Tesis sobre el tema ""chirurgia epatica""
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Tuci, Francesco. "Modello predittivo dell'insufficienza epatica irreversibile dopo resezione epatica per epatocarcinoma su cirrosi: il "resection score"". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2015. http://hdl.handle.net/11577/3424698.
Texto completoIntroduzione La resezione epatica è una delle opzioni terapeutiche ad intento curativo per l'epatocarcinoma (HCC) su cirrosi epatica, ad intento radicale, con i migliori risultati in termini di sopravvivenza e recidiva di malattia, insieme al Trapianto di fegato. Il principale limite della resezione epatica è rappresentato dal rischio di insufficienza epatica postoperatoria, gravato dalla presenza della cirrosi. Il nostro intento è di realizzare uno score predittivo dell'insufficienza epatica irreversibile postoperatoria e quindi della morte precoce, che sia di aiuto nella pratica clinica per la valutazione dell'indicazione alla resezione. Materiali e Metodi Lo studio è stato condotto retrospettivamente su 367 pazienti, sottoposti a resezione epatica per epatocarcinoma su cirrosi dal 1/01/2000 al 31/12/2013 presso il Centro di Chirurgia Epatobiliare di Padova. Attraverso una regressione logistica uni e multivariata abbiamo identificato le variabili predittive di insufficienza epatica irreversibile - morte precoce dopo resezione; con tali variabili abbiamo formulato uno score predittivo di cui abbiamo valutato la potenza prognostica della sopravvivenza a lungo termine. Lo score è stato validato con una coorte di 343 pazienti, sottoposti a resezione epatica per epatocarcinoma su cirrosi presso il Mount Sinai Istitute di New York. Risultati L'incidenza di morte precoce è stata del 10% nella coorte di studio e del 12% nella coorte di validazione. La sopravvivenza della coorte di studio e di validazione rispettivamente a 1, 3 e 5 anni è stata rispettivamente del 82% vs 85%, 57% vs 71%, 45% vs 63%. Le variabili che all'analisi multivariata sono risultate significativamente correlate con la morte precoce sono l'età (p= 0.0021), la positività all'epatite B (p= 0.0151), la sodiemia< 139 (p= 0.0089), piastrinemia< 150000 (p= 0.0002), l'AFP (p= 0.0011), il MELD>8 (p= 0.0026), il superamento dei criteri "up to seven" (p= 0.0016) per le caratteristiche tumorali. Nella coorte di studio i pazienti con punteggio dello score ottenuto> 10 avevano una sopravvivenza mediana di 32 mesi se in stadio BCLC A-0 e di 21 mesi se in stadio BCLC B-C, rispetto ad una sopravvivenza di 69 e 42 mesi per uno score<10. Nella coorte di validazione un punteggio >10 implica una sopravvivenza mediana di 25 mesi e 14 mesi nei pazienti BCLC A-0 e BCLC B-C, rispetto ad una sopravvivenza di 120 e 63 mesi, per uno score <10. Conclusione Lo score ottenuto ha potere predittivo di insufficienza epatica irreversibile e morte precoce dopo resezione, stimando anche la sopravvivenza a medio e lungo termine. La validazione esterna rende il calcolatore uno strumento potenzialmente utilizzabile nella pratica clinica nella valutazione dei candidati a resezione epatica per HCC su cirrosi.
Pacilé, Vincenzo <1975>. "Sviluppo di un modello sperimentale di insufficienza epatica acuta post- ischemica nel suino". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2010. http://amsdottorato.unibo.it/2804/2/vincenzo-pacil%C3%A8-Sviluppo_di_un_modello_sperimentale_di_insufficienza_epatica_acuta_post-_ischemica_nel_suino%E2%80%9D.pdf.pdf.
Texto completoPacilé, Vincenzo <1975>. "Sviluppo di un modello sperimentale di insufficienza epatica acuta post- ischemica nel suino". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2010. http://amsdottorato.unibo.it/2804/.
Texto completoBassi, Domenico. "Resezione epatica maggiore con modulazione del flusso portale nel ratto: studio emodinamico e ruolo della Serpina B3 sul danno cellulare". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2015. http://hdl.handle.net/11577/3424101.
Texto completoPresupposti studio: L'aumento del flusso sanguigno per grammo di fegato immediatamente dopo resezione epatica comporta un aumento dello shear stress intraepatico che sembra essere coinvolto nello stimolo e regolazione della rigenerazione. Un iperafflusso portale tuttavia sembra determinare un serio danno epatico a causa dell'elevato shear stress intraparenchimale. Questo fenomeno è stato studiato prevalentemente nel trapianto di fegato parziale da donatore vivente o cadavere e nei soggetti sottoposti a resezioni epatiche estreme. Ne risulta una sindrome definita come Small for Size che ha molte similitudini con l'insufficienza epatica post epatectomia e che si associa a grave morbilità e mortalità. Tra i meccanismi di rigenerazione e protezione cellulare post resezione epatica, la Serpina B3 (inibitore delle serin-proteasi con azione anti- apoptotica) potrebbe avere un ruolo nel controllo dell’apoptosi. Per prevenire il danno da elevato shear stress si è focalizzata l'attenzione sulla modulazione del flusso portale attraverso il confezionamento di shunt porto-cavali, l'embolizzazione dell'arteria splenica, la splenectomia. Scopo dello studio : è l’analisi delle variazioni emodinamiche all'ecodoppler del circolo portale e arterioso epatico in corso di resezione epatica maggiore nel ratto e in corso di resezione epatica associata a splenectomia e il loro impatto sul danno parenchimale. Lo studio ha inoltre lo scopo di valutare la correlazione tra espressione della Serpina B3 e il danno cellulare post resettivo in gruppi diversi di animali. Materiali e metodi: 23 ratti Wistar maschi sono stati suddivisi in 4 gruppi: il Gruppo A (5 animali) è stato sottoposto a resezione epatica del 30%, il Gruppo B (8) a resezione 60%, il Gruppo C (7) a resezione 60% associata a splenectomia e il Gruppo D (3) ha costituito il gruppo di controllo ed è stato sottoposto a laparotomia, ma non a resezione epatica (sham operated). Immediatamente prima dell’intervento chirurgico (T0) e a due ore (T1) si sono eseguiti prelievi ematici su ciascun ratto (dosaggio di AST, ALT, LDH, Acido lattico e Ammonio). Campionamenti di tessuto epatico sono stati eseguiti al termine della resezione e a 2 ore dalla fine dell'intervento chirurgico. Sempre a T0 e T1 è stato effettuato un eco-color doppler epato-splenico. Sui prelievi bioptici dei vari gruppi oltre ad analisi istopatologiche standard, è stata eseguita l’estrazione e la quantificazione dell’RNA della Serpina B3. Sugli stessi prelievi bioptici si è eseguito il test TUNEL per la quantificazione dell’indice apoptotico. Risultati: L’indagine doppler ha mostrato un flusso portale per grammo di fegato maggiore nel gruppo B rispetto agli altri 3 gruppi. Solamente nel gruppo B le resistenze arteriose epatiche hanno avuto un aumento significativo e le resistenze dell’arteria splenica apparivano aumentate. Nel gruppo C c’è stata una tendenza del flusso portale a diminuire dopo resezione epatica + splenectomia ed anche le resistenze arteriose epatiche tendevano a ridursi in questo stesso gruppo. L’espressione di Serpina B3 nel gruppo B è aumentata maggiormente rispetto agli altri gruppi. L’indagine TUNEL ha mostrato un maggior grado di apoptosi nel gruppo C rispetto al gruppo B e al controllo. Conclusioni: Il danno epatico post-resettivo è presente già 2 ore dopo l’epatectomia ed è probabilmente dovuto alle alterazioni emodinamiche che questa provoca. Il ruolo della Serpina B3 non è ancora chiarito nella protezione del danno dopo resezione epatica maggiore; quello che abbiamo assistito nel nostro studio è che ad una maggior espressione di Serpina B3 si associa una minore apoptosi.
Polacco, Marina. "Survival benefit della resezione epatica nel colangiocarcinoma intraepatico avanzato: un'analisi dei dati del SEER (Surveillance, Epidemiology, and End Results)". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2017. http://hdl.handle.net/11577/3422807.
Texto completoPremesse: La resezione epatica rappresenta il trattamento di prima scelta nel trattamento del colangiocarcinoma intraepatico in stadio I e II. Il ricorso alla terapia chirurgica negli stadi più avanzati è controverso, non solo a causa di aspetti tecnici legati all’intervento resettivo, ma anche per quanto riguarda l’eventuale beneficio in termini di sopravvivenza. Scopo del lavoro: Lo scopo di questo studio è stato quello di verificare il potenziale beneficio in termini di sopravvivenza della resezione epatica nel colangiocarcinoma intraepatico avanzato classificato in base alla 7^ ed 8^ edizione dell’AJCC (American Joint Committee on Cancer) e di individuare i fattori prognostici in grado di influenzare direttamente la sopravvivenza dei pazienti dopo resezione epatica. Metodologia: E’ stato condotto uno studio retrospettivo di coorte con i dati presenti del data-base del SEER (Surveillance, Epidemiology, And End Results - SEER) per identificare i pazienti di affetti da colangiocarcinoma intraepatico in stadio III e IV secondo la classificazione della 7^ edizione del sistema di stadiazione AJCC. 315 pazienti sono stati arruolati in questo studio nel periodo compreso tra il 2010 ed il 2013 e sub-classificati in 2 gruppi; il gruppo A comprendeva 154 pazienti sottoposti a resezione epatica ed il gruppo B comprendeva 161 pazienti che non avevano subito una resezione epatica ma avevano ricevuto la sola chemioterapia. La popolazione selezionata è stata classificata anche in base alla 8^ edizione dell'AJCC (pubblicata in corso dello svolgimento dello studio); Dei 315 pazienti arruolati ne sono stati selezionati 233 a loro volta suddivisi in gruppo A (resezione epatica, n = 100) e nel gruppo B (chemioterapia, n= 133). A causa della presenza di dati mancanti le analisi sono state condotte su due diversi data-set: il primo comprende i set di dati completi (CC) e il secondo comprende i dati a imputazione multipla (MI) per entrambe le edizioni dell’AJCC. I pazienti nel gruppo A e B sono quindi stati abbinati tramite il Propensity Score Matching (PS) sia per la 7^ che per l’8^ edizione dell’AJCC per entrambi i data-set (CC ed MI). L’analisi dei fattori prognostici è stata condotta mediante il modello di regressione di Cox a rischi proporzionali. Risultati: Nel data-set CC della 7^ edizione dell’ AJCC per colangiocarcinoma intraepatico, dopo l’analisi PS, la sopravvivenza media per il gruppo A è risultata essere di 35 mesi (12,5-57,4) 95% CI ed a 1, 2 e 3 anni i tassi di sopravvivenza sono risultati pari a 64,3%, 51,1% e 40,8% rispettivamente. Nel gruppo B corrispondente, la sopravvivenza media è risultata essere di 14 mesi (9,1-18,8) 95% CI ed i tassi di sopravvivenza a 1, 2 e 3 anni pari a 51,6%, 16,4% e 5,5% (P = 0,007). Nel data-set CC dell’AJCC 8^ edizione dopo l’analisi PS la sopravvivenza mediana per il gruppo A è stata di 17 mesi (8,1-25,8) 95% CI e per 1, 2 e 3 anni i tassi di sopravvivenza sono stati del 57,8%, 43,4% e 32,6% rispettivamente. Nel gruppo B, la sopravvivenza media è risultata di 12 mesi (8,7-15,2) 95% CI ed i tassi di sopravvivenza a 1, 2 e 3 anni rispettivamente del 46,6%, 7,4% e 3,7% (P = 0,013). Nel data-set CC della 7^ edizione dell’ AJCC è stata dimostrata una prognosi peggiore nei pazienti di età superiore ai 65 anni (HR 1.804, 95% CI 1.139 - 2.858, P = 0.012), nelle lesioni multifocali (HR 1.588, 95% CI 0.950-2.654 , P = 0,077) e con positività linfonodale (HR 1,885, 95% CI 1,011 - 3,513, P = 0,046). Dopo l'analisi PS del data-set CC (AJCC 7^ edizione) si confermavano prognosticamente negativi l’età superiore a 65 (HR 2.618, 95% CI 1.501 - 4.569, P = 0.001) e la presenza di lesioni multifocali (HR 1.890, 95% CI 1.083 - 3.298 , P = 0,025); non si confermava invece il valore prognostico della positività linfonodale (HR 1.188, 95% CI 0. 0.680 - 2.075, P = 0.546). Per ogni analisi si è confermato il ruolo protettivo in termini di beneficio di sopravvivenza della resezione epatica rispetto al trattamento chemioterapico (data-set CC AJCC 7^ edizione pre-PS HR 0.505 CI 95% 0.313 – 0.814; P = 0.005; post-PS HR 0.567 CI 95% 0.347 – 0.926 P = 0.023). Conclusione: Nei pazienti sottoposti a resezione epatica si è dimostrato un benefico in termini di sopravvivenza rispetto ai pazienti chemiotrattati per gli stadi III e IV a della 7^ edizione dell’AJCC; un minor beneficio, sebbene presente, si è riscontrato invece nei pazienti in stadio III b dell'8^ edizione del sistema di stadiazione AJCC. Prognosticamente sfavorevoli sono risultati essere l’età superiore a 65 anni, la presenza di malattia multifocale e la presenza di metastasi linfonodali nell’analisi pre-PS. Alla luce di tali risultati sarà necessario eseguire un trial prospettico randomizzato controllato per generare un algoritmo prognostico-terapeutico basato sulle evidenze scientifiche per il trattamento del colangiocarcinoma intraepatico e per una più adeguata definizione dei fattori prognostici di malattia.
D'Amico, Francesco. "Infusione sistemica e loco-regionale di N-ACETIL-CISTEINA nel prelievo di fegato: uno studio prospettico randomizzato controllato". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2009. http://hdl.handle.net/11577/3427328.
Texto completoPresupposti. Gli agenti anti- ossidanti hanno la capacità di ridurre il danno da ischemia – riperfusione degli organi destinati al trapianto di fegato (TF). In questo studio prospettico randomizzato, abbiamo testato l’impatto sull’outcome post TF dell’infusione di N-acetil-cisteina (NAC) durante la procedura di prelievo del fegato. Metodi. Il protocollo NAC prevedeva: una infusione sistemica di NAC (30 mg/kg) un’ora prima dell’inizio dell’intervento di prelievo d’organo; una infusione loco - regionale di NAC (300 mg attraverso la vena porta) subito prima del cross-clamp. Tra Dicembre 2006 e Dicembre 2007, 56 organi assegnati a candidati adulti con malattia epatica cronica listati per primo TF, sono stati inclusi in modo randomizzato nel protocollo NAC (gruppo NAC = 28 pazienti) o nella procedura standard senza NAC (gruppo no - NAC = 28 pazienti). Risultati. Le variabili del donatore e del ricevente sono risultate confrontabili nei due gruppi. Il tempo mediano di ischemia fredda è stato di 393 minuti nel gruppo NAC e di 383 minuti nel gruppo no - NAC (P>0,05). La proporzione di fegati sub - ottimali è stata del 50% nel gruppo NAC e 43% nel gruppo no – NAC (P>0,05). Il gruppo NAC ha avuto valori ematici significativamente minori di transaminasi e bilirubina dopo il TF. L’incidenza di disfunzioni epatiche precoci è stata significativamente minore (P=0,04) nel gruppo NAC (11%) che nel gruppo no - NAC (32%). Non ci sono stati casi di non funzione epatica o di re - trapianto precoce nei due gruppi. La mortalità precoce del paziente (< 3 mesi) è stata significativamente minore (P=0,05) nel gruppo NAC (4%) che nel gruppo no – NAC (21%). Conclusione. Questo studio ha dimostrato una incidenza molto bassa di disfunzione epatica e di morte precoce del paziente dopo TF quando il protocollo NAC viene utilizzato durante il prelievo di fegato.
Bonsignore, Pasquale. "Sviluppo di biomarkers per la determinazione e la valutazione prognostica della ripresa funzionale epatica post trapianto, nel fegato marginale e nel non heart beating donor". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2014. http://hdl.handle.net/11577/3423510.
Texto completoRiassunto Premesse generali Nell’ambito del trapianto di fegato, uno dei problemi più importanti non ancora risolti è la grande discrepanza tra la richiesta di organi e la risorsa di donazioni. Il ricorso ai così detti organi “marginali”, come quelli dei donatori a cuore non battente e con steatosi maggiore del 60%, potrebbe consentire di ampliare in maniera sensibile il pool degli organi disponibili per trapianto. L’impiego di questi fegati però è associato ad un’alta frequenza di Primary Disfunction postoperatoria a causa del danno che si sviluppa nel corso della preservazione in Cold Storage, nel contesto del processo di ischemia-riperfusione in ipotermia estrema (4°C). Si apre un’area di interesse di ricerca verso l’utilizzo di metodiche alternative nella conservazione del graft epatico come la Machine Perfusion, in grado di ridurre questo tipo di insulti e di consentire il dosaggio di biomarkers in grado di predire l’entità del danno da ischemia-riperfusione e la qualità della ripresa funzionale del graft dopo trapianto. Le grandi potenzialità di questo sistema nell’ambito della preservazione d’organo e i numerosi lavori in letteratura ci hanno spinto ad approfondire questa tematica. Scopo dello studio L’obiettivo del nostro lavoro è stato quello di realizzare un modello sperimentale di Machine Perfusion per la preservazione di fegati prelevati da donatore a cuore non battente, come valida alternativa alla preservazione tradizionale in Cold storage a 4°C. Ulteriore scopo del nostro progetto è stato quello di identificare eventuali biomarcatori in grado di predire l’entità del danno da ischemia-riperfusione e la qualità della ripresa funzionale del graft dopo trapianto di fegato da donatore a cuore non battente. Materiali e metodi Per questi esperimenti abbiamo utilizzato 10 maiali Landrace di circa 20 Kg ai quali abbiamo praticato, 60 minuti dopo l’arresto cardiaco, un’epatectomia totale, prelevando così il fegato. Gli animali sono stati suddivisi in due gruppi di 5 ciascuno: nel primo gruppo (Gruppo A) il fegato prelevato è stato perfuso in MP (Machine perfusion) per sei ore con soluzione di Celsior a 20°C. Nel secondo gruppo (Gruppo B) il fegato prelevato nei 5 animali è stato conservato per 6 ore in CS (Cold storage). In tutti i gruppi di studio il periodo di preservazione è stato seguito da un periodo di rewarming inteso come riperfusione dell’organo con sangue autologo in normotermia (37°) per due ore per valutare la risposta alla riperfusione. Durante tutte le otto ore dell’esperimento sono stati raccolti campioni ematici e istologici. Risultati Dal punto di vista biochimico (AST, ALT, LDH) e istologico (necrosi e congestione) la preservazione mediante perfusione a 20°C si è dimostrata superiore rispetto al Cold Storage. Il dosaggio di AST, ALT, Acido lattico ed LDH si è dimostrato essere un parametro attendibile per la valutazione del danno d’organo e della ripresa funzionale del graft epatico. Il dosaggio di citochine quali IL1, IL6, TNf alfa non ha mostrato alcuna significatività. Conclusioni Queste evidenze sperimentali mettono in rilievo l’efficacia di una preservazione con macchina a perfusione continua a 20°C sul grande animale. Sia dal punto di vista biochimico che istologico, infatti, abbiamo osservato che la Machine Perfusion in moderata ipotermia è di beneficio nella preservazione del graft ed offre il notevole vantaggio di poter testare, durante la perfusione, biomarcatori che possono predire l’eventuale ripresa funzione dell’organo, prima dell’esecuzione del trapianto, al fine di ridurre l’incidenza di disfunction del graft post trapianto.
Bassanello, Marco. "Il trauma epatico: dal trattamento conservativo al trapianto di fegato Analisi di centro". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2008. http://hdl.handle.net/11577/3425177.
Texto completoMirarchi, Mariateresa <1979>. "Resezioni epatiche eco-guidate radicali ma conservative simultanee alle resezioni colo-rettali. Un approccio sicuro al cancro colorettale avanzato". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amsdottorato.unibo.it/7006/1/Tesi_Dottorato_def.pdf.
Texto completoColorectal cancer(CRC) is still one of the leading causes of cancer-related death in the Western countries. Liver metastases (CRLM) are present in nearly 15% to 25% of individuals with newly diagnosed colorectal cancer and will develop in up to 50% of patient during the course of their disease. Radical liver resection remains the only potentially curative therapy for patient with CRLM, with reported 5-and 10 year actuarial survival rates of 17% to 35% and 16% to 23%, respectively. The optimal timing for surgical resection in case of syncronous presentation of primary CRC and liver metastases has long been controversial. This study aimed to determine whether simultaneous radical but conservative IOUS-guided LR and colorectal resection (CRR) are safe and effective in patient with SCRLM. Forty-eight patients received simultaneous colorectal and liver resection. Mean+SD (range) age was 64,2+9,7 (38-84) years. One patient died within 30 p.o. days; overall postoperative mortality was 2,1%. Nine patients (18,8%) developed one or more complications, 4 (8,3%) of grade III-IV sec. Clavien-Dindo and 5 (10,4%) of grade I-II. Duration of surgery was 486,6+144,0 (153-804) minutes. Postoperative hospital stay was11,9+6,6 (6-50) days. This study confirms that simultaneous colorectal and liver resections can be performed safely without significant increase of perioperative morbidity and mortality rates, also in patients undergoing ultralow anterior resection and in those requiring intermittent hepatic pedicle clamping. IOUS guidance is effective in reducing the extension of LR in patients with SCRLM, even in those with bilobar SCRLM. Since major complications are frequent after simultaneous major LR and CRR, reducing the extent of liver parenchyma removal may have a favourable impact on postoperative course. Simultaneous radical but conservative IOUS-guided LR and CRR is a safe and effective in patient with SCRLM and could serve as primary option for selected cases
Mirarchi, Mariateresa <1979>. "Resezioni epatiche eco-guidate radicali ma conservative simultanee alle resezioni colo-rettali. Un approccio sicuro al cancro colorettale avanzato". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amsdottorato.unibo.it/7006/.
Texto completoColorectal cancer(CRC) is still one of the leading causes of cancer-related death in the Western countries. Liver metastases (CRLM) are present in nearly 15% to 25% of individuals with newly diagnosed colorectal cancer and will develop in up to 50% of patient during the course of their disease. Radical liver resection remains the only potentially curative therapy for patient with CRLM, with reported 5-and 10 year actuarial survival rates of 17% to 35% and 16% to 23%, respectively. The optimal timing for surgical resection in case of syncronous presentation of primary CRC and liver metastases has long been controversial. This study aimed to determine whether simultaneous radical but conservative IOUS-guided LR and colorectal resection (CRR) are safe and effective in patient with SCRLM. Forty-eight patients received simultaneous colorectal and liver resection. Mean+SD (range) age was 64,2+9,7 (38-84) years. One patient died within 30 p.o. days; overall postoperative mortality was 2,1%. Nine patients (18,8%) developed one or more complications, 4 (8,3%) of grade III-IV sec. Clavien-Dindo and 5 (10,4%) of grade I-II. Duration of surgery was 486,6+144,0 (153-804) minutes. Postoperative hospital stay was11,9+6,6 (6-50) days. This study confirms that simultaneous colorectal and liver resections can be performed safely without significant increase of perioperative morbidity and mortality rates, also in patients undergoing ultralow anterior resection and in those requiring intermittent hepatic pedicle clamping. IOUS guidance is effective in reducing the extension of LR in patients with SCRLM, even in those with bilobar SCRLM. Since major complications are frequent after simultaneous major LR and CRR, reducing the extent of liver parenchyma removal may have a favourable impact on postoperative course. Simultaneous radical but conservative IOUS-guided LR and CRR is a safe and effective in patient with SCRLM and could serve as primary option for selected cases
Pace, Napoleone Carlo <1966>. "Valutazione delle funzioni cardio-respiratorie ed epatiche in pazienti con cuore univentricolare trattati con intervento di connessione cavo-polmonare totale". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amsdottorato.unibo.it/6856/1/pacenapoleone_carlo_tesi.pdf.
Texto completoSingle ventricle patients are treated with total cavo-pulmonary connection (TCPC) operation that, for the particular hemodynamic condition, can cause a multiorgan damage. Aim of the research is to evaluate the amount of this damage at a medium-long term follow-up. One hundred fifteen patients, operated in the Pediatric Cardiac Surgery Department of Bologna (52 pts) and Torino (63 pts), were enrolled. Mean follow-up was 125±2 months. Patients underwent hemodynamic evaluation (88 pts), cardiopulmonary exercise testing (CPET) (75 pts) and Fibroscan and hepatic echography (47 pts). Mean pulmonary artery pressure (PAP) was 11.5±2.6mmHg, and in 12 patients was more than 15mmHg. Mean atrial pressure was 6.7±2.3 mmHg and mean pulmonary vascular resistances (PVR) was 2±0.99 WU/m2. In 29 patients, PVR were more than 2 WU/m2. Mean peak VO2 was 28±31 ml/Kg/min, 58±15 % of the theoretic value. Mean peak heart rate during exercise was 151±22 bpm, 74±17% of the theoretic value. Mean hepatic stiffness evaluation at Fibroscan was 17.01 kPa (8-34.3 kPa). Five patients were in Metavir class F2, 9 in F3 e 33 in F4 class. Among patients with a longer than 10 years follow-up, hepatic stiffness evaluation was significantly higher (19.6±5.2 kPa) than in patients with shorter follow-up (15.1±5.8 kPa, p<0.01). Peak heart rate at CPET was significantly related to single ventricle morphology, resulting 67.8±14.4% of the theoretic value in right single ventricle patients and 79.6±8.7% in left single ventricle patients (p=0.006). TCPC operation cause a multiorgan damage proportional to follow-up length, and for this reason deserve a constant multidisciplinary clinico-instrumental monitoring.
Pace, Napoleone Carlo <1966>. "Valutazione delle funzioni cardio-respiratorie ed epatiche in pazienti con cuore univentricolare trattati con intervento di connessione cavo-polmonare totale". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amsdottorato.unibo.it/6856/.
Texto completoSingle ventricle patients are treated with total cavo-pulmonary connection (TCPC) operation that, for the particular hemodynamic condition, can cause a multiorgan damage. Aim of the research is to evaluate the amount of this damage at a medium-long term follow-up. One hundred fifteen patients, operated in the Pediatric Cardiac Surgery Department of Bologna (52 pts) and Torino (63 pts), were enrolled. Mean follow-up was 125±2 months. Patients underwent hemodynamic evaluation (88 pts), cardiopulmonary exercise testing (CPET) (75 pts) and Fibroscan and hepatic echography (47 pts). Mean pulmonary artery pressure (PAP) was 11.5±2.6mmHg, and in 12 patients was more than 15mmHg. Mean atrial pressure was 6.7±2.3 mmHg and mean pulmonary vascular resistances (PVR) was 2±0.99 WU/m2. In 29 patients, PVR were more than 2 WU/m2. Mean peak VO2 was 28±31 ml/Kg/min, 58±15 % of the theoretic value. Mean peak heart rate during exercise was 151±22 bpm, 74±17% of the theoretic value. Mean hepatic stiffness evaluation at Fibroscan was 17.01 kPa (8-34.3 kPa). Five patients were in Metavir class F2, 9 in F3 e 33 in F4 class. Among patients with a longer than 10 years follow-up, hepatic stiffness evaluation was significantly higher (19.6±5.2 kPa) than in patients with shorter follow-up (15.1±5.8 kPa, p<0.01). Peak heart rate at CPET was significantly related to single ventricle morphology, resulting 67.8±14.4% of the theoretic value in right single ventricle patients and 79.6±8.7% in left single ventricle patients (p=0.006). TCPC operation cause a multiorgan damage proportional to follow-up length, and for this reason deserve a constant multidisciplinary clinico-instrumental monitoring.
Carraro, Amedeo. "Realizzazione multistep di neo-costrutti epatici con apporto vascolare attraverso tecniche di tissue engineering". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2011. http://hdl.handle.net/11577/3427502.
Texto completoINTRODUZIONE: Il progetto oggetto di questa tesi si è proposto di applicare le tecniche di ingegneria tissutale come approccio alla realizzazione di costrutti epatici per il supporto metabolico delle malattie del fegato; la realizzazione del lavoro si è sviluppata attraverso la successione multistep di diversi progetti tra loro complementari. L’ingegnerizzazione di tessuto epatico attraverso colture di epatociti primari infatti offre nuove prospettive in questo ambito; tuttavia la realizzazione di strutture 3D è spesso limitata dalla mancanza di una struttura vascolare in grado di costituire un adeguato supporto nutritivo. D’altra parte gli epatociti sono cellule ad alto metabolismo e la loro sopravvivenza è limitata in condizioni ipossiche, in mancanza di una sufficiente rete vascolare. Al fine di superare questo problema e di ottimizzare le condizioni per il supporto di nutrienti, abbiamo innanzi tutto rivolto l’attenzione alla realizzazione di un bioreattore bilayer, sviluppato nelle 2 dimensioni, e ingegnerizzato partendo da dati noti di microfluidodinamica; inoltre in grado di proporre un sistema di coltura basato sulla anatomia microscopica del fegato. Tale design ha permesso la realizzazione di un bioreattore in grado di costituire una piattaforma da utilizzare come unità di drugtesting, ma anche per la successiva realizzazione di un sistema di assistenza epatica (progetto 1). Sulla base dei dati ottenuti, il progetto è stato in seguito traslato nel modello in vivo e il bioreattore è stato testato nel piccolo animale; l’impianto del device è stato realizzato ex vivo mediante il confezionamento di uno shunt artero-venoso femoro-femorale (progetto 2). Il lavoro è stato quindi implementato sviluppando sistemi di coltura nelle 3 dimensioni (progetto 3); diverse combinazioni di coltura su scaffolds 3D in perfusione continua, all’interno di nuovi bioreattori, sono state testate per l’induzione differenziativa di cellule staminali (precursori epatocitari di origine umana). I successi ottenuti hanno spinto alla realizzazione dell’ultimo step (progetto 4). Smart scaffolds 3D di nuova generazione sono stati utilizzati per allestire colture 3D attraverso diverse combinazioni di popolazioni cellulari (epatociti primari + cellule mesenchimali staminali o soli epatociti primari), inducendo processi di neoangiogenesi. Dopo adeguato preconditioning in bioreattori in vitro, lo scaffold è stato in seguito impiantato in vivo, nel piccolo animale. METODI: Progetto 1: 18 bioreattori ingegnerizzati a flusso continuo sono stati testati per la loro capacità di trasporto di metaboliti all’interno di un compartimento parenchimale ove le colture cellulari sono state protette dagli effetti nocivi di shear stress. I bioreattori sono stati sottoposti a semina con cellule HepG2/C3A ed epatociti primari in diverse condizioni di coltura, al fine di testare la capacità del sistema di mantenere in vitro una coltura dinamica, vitale ed efficiente dal punto di vista metabolico. Progetto 2: 16 bioreattori (precedentemente ingegnerizzati nel progetto 1) sono stati utilizzati e sottoposti a coltura con epatociti primari e 12 con cellule umane HepG2/C3A; i bioreattori sono stati impiantati ex vivo in ratti atimici attraverso la realizzazione di uno shunt artero-venoso femoro-femorale. Il setting del bioreattore exvivo ha previsto diverse configurazioni, testate sotto il profilo dei parametri di vitalità cellulare sulla base dei relativi dati di pressione e di flusso nelle diverse configurazioni. Il pattern di flusso ematico e la perfusione del sistema sono stati esaminati attraverso laser Doppler scanning. La vitalità cellulare e la funzionalità metabolica sono state inoltre verificate. Progetto 3: una popolazione di Pluripotent Human Liver Stem Cells (HLSCs) è stata coltivata su 18 "smart scaffolds" 3D, composti da spugne di collagene biocompatibile. Lo scaffold è stato inserito in un nuovo bioreattore per la perfusione di strutture 3D in grado di garantire flussi uniformi di medium; medium per cellule staminali e colture miste con cellule stellate del fegato (HSCs) sono state aggiunte in diverse condizioni di coltura. Le diverse combinazioni sono state testate attraverso l’esecuzione di studi morfologici e funzionali rispettivamente nei giorni 3, 5 e 7 della perfusione in vitro. Project 4: 12 scaffolds 3D, costituiti da un derivato dell’acido ialuronico [a benzyl ester of hyaluronan (HYAFF®) sono stati sottoposti a semina con popolazioni di cellule staminali mesenchimali di origine umana (HMSCs) ed epatociti in diverse combinazioni; è stata allestita una coltura in perfusione continua nel bioreattore precedentemente descritto (preconditioning). In seguito gli scaffolds sono stati impiantati nell’omento di 12 ratti atimici, costituendo una tasca “rolled” 3D. Studi morfologici sono stati eseguiti al fine di valutare i processi di neoangiogenesis sostenuti dalle cellule HMSCs e valutare la vitalità epatocitarie a 7 giorni dall’impianto. RISULTATI: Progetto 1: Il bioreattore ingegnerizzato si è dimostrato in grado di sostenere entrambe le popolazioni cellulari in studio, comprese colture primarie di epatociti (notoriamente più sensibili), attraverso la realizzazione di una perfusione continua di medium sovrapponibile a flussi fisiologici. Tale circostanza ha favorito sia i processi di proliferazione cellulare che la funzione metabolica epatocitaria (sintesi proteica). Il modello matematico del sistema ha permesso di sostenere una coltura dinamica fino a 14 giorni. Progetto 2: Il bioreattore, collegato all’animale attraverso il confezionamento di uno shunt femorale artero-venoso, ha realizzato un sistema di perfusione ex vivo. Il flusso ematico all’interno del network vascolare si è dimostrato omogeneo nel tempo ed ha ricostituito il fisiologico pattern di flusso artero-venoso del fegato. La sopravvivenza cellulare ha dimostrato alti valori dipendentemente dai valori pressori raggiunti all’interno della camera parenchimale. La configurazione del sistema che ha generato la minore pressione all’interno della camera parenchimale ha dimostrato anche i migliori risultati in termini di sopravvivenza cellulare. Progetto 3: con l’intenzione di costituire strutture 3D, la differenziazione epatica di cellule HLSCs da fegato umano è stata indotta in scaffolds di collagene; i test morfologici e gli assays funzionali hanno confermato la maturazione. Il flusso continuo di perfusione del medium (garantito dal bioreattore) ha favorito in vitro la distribuzione delle cellule in clusters organizzati fino alle porzioni più profonde dello scaffold. Gli esperimenti hanno dimostrato che la spugna di collagene e le condizioni di coltura dinamica in vitro sono in grado di promuovere non solo la formazione di aggregati di HLSCs ma anche di favorire una più rapida maturazione verso fenotipi epatici maturi. Progetto 4: lo step finale, ancora in corso, ha previsto l’induzione della neoangiogenesi in vivo. Dopo un processo di preconditioning della coltura cellulare nel bioreattore precedentemente ingegnerizzato (progetto 3), scaffolds 3D di HYAFF® con combinazioni diverse di epatociti primari e MSCs, sono stati impiantati nei ratti. Il costrutto cosi ottenuto a 7 giorni dall’impianto ha dimostrato, alla immunofluorescenza, la formazione di iniziali clusters in cui si sono identificati eventi neoangiogenetici con formazione di strutture simil-vascolari. Gli epatociti sono sopravissuti durante tutto il periodo di studio; positiva la ricerca, alla immunofluorescenza, per albumina, CK8-18- 19. Le strutture vascolari, identificate dapprima con colorazione EE, si sono dimostrate positive alla immunofluorescenza per il fattore di von Willebrand. I dati sono suggestivi per ulteriori studi nell’ambito dei processi di neoangiogenesi. CONCLUSIONI: Gli approcci preliminari ci hanno permesso di raggiungere e ottenere in vivo risultati promettenti nella ricostituzione di costrutti epatici caratterizzati da processi neoangiogenetici, partendo da semplici layers 2D. I risultati sono suggestivi per sviluppi futuri di ingegnerizzazione di organoidi epatici.
de, Ruvo Nicola <1966>. "Ricerca della tolleranza clinica e recidiva di Epatite C nel trapianto di fegato: effetti a lungo termine dell'induzione con anticorpi policlonali anti-timociti". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/265/1/TESI_DOTTORATO_DE_RUVO.PDF.
Texto completode, Ruvo Nicola <1966>. "Ricerca della tolleranza clinica e recidiva di Epatite C nel trapianto di fegato: effetti a lungo termine dell'induzione con anticorpi policlonali anti-timociti". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/265/.
Texto completoGringeri, Enrico. "Un nuovo sistema di perfusione parenchimale per la preservazione del graft epatico per trapianto: valutazione sperimentale sul piccolo e grande animale". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2008. http://hdl.handle.net/11577/3425544.
Texto completoSaracino, Laura. "Coordinamento di Trial Clinici multicentrici finalizzati allo studio e all'ottimizzazione dell'outcome del trapianto epatico". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2014. http://hdl.handle.net/11577/3423830.
Texto completoIntroduzione. Nonostante sia un'applicazione clinica da quasi trent'anni, i dati relativi allo stato di salute a lungo termine dei pazienti trapiantati di fegato sono scarsi. Il numero dei pazienti che raggiungono la soglia di sopravvivenza a 10 anni è in aumento, esponendo questa popolazione al rischi associati all'uso cronico degli immunosoppressori. Metodi. Il Centro Trapianti di Fegato di Padova ha coordinato due studi multicentrici spontanei: uno studio retrospettivo, osservazionale, longitudinale, multicentrico (12 Centri Trapianto di Fegato italiani) che valuta la sopravvivenza a lungo termine e le principali caratteristiche della popolazione ricevente; e EPOCAL uno studio spontaneo di Fase II, interventistico, multicentrico (7 Centri Trapianto di Fegato italiani), in aperto, randomizzato, controllato che valuta il rigetto e la perdita del graft a 3 mesi dal trapianto, la funzione renale e l'incidenza degli eventi avversi. Risultati. I dati su 3008 trapianti di fegato effettuati in Italia dal 1993 al 1999 sono stati registrati in un eCRF. I dati di 2846 pazienti con un sufficiente follow-up sono stati usati per le analisi successive. La sopravvivenza a 20 anni dal trapianto è stata stimata al 51%. Un totale di 139 pazienti è stato arruolato nello studio EPOCAL, 92 nel gruppo di studio e 47 nel gruppo di controllo. Non abbiamo trovato differenze significative tra i due gruppi prima all'arruolamento. L'end-point primario dello studio è stato raggiunto: i rigetti acuti confermati da biopsia erano meno del 25 % (sotto 14 %) (p < 0,05). La funzione renale a tre mesi era significativamente migliore nel gruppo di studio (p < 0,05). Conclusioni. Questi studi presentano un profilo di sopravvivenza eccellente della coorte di pazienti italiani trapiantati di fegato da lungo tempo. Mostriamo sicurezza ed efficacia di un protocollo immunosoppressivo con minimizzazione degli inibitori della calcineurina (tacrolimus), e l'introduzione precoce di everolimus. L'insieme dei risultati mostra una strada verso la sopravvivenza a lungo termine dei pazienti con protocolli immunosoppressivi sostenibili.
Pierobon, Elisa Sefora/ES. "TRATTAMENTO ABLATIVO CON MICROONDE DI METASTASI EPATICHE DA TUMORE DELLA MAMMELLA: STUDIO DI FATTIBILITÀ ED EFFICACIA". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2017. http://hdl.handle.net/11577/3426792.
Texto completoINTRODUZIONE La prognosi delle pazienti con metastasi epatiche da carcinoma mammario è ancora infausta. Alcuni dati retrospettivi suggeriscono un aumento della sopravvivenza nelle pazienti sottoposte a chirurgia adiuvante delle metastasi. Il trattamento ablativo delle metastasi da carcinoma mammario è ancora controverso. MATERIALI E METODI Abbiamo valutato l’efficacia (tasso di ablazione completo e di recidiva) e la sicurezza (morbilità e mortalità) del trattamento ablativo con microonde delle metastasi epatiche, eseguito presso il nostro Centro dal 2009 al 2016. L’analisi è stata condotta sulla base dei noduli e ablati e sulla base delle pazienti trattate. RISULTATI Il 92,5% delle metastasi sono metacrone con un tempo mediano di comparsa dalla diagnosi di tumore della mammella di 52,13 mesi (IQR 25,5- 81,72). Quaranta pazienti sono state sottoposte a 51 sessioni di trattamento ablativo con microonde, percutanea (27 sessioni, 33 noduli) e laparoscopica (24 sessioni, 67 noduli). Il tasso di ablazione completa per noduli ≤2 cm è risultata pari al 95,56% mentre il tasso di recidiva globale a 3 e 6 mesi, indipendentemente dalle dimensioni dei noduli, è stato del 12,73% e del 26,19%, rispettivamente. La mortalità a 90 giorni è stata nulla e il tasso di complicanze è stato del 20%. Due pazienti sono vive e libere da malattia a 49 e 86 mesi.
Scopelliti, Michele. "Nuova tecnica di autotrapianto di fegato in un modello sperimentale porcino con preservazione del graft in machine perfusion: applicazione clinica per neoplasie epatiche non resecabili tramite chirurgia convenzionale". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2015. http://hdl.handle.net/11577/3424160.
Texto completoNUOVA TECNICA DI AUTOTRAPIANTO DI FEGATO IN UN MODELLO SPERIMENTALE PORCINO CON PRESERVAZIONE DEL GRAFT IN MACHINE PERFUSION: APPLICAZIONE CLINICA PER NEOPLASIE EPATICHE NON RESECABILI TRAMITE CHIRURGIA CONVENZIONALE. !INTRODUZIONE : La resezione epatica rappresenta il gold standard per il trattamento dei tumori del fegato primitivi e secondari , tuttavia solo una minoranza di pazienti possono essere sottoposti a tale trattamento poichè spesso la diagnosi di neoplasia avviene in stadi di malattia neoplastica troppo avanzata. L’esperienza tecnica del nostro Centro legata alla chirurgia epatica resettiva e sostituitiva, associata ai nostri studi sul danno da ischemia-riperfusione e sull’allestimento di nuove metodiche di preservazione del graft tramite l’utilizzo della Machine Perfusion (MP), ci ha permesso di sviluppare un sistema di perfusione meccanica sub-normotermica per preservare il fegato, che consente di eseguire resezioni epatiche e complesse ricostruzioni vascolari ex-situ durante la perfusione meccanica (chirurgia ex-vivo, ex-situ). Questo modello sperimentale ha permesso l' applicazione clinica della chirurgia epatica ex vivo ex situ per il trattamento di tumori al fegato altrimenti non operabili . METODI : Per l’esecuzione dell’esperimento abbiamo utilizzato 5 maiali Landrace x Large White . Dopo l’ intubazione è stata eseguita l’ epatectomia secondo la tecnica classica . La vena cava intraepatica è stata sostituita con un omologo tratto di aorta toracica di suino. Il fegato è stato perfuso con soluzione di preservazione ipotermica (Celsior solution 60 mL/kg in aorta e 30 mL/kg in vena porta) a 4°C. Quindi il fegato veniva posto in un sistema di perfusione ossigenato e continuamente perfuso per 120 minuti con soluzione di Krebs (MP). Durante la preservazione in Machine Perfusion, veniva eseguita una epatectomia tramite dissezione a freddo con forbici. Dopo 120 minuti di preservazione in MP, il fegato veniva reimpiantato nello stesso animale (auto- trapianto) ruotato di 90° in senso antiorario. Le anastomosi sono state eseguite nella sequenza classica . Campioni sia di sangue che di liquido di preservazione venivano prelevati per determinare i livelli di AST, ALT, LDH e lattati dopo il termine del periodo di preservazione con MP e nuovamente a un ora e a tre ore dalla riperfusione epatica. Di seguito viene descritta l'applicazione clinica di questo modello sperimentale su 8 casi clinici descritti individualmente . Dopo adeguato studio preoperatorio e con il permesso del comitato etico , i pazienti sono stati sottoposti a resezione epatica ex situ. RISULTATI: Tutti gli animali sono sopravvissuti alla procedura . Il picco di aspartato aminotransferasi è stato registrato 60 minuti dopo la riperfusione e il picco di alanina aminotransferasi e lattico deidrogenasi dopo 180 minuti. L’indagine istopatologica alla microscopia ottica non ha documentato reperti significativi di necrosi e congestione all’analisi dei preparati esaminati. L’Eco color Doppler intraoperatorio ha documentato buona pervietà delle anastomosi e normale drenaggio venoso . Tra i pazienti sottoposti a trattamento chirurgico la mortalità globale su un follow-up medio di 493 giorni , è stata del 25 % ( 12,5 % per sepsi e 12,5% per recidiva di malattia ) . Il 66,6 % dei pazienti in vita è vivo e attualmente libero da malattia , il 33,3 % sono vivi con recidiva di malattia in trattamento chemioterapico. ! CONCLUSIONI : Questo modello sperimentale ha consentito di effettuare resezioni epatiche e ricostruzioni vascolari ex situ preservando l'organo con la perfusione meccanica ( chirurgia ex vivo-ex situ ) . Il miglioramento delle tecniche chirurgiche relative all’autotrapianto e la miglior comprensione del danno da ischemia-riperfusione potrebbe rendere possibile lo sviluppo di scenari interessanti per il trattamento di tumori epatici primitivi e secondari non suscettibili di trattamento chirurgico convenzionale.
Mammano, Enzo. "Applicazione del Reverse Phase Protein Array per l'analisi del profilo fosfoprotemico nelle metastasi epatiche da carcinoma del colon-retto e identificazione di nuovi bersagli terapeutici". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2008. http://hdl.handle.net/11577/3425595.
Texto completoIntroduzione La presenza di metastasi epatiche da carcinoma del colon-retto è contraddistinta da una prognosi infausta, poiché solo il 20% dei pazienti può essere sottoposto a resezione chirurgica e nella restante parte dei casi i risultati della chemioterapia sono scarsi, con sopravvivenza a 5 anni inferiore al 5%. Le protein-chinasi hanno un ruolo decisivo nel determinare le alterazioni della trasmissione del segnale intracellulare che caratterizzano sia il processo neoplastico che quello metastatico. Il reverse phase protein array è una metodica che permette di analizzare contemporaneamente in più campioni lo stato di fosforilazione e quindi di attivazione di numerose protein-chinasi. Scopo dello studio Scopo del progetto di ricerca è il confronto del profilo d’espressione fosfoproteomico di un gruppo di protein-chinasi implicate nella trasmissione del segnale intracellulare nel tumore del colon-retto primitivo e nelle rispettive metastasi epatiche e polmonari, per verificare se esiste un profilo d’espressione fosfoproteomico comune per le metastasi, inattivo nel tumore primitivo e parallelamente se esiste un profilo d’espressione specifico per le metastasi epatiche. Materiali e metodi Usando la tecnica reverse phase protein array, abbiamo analizzato l’attività di 87 protein-chinasi coinvolte in diverse vie di trasduzione del segnale intracellulare di 34 campioni provenienti da pazienti con adenocarcinoma del colon-retto con metastasi epatiche sincrone e di 16 campioni di metastasi polmonari metacrone da adenocarcinoma del colon-retto. Risultati I livelli di 38 protein chinasi sono risutati significativamente alterati nelle metastasi epatiche risptto ai rispettivi tumori primitivi. La maggior parte di queste protein-chinasi appartengono a due pathways di trasmissione del segnale intracellulare: il pathway PI3 kinase/AKT/mTOR e il pathway che regola l’apoptosi legata ai recettori per i growth factors, che prevede comunque l'attivazione di PI3 kinase/AKT/mTOR. Un’ulteriore conferma dell’importanza di tale via di segnale è data dall’iperattivazione nelle metastasi epatiche di 2 recettori tirosin-chinasici connessi con il pathway PI3 kinase/AKT/mTOR: PDGFRb Y751 (p = 0.0181) e cKit Y703 (p = 0.005), recettori invece ipofosforilati nel tumore primitivo. Questi risultati sono stati confermati mediante analisi con Western Blot dell’espressione di pAKT e di p-cKit su 5 casi. Confrontando le metastasi epatiche con le metastasi polmonari il livello di fosforilazione di 4 protein-chinasi è risultato alterato solo nelle metastasi epatiche: più precisamente la fosforilazione di Pyk2 (Y402) e VEGFR (Y996) è aumentata, mentre quella di PKCzeta/lambda (T403/410) e BAD (S136) è diminuita nelle metastasi epatiche rispetto alle metastasi polmonari ed al tumore primitivo (p < 0.05). Conclusioni: Questi risultati ci hanno portato alle seguenti considerazioni: 1- Esiste un pathway intracellulare iperattivato sia nelle metastasi epatiche che polmonari, rispetto al tumore primitivo, rappresentato dalla via mediata da PI3K-AKT 2- La sovraespressione di VEGFR2 (Y996) e Pyk2 (Y402) nelle metastasi epatiche ha permesso di delineare un secondo profilo fosfoproteomico specifico delle metastasi epatiche. Questi risultati hanno inoltre evidenziato nuovi possibili bersagli terapeutici per una terapia personalizzata con inibitori delle protein chinasi: un inibitore di PI3K-AKT assieme ad un inibitore di PDGFRb e c-Kit (Imatinib mesilato) per inibire il profilo fosfoproteomico comune alle metastasi epatiche e polmonari; un inibitore della via Pyk2-FAK (PF-562,271-01 Pfizer, Groton, Conn) per inibire il profilo fosfoproteomico tipico delle metastasi epatiche.
Ciarleglio, Francesco Antonio. "Impatto prognostico delle resezioni epatiche allargate nel trattamenti del colangiocarcinoma ilare nell'era genomica: Analisi di centro". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2011. http://hdl.handle.net/11577/3421597.
Texto completoIl colangiocarcinoma ilare è un tumore raro (meno del 2% di tutte le neoplasie maligne) ed è, in ordine di frequenza, il secondo tumore epatico primitivo. Negli USA, ogni anno in 1 persona su 100.000 insorge questo tumore prevalentemente nella VII decade di vita (range: 50-70 anni) con una lieve prevalenza nel sesso maschile (48% nel sesso maschile vs. 37% in quello femminile secondo uno studio statunitense). L'unica terapia per il colangiocarcinoma è la resezione chirurgica completa con margini di resezione istologicamente negativi. Purtroppo solo pochi pazienti sono operabili per cui è auspicabile un rapido invio ad una equipe chirurgica specialistica. Prima di eseguire qualsiasi tipo di intervento tutti i pazienti dovrebbero essere accuratamente valutati per la resezione poiché¨ la flogosi o una infezione associata al posizionamento di uno stent rendono spesso più difficile tale valutazione. Il tipo e l'estensione dell'intervento dipendono dalla sede del tumore all'interno del fegato o del tratto biliare. I miglioramenti tecnici nella chirurgia epato-biliare hanno aumentato la possibilità di una resezione curativa in un sottoinsieme di questi pazienti. Il problema principale del trattamento curativo è la precocità della diagnosi poiché un'alta percentuale di tumori si presenta ad uno stadio non più resecabile; anche in pazienti sottoposti ad esplorazione chirurgica ad intento curativo, nel 46,8-100% dei casi viene identificato intra-operatoriamente un tumore in stadio avanzato. I primi Reports in letteratura riguardanti il trattamento chirurgico del colangiocarcinoma riportavano la resezione limitata dell'albero biliare principale (VBP) con successivo confezionamento di una anastomosi bilio-digestiva sui dotti intraepatici. Blumgart e Launois, per primi hanno proposto di passare a resezioni allargate e regolate nel caso del IC, nonché di aggiungere delle demolizioni parenchimali nel tumore di Klatskin suscitando pareri contrapposti nella comunità scientifica. Il progresso tecnico e tecnologico, cui si è assistito negli ultimi 20 anni nell'ambito della chirurgia epatica ha permesso sicuramente di attuare un approccio metodologico più aggressivo al trattamento del colangiocarcinoma ilare: è stata aggiunta la resezione parziale di quei segmenti epatici adiacenti alla confluenza biliare prima, passando alla resezione del I segmento dopo, al fine di ottenere margini di sezione liberi da malattia, nel sospetto di una crescita endocanalicolare della neoplasia biliare. Il nostro lavoro osservazionale e retrospettivo include un periodo relativamente lungo di pazienti trattati per Tumore di Klatskin con resezione epatica più o meno associata a resezione della VBP: tale studio mira a esaminare i risultati del trattamento chirurgico associato o meno a terapia adiuvante al fine di standardizzare i criteri di centro nel trattamento del colangiocarcinoma ilare ed evidenziare dei fattori prognostici di sopravvivenza.
Violi, Paola. "Perioperative blood loss and transfusions in liver transplant: risk factors and impact on transplant outcome - a single european centre experience". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2012. http://hdl.handle.net/11577/3422559.
Texto completoIntroduzione Trasfusioni intraoperatorie di derivati del sangue sono associate ad un peggiore esito del trapianto epatico e a una ridotta sopravvivenza dei pazienti. In assenza di raccomandazioni standard e di linee guida riguardanti le trasfusioni di derivati del sangue in corso di trapianto epatico, una gran parte della letteratura ha cercato di identificare i fattori di rischio di perdite ematiche e sanguinamento intraoperatorio. Nel presente studio è stata eseguita una analisi retrospettiva dei fattori correlati al sanguinamento intraoperatorio e alla richiesta transfusionale in corso di trapianto epatico. Materiali e Metodi Variabili pre, intra e post operatorie relative al ricevente e variabili relative al donatore sono state raccolte e analizzate in relazione alle perdite ematiche intraoperatorie e alle trasfusioni di derivati del sangue in 227 trapianti epatici eseguiti tra il 2005 e il 2009 in pazienti adulti presso l’Ospedale Universitario Karolinska, Huddinge, Stoccolma. Risultati La principale indicazione per il trapianto epatico è stata la cirrosi epatica (35%), seguita dai tumori (27%) e dalle patologie colestatiche (15%). I trapianti a causa della Polineuropatia Familiare Amiloidotica (FAP) sono stati eseguiti nel 13% dei casi. Non sono state osservate differenze in relazione alle perdite ematiche intraoperatorie e alla necessità di trasfusioni ematiche. La percentuale dei trapianti epatici eseguiti con la tecnica di preservazione cavale (tecnica piggyback) è aumentata significativamente nel corso degli anni. Di riflesso, l’utilizzo del by-pass venoso intraoperatorio si è progressivamente ridotto nel tempo. Nessuna di queste variabili è tuttavia correlata all’entità delle perdite ematiche intraoperatorie né alle necessità trasfusionali. Il tempo di ischemia calda (WIT) (mediana, complessiva, 55 ± 44 minuti; intervallo 20-605 minuti, n=200) ha registrato una significativa riduzione nel tempo. Una significativa riduzione è stata inoltre identificata nella diagnosi di diabete mellito post-trapianto e nella trasfusione di emazie concentrate nel post-operatorio. Nell’analisi univariata sono stati trovati essere correlati all’entità delle perdite ematiche intraoperatorie e delle trasfusioni ematiche un ridotto tempo di attesa in lista per il trapianto epatico, il punteggio Child-Pugh, il punteggio MELD (Model for End Stage Liver Disease), la durata dell’ intervento chirurgico, il tempo di ischemia fredda (CIT), un ridotto livello pre-operatorio di emoglobina, una ridotta conta piastrinica preoperatoria, un livello preoperatorio di INR più alto, un valore preoperatorio di bilirubina più alto, un maggiore valore preoperatorio di urea e creatinina e un ridotto valore preoperatorio di albumina. Le perdite ematiche intraoperatorie e le trasfusioni di emazie concentrate e di plasma sono associate ad un prolungato ricovero post-operatorio in rianimazione e ad una più prolungata ospedalizzazione post-trapianto, alla necessità di trasfusioni ematiche post-operatorie e ad episodi di sanguinamento del tratto gastrointestinale. Le perdite ematiche intraoperatorie e le necessità trasfusionali sono correlate alla trasfusione post-operatoria di concentrati piastrinici nelle 24 ore e durante i primi 30 giorni post-trapianto. Nell’analisi multivariata, solo il tempo di ischemia fredda, un basso livello preoperatorio di emoglobina, una ridotta conta piastrinica preoperatoria, un basso livello preoperatorio di albumina, un elevato INR e un alto valore preoperatorio di creatinina sono correlati alle perdite ematiche intraoperatorie e alle necessità trasfusionali. I punteggi di Child-Pugh e MELD non sono fattori predittivi di sanguinamento intraoperatorio e delle trasfusioni intraoperatorie. Un’anamnesi positiva per un precedente sanguinamento, come pure l’ospedalizzazione pre-trapianto, sono buoni fattori predittivi di maggiori perdite ematiche e della conseguente necessità di trasfusioni ematiche intraoperatorie. Nessuna correlazione è stata trovata tra pregressa chirurgia addominale e perdite ematiche intraoperatorie. Tra le caratteristiche pre-operatorie dei riceventi, solo la presenza di sindrome epatorenale è associata al sanguinamento intraoperatorio e alla necessità di trasfusioni ematiche. Pazienti con un sanguinamento intraoperatorio maggiore di 5 litri hanno una sopravvivenza del 70% a 7 anni post-trapianto, mentre pazienti con un sanguinamento inferiore ai 5 litri hanno una sopravvivenza dell’84%. Pazienti trasfusi con più di 12 unità di emazie concentrate hanno una sopravvivenza del 67% a 7 anni dal trapianto, mentre pazienti che siano stati trasfusi con meno di 12 unità di emazie concentrate hanno una sopravvivenza dell’81%. Conclusioni Un basso valore di emoglobina pre-trapianto è il fattore predittivo più forte del sanguinamento intraoperatorio e della necessità di trasfusioni ematiche intraoperatorie. Un’anamnesi di pregressi episodi di sanguinamento, sindrome epatorenale, ospedalizzazione pretrapianto, il tempo di ischemia fredda, una ridotta conta piastrinica preoperatoria, un elevato valore di INR preoperatorio come pure alti livelli di bilirubina, creatinina e urea e bassi valori di albumina sono buoni fattori predittivi delle perdite ematiche intraoperatorie e della necessità di trasfusioni ematiche intraoperatorie. Solo le perdite ematiche intraoperatorie hanno un impatto sulla sopravvivenza dei pazienti e un limite di 5 litri e 12 unità di emazie concentrate transfuse ha dimostrato di avere un impatto sulla sopravvivenza dei pazienti. Come risultato dello studio, all’ Ospedale Universitario Karolinska saranno discusse linee guida locali riguardanti le trasfusioni ematiche in corso di trapianto epatico.
Bertazza, Loris. "Analisi delle Cellule Tumorali Circolanti nel carcinoma gastrico e nelle metastasi epatiche da cancro del colon-retto: ruolo di Survivin e CD133 come fattori prognostici". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2011. http://hdl.handle.net/11577/3427460.
Texto completoPresupposti dello studio Attualmente l'unico sistema prognostico utilizzato in clinica per i pazienti con cancro gastrico è la stadiazione TNM, che crea classi di rischio con prognosi significativamente diversa, ma con un’alta variabilità del rischio all’interno delle singole classi, risultando così uno strumento prognostico non ottimale a livello di singolo paziente. Solo il 10-20% dei pazienti con metastasi epatiche da carcinoma del colon-retto (CRC) risulta resecabile con intento radicale e di questi il 60-70% svilupperà una recidiva nonostante l’intervento potenzialmente curativo. Entrambe queste classi di pazienti necessitano di trattamenti aggiuntivi alla chirurgia come la chemioterapia adiuvante. Sono quindi necessari fattori prognostici nuovi, che permettano di individuare i pazienti ad alto rischio da indirizzare alla terapia. Scopo dello studio Studiare le cellule tumorali circolanti, attraverso il profilo di espressione genica nel sangue periferico, per individuare fattori prognostici indipendenti, in modo da rendere migliore la stratificazione del rischio e di conseguenza la cura dei pazienti con adenocarcinoma gastrico e con metastasi epatiche da carcinoma del colon-retto, con particolare riguardo alla selezione dei pazienti da trattare con terapia adiuvante. Pazienti, materiali e metodi Nello studio sono stati inclusi 70 pazienti con adenocarcinoma gastrico in diverso stadio TNM sottoposti a gastrectomia con intento radicale e 50 pazienti con metastasi epatiche da CRC sottoposti a chirurgia. Prima dell’intervento chirurgico, a ogni paziente è stato eseguito un prelievo di sangue venoso periferico, se ne è estratto l’RNA totale ed il corrispondente cDNA è stato utilizzato per l’analisi di espressione genica mediante PCR quantitativa. Per i pazienti con carcinoma gastrico sono stati valutati i geni CK19, CEA, VEGF, Survivin; per i pazienti con metastasi epatiche da CRC sono stati valutati i geni CK19, CK20, CEA, VEGF, EGFR, CD133 e Survivin. Per valutare il ruolo prognostico di ogni marcatore sono state effettuate le analisi di sopravvivenza uni- e multivariata. Risultati All’analisi multivariata secondo Cox della sopravvivenza globale, dopo selezione stepwise, sono risultati fattori prognostici indipendenti per i pazienti con cancro gastrico la stadiazione TNM e l’espressione del gene codificante per Survivin, mentre per i pazienti con CRC metastatico sono risultati fattori prognostici indipendenti la radicalità dell’intervento e l’espressione di CD133 nel sangue periferico. Inoltre Survivin era maggiormente espressa nei pazienti con carcinoma gastrico rispetto al calibratore (ottenuto dal sangue di donatori sani) nel 98.6% dei casi; analogamente CK19 era maggiormente espressa nel 97.1% dei casi. Questi dati supportano la possibilità dell’utilizzo dell’espressione genica nel sangue periferico anche come marcatore diagnostico del carcinoma gastrico. Conclusioni I risultati positivi di queste analisi costituiscono la base per la conduzione di più ampi studi prospettici nelle due patologie considerate, al fine di poter validare il valore prognostico dell’espressione di Survivin e CD133 nel sangue periferico dei pazienti rispettivamente con carcinoma gastrico e con CRC metastatico. Sarebbe inoltre di sicuro interesse confermare il significato diagnostico del profilo genico del sangue periferico nel cancro gastrico.
f, staderini. "Sviluppo di un sistema di coagulazione a microonde per l'impiego in chirurgia epatica miniinvasiva e robotica". Doctoral thesis, 2020. http://hdl.handle.net/2158/1248543.
Texto completoPROPOSITO, Delia. "Valutazione dei fattori di rischio nell'incidenza di trombosi dell'arteria epatica in una serie consecutiva di 687 trapianti di fegato". Doctoral thesis, 2000. http://hdl.handle.net/11573/487976.
Texto completoCOCCIA, FEDERICA. "Obesità severa e nafld in pazienti con e senza diabete tipo 2 prima e dopo chirurgia bariatrica: studio degli indici non invasivi di steatosi e fibrosi e dei livelli plasmatici di acidi biliari come predittori di severità dell’istologia epatica". Doctoral thesis, 2020. http://hdl.handle.net/11573/1363031.
Texto completoPurpose: in morbid obesity nonalcoholic fatty liver disease (NAFLD) is endemic. Aim of this study is to evaluate the diagnostic accuracy of the most common noninvasive methods for identify NAFLD and fibrosis in a cohort of morbid obese population. Methods 90 morbid obese patients undergoing bariatric surgery (BS) and intraoperative liver biopsy were evaluated preoperatively with Homeostasis Model Assessment of Insulin Resistance (HOMA-IR) and serum biomarkers for steatosis and fibrosis and liver stiffness measurement (LSM) using acoustic radiation force impulse (ARFI) elastography. All non diabetic patient (n=77) underwent OGTT and calculation of Oral Glucose Insulin Sensitivity index (OGIS). Results: In the entire cohort prevalence of NAFLD was 77%, NASH 24%, moderate/severe steatosis 50% and significant fibrosis 14%. New cutoffs were evaluated for all steatosis score assessed in this population. In all patients with moderate/severe steatosis HOMA IR was significantly greater than 3.5. ALT, GGT, Triglycerides, HOMA IR and ARFI increased with fibrosis grade (p0.03, p 0.008, p 0.04, p 0.05 respectively) and AST to Platelet ratio (APRI) was the only noninvasive fibrosis score significantly increased in significant fibrosis (p 0.04). A combination of 1/OGIS and VAI was able to discriminate NASH from simple steatosis (NAFL) (p 0.02). Conclusions: In morbid obese subjects, we calculated new cutoffs of the most common steatosis indexes and found that a score based on insulin resistance (1/OGIS) and abdominal obesity (VAI) could represent a way to identify morbid obese subjects at risk of NASH.