione della responsabilità patrimoniale attraverso l’esecuzione collettiva concorsuale) al piano della “Schuld”, vale a dire della modifica del rapporto obbligatorio attraverso un atto di autonomia. Nell’ambito delle soluzioni negoziali della crisi d’impresa un ruolo peculiare è quello attribuibile al trust. Nel suo schema generale, il trust implica che un soggetto (detto disponente) trasferisca (con atto inter vivos o mortis causa) ad altro soggetto (detto “trustee”) la proprietà di uno o più beni, conferendogli l’incarico di utilizzare i medesimi (costituenti il patrimonio o “trust fund”) a vantaggio di un terzo soggetto (beneficiario, anche detto “beneficiary” o “cestui que trust”) o per il perseguimento di un dato scopo. Tutt’ora il trust rappresenta un “problema insoluto” per la nostra dottrina, data la portata fortemente derogatoria dell’istituto rispetto ai principi fondanti del diritto civile italiano. Pur sulla base di dette premesse, in letteratura detta figura ha trovato ampia eco, in ragione della duttilità dell’istituto. Il trust può bene essere utilizzato all’interno di una ristrutturazione stragiudiziale, ossia al di fuori di una procedura concorsuale tipica. Una prima ipotesi, ritenuta dai più meritevole di tutela, attiene all’utilizzo dell’istituto quale strumento negoziale scelto dall’imprenditore per la riduzione dell’esposizione debitoria dell’impresa, in vista della continuazione dell’attività. La dottrina ha discorso a riguardo di “trust protettivo” Anche la giurisprudenza ha avuto modo di affermare la legittimità di un simile costrutto «quando la segregazione di alcuni beni consente alla società in bonis di perseguire con un programma liquidatorio lo scopo di ottimizzare l’interesse dei beneficiari ovvero dei creditori, mettendo al riparo i beni stessi da iniziative individuali pur sempre ammissibili anche in costanza di liquidazione». Maggiori criticità possono rilevarsi con riferimento al c.d. “trust liquidatorio”, ossia al trust finalizzato alla liquidazione dell’intero patrimonio di una società per soddisfare i creditori sociali, non accompagnato da alcuna iniziativa volta a una ripresa dell’attività imprenditoriale o comunque al “salvataggio” dell’impresa, data la difficoltà di armonizzare l’istituto con i principi propri della liquidazione volontaria di diritto societario. L’utilizzo del trust presenta notevoli spunti anche come strumento negoziale “complementare” di una procedura concorsuale. In tal senso, nell’ambito della presente trattazione sono stati approfonditi i legami tra l’istituto “de quo” e la procedura fallimentare, il concordato preventivo, gli accordi di ristrutturazione. ABSTRACT The original Italian bankruptcy system was characterized by a predominance of punitive penalties and sanctions. Bankruptcy was perceived as a socially disqualifying and execrable event whose remedy was to remove the bankrupt company from the market and to restrict some of the bankrupt entrepreneur’s personal rights. The legislator has intervened several times to overcome these problems, on the one hand innovating the discipline, on the other introducing new features into the field of negotiated solutions. The preventive composition with creditors, for example, has undergone radical changes. There are no more merit requirements to access the procedure and there are no more minimum percentages of creditor satisfaction. The subjective requirement is represented by a state of crisis (and not necessarily of default), the request for composition is unrestricted and may contemplate the division of creditors into classes with different treatments as well as a partial payment of the secured creditors. Recovering plans (Article 67, third paragraph, letter d, l. fall.) are the result of the aforementioned legislative innovations. They are characterized by an exemption from the bankruptcy action to void acts, payments, and guarantees on the debtor’s assets executed according to the plan that appears suitable to rebalance the businessman in crisis. Another innovation concerns the introduction of a tax transaction (art.182 ter l. fall.), a special procedure between the Revenue and the taxpayer that can be filed during the preventive composition (Art. 160 l. fall.) or during the debt restructuring agreements (Article 182 bis l. fall.). It constitutes an exception to the general principle of unavailability and irrevocability of the tax credit from the financial administration, allowing the company that is in a state of crisis to stipulate with the tax authorities (under the conditions and within the limits imposed by law) a rescheduling of tax debts (both privileged and unsecured) by setting new deadlines dilated in time or in case of a more severe financial crisis through a curtailment of their amount. The debt restructuring agreements (Article 182 bis l. fall.) fall in the same trend. They are negotiated and subscribed by the debtor with the creditors who represent at least 60% of the credits. The agreement must be accompanied by the report of a professional (in possession of the same requirements considered in Article 67) attesting the viability and suitability to ensure regular payment of the creditors who did not take part in the agreement. Once concluded, the agreement is published in the Register of Companies and for the following sixty days precautionary and executive actions are inhibited on the debtor’s assets. Article 2, paragraph 1 of the d.l. 14.3.2005, n. 35 conv. in l. 14.5.2005, n. 80 introduced debt restructuring agreements in the body of the bankruptcy law by adding art. 182 bis, intended precisely to discipline such agreements. From a long time the legal-economic system felt the need for a discipline of extrajudicial debt restructuring agreements that had been adopted in practice to resolve company crisis through negotiation surpassing the rigid formalism of the 1942 Bankruptcy Law and also overcoming the delays produced by the management of bankruptcy proceedings. In the 1942 system there was no room for agreements on the regulation of insolvency. Insolvency and corporate crisis were considered pathological profiles of the production system that should be subtracted from the market and managed exclusively by the State. Except for the possibility to file for preventive composition, extrajudicial settlements lived “in the dimension of privacy and confidentiality,” instrumental to a logic of acquiring prevalence positions in breach of the principle of equal treatment. All in open contrast to the trends of EU law and to the demands of the competitive market. Already under the pre-existing bankruptcy law scholarship had started to discuss if extrajudicial composition was permissible and able to overcome the business crisis. The Supreme Court delivered extensive decisions, allowing the possibility of friendly solutions for business crisis. The Court, however, did not make an abstract stance, but spoke also on specific issues, such as the superfluity of unanimous creditor consent and the compatibility of the so-called “Pactum de non petendo” with the pattern of extrajudicial compositions. The doubts raised in scholarship concerned, however, the existence of an alleged principle of typicality of negotiated solutions for business crisis: allowing only the so-called minor procedures (controlled management and preventive composition). The invalidity of extrajudicial compositions followed: either by arguing in contrast with Article 1322 c.c. (since such agreements pursued interests not worthy of protection under the law) or in contrast with art. 1344 c.c. (considering such agreements as a means of circumventing the law). On the basis of the referred jurisprudence, the extrajudicial compositions had spread in the practice of business, however, emphasizing the obvious inadequacy of the then current bankruptcy rules, especially with reference to the absence of rules on central profiles of the agreement: exemption from the actions to void the executive acts of the agreement, pre-deducibility of credits (especially of new finance) in the event of subsequent failure, rules to limit the powers of the dissenting creditors, discipline of the liability arising from fraudulent lending, regulation of the criminal law aspects related to incrimination for preferential bankruptcy. However, the basic question remained open: were bankruptcy proceedings really necessary or instead could the market find by itself the solution to manage the phenomenon of corporate crisis? For example by allowing banks and suppliers and lenders in general, to regulate the possibility of a company’s future insolvency. The need to overcome the risks associated with the extrajudicial compositions has led the 2005 legislator – who clearly clearly expressed his preference for a “private law” management of business crisis situations – to introduce a complete discipline of debt restructuring agreements, thus recognizing definitively their legitimacy and their right of citizenship in our bankruptcy system. Restructuring agreements constitute clearly an attempt of typing the figure of extrajudicial compositions. The choice of legislative policy behind the introduction of restructuring agreements derives from the observation of the failure of traditional bankruptcy procedures characterized by the well-known rigidities and inefficiencies, as well as the inability to meet the interests reasonably expected by the market and businesses in solving corporate crisis. This important new part of the bankruptcy system is a clear expression of a legislative “favor” for the regulation of business crises through extrajudicial agreements. Scholarship, perhaps using triumphant tones discussed the surpassing of the “dogma of the unavailability of insolvency management”. These statements can be maintained, at least for what concerns the symbolic value of the institution. It is a metaphor for the legislation changes, with abandonment of the lemma of the alleged inadmissibility of extrajudicial agreements (related to the contrast with a supposed public purpose) in favour of the protection of business and employment values accompanied by the preparation of legal instruments that promote the timely emergence of business crisis. In a purely dogmatic perspective, “one passes from the level of ‘Haftung’ (understood as the implementation of financial liability by performing collective bankruptcy proceedings) to the level of ‘Schuld’, i.e. changing the obligatory relation through an act of autonomy.” Among the negotiated solutions to business crisis the trust has a peculiar role. In its general outline, a trust implies that a person (called the settlor) transfers (by an act inter vivos or mortis causa) to another person (called the “trustee”) the ownership of one or more assets, giving him the task to use the same (constituting the assets or “trust fund”) for the benefit of a third party (the beneficiary, also known as “beneficiary” or “cestui que trust”) or for the pursuit of a given goal. Today the trust is still an “unsolved problem” for our scholarship, given that its scope is strongly derogatory of the founding principles of Italian civil law. Even on the basis of these assumptions, scholarship has given great attention to the figure due to its ductility. The trust may well be used within an extrajudicial restructuring, i.e. outside typical bankruptcy proceedings. A first hypothesis, from many considered deserving of protection, relates to the use of the institution as a negotiation tool chosen by the entrepreneur for the reduction of the company’s debt in view of the continuation of the activity. Scholarship qualified it as “protective trust”. Even the courts have ruled on the legality of such a construct “when the segregation of certain assets allows the company in bonis to pursue with a dismissive program the aim of optimizing the interest of the beneficiaries or creditors, by protecting such assets from individual initiatives still eligible during the liquidation.” More criticalities can be observed with reference to the so-called “liquidating trust” aimed at the liquidation of all the company assets to satisfy the social creditors, without any initiative aimed at a business resumption or at least to “rescue” the company, given the difficulty to harmonize the institute with the company law principles of voluntary liquidation. The use of trusts is a remarkable “complementary” negotiation tool in bankruptcy proceedings. In this sense, the dissertation addresses the ties between the institute “de quo” and bankruptcy proceedings, preventive composition with creditors, and restructuring agreements.
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D'ERCOLE, CARLOS. "MERCATO DEL CONTROLLO NELLA CRISI DI IMPRESA". Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2010. http://hdl.handle.net/10280/730.

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Resumen
La tesi mette a confronto l'universo delle riorganizzazioni nel Chapter 11 con i nuovi modelli di ristrutturazione concessi dalla riforma del diritto fallimentare. In modo particolare la tesi si sofferma sul mercato del controllo nella crisi di impresa. Negli Stati Uniti c'e' da tempo un mercato dei crediti sofferenti, mentre in Italia scontiamo ancora i ritardi del sistema economico. Il primo capitolo racconta i temi collegati al mercato del controllo nel Chapter 11: gli acquisti dei crediti nelle diverse classi creditorie, la nuova finanza concessa al debtor in possession, il controllo da covenant, la remunerazione degli amministratori con il debito, i derivati sul credito e il voto connesso. Il secondo capitolo si sofferma sull'interpretazione degli artt. 124 e 127 della legge fallimentare letti nell'ottica di un potenziale mercato del controllo nella crisi di impresa come nel caso del concordato con assunzione e si interroga infine sull'esenzione o meno da opa obbligatoria di tali operazioni alla luce dell'art. 106 TUF.
The thesis compares the world of Chapter 11 reorganizations with the new types of reorganizations introduced in Italy by the recent reform of bankruptcy law. In particular the thesis deals with the market for corporate control in the insolvency arena in both countries. In the States bankruptcy claims are traded on a regular basis whereas Italy still hasn't fully experienced transfers of control within the frame of a corporate reorganization. The first chapter focuses on all issues connected to US M&A in bankruptcy: acquisition of claims in the different classes, control rights in covenants, debtor-in-possession financing, pay for performance in bankruptcy, credit default swaps and empty voting. The second chapter focuses on the interpretation of articles 124 and 127 of the new Italian bankruptcy law which may lead to the creation of a market for corporate control within the frame of a composition with a third party buyer and discusses the potential applicability of mandatory bids pursuant to art. 106 TUF to such deals.
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D'ERCOLE, CARLOS. "MERCATO DEL CONTROLLO NELLA CRISI DI IMPRESA". Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2010. http://hdl.handle.net/10280/730.

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La tesi mette a confronto l'universo delle riorganizzazioni nel Chapter 11 con i nuovi modelli di ristrutturazione concessi dalla riforma del diritto fallimentare. In modo particolare la tesi si sofferma sul mercato del controllo nella crisi di impresa. Negli Stati Uniti c'e' da tempo un mercato dei crediti sofferenti, mentre in Italia scontiamo ancora i ritardi del sistema economico. Il primo capitolo racconta i temi collegati al mercato del controllo nel Chapter 11: gli acquisti dei crediti nelle diverse classi creditorie, la nuova finanza concessa al debtor in possession, il controllo da covenant, la remunerazione degli amministratori con il debito, i derivati sul credito e il voto connesso. Il secondo capitolo si sofferma sull'interpretazione degli artt. 124 e 127 della legge fallimentare letti nell'ottica di un potenziale mercato del controllo nella crisi di impresa come nel caso del concordato con assunzione e si interroga infine sull'esenzione o meno da opa obbligatoria di tali operazioni alla luce dell'art. 106 TUF.
The thesis compares the world of Chapter 11 reorganizations with the new types of reorganizations introduced in Italy by the recent reform of bankruptcy law. In particular the thesis deals with the market for corporate control in the insolvency arena in both countries. In the States bankruptcy claims are traded on a regular basis whereas Italy still hasn't fully experienced transfers of control within the frame of a corporate reorganization. The first chapter focuses on all issues connected to US M&A in bankruptcy: acquisition of claims in the different classes, control rights in covenants, debtor-in-possession financing, pay for performance in bankruptcy, credit default swaps and empty voting. The second chapter focuses on the interpretation of articles 124 and 127 of the new Italian bankruptcy law which may lead to the creation of a market for corporate control within the frame of a composition with a third party buyer and discusses the potential applicability of mandatory bids pursuant to art. 106 TUF to such deals.
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MUZZONIGRO, ANDREA. "Crisi di impresa e modelli di risanamento: possibili tassonomie". Doctoral thesis, Università Politecnica delle Marche, 2019. http://hdl.handle.net/11566/263475.

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Resumen
Lo scopo della tesi è approfondire gli aspetti tipici della vita dell’impresa caratterizzata dall’alternarsi di fasi di successo e di crisi. Negli anni è stata sempre più riconosciuta la centralità della crisi e della sua gestione dagli aziendalisti. Con analisi approfondita della letteratura si sono esaminate le cause di crisi e i fattori che costituiscono gli strumenti da utilizzare e le strategie da realizzare per risanare l’azienda. Si inizia con l’analisi della fase di declino, che necessita di una serie di interventi correttivi per avviare un processo di risanamento, e di quella di crisi, caratterizzata invece dalla progressiva riduzione del valore dell’impresa, che può sfociare nel fallimento. Nella parte successiva della tesi si incentra l’attenzione sugli interventi nel risanamento quali le strategie strutturali, organizzative e finanziarie dell’impresa. Un ulteriore elemento di studio riguarda le ragioni che portano l’impresa a decidere tra una strategia di ridimensionamento con la vendita di alcuni dei propri asset aziendali o di crescita con la vendita dei beni non stumentali per la prosecuzione del core business. Inoltre si analizzano gli strumenti da adottare per l’attuazione del piano di risanamento, partendo dalla nozione giuridica di crisi, fino a quella attuale. Si esaminano le procedure stragiudiziali e concorsuali finalizzate alla soluzione delle crisi d’impresa, liquidatoria, di continuità in base alla finalità prefissata. Si analizza una combinazione di eventi che si possono verificare a cui corrisponde un possibile strumento di risanamento. In conclusione, allo stato attuale si formulano soluzioni per superare lo stato di crisi riguardanti l’aspetto patrimoniale, l’accesso al credito e le previsioni sui ricavi, proponendo un modello generale di riferimento per l’utilizzo dei progetti di risanamento attraverso i diversi istituti giuridici. La materia in oggetto va incontro a variazioni in base al divenire della situazione giuridico- economica.
The thesis aims to investigate the typical aspects of a company life cycle, usually characterised by a continuous intertwining between phases of success and phases of crisis. Over the years, it has been acknowledged the growing importance of crisis phases and how businesses can manage them. Through an analysis of the existing literature, this study investigates the main causes of business crisis as well as the instruments and strategies that companies can implement to reorganise the business. The first part of the thesis analyses the decline phase and the actual crisis phase. It is argued that, while the decline phase needs a series of corrective actions in order to let the reorganisation process begin, the crisis one is instead characterised by a progressive reduction of the company value, which might eventually lead to bankruptcy. The second part of the study will focus on the main company reorganising actions such as structural, organisational and financial strategies. A further element of analysis relates to the reasons which might lead a business to decide between a downsizing strategy, through the selling of some of its business assets, or a growing strategy, through the selling of goods not related to the core business. Additionally, starting from the legal concept of crisis, the thesis analyses what are the main instruments needed to undertake a reorganizational plan. The thesis also examines the main extra-judicial and insolvency procedures of liquidation and business continuity based on the company purpose. A series of possible events, to which correspond a possible reorganizational instrument, are analysed. The thesis concludes by providing some possible solutions to overcome the state of crisis. In particular, by focusing on patrimonial aspects, on the access to credit and revenues forecasts, the thesis will propose a theoretical framework of reference which could be used by legal institutions to address reorganizational projects. The topic of analysis tough is subject to variations based on possible future changes of the economic and legal environment.
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Franco, Filippo <1994&gt. "I sistemi di programmazione e controllo nella crisi di impresa". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2022. http://hdl.handle.net/10579/20681.

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Resumen
Nel presente elaborato verrà presa in considerazione l’importanza dei sistemi di programmazione e controllo da utilizzare non solo in caso di crisi di impresa ma anche come propri strumenti di controllo per monitorare l’andamento dell’azienda. La presenza di una pianificazione e l’introduzione di adeguati sistemi di programmazione e controllo, consentono di monitorare in maniera costante l’andamento e lo stato di “salute” dell’azienda, al fine di poter acquisire in maniera tempestiva tutte le informazioni necessarie al processo decisionale manageriale. La presenza di tali strumenti risulta fondamentale per poter disporre di una grande quantità di dati, utili ai manager per svolgere la loro attività decisionale in tempi brevi e soprattutto in maniera compatibile con il manifestarsi degli eventi che possono, come sappiamo, incidere in maniera importante sulla stabilità della azienda stessa. Con l’attività di pianificazione, fissando obiettivi, e con quella di controllo, verificando che gli stessi obiettivi siano stati raggiunti, un’azienda può effettivamente capire l’andamento della sua attività gestionale e comprendere se e in che modo migliorarla, non solo in itinere attraverso la giustapposizione tra quanto raggiunto e quanto programmato ma anche ex post, acquisendo informazioni necessarie per apprendere, identificare e sviluppare delle scelte alternative. All’interno di questo elaborato si partirà dalla definizione del concetto di programmazione e controllo, per poi passare a quello di crisi di impresa e a come tali strumenti rappresentino un punto focale per scongiurare una crisi. Avendo svolto il tirocinio professionale all’interno di uno studio specializzato in restructuring, verrà analizzato il caso pratico di una azienda in crisi e verrà mostrato come attraverso delle assumptions sia economiche che patrimoniali sia stato possibile rielaborare un nuovo piano industriale, con proiezioni economiche e finanziarie. Nel dettaglio, all’interno del primo capitolo verrà effettuata una analisi teorica e funzionale sul concetto di programmazione e controllo come tecnica amministrativa necessaria per capire se ciò che viene messo in atto in azienda rispetti i canoni di efficienza di uso delle risorse, ed efficacia nel raggiungimento degli obiettivi prefissati; inoltre verrà effettuata una analisi sul concetto di economicità, condizione necessaria da cui deriva la capacità di una azienda di persistere nel tempo. Nel secondo capitolo, verrà analizzato il concetto di crisi di impresa analizzando sia i fattori di causa interni che esterni, dalla crisi finanziaria dei mercati all’inadeguatezza della corporate governance. Verrà preso in esame il nuovo codice della crisi di impresa, che mira a garantire il proseguimento dell’attività aziendale attraverso l’utilizzo di sistemi di programmazione e controllo mirati. Nel terzo capitolo, verranno analizzati nello specifico i vari strumenti di programmazione e controllo messi a disposizione dal nuovo codice. Da tale analisi è chiara la scelta da parte del legislatore di adottare un approccio maggiormente rivolto alla risoluzione della crisi di impresa piuttosto che alla sua disgregazione. Attraverso le varie novità introdotte nell’accordo di ristrutturazione dei debiti e nel concordato preventivo, questi strumenti possono essere messi in atto in maniera più agevole dalle imprese che si trovano in difficoltà.
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Pierobon, Gisella <1983&gt. "Ruolo del sistema Bancario nell'ambito della crisi di impresa". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2017. http://hdl.handle.net/10579/9617.

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Bordin, Francesco <1988&gt. "Il piano attestato di risanamento come strumento di soluzione negoziale della crisi d' impresa". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/3116.

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Resumen
Il legislatore, oltre al fallimento, ha previsto delle procedure concorsuali alternative per evitarlo e giungere velocemente ad una soluzione della crisi. Questi strumenti alternativi sono: il concordato preventivo, l' accordo di ristrutturazione dei debiti e il piano di risanamento. L’ obiettivo della tesi è approfondire la disciplina relativa al piano attestato di risanamento ex art 67, comma 3, lettera d) L.F.
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Rampin, Riccardo <1994&gt. ""I rapporti di lavoro e la crisi di impresa: il d.lgs. 14/2019 e il trasferimento d'azienda"". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2021. http://hdl.handle.net/10579/18761.

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Resumen
In un contesto di crisi come quello che stiamo attraversando, risulta di fondamentale importanza focalizzare l’attenzione sull’imminente entrata in vigore del Nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, la cui finalità principale è quella di prevenire le situazioni di crisi attraverso adeguati sistemi di allerta. Alla luce di questo fatto, è doveroso delineare la posizione che il nuovo decreto legislativo prende nei confronti della tutela del lavoro e dell’occupazione. L’obiettivo di questo progetto di tesi è, dunque, analizzare gli effetti del trasferimento dell’azienda in crisi sui rapporti di lavoro, soffermandosi sugli articoli più utili a trattare questo tema. Nello specifico, l’articolo 191, volendo disciplinare il trasferimento di azienda nell’ambito delle procedure di liquidazione giudiziale, concordato preventivo ed in esecuzione di accordi di ristrutturazione, ribadisce l’applicazione dell’articolo 47 della legge n. 428/1990, il quale viene in parte modificato dalle disposizioni contenute nell’articolo 368 del Nuovo Codice. In quest’ottica, l’elaborato si sofferma anche sull’articolo principe che regolamenta il trasferimento d’azienda: importante sarà cercare di capire se le deroghe ammesse all’articolo 2112 C.C. porteranno un vantaggio effettivo ai lavoratori. L’intera trattazione si rapporterà sempre con le disposizioni che trovano fondamento della Direttiva 2001/23/CE, che impone di armonizzare le procedure di gestione della crisi e dell’insolvenza con le forme di tutela dell’occupazione.
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Gianesini, Nicolò. "Il rischio penale nella gestione della crisi d'impresa". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2015. http://hdl.handle.net/11577/3423881.

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Resumen
The thesis covers the topic of criminal implications managing a company crisis and is focused on inspecting connections between traditional criminal offences expected by Regio Decreto n. 267/1942 and the new alternative solutions to bankruptcy generated by civil section of bankruptcy law’s last reforms, i.e. new “concordato preventivo” (art. 160 l.f.), “accordo di ristrutturazione dei debiti” (art. 182-bis l.f.) and “piano attestato di risanamento” (art. 67, comma 3, lett. d) l.f.). In recent years, to increase indeed the intended-to-overcome-bankruptcy-crisis agreement instruments’ appeal, the Legislator worked for a substantial modification of original bankruptcy law fundamentals. From this didn’t ensue however a corresponding coordinating process between renewed institutes and traditional criminal disposals. As a result of this an obvious imbalance between aforementioned institutes arose, thus lacking the parallelism that conveniently marked the birth of 1942 bankruptcy law, which – as stated by best legisltory politic’s practice - punished criminal behavior enacted within the range of liquidatory or based-on-agreements instruments of before-mentioned civil section. After an analysis on bankruptcy law’s evolutionary path from 1942 to this day - in a way that outlines the current shape of institutes whose purpose lies in regulating the timing of company crisis and seizing the evolution of legal protection guidelines emerged around recent reforms - the research mostly expands along two paths. The first considers the issues about the chance that behaviors performed in accordance with new civil instruments available to the entrepreneur in trouble could be punished by usual criminal offence - i.e. different kinds of bankruptcy, kept unaltered - in the unfortunate chance that the company’s rescue plan wouldn’t succeed. For this eventuality to be avoided , along with law n. 122/2010 converting d.l. n. 8/2010, art. 217 bis regarding bankruptcy frauds, indexed “Esenzione dai reati di Bancarotta”, was introduced. Such norm, clearly born with the purpose of assuring protection, even from a criminal point of view, to the entrepreneur making preferential payments only to a subset of his debtors in accordance with an agreed plan, carries a set of issues, first and foremost its dogmatic characterization and actual range of implementation, that casts doubt on the norm’s adequacy to settle all existing critical matters. On the other hand, the second research path inspects the Professional Attestator’s criminal responsibility. This figure - present with different characterizations in all three institutes of agreement introduced - constitutes a significant novelty, given the characteristic role it conducts during the delicate phase of company crisis resolution. In short summary the Legislator assigned to the aforementioned Professional the power to judge rightness and feasibility of the plan arranged unilaterally by the entrepreneur or agreed upon by his debtors. Such crucial topic, traditionally belonging to bankruptcy court’s competence - due to obvious interest implied in such inspection - is assigned now to a private individual of entrepreneur’s choice, in order to speed up the process of moving forward to a fruitful crisis’s resolution. About this issue the introduction by d.l. n. 83/2012 of a new norm, art. 236 bis l. fall. (“Falso in attestazioni e relazioni”), punishing exposition of false information or omission of relevant information by Professional Attestators in charge of redacting programs and guaranteeing economic and patrimonial firmness of plans. This work moreover takes account of consequences derived by the new concordato preventivo structure as opposed to the unaltered criminal offence of art. 236 l. fall., the only one directly focused on safeguard of instruments alternative to bankruptcy. On a broader level, with regard to the results of these and other hermeneutic topics, the research exposes a general view on the new balance between the two sections of bankruptcy law, especially with reference to the new legal goods upheld by Bankruptcy law, where a substantial constriction of the traditional principle of par condicio creditorum can be perceived, on behalf of the need of protecting “company value”.
La tesi riguarda il rischio penale nella gestione della crisi di impresa, ed è finalizzato ad indagare i rapporti tra le tradizionali fattispecie penali previste dal Regio Decreto n. 267 del 1942 e le nuove soluzioni alternative al fallimento introdotte con le ultime riforme della “parte civilistica” della legge fallimentare, in particolare il nuovo concordato preventivo (art. 160 ss. l.f.), l’accordo di ristrutturazione dei debiti (art. 182-bis l.f.) e il piano di risanamento attestato (art. 67, comma 3, lett. d) l.f.). Negli ultimi anni, infatti, per rendere maggiormente appetibili i modelli concordatari finalizzati al superamento della crisi d’impresa, il Legislatore ha operato una profonda modifica dell’impostazione originaria dell’impianto della legge fallimentare. A ciò, tuttavia, non ha fatto seguito anche una parallela operazione di coordinamento dei rinnovati istituti con le tradizionali disposizioni penalistiche. Ne è derivata un’evidente sfasatura tra gli istituti in questione, venendo meno quel parallelismo che aveva opportunamente contraddistinto la nascita della legge fallimentare nel 1942 ove, nel solco della migliore politica legislativa, venivano punite le condotte fraudolente poste in essere nell’ambito degli strumenti liquidatori o concordatari del relativo comparto “civilistico”. Dopo un’analisi del percorso evolutivo che ha avuto la legge fallimentare dal 1942 ad oggi - in modo da delinare il volto attuale degli istituti diretti a regolare il momento della crisi d’impresa e cogliere l’evoluzione delle direttive di tutela che sono emerse nell’ambito delle recenti riforme - la ricerca si muove essenzialmente in due direzioni. Da un lato viene affrontato il problema che gli atti posti in essere in ossequio (o meno) alle nuove strumentazioni civilistiche a disposizione dell’imprenditore in difficoltà possano cadere sotto la scure delle tradizionali fattispecie penalistiche - in particolare le varie forme di bancarotta, rimaste del tutto inalterate – nel malaugurato caso in cui il piano di salvataggio dell’impresa non dia i frutti sperati. Per impedire tal evenienza, con la legge n. 122/2010 di conversione del d.l. n. 8/2010, è stato introdotto, nell’ambito dei reati fallimentari, l’art. 217 bis, rubricato “Esenzione dai reati di bancarotta”. La norma, nata evidentemente col fine di assicurare, anche sotto il profilo penalistico, la protezione dell’imprenditore che ponga in essere, ad esempio, pagamenti preferenziali nei confronti di solo alcuni dei debitori in ossequio ad un piano concordato, sconta una serie di problematiche – prime tra tutte la relativa collocazione dogmatica e l’effettiva portata applicativa - che fanno dubitare della sua concreta attitudine a risolvere tutte le criticità presenti sul tappeto. Una seconda direttiva di ricerca riguarda poi la responsabilità penale del c.d. “professionista attestatore”. Questa figura - presente sotto varie forme in tutti e tre i nuovi istituti concordatari che sono stati introdotti - rappresenta una significativa novità, atteso il ruolo peculiare che essa è chiamata a svolgere in questa fase delicatissima di risoluzione della crisi di impresa. In estrema sintesi, il Legislatore ha devoluto a tale professionista il giudizio circa la bontà e la realizzabilità del piano, predisposto unilateralmente dall’imprenditore o comunque concordato con i propri debitori. Questo snodo fondamentale, tradizionalmente affidato al tribunale fallimentare – per gli evidenti interessi sottesi a tale accertamento – ora è stato demandato ad una figurata privata, scelta direttamente dallo stesso imprenditore, in modo da consentire una maggiore rapidità nella procedura in vista di una più proficua risoluzione della crisi. Anche in tale ambito va registrata l’introduzione, da parte del d.l. n. 83/2012 di una nuova norma, l’art. 236 bis f.fall. (“Falso in attestazioni e relazioni”), volta a punire l’esposizione d’informazioni false o l’omissione d’informazioni rilevanti da parte di questi professionisti attestatori nei programmi e nei piani che sono chiamati a redigere e di cui devono verificare la concreta tenuta economico-patrimoniale. Il presente lavoro, inoltre, prende in considerazione anche le ricadute del nuovo volto del concordato preventivo rispetto alla inalterata fattispecie dell’art. 236 l. fall., l’unica direttamente volta alla tutela degli strumenti alternativi al fallimento. Più in generale, la ricerca, all’esito della risoluzione di questi e altri passaggi ermeneutici, trae un quadro generale dei nuovi equilibri presenti tra le due parti della legge fallimentare, in particolar modo con riferimento ai nuovi beni giuridici tutelati nell’ambito della legge fallimentare, ove è dato scorgere una significativa compressione del tradizionale principio della par condicio creditorum, a favore dell’esigenza di proteggere il “bene impresa”.
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10

Fauceglia, Giovanni Battista. "Le convenzioni bancarie di risanamento dell’impresa in crisi. Profili contrattuali e disciplina concorsuale". Doctoral thesis, Universita degli studi di Salerno, 2019. http://elea.unisa.it:8080/xmlui/handle/10556/4247.

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2017 - 2018
The thesis deals with the issue of banking conventions in wortkout agreements aimed at reorganizing the company in crisis. The theme is dealt with throught two interpretations: the bankruptcy law and the contract law, with the aim of an integrated interpretation between the two perspectives. [edited by Author]
XXXI ciclo
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Libros sobre el tema "Crisi di impresa"

1

Coda, V. Crisi di impresa e strategie di superamento. Milano: Giuffrè editore, 1987.

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2

Caiafa, Antonio. I rapporti di lavoro nelle crisi di impresa. Padova: CEDAM, 2004.

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3

Munari, Alessandro. Crisi di impresa e autonomia contrattuale nei piani attestati e negli accordi di ristrutturazione. Milano: Giuffrè editore, 2012.

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4

Formigli, Corrado. Impresa impossibile: Storie di italiani che hanno combattuto e vinto la crisi. Milano: Mondadori, 2013.

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5

Rossi, Riccardo. Insolvenza, crisi di impresa e risanamento: Caratteri sistematici e funzionali del presupposto oggettivo dell'amministrazione straordinaria. Milano: A. Giuffrè, 2003.

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6

Maurizio, Cinelli y Italy, eds. Il Fattore occupazionale nelle crisi di impresa: Commentario alla L. 23 luglio 1991, n. 223. Torino: G. Giappichelli, 1993.

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7

Nanni, Carlo Di. Soluzioni giudiziali e soluzioni negoziate delle crisi di impresa: Atti del convegno, Benevento, 5 marzo 2010. Torino: G. Giappichelli, 2011.

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Moretti, Anna y Francesco Zirpoli. Osservatorio sulla componentistica automotive italiana 2020. Venice: Fondazione Università Ca’ Foscari, 2020. http://dx.doi.org/10.30687/978-88-6969-482-0.

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Nell’anno 2020 l’Italia ha dovuto fare i conti con la crisi sanitaria ed economica determinata dalla diffusione del virus COVID-19. La straordinarietà della situazione, con l’Europa alle prese con lockdown e fermi produttivi, ha portato l’Osservatorio a far seguire alla tradizionale rilevazione avviata a fine Febbraio 2020 una seconda indagine di approfondimento mirata a raccogliere le prime reazioni delle imprese della filiera alla crisi da coronavirus. Questa edizione del volume è, quindi, particolarmente ricca di spunti in quanto collega la fotografia del 2019 alla situazione generata dalla pandemia nel 2020. Il quadro complessivo è quello di una filiera i cui risultati in termini di fatturato, produzione ed export erano già in contrazione nel 2019 e, di conseguenza, particolarmente esposta alla crisi del 2020, soprattutto per alcune categorie di imprese meno resilienti. Il superamento di questa situazione critica potrà giocarsi sulla capacità di sviluppare aggregazioni e reti per l’innovazione, con obiettivi importanti di competitività dell’intera filiera sullo scenario internazionale.
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Cabigiosu, Anna y Anna Moretti. Osservatorio Nazionale sulle reti d’impresa 2020. Venice: Fondazione Università Ca’ Foscari, 2020. http://dx.doi.org/10.30687/978-88-6969-484-4.

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L’anno 2020 ha visto svilupparsi una crisi senza precedenti a causa della pandemia. A fronte di questa situazione, l’edizione 2020 dell’Osservatorio vuole proporre una riflessione su come le reti d’imprese possano rappresentare uno strumento di resilienza delle imprese, guardando alle relazioni inter-organizzative come strumento di flessibilità, cambiamento e adattamento. L’edizione 2020 dell’Osservatorio sviluppa un approfondimento sulla relazione tra il funzionamento della rete e la performance delle imprese in rete ed è arricchito da alcuni approfondimenti settoriali. I risultati presentati aiuteranno i manager a massimizzare le opportunità offerte dalla rete ed i policy maker ad orientare in modo ancora più efficace l’utilizzo dei contratti di rete come strumento di resilienza.
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Boggio, Luca. Gli accordi di salvataggio delle imprese in crisi: Ricostruzione di una disciplina. Milano: Giuffrè, 2007.

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