Tesis sobre el tema "Cambiamenti a lungo termine"
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Manente, Maria Giulia <1989>. "Dallo short-termism alla crescita di lungo termine: analisi del fenomeno e degli strumenti che possono apportare un cambiamento". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2015. http://hdl.handle.net/10579/6017.
Texto completoFortibuoni, Tomaso. "La pesca in Alto Adriatico dalla caduta della Serenissima ad oggi : un analisi storica ed ecologica". Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2010. http://hdl.handle.net/10077/3613.
Texto completoL’ecologia è una disciplina storica: i processi ecologici in corso sono il risultato di quello che è accaduto nel passato. Non conosciamo però quando e con che intensità l’uomo ha iniziato ad alterare l’ambiente marino, e non conosciamo lo stato “naturale” degli ecosistemi. L’ecologia storica ha come obiettivo lo studio degli ecosistemi e delle sue componenti a posteriori, attraverso il recupero e la meta-analisi di documenti del passato. La ricostruzione dello stato passato (historical baseline) degli ecosistemi è essenziale per la definizione di punti di riferimento (reference points) e direzioni di riferimento (reference directions) per valutare i cambiamenti e per stabilire obiettivi di ripristino. Basare gli studi di biomonitoraggio solo su dati recenti può, infatti, indurre la sindrome del “shifting baseline”, ovvero uno spostamento di generazione in generazione del punto di riferimento cui confrontare i cambiamenti, con la conseguenza di sottostimare eventuali processi di degrado in atto. Inoltre, i processi ecologici agiscono su scale temporali diverse (da anni a decenni), e per capirne le dinamiche è quindi necessario considerare un’adeguata finestra temporale. Studiare le dinamiche a lungo termine delle comunità marine permette quindi di monitorare e valutare lo stato e i cambiamenti degli ecosistemi rispetto ad un adeguato riferimento, in cui le comunità marine sono usate come indicatori. La raccolta e lo studio di documentazione storica rappresentano, quindi, un’attività imprescindibile nell’ambito del monitoraggio ambientale. La pesca rappresenta uno dei principali fattori di alterazione negli ecosistemi marini, ed è considerata la principale causa di perdita di biodiversità e del collasso delle popolazioni. I suoi effetti, diretti e indiretti, costituiscono una fonte di disturbo ecologico in grado di modificare l’abbondanza delle specie, gli habitat, la rete trofica e quindi la struttura e il funzionamento degli ecosistemi stessi. Essa rappresenta una fonte “storica” di disturbo, essendo una delle prime attività antropiche di alterazione dell’ambiente marino. Inoltre, la sovra-pesca (overfishing) sembra essere un pre-requisito perché altre forme di alterazione, come l’eutrofizzazione o la diffusione di specie alloctone, si manifestino con effetti più pervicaci. La pesca rappresenta però anche una sorta di campionamento estensivo non standardizzato delle popolazioni marine. Dal momento che dati raccolti ad hoc per il monitoraggio delle risorse alieutiche (fishery-independent) sono disponibili solo dopo la seconda metà del 20° secolo, e in alcuni casi (come in Mediterraneo) solo per le ultime decadi, lo studio delle dinamiche a lungo termine richiede il recupero di informazioni che sostituiscono le osservazioni strumentali moderne e possono essere comunque considerati descrittori dei processi di interesse (proxy). La principale criticità nel ricostruire serie storiche a lungo termine nasce dall’eterogeneità dei dati storici e dalla necessità di elaborare metodologie per l’analisi e l’integrazione dei dati qualitativi o semi-quantitativi del passato con i dati moderni. A seconda del periodo considerato e dell’ampiezza della finestra temporale di studio, quindi, è necessario applicare diverse metodologie d’analisi. La gestione sostenibile dello sfruttamento delle risorse alieutiche è un tema sempre più rilevante nel contesto della pesca mondiale, come conseguenza del progressivo aumento della capacità e dell’efficenza di pesca stimolati dal progresso tecnologico. Ciò ha portato all’impoverimento delle risorse ittiche determinando effetti negativi sia in termini ecologici che socio-economici. Tradizionalmente la gestione della pesca si è basata sulla massimizzazione delle catture di singole specie bersaglio, ignorando gli effetti sugli habitat, sulle interazioni trofiche tra le specie sfruttate e le specie non bersaglio, e su altre componenti dell’ecosistema. Questo ha portato al depauperamento delle risorse e all’alterazione della struttura e funzionamento degli ecosistemi, rendendo le misure gestionali spesso inefficaci. Per questo motivo è necessario applicare una gestione della pesca basata sull’ecosistema (Ecosystem-based fishery management), che ha come obiettivi: prevenire o contenere l’alterazione indotta dalla pesca sull’ ecosistema, valutata mediante l’applicazione di indicatori; tenere in considerazione gli effetti indiretti del prelievo sull’insieme delle componenti dell’ecosistema e non solo sulle specie bersaglio (cascading effect); proteggere habitat essenziali per il completamento del ciclo vitale di diverse specie; tutelare importanti componenti dell’ecosistema (keystone species) da pratiche di pesca distruttive; monitorare affinchè le attività antropiche non compromettano le caratteristiche di struttura delle comunità biotiche, per preservare caratteristiche funzionali quali la resilienza e la resistenza dell’ecosistema, prevenendo cambiamenti che potrebbero essere irreversibili (regime-shifts). A tale scopo è necessario essere in possesso di adeguate conoscenze relative alle caratteristiche ecologiche ed allo stato degli stock sfruttati, monitorandone le dinamiche e consentendo l’applicazione di modalità gestionali adeguate. L’approccio ecosistemico alla gestione della pesca prevede l’applicazione di indicatori che siano in grado di descrivere lo stato degli ecosistemi marini, le pressioni antropiche esercitate su di essi e gli effetti di eventuali politiche gestionali sull’ambiente marino e sulla società. Nell’ambito dell’ecologia storica l’Alto Adriatico rappresenta un caso di studio interessante, sia per la disponibilità di fonti storiche, sia perché è un ecosistema che nei secoli ha subito diversi impatti ed alterazioni. La presente tesi di dottorato si inserisce nell’ambito del progetto internazionale History of Marine Animal Populations (HMAP), la componente storica del Census of Marine Life (CoML), uno studio decennale (che si concluderà nel 2010) per valutare e spiegare i cambiamenti della diversità, della distribuzione e dell’abbondanza della vita negli oceani nel passato, nel presente e nel futuro. HMAP è un progetto multidisciplinare che, attraverso una lettura in chiave ecologica delle interazioni storiche tra uomo e ambiente, ha come obiettivo la ricostruzione delle dinamiche a lungo termine degli ecosistemi marini e delle forzanti (sia naturali che antropiche) che li hanno influenzati. Tale ricostruzione permette di migliorare la nostra comprensione dei processi ecologici, di ridefinire i punti di riferimento sullo stato dell’ecosistema (historical baseline), e di valutare la variabilità naturale su ampia scala temporale (historical range of variation). Gli obiettivi del presente progetto di dottorato sono: i) descrivere le attività di pesca in Alto Adriatico negli ultimi due secoli, quale principale forzante che ha agito sull’ecosistema; ii) analizzare i cambiamenti a lungo termine della struttura della comunità marina; iii) valutare ed interpretare i cambiamenti intercorsi mediante applicazione di indicatori. Allo scopo è stata condotta un’estensiva ricerca bibliografica nei principali archivi storici e biblioteche di Venezia, Chioggia, Trieste, Roma e Spalato al fine di individuare, catalogare e acquisire informazioni e dati sulle popolazioni marine e le attività di pesca nell’Alto Adriatico nel 19° e 20° secolo. La tipologia delle fonti raccolte include documenti storici e archivistici, cataloghi di specie, fonti statistiche come i dati di sbarcato dei mercati ittici e informazioni sulla consistenza delle flotte e gli attrezzi da pesca utilizzati. Si rileva come la ricerca d’archivio abbia evidenziato un’ampia disponibilità di documenti storici, inerenti sia le popolazioni marine che le attività di pesca. La tesi è organizzata in tre capitoli. Il primo è parzialmente tratto dal libro “T. Fortibuoni, O. Giovanardi, e S. Raicevich, 2009. Un altro mare. Edizioni Associazione Tegnue di Chioggia – onlus, 221 pp.” e ricostruisce la storia della pesca in Alto Adriatico negli ultimi due secoli; il secondo rappresenta una versione estesa del manoscritto “T. Fortibuoni, S. Libralato, S. Raicevich, O. Giovanardi e C. Solidoro. Coding early naturalists’ accounts into historical fish community changes” (attualmente sottomesso presso rivista internazionale ISI), e ricostruisce, attraverso l’intercalibrazione ed integrazione di fonti qualitative e quantitative, i cambiamenti della struttura della comunità ittica avvenuti tra il 1800 e il 2000; il terzo capitolo analizza, mediante l’applicazione di indicatori, i cambiamenti qualitativi e quantitativi della produzione alieutica dell’Alto Adriatico dal secondo dopoguerra ad oggi (1945-2008), inferendo informazioni sui cambiamenti cui è stata sottoposta la comunità marina alla luce di diverse forzanti (manoscritto in preparazione). L’obiettivo del primo capitolo è descrivere l’evoluzione della capacità di pesca, principale forzante che storicamente ha interagito con l’ecosistema marino, in Alto Adriatico dal 1800 ad oggi. La diversificazione, sia per varietà di attrezzi utilizzati che per la molteplicità delle specie sfruttate, delle attività di pesca storicamente condotte in Alto Adriatico è un tratto caratteristico di tale area. Le differenze morfologiche e biologiche delle due sponde, occidentale e orientale, e le diverse vicende storiche e politiche, hanno portato infatti ad uno sviluppo delle attività di pesca nettamente diversificato. Sulla sponda orientale la pesca ha rappresentato, almeno fino all’inizio del 20° secolo, un’attività di sussistenza. Era praticata quasi esclusivamente nelle acque costiere, con un’ampia varietà di attrezzi artigianali e mono-specifici, concepiti cioè per lo sfruttamento di poche specie e adattati a particolari ambienti. Al contrario, lungo la costa occidentale operavano flotte ben sviluppate, come quella di Chioggia, che si dedicavano alla pesca in mare su entrambe le sponde adriatiche con attrezzi a strascico, compiendo migrazioni stagionali tra le due sponde per seguire le migrazioni del pesce. La capacità di pesca in Alto Adriatico è aumentata a partire dalla seconda metà del 19° secolo, periodo in cui si è osservato uno sviluppo sia in termini di numero di imbarcazioni che di addetti, grazie ad una congiuntura economica, sociale e storica favorevole. Fino alla I Guerra Mondiale, però, le tecniche di pesca sono rimaste pressoché invariate, e le attività erano condotte con barche a vela o a remi. Già all’inizio del 20° secolo l’Alto Adriatico era sottoposto ad un’intensa attività di pesca che, compatibilmente con le tecnologie disponibili all’epoca, riguardava principalmente le aree costiere, mentre l’attività era più moderata in alto mare. Durante la II Guerra Mondiale si è assistito al fermo quasi totale della pesca, con conseguente disarmo della maggior parte dei pescherecci. Nell’immediato dopoguerra il numero di imbarcazioni è aumentato molto velocemente, e sono state introdotte alcune innovazioni che in breve tempo hanno cambiato radicalmente le attività di pesca tradizionali (industrializzazione della pesca). Innanzitutto l’introduzione del motore, con conseguente espansione delle aree di pesca ed aumento delle giornate in mare, grazie all’indipendenza della navigazione dalle condizioni di vento. Il motore ha anche permesso l’introduzione di nuovi attrezzi da pesca, più efficienti ma al contempo più impattanti, che richiedono un’elevata potenza per essere manovrati (ad esempio il rapido e la draga idraulica). Altre innovazioni hanno determinato un miglioramento delle condizioni dei pescatori e un aumento consistente delle catture. Analizzando la storia della pesca in Alto Adriatico negli ultimi due secoli si possono quindi distinguere principalmente due periodi diversi: pre-1950, quando aveva notevole importanza su entrambe le coste la pesca strettamente costiera, praticata con attrezzi artigianali e mono-specifici, mentre la pesca a strascico in mare aperto era prerogativa delle flotte italiane (ed in particolare di Chioggia) ed era praticata con barche a vela; il periodo successivo al 1950, che ha visto l’introduzione del motore, un aumento esponenziale del tonnellaggio e del numero di barche e la sostituzione graduale di attrezzi artigianali mono-specifici con attrezzi multi-specifici ad elevato impatto. Se nel primo periodo la pesca si basava sulle conoscenze ecologiche del pescatore, che adattava le proprie tecniche in funzione della stagione, dell’habitat e degli spostamenti delle specie, nel secondo si è visto un maggior investimento nella tecnologia e nell’utilizzo di attrezzi multi-specifici. Negli ultimi vent’anni la capacità di pesca delle principali flotte italiane operanti in Alto Adriatico si è stabilizzata su valori elevati, e in alcune marinerie all’inizio del 21° secolo è iniziata una lieve diminuzione, in linea con i dettami della Politica Comune della Pesca dell’Unione Europea. A tutt’oggi comunque lo sforzo di pesca in questo ecosistema è molto elevato; ad esempio, alcuni fondali possono essere disturbati dalla pesca a strascico con intensità superiori a dieci volte in un anno, determinando un disturbo cronico su habitat e biota. Il secondo capitolo presenta una nuova metodologia per intercalibrare ed integrare informazioni qualitative e quantitative sull’abbondanza delle specie, per ottenere una descrizione semi-quantitativa della comunità ittica su ampia scala temporale. La disponibilità di dati quantitativi sulle popolazioni marine dell’Alto Adriatico prima della seconda metà del 20° secolo è, infatti, scarsa, e la ricostruzione di cambiamenti a lungo termine richiede l’integrazione e l’analisi di dati provenienti da altre tipologie di fonti (proxy), tra cui i cataloghi dei naturalisti e le statistiche di sbarcato dei mercati ittici. Le opere dei naturalisti rappresentano la principale e più completa fonte d’informazione sulle popolazioni ittiche dell’Alto Adriatico nel 19° secolo e almeno fino alla seconda metà del 20° secolo. Consistono in cataloghi di specie in cui ne vengono descritte l’abbondanza (in termini qualitativi: ad esempio raro, comune, molto comune), le aree di distribuzione, la taglia, gli aspetti riproduttivi e altre informazioni ancillari. Sono stati raccolti trentasei cataloghi di specie per il periodo 1818-1956, in cui sono descritte un totale di 255 specie ittiche. I dati di sbarcato costituiscono l’unica fonte quantitativa per un elevato numero di specie disponibile per l’Alto Adriatico a partire dalla fine del 19° secolo. I dati utilizzati nel presente lavoro sono riferiti ai principali mercati e aree di pesca dell’Alto Adriatico e coprono il periodo 1874-2000, e sono espressi come peso umido di specie o gruppi di specie commerciate in un anno (kg/anno). Poiché i naturalisti basavano le proprie valutazioni sull’abbondanza delle specie su osservazioni fatte presso mercati ittici, porti e interviste a pescatori, è stato possibile sviluppare una metodologia per intercalibrare ed integrare le due fonti di dati, permettendo un’analisi di lungo periodo dei cambiamenti della comunità ittica. L’intercalibrazione e l’integrazione dei due datasets ha infatti permesso di descrivere, con una scala semi-quantitativa, l’abbondanza di circa 90 taxa nell’arco di due secoli (1800-2000). Mediante l’applicazione di indicatori basati sulle caratteristiche ecologiche dei taxon è stato così possibile analizzare cambiamenti a lungo termine della comunità ittica. Sono stati evidenziati segnali di cambiamento che precedono l’industrializzazione della pesca, con una diminuzione significativa dell’abbondanza relativa dei predatori apicali (pesci cartilaginei e specie di taglia elevata) e delle specie più vulnerabili (specie che raggiungono la maturità sessuale tardi). Questo lavoro rappresenta uno dei pochi casi in cui è stato studiato il cambiamento della struttura di un’intera comunità ittica su un’ampia scala temporale (due secoli), e presenta una nuova metodologia per l’intercalibrazione ed integrazione di dati qualitativi e quantitativi. In particolare le testimonianze dirette dei naturalisti – considerate per molto tempo dai biologi della pesca “aneddoti” e non “scienza” – si sono rilevate un’ottima fonte per ricostruire cambiamenti a lungo termine delle comunità marine. La metodologia elaborata in questo lavoro può essere estesa ad altri casi-studio in cui è necessario integrare informazioni qualitative e quantitative, permettendo di estrarre nuove informazioni da vecchie – e talvolta sottovalutate – fonti, e riscoprire l’importanza delle testimonianze di naturalisti, viaggiatori e storici. Il terzo capitolo affronta un’analisi quantitativa dei cambiamenti ecologici dell’Alto Adriatico, condotta mediante analisi dello sbarcato del Mercato Ittico di Chioggia tra il 1945 e il 2008 e l’applicazione di indicatori. È stato scelto questo mercato per la disponibilità di dati per un ampio periodo storico (circa 60 anni), che ha permesso di valutare i cambiamenti avvenuti in un arco di tempo in cui si è assistito all’industrializzazione, ad una rapida ascesa e al successivo declino della pesca. Chioggia rappresenta il principale mercato ittico dell’Alto Adriatico rifornito dalla più consistente flotta peschereccia dell’area, che sfrutta sia zone costiere che di mare aperto. Oltre ad un’analisi dell’andamento temporale dello sbarcato totale, sono stati applicati alcuni indicatori trofodinamici (livello trofico medio, Fishing-in-Balance, Relative Price Index e rapporto Pelagici/Demersali) e indicatori basati sulle caratteristiche di life-history delle specie (lunghezza media della comunità ittica e rapporto Elasmobranchi/Teleostei). L’utilizzo complementare di più indicatori, sensibili in misura diversa alle fonti di disturbo ecologico e riferite a diverse proprietà emergenti dell’ecosistema e delle relative caratteristiche strutturali, ha permesso di descrivere i cambiamenti avvenuti dal secondo dopoguerra ad oggi e identificare le potenziali forzanti che hanno agito sull’ecosistema. Ad una rapida espansione della pesca, cui è conseguito un aumento significativo delle catture (che hanno raggiunto il massimo negli anni ’80), è seguita una fase di acuta crisi ambientale. L’effetto sinergico di diverse forzanti (pesca, eutrofizzazione, crisi anossiche, fioriture di mucillaggini) ha modificato la struttura e la composizione della comunità biologica, inducendo una graduale semplificazione della rete trofica. Fino agli anni ’80 l’aumento della produttività legato all’incremento di apporto di nutrienti ha sostenuto l’elevata e crescente pressione di pesca, malgrado progressivi cambiamenti strutturali della comunità (regime-shifts), rendendo l’Adriatico il più pescoso mare italiano. Successivamente il sistema sembra essere entrato in una situazione di instabilità, manifestatasi con un drastico calo della produzione alieutica, bloom di meduse (soprattutto Pelagia noctiluca), maree rosse (fioriture di dinoflagellati potenzialmente tossici), crisi anossiche e conseguenti mortalità di massa, regressione di alcune specie importanti per la pesca come la vongola (Chamelea gallina), e fioriture sempre più frequenti di mucillaggini. L’analisi conferma che la sovra-pesca ha agito da pre-requisito perché altre forme di alterazione si manifestassero, e attualmente non sono evidenti segnali di recupero, probabilmente a causa sia di una diminuzione della produttività primaria che della pressione cronica e tuttora crescente indotta dalla pesca. L’approccio di ecologia storica utilizzato ha permesso di ricostruire la storia della pesca in Alto Adriatico, evidenziandone le dinamiche di sviluppo, i cambiamenti tecnologici, strutturali e di pressione ambientale. L’insieme delle analisi e delle fonti raccolte ha permesso di ricostruire - in termini semi-quantitativi - le attività di pesca in Alto Adriatico dal 19° secolo a oggi, analizzare i cambiamenti della comunità ittica nell’arco di due secoli, e infine approfondire le analisi per gli ultimi sessanta anni attraverso l’applicazione di indicatori quantitativi. Da questo studio emerge come già all’inizio del 20° secolo la pesca fosse pienamente sviluppata nell’area, causando cambiamenti strutturali nella comunità ittica, ben prima dell’industrializzazione. Dal secondo dopoguerra si è verificato un rapido incremento dell’intensità delle diverse forzanti antropiche, il cui effetto sinergico ha alterato profondamente l’ecosistema portandolo ad uno stato di inabilità, culminato in gravi crisi ambientali e un netto calo della produzione alieutica.
XXII Ciclo
1979
CAGLIERO, ELEONORA. "Effetto degli incendi, dell’impatto antropico e del cambiamento climatico sulle dinamiche forestali a lungo termine nelle aree montane: il caso studio delle Alpi Dinariche centrali". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2022. https://hdl.handle.net/11577/3468214.
Texto completoMixed mountain forests of silver fir (Abies alba Miller), beech (Fagus sylvatica L.), and spruce (Picea abies (L.) Karst.) are widespread in Europe and have a high ecological and socio-economic value. In the upcoming decades, these forests will likely undergo substantial restructuration due to climate change and altered disturbance regimes. In this context, knowledge of species responses to variations in climate and disturbance regimes (e.g. fire and human impact) may offer critical information to infer the vulnerability of a large part of European mountain forest ecosystems. Since environmental changes generally occur on multiple spatial scales and their effects on forests operate on long-time scales, integrative methodological approaches are required. A high naturalness of forests is key prerequisite to study natural species-environmental interactions. While many European forests were deeply transformed since the Neolithic (around 6500 years ago), the Dinaric Alps still host some of the last remnants of primary and old-growth forests. This study combined the assessments of contemporary forests structure and composition, remote sensing analyses and multi-proxy palaeoecological records in two forests located in the central Dinaric Alps (Montenegro) to provide insights on the long-term vegetation dynamics. The results supported the high naturalness of some mountain forest ecosystems located in the central Dinaric Alps. However, land-use pressure (agriculture and grazing) as well as fires (probably mainly human-induced) likely played an important role in reducing the area of fir-spruce-beech old-growth forests during the Middle Ages. Legacies of past land-use activities are still visible both in tree species composition and structure of current forest stands. Fire was confirmed to be an important disturbance agent during the Holocene. Although further research from European mixed forests is necessary to validate the responses of spruce, beech, and fir to fire, climate, and human impacts, our results suggest that A. alba may be well adapted to warmer-than-present summers and could be resistant to low frequency and low severity fires or even rare high-severity fires. However, it is a species highly sensitive to human impact. F. sylvatica may be sensitive to increasing summer temperatures and could be favored by low biomass burning whereas it is insensitive to human impact. P. abies may be insensitive to variations in summer temperature, human impact, and biomass burning and can persist under fire-return intervals of c. 200-300 years or even after rare high-severity fires. Our study shows that combining integrative methodological approaches can generate valuable insights able to support the definition of protection, restoration, and management strategies of European mixed spruce-beech-fir mountain forests.
Alessandrini, Giulia. "Gas idrati e cambiamenti climatici lungo il margine Cileno". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2018. http://amslaurea.unibo.it/16263/.
Texto completoBonfiglioli, Matteo. "Utilizzo del DNA come archivio digitale a lungo termine". Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amslaurea.unibo.it/6137/.
Texto completoFRAGIACOMO, MASSIMO. "COMPORTAMENTO A LUNGO TERMINE DI TRAVI COMPOSTE LEGNO-CALCESTRUZZO". Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2001. http://thesis2.sba.units.it/store/handle/item/12417.
Texto completoCollavo, Sandy <1993>. "Politiche di welfare aziendale: costo o investimento a lungo termine?" Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2017. http://hdl.handle.net/10579/11680.
Texto completoRapicetta, Cristian <1978>. "Risultati funzionali a lungo termine dopo sutura o plicatura del diaframma". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amsdottorato.unibo.it/5267/1/Rapicetta_Cristian_tesi.pdf.
Texto completoObjectives. To assess pulmonary and diaphragmatic function after diaphragmatic plication re-enforced by pericostal fixed mesh for eventration and repair of diaphragmatic hernia through reduction and direct suture. Methods. From 1996 to 2010, 10 patients with unilateral eventration and 6 patients with misunderstood chronic trans-diaphragmatic hernia underwent elective surgery. Preoperative and 12 months follow-up assessment included pulmonary function tests, measure of maximum inspiratory pressure in clino- and orthostasis, blood gas analysis, chest-CT scan and dyspnoea score. Results. Patients of the two groups did not differ in terms of preoperative lung function nor postoperative complications or in-hospital stay; at follow-up of 12 months, Eventration group showed significant improvement of FEV1% (+18,2 – p<0.001), FVC% (+12,8 – p<0.001), DLCO% (+6,84 – p=0,04) and pO2 (+9,8 mmHg – p<0.001). Conversely in Hernia group only pO2 gain was significant (+8.3 – p=0.04). Although Maximal Inspiratory Pressure (MIP) increased in both groups at follow-up, patients operated for hernia showed minor improvement with persistent significant fall of MIP passing from orthostasis to clinostasis (p<0.001). Transitional dyspnoea score reflected such improvements but no differences were found in gain between the two groups. CT-scan showed a slight elevation of diaphragm in patients operated for diaphragmatic laceration, even without recurrent hernia, while patients operated for eventration maintained postoperative ipercorrection. Conclusions. The use of prosthetic reinforcement after diaphragmatic surgery is safe and seems to ensure better and more stable results either in terms of pulmonary flows and paradoxical diaphragmatic movement (assessed through maximum inspiratory pressure) in patients operated for eventration. Large diaphragmatic tearings involving main branches of phrenic nerve are likely to cause diaphragm denervation; consequent underlying eventration may therefore impair postoperative functional results at long term follow-up if not adequately treated with prosthetic reinforcement as usual in our Institution for pure eventration.
Rapicetta, Cristian <1978>. "Risultati funzionali a lungo termine dopo sutura o plicatura del diaframma". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amsdottorato.unibo.it/5267/.
Texto completoObjectives. To assess pulmonary and diaphragmatic function after diaphragmatic plication re-enforced by pericostal fixed mesh for eventration and repair of diaphragmatic hernia through reduction and direct suture. Methods. From 1996 to 2010, 10 patients with unilateral eventration and 6 patients with misunderstood chronic trans-diaphragmatic hernia underwent elective surgery. Preoperative and 12 months follow-up assessment included pulmonary function tests, measure of maximum inspiratory pressure in clino- and orthostasis, blood gas analysis, chest-CT scan and dyspnoea score. Results. Patients of the two groups did not differ in terms of preoperative lung function nor postoperative complications or in-hospital stay; at follow-up of 12 months, Eventration group showed significant improvement of FEV1% (+18,2 – p<0.001), FVC% (+12,8 – p<0.001), DLCO% (+6,84 – p=0,04) and pO2 (+9,8 mmHg – p<0.001). Conversely in Hernia group only pO2 gain was significant (+8.3 – p=0.04). Although Maximal Inspiratory Pressure (MIP) increased in both groups at follow-up, patients operated for hernia showed minor improvement with persistent significant fall of MIP passing from orthostasis to clinostasis (p<0.001). Transitional dyspnoea score reflected such improvements but no differences were found in gain between the two groups. CT-scan showed a slight elevation of diaphragm in patients operated for diaphragmatic laceration, even without recurrent hernia, while patients operated for eventration maintained postoperative ipercorrection. Conclusions. The use of prosthetic reinforcement after diaphragmatic surgery is safe and seems to ensure better and more stable results either in terms of pulmonary flows and paradoxical diaphragmatic movement (assessed through maximum inspiratory pressure) in patients operated for eventration. Large diaphragmatic tearings involving main branches of phrenic nerve are likely to cause diaphragm denervation; consequent underlying eventration may therefore impair postoperative functional results at long term follow-up if not adequately treated with prosthetic reinforcement as usual in our Institution for pure eventration.
Bal, Milva Orquidea <1967>. "Futuro endocrinologico a lungo termine della pubertà precoce trattata e non trattata". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/148/1/TESI_BAL.pdf.
Texto completoBal, Milva Orquidea <1967>. "Futuro endocrinologico a lungo termine della pubertà precoce trattata e non trattata". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/148/.
Texto completoBENAGLIO, FRANCESCA. "REMISSIONE DRUG FREE NELL’ARTRITE REUMATOIDE: OUTCOME A LUNGO TERMINE E FATTORI PREDITTIVI". Doctoral thesis, Università degli studi di Pavia, 2018. http://hdl.handle.net/11571/1227786.
Texto completoLongo, Antonio. "Efficacia e sicurezza della terapia a lungo termine con latanoprost nel glaucoma congenito". Thesis, Università degli Studi di Catania, 2011. http://hdl.handle.net/10761/162.
Texto completoIntroduction: Congenital glaucoma is a rare condition, but it is an important cause of infantile blindness, determining about 8% of all cases. It is caused by a dysgenesis of the structures of the anterior chamber angle, it is usually treated by surgery, and often requires multiple operations. Medical treatment is not used, because of low efficacy and of severe adverse effects of the drugs. In this study the efficacy and safety of long-term treatment with latanoprost in primary congenital glaucoma have been investigated. Materials & methods: in this study were examined the patients affected with primary congenital glaucoma and treated by latanoprost eye-drops from 1997; intraocular pressure, need of further medications or glaucoma surgery, systemic and topical side effects were evaluated. Results: Twenty-seven patients (11 eyes operated and 35 eyes not operated) have been treated. Mean follow-up was 6,8 +/- 3,4 years; in previously operated and in not operated eyes, respectively, a long term success has been found in 3 (27,3%) and 13 (37.1%) eyes, an additional medication (beta-blockers and/or topical carbonic anhidrase inhibitors) was added in 5 eyes (45.5%) and 5 eyes (14.3%), a further glaucoma surgery was performed in 3 (27.3%) and 14 (40%) eyes. In 3 eyes, latanoprost therapy was added after surgery. Mean efficacy of latanoprost therapy was 3,7 +/- 3,1 years. A correlation was found between age of treatment and length of efficacy. No systemic side effects were detected, and only a case of iris hyper pigmentation and hyper trichosis regressed some months after discontinuation of the treatment was found. Conclusions: Long term treatment with latanoprost in primary congenital glaucoma is safe, but it is effective in about a third of the treated eyes.
Cristino, Stefania <1972>. "Score istologico e allocazione dei "reni marginali": outcome a lungo termine del trapianto renale". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2008. http://amsdottorato.unibo.it/1084/1/Tesi_Cristino_Stefania.pdf.
Texto completoCristino, Stefania <1972>. "Score istologico e allocazione dei "reni marginali": outcome a lungo termine del trapianto renale". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2008. http://amsdottorato.unibo.it/1084/.
Texto completoZaetta, Cristina. "Disastro del Vajont: conseguenze a lungo termine sulla salute psichica e fisica dei sopravvissuti". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2008. http://hdl.handle.net/11577/3425042.
Texto completoMARRONE, MARIA CRISTINA. "Studio della plasticità cortico-striatale in topi mutanti reeler". Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2008. http://hdl.handle.net/2108/438.
Texto completoReelin is a large extracellular glycoprotein mainly secreted by Cajal-Retzius neurons during brain development (Lambert de Rouvroit & Goffinet, 1998; Rice & Curran, 2001). During the embryonic stage, reelin controls the position of neurons, the laminar structure of the cortex (Howell et al., 2000; D'Arcangelo, 2005) and the cellular organization in brain stem nuclei (Trommsdorff et al., 1999) by acting on apoliprotein E receptor 2 (apoER2), very low-density lipoprotein receptor (VLDL-R) and a3β1 integrin receptors (D'Arcangelo et al., 1995; Trommsdorff et al., 1999; Rodriguez et al., 2000). In adulthood, reelin is synthesized and secreted by a subset of cortical and hippocampal γ-aminobutyric acid (GABA)ergic interneurons (Alcantara et al., 1998; Drakew et al., 1998). In particular, it accumulates at postsynaptic densities in the hippocampus and neocortex, and regulates spine cytoskeleton by binding to integrin receptors expressed on dendritic spines (Dong et al., 2003). Because reelin is present in postnatal neurons during the different periods of neuronal migration (D'Arcangelo, 2005) and aggregates in the proximity of postsynaptic densities expressed in apical dendrite spines (Rodriguez et al., 2000), its function might not be limited to the developmental period. In fact, recent studies have shown that recombinant reelin modulates synaptic plasticity in the adult hippocampus by enhancing long-term potentiation (LTP), which is instead reduced: (i) in transgenic mice lacking reelin receptors; and (ii) in apoER2 knock-in mutants (Weeber et al., 2002; Beffert et al., 2005). There is evidence that, in addition to the plastic changes occurring in the hippocampus which are thought to be the cellular bases for learning and memory (Bliss & Collingridge, 1993; Bear & Malenka, 1994; Bear & Abraham, 1996), enduring synaptic changes occurring in the striatum also represent the cellular basis for some forms of learning, mainly linked to motor activity and reward (Calabresi et al., 1996; Lovinger & Tyler, 1996; Charpier & Deniau, 1997; Charpier et al., 1999; Centonze et al., 2001). In addition, reelin expressed in the embryonic striatum has been hypothesized to control the positioning of nigral mesencephalic dopamine (DA) neurons, which are malpositioned in reeler mice (Nishikawa et al., 2003). In the present study, Reelin-deficient mice have been used to investigate the role of this extracellular protein in cortico-striatal plasticity and striatum-related behaviours. Here we show that a repetitive electrical stimulation of the cortico-striatal pathway elicited long-term potentiation (LTP) in homozygous reeler (rl/rl) mice, while causing long-term depression in their wild-type (+/+) littermates. The N-methyl-d-aspartic acid (NMDA) receptor antagonist d-(–)-2 amino-5-phosphonopentanoic acid prevented the induction of LTP in (rl/rl) mice, thus confirming that this form of synaptic plasticity was NMDA receptor-dependent. Interestingly, in the presence of tiagabine, a blocker of γ-aminobutyric acid (GABA) re-uptake system, the probability that (rl/rl) mice showed LTP decreased significantly, thus suggesting an impaired GABAergic transmission in reeler mutants. Consistent with this view, a decreased density of parvalbumin-positive GABAergic striatal interneurons was found in (rl/rl) mice in comparison to (+/+) mice. Finally, compatible with their abnormal striatal function (rl/rl) mice exhibited procedural learning deficits. Our data, showing alterations in cortico-striatal plasticity largely depending on a depressed GABAergic tone, delineate a mechanism whereby the lack of reelin may affect cognitive functions.
Valentino, Giulia. "Modello a lungo termine per la dinamica del glucosio-insulina nel diabete di tipo 1". Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2021. http://amslaurea.unibo.it/22994/.
Texto completoDel, Sindaco Elide <1980>. "Studio dei meccanismi di regolazione a lungo termine della comparsa del sonno REM nel ratto". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2008. http://amsdottorato.unibo.it/989/1/Tesi_Del_Sindaco_Elide.pdf.
Texto completoDel, Sindaco Elide <1980>. "Studio dei meccanismi di regolazione a lungo termine della comparsa del sonno REM nel ratto". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2008. http://amsdottorato.unibo.it/989/.
Texto completoFabi, Marianna <1974>. "Outcome respiratorio a lungo termine nei soggetti affetti da cardiopatia congenita sottoposti ad intervento cardiochirurgico". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2010. http://amsdottorato.unibo.it/2908/1/fabi_marianna_tesi.pdf.
Texto completoFabi, Marianna <1974>. "Outcome respiratorio a lungo termine nei soggetti affetti da cardiopatia congenita sottoposti ad intervento cardiochirurgico". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2010. http://amsdottorato.unibo.it/2908/.
Texto completoDrigo, Mattia <1996>. "L’ASSICURAZIONE PER LE FLOTTE DI AUTOVEICOLI: IL CASO UNIPOLRENTAL PER IL NOLEGGIO A LUNGO TERMINE". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2021. http://hdl.handle.net/10579/20083.
Texto completoBaccichet, Marco <1997>. "Effetti a lungo termine derivanti dall’esposizione a tre pesticidi neonicotinoidi sul copepode calanoide Acartia tonsa". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2021. http://hdl.handle.net/10579/20529.
Texto completoBattistini, Giulia <1986>. "Studio elettrofisiologico di modificazioni a lungo termine della forza della trasmissione sinaptica nel sistema nervoso centrale". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amsdottorato.unibo.it/6746/1/Battistini_Giulia_Tesi.pdf.
Texto completoThe nucleus accumbens (NAc), a major component of the mesolimbic system, is involved in the mediation of reinforcing and addictive properties of many dependence-producing drugs. Glutamatergic synapses within the NAc can express plasticity, including a form of endocannabinoid (eCB)-long-term depression (LTD). Recent evidences demonstrate cross-talk between eCB signaling pathways and those of other receptor systems, including serotonin (5-HT); the extensive co-localization of CB1 and 5-HT receptors within the NAc suggests the potential for interplay between them. Here, we found that 20 min low-frequency (4 Hz) stimulation (LFS-4Hz) of glutamatergic afferences in rat brain slices induces a novel form of eCB-LTD in the NAc core, which requires 5-HT2 and CB1 receptors activation and L-type voltage-gated Ca2+ channels opening. Moreover, we found that exogenous 5-HT application (5 μM, 20 min) induces an analogous LTD (5HT-LTD) at the same synapses, requiring the activation of the same receptors and the opening of the same Ca2+ channels; LFS-4Hz-LTD and 5-HT-LTD were mutually occlusive. Present results suggest that LFS-4Hz induces the release of 5-HT, which acts at 5-HT2 postsynaptic receptors increasing Ca2+ influx through L-type voltage-gated channels and 2-arachidonoyl-glycerol production and release; the eCB travels retrogradely and binds to presynaptic CB1 receptors, causing a long-lasting decrease of glutamate release resulting in LTD. These observations might be helpful to understand the neurophysiological mechanisms underlying drug addiction, major depression and other psychiatric disorders characterized by dysfunction of 5-HT neurotransmission in the NAc.
Battistini, Giulia <1986>. "Studio elettrofisiologico di modificazioni a lungo termine della forza della trasmissione sinaptica nel sistema nervoso centrale". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amsdottorato.unibo.it/6746/.
Texto completoThe nucleus accumbens (NAc), a major component of the mesolimbic system, is involved in the mediation of reinforcing and addictive properties of many dependence-producing drugs. Glutamatergic synapses within the NAc can express plasticity, including a form of endocannabinoid (eCB)-long-term depression (LTD). Recent evidences demonstrate cross-talk between eCB signaling pathways and those of other receptor systems, including serotonin (5-HT); the extensive co-localization of CB1 and 5-HT receptors within the NAc suggests the potential for interplay between them. Here, we found that 20 min low-frequency (4 Hz) stimulation (LFS-4Hz) of glutamatergic afferences in rat brain slices induces a novel form of eCB-LTD in the NAc core, which requires 5-HT2 and CB1 receptors activation and L-type voltage-gated Ca2+ channels opening. Moreover, we found that exogenous 5-HT application (5 μM, 20 min) induces an analogous LTD (5HT-LTD) at the same synapses, requiring the activation of the same receptors and the opening of the same Ca2+ channels; LFS-4Hz-LTD and 5-HT-LTD were mutually occlusive. Present results suggest that LFS-4Hz induces the release of 5-HT, which acts at 5-HT2 postsynaptic receptors increasing Ca2+ influx through L-type voltage-gated channels and 2-arachidonoyl-glycerol production and release; the eCB travels retrogradely and binds to presynaptic CB1 receptors, causing a long-lasting decrease of glutamate release resulting in LTD. These observations might be helpful to understand the neurophysiological mechanisms underlying drug addiction, major depression and other psychiatric disorders characterized by dysfunction of 5-HT neurotransmission in the NAc.
Vendramin, A. "RICOSTITUZIONE IMMUNITARIA IN PAZIENTI SOTTOPOSTI A TRAPIANTO ALLOGENICO DI CELLULE STAMINALI EMOPOIETICHE: VALUTAZIONI A LUNGO TERMINE". Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2012. http://hdl.handle.net/2434/214347.
Texto completoSaviello, Giovanni. "Effetti a lungo termine dell’applicazione di ammendante compostato sulla qualità chimica e biologica di suoli agrari". Doctoral thesis, Universita degli studi di Salerno, 2014. http://hdl.handle.net/10556/1774.
Texto completoIl compost è un fertilizzante ottenuto dalla decomposizione biologica di rifiuti organici in condizioni controllate. Il processo di decomposizione biologica porta ad una parziale mineralizzazione dei composti organici più degradabili e favorisce l'umificazione di quelli più recalcitranti. L'utilizzo del compost in agricoltura è una strategia ampiamente utilizzata per incrementare la fertilità del suolo (aggiungendo, ad esempio, nutrienti come K, Ca, Mg, Na) e, nel contempo, evita che i rifiuti organici possano essere conferiti in discarica. L'applicazione a lungo termine del compost, tuttavia, potrebbe incrementare il rischio di accumulo di metalli pesanti nel suolo e nelle colture, e di conseguenza, per la salute umana. In un esperimento a lungo termine, un suolo agricolo mediterraneo è stato annualmente sottoposto ai seguenti trattamenti: fertilizzazione minerale NPK (MIN), ammendamento con compost (CMP) e ammendamento con compost a cui è stato aggiunto ogni anno azoto in quantità pari a metà dose utilizzata nella fertilizzazione minerale; un suolo non fertilizzato è stato utilizzato come controllo. Il totale di compost aggiunto dopo sette anni di sperimentazione è stato di 150 t/ha in CMP e 105 t/h in CMP+N/2. Sono stati valutati alcuni indicatori microbici della qualità del suolo come la biomassa microbica, la respirazione, l'attività idrolasica totale, il carbonio organico del suolo e la sua ripartizione in pool di diversa stabilità chimica; alcuni macro e micro-nutrienti ed elementi potenzialmente tossici sono stati misurati nel suolo (totale e frazione disponibile) e nelle colture. I risultati mostrano che il ripetuto ammendamento con il compost incrementa il carbonio organico del suolo; in relazione a questo cambiamento si ottiene un positivo effetto sulla fertilità biologica del suolo e sull'attività microbica rispetto ai suoli con fertilizzazione minerale. L'incremento della frazione stabile del carbonio organico del suolo sottolinea l'importanza dell'ammendamento con il compost come strategia per promuovere il sequestro del carbonio nel suolo. I risultati delle concentrazioni dei nutrienti e degli elementi potenzialmente tossici nel suolo e nelle colture dopo il 5° ed il 6 anno di sperimentazione mostrano come la ripetuta applicazione di compost non rappresenti un rischio di accumulo per le colture anzi, può fornire nutrienti alle colture come nel caso del potassio. Un approccio preliminare all'analisi molecolare della struttura della comunità microbica del suolo mostra delle differenze tra i trattamenti.- [a cura dell'autore]
XII n.s.
Negrisolo, Nicola <1991>. "LA CREAZIONE DI VALORE A LUNGO TERMINE PER IL TARGET MILLENNIALS: IL CASO CRÉDIT AGRICOLE / CA’ FOSCARI". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/14731.
Texto completoCappellari, Ambra. "Nascita pretermine nella Regione Veneto: outcome a breve e lungo termine in uno studio di coorte area based". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2014. http://hdl.handle.net/11577/3424602.
Texto completoINTRODUZIONE La nascita pretermine, definita come nascita che avviene prima di 37 settimane complete di gravidanza, comporta una serie di implicazioni sociali, etiche, economiche e sanitarie che impattano sui programmi assistenziali ospedalieri e territoriali e sui programmi preventivi di salute. La rapida e cospicua innovazione dell’assistenza e delle strumentazioni nelle Unità di Terapia Intensiva Neonatale ha prodotto negli ultimi anni un progressivo aumento della sopravvivenza dei gravi prematuri di basso peso e di bassa età gestazionale. Numerosi studi hanno dimostrato che i bambini nati prematuri ed estremamente prematuri presentano severi esiti clinici a breve e medio termine, in particolare neurologici e neurosensoriali. Non sono tuttavia disponibili follow-up a lungo termine di coorti di bambini selezionate da sorveglianze area-based. SCOPO Lo scopo di questo studio è analizzare gli esiti clinici dei nati prematuri in Regione Veneto, valutando in follow-up gli esiti di salute a breve, medio e lungo termine per età gestazionale, in particolare per i gravi prematuri di basso peso e di bassa età gestazionale. MATERIALI E METODI Lo studio è stato suddiviso in diverse fasi. In una prima fase preliminare è stata condotta una stratificazione per età gestazionale della popolazione di tutti i nati in Regione Veneto nel periodo 2003-2009. Per questa fase è stato utilizzato il flusso corrente del Certificato di Assistenza al Parto (CEDAP). Tale flusso è mandatorio dal 2001 e registra tutti i nati della Regione, contiene informazioni relative al nato (sesso, peso, lunghezza, circonferenza cranica, età gestazionale, necessità di rianimazione maggiori se intubazione e ventilazione assistita e rianimazione cardiologica con farmaci, necessità di rianimazione minore se aspirazione e massaggio, necessità di ricovero del nato in reparto di cure intensive neonatali, eventuale presenza di malformazione ed eventuale causa di nati-mortalità), al parto (genere del parto: semplice o plurimo, modalità parto se spontaneo o cesareo, eventuale tipo di controllo del dolore e tipo di anestesia, complicanze materne legate al parto), alla gravidanza (numero di accertamenti eseguiti in gravidanza, numero di ecografie, indagini prenatali, decorso gravidanza se fisiologico o patologico, se patologico il tipo di condizione morbosa insorta durante la gravidanza: minacce di aborto, minaccia di parto prematuro, malattie infettive, infezioni tratto genito-urinario, diabete e gestosi) e informazioni riguardanti il padre e la madre (tra cui età, scolarità, professione, parità, stato civile, esposizione a fattori di rischio quali il fumo). La stratificazione è stata fatta per settimana gestazionale dalla 20 sg alla 42 sg. In particolare sono stati considerati tutti i nati < 28 settimane gestazionali nel periodo sovra descritto. Sono state pertanto create delle coorti di pazienti e sono state analizzate le coorti dei nati nel 2005 e nel triennio 2007-2009. Nella fase successiva, a partire dalle statistiche correnti, sono state ricostruite le storie naturali di ciascun paziente, quando possibile, utilizzando le schede di morte (ISTAT) per valutare la sopravvivenza, le schede di dimissione ospedaliera (SDO) per le ospedalizzazioni, le patologie acute intercorrenti e patologie croniche, flusso informativo sull’attività di riabilitazione dei centri ex art.26 L 833/1978 per valutare l’accesso a servizi riabilitativi e il flusso Registro Malattie Rare. In particolare sono stati identificati i soggetti “cronici” definiti come i soggetti con almeno 2 ospedalizzazioni nell’arco di 12 mesi caratterizzate entrambe dallo stesso codice di patologia SDO. ,Alla fine sono stati analizzati gli esiti: mortalità, sopravvivenza, soggetti affetti da patologie croniche, soggetti affetti da malattie rare e soggetti che hanno necessitato di cicli di riabilitazione. I soggetti non inclusi nella categorie sovradescritte verranno in un tempo successivo a questo studio campionati e valutati in follow up secondo il protocollo seguente: valutazione qualitativa della motricità spontanea, valutazione quantitativa mediante l’utilizzo di scale di valutazione (ABC, Gross Motor Function Measure, e, per i casi con esiti più gravi, Scala Besta e scala QUEST), valutazione cognitiva (Griffiths, WIPPSI, WISC-IV), valutazione neurosensoriale mediante studio del Potenziali Evocati Multimodali (PEV, BAEPs, SEP), valutazione di neuroimaging (RMN cerebrale con protocollo standard e 3D con DTI e resting state per la valutazione trattografica) trattografica). RISULTATI Nel periodo considerato 2003-2009 in Regione Veneto sono stati registrati 322.598 nati, in media circa 46.000 nati/anno. Di questi 91,71% sono nati a termine (>37 sg), 7,63% nascono prematuri (<37 sg). Se consideriamo i nati pretermine, 2,13% sono nati prima delle 32 sg e 0,55% sono <28 sg. I nati prematuri <28 sg registrati, che rappresentano lo 0,55%, sono 1785 circa, in media 255/anno. Il quoziente di natimortalità totale dei nati dal 2003 al 2009 è 2,9 x 1000 per i parti singoli e 8,7 x 1000 per i parti plurimi; tale quoziente aumenta con il decrescere dell’età gestazionale in particolare si registrano quozienti di 8,3 alla 36 sg per i parti singoli vs 1,1 per i parti plurimi , 17,8 per i parti singoli (35 sg) vs 6,0 per i parti plurimi e 117,6 per i parti singoli vs 57,7 per i parti plurimi nei nati prima delle 28 sg. I nati prematuri <28 sg sono passati da 201 nel 2003 (0,48% dei nati nel 2003) a 301 nel 2009 (0,63% dei nati nel 2009). I parti plurimi dei neonati < 28 sg sono il 24% (20% gemellari e 3% plurigemellari) rispetto al 1,2 % dei nati a termine (2,7% gemellari e 0,1% trigemellari) e il 3% rispetto al totale del parti. La percentuale di nati con prematurità grave e la loro sopravvivenza sono dunque in grande aumento nella Regione Veneto. Questo fenomeno è dovuto alla crescente innovazione dell’assistenza e delle strumentazioni nelle Unità di Terapia Intensiva Neonatale: vengono rianimati e sopravvivono anche nati dalle 20 sg (registrati 1 nati nel 2007 uno alla 19 sg e 1 alla 20 sg; nel 2008 7 nati alla 21 sg di cui solo due decessi alla nascita). Dalle nostre analisi alcuni fattori sembrano implicati nella nascita pretermine: l’età della madre è uno di questi in particolare la percentuale dei nati <28 sg passa da 1,2% per madri <24 aa allo 0,8% tra i 25 e i 29 anni e 1,5% se >40 aa (rischio relativo RR di 2,3). Un altro fattore è la cittadinanza materna: le donne africane e le donne dell’Europa dell’Est hanno una percentuale di nati pretermine doppia rispetto alle donne italiane. Se analizziamo le donne che hanno partorito dei neonati prematuri, il 55% sono primipare (RR 1,2), il 30% segnala in anamnesi un aborto spontaneo precedente al parto (RR pari a 1,8), il 4% un nato morto precedente al parto (RR 3,1) e il 12% una interruzione volontaria di gravidanza precedente (RR 2,1). Il 7% fuma (RR 1,1) e il 2,6% ricorre a una Procreazione Medicalmente Assistita o PMA (RR 2.03). Per quanto riguarda la PMA i nati sono 1,8% all’anno; 11% dei nati <28 sg sono nati da PMA vs 1% dei nati a termine da PMA. Se analizziamo ora gli esiti dei nati < 28 sg nelle coorti 2005 e 2007-2009, nel 2005 i morti entro il primo anno di vita sono 65 (29%); i sopravissuti sono 160 (71%). Dei sopravissuti 11 sono pazienti cronici (6,8%); 9 sono stati riabilitati (5,6%); 1 affetto da malattia rara certificato (0,6%). 105 pur non essendo presenti nelle fonti considerate presentano diagnosi di complicazione alla nascita e/o dentro l’anno (66%). La percentuale di nati prematuri con esiti maggiori è pertanto di 79%. 37 non sono presenti in alcuna fonte né hanno avuto delle complicazioni (23%). Nel triennio 2007-2009 i morti entro il primo anno di vita sono 250 (31%); i sopravissuti sono 545 (69%). Dei sopravissuti 61 sono pazienti cronici (11%) di cui 1 con malattia rare e certificato verificato nel flusso malattie rare, 13 riabilitati (2,3%) e 3 (0,5%) presentano diagnosi di malattie rare alla SDO; 63 sono riabilitati (12%) di questi 13 sono cronici ; 15 affetti da malattia rara (2,7%) di cui solo due con certificato di patologia rara. 360 pur non essendo presenti nelle fonti considerate presentano diagnosi di complicazione alla nascita e/o dentro l’anno (66%). La percentuale di nati prematuri con esiti maggiori è circa 91%. 72 non sono presenti in alcuna fonte né hanno avuto delle complicazioni (13%). CONCLUSIONI La percentuale di nati con prematurità grave è in grande aumento nella Regione Veneto per l’incremento della sopravvivenza dei nati tra le 22 e le 28 sg da analisi preliminari sembra che numerosi fattori relativi alla storia materna, alla storia riproduttiva e al decorso della gravidanza nonché fattori relativi al neonato possano determinare una nascita pretermine. Alla luce di questi dati preliminari, risulta particolarmente rilevante, soprattutto per le ricadute programmatorie dei servizi di assistenza e di riabilitazione, conoscere la storia naturale di questi bambini e verificarne gli esiti in termini di disabilità complesse che ne possono derivare viste le percentuali di sopravvivenza e di disabilità sovra riportate.
Locatelli, C. "Valvuloplastica percutanea con catetere con pallone nella stenosi polmonare del cane : studio dell'outcome a breve e lungo termine". Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2008. http://hdl.handle.net/2434/200676.
Texto completoGalli, C. "VALUTAZIONE DELL'EFFICACIA E DELL'IMMUNOGENICITÀ A LUNGO TERMINE DELLA VACCINAZIONE ANTI-EPATITE B IN ITALIA: ATTUALITÀ E PROSPETTIVE FUTURE". Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2017. http://hdl.handle.net/2434/487310.
Texto completoPalandri, Francesca <1977>. "Leucemia Mieloide Cronica: outcome a lungo termine dei pazienti con risposta ottimale ad Imatinib. Risultati del GIMEMA CML WP". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2010. http://amsdottorato.unibo.it/2383/1/PALANDRI_FRANCESCA_TESI.pdf.
Texto completoPalandri, Francesca <1977>. "Leucemia Mieloide Cronica: outcome a lungo termine dei pazienti con risposta ottimale ad Imatinib. Risultati del GIMEMA CML WP". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2010. http://amsdottorato.unibo.it/2383/.
Texto completoLa, Scola Claudio <1976>. "Outcome a lungo termine dei pazienti pediatrici con rene singolo. Valutazione di marker laboratoristici e strumentali di danno renale". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amsdottorato.unibo.it/6996/1/Dott.Claudio_La_Scola_Tesi_Dottorato.pdf.
Texto completoObjectives: to evaluate the correlation between glomerular filtration rate (GFR) estimated using 99mTc diethylene-triamine pentaacetic acid (Tc-DTPA) and 1) renal function laboratory markers (creatinine, cystatin C, proteinuria) 2) equations for estimating GFR 3) evaluation parameters of renal growth on ultrasound Materials and methods: 118 patients between 0 and 18 years of age with congenital solitary kidney were recruited. At every visit, weight, height, levels of creatinine, cystatin C and proteinuria and renal ultrasound length were recorded. The estimated GFR was calculated using equations based on serum creatinine (Schwartz), cystatin C (Zappitelli, Filler, Grubb and Bokenkamp) and both creatinine and cystatin C (Zappitelli’s equation). Renal growth was determined as a ratio between renal ultrasound length and body height (USL/H), the percentage difference between measured and expected renal length for age (delta%) and the presence or absence of compensatory hypertrophy. DTPA-GFR was measured in 74 children. Results: mean follow-up was 2.1 ± 0.9 years. 65% were male. None developed chronic renal insufficiency. Mean DTPA-GFR value was 135±44 ml/min/1.73m², mean serum creatinine and cystatin C values were 0.47±0.17 mg/dl and 1±0.4 mg/L, respectively. Mean ultrasound renal length was 100±17mm, mean USL/H ratio was 0.8±0 and mean delta% 1,13±11,4. 66% patients developed renal hypertrophy. The only significant correlations were 1) inverse between DTPA-GFR and creatinine (p=<.001) and 2) linear between DTPA-GFR and USL/H (p=<.001). Discussion: The study demonstrated that, as seen in other nephropathies, serum creatinine and renal ultrasound are both valid instruments in the follow-up of patients with congenital solitary kidney. The main limit of this study was that it was not possible to establish a cut-off value for risk parameters such as USL/H, as none of the patients developed chronic renal insufficiency.
La, Scola Claudio <1976>. "Outcome a lungo termine dei pazienti pediatrici con rene singolo. Valutazione di marker laboratoristici e strumentali di danno renale". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amsdottorato.unibo.it/6996/.
Texto completoObjectives: to evaluate the correlation between glomerular filtration rate (GFR) estimated using 99mTc diethylene-triamine pentaacetic acid (Tc-DTPA) and 1) renal function laboratory markers (creatinine, cystatin C, proteinuria) 2) equations for estimating GFR 3) evaluation parameters of renal growth on ultrasound Materials and methods: 118 patients between 0 and 18 years of age with congenital solitary kidney were recruited. At every visit, weight, height, levels of creatinine, cystatin C and proteinuria and renal ultrasound length were recorded. The estimated GFR was calculated using equations based on serum creatinine (Schwartz), cystatin C (Zappitelli, Filler, Grubb and Bokenkamp) and both creatinine and cystatin C (Zappitelli’s equation). Renal growth was determined as a ratio between renal ultrasound length and body height (USL/H), the percentage difference between measured and expected renal length for age (delta%) and the presence or absence of compensatory hypertrophy. DTPA-GFR was measured in 74 children. Results: mean follow-up was 2.1 ± 0.9 years. 65% were male. None developed chronic renal insufficiency. Mean DTPA-GFR value was 135±44 ml/min/1.73m², mean serum creatinine and cystatin C values were 0.47±0.17 mg/dl and 1±0.4 mg/L, respectively. Mean ultrasound renal length was 100±17mm, mean USL/H ratio was 0.8±0 and mean delta% 1,13±11,4. 66% patients developed renal hypertrophy. The only significant correlations were 1) inverse between DTPA-GFR and creatinine (p=<.001) and 2) linear between DTPA-GFR and USL/H (p=<.001). Discussion: The study demonstrated that, as seen in other nephropathies, serum creatinine and renal ultrasound are both valid instruments in the follow-up of patients with congenital solitary kidney. The main limit of this study was that it was not possible to establish a cut-off value for risk parameters such as USL/H, as none of the patients developed chronic renal insufficiency.
Tassone, Daniela <1981>. "Fistole retto-vaginali Crohn-relate trattate mediante trasposizione del muscolo gracile: risultati a lungo termine e qualità della vita". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amsdottorato.unibo.it/7146/1/TASSONE_DANIELA_TESI.pdf.
Texto completoOBJECTIVE: Crohn's-related rectovaginal fistulae have significant impact on quality of life, including sexual function. If the anal canal is destroyed by ulceration and indurations or in patients with extensive defects of the perineum, local surgery has unsatisfactory results. The aim of this study is to assess the efficacy of gracilis muscle transposition for Crohn's-related recurrent rectovaginal fistula and determine its effects on quality of life and sexual function. MATERIALS AND METHODS: From January 2012 to October 2014 gracilis muscle transposition for recurrent rectovaginal fistula Crohn-related was performed in ten patients and the clinical data (age, BMI, smoking, CDAI, use of perioperative seton, previous procedures, use of immunomodulators and steroids) were prospectively collected. All patients were diverted by a temporary ileostomy before graciloplasty. The success rate was measured as the percentage of patients with a healed fistula after stomal closure. SF-36 quality of life score, fecal incontinence score, and female sexual function score before surgery and 3 months after stoma closure were recorded. RESULTS: Rectovaginal fistula was closed in 9 of 10 patients after graciloplasty with a mean follow-up from stomal closure of 19 months (range 4 -34). One rerecurrence of a RVF was documented. The operative time ranged from 90-150 minutes (mean, 120). The postoperative hospital stay ranged from 7-16 days (mean 10). Early postoperative complications included perineal dehiscence sutures in 2 cases. Long-term complications included perineal scar dysesthesia. We reported improvement of QOL, sexual function and fecal continence in the post-operative data. CONCLUSION: Recto-vaginal fistula closure using pedicled gracilis muscle interposition is associated with minimal morbidity and a high success rate. It is an excellent option for patients with recurrent fistulas in whom other surgical treatments have failed.
Tassone, Daniela <1981>. "Fistole retto-vaginali Crohn-relate trattate mediante trasposizione del muscolo gracile: risultati a lungo termine e qualità della vita". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amsdottorato.unibo.it/7146/.
Texto completoOBJECTIVE: Crohn's-related rectovaginal fistulae have significant impact on quality of life, including sexual function. If the anal canal is destroyed by ulceration and indurations or in patients with extensive defects of the perineum, local surgery has unsatisfactory results. The aim of this study is to assess the efficacy of gracilis muscle transposition for Crohn's-related recurrent rectovaginal fistula and determine its effects on quality of life and sexual function. MATERIALS AND METHODS: From January 2012 to October 2014 gracilis muscle transposition for recurrent rectovaginal fistula Crohn-related was performed in ten patients and the clinical data (age, BMI, smoking, CDAI, use of perioperative seton, previous procedures, use of immunomodulators and steroids) were prospectively collected. All patients were diverted by a temporary ileostomy before graciloplasty. The success rate was measured as the percentage of patients with a healed fistula after stomal closure. SF-36 quality of life score, fecal incontinence score, and female sexual function score before surgery and 3 months after stoma closure were recorded. RESULTS: Rectovaginal fistula was closed in 9 of 10 patients after graciloplasty with a mean follow-up from stomal closure of 19 months (range 4 -34). One rerecurrence of a RVF was documented. The operative time ranged from 90-150 minutes (mean, 120). The postoperative hospital stay ranged from 7-16 days (mean 10). Early postoperative complications included perineal dehiscence sutures in 2 cases. Long-term complications included perineal scar dysesthesia. We reported improvement of QOL, sexual function and fecal continence in the post-operative data. CONCLUSION: Recto-vaginal fistula closure using pedicled gracilis muscle interposition is associated with minimal morbidity and a high success rate. It is an excellent option for patients with recurrent fistulas in whom other surgical treatments have failed.
Sguera, Alessandra <1985>. "Colectomia laparoscopica vs colectomia open per malattie infiammatorie croniche intestinali: outocomes chirurgici e funzionali a breve e lungo termine". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2021. http://amsdottorato.unibo.it/9601/1/Sguera%20Alessandra%20tesi.pdf.
Texto completoThis study aims to perform a comparative analysis between different surgical techniques for total abdominal colectomy surgery and to compare the results of different standards of postoperative care, in patients suffering from chronic inflammatory bowel diseases. A prospective randomized three-year study was designed, the first two for the enrollment and treatment of patients and the last to ensure a minimum postoperative follow-up and perform statistical analysis of the results. This single-center study was performed in a nationally recognized reference center for the medical and surgical treatment of the diseases in question. The primary objective of this study is to evaluate differences in terms of short and long-term surgical outcomes of total abdominal colectomy performed with traditional open and laparoscopic technique. It is also proposed to highlight, as a secondary objective, any differences in postoperative hospitalization and clinical outcomes in patients undergoing colectomy in relation to the type of postoperative management, comparing traditional postoperative management with new fast-track treatment protocols.
Ricci, Emilia <1985>. "Descrizione dell'evoluzione a lungo termine del fenotipo elettroclinico in una coorte di 40 pazienti con Sindrome di Mowat Wilson". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2021. http://amsdottorato.unibo.it/9619/1/Ricci%20Emilia%20Tesi.pdf.
Texto completoBackground: Mowat-Wilson Syndrome (MWS) is a genetic disease related to ZEB2 gene. The underlying mechanism is haploinsufficiency in the majority of patients linked to loss of function mutations. Rare ZEB2 missense mutations have also been described expanding the clinical phenotype. Epilepsy is a cardinal feature of both MWS and ZEB2 mutations. To date, few studies have focused on the electroclinical phenotype in MWS. In particular no long-term follow-up data are available. Aim: to describe the long-term evolution of the electroclinical phenotype in MWS and suggest the most effective treatment. To investigate the possible pathogenic mechanisms of epilepsy in patients with ZEB2 mutations. Methods: longitudinal cohort study. We analyse data of 40 patients (22 females; 18 males) with genetically confirmed MWS, aged 2-31 years (mean age 12,8; median 13,9) at last examination, with mean follow-up of 11 years. Results: all the patients aged >5 years present epilepsy that appears clearly defined and similar across our sample cases. A clear age dependent pattern has been identified. As previously supposed, the involvement of cortical-subcortical circuits appears to be crucial and we can provide solid data on the genetic etiology of epilepsy in MWS. Some antiepileptic drugs seem to be more effective preliminarily. Conclusion: for the first time in literature, the long-term evolution of the electroclinical phenotype has been described in a significant sample of patients with MWS. We also delineate a few therapeutic implications that need to be confirmed with further studies. Moreover, our data suggest some possible assumptions about the pathogenic mechanism of epilepsy in ZEB2 mutations. A next desirable research step should be to evaluate gene expression profiling of GABAergic interneurons derived from cells of MWS patients through induced pluripotent stem cells.
BERTOLDO, FABIO. "La protesi Valsalva nella chirurgia sostitutiva della radice aortica con conservazione della valvola nativa: follow-up a lungo termine". Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2009. http://hdl.handle.net/2108/208570.
Texto completoBackground: The reimplantation valve-sparing aortic root replacement is safe and characterized by short and long-term good results. Several modifications have been proposed to rebuilt the complex anatomo-functional structure of the aortic root in the attempt to improve the long-term results. The Valsalva graft appears to be useful in order to recreate more closely such a structure also concurring to a greater reproducibility and standardization of this technique. We retrospectively analyzed our perioperative and long-term follow-up data. Methods: From May 2000 to October 2009, 42 patients (36 males, mean age of 53±10 years) underwent reimplantation valve-sparing aortic root replacement using the Valsalva graft. Sixteen patients (38.1%) had Marfan syndrome and 2 (4.8%) had bicuspid aortic valve. Fifteen (35.7%) underwent concomitant cardiac procedures. Results: The in-hospital mortality was 2.4%. There were no dropouts at the follow-up, which lasted 80 ± 36 months (median 94 months and range from 0 to 120 months). There were 4 late deaths during the period of observation, and so the 10-years cumulative actuarial survival was 88.1%. In 7 patients (16.4%) did not show satisfactory results: the 10-years freedom from recurrence of aortic insufficiency not needing reoperation was 95.2%, while the 10-years freedom from aortic valve reoperation was 88.1%. Conclusions: The reimplantation valve-sparing aortic root replacement using the Valsalva graft is safe and characterized by a low in-hospital mortality. The peculiar reconstruction of the aortic root, guaranteed by this conduit, positively influences the long-term results. Moreover, the Valsalva graft appears to favour a good reproducibility and a good standardization of this procedure.
MONTERUBBIANESI, RITA. "Mantenimento della remissione clinica in pazienti con malattia di Crohn dopo sospensione del trattamento a lungo termine con antiTNF". Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2012. http://hdl.handle.net/2108/209992.
Texto completoDe, Santis Letizia. "Studio di prevalenza a medio e lungo termine della Sindrome dell'arto fantasma in pazienti amputati trans femorali e trans tibiali". Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2019. http://amslaurea.unibo.it/19334/.
Texto completoCivollani, Piero. "Analisi quantitativa degli effetti a lungo termine sul bilancio idrogeologico dovuti allo scavo delle Gallerie Firenzuola e Vaglia, bacino della Sieve". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2019. http://amslaurea.unibo.it/18052/.
Texto completoFelisa, Giada. "Analisi di ingressione marina a Bellocchio (Fe) negli scenari di breve, medio e lungo termine con l'ausilio della modellazione matematica 2DH". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2011. http://amslaurea.unibo.it/2062/.
Texto completoNeri, Piergiorgio. "Micofenolato mofetile per il controllo a lungo termine delle neovascolarizzazioni secondarie a flogosi uveale non-infettiva refrattarie alla tradizionale terapia immunosoppressiva". Doctoral thesis, Università Politecnica delle Marche, 2008. http://hdl.handle.net/11566/242587.
Texto completoFRUSCIO, ROBERT. "Somministrazione settimanale di cisplatino in pazienti con carcinoma ovarico in stadio avanzato: risultati a lungo termine di uno studio clinico randomizzato". Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2010. http://hdl.handle.net/10281/13832.
Texto completoRossi, Eleonora. "Possibili fluttuazioni nel valore della costante di decadimento dei radionuclidi: studio per lo sviluppo di un esperimento di misura a lungo termine". Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amslaurea.unibo.it/9132/.
Texto completoFabozzi, Morena. "Programmazione di uno strumento virtuale per lo studio sperimentale di affidabilità a lungo termine di circuiti e dispositivi di potenza a semiconduttore". Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2021. http://amslaurea.unibo.it/23980/.
Texto completoArapi, Ilir. "Follow-up a lungo termine nei pazienti con “dome-shaped macula” associata a distacco sieroso del neuroepitelio foveale trattati con la terapia fotodinamica". Doctoral thesis, Università Politecnica delle Marche, 2015. http://hdl.handle.net/11566/242953.
Texto completoIntroduction and objectives: Foveal serous retinal detachment (SRD) in patients with dome shaped macula (DSM) represents the most frequent reason of impaired vision and referral to eye care units. The aim of this study is to investigate the role of photodynamic therapy (PDT) as a therapeutic modality in myopic patients affected by DSM associated with foveal SRD. Methods: The study was designed as a retrospective interventional case series. The medical records of 18 consecutive myopic patients (20 eyes) with DSM associated with foveal SRD, and treated with PDT were retrospectively reviewed. Best corrected visual acuity (BCVA), refractive error, fluorescein angiography (FA), indocyanine green angiography (ICGA), and enhanced depth imaging (EDI) optical coherence tomography (OCT) findings were evaluated. Visual gain and loss were considered as increasing or decreasing of two or more lines of best corrected visual acuity (BCVA) respectively, and eyes with fluid resolution were considered as responsive to PDT. Results: All eyes underwent several PDT treatments with a median of 3 (1st;3rd quartiles 2; 3,75; range: 1 to 7) and with a median follow-up time of 22 months (1st;3rd quartiles 12; 40; range 4 to 55). At the last follow-up 7 eyes (35%) showed complete resolution of the foveal SRD being considered as responsive to PDT. At last follow-up visit 5 eyes (25%) showed an increased BCVA, 13 eyes (65%) maintained a stable BCVA, while 2 eyes (10%) had a decrease in their BCVA. Statistical analysis showed that BCVA improvement was significantly higher in eyes responding to PDT (p=0.027). The median baseline hypocyanescent macular area observed during late ICGA frames resulted significantly lower [2.6 mm² (1st;3rd quartiles 2.3; 2.8 mm²; range 1.61 – 3.28 mm²)] in the group of patients that responded to PDT and had an increase of ≥2 Snellen lines in BCVA versus the remaining ones that were considered non-responders [8.1 mm² (1°;3° quartili 5.1;10.2 mm²; range 4.50 - 14.26 mm²)] (p<0.001). Conclusions: Our data suggest that myopic eyes associated with DSM and foveal SRD might be responsive to PDT showing total resolution of fluid accumulation and positive BCVA changes, if baseline ICGA findings show evidence of a limited hypocyanescent macular area.