Literatura académica sobre el tema "Comunità intenzionali"

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Artículos de revistas sobre el tema "Comunità intenzionali"

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Piliu, Salvatore. "Il diritto delle comunità umane intenzionali: nuovi ordinamenti giuridici?" Zeszyty Naukowe KUL 60, n.º 3 (28 de octubre de 2020): 349–56. http://dx.doi.org/10.31743/zn.2017.60.3.349-356.

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Resumen
Il presente intervento si propone di analizzare dal punto di vista giuridico il nuovo fenomeno, oramai globalizzato, delle comunità umane intenzionali, con l’intento di comprendere se queste nuove tipologie di aggregazione di individui possano essere considerate come forme alternative di collettività organizzate produttive di modelli giuridici differenti rispetto a quelli tradizionali, ovvero capaci di dar vita a nuovi ordinamenti giuridici, partendo dall’assunto ubi societas, ibi ius. Partendo dalle definizioni elaborate nel campo della sociologia giuridica di comunità e di comunità intenzionali, si è poi analizzata la problematica inerente la capacità delle comunità intenzionali di produrre regole giuridiche da applicare ai componenti delle comunità. È stata poi esaminata l’organizzazione giuridica della Comunità di Damanhur, situata in Piemonte (Italia), in cui vi sono norme interne di diritto privato e di diritto pubblico che regolano la vita dei consociati, un vero e proprio sistema giuridico interno della Comunità, che pone non pochi problemi nel rapporto con il diritto italiano. Il nuovo progetto di legge presentato nel 2017 al Parlamento italiano, in merito al riconoscimento giuridico delle Comunità intenzionali, potrebbe regolare in maniera definitiva questa materia, ovvero i rapporti tra Comunità e Stato di appartenenza, con il conseguente riconoscimento della esistenza di ‘ordinamenti giuridici autonomi’ facenti capo alle Comunità intenzionali.
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Cafora, Silvia. "Territori e diritti in contrazione. Gestioni possibili per il patrimonio costruito". TERRITORIO, n.º 98 (marzo de 2022): 75–82. http://dx.doi.org/10.3280/tr2021-098013.

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Numerosi movimenti community-led stanno emergendo in Europa per rispondere a dinamiche di abbandono e marginalizzazione di territori e popolazioni. Questo articolo si concentra su esperienze nate dal basso in centri urbani e aree marginali, in cui comunità attive e intenzionali hanno prodotto modelli e strumenti di intervento tesi ad ampliare le possibilità di accesso e risignificazione del patrimonio costruito, creando condizioni di rigenerazione territoriale, giustizia sociale, economica e spaziale. Il Mietshäuser Syndikat in Germania e i Community Land Trusts nel Regno Unito sono illustrati quali casi esemplari per il loro radicamento locale e diffusione nazionale, le consolidate pratiche di demercificazione del patrimonio e la potenziale replicabilità nel territorio italiano.
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Montecchi, Leonardo. "Variazione del setting nella psicoterapia di gruppo dovute alla pandemia da covid19". Revista de Psicoterapia 33, n.º 121 (1 de marzo de 2022): 157–72. http://dx.doi.org/10.33898/rdp.v33i121.1129.

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Questo articolo si concentra sugli effetti prodotti dalla pandemia/ sindemia sul setting dei gruppi psicoterapeutici. Dopo avere descritto il concetto di gruppo e di gruppalita' intesa come stato di coscienza modificato e come vissuto intenzionale e non intenzionale, si sofferma sulle condizioni di passaggio dalla situazione di aggruppamento in cui la gruppalita non è cosciente di se, al gruppo in cui la gruppalita' prende coscienza. In oltre si mostrano le variabili indipendenti che favoriscono questo passaggio cioè il compito, lo spazio, il tempo e i ruoli/ funzioni. In conclusione vengono descritti gli effetti di cambiamento del setting dovuti alla pandemia, soprattutto in relazione allo spazio, in tre gruppi. Il primo si svolge nel Centro Osservazione e Diagnosi della comunità di Vallecchio, in provincia di Rimini. Il secondo è un gruppo di apprendimento. Il terzo e' un gruppo di psicoterapia.
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Seminara, Emma. "Il cuore con il manico". MINORIGIUSTIZIA, n.º 1 (septiembre de 2020): 86–99. http://dx.doi.org/10.3280/mg2020-001009.

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L'articolo descrive il lavoro di un giudice minorile (e anche il suo animus: intenzioni ed ideali), nella ricerca dell'interesse concreto e attuale di ogni bambino tutelato: il bilanciamento con gli interessi dei genitori e degli altri soggetti coinvolti nella procedura; l'approfondimento di quanto descritto dal Servizio Sociale e di quanto osservato dagli Psicologi e dagli operatori delle comunità e dei vari servizi specialistici; la promozione delle responsabilità dei genitori con misure personalizzate per il caso. Il focus - per l'individuazione dell'interesse di quel minore, così da orientare la direzione della procedura (riunione della famiglia e salvaguardia dei legami oppure recisione dei rapporti e adottabilità, seguita da adozione) - è l'ascolto del minore interessato, un minore come Rocco che ha disegnato un cuore con il manico, per far capire al suo giudice la sua impossibilità di spostarlo altrove.
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Leoni, Gianmario. "I giovani comunisti e "il partito". La Fgci dal 1956 al 1968". ITALIA CONTEMPORANEA, n.º 267 (noviembre de 2012): 183–210. http://dx.doi.org/10.3280/ic2012-267001.

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La Federazione giovanile comunista italiana (Fgci) ha costituito, almeno nelle intenzioni, uno strumento importante per conquistare i giovani alla linea politica del Pci nell'immediato secondo dopoguerra, cosě come in generale tutte le organizzazioni giovanili lo sono state per gli altri partiti di massa. Il saggio analizza il dibattito interno all'organizzazione giovanile comunista nel periodo tra il 1956 e il 1968, mettendo in evidenza anche gli elementi di originalitŕ rispetto ai temi prevalenti fra gli "adulti"; non molti, in realtŕ, in un contesto dove l'adesione ideale alla linea politica del partito č solo di rado messa in discussione. A farla da padrone sono i grandi temi ideologici e strategici della "via italiana al socialismo", ma non mancano elementi di riflessione piů specifici sul mondo giovanile sia in relazione ai primi sintomi di protagonismo politico dei giovani (come nel luglio 1960) sia in riferimento ai mutamenti sociali e degli stili di vita e di consumo seguiti al "miracolo economico".
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Ripullo, Maria Concetta. "Viaggio verso la fondazione della morale in Edmund Husserl". Aoristo - International Journal of Phenomenology, Hermeneutics and Metaphysics 4, n.º 2 (22 de agosto de 2021): 153–62. http://dx.doi.org/10.48075/aoristo.v4i2.27980.

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Resumen
La fenomenologia husserliana è attraversata da una tensione etica indirizzata inizialmente a definirne il rigore “scientifico”; nelle fasi successive, del pensiero del Maestro, l’etica diventa tema specifico di riflessione all’interno di una “fenomenologia della ragione pratica” il cui riferimento essenziale è costituito da un valore intenzionato nel quale io ho, ed ogni io ha, l’origine. Questa assoluta Originarietà include “i modi di coscienza empatici e comprensivi” ed apre ad un eidos comune agli esseri umani come persone, eidos la cui evidenza fattuale è l’amore (personale ed etico) come “disposizione durevole verso gli altri verso l’intera umanità”, questa è un’idea che si trova nell’essere umano come formata “preontologicamente”. La riflessione su questa assoluta originarietà, consente al Nostro di trovare un fondamento comune intersoggettivo, un’idea che in quanto ontologicamente fondata può diventare, come Telos, trainante per la volontà: “scopo di tutti gli scopi… idea dell’essere soggettivo perfetto all’interno di una comunità totale intersoggettiva perfetta all’infinito”. Husserl denomina la teleologia come “forma di tutte le forme” nella quale si trova la soggettività.
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MENDONÇA, Caroline Farias Leal. "Retomada da educação escolar: Um estudo sobre educação, território e poder na experiência Pankará". INTERRITÓRIOS 5, n.º 9 (9 de diciembre de 2019): 39. http://dx.doi.org/10.33052/inter.v5i9.243605.

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RESUMOO povo Pankará da Serra do Arapuá, localizada no Sertão de Pernambuco, deflagra um movimento chamado “Retomada da Educação” no ano de 2004. Desde então, a escola é apropriada como uma importante estratégia pedagógica para a formação, politização, mobilização e organização do povo face a antagonistas históricos. O artigo tem como objetivo refletir como a categoria política “retomada” é apropriada pelos Pankará na luta pela educação escolar e quais sentidos atribuem a ela. O texto inicia com um breve histórico da formação social na Serra do Arapuá e da resistência dos Pankará. Em seguida traz a descrição etnográfica da Retomada da Educação como um projeto que articula Território e Poder. Por fim, o texto analisa o Projeto Político Pedagógico que nasce das experiências comunitárias dos indígenas com seus parentes do quilombo-indígena Tiririca dos Crioulos, evidenciando os modos de fazer, conteúdos e intencionalidades presentes neste projeto específico de escola. Escola Indígena. Retomada. Pankará. Tiririca dos Crioulos. Resumption of School education: A study on education, territory and power in the Pankará experience ABSTRACT The Pankará people of Serra do Arapuá, located in the Pernambuco backlands, set off a movement called “Retaking of Education” in 2004. Since then, the school has been appropriate as an important pedagogical strategy for the formation, politicization, mobilization and organization of the people against their historical antagonists. The article aims to reflect how the “retaking” political category is appropriated by the Pankará in the struggle for school education and what meanings they attribute to it. The text begins with a brief history of social formation in the Serra do Arapuá and the resistance of the Pankará, followed by the ethnographic description of the Resumption of Education as a project that articulates Territory and Power. Finally, the text analyzes the Pedagogical Political Project that is born from the community experiences of the indigenous with their relatives of the Quilombo-indigenous Tiririca dos Crioulos, highlighting the ways of doing, contents and intentionalities present in this specific school project. Indian School. Retaking. Pankará. Creole Tiririca. Ripresa dell'istruzione scolastica: uno studio sull'educazione, il territorio e il potere nell'esperienza di Pankará RIASSUNTO Il popolo Pankará di Serra do Arapuá, situato in Pernambuco, Brasile, nel 2004 ha avviato un movimento chiamato "Ripresa dell'educazione". Da allora, la scuola è stata appropriata come importante strategia pedagogica per la formazione, la politicizzazione, la mobilitazione e l'organizzazione di persone di fronte agli antagonisti storici. L'articolo ha lo scopo di riflettere su come la categoria politica "ripresa" viene appropriata dal popolo Pankará nella lotta per l'istruzione scolastica e quali significati attribuiscono ad essa. Il testo inizia con una breve storia della formazione sociale nella Serra do Arapuá e la resistenza del Pankará. Poi arriva la descrizione etnografica della Ripresa dell'educazione come progetto che articola Territorio e Potere. Infine, il testo analizza il Progetto politico pedagogico che nasce dalle esperienze della comunità degli indigeni con i loro parenti della Tiririca dos Crioulos Quilombo-indigena, evidenziando il modo di fare, i contenuti e le intenzioni presenti in questo specifico progetto scolastico. Scuola indiana. Ripresa. Pankará. Creole Tiririca. Reanudación de la Educación Escolar: un estudio sobre educación, territorio y poder en la experiencia Pankará RESUMEN El pueblo Pankará de Serra do Arapuá, ubicado en el sertão de Pernambuco, empieza un movimiento llamado "Retomada da Educação" en 2004. Desde entonces, la escuela ha sido apropiada como una estrategia pedagógica importante para la formación, politización, movilización y organización del pueblo frente a antagonistas históricos. El artículo tiene como objetivo reflejar cómo los Pankará se apropian de la categoría política "reanudación" en la lucha por la educación escolar y qué significados le atribuyen. El texto comienza con una breve historia de la formación social en la Serra do Arapuá y la resistencia de los Pankará. Luego viene la descripción etnográfica de la Reanudación de la Educación como un proyecto que articula Territorio y Poder. Finalmente, el texto analiza el Proyecto Político Pedagógico que nace de las experiencias comunitarias de los indígenas con sus familiares de lo quilombo-indígena Tiririca dos Crioulos, destacando las formas de hacer, los contenidos y las intenciones presentes en este proyecto escolar específico. Escuela Indígena. Reanudación. Pankará. Tiririca dos Crioulos.
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Page, James. "RIVERBED, BANKS AND BEYOND: AN EXAMINATION OF ROMAN INFRASTRUCTURE AND INTERVENTIONS IN RESPONSE TO HYDROLOGICAL RISK IN THE PO–VENETIAN PLAIN". Papers of the British School at Rome, 18 de noviembre de 2021, 1–30. http://dx.doi.org/10.1017/s0068246221000258.

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Resumen
Water poses a particular challenge to the cities and settlements of the Po–Venetian plain. The region has some of the highest levels of precipitation in Italy and is criss-crossed by dozens of rivers, including the Po, Adige and Tagliamento. Throughout history, there was considerable hydrological risk to the well-being of riparian communities from hazards such as flooding and lateral channel movement, yet local residents did not sit idly by. This article synthesizes the available evidence for Roman responses to hydrological risk in the Po–Venetian plain from the first century BC to the sixth century AD, examining their workings and the hazards they sought to counteract, integrating them into wider discussions on risk in the Roman world. The responses are divided into the categories of defensive works (embankments and dykes) and channel interventions (channel rectification, channel diversion and dredging). While the effectiveness of these methods is questioned, in particular their potential to cause unintended changes to the watercourse, the decision by riparian communities to undertake them suggests a degree of local success. Nevertheless, an examination of the archaeological and palaeoclimatic evidence suggests a discrepancy between peak intervention and peak risk, implying increasing vulnerability and risk acceptance amongst riparian communities during late antiquity. L'acqua pone una particolare sfida alle città e agli insediamenti della pianura padano-veneta. La regione è caratterizzata da alcuni tra i più alti livelli di precipitazioni in Italia ed è attraversata da molti fiumi, tra cui il Po, l'Adige e il Tagliamento. Nel corso della storia, le comunità rivierasche hanno dovuto affrontare un notevole rischio idrologico legato a inondazioni e instabilità dei canali laterali. Gli abitanti dell'area non sono certamente rimasti a guardare. Questo articolo propone una sintesi delle evidenze disponibili relativamente alle risposte romane al rischio idrologico nella pianura padano-veneta dal I secolo a.C. al VI secolo d.C., esaminando il loro funzionamento e i pericoli che hanno cercato di contrastare, integrandole in più ampie discussioni sul rischio nel mondo romano. Le soluzioni individuate per arginare il rischio idrogeologico sono suddivise nelle categorie di opere difensive (argini e fossati) e interventi di canalizzazione (modifiche e deviazioni dei canali e dragaggio). Sebbene l'efficacia di questi metodi sia stata messa in dubbio, in particolare la loro possibilità di causare cambiamenti non intenzionali al corso d'acqua, la decisione delle comunità rivierasche di adottarli suggerisce un certo grado di successo locale. Tuttavia, un esame delle testimonianze archeologiche e paleoclimatiche suggerisce una discrepanza tra il picco di intervento e il picco di rischio, implicando una crescente vulnerabilità e un'accettazione del rischio tra le comunità rivierasche durante la tarda antichità.
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Rovea, Federico. "Un’unità relazionale: La comunità come soggetto di soggetti nelle opere fenomenologiche di Edith Stein". Revista Encontros Teológicos 32, n.º 1 (5 de mayo de 2017). http://dx.doi.org/10.46525/ret.v32i1.536.

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Sommario: Il saggio intende mettere in luce la singolarità della trattazione diEdith Stein riguardo le soggettività comunitarie/collettive, così da far emergerecome essa sia ancora oggi attuale e degna di essere approfondita. La comunitàè descritta con particolare equilibrio tra intenzionalità individuali e oggettivitàdella formazione collettiva – tra necessità di riconoscimento individuale e diappartenenza a un gruppo –, dimensioni contrastanti ma necessarie nella loroparadossale compresenza per comprendere la comunità umana.Parole-chiave: Fenomenologia. Realismo. Intenzionalità. Soggettività.Abstract: This paper aims to explore the originality of Edith Stein’s thoughts aboutcollective subjectivities, in order to show how useful it could be for contemporaryphilosophical research. The community is analyzed with original balance between individual intentionality and objectivity of collectivity, between the individualdemand for recognition and group identity. These dimensions are in contrast, buttheir paradoxical coexistence is essential to understand human communities.Keywords: Phenomenology. Realism. Intentionality. Subjectivity.
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Tesis sobre el tema "Comunità intenzionali"

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Brombin, Alice. "Ecovillaggi e autosufficienza. Orizzonti di sostenibilità nelle comunità intenzionali italiane". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2015. http://hdl.handle.net/11577/3423977.

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Resumen
Ecovillages are intentional and experimental communities that seek to regenerate social and natural environments through communal sustainable living which is considered the best response to the global ecological crisis. This lifestyle results in tangible actions which aim to create a relationship of proximity with the land and the natural environment. Environmental ecology is primarily pursued focusing on self-sufficient food production and alternative farming methods, such as permaculture and organic farming practices. These practices contribute not only to define a particular food style, but a lifestyle characterized by a new political-aesthetics in which pleasure, conviviality and restoring relationships of trust and sharing become essential in the pursuit of personal satisfaction and in the construction of taste, following a process of individual and environmental re-naturalization. Moreover, the use of these methods represents a way to criticize the economic logic of equivalent exchange, preferring instead a culture of gifting and the establishment of relations of reciprocity and solidarity on a small scale. The research aims to describe how sustainability is translated in daily practices within ecovillages and points out that self-produced food, self-sufficiency, and the aestheticization of everyday practices are vehicles through which to reveal the alternative nature of the lifestyle offered by the ecovillages, which has as its main goal the search for a well-being that implies the continued manipulation and reframing of the idea of nature and naturalness. Special focus is also dedicated to food practices and the related symbolic meanings. Particularly, following the approach embraced by multispecies ethnography, food practices can be considered as a sort of “contact zone” where the interaction between different actors, humans and non-humans, is deeply linked to the idea of closeness, mutual learning and creativity. Food practices are situated in the middle of the axis nature-culture, such that, self-produced food is the result of a co-construction between humans and the natural environment. The research adopts a qualitative methodology, involving participant observation and several months of field work, conducted in the ecovillages chosen as study cases: the Commune of Bagnaia located in Tuscany, the Commune of Urupia and the ecovillage Garden of Joy located in South of Italy in Apulia region. Data-gathering started in February 2013 and concluded in the summer of 2014. Oral narratives have been collected from people involved in this particular kind of alternative, ecological living.
Gli ecovillaggi sono definibili come comunità intenzionali sperimentali ispirate a valori di tipo ecologico il cui fine ultimo è quello di rigenerare gli ambienti sociali e naturali attraverso la vita comunitaria ritenuta la via più efficace per arginare la crisi ecologica globale e le tendenze disgreganti della società contemporanea. Questo stile di vita si traduce in azioni tangibili che aspirano a creare relazioni di prossimità con la terra e con l’ambiente naturale. Tali comunità, seppur molto eterogenee, hanno come obiettivo condiviso il raggiungimento dell’autosufficienza alimentare ed energetica. L’ecologia ambientale viene perseguita in primo luogo con metodi di coltivazione alternativi quali la permacultura o pratiche agricole biodinamiche e biologiche. All’autoproduzione alimentare si lega la messa in discussione della logica economica dello scambio equivalente prediligendo invece la cultura del dono. Tali comunità hanno la capacità di creare reti radicate nel territorio che promuovono un’azione razionale e pragmatica sia in relazione al modo in cui si mangia sia ai prodotti che vengono utilizzati, interagendo anche con networks affini come la rete dei gruppi di acquisto solidale. Scopo della ricerca è descrivere come i principi della sostenibilità vengano tradotti in pratiche quotidiane, mettendo in luce che l’autosufficienza, l’autoproduzione alimentare e l’estetizzazione delle pratiche quotidiane sono veicoli attraverso cui rivelare la natura alternativa dello stile di vita proposto dagli ecovillaggi, che si pone come principale obiettivo la ricerca di un benessere che implica la continua manipolazione e ridefinizione dell’idea di natura e naturalità. Un focus privilegiato è dedicato alle pratiche alimentari e ai significati simbolici ad esse connessi. In particolare, seguendo l’approccio proposto dalla “multispecies ethnography”, il cibo può essere considerato una “zona di contatto” dove l’interazione tra diversi attori, umani e non umani è profondamente connessa all’idea di prossimità, apprendimento reciproco e creatività. Le pratiche alimentari si collocano al centro dell’asse natura/cultura, di conseguenza il cibo autoprodotto è il risultato di un processo di co-costruzione che coinvolge gli esseri umani e ambiente naturale. La ricerca è stata condotta adottando una metodologia di tipo qualitativo basata su diversi mesi di osservazione partecipante condotta presso le comunità scelte come casi studio e la raccolta di testimonianze orali. Il fieldwork si è concentrato tra la Toscana, dove sorge la Comune di Bagnaia, e la Puglia in cui sono situati la Comune di Urupia e l’ecovillaggio Giardino della Gioia. La raccolta dei dati e delle interviste è cominciata nel Febbraio 2013 e si è conclusa nell’estate 2014.
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Bertacche, Giovanna <1987&gt. "Le comunità intenzionali come strumento di ri-innovazione sociale. Principi e problemi della condivisone abitativa". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2015. http://hdl.handle.net/10579/5867.

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Le mie domande di ricerca sono: - Quali sono i principi su cui si basa la coabitazione? - Quali sono le problematiche della coabitazione? Le risposte a queste domande sono ricavate dai dati raccolti con interviste e focus group che si focalizzano su due argomenti principali: - gruppo e relazioni - organizzazione struttura Tutto ciò vuole sostenere la mia ipotesi di ricerca: la coabitazione è uno strumento per ricreare le relazioni e vincere l'isolamento. La ricerca che sto facendo è una ricerca empirica non ispezionabile e basata su osservazione non partecipata. E' una ricerca qualitativa perchè approfondisce un fenomeno cercando di coglierne le sue complessità e utilizza lo studio di caso come strumento valutativo. Gli strumenti di ricerca utilizzati per la raccolta dei dati sono l'intervista discorsiva e il focus group (mini: 4/5 persone). Interviste e focus group sono formulati in base a una topic guide per argomenti: - gruppo e relazioni - organizzazione struttura I dati ricavati utili a rispondere alle domande di ricerca (problemi e principi della coabitazione) vengono analizzati utilizzando il metodo comparativo che compara sistemi diversi aventi indicatori comuni.
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ALLORI, GAIA. "Le "comunità intenzionali" tra informalità e giuridificazione: una prospettiva comparata". Doctoral thesis, 2017. http://hdl.handle.net/2158/1080525.

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La tesi tratta la tematica delle cd "comunità intenzionali" ovvero condomini solidali, cohousing, social housing, gated communities e ecovillaggi in un panorama di totale assenza di giuridificazione. Si cerca inizialmente di ricostruire il concetto di "comunità" nelle scienze sociali, al fine di individuarne i marcatori. Si continua poi con le analisi delle premesse teoriche di ogni tipologia di abitazione condivisa nell'ambito del più ampio fenomeno della sharing economy. Successivamente si analizzano le vicende antropologico-giuridiche che la comunità si trova a dover affrontare in assenza di giuridifcazione per poi tentare di fare una panoramica comparata sui differenti modelli informali presenti nel mondo. La tesi si conclude con una riflessione sull'eventualità di una giuridificazione di questo settore.
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SBRANA, ALESSANDRO. "Faculty Development Centri di Professionalità Accademica (CPA)". Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251175.

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mondo universitario ha subito un’ondata di cambiamenti che si possono ricondurre alla ricerca dell’eccellenza, declinata secondo le due dimensioni della valutazione e della rendicontazione. Tre sono quelli più evidenti: il primo, il passaggio da una ricerca curiosity driven a una ricerca funzionale al raggiungimento di risultati valutabili in tempi brevi; dalla ricerca pura a quella applicata, da un approccio problem-making a uno problem-solving, da una conoscenza come processo a una conoscenza come prodotto, da un modello disinteressato a uno utilitaristico (Barnett, 1994); il secondo, riguardante l’offerta formativa: dal momento che si è modificato il modo di concepire l’apprendimento; i curricula tendono a essere definiti in termini di risultati di apprendimento predefiniti (Blackmore, 2016); il terzo, peculiare della struttura amministrativa: dal momento in cui sono divenute essenziali una serie di nuove sovrastrutture (programmazione, valutazione, controlli, comunicazione) rispetto al mandato originario della struttura universitaria si registra un aumento consistente del personale delle strutture amministrative. Questi cambiamenti devono fare i conti con la perdita di prestigio della vita accademica, il cambiamento del ruolo dello studente, che è diventato sempre più importante e l’aumento delle procedure burocratiche che rischiano di ingessare un sistema un tempo caratterizzato da un’elevata autonomia. Per consentire alle strutture universitarie di affrontare le sfide culturali a partire dagli anni Settanta nelle università nord-americane si sono strutturate iniziative finalizzate allo sviluppo e alla promozione di una migliore offerta formativa. Tali iniziative vengono definite con l’espressione Faculty Development (FD), una policy accademica finalizzata a creare le condizioni per un miglioramento delle competenze di tutti coloro che sono coinvolti nelle attività svolte in un ateneo. Nella realtà italiana emerge la mancanza di una vera politica di formazione al teaching per i ricercatori e i docenti universitari, per non parlare dell’esigenza di superare il pregiudizio, di gentiliana memoria, secondo il quale non è necessario apprendere a insegnare, ma sia sufficiente avere successo nella ricerca, cui si aggiunge nell’ultimo decennio una continua e affannata richiesta al personale accademico di azioni organizzative, valutative e documentali, che assorbono tempo e energie senza il supporto di adeguati apparati gestionali e senza predisporre indagini valutative capaci di misurare l’effettivo esito di tutte queste azioni. L’effetto finale è un evidente declino (Capano et al., 2017) dell’istituzione universitaria. Si può ipotizzare che la cultura del organizzazione propria del Faculty Development possa contribuire nel contesto italiano a fornire azioni a supporto del cambiamento: è quanto mai essenziale dotare gli atenei di risorse funzionali a riqualificare la vita accademica, fornendo al personale accademico gli strumenti necessari per performare una buona scholarship, realizzare un’efficace offerta formativa e attuare adeguate forme di terza missione, capaci di incrementare la vita culturale della comunità. Il presente studio si propone come un’analisi sistematica della letteratura sul tema del Faculty Development, che persegue l’obiettivo di sviluppare una disamina estesa dell’oggetto, in modo che l’esplicitazione della datità raccolta fornisca un’analisi del fenomeno che possa essere di supporto a un’avveduta educational policy nel campo della formazione universitaria. Nel contesto italiano ad oggi non esiste una cultura di attenzione ai contesti di apprendimento universitario. L’offerta formativa è concepita come offerta di pacchetti curriculari e la predisposizione delle condizioni di apprendimento per il conseguimento del titolo universitario si risolve nella organizzazione di una serie di lezioni, frontali o laboratoriali, senza che tutto questo sia innervato da una specifica intenzionalità didattica. Questa immagine poco confortante non intende affatto trascurare tutti i casi di buone prassi sviluppati nei vari corsi di studio, ma il buono che emerge è demandato all’impegno del singolo, senza che l’istituzione universitaria si interroghi sul come predisporre le condizioni per il potenziamento della qualità dei processi di apprendimento. A fronte di questa situazione la necessità di migliorare la qualità dell’insegnamento non è mai stata così stringente e sfidante come lo è oggi, in un clima di continuo cambiamento della formazione superiore. Nuove tendenze definiscono la formazione superiore, attraversando confini istituzionali e nazionali. Essi influiscono sul modo in cui un insegnamento efficace viene concettualizzato, condotto e supportato, valutato, valorizzato e riconosciuto. È necessario affrontare temi quali l’inadeguata preparazione per il lavoro accademico nei corsi di studio magistrali, l’incapacità dei docenti a trasferire competenze, la crescente complessità degli ambienti accademici, le attese e le responsabilità istituzionali, la necessità di preparare meglio gli studenti con bisogni diversi, e la necessità di stare al passo con i balzi della conoscenza e i cambiamenti nelle professioni. Migliorare la qualità della didattica è inoltre essenziale perché consente di ridurre il numero degli abbandoni. È venuto il momento di transitare da un’offerta formativa di tipo episodico a una prospettiva di esperienze di apprendimento in continuità nel tempo, per accompagnare la formazione dei docenti in un modo strutturalmente organizzato (Webster-Wright, 2009). Sulla base della rilevazione fenomenica, sono emerse le seguenti domande di ricerca: che cosa è il FD? Cosa consente di fare? Come si mette in pratica? Quali sono le potenzialità? Quali sono i limiti? Il FD ha il compito di incentivare i docenti ad interessarsi ai processi di insegnamento e apprendimento e a procurare un ambiente sicuro e positivo nel quale fare ricerca, sperimentare, valutare e adottare nuovi metodi (Lancaster et al. 2014). È finalizzato a promuovere cambiamento sia a livello individuale sia a livello organizzativo. Occupa un posto centrale il miglioramento delle competenze di teaching (Steinert, 2014). Due importanti obiettivi sono rappresentati dalla promozione delle capacità di leadership e di gestione dei contesti (Steiner et al., 2012). Una volta definite le metodologie del teaching, che possono essere oggetto di apprendimento da parte del personale accademico, è risultato necessario identificare le principali modalità formative che un centro di Faculty Development (FDc) dovrebbe mettere in atto per favorire l’apprendimento delle competenze didattiche. Per comprenderne la funzione reale è stato utile prendere in esame le attività proposte dai più importanti centri del panorama accademico nordamericano, analizzandone la struttura organizzativa, le risorse disponibili ed identificandone le due figure principali: il responsabile dell’organizzazione dei processi formativi e il responsabile della struttura. L’analisi dei casi ha consentito di evidenziare i molteplici servizi che possono essere forniti da un FDc. Questa analisi di realtà è risultata molto utile poiché ha offerto indicazioni pragmatiche ai fini di una politica accademica innovativa anche in ambito italiano. Alla luce degli argomenti sviluppati è stato possibile ipotizzare anche per gli atenei italiani l’istituzione di “Centri per la professionalità accademica”, indicando possibili iniziative da essi realizzabili, che potrebbero trovare spazio nella realtà del nostro paese.
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