Literatura académica sobre el tema "Beni produttivi"

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Artículos de revistas sobre el tema "Beni produttivi"

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Pasetto, Attilio. "Imprese sociali e sistemi produttivi locali". QA Rivista dell'Associazione Rossi-Doria, n.º 3 (septiembre de 2011): 149–66. http://dx.doi.org/10.3280/qu2011-003007.

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Resumen
La Nota approfondisce il rapporto tra imprese sociali e sistemi produttivi locali, partendo dalla constatazione che oggi i distretti non riescono piů ad assicurare la coesione sociale territoriale che, in passato, era stato un fattore determinante del loro successo. Č, infatti, cresciuta l'esigenza di fruire di beni sociali in modo personalizzato, che, a livello locale, sono spesso assicurati dal settore nonprofit. Serve quindi una governance del territorio, in cui il sistema manifatturiero e quello dei servizi alle persone dialoghino fra loro, puntando alla valorizzazione delle risorse in una logica inclusiva per tutti i soggetti che ne fanno parte.
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Cerruti, Corrado, Albino Di Certo y Sonia Ruggiero. "Potenzialitŕ e criticitŕ della logistica distrettuale: il caso del distretto florovivaistico del ponente ligure". ECONOMIA E DIRITTO DEL TERZIARIO, n.º 3 (junio de 2010): 467–88. http://dx.doi.org/10.3280/ed2009-003004.

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Resumen
Il presente lavoro sviluppa un'analisi empirica delle mutate modalitŕ attraverso cui distretti affrontano la competizione nel nuovo contesto globale. In particolare, mentre in passato l'eccellenza produttiva si poneva come elemento fondante del successo della forma distrettuale, risulta sempre piů evidente come nei distretti moderni la componente "servizi" si sia affiancata - e talvolta abbia superato in valore - la componente materiale. L'analisi empirica č stata sviluppata con riferimento al distretto florovivaistico del Ponente Ligure, un contesto che bene evidenzia la crescente criticitŕ dei servizi, in particolare della logistica, e le forti difficoltŕ che incontrano gli operatori distrettuali nel fronteggiare il cambiamento richiesto. Il distretto, in effetti, ha visto erodersi negli anni la propria quota di mercato fino alla perdita del proprio ruolo di leadership guadagnato in passato mettendo in campo capacitŕ produttive uniche nello scenario internazionale. Mentre i livelli qualitativi della produzione sembrano rimasti elevati, collocando il prodotto ligure tra i migliori a livello mondiale, gli operatori evidenziano una forte contrazione della domanda dovuto alle difficoltŕ riscontrate in ambito logistico-commerciale. Alla luce dei dati raccolti č possibile sostenere, in effetti, che la competizione e talvolta, la sopravvivenza stessa dei distretti, debba passare attraverso una piů attenta pianificazione di elementi quali il marketing, la logistica, la commercializzazione e, piů in generale, della componente servizi. Tale pianificazione non puň essere portata avanti dal singolo operatore ma deve essere frutto dell'impegno congiunto ed organico delle imprese e delle istituzioni distrettuali.
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Bonazzi, Michele. "Il calcio nelle dinamiche di consumo: le forme del marketing e la costruzione di un'identitŕ condivisa". SOCIOLOGIA DELLA COMUNICAZIONE, n.º 41 (mayo de 2012): 193–216. http://dx.doi.org/10.3280/sc2011-041013.

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Resumen
Identificarsi con una squadra di calcio č un processo in grado di costruire una comunitŕ che unisce e distingue allo stesso tempo coloro che vi aderiscono. L'acquisizione di una comune identitŕ si manifesta anche nella proprietŕ di beni che sono un segno inequivocabile di appartenenza. La promozione di questi oggetti avviene attraverso l'adozione di pratiche di marketing tradizionale e di quelle forme di marketing non convenzionale che permettono al consumatore di assumere un ruolo attivo nei meccanismi di produzione. Il calcio č una parte di questa nuova dinamica che coinvolge produttori e consumatori nella vendita del prodotto-calcio e dell'intero universo di consumo che vi ruota intorno.
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Di Pierro, Alberto. "Product Dififerentiation and Competitive Structures*". Journal of Public Finance and Public Choice 4, n.º 1 (1 de abril de 1986): 109–14. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907117363.

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Resumen
Abstract Negli anni recenti è divenuto sempre più evidente che il modello di concorrenza monopolistica è essenziale per l’interpretazione delle economie di mercato contemporanee. Il progresso negli studi a questo riguardo è dovuto soprattutto alle analisi svolte sul comportamento del consumatore con un’impostazione in cui (come nel noto modello di Lancaster) le caratteristiche qualitative dei beni sono incorporate in un modello di scelta teoricamente coerente.Sviluppando queste teorizzazioni, nel presente scritto se ne valuta la rilevanza per quanto riguarda la diversificazione dei prodotti, giungendo alla conclusione che i consumatori, in un sistema in cui i produttori sono incerti circa le reazioni della domanda, svolgono un ruolo importante in questo processo.
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Monaci, Massimiliano. "L'innovazione sostenibile d'impresa come integrazione di responsabilitŕ e opportunitŕ sociali". STUDI ORGANIZZATIVI, n.º 2 (abril de 2013): 26–61. http://dx.doi.org/10.3280/so2012-002002.

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Resumen
Le concezioni e le prassi di responsabilitŕ sociale d'impresa (CSR, corporate social responsibility) che si sono affermate sino a tempi molto recenti riflettono prevalentemente una logica reattiva, incentrata sulla necessitŕ delle aziende di rilegittimarsi nei confronti dei loro stakeholder corrispondendo alla richiesta di riduzione e prevenzione dei costi sociali legati all'attivitŕ d'impresa (degrado ecologico, disoccupazione conseguente a ristrutturazioni, ecc.). Tuttavia l'attuale periodo, anche per le incertezze e questioni poste dalla crisi economica, rappresenta una fase singolarmente feconda per andare oltre questo approccio adattivo e raccogliere la sfida di una visione piů avanzata della dimensione sociale dell'agire d'impresa come innovazione sostenibile. Tale modello si basa sulla valorizzazione di beni, risorse ed esigenze di significato sociale ed č indirizzato alla creazione di valore integrato - economico, umano-sociale e ambientale - nel lungo termine. La caratteristica centrale di questo profilo d'impresa č la tendenza a operare in maniera socialmente proattiva, sviluppando un'attitudine a cogliere o persino anticipare le direzioni del cambiamento sociale con i suoi bisogni e problemi emergenti e facendo sě che l'integrazione di obiettivi economici e socio-ambientali nei processi strategico-produttivi si traduca in fattore di differenziazione dell'offerta di mercato e in una reale fonte di vantaggio competitivo. Nel presente lavoro si indica la praticabilitŕ di un simile modello riferendosi ai risultati di una recente indagine condotta su un campione di dieci imprese italiane, eterogenee per dimensioni, collocazione geografica, fase del ciclo di vita e settori di attivitŕ, che si estendono da comparti tradizionali (come quelli alimentare, edilizio, sanitario, dell'arredamento e della finanza) a campi di piů recente definizione e a piů elevato tasso di cambiamento tecnologico (quali l'ingegneria informatica, la comunicazione multimediale, il controllo dei processi industriali e il risanamento ambientale). La logica di azione di queste organizzazioni sembra ruotare intorno a una duplice dinamica di "valorizzazione del contesto": da un lato, l'internalizzazione nella strategia d'impresa di richieste e al contempo di risorse sociali orientate a una maggiore attenzione per l'ambiente naturale, per la qualitŕ della vita collettiva nei territori, per i diritti e lo sviluppo delle persone dentro e fuori gli ambienti di lavoro; dall'altro lato, la capacitŕ, a valle dell'attivitŕ di mercato, di produrre valore economico e profitti generando anche valore per la societŕ. Nei casi analizzati č presente la valorizzazione delle risorse ambientali, che si esprime mediante la riprogettazione di prodotti e processi e politiche di efficienza energetica di rifornimento da fonti di energia rinnovabile, raccordandosi con nuove aspettative sociali rispetto alla questione ecologica. Č coltivato il valore umano nel rapporto spesso personalizzato con i clienti e i partner di business ma anche nella vita interna d'impresa, attraverso dinamiche di ascolto e coinvolgimento che creano spazi per la soddisfazione di svariati bisogni e aspirazioni che gli individui riversano nella sfera lavorativa, aldilŕ di quelli retributivi. C'č empowerment del "capitale sociale" dentro e intorno all'organizzazione, ravvisabile specialmente quando le condotte d'impresa fanno leva su risorse relazionali e culturali del territorio e si legano a meccanismi di valorizzazione dello sviluppo locale. Troviamo inoltre il riconoscimento e la produzione di "valore etico" per il modo in cui una serie di principi morali (quali la trasparenza, il mantenimento degli impegni, il rispetto di diritti delle persone) costituiscono criteri ispiratori dell'attivitŕ di business e ne escono rafforzati come ingredienti primari del fare impresa. E c'č, naturalmente, produzione di valore competitivo, una capacitŕ di stare e avere successo nel mercato che si sostiene sull'intreccio di vari elementi. Uno di essi coincide con l'uso della leva economico-finanziaria come risorsa irrinunciabile per l'investimento in innovazione, piuttosto che in un'ottica di contenimento dei costi relativi a fattori di gestione - come la formazione - che possono anche rivelarsi non immediatamente produttivi. Altrettanto cruciali risultano una serie di componenti intangibili che, oltre alla gestione delle risorse umane, sono essenzialmente riconducibili a due aspetti. Il primo č lo sviluppo di know-how, in cui la conoscenza che confluisce nelle soluzioni di business č insieme tecnica e socio-culturale perché derivante dalla combinazione di cognizioni specializzate di settore, acquisite in virtů di una costante apertura alla sperimentazione, e insieme di mappe di riferimento e criteri di valutazione collegati alla cultura aziendale. L'altro fattore immateriale alla base del valore competitivo consiste nell'accentuato posizionamento di marchio, con la capacitŕ di fornire un'offerta di mercato caratterizzata da: a) forte specificitŕ rispetto ai concorrenti (distintivi contenuti tecnici di qualitŕ e professionalitŕ e soprattutto la corrispondenza alle esigenze dei clienti/consumatori e al loro cambiamento); b) bassa replicabilitŕ da parte di altri operatori, dovuta al fatto che le peculiaritŕ dell'offerta sono strettamente legate alla particolare "miscela" degli altri valori appena considerati (valore umano, risorse relazionali, know-how, ecc.). Ed č significativo notare come nelle imprese osservate questi tratti di marcata differenziazione siano stati prevalentemente costruiti attraverso pratiche di attenzione sociale non modellate su forme di CSR convenzionali o facilmente accessibili ad altri (p.es. quelle che si esauriscono nell'adozione di strumenti pur importanti quali il bilancio sociale e il codice etico); ciň che si tratti - per fare qualche esempio tratto dal campione - di offrire servizi sanitari di qualitŕ a tariffe accessibili, di supportare gli ex-dipendenti che avviano un'attivitŕ autonoma inserendoli nel proprio circuito di business o di promuovere politiche di sostenibilitŕ nel territorio offrendo alle aziende affiliate servizi tecnologici ad alta prestazione ambientale per l'edilizia. Le esperienze indagate confermano il ruolo di alcune condizioni dell'innovazione sostenibile d'impresa in vario modo giŕ indicate dalla ricerca piů recente: la precocitŕ e l'orientamento di lungo periodo degli investimenti in strategie di sostenibilitŕ, entrambi favoriti dal ruolo centrale ricoperto da istanze socio-ambientali nelle fasi iniziali dell'attivitŕ d'impresa; l'anticipazione, ovvero la possibilitŕ di collocarsi in una posizione di avanguardia e spesso di "conformitŕ preventiva" nei confronti di successive regolamentazioni pubbliche in grado di incidere seriamente sulle pratiche di settore; la disseminazione di consapevolezza interna, a partire dai livelli decisionali dell'organizzazione, intorno al significato per le strategie d'impresa di obiettivi e condotte operative riconducibili alla sostenibilitŕ; l'incorporamento strutturale degli strumenti e delle soluzioni di azione sostenibile nei core-processes organizzativi, dalla ricerca e sviluppo di prodotti/ servizi all'approvvigionamento, dall'infrastruttura produttiva al marketing. Inoltre, l'articolo individua e discute tre meccanismi che sembrano determinanti nei percorsi di innovazione sostenibile osservati e che presentano, per certi versi, alcuni aspetti di paradosso. Il primo č dato dalla coesistenza di una forte tradizione d'impresa, spesso orientata sin dall'inizio verso opzioni di significato sociale dai valori e dall'esperienza dell'imprenditore-fondatore, e di apertura alla novitŕ. Tale equilibrio č favorito da processi culturali di condivisione e di sviluppo interni della visione di business, da meccanismi di leadership dispersa, nonché da uno stile di apprendimento "incrementale" mediante cui le nuove esigenze e opportunitŕ proposte dalla concreta gestione d'impresa conducono all'adozione di valori e competenze integrabili con quelli tradizionali o addirittura in grado di potenziarli. In secondo luogo, si riscontra la tendenza a espandersi nel contesto, tipicamente tramite strategie di attraversamento di confini tra settori (p.es., alimentando sinergie pubblico-private) e forme di collaborazione "laterale" con gli interlocutori dell'ambiente di business e sociale; e al contempo la tendenza a includere il contesto, ricavandone stimoli e sollecitazioni, ma anche risorse e contributi, per la propria attivitŕ (p.es., nella co-progettazione dei servizi/prodotti). La terza dinamica, infine, tocca piů direttamente la gestione delle risorse umane. Le "persone dell'organizzazione" rappresentano non soltanto uno dei target destinatari delle azioni di sostenibilitŕ (nelle pratiche di selezione, formazione e sviluppo, welfare aziendale, ecc.) ma anche, piů profondamente, il veicolo fondamentale della realizzazione e del successo di tali azioni. Si tratta, cioč, di realtŕ organizzative in cui la valorizzazione delle persone muove dagli impatti sulle risorse umane, in sé cruciali in una prospettiva di sostenibilitŕ, agli impatti delle risorse umane attraverso il loro ruolo diretto e attivo nella gestione dei processi di business, nella costruzione di partnership con gli stakeholder e nei meccanismi di disseminazione interna di una cultura socialmente orientata. In tal senso, si distingue un rapporto circolare di rinforzo reciproco tra la "cittadinanza nell'impresa" e la "cittadinanza dell'impresa"; vale a dire, tra i processi interni di partecipazione/identificazione del personale nei riguardi delle prioritŕ dell'organizzazione e la capacitŕ di quest'ultima di generare valore molteplice e "condiviso" nel contesto (con i clienti, il tessuto imprenditoriale, le comunitŕ, gli interlocutori pubblici, ecc.). In conclusione, le imprese osservate appaiono innovative primariamente perché in grado di praticare la sostenibilitŕ in termini non solo di responsabilitŕ ma anche di opportunitŕ per la competitivitŕ organizzativa. Questa analisi suggerisce quindi uno sguardo piů ampio sulle implicazioni strategiche della CSR e invita a riflettere su come le questioni e i bisogni di rilievo sociale, a partire da quelli emergenti o acuiti dalla crisi economica (nel campo della salute, dei servizi alle famiglie, della salvaguardia ambientale, ecc.), possano e forse debbano oggi sempre piů situarsi al centro - e non alla periferia - del business e della prestazione di mercato delle imprese.
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Bernstein, Henry. "Alcune dinamiche di classe del lavoro rurale nel Sud del mondo". SOCIOLOGIA DEL LAVORO, n.º 128 (diciembre de 2012): 16–31. http://dx.doi.org/10.3280/sl2012-128002.

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Resumen
Questo articolo delinea e illustra un quadro teorico per indagare le dinamiche di classe rurali del capitalismo. Idee chiave di analisi in questo contesto comprendono: (i) la mercificazione delle condizioni di riproduzione del lavoro; (ii) un cambiamento sistemico dalla coltivazione all'agricoltura nel capitalismo moderno consolidatosi a partire dagli anni settanta dell'ottocento; (iii) la piccola produzione di beni agricoli per il mercato e (iv) la differenziazione dei piccoli produttori. Queste idee sono combinate in cinque tesi sul destino molto dibattuto dei contadini nel mondo moderno che generano ulteriori concetti di "capitale agrario al di lŕ della campagna", "agricoltura al di lŕ della fattoria", e "‘lavoro rurale al di lŕ della fattoria". L'articolo conclude con l'argomento che molti di coloro definiti come "contadini" o "piccoli agricoltori", in particolare nel Sud, sono meglio compresi come una componente importante delle "classi del lavoro". Questo č illustrato con dati aggregati sull'occupazione in agricoltura e la quota di popolazione rurale adulta che svolge attivitŕ agricola per conto proprio quale attivitŕ economica primaria nelle principali regioni del Sud.
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Cavaliere, Stefania. "Prospettive giuseconomiche dell'orange economy". ECONOMIA PUBBLICA, n.º 2 (junio de 2022): 273–93. http://dx.doi.org/10.3280/ep2022-002004.

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Il lavoro intende approfondire le peculiarità della Orange economy, un nuovo tipo di economia collegata alle imprese operanti nel campo della cultura, dell'arte e della creatività, che sta avendo un importante sviluppo soprattutto negli ultimi anni. Essa postula un radicale cambio di paradigma, non solo e non tanto nel modo di approcciare l'economia stessa, bensì nel modo di considerare i sistemi di produzione e consumo di beni e servizi. Il settore in oggetto, pur dimostrando una crescita sia in termini di valore aggiunto, sia in termini di occupazione, almeno in Italia, non è ancora approdato a una disciplina organica, a causa della difficoltà di inquadrare in maniera esaustiva le attività che ne fanno parte e a causa della sua multidisciplinarietà. I policy makers, tuttavia, consapevoli delle concrete possibilità di sviluppo per il Paese e del contributo alla modernizzazione del sistema produttivo, della società e dell'industria offerte dall'Orange economy hanno sentito il bisogno di mettere a disposizione di questo comparto congrui finanziamenti, soprattutto attraverso le misure del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Ciò evidenzia come questa nuova economia potrebbe trovarsi davanti a una vera e propria svolta e contribuire a realizzare quella "crescita intelligente, sostenibile e inclusiva" voluta dall'Unione europea.
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Mazali, Tatiana. "La "cultura partecipativa" di Henry Jenkins: una riflessione empirica sui siti di social network". SOCIOLOGIA DELLA COMUNICAZIONE, n.º 40 (junio de 2010): 49–66. http://dx.doi.org/10.3280/sc2009-040005.

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Resumen
I siti di social network sono spazi relazionali all'interno dei quali noi "agiamo" e "produciamo" (testi/discorsi, fotografie/ricordi, video/azioni, audio/preferenze). Il we act della dimensione performativa della vita quotidiana trova nei social networks del web uno spazio di sperimentazione e creativitŕ "produttivo-partecipativa". Il contributo dell'autrice parte dal framework della participatory culture di Henry Jenkins e inizia una riflessione originata dall'autrice all'interno del progetto PRIN "COOPERARE-Content Organization, Propagation, Evaluation and Reuse through Active Repositories", focalizzandosi sull'analisi, di tipo visuale, degli user generated contents in Flickr con specifico riferimento al dominio dei Beni Culturali italiani. L'approccio interdisciplinare, esito della collaborazione con ricercatori di area informatica, ha permesso di sperimentare nuove metodologie sia nel campionamento dei dati nel web 2.0, sia nell'analisi semiautomatica di grandi campioni di informazioni. La motivazione e la spinta che guida tale ricerca risiede nel tentativo di rintracciare dei "comportamenti" (ricorrenti o eccezionali) nella produzione di contenuti fotografici degli utenti di Flickr, attraverso un'analisi visiva di un ampio campione di contenuti fotografici. I frame teorici ai quali l'autrice si rifŕ per lo sviluppo delle ipotesi interpretative sono: le "tattiche" di Michel De Certeau, l'"habitus" di Pierre Bourdieu, le "équipe drammaturgiche" di Erving Goffman.
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Moyo, Sam. "Transizione agraria mancata e sotto-consumo in Africa". SOCIOLOGIA DEL LAVORO, n.º 128 (diciembre de 2012): 106–21. http://dx.doi.org/10.3280/sl2012-128007.

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La trasformazione agraria in Africa non č riuscita a causa di una combinazione di fattori, tra cui l'alienazione della terra che si č verificata soprattutto nell'Africa dei settler, e sta crescendo altrove, e il super-sfruttamento del lavoro agricolo nelle economie contadine dell'Africa non settler. Negli anni sessanta, l'alienazione dei terreni č stata interrotta, ma la cattiva integrazione del continente nel sistema capitalista mondiale ineguale, in particolare il sistema alimentare mondiale, č cresciuta sotto il neoliberismo dagli anni ottanta. Gli errori nelle politiche di aggiustamento si sono intensificati dopo la recente crisi finanziaria mondiale portando a un aumento di privatizzazioni e concentrazione dei terreni agricoli, anche sotto il controllo del capitale straniero. La persistenza della produzione di beni agricoli per l'esportazione ha minato la produzione alimentare per il consumo locale, mentre gli investimenti pubblici nelle tecnologie agricole sono diminuite. L'alternativa della sovranitŕ alimentare centrata su piccoli produttori autonomi richiede un intervento significativo dello stato e lo sviluppo del capitale umano, per ristrutturare il sistema alimentare e per migliorare la protezione dei consumatori e del commercio. Il caso dello Zimbabwe viene presentato come esempio di resistenza agraria al neoliberismo.
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Cherubini, Luca, Leonardo Ghezzi, Renato Panicciŕ y Stefano Rosignoli. "L'interscambio commerciale tra il mezzogiorno e il centro nord: struttura e meccanismi di propagazione degli shock". RIVISTA DI ECONOMIA E STATISTICA DEL TERRITORIO, n.º 1 (mayo de 2012): 42–86. http://dx.doi.org/10.3280/rest2012-001003.

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In questo lavoro si esaminano le interdipendenze economiche tra le diverse aree geografiche del Paese, nel periodo 1995-2006, attraverso un modello di Input- Output multiregionale. I risultati mettono in luce che la domanda di beni rivolta al Mezzogiorno produce solo in parte effetti sull'economia locale, mentre si generano significativi incrementi dell'offerta proveniente dalle altre aree geografiche e dall'estero. Per esempio, nel 2006 un aumento di 100 euro della domanda finale interna del Mezzogiorno induceva un incremento complessivo della produzione di 169 euro, di cui 97 a beneficio della produzione locale e 52 del resto dell'Italia; lo stesso aumento nel Nord-Ovest attivava una produzione totale di circa 172 euro, di cui 114 nella stessa area e circa 35 nelle altre aree del Paese. La domanda finale interna che si genera nelle singole macro-aree produce nel Mezzogiorno un saldo commerciale interregionale negativo, mentre nel Nord-Ovest genera un surplus nelle transazioni commerciali con le altre macro-aree. La dipendenza dell'economia meridionale dall'offerta del Centro-Nord non mostra variazioni di rilievo nel periodo di analisi, mentre il Nord-Est e il Centro hanno aumentato gradualmente, nel tempo, il proprio livello di integrazione produttiva e commerciale con il Nord-Ovest. La minore apertura al commercio internazionale delle regioni centrali e meridionali le rende meno vulnerabili agli shock negativi della domanda mondiale.
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Tesis sobre el tema "Beni produttivi"

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Marangi, Valentino. "Come le imprese produttrici di beni tradizionali devono usare i concorsi a premi nell'era di internet". Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amslaurea.unibo.it/8397/.

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Una delle operazioni di marketing che le imprese produttrici di beni tradizionali svolgono maggiormente online è il concorso a premi e questa tesi si pone come obiettivo quello di capire come queste ultime debbano usare una risorsa simile nell’era di internet.
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Baratta, Daniele <1985&gt. "Il valore del Design per il B2B in Industria 4.0 Design tools per le imprese produttrici di beni strumentali". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2018. http://amsdottorato.unibo.it/8504/1/Daniele_Baratta_tesi.pdf.

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Resumen
Questa ricerca verte sull’implementazione dell’Industrial Design come strumento strategico per le imprese produttrici di beni strumentali. Nonostante non esista un dibattito scientifico che indaghi questo fenomeno del design, i dati empirici derivati dall’osservazione del mercato e le esperienze di consulenza condotte nei tre anni di costruzione della ricerca, sottolineano un trend emergente. L’industrial design sta diventando essenziale per le imprese che producono macchine automatiche e macchine utensili. La disciplina del design ha largamente affrontato temi legati ai processi di design del prodotto e oggi lo sforzo dei product designer è ancora prevalente in questo senso; in più, la loro sensibilità nel gestire la fragile rete di relazioni tra tutti gli stakeholder del progetto è riconosciuta. Queste affermazioni sono sicuramente vere per il mercato consumer ma azzardate per il mercato B2B dei beni strumentali per la produzione: l’efficacia della pratica del Design nel settore specifico è stata scarsamente indagata. L’obiettivo scientifico è quello di analizzare l’inserimento della design culture nelle imprese industriali B2B, per lo più estranee a questa cultura, relazionarle a fenomeni analoghi opportunamente indagati ed isolare le similitudini che possano essere riconosciute come parametri di successo per la pratica. Infine è proposto un elenco di best practices per la trasformazione del processo innovativo dell’impresa, in modo che la ricerca d’innovazione guidata dal design possa essere trasferibile ad altre SMEs del territorio.
This research focuses on Industrial Design extension as a strategic tool for industrial equipment companies. Though there is no scientific debate concerning this Design phenomenon, the empirical data analysis and our consultancy work in the last few years, underline a rising trend. Industrial design is becoming essential to automation and machine tool companies. Design discipline has broadly faced issues concerning product design process and today product designer efforts keep going toward this direction; their sensitivity in managing the fragile network of stakeholder relationships inside a project is well known and almost essential. These statements are surely true for consumer markets but quite hasty for industrial equipments B2B markets: effectiveness of Design practice within this specific sector has been scarcely investigated. The scientific objective is to analyze the inclusion of design cultures in B2B industrial enterprises, mostly alien to this culture, comparing it with similar phenomena investigated appropriately and bring out the similarities that can be recognized as a success parameter of the asset. Ultimately is proposed a definition of a best practice for the transformation of the company's innovation process, so that the research of design driven innovation becomes transferable to other local SMEs.
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Rivalti, Giacomo. "Ottimizzazione di un sistema di tracciabilità a supporto della reliability system engineering per un produttore di beni strumentali: il caso Sacmi". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2014. http://amslaurea.unibo.it/6464/.

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Resumen
Questa tesi di laurea è stata redatta presso l’azienda Sacmi Imola S.C. ed in particolare all’interno della divisione Closures, che si occupa della progettazione e della realizzazione di linee per la produzione di varie tipologie di capsule. Lo scopo dell’elaborato è descrivere lo sviluppo di un sistema di tracciabilità di prodotto; sistemi di questo tipo, adottati inizialmente nel settore alimentare, stanno acquisendo sempre maggiore importanza anche in altri campi produttivi, poiché rivestono un ruolo strategico al fine della realizzazione di prodotti caratterizzati da livelli elevati di performance e di qualità, capaci di emergere nel mercato moderno caratterizzato da una concorrenza estesa a livello mondiale e molto attento alle esigenze dei clienti. Nel caso specifico di Sacmi il sistema di tracciabilità si rivolge ad una pressa, la CCM (Continuous Compression Moulder), realizzata dall’azienda per la produzione di capsule in materiale termoplastico tramite la tecnologia dello stampaggio a compressione. In particolare il sistema si concentra sugli stampi della macchina CCM, i quali ne rappresentano gli elementi critici dal punto di vista sia tecnico che economico. A livello generale, un sistema di tracciabilità è costituito da due componenti fondamentali: il primo è un sistema di identificazione che permetta di rendere distinguibili ed individuabili le unità da tracciare, mentre il secondo è un sistema di raccolta dati in grado di raccogliere le informazioni desiderate. Queste sono poi archiviate in un apposito database ed attribuite alle entità corrispondenti sfruttando le proprietà del sistema di identificazione. Il primo passo da compiere quando si intende sviluppare un sistema di tracciabilità all’interno di un contesto produttivo già consolidato è la ricostruzione del processo produttivo presente in azienda: si tratta di individuare tutti gli enti aziendali che concorrono al processo e che saranno interessati dall’introduzione del nuovo sistema. Una volta definiti gli attori, è necessario anche capire come questi siano collegati dai flussi di materiale e di informazioni. Il processo produttivo di Sacmi era caratterizzato dalla quasi totale assenza di un flusso strutturato di informazioni a supporto di quello di materiale, ed il sistema di tracciabilità ha provveduto a colmare proprio questa mancanza. Il sistema deve essere in grado di integrarsi perfettamente nel contesto produttivo aziendale: è necessario trovare il giusto compromesso per quanto riguarda la quantità di informazioni da raccogliere, che devono garantire una corretta copertura di tutto il processo senza però appesantirlo eccessivamente. E’ bene che la raccolta dati sia basata su procedure standard che assicurino la ripetibilità delle operazioni di prelievo delle informazioni. Come è logico immaginarsi, l’introduzione di numerose novità nell’ambito di un contesto già strutturato ha fatto emergere un certo numero di problematiche, come ad esempio difficoltà nello stoccaggio e ritardi di produzione; queste devono essere risolte chiedendo uno sforzo aggiuntivo agli enti interessati o, nel medio/lungo periodo, evolvendo ed affinando il sistema con soluzioni più snelle.
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Tilola, Diego. "Tutela dei legittimari e passaggio generazionale di beni produttivi a confronto: le soluzioni del diritto privato europeo in prospettiva storico-comparatistica". Doctoral thesis, 2021. http://hdl.handle.net/11562/1050923.

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Resumen
Muovendo dalla prospettiva del diritto privato europeo, la tesi propone un’indagine storico-comparatistica dei processi evolutivi e dei fenomeni di circolazione dei modelli giuridici ricorrenti in materia di libertà testamentaria, di tutela dei più stretti congiunti del de cuius nella successione necessaria e di efficiente organizzazione del passaggio generazionale dei beni produttivi. La ricerca intende verificare come gli interessi sottesi ai vari strumenti giuridici rilevanti siano stati valorizzati e bilanciati nei differenti contesti storici e territoriali, procedendo ad esaminare il ruolo dei diversi formanti giuridici, nonché ad individuare i fattori economici, sociali, religiosi e culturali e gli episodi di legal transplant che hanno influenzato l’evoluzione della materia negli ordinamenti considerati, identificando infine le attuali tendenze riformistiche e le possibilità di convergenza delle esperienze nazionali. La tesi procede quindi ad un’analisi comparatistica diacronica e sincronica tra Italia, Francia, Germania ed Inghilterra, relativamente alla disciplina delle tutele dei legittimari e dei principali istituti di pianificazione della successione nei beni produttivi, e segnatamente nell’impresa individuale, tra patti successori, istituti di successione anticipata e trusts. L’indagine viene completata dall’esame delle normative sovranazionali di diritto internazionale privato uniforme esistenti in materia, del relativo impatto sulle pratiche successorie transnazionali e, in definitiva, del ruolo da esse esercitato sulla trasformazione dei diritti sostanziali nazionali.
Starting from the perspective of European Private Law, the thesis provides a historical-comparative survey of the evolution and circulation of legal models concerning testamentary freedom, the protection of the deceased's closest family members by forced heirship, and the efficient organisation of the generational transfer of productive assets. The research aims to ascertain how the interests underlying the relevant legal instruments have been valued and balanced in the different historical and territorial contexts, examining the role of the various legal formants, as well as reviewing the economic, social, religious and cultural factors and the episodes of legal transplant that have influenced the evolution of the subject in the systems considered, and finally identifying the current reformist trends, which may pave the way towards the convergence of national experiences. The thesis thus presents a diachronic and synchronic comparative analysis between Italy, France, Germany, and England, in relation to the regulation of the forced heirship and the main estate planning institutions with regard to productive assets (with a focus on individual enterprises), including agreements on succession, anticipatory succession, and trusts. The survey is completed by examining the existing supranational rules of uniform private international law, their impact on transnational succession practices, and their ultimate role in transforming national substantive law.
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BOUSSOUS, Nabil. "Beni culturali e valore d’uso: conoscenza tacita, creatività e innovazione". Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251082.

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Resumen
Il lavoro di tesi indaga la definizione di bene culturale secondo una interpretazione estensiva del termine "cultura", data dalla sovrapposizione del concetto di cultura a quello di civiltà. In chiave di lettura antropologica, cultura e civiltà si presentano come sinonimi. Sicché, la nozione di beni culturali giunge a costituire un insieme aperto e suscettibile di continuo ampliamento, talché, ossequio al relativismo culturale, il concetto di cultura, meglio ingloba anche quelle pratiche ed usanze tradizionali che altre accezioni del termine lo sogliono contrapporre a "barbarie". Si è voluto così porre enfasi sulla pari meritevolezza di tutte quelle culture a lungo classificate come "altre". In altra istanza s’è colto il nesso trapelante tra il concetto di cultura e quello di conoscenza affinché l’analisi potesse essere convogliata verso l’altrettanta sua fondamentale variante tacita. L’intersezione col nuovo paradigma dell’economia della conoscenza ne ha fatto punto di riflessione e spunto di ricerca. In vero, la relazione esistente tra fruizione del beni culturali e lo sviluppo della conoscenza tacita ne ha ulteriormente suffragato l’impatto in termini di creatività e innovazione. Elementi, entrambi, necessari per l’acquisizione di un vantaggio competitivo nell’economia della globalizzazione. Successivamente, il "valore d’uso" associato alla fruizione del patrimonio culturale è stato analizzato. Dopo una sua prima scomposizione nelle due componenti, educativa ed edonistica, si è proceduto all’analisi della loro stretta interdipendenza funzionale. Il fine ultimo è stato quello di comprendere il loro contributo in termini di creatività e innovazione intese quale forma tangibile dell’espressione culturale. Si è cercato di dimostrare come la fruizione dei beni culturali, resa possibile mediante tecniche aggiornate di marketing sensoriale (o esperienziale), capaci di intercettare il mutamento dei benefici attesi dai consumatori, consente il raggiungiumento di uno stadio relativamente superiore di acculturazione tale da configurare un ricco bagaglio di conoscenza tacita. Addotta, poi, a fattore produttivo immateriale indispensabile per la creazione di prodotti place-specific forti degli attributi distintivi tradotti in termini di non replicabilità, inimitabilità e della difficile riproducibilità in altri contesti. Infine, il concetto di "Industrie Culturali e Creative" si è rivelato quello meglio atto ad inglobarne gli attributi, di modo che ci si è assunti l’onere di indagare le politiche finanziarie dell’UE all’uopo adottate in sua tutela.
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ROMAGNOLI, Valentina. "La gestione dei resi dei clienti come strumento per lo sviluppo del commercio elettronico delle aziende: il caso Santoni S.p.A". Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251107.

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Il settore del commercio elettronico è un settore in sempre più ampio e rapido sviluppo. Le motivazioni possono essere molteplici ma sono sicuramente legate al cambiamento dello stile di vita delle persone e alla possibilità di accedere all’acquisto di beni che altrimenti sarebbe stato pressoché impossibile acquistare. La disciplina riguardante questo settore è anch’essa stata elaborata mano a mano che questo settore si è evoluto, per rispondere di volta in volta alle diverse necessità che si sono presentate. La disciplina è tutt’oggi ancora in evoluzione, soprattutto a causa del fatto che in questo settore ci sono molteplici forme contrattuali che vengono utilizzate per creare accordi commerciali dei più vari tipi, e ognuno dei quali prospetta problematiche diverse. In questo lavoro si parte dalla nascita e dallo sviluppo del commercio elettronico per analizzare l’evoluzione della disciplina associata. Dopodiché si analizza il tipo di contratto posto in essere tra la Santoni S.p.A. (noto marchio di calzature di alta gamma) e la Filoblu s.rl. (società veneta che si occupa della creazione e gestione di piattaforme e-commerce) per valutarne i punti cruciali. Dopo aver analizzato in dettaglio gli aspetti sopra citati, viene illustrata la disciplina delle denunce per difetto di conformità del bene e come queste vengono gestite dalla Santoni S.p.A., per passare poi all’analisi delle denunce per difetto di conformità degli ultimi 3 anni. Questo perché, come si noterà, questo è un campo in cui le problematiche sono controverse e gran parte della gestione viene lasciata alle ditte produttrici che si trovano di volta in volta di fronte alla scelta su come gestire il caso per rendere il cliente soddisfatto del servizio. La disciplina segue i suoi sviluppi e cerca di prevenire (per quanto possibile) situazioni sgradevoli sia per il fornitore del bene che per l’acquirente. L’entusiasmo mostrato dagli acquirenti per la comodità e la facilità dell’acquisto on-line, viene molto spesso smorzato dall’impossibilità di vedere e toccare con mano il bene oggetto della transazione, creando un senso di inquietudine legata alla qualità del bene che si sta acquistando. Per questo motivo, nel momento in cui un acquirente denuncia un difetto di conformità sul bene acquistato on-line o semplicemente la sua insoddisfazione su determinati aspetti del bene (colore, calzata, forma, ecc.), si attiva un meccanismo volto a valutare la presenza o meno di un eventuale difetto sul bene e di risolverlo nel modo più soddisfacente per l’acquirente. Dopotutto per un’azienda, gestire un negozio on-line equivale ad avere una vetrina di sé stessa attiva 24 ore su 24 e visibile a chiunque abbia un accesso al mondo di internet, e per questo motivo gestire i clienti che utilizzano questo tipo di servizio significa migliorare o peggiorare, in maniera esponenziale rispetto a quanto può avvenire in un negozio fisico, l’immagine percepita da ogni singolo acquirente. C’è però da dire che, in molti casi registrati, nonostante una perizia tecnica effettuata da operai specializzati sul prodotto venduto, la poca conoscenza dei processi di produzione dei singoli clienti, mette i venditori in situazioni difficili da gestire, in quanto il cliente non riesce a capire che quello che lui percepisce come un difetto in realtà non lo è, e che quindi non è imputabile all’azienda quello che lui crede che lo sia. Generalmente in questi casi, sempre per cercare di limitare degli inevitabili danni d’immagine, si offrono al cliente soluzioni alternative come resi gratuiti, omaggi di piccoli prodotti complementari o buoni sconto su acquisti successivi, ma sarebbe sicuramente necessaria una normativa completa e definitiva, che indichi in maniera risoluta come gestire casistiche particolari che si presentano frequentemente nella fase post-vendita. Viste le innumerevoli problematiche che si riscontrano frequentemente in questo ambito, la normativa a tutt’oggi presente non risulta essere sufficientemente soddisfacente per lo scopo a cui è stata creata. Come detto precedentemente, tutto il meccanismo che viene messo in atto all’interno di ogni azienda dopo una denuncia di difetto di conformità, si innesca per risolvere il problema ed evitare un inevitabile danno d’immagine, quindi si può concludere che, nonostante la presenza di una normativa (anche se ancora in via di sviluppo), l’arma migliore che un consumatore on-line può mettere in atto e che spaventa di più i venditori è sicuramente il danno d’immagine. Una cattiva recensione su un blog, un social network, o semplicemente un racconto di una brutta esperienza derivante da un acquisto on-line, può vanificare tutti gli sforzi fatti dal venditore per raggiungere una buona percezione del proprio marchio, e innestare un meccanismo a catena che non giova all’immagine aziendale.
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Libros sobre el tema "Beni produttivi"

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Giancarlo, Falzoni, Barbiroli Giancarlo y Università di Bologna, eds. Le Professioni tecniche ed economiche nella valutazione di beni produttivi e di risorse: Atti del convegno di Bologna in onore dell'Ing. Giancarlo Falzoni, 14 settembre 1990. Milano: Giuffrè, 1991.

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Tanzi, Maurizio. Godimento del bene produttivo e impresa. Milano: Giuffré, 1998.

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Isole e terraferma nel primo cristianesimo, identità locale ed interscambi culturali, religiosi e produttivi (Conference) (2014 Cagliari, Italy; Sant'Antioco, Italy). Isole e terraferma nel primo cristianesimo: Identità locale ed interscambi culturali, religiosi e produttivi : atti XI Congresso nazionale di archeologia cristiana, Cagliari, Dipartimento di storia, beni culturali e territorio - sede della Cittadella dei Musei, Cagliari, Pontificia Facoltà teologica della Sardegna, Sant'Antioco, Sala consiliare del Comune, 23-27 settembre 2014. Cagliari: PFTS University Press, 2015.

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Gramolati, Alessio y Giovanni Mari, eds. Il lavoro dopo il Novecento: da produttori ad attori sociali. Florence: Firenze University Press, 2016. http://dx.doi.org/10.36253/978-88-6655-930-6.

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Resumen
Il volume, cui hanno collaborato ben trentaquattro studiosi ed esponenti sindacali, ha un duplice scopo: riproporre, nell’attuale fase di trasformazioni sociali e incertezze teoriche, le analisi e le tesi sul significato umano e politico del lavoro contenute nel principale libro di Bruno Trentin, La città del lavoro (II ed., Firenze University Press, 2014); e, nella convinzione che le pagine composte nel 1997 da uno dei massimi esponenti della storia della Cgil rappresentino un ‘classico’ del pensiero politico-sociale del Novecento, promuovere una riflessione che ne saggi la fecondità e attualità al fine di un approfondimento dei processi che hanno aperto il XXI secolo. Il risultato che emerge, per molti versi sorprendente, è la straordinaria ricchezza e capacità di indirizzo politico e sindacale del progetto di Trentin. MARTEDI' 17 MAGGIO Sede Nazionale della CGIL (Sala Santi)- Corso d'Italia 25 - Roma Presentazione del libro Bruno Trentin e il lavoro dopo il Novecento
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Dallari, Filippo. Vincoli espropriativi e perequazione urbanistica. Bononia University Press, 2021. http://dx.doi.org/10.30682/sg295.

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Il volume ricostruisce in un’ottica evolutiva la teoria dei vincoli urbanistici, approfondendo l’analisi dei connessi istituti della perequazione e della compensazione urbanistica. Attraverso un’organica ricostruzione dell’elaborazione dottrinale e giurisprudenziale, si è rilevato che la questione posta dalla teoria dei vincoli urbanistici – l’eccessiva discrezionalità, discriminatorietà delle scelte urbanistiche – è tuttora irrisolta: le prescrizioni urbanistiche sono ancora oggi sottoposte ad un sindacato giurisdizionale debole, è vincolo espropriativo esclusivamente la prescrizione puntiforme e l’indennità di esproprio dipende da come l’Amministrazione ha previamente qualificato il bene da espropriare. A fronte del mancato intervento statale, le regioni hanno affrontato le problematiche imposte dalla teoria dei vincoli, disciplinando autonomamente la materia: è stato ridisegnato il sistema dei piani, è stato attribuito un ruolo primario alla cd. urbanistica negoziata e sono stati introdotti istituti nuovi (perequazione e compensazione) che tuttavia mancano di un idoneo substrato dogmatico ricostruttivo. Si è quindi cercato di individuare le condizioni e i limiti di tali innovazioni normative anche alla luce della teoria dei vincoli. Sotto altro profilo si è ricercato il punto di equilibrio tra la teoria dei vincoli e l’affermazione del nuovo principio del contenimento del consumo di suolo. In questo senso il fulcro del diritto di proprietà è stato rinvenuto non più nella facoltà di costruire, bensì nella facoltà di utilizzare in modo produttivo ed economico i beni anche modificandone la destinazione. In caso di superamento di tale limite, la sanzione dovrebbe consistere nell’illegittimità della prescrizione e non nell’imposizione dell’indennizzo
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Curi, Francesca. Profili penali dello stress lavoro-correlato. Bononia University Press, 2021. http://dx.doi.org/10.30682/sg270.

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La storia del lavoro è sin dalle sue origini intrecciata con la storia della sua liberazione dalla fatica. Il modello tayloristico dell’operaio come “gorilla ammaestrato” ha ceduto il posto, a seguito di un lento processo evolutivo, a un’organizzazione produttiva nella quale, oltre alla salute, viene assicurato anche il “benessere” psico-fisico del lavoratore. In base al d.lgs. n. 81/2008, tra gli obblighi non delegabili del datore di lavoro, rientra la previsione del rischio stress lavoro-correlato. Dilatare la posizione di garanzia fino a farvi rientrare forme di “malessere” che non assurgono al rango di malattia, arrestandosi al livello di un più generico disagio, può alterare la proporzione tra offesa al bene giuridico e mezzi di difesa, con conseguente violazione di alcuni fondamentali principi di ordine costituzionale. A ciò va aggiunto il costo di una intrinseca inefficacia della formulazione punitiva applicata. In una prospettiva necessariamente de iure condendo si può quindi pensare di valorizzare la “novità” del sistema introdotta dal d.lgs. n. 231/2001. Dotata di un più penetrante effetto dissuasivo, la previsione di una responsabilità diretta della societas – secondo quanto già sperimentato nei paesi di common law – potrebbe favorire la realizzazione dei necessari adeguamenti organizzativi, volti a garantire un livello quantomeno standardizzato di benessere, salute e sicurezza sul posto di lavoro
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