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Di Pietro, Maria Luisa. "L’educazione alla salute in adolescenza: strategie di intervento e risposte individuali". Medicina e Morale 46, n.º 5 (31 de octubre de 1997): 861–84. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1997.865.

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Resumen
Si sta verificando negli ultimi anni un incremento dei cosiddetti “comportamenti a rischio”(taking-risk behaviors) tra gli adolescenti. Si tratta di comportamenti che sono, in modo diretto o indiretto, responsabili di danno per la salute e/o per la vita di chi li agisce e dell’aumentata incidenza di morbilità e di mortalità in un’età della vita, che è meno esposta alla malattia e alla morte. Questa aumentata incidenza di patologie secondarie a comportamenti a rischio ha interpellato ed interpella, in senso preventivo, sia gli educatori sia quanti sono responsabili della salute pubblica che hanno proposto diverse modalità di intervento: dalla cosiddetta “riduzione del rischio” alla “strategia della paura” all’educazione alla salute. Questo articolo cerca di valutare le ricadute delle diverse strategie di intervento sul comportamento degli adolescenti, al fine di individuare se gli eventuali fallimenti o successi dipendano dai contenuti dei programmi di prevenzione o dalla personalità degli educandi. Tale valutazione è preceduta dall’analisi del perchè gli adolescenti agiscono, con elevata frequenza, comportamenti a rischio: infatti, la conoscenza del “perch锂 è elemento fondamentale per stabilire il “come” (intervenire).
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Baldoni, Franco, Bruno Baldaro y Mariagrazia Benassi. "Disturbi affettivi e comportamento di malattia nel periodo perinatale: correlazioni tra padri e madri". CHILD DEVELOPMENT & DISABILITIES - SAGGI, n.º 3 (abril de 2010): 25–44. http://dx.doi.org/10.3280/cdd2009-003002.

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Resumen
Secondo la teoria dell'attaccamento una funzione principale dell'essere genitori č fornire una "base sicura", cioč una particolare atmosfera di sicurezza e di fiducia all'interno della relazione con la figura di attaccamento. Questa necessitŕ si manifesta anche nella vita di coppia, in particolare durante la gravidanza e nel periodo successivo alla nascita di un figlio. Per studiare l'influenza di alcuni aspetti psicologici e comportamentali nelle madri e nei padri durante il periodo perinatale, gli autori hanno studiato un campione di 40 coppie valutate dal secondo trimestre di gravidanza al primo trimestre dopo il parto. In quattro occasioni a tutti i soggetti sono stati somministrati quattro questionari: il CES-D, il Symptom Questionnaire, l'Illness Behaviour Questionnaire e il Perinatal Couple Questionnaire. L'analisi statistica ha evidenziato che in questo periodo i padri manifestano alterazioni emotive con oscillazioni che sono correlate con la sofferenza materna. I padri le cui compagne hanno sofferto di disturbi affettivi durante il post-partum sono risultati piů depressi, ansiosi e irritabili, tendono a manifestare la loro sofferenza sotto forma di sintomatologia somatica e ad essere preoccupati per la propria salute e per il ruolo paterno. Gli interventi psicologici sui disturbi affettivi nel periodo perinatale dovrebbero perciň riguardare non solo la madre, ma entrambi i genitori. Nelle situazioni maggiormente a rischio, un aiuto psicoterapeutico finalizzato a ridurre la sintomatologia depressiva e ansiosa, le preoccupazioni ipocondriache e le difficoltŕ genitoriali puň favorire una migliore relazione di attaccamento non solo nei confronti del bambino, ma anche del proprio partner.
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Presutti, Michelle, Giorgio Soro, Giulia Cnapich y Sara Giordano. "SENSEMAKING E CURA DEL DIABETE: MAPPE COGNITIVE DI MEDICI E PAZIENTI A CONFRONTO". International Journal of Developmental and Educational Psychology. Revista INFAD de Psicología. 2, n.º 1 (25 de junio de 2016): 323. http://dx.doi.org/10.17060/ijodaep.2015.n1.v2.262.

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Karl Weick, esponente del cognitivismo costruttivista, considera il sensemaking come un insieme di processi cognitivi in continua costruzione, a posteriori, di significati e di senso della realtà in cui viviamo.Il sensemaking è un processo continuo di creazione di senso quotidiano: le persone percepiscono selettivamente le informazioni su sé stessi e sull’ambiente in cui vivono, tali informazioni vengono elaborate cognitivamente attraverso un processo di selezione e ritenzione in memoria delle mappe cognitive costruite.Pertanto il sensemaking costituisce un’appropriata chiave di lettura dei fenomeni comportamentali in cui sono in gioco le rappresentazioni di un problema, soprattutto quando è di estrema necessità trovare punti di contatto in merito ai rapporti causali tra gli elementi che costituiscono le diverse mappe cognitive degli individui che ne prendono parte. L’analisi delle mappe cognitive può essere utile soprattutto al fine di individuare e condividere con maggiore chiarezza quali potrebbero essere le strade per un corretto ed efficace intervento risolutivo o di trattamento del problema.Dare senso alla malattia significa, sia per il medico che per il paziente, organizzare una mappa cognitiva (connessioni causali di elementi di significato) della realtà (della malattia) in un processo continuo di esperienza.Un flusso continuo che a partire da una percezione soggettivamente selettiva degli elementi disponibili (conoscenze, esperienze, eventi,etc.), organizza tali elementi in una mappa e li traduce in uno schema operativo di comportamento. Secondo Weick la realtà individuale si costruisce, mentre l’ambiente, il contesto, sono costruiti a priori.Le mappe cognitive che gli individui costruiscono influenzeranno le successive esperienze che si troveranno a dover fronteggiare nell’ambito dello stesso problema, in questo caso inerenti alla malattia diabetica.L’utilizzo del sensemaking applicato all’analisi dei processi di cura, pertanto, può diventare utile in particolare nei contesti di trattamento in cui la compliance e l’aderenza alle cure costituisce un fattore determinante nella gestione della patologia cronica, che prevede un modello di rapporto medico- paziente protratto nel tempo e centrato sulla possibilità di confronto rispetto alle modalità di cura e riuscita della stessa.La ricerca si è proposta pertanto di indagare attarverso la somminisrazione di interviste a medici e pazienti e attarverso al successiva analisi del testo e delle ricorrenze lingusitiche elaborate attraverso appositi software di ricostruire e mettere a confronto le rispettive mappe cognitive che stanno alla base delle rappresentazioni della malattia e della sua gestione e quindi dei comportamenti conseguenti di chi cura e di chi è curato.
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Lalli, Pina. "Itinerari dello stigma: pericolositŕ del folle o rappresentazioni pericolose?" RIVISTA SPERIMENTALE DI FRENIATRIA, n.º 1 (abril de 2011): 11–31. http://dx.doi.org/10.3280/rsf2011-001002.

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La costruzione sociale della malattia mentale, intesa come rappresentazione collettiva, č fortemente influenzata nel mondo della tarda modernitŕ dai media; anche la rappresentazione di ciň che viene definito "pericoloso" subisce le stesse, per quanto non uniche, influenze attraverso diversi formati mediatici: cronaca, documentari e talk-show, fiction e film, piů rare trasmissioni speciali di sensibilizzazione. Il superamento della istituzione manicomiale ha reso piů prossime e visibili le persone con disagio mentale, ma ciň non pare aver modificato la paura del "coinvolgimento occulto" vissuto come minaccia del senso comune: l'altro delirante condivide la stessa rappresentazione della realtŕ di tutti? In questa prospettiva di difesa sociale la responsabilitŕ del comportamento socialmente "occulto" viene imputata, anche penalmente, all'esperto. Ne derivano da un lato un rinforzo culturale della pericolositŕ per effetto di una ricostruzione selettiva dei fatti attraverso una concatenazione semplice causa-effetto, dall'altro una convergenza verso stereotipi ulteriormente stigmatizzanti.
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De Benedittis, Giuseppe. "Ipnobioma: una nuova frontiera dell'ipnositerapia? Uno studio pilota e una revisione della letteratura". IPNOSI, n.º 2 (enero de 2022): 5–25. http://dx.doi.org/10.3280/ipn2021-002001.

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Una crescente evidenza suggerisce che l'asse intestino-cervello possa svolgere un ruolo chiave nelle condizioni di salute e malattia attraverso una rete di comuni-cazioni bidirezionali che coinvolge percorsi neurali e immunoendocrini. Questa complessa interazione influenza profondamente sia il microbiota intestinale che il comportamento del cervello. La disbiosi del patobioma intestinale è rilevante per la patogenesi di disturbi gastrointestinali funzionali, sindromi dolorose croniche, disturbi neurologici e mentali. Di conseguenza, il targeting del microbiota intestina-le sta emergendo come una nuova, efficace prospettiva terapeutica. Tra le molte opzioni di trattamento, gli interventi psicologici, inclusa l'ipnosi, sono stati utilizzati per modulare lo Psicobioma e il suo analogo ipnotico, l'Ipnobioma. Oltre a una revisione della letteratura recente, viene riportato uno studio pilota su una paziente con Sindrome del colon irritabile (IBS) trattata con successo con ipnosi simil-quantica. L'esito positivo del trattamento è stato associato a una significativa di-minuzione di taxa microbici patologici concomitante con un aumento di taxa fi-siologici. Questi risultati preliminari suggeriscono che l'Ipnobioma può rappresentare una nuova promettente frontiera dell'ipnositerapia.
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Pinciara, Barbara. "Risvolti etici in psichiatria". CHILD DEVELOPMENT & DISABILITIES - SAGGI, n.º 1 (enero de 2011): 33–42. http://dx.doi.org/10.3280/cdd2010-001004.

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Da sempre la Medicina sente il bisogno di darsi delle regole e dei codici di comportamento a protezione del paziente. Ciň richiede ad ogni operatore di mettersi in gioco con autenticitŕ, apertura e costanza nel tempo: compito non facile, come testimonia il fatto che spesso la comunicazione con il paziente affetto da malattia psichica č carente o assente. Le maggiori difficoltŕ in questo senso si manifestano nelle "zone grigie" del rapporto medico-paziente: ad esempio nelle situazioni di criminalitŕ connesse alla patologia psichiatrica, nelle quali la tutela del paziente č spesso in contrasto con la necessitŕ di attuare misure protettive a livello sociale. Il medico che lavora con pazienti psichiatrici si trova spesso a dover prendere decisioni che condizionano la sua libertŕ: pensiamo ad esempio ai casi a rischio di suicidio, alla prescrizione di farmaci in grado di influenzare la qualitŕ di vita in senso medico e sociale (come gli antipsicotici), all'allontanamento da famiglie maltrattanti. Anche eventi quali l'innamoramento e la sessualitŕ tra medico e paziente pongono in primo piano la questione del rapporto personale che si instaura all'interno di questa diade tanto complessa. Per far fronte a queste difficoltŕ č necessario promuovere la comunicazione e l'alleanza terapeutica, fondate sul rispetto e sulla fiducia tra i terapeuti e con il paziente. Questo richiede all'operatore sanitario non solo di agire in modo etico, ma di "essere etico" come persona.
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Ciccone, Lino. "Aspetti etici della prevenzione della infezione da HIV". Medicina e Morale 45, n.º 2 (30 de abril de 1996): 271–79. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1996.915.

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L’Autore nota come a fronte di un sostanziale accordo sulla necessità della prevenzione della infezione da Human Immunodeficiency Virus (HIV) - responsabile della Sindrome da Immunodeficienza Acquisita (AIDS) -, esista poi una disparità di opinioni quando si deve precisare in cosa essa debba consistere. L’articolo si sofferma su alcuni dati di fatto: 1. l’AIDS non è più una malattia confinata a determinate categorie cosiddette “a rischio” (omosessuali, tossicodipendenti), ma è dilagata oltre; 2. l’HIV è un virus fragile, che può essere trasmesso solo attraverso forme di contatto profondo (rapporti sessuali, inoculo di sangue infetto (attraverso trasfusioni o scambi di siringhe infette), trasmissione materno-fetale); 3. un virus fragile come l’HIV è causa attuale di pandemia, conseguenza di una diffusa promiscuità sessuale. L’Autore ritiene, perciò, che una vera ed efficace prevenzione potrebbe essere attuata solo superando il diffuso comportamento sessuale promiscuo. Ogni altra soluzione - inclusa quella dell’utilizzo del profilattico (proposto come valido (erroneamente) mezzo di evitamento dell’infezione da HIV) - è “pseudo-prevenzione” e denota due idee di fondo: 1. il libertarismo sessuale come una conquista di libertà e di civiltà; 2. la pretesa impossibilità da parte delle persone di vivere una sessualità ben regolata, pur riconoscendone il valore. Nell’articolo si ritiene che alla base di una prevenzione che sia degna dell’uomo stiano due presupposti: 1. l’adeguata e corretta informazione; 2. l’educazione alla maturità responsabile da parte dell’individuo. E le strategie preventive devono correre a due livelli: personale (con l’insostituibile ruolo delle agenzie educative) e collettiva.
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Rosa, M. L., M. A. Canevari, N. Mavilio, S. Ballerini, D. Capello, A. Dorcaratto y E. Marinaro. "Tumori cerebrali primitivi". Rivista di Neuroradiologia 6, n.º 4 (noviembre de 1993): 455–88. http://dx.doi.org/10.1177/197140099300600411.

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Nello studio delle neoplasie cerebrali primitive, anche ai fini di una indicazione per quanto riguarda la benignità o malignità delle lesioni, un adeguato inquadramento può essere ottenuto sulla scorta di conoscenze generali che si riferiscono — oltre ovviamente ai dati anamnestici — alla classificazione, al comportamento biologico-grado di malignità, alla localizzazione, ai segni di effetto massa e alla valutazione di elementi più specifici che hanno diretta espressività sulle immagini di TC e di RM quali: gli aspetti istologici, biologici e clinici. Per quanto riguarda gli aspetti istologici bisogna far riferimento alle basi patologiche delle immagini; per gli aspetti biologici alle indicazioni fornite dalle neuroimmagini che si riferiscono al tipo di accrescimento della neoplasia, all'eventuale presenza di metastasi per via liquorale e, più raramente, per via ematogena ed alla comparsa di una recidiva o meglio di una progressione della malattia. Infine è opportuno tenere in debita considerazione l'espressività clinica che comprende, oltre agli aspetti istologici e biologici, anche l'effetto compressivo sulle strutture nervose vitali (effetto massa ed ernie) e sulle vie liquorali ( idrocefalo ostruttivo) che costituiscono un elemento prognostico sfavorevole anche in caso di tumori benigni. Riteniamo quindi che l'espressività-biologica, clinica ed istopatologica in neuroradiologia rappresenti la strada da seguire per un ulteriore miglioramento nella diagnostica dei tumori cerebrali. Nel contempo è necessario ricercare una più approfondita valutazione degli aspetti funzionali mediante RM e PET ai fini di un più completo inquadramento delle lesioni anche sotto questo aspetto.
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Del Piccolo, Lidia. "Psycho-social problem disclosure during primary care consultation". Epidemiology and Psychiatric Sciences 9, n.º 4 (diciembre de 2000): 257–71. http://dx.doi.org/10.1017/s1121189x00008393.

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RIASSUNTOScopo – Valutare come i pazienti trattano tematiche psicosociali durante la consultazione in medicina generale e se vi è un'influenza degli aspettà di personalità (dipendenza emotiva e tendenza a controllare o delegare la salute) su tale comportamento. Disegno — “Caso-controllo”. Tra i casi rientravano coloro che avevano punteggio maggiore o uguale a tre nel General Health Questionnaire (GHQ—12). L'appaiamento caso—controllo è stato fatto sulla base del medico curante, del giudizio di presenza/assenza di disagio emotivo espresso dal medico, dal sesso, dall'età e dalla presenza di malattia cronica. Setting — Sei ambulatori di Medicina Generale. Principali misure utilizzate — Scheda del medico con i dati clinici del paziente, Scheda del paziente con dati socio—demografici, Questionario sui problemi sociali, GHQ—12, Questionario sugli eventi di vita. Successivamente i pazienti sono stati ricontattati ed hanno compilato la Multidimensional Health Locus of Control Scale (MHLC), l'Interpersonal Dependency Inventory e il Social Support Questionnaire. Risultati – La probabilità di trattare tematiche psicosociali aumenta quando il medico attribuisce disagio psichico. I pazienti correttamente identificati senza disagio emotivo hanno trattato meno frequentemente temi psico-sociali, pur accennandoli, il contrario si è verificato per i pazienti riconosciuti con disagio. I pazienti con alto punteggio al GHQ-12 e non identificati dal medico (falsi negativi), più degli altri non hanno neppure fatto cenno ad aspetti psicosociali. La presentazione di problemi psicosociali non è risultata influenzata dalle misure di personalità. Conclusioni – L'assenza di accenni a temi psicosociali e la mancanza di un approccio centrato sul paziente hanno contribuito al non riconoscimento del disagio emotivo nei pazienti «falsi negativi». Un atteggiamento attivo da parte del medico nell'introdurre tematiche psicosociali può avere un notevole effetto sul riconoscimento del disagio psichico in tali pazienti.
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Andreula, C. F. y A. Carella. "Lo studio RM delle metastasi spinali extradurali". Rivista di Neuroradiologia 8, n.º 2 (abril de 1995): 181–94. http://dx.doi.org/10.1177/197140099500800208.

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Resumen
Lo studio delle metastasi vertebrali in risonanza magnetica permette di superare la rigida distinzione in lesioni osteolitiche e osteoaddensanti, uso che inizialmente proposto dalla radiologia tradizionale è stato mantenuto, pur se con critiche, anche con l'avvento di metodiche più moderne. La lesione osteorarefacente e la lesione osteosclerotica sono i due estremi di un continuum che prevede numerosi eventi di transizione non solo nell'ambito dello stesso paziente, ma addirittura in corso di malattia prima e dopo trattamento. Gli elementi di semeiotica RM sono le alterazioni di segnale e le alterazioni morfologiche. Nelle lesioni osteolitiche il processo di infiltrazione si evidenzierà come una tenue ipointensità nelle sequenze dipendenti dal T1 e netta iperintensità nelle sequenze dipendenti dalla densità protonica, dal T2 e dal T2 star. Qualora venga interessato completamente il corpo vertebrale sarà possibile apprezzare una deformazione morfologica dello stesso. Tale alterazione risentirà dei tempi di infiltrazione midollare caratterizzandosi o come esuberante con allargamento degli angoli diedri somatici dando un aspetto di vertebra «rigonfia» o come riduttiva con crollo vertebrale da collasso inizialmente interno. La somministrazione di mdc determinerà una ricostruzione morfologica del corpo vertebrale nel caso di infiltrazione totale e di omogeinizzazione di segnale con la parte sana restante della vertebra nei casi di infiltrazione parziale. Tale comportamento alla somministrazione di mdc spiega la necessità di eseguire preliminarmente le sequenze dipendenti dal T1 prima del mdc e induce ad un atteggiamento critico sulla utilità delle sequenze dopo contrasto. Le lesioni osteoddensanti o osteosclerotiche saranno caratterizzate da segnale nettamente ipointenso nelle sequenze appesantite in T1, e ipointenso nelle sequenze appesantite in T2. Tale comportamento rispecchia la formazione di tessuto osseo prodotto dagli osteoblasti, attivati o da sostanze secrete dal tumore o dalla presenza di tessuto «diverso» dal midollo osseo a capacità irritante. La somministrazione di mdc non determina variazioni del quadro in T1 per l'assenza di fenomeni reattivi vascolari. L'estrinsecazione extradurale è la complicanza più frequente della localizzazione vertebrale metastatica: le neoplasie che più frequentemente causano questo aspetto sono i carcinomi e tra questi l'origine mammaria e polmonare coprono da sole il 50% delle lesioni. Il segnale RM di questo tessuto neoformato risentirà dell'alta componente acquosa della lesione con ipointensità nelle sequenze dipendenti dal T1 e iperintensità nelle sequenze dipendenti dal T2; la somministrazione di mdc determinerà intensa impregnazione sia per l'assenza di barriera nei capillari neoformati, riproducenti il tessuto di origine extraneurale, sia per l'ampio spazio extracellulare. La localizzazione leptomeningea delle metastasi è evento oltremodo raro. Le neoplasie che più frequentemente possono dare disseminazione leptomeningea sono distinguibili in extraneurali, neurali ed ematologiche. Le lesioni hanno aspetto nodulare o a placca, oppure possono estendersi a panno sull'aracnoide, avvolgendo le radici di emergenza. Sedi più frequenti sono le parti più declivi come il cul-di-sacco durale e la cauda equina (73%), verosimilmente per motivi gravitari. In RM le lesioni appaiono come agglomerati focali di segnale isointenso al midollo nelle immagini dipendenti dal T1, e di alto segnale possono mimetizzarsi col liquor nelle sequenze dipendenti dal T2. La somministrazine di mdc rende tali noduli palesi, per l'alto tasso di impregnazione, e permette di svelare lesioni di piccole dimensioni talvolta mimetizzate per la contiguità con strutture di segnale simile. Più difficile è la semeiotica RM della cosiddetta «carcinomatosi» meningea. La diagnosi differenziale nei casi di metastasi leptomeningee nodulari, ad anamnesi oncologica muta, si pone con i neurinomi (schwannomi) della cauda; con i neurinomi multipli della neurofibromatosi tipo 2, con i piccoli ependimomi della cauda. Nel caso della carcinomatosi leptomeningea vanno scartate le leptomeningiti granulomatose (tubercolosi e sarcoidosi) e le aracnoiditi reattive e postchirurgiche.
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Mancini, Elena. "I malati invisibili della povertà: troppi alberi per accorgersi della foresta? Le politiche sanitarie internazionali per il contrasto delle malattie neglette e della povertà (Neglected Tropical Diseases)*". Medicina e Morale 71, n.º 1 (14 de abril de 2022): 39–54. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2022.1198.

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Le malattie, soprattutto se infettive, hanno da sempre accompagnato la storia dell’umanità, modificando profondamente gli assetti economici e condizionando le strutture sociali e l’evoluzione culturale di intere popolazioni. Tutto questo è ancora vero per un miliardo e mezzo di persone colpite da malattie che l’occidente ha oramai dimenticato e che sono endemiche nelle aree tropicali del pianeta (Neglected Tropical Diseases – NTDs). Enormemente favorite dalla povertà, esse sono a loro volta una delle principali cause di povertà e uno dei più insidiosi ostacoli allo sviluppo di estese aree geografiche dell’Asia, dell’Africa e dell’America Latina. Occorre combattere la povertà per ridurre le malattie, ma occorre anche eliminare le malattie per sollevare dalla povertà e favorire lo sviluppo. Contrastare le NTDs significa tuttavia affrontare contesti caratterizzati oltre che dalla povertà, da equilibri sociali precari, da drammatiche condizioni igienico-sanitarie, dall’assenza o inadeguatezza delle infrastrutture e dei sistemi sanitari, da varie forme di discriminazione ed esclusione sociale dei malati: fattori questi che ostacolano qualsiasi azione a partire dalla stessa raccolta e verifica dei dati epidemiologici. Sono qui esaminate alcune strategie di intervento ispirate all’approccio community-driven, diretto al coinvolgimento delle comunità locali nell’integrazione e gestione delle misure di contrasto. È analizzato inoltre il ruolo degli operatori sanitari informali (Community Health Workers) nella diffusione di comportamenti, informazioni e strumenti di profilassi e nella valorizzazione di pratiche locali marginali che tuttavia si siano dimostrate efficaci nel contrasto o prevenzione di una o più NTDs (devianza positiva). Una riflessione conclusiva è dedicata alla formazione dei CHWs ai fini dell’educazione sanitaria di comunità. * Questa pubblicazione si inserisce nell’ambito delle attività del progetto “Centro per la ricerca sulle malattie rare neglette e della povertà”, finanziato dal Consorzio CNCCS.
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Di Pietro, Maria Luisa y Adelia Lucattini. "Sviluppo adolescenziale e comportamenti sessuali". Medicina e Morale 40, n.º 2 (30 de junio de 1991): 247–82. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1991.1143.

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Addentrarsi nel mondo degli addolescenti nel tentativo di comprendere il perché delle loro scelte e dei loro comportamenti, in particolar modo sessuali, è impresa alquanto ardua: non vi è infatti nessuna altra fase dello sviluppo umano che sia sì intrisa di contraddittorietà e di provvisorietà come l'adolescenza e quindi difficilmente passibile di schematizzazioni e di soluzioni. Lo scopo di questo lavoro, che si avvale della vasta letteratura esistente in tema di adolescenza, è quello non di schematizzare ma di individuare - anche alla luce degli apporti della psicologia - le ragioni dei comportamenti adolescenziali in campo sessuale (rapporti sessuali, uso della contraccezione, diffusione delle malattie sessualmente trasmesse) perché questa conoscenza sia punto di partenza per l'elaborazione di una mirata strategia educativa della sessualità.
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Atighetchi, Dariusch. "Islam e AIDS". Medicina e Morale 49, n.º 6 (31 de diciembre de 2000): 1179–90. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2000.775.

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L’impatto iniziale del mondo musulmano con il problema dell’AIDS ha subito assunto una forte connotazione apologetica e di condanna dell’infezione in quanto conseguenza di comportamenti illeciti di impronta occidentale. In questo senso si esprimono molti giurisperiti islamici, la stampa e non pochi medici. Tutti antepongono l’esaltazione della purezza dell’Islam e delle sue regole di vita a scapito dell’attenzione dedicata all’analisi dei problemi etici, medici e sociali dei malati. La soluzione islamica al rischio AIDS consiste nell’astinenza pre-matrimoniale e nel matrimonio precoce. Anche se in gran parte degli Stati la percentuale di infetti è bassa (ma costantemente in crescita in alcuni gruppi sociali) le autorità tendono a minimizzare le cifre; inoltre sembrano riluttanti a denunciare la situazione sanitaria concernente la diffusione di malattie sessuali per non esporsi a critiche politico-religiose. I cittadini sono fortemente restii a rivelare le proprie abitudini sessuali e a partecipare ad indagini sul problema. Contemporaneamente anche i malati e i familiari preferiscono occultare l’infezione per vergogna e timore delle conseguenze sociali. Atteggiamenti molto simili si riscontrano in Occidente tra gli immigrati infetti ed i loro familiari. Per l’Islam il medico è uno strumento divino e non può limitarsi a curare bensì dovrebbe occuparsi di tutta la persona, con i valori che ne orientano la condotta quotidiana inclusa la sessualità.
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Dellafiore, Federica, Chiara Catagnano, Ida Vangone, Silvia Casella, Sara Russo, Luca Guardamagna, Irene Baroni y Cristina Arrigoni. "Self-care e schizofrenia: risultati di una revisione narrativa della letteratura". PSICOLOGIA DELLA SALUTE, n.º 3 (octubre de 2022): 96–117. http://dx.doi.org/10.3280/pds2022-003009.

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Il trattamento della schizofrenia comprende molteplici interventi che devono essere integra-ti tra di loro per una gestione completa del paziente. Tra gli interventi di carattere educativo e psicosociale troviamo il miglioramento delle abilità di self-care (auto-cura). Dalla letteratura si evince che il self-care ha un impatto positivo in molte malattie croniche e sta emergendo il suo utilizzo in diverse realtà che si occupano di pazienti affetti da schizofrenia, anche se la concreta efficacia del self-care in questa patologia rimane incerta e la letteratura a riguardo si presenta frammentata e priva di una visione complessiva. Di conseguenza, questo studio mira a fornire una sintesi critica delle evidenze scientifiche disponibili inerenti ai comportamenti di self-care attuati dai pazienti con diagnosi di schizofrenia. Tramite una revisione della letteratura sono stati consultati 231 risultati ottenuti e attraverso l'applicazione dei criteri di inclusione sono stati selezionati 7 articoli. Sono state identificate tre macro-tematiche: (a) i livelli di self-care attuati dai pazienti con schizofrenia; (b) i fattori che influenzano tale processo; (c) gli interventi educativi che hanno dimostrato di avere un effetto ed efficacia per sviluppare questi compor-tamenti. Il self-care nel paziente affetto da schizofrenia è uno strumento terapeutico fondamen-tale, tuttavia, necessita di essere approfondito con nuovi studi primari, al fine di fornire una visione chiara sulle modalità di intervento per il soddisfacimento delle esigenze del paziente, limitando così le complicanze legate alla malattia e restituendo a queste persone una qualità di vita soddisfacente.
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Pasetti, Carlo y Giovanna Zanini. "La presa in carico del paziente con sclerosi laterale amiotrofica: questioni etiche nelle varie fasi della malattia". Medicina e Morale 53, n.º 5 (31 de octubre de 2004): 939–67. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2004.626.

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Molti sono stati i cambiamenti che si sono verificati in questi ultimi anni nella prassi clinica e nella presa in carico del paziente con sclerosi laterale amiotrofica, nonostante la perdurante assenza di terapie farmacologiche efficaci. Tali cambiamenti possono essere così riassunti: a) sul piano clinico: l’istituzione di unità interdisciplinari di trattamento alla SLA; la possibilità di impiego di nuove procedure terapeutiche in grado non di modificare la prognosi della malattia ma di prolungarne la sopravvivenza; una sempre maggiore attenzione per la riabilitazione e le malattie croniche progressive; b) sul piano etico: il progressivo affermarsi del principio di autonomia; l’evoluzione di nuovi modelli di relazione medico-paziente. Questi fattori hanno comportato per gli operatori coinvolti nella presa in carico la irrinunciabile necessità di confrontarsi con nuove questioni etiche, solo pochi anni or sono ritenute del tutto impensabili: 1. la comunicazione della diagnosi e della prognosi; 2. i processi decisionali nelle fasi più avanzate della malattia; 3. l’accompagnamento alla morte e al morente. Vengono discusse in dettaglio le singoli questioni etiche, arrivando alle seguenti considerazioni conclusive: 1. in tutti i punti nodali della presa in carico del paziente con SLA una corretta informazione e una buona capacità di comunicazione dei terapeuti sono considerati elementi chiave per una gestione clinica che eviti nel paziente rischi di comportamenti autolesivi o di fughe nella medicina alternativa e nel medico rischi di disimpegno terapeutico, angoscia decisionale, burn out; 2. è indispensabile fare evolvere nuovi modelli di relazione medico-paziente, diversi da quelli di tipo paternalistico ma anche da quelli di tipo contrattualistico o utilitaristico, ritenuti più adeguati in questo contesto, come il modello dell’alleanza terapeutica; 3. il rispetto del principio di autonomia e degli strumenti che ne derivano (consenso informato e direttive anticipate in particolare) vengono ritenuti certo un punto forte, ma non l’unico télos etico dell’azione, che deve comunque sempre tendere ad ispirarsi anche, e soprattutto, al principio di beneficenza; 4. un accompagnamento farmaco-protetto alla morte e al morente, calato in un’attenta presenza e in un elevato livello relazionale, secondo un’etica delle virtù che valorizzi le buone intenzioni, può configurarsi come una terza via tra i due opposti errori etici costituiti dall’eutanasia e dall’accanimento terapeutico, terza via che consente di superare annose diatribe tra differenti orientamenti e appare più in linea con paradigmi universalmente accettati e accettabili.
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Marinozzi, Lorenza. "Bioetica clinica - Adolescenza e comportamenti alimentari: orientamenti etici e strategie educative". Medicina e Morale 47, n.º 6 (31 de diciembre de 1998): 1219–49. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1998.818.

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In questo articolo l’Autrice, attraverso un’accurata analisi nosografica dei disturbi legati all’alimentazione e attraverso la descrizione di due casi clinici, afferma che sia l’anoressia nervosa, sia la bulimia nervosa, pur presentandosi con sintomi diversi, sono manifestazioni di un’unica malattia. Questo disturbo colpisce soprattutto l’età dell’adolescenza ed ha radici sociali e culturali. L’attuale epidemia non è altro che il riflesso dell’epoca in cui viviamo con tutte le sue ambiguità e contraddizioni, con tutti i suoi modelli irraggiungibili e irreali. Un capitolo a parte è dedicato alle considerazioni etiche al fine di mettere in luce le proposte preventive oltre che curative. A questo proposito risulta molto importante la figura del genitore, il cui ruolo è quello di “navigatore”, di colui che indica la strada giusta senza però imporla. Le coordinate da seguire sono l’amore, l’ascolto, l’attenzione, unite al recupero di determinati valori quali “l’impegno lavorativo”, “il coraggio di affrontare gli ostacoli”, “la pazienza di aspettare”.
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Ripamonti, Chiara A., Emanuele Preti, Andrea Bassanini y Alice Castelli. "Immigrati e salute: cause di malattia, comportamenti di cura e accesso ai servizi sanitari in soggetti sudamericani, cinesi e filippini. Uno studio pilota sul territorio milanese". PSICOLOGIA DELLA SALUTE, n.º 3 (noviembre de 2011): 29–51. http://dx.doi.org/10.3280/pds2011-003002.

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Questa ricerca indaga il rapporto delle minoranze etniche, presenti sul territorio di Milano e provincia, con la salute e con i servizi sanitari. Sono analizzati e confrontati tre gruppi etnici: latinoamericani, cinesi e filippini. Si ipotizza che la cultura e la tradizione popolare di queste minoranze etniche influenzino le modalitŕ con cui esse affrontano i problemi di salute e i loro comportamenti di cura. Pertanto, gli obiettivi del lavoro si concentrano sull'indagine dei comportamenti di cura intrapresi in caso di malattia, i rapporti con le strutture sanitarie e le cause che i membri dei gruppi etnici attribuiscono alle patologie tumorali. Č stata somministrata un'intervista con la metodologia free list a 114 soggetti appartenenti alle tre minoranze etniche considerate. Inoltre, č stata somministrata un'intervista semistrutturata a 10 medici di medicina generale e 15 medici volontari di alcuni centri di prima assistenza presenti a Milano. I risultati sottolineano la necessitŕ di comprendere sia le credenze che le esigenze nell'ambito della salute di persone appartenenti a culture differenti dalla nostra, cosě da poter implementare risposte da parte del sistema sanitario che siano realmente funzionali e efficaci.
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Cipressa, Salvatore. "La professione infermieristica: considerazioni etico-deontologiche". Medicina e Morale 52, n.º 2 (30 de abril de 2003): 283–97. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2003.671.

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Per qualificare il servizio sanitario e per mantenere un buon livello di professionalità degli operatori sanitari sono necessari sia strumenti tecnicoscientifici, sia una adeguata formazione etico-culturale, che faccia riferimento ad una antropologia cristianamente fondata, che possiamo definire personalista. Si richiede che si abbia una visione integrale dell’uomo e della sua vocazione che “non è solo naturale e terrena, ma anche soprannaturale ed eterna”. Nell’articolo – facendo riferimento a questo modello antropologico – l’Autore delinea alcuni atteggiamenti e comportamenti morali che caratterizzano la professione infermieristica e tracciano l’identità e la figura professionale dell’infermiere. Ne segue che l’infermiere vive con umiltà e correttezza la sua professione, contribuisce a umanizzare l’assistenza sanitaria, considera l’ammalato una persona da amare, ama la vita e si pone a servizio di essa, si impegna in una formazione permanente e collabora con l’équipe medica. Egli è il buon samaritano dei nostri giorni, che si ferma accanto all’uomo ferito, facendosi suo “prossimo” nella carità (cf. Lc 10, 29-37). Nel suo rapporto professionale, l’infermiere è chiamato ad instaurare con la persona ammalata una relazione di aiuto vera, competente e terapeutica. Tale relazione costituisce l’essenza della professione infermieristica ed è una relazione particolare di natura etica, che possiamo definire “un incontro tra una fiducia e una coscienza. La ‘fiducia’ di un uomo segnato dalla sofferenza e dalla malattia e perciò bisognevole, il quale si affida alla ‘coscienza’ di un altro uomo che può farsi carico del suo bisogno e che gli va incontro per assisterlo, curarlo, guarirlo”. Per l’infermiere a cui sta a cuore il perfetto esercizio della professione infermieristica, Gesù Cristo è il modello etico-deontologico di riferimento per testimoniare la carità, che ha nella cura e nell’assistenza dei malati la sua peculiare espressione. Esercitando la sua professione con scienza e coscienza, l’infermiere esprime e testimonia la carità di Cristo.
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Bompiani, Adriano. "Genomica funzionale e proteomica: recenti sviluppi della ricerca nelle malattie poligeniche e considerazioni etiche". Medicina e Morale 52, n.º 5 (31 de octubre de 2003): 797–840. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2003.661.

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L’autore compie una rassegna anzitutto delle metodiche che vengono ricomprese sotto le denominazioni di genomica funzionale e proteomica, ne illustra l’applicazione per la migliore conoscenza delle malattie poligenichemultifattoriali e pertanto complesse a larga diffusione (più dell’1% della popolazione adulta) e causa di elevata morbillità e mortalità. Le possibilità offerte dei DNA-microarrays nell’analisi dei polimorfismi dei nucleotidi, correlate alle potenzialità offerte dai supporti bioinformatici, caratterizzano la genetica che ha fatto seguito al sequenziamento del DNA, consentendo l’analisi dei “profili di espressione genica”.Lo sviluppo delle moderne tecniche di indagine sulle proteine permette, a sua volta, di riconoscere le proteine che sono correlate a stati morbosi attraverso loro livelli di espressione alterati se confrontati con quelli provenienti da soggetti sani. Queste linee di ricerca, appena al loro inizio, offrono certamente positivi giudizi se valutate sotto il profilo della conoscenza scientifica, ma non sono prive di rischi e riserve sotto il profilo etico. L’autore ne esamina i vari aspetti che riguardano sia la singola persona che la comunità: se - in casi ben circoscritti - possono stimolare comportamenti favorevoli alla prevenzione di malattie ad insorgenza tardiva, sono da paventarsi - sul piano culturale - forme di riduzionismo di natura sociobiologica, pericoli di discriminazione e soprattutto - in epoca prenatale - espressioni ancora più estese di quell’eugenismo che caratterizza negativamente la società contemporanea.
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Lenti, S., M. Felici, M. Campanini, A. Fontanella, R. Nardi y G. Gussoni. "La comunicazione con il paziente e tra professionisti nella gestione del paziente complesso in Medicina Interna". Italian Journal of Medicine 5, n.º 1 (21 de marzo de 2017): 1. http://dx.doi.org/10.4081/itjm.q.2017.1.

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<p class="titolo"><img src="/public/site/images/pgranata/rass.jpg" alt="" /></p><p class="titolo"><strong>Introduzione</strong><br /><em>M. Campanini</em></p><p class="titolo"><strong>La comunicazione tra professionisti</strong><br /><em>A. Fontanella</em></p><p class="titolo"><strong>Il valore della comunicazione in medicina interna</strong><br /><em>A. Greco, M. Greco, G. D’Onofrio, D. Sancarlo</em></p><p class="titolo"><strong>Le <em>Communication Skills come Evidence Based Medicine</em></strong><br /><em>M. Felici, S. Lenti</em></p><p class="titolo"><strong>La procedura comunicativa Calgary-Cambridge</strong><br /><em>L. Sammicheli, C. Nozzoli</em></p><p class="titolo"><strong>La procedura comunicativa Macy Model</strong><br /><em>V. De Crescenzo, M. Manini</em></p><p class="titolo"><strong>La Medicina e la Ricerca <em>disease, patient </em>e<em> person-oriented</em></strong><br /><em>G. Gussoni, L. Bellesia, S. Frasson, A. Valerio, E. Zagarrì</em></p><p class="titolo"><strong>I contesti clinici e comunicativi della medicina</strong><br /><em>M. Felici, S. Lenti</em></p><p class="titolo"><strong>L’<em>illness</em> del paziente: una <em>Evidence Based Medicine</em> nella medicina della complessità</strong><br /><em>L. Occhini, A. Pulerà, M. Felici</em></p><p class="titolo"><strong><em>Illness</em> e comportamento di malattia</strong><br /><em>L. Occhini, A. Pulerà, M. Felici</em></p><p class="titolo"><strong>Il paradosso della prognosi: il dilemma della comunicazione nella prognosi in medicina interna</strong><br /><em>R. Ruggeri, L. Magnani, M. Murolo, G. Colombo, F. Colombo</em></p><p class="titolo"><strong>Il terzo incomodo, ovvero, come la tecnologia informatica ha influenzato la relazioni medico-paziente</strong><br /><em>S. De Carli, M. Rondana, V. Moretti</em></p><p class="titolo"><strong>La comunicazione efficace come strumento per aumentare l’aderenza alla terapia ovvero l’<em>alleanza terapeutica</em></strong><br /><em>A. Galanti, L. S. Martin Martin, M. Semprini, D. Terracina</em></p><p class="titolo"><strong>Il valore della comunicazione nei sistemi sanitari</strong><br /><em>M. Sandroni</em></p>
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Emiliani, Elisa, Giulia Casu y Paola Gremigni. "Validazione italiana della Cynical Distrust Scale per misurare la sfiducia cinica". PSICOLOGIA DELLA SALUTE, n.º 2 (julio de 2011): 69–83. http://dx.doi.org/10.3280/pds2011-002005.

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L'ostilitŕ č uno dei fattori psicosociali che influiscono sulla salute ed č predittore dello sviluppo di malattie, comportamenti e abitudini poco salutari. Il presente lavoro ha come obiettivo la presentazione della validazione italiana della(CynDis; Julkunen, 1994) per la misurazione della sfiducia cinica, componente cognitiva dell'ostilitŕ. Nonostante l'ampia letteratura dedicata allo studio di tale costrutto, in Italia non sono ancora disponibili strumenti validi e attendibili in grado di misurare in maniera veloce e precisa la sfiducia cinica. La CynDis č stata somministrata, insieme alle PANAS, alla MCSD-8 e a due domande sulla percezione del proprio stato di salute, a 311 partecipanti (169 femmine e 142 maschi, etŕ media 39.07 anni, DS = 14.98). Le caratteristiche psicometriche della scala, analizzate tramite analisi fattoriale esplorativa, studio della consistenza interna e della stabilitŕ nel tempo, e correlazioni con criteri esterni, appaiono soddisfacenti. La scala appare pertanto adatta come strumento di screening valido e attendibile, da utilizzare nei contesti di prevenzione e promozione della salute.
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Tonon, Chiara. "L'importanza della biodiversità ambientale urbana su salute e benessere, dal microbiota al cervello sociale". PNEI REVIEW, n.º 1 (abril de 2022): 78–93. http://dx.doi.org/10.3280/pnei2022-001007.

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Il microbiota ambientale si sovrappone e stimola quello umano, contribuendo alla sua diversità. L'abbondanza e la varietà di microrganismi negli ambienti urbani è in continua diminuzione e negli ultimi anni l'ipotesi che la perdita di biodiversità porti ad una disregolazione immunitaria ed a conseguenti patologie croniche è sempre più evidente, visto che ambiente, microbiota umano e sistema immunitario sono sistemi che interagiscono costantemente. Mentre in Occidente gli studiosi si concentrano soprattutto su allergie e patologie respiratorie, i giapponesi indagano anche l'impatto sistemico del verde urbano e del paesaggio arboreo, dimostrandone l'indiscutibile effetto positivo sull'essere umano. Non è ancora chiaro però quale sia la funzione che, la variabilità della specie all'interno delle aree verdi, svolge sulla salute. L'ipotesi più interessante è legata al ruolo che i segnali microbici possono avere sul neurosviluppo fisiologico e sull'influenzare, a livello cerebrale, la programmazione dei comportamenti sociali. È di primaria importanza sensibilizzare ad una salute globale, partendo da un'educazione sistemica, che curi la plant blindness, evidenziando il valore della diversità biologica intesa come biblioteca della vita, capitale umano fondamentale per permettere l'adattamento ai cambiamenti e l'allenamento del sistema immunitario nella difesa da malattie esistenti e del progresso.
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Oppes, Mario. "La Deontologia medica all’inizio del ’900: i principi del primo Codice italiano". Medicina e Morale 52, n.º 6 (31 de diciembre de 2003): 1203–12. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2003.659.

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Il Codice di Etica e di Deontologia dell’Ordine dei medici della provincia di Sassari, pubblicato nel 1903, rappresenta il primo esempio in Italia di Codice di deontologia medica. A cento anni di distanza dalla sua promulgazione appare interessante valutare i principi in esso contenuti e confrontarli con quelli inseriti nei successivi codici. Attraverso il percorso storico della deontologia è possibile infatti comprendere il significato che essa ha avuto nel determinare i comportamenti dei medici nell’esercizio della professione, ma soprattutto si può scoprire, il vero significato da attribuire alla deontologia stessa. Infatti negli ultimi trent’anni, con l’avvento della bioetica, si è assistito ad una vera e propria crisi della deontologia che ha portato persino alla perdita di una concezione condivisa del suo significato all’interno della categoria professionale dei medici. Dall’analisi del testo del codice emerge la sottolineatura del dovere di ottenere il consenso del paziente per ogni atto operativo, inattesa per quei tempi, caratterizzati da un rapporto medico-paziente di tipo paternalistico. Vi è inoltre un ripetuto richiamo alla necessità di curare tutti i malati con lo stesso impegno, indipendentemente dalla classe sociale di appartenenza, e ciò assume particolare rilevanza se si considera che all’epoca non esisteva un servizio sanitario nazionale in grado di garantire uniformi livelli di assistenza. In gran parte del codice ci si sofferma poi ai rapporti fra colleghi e negli articoli dedicati a tale problematica si evidenzia una particolare sensibilità verso la correttezza fra professionisti, oggi decisamente disattesa, tanto che tale esigenza non trova particolari sottolineature nell’ultimo codice nazionale. Infine è significativo il richiamo esplicito a tutti gli associati al rispetto delle regole deontologiche, pena la comminazione di sanzioni disciplinari e ciò assume particolare rilevanza se si pensa che cento anni fa gli Ordini dei medici non avevano ancora ottenuto il riconoscimento giuridico, che arriverà solo nel 1910.
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Allò, Alfio. "Il processo diagnostico e relazionale in psichiatria. Validità epistemologica tra normalità e patologia". Ricerca Psicoanalitica 32, n.º 1 (23 de abril de 2021). http://dx.doi.org/10.4081/rp.2021.277.

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Il presente lavoro vuole definire la bassa rilevanza epistemologica che il metodo assume in psichiatria. Si sono dunque circoscritte differenti problematiche, presenti all’interno del rapporto terapeuta-paziente. Problematiche che si rappresentano nell’etichettamento diagnostico, nel frazionamento del sistema di possibilità del paziente e nell’impossibilità di controllare le differenze fra i terapeuti, per quanto di soggettivo può emergere nella relazione terapeutica. Questioni che richiedono una valutazione in funzione della ricerca clinica, nella possibilità di trovare una linea di continuità fra normalità e patologia, non esistendo peculiarità comuni rintracciabili solo tra i pazienti. In pratica è possibile osservare una fluttuazione fra un comportamento maggiormente adattivo e un comportamento maggiormente disfunzionale, sia all’interno di un quadro patologico sia all’interno di una cosiddetta normalità. Una fluttuazione basata su un impianto relazionale, più o meno adeguato, che caratterizza entrambe le dimensioni, segnando un continuum nel passaggio fra normalità e patologia. In effetti un impianto che può indebolirsi fino a decifrarsi nella patologia. A partire da tali osservazioni è possibile giustificare il paziente al di là degli aspetti tipicamente circoscritti dalla malattia mentale. Una questione che può definire una visione maggiormente comprensiva delle possibilità del paziente, quindi ponendo una valutazione maggiormente oggettiva, in tal modo decostruendo in parte il processo di frammentazione riferibile all’etichettamento diagnostico.
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"La costruzione di un percorso educativo di empowering per giovani diabetici insulinodipendenti tipo 1". PSICOLOGIA DELLA SALUTE, n.º 2 (julio de 2011): 191–207. http://dx.doi.org/10.3280/pds2011-002012.

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Educare alla salute significa con Green (1990) "Ogni combinazione di esperienze di apprendimento che mira a predisporre, facilitare e rinforzare gli adattamenti volontari del comportamento di salute individuale". Gli Autori presentano il processo di costruzione e i dati preliminari del percorso educativo proposto a giovani diabetici insulinodipendenti di etŕ compresa tra i 16 e i 26 anni afferenti al Servizio di Malattie del Metabolismo e Nutrizione dell'Ulss 9 di Treviso (MMN). L'approccio di cura al diabete viene rivisitato in un'ottica biopsicosociale e l'intervento educativo viene ristrutturato per passare da un modello di information giving e individuale ad un modello di empowering di gruppo con particolare attenzione allo sviluppo delle skills for life. Vengono presentate le fasi di trasformazione e costruzione del nuovo percorso educativo che ha coinvolto i diversi operatori del Servizio MMN. I dati clinici e comportamentali preliminari vengono discussi in funzione degli sviluppi futuri e della soddisfazione percepita.
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Aliberti, Silvana Mirella, Giuseppe Ferrucci, Antonio Nigro, Alfonso Della Corte, Rosetta Frammartino, Emanuela Santoro, Assunta Turco et al. "Uso di sostanze psicoattive e performance compromessa sul lavoro". La Sanita pubblica. Ricerca sul campo., 2020, 125–34. http://dx.doi.org/10.48268/sanita/2020/0001.12.

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Non tutte le persone possiedono le stesse competenze in materia di salute, non tutti sono in grado di organizzarsi e decidere rispetto a questioni riguardanti il proprio benessere psico-fisico, migliorarlo, trovare informazioni e comprenderle, assumersi la responsabilità della propria qualità della vita. Queste competenze non fanno parte del bagaglio esperienziale comune ma, come afferma l’OMS: «La salute è creata e vissuta dalle persone all’interno degli ambienti organizzativi della vita quotidiana: dove si studia, si lavora, si gioca e si ama» I fattori di rischio lavorativo non sono solo agenti chimici, fisici e biologici ma anche errori umani, procedure non corrette, comportamenti inadeguati. I lavoratori stessi possono risultare pericolosi per gli altri. Ciò accade quando essi presentano condizioni come: uso e abuso di alcol, farmaci o droghe; malattie neuro-psichiatriche (demenze, disturbi comportamentali, etc.), malattie infettive contagiose [5]. Il rischio per i terzi può essere maggiore in settori come la sanità, i trasporti, le forze armate e di polizia, gli impianti industriali ove si manipolino prodotti pericolosi. Ma, più in generale, in tutti gli ambienti di lavoro si possono registrare situazioni critiche per la presenza di lavoratori con gravi problemi comportamentali. La legislazione vigente nel nostro Paese ha recentemente previsto un più accurato controllo sui lavoratori che svolgono mansioni ad elevato rischio per sé e per gli altri, con l’obiettivo di disincentivare condotte pericolose. Si ritiene, tuttavia, che il principale strumento di contrasto delle dipendenze debba essere la sensibilizzazione degli interessati attraverso un’informazione chiara e completa, per ottenere luoghi di lavoro liberi dalle conseguenze negative legate al consumo di alcol e sostanze stupefacenti.
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Silberberg, Agustín A., Marcelo J. Villar y Claudio D. González. "Validation and preliminary results of a survey on decision of treatment in neonatal critical infants administered to neonatologists in Buenos Aires, Argentina". Medicina e Morale 64, n.º 1 (28 de febrero de 2015). http://dx.doi.org/10.4081/mem.2015.34.

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Le decisioni terapeutiche in bambini gravemente malati con danni neurologici e previsione di scarsa qualità di vita futura hanno sollevato una profonda discussione etica. La validazione delle survey è uno strumento utile per rafforzare i risultati ottenuti e sembra essere una procedura ottimale per analizzare questo dibattito, in particolare se le survey si concentrano sul comportamento clinico dei neonatologi nei paesi non sviluppati. L’obiettivo di questo lavoro è duplice: in primo luogo, si intende illustrare il processo di validazione di una survey da somministrare a 580 neonatologi argentini, che rappresentano un terzo del numero totale di specialisti in Argentina. In secondo luogo, si intende presentare alcuni risultati preliminari che mettono in correlazione l’eutanasia, la sospensione dei trattamenti e la qualità della vita attesa. Per la validazione è stata condotta uno studio pilota su neonatologi, divisa in due fasi. La prima fase è corrisposta alla valutazione della survey da parte di 20 pediatri. Essi hanno valutato se i tempi per completare la survey fossero ragionevoli. I pediatri hanno dovuto, inoltre, valutare chiarezza e comprensibilità della survey. I risultati di questa fase sono stati positivi. Nella seconda fase dello studio pilota si è verificato se la survey esaminasse in modo specifico i campi di ricerca precedentemente descritti, cioè se essa avesse raggiunto livelli significativi di affidabilità sulla base della consistenza interna. Il coefficiente alfa di Cronbach è risultato di 0,94 in tutte le 138 survey analizzate. L’analisi fattoriale ha permesso l’estrazione di due fattori (radici) con una varianza rilevata 48,9% e 33,4%, che corrispondevano rispettivamente ai campi relativi all’eutanasia e alla sospensione del trattamenti. Il test non parametrico di Spearman ha mostrato livelli significativi di correlazione per le decisioni che si riferiscono all’eutanasia, alla sospensione del trattamento e alla qualità della vita. I risultati preliminari della survey hanno evidenziato inoltre che il 98% dei neonatologi rifiutavano l’eutanasia e più del 70% non era d’accordo con la sospensione dei trattamenti di sostegno vitale sia nei neonati con buone prospettive neurologiche e una prognosi infausta, sia in quelli con una prospettiva neurologica negativa e prognosi di buona sopravvivenza. La nostra survey è praticabile e ha un alto livello di consistenza interna secondo il coefficiente alfa di Cronbach. Le correlazioni hanno mostrato una significativa associazione tra l’eutanasia e la sospensione dei trattamenti di sostegno vitale e tra la qualità di vita e la rianimazione anche in presenza di malformazioni congenite. Infine, i nostri risultati preliminari mostrano che i neonatologi argentini rifiutano l’eutanasia. ---------- Therapeutic decision in critically ill infants with neurological damage and poor future quality of life has raised a profound ethical discussion. Validation of surveys is a useful tool to strengthen the results obtained and appears to be an optimal procedure to analyze this debate, particularly if they focus on the clinical behavior in neonatologists in undeveloped countries. The goals of this paper have been twofold. Firstly, to show the process of validation of a survey to be administered to 580 argentine neonatologists which represent one third of the total number of specialists in Argentina. Secondly, to show some preliminary results correlating euthanasia, treatment withdrawal and probable quality of life. For validation a pilot study in neonatologists was divided in two steps. Step one corresponded to evaluation of the survey by 20 pediatricians. These physicians considered if the timing to complete the survey was reasonable. Also they had to consider the clarity and self-explaining characteristics of the survey. The results of this step were positive for all these parameters. The second step of the pilot study verified whether or not the survey specifically explored the research fields previously described. That is if the survey reached significant levels of reliability by means of internal consistency. Cronbach alfa was 0.94 in all 138 surveys analyzed. Factorial analysis allowed extraction of two factors (roots) with explained variances, 48.9% and 33.4% that corresponded, respectively, to fields of euthanasia and treatment withdrawal. The non parametric test of Spearman showed significant levels of correlation for decisions referring to a: euthanasia, treatment withdrawal and quality of life. Preliminary results of the survey also showed that 98% of Neonatologists rejected euthanasia and more than 70% disagree with suspension of life support treatment both in the neonate with good neurological perspective and bad life prognosis and when there was a bad neurological perspective and a good life prognosis. Our survey is viable and has a high internal consistency established according to Cronbach alfa coefficient. Correlations showed a significant association between euthanasia and life support treatment withdrawal and between quality of life and resuscitation also with the existence of congenital malformations. Finally, our preliminary results show that argentine neonatologists reject euthanasia.
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