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Tesis sobre el tema "Beni culturali, storia dell'arte"

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Moro, Laura <1982&gt. "La "cultura della sicurezza". La Fondazione Enzo Hruby per la protezione e sicurezza dei beni culturali". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/3354.

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La tesi parla dell’aspetto della sicurezza nella tutela dei beni culturali. Una breve introduzione di carattere generale su alcuni concetti principali come tutela, valorizzazione, natura del bene culturale e legislazione, seguita dalla descrizione dell’importante attività dei Carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale, avvia alla presentazione della Fondazione Enzo Hruby, che sin dalla sua nascita, a Milano nel 2008, ha come obiettivo la diffusione della “cultura della sicurezza”. La Fondazione, senza scopo di lucro, persegue il suo obiettivo finanziando gratuitamente progetti che riguardano la messa in sicurezza dei beni culturali: realizzazioni di impianti e sistemi di prevenzione dotati di tecnologia avanzata. In alcuni casi l’attività di protezione si è allargata a quella della valorizzazione. Fino ad oggi sono state portate a termine molte iniziative, i progetti conclusi sono più di venti e molti altri sono tuttora in esecuzione. La linea sostenuta nella tesi è che la sicurezza non deve essere qualcosa di secondario, ma deve essere considerata di primaria importanza in quanto la salvaguardia del bene culturale fa sì che possa avvenire la tutela, la fruibilità, la valorizzazione, la diffusione stessa della cultura.
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2

Zaccagnino, Selenia <1986&gt. "I beni culturali durante i conflitti armati e la loro tutela nella dottrina NATO". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2021. http://hdl.handle.net/10579/18503.

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Questa Tesi di Laurea Magistrale vuole puntare le sue riflessioni di fondo sull’evoluzione del ruolo che i ‘Beni culturali’, nella loro accezione più ampia di beni materiali ed immateriali, hanno assunto per l’umanità dalla seconda metà del XX secolo ai primi due decenni del Terzo Millennio. Se fino alla Seconda Guerra Mondiale (ma con la significativa eccezione della guerra nazista condotta contro le minoranze da eliminare),  i ‘Beni culturali’ potevano venire incidentalmente travolti, per così dire, dall’azione devastatrice di un conflitto armato, dagli anni Novanta del Novecento, nella ex-Jugoslavia prima e nelle aree del Vicino Oriente e del continente africano poi, i monumenti e le testimonianze più significative del gruppo etnico che si vorrebbe sopprimere sono diventati obiettivi strategici da eliminare dal proprio territorio storico al pari della componente umana che li ha prodotti. La sensibilità internazionale, all’indomani del Secondo Conflitto Mondiale e dei disastri da esso provocati in tale specifico settore, ha fatto sì che si individuassero e si mettessero a punto gli strumenti più efficaci per impedire una volta per tutte che si ripetesse tutto quel che era successo in Europa negli anni di quella Guerra. L’organismo naturale in cui l’intera umanità ha deciso di riconoscersi è l’ONU, ed è nell’ONU e nelle sue Istituzioni che occorre ricercare la  fonte  del Diritto nelle materie inerenti ai rapporti tra i popoli della Terra. La prima parte della Tesi è dedicata pertanto all’analisi degli strumenti giuridici che l’Organismo internazionale per eccellenza ha elaborato, tramite le sue diramazioni, in materia di protezione dei ‘Beni culturali’. La seconda parte pone l’attenzione sul caso più tragicamente esemplare verificatosi nel cuore dell’Europa, nella ex-Jugoslavia, alle porte dell’Italia, negli anni Novanta del XX secolo, quando cioè erano già stati elaborati gran parte degli strumenti giuridici che avrebbero dovuto impedire che si riverificassero quei crimini.  La terza, ed ultima, tratta un aspetto essenziale della questione, partendo proprio dalla valutazione di quanto avvenuto nella ex-Jugoslavia prima, nel Vicino Oriente e nel cuore del continente africano, nel recente passaggio delle consegne tra i due Millenni. Si tratta delle difficoltà  che incontra l’Organizzazione delle Nazioni Unite nel mettere a punto una forza di interposizione che impedisca, tra l’altro, la distruzione del Patrimonio Culturale (che è divenuta ormai la forma mediaticamente spettacolare del genocidio) e della capacità di risposta sul campo che una forza ben strutturata come la NATO ha sviluppato proprio in questi anni sul tema in questione.
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3

Bortolutti, Laura <1992&gt. "La lotta al traffico illecito di beni culturali attraverso il potenziamento del ruolo dei musei". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2021. http://hdl.handle.net/10579/19571.

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Prevenire il traffico illecito di beni culturali è una necessità fondamentale per la protezione del nostro patrimonio. Nonostante si tratti di un problema di lunga data, i livelli che il fenomeno ha raggiunto negli ultimi anni, soprattutto nelle zone colpite da conflitti armati e disastri naturali, è motivo di seria preoccupazione per la comunità internazionale. Oggi, il patrimonio culturale è costantemente a rischio: la sua distruzione, il furto, il saccheggio o il contrabbando nascono dal desiderio di ridurre in cenere la memoria collettiva e smembrare l’identità dei popoli. Il patrimonio culturale di un popolo rappresenta, infatti, la sua stessa essenza: sottrarre il patrimonio culturale di un popolo significa sottrarne anche l’identità. Attraverso la divulgazione e la sensibilizzazione sulla materia, il traffico illecito in questo campo può e deve essere fermato: a tale scopo è volto questo elaborato, il quale prenderà in esame gli strumenti attualmente disponibili per fronteggiare questa lotta, le principali organizzazioni e gli attori coinvolti –concentrandosi in particolare sul ruolo dei musei– e avanzando delle proposte da applicare in questo settore.
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Coccato, Stefania <1987&gt. "Interni veneziani trecenteschi : la cultura materiale attraverso gli inventari di beni mobili dei Procuratori di San Marco". Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2015. http://hdl.handle.net/10579/8358.

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La tesi attraverso la ricerca documentale, affronta lo studio degli interni dei palazzi veneziani del XIV secolo. Dopo la raccolta di numerosi inventari di beni mobili si procede con l'analisi comparata e la ricerca iconografica a supporto delle informazioni reperite.
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SERANDO, MANUELA. "Tecnologia e Patrimonio Culturale. Una riflessione metodologica e applicazioni pratiche legate ai Beni dell’Ateneo". Doctoral thesis, Università degli studi di Genova, 2022. https://hdl.handle.net/11567/1098134.

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The thesis presents a multidisciplinary analysis, both theoretical and practical, on the application of digital technologies to cultural heritage, in terms of study, preservation, valorization and dissemination, including, for this last aspect, a special focus on accessibility. Specific attention is given to the incredibly rich universitarian cultural heritage. The technical partnership with a digital industry permitted experimentation and implementation of a variety of different state of the art techniques, and even to develop specific purpose oriented solutions on a case by case basis. In the end a product is developed that integrates together digital techniques such as 3d reconstruction, 2d and 3d virtual restoration and digitization into a single platform that offers a possible unified model for the management, enhancement and communication of cultural heritage to the public.
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Serpieri, Maurizio. "Rilevamento fotogrammetrico digitale non convenzionale ed analisi strutturale agli elementi finiti dell'Arco d'Augusto di Rimini". Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2005. http://amslaurea.unibo.it/7394/.

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L’Arco d’Augusto di Rimini rappresenta da sempre il monumento simbolo della città; ha visto ogni periodo storico, dei quali riporta tuttora i segni in modo visibile. L’alto valore storico, culturale ed artistico che l’Arco porta con se merita di essere valorizzato, conservato e studiato. E’ stato realizzato un rilievo fotogrammetrico del monumento romano e una successiva analisi strutturale mediante la tecnica F.E.M. Il rilievo è stato eseguito con la moderna tecnica digitale non convenzionale, la quale ha permesso di comprendere quanto essa sia in grado di soddisfare le varie esigenze di rilievo nell’ambito dei Beni Culturali. Nel primo capitolo si affrontano le tematiche relative al rilievo dei Beni Culturali, si concentra poi l’attenzione sul settore della fotogrammetria digitale. Il secondo capitolo è dedicato interamente alla storia dell’Arco d’Augusto, riportando tutti i rilievi dell’Arco realizzati dal Medioevo ad oggi. Il terzo capitolo riporta la serie di restauri che l’Arco riminese ha subito nel corso dei secoli, fra cui i due grandi interventi di restauro: il primo eseguito nel 1947 dall’Ing. Rinaldi G., il secondo nel 1996-98 per opera dell’Arch. Foschi P.L. Nel quarto capitolo si parla di come la tecnica fotogrammetrica si presti molto bene all’analisi e al controllo delle deformazioni strutturali. Il capitolo cinque è dedicato al rilievo topo-fotogrammetrico dell’oggetto, affrontato in tutte le sue fasi: ricognizione preliminare,progettazione ed esecuzione delle prese. Il sesto capitolo affronta l’elaborazione dei dati mediante il software PhotoModeler Pro 5. Nel settimo capitolo si confronta il presente rilievo con l’ortofoto realizzata nel 1982 dall’Arch. Angelini R. Il capitolo otto riporta alcune informazioni al riguardo della geomorfologia della zona limitrofa all’Arco. Nell’ultimo capitolo si descrive l’impiego del software agli elementi finiti Straus7 per creare ed elaborare il modello numerico dell’Arco.
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Rosi, Martina <1993&gt. "Intelligenza Artificiale: come sta influenzando il mondo dell'arte e dei beni culturali". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2022. http://hdl.handle.net/10579/21599.

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L’Intelligenza Artificiale è, ormai, entrata a fare parte della nostra quotidianità. Negli ultimi anni ha iniziato ad essere un valido supporto anche nell’ambito dei beni culturali. Sono in corso molti studi per sperimentare le sue innumerevoli potenzialità, che, in futuro, potrebbero portare ad una semplificazione sempre più rilevante della mission del museo. Ma non solo. Da qualche anno anche gli artisti stanno iniziando ad utilizzare l’IA come mezzo per la creazione di opere d’arte, modificando radicalmente l’idea di creatività. Il mondo dell’arte sta subendo un cambiamento, il quale sta mettendo le basi per la formazione di nuove frontiere. L’elaborato analizza a che punto si è arrivati oggi con l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale nel settore dei beni culturali, guardando anche alle prospettive future che possono realizzarsi dopo aver intrapreso questa strada verso la “digitalizzazione” della cultura. La prima parte introduce il rapporto nato tra le ultime innovazioni tecnologiche e le istituzioni culturali, che negli ultimi anni ne stanno usufruendo sia per quanto riguarda la comunicazione al di fuori del museo, quindi online, sia per quella onsite. Nella parte centrale della tesi, dopo aver fatto un breve inciso su cosa sia l’intelligenza artificiale, si sottolinea come questa stia acquisendo un ruolo fondamentale per la tutela, la valorizzazione e la fruizione dei beni culturali, in vista di uno sviluppo sempre più marcato nel futuro. Vengono presi in considerazione molti progetti (alcuni ancora in via di sviluppo) che vedono l’IA protagonista nella digitalizzazione, nella conservazione, all’interno del mercato dell’arte per far fronte alle sue criticità e nella fruizione del patrimonio culturale, con studi sulla percezione della bellezza e il ruolo dei chatbot e delle guide robotiche. Infine, vengono analizzati molti artisti che usano l’IA per la creazione delle loro opere d’arte. ​
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8

Costarelli, Alessio <1990&gt. "Antonio Canova e gli Inglesi: fonti, committenza ed interrelazioni culturali". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2021. http://amsdottorato.unibo.it/9742/3/tesi_dottorato_XXXIII%20ciclo_alessio_costarelli.pdf.

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Resumen
Il rapporto di Antonio Canova con la società e la cultura inglese è da sempre considerato di fondamentale importanza, ma solo negli ultimi anni è stato oggetto di studi più approfonditi, tuttavia per lo più limitati alle vicende della committenza artistica: una riflessione che ambisse a tenere insieme le fila delle molteplici sfaccettature del tema ricostruendo ed interconnettendo tra loro gli aspetti alla base di questa relazione di mutuo arricchimento mancava ancora nella pur ricchissima bibliografia canoviana. Per poter intraprendere una simile indagine, si è preso le mosse dalla quanto mai corposa documentazione archivistica e dalle molte fonti a stampa dell'epoca, integralmente trascritte nelle quattro appendici a corredo di questo studio. Se ne sono tratti un piccolo dizionario biografico di tutte le personalità britanniche in rapporto con l'artista nell'arco della sua intera carriera ed un catalogo di oltre sessanta opere in vario modo legate alla committenza ed al collezionismo inglese. Nel saggio, invece, la disamina del tema in oggetto è stata condotta affrontandone in ciascun capitolo singoli aspetti distintivi: la committenza e la mutua influenza culturale; le relazioni politiche e diplomatiche intercorse tra Canova ed il Regno Unito attraverso la sua arte; lo straordinario favore goduto dallo scultore in terra inglese e le ragioni profonde della sua precoce sforuna critica; infine il suo rapporto con le arti figurative e letterarie britanniche, un ambito di ricerca complesso e relativamente originale per il quale si è avviata un'indagine introduttiva utile, si spera, ad impostare la ricerca per futuri approfondimenti. L'obiettivo perseguito, pertanto, è quello di gettare uno sguardo finalmente generale su di un fenomeno che, osservato nella sua interezza, può ancora spiegare moltissimo sulla figura e la carriera di Antonio Canova, personalità che appare, oggi più che mai, di statura europea.
The relationship between Antonio Canova and the British culture and society has been always judged of primary importance, but only in recent times a new interest in it has increased among scholars, producing some important essays and publications. Notwithstanding, the very rich bibliography on Antonio Canova still lacks a general reflection on such a phenomenon, a study which aims to keep in dialogue all different aspects of the matter. To engage in a research like this one, I consulted both the archival documentation, so great in number, and many edited sources of that time, all of them totally transcribed in the four appendices at the end of the thesis. Such a material permitted me to draft a little biographical dictionary of almost all the British people with whom Canova kept in touch during his entire life and a general catalogue of about 60 works of arts related to British patronage. The essay, divided in four chapters, analyses and reflects on four different aspects of the complex relationship between the sculptor and his english-speaking friends: the artistic patronage for private collectionism; the political and diplomatical role of Canova; the critical reception of his works of art in the United Kingdom before and after his death; his influence on British art and literature and vice versa. In conclusion, the final aim is to have a general, not particular look on that aspect of Canova's career which can be considered one of the most important for the developement of his art and international fame.
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Pinton, Federica <1986&gt. "studio del comportamento di film pittorici dell'arte moderna e contemporanea in ambiente indoor". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/2834.

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Lo scopo di questo lavoro di tesi è quello di indagare il comportamento di pitture , moderne e contemporanee realizzate su tela ed esposte a diverse condizioni ambientali. Numerosi studi precedenti dimostrano che parametri ambientali, quali la temperatura, l’umidità, la quantità di ozono nell’aria e la luce, giocano un ruolo molto importante nel processo di invecchiamento e di degrado delle pitture, in quanto questi fattori interagiscono con il legante e con i pigmenti costitutivi delle pitture. Per questo motivo si è deciso di prendere in esame nove tipi di pitture commerciali composte da tre tipi di legante (olio, acrilico e vinilico) e da tre diversi tipi di pigmenti di sintesi (verde ossido di cromo PG17, bianco di titanio PW6, e giallo organico PY74). Con questi nove tipi di pitture sono stati preparati degli standard pittorici e delle stesure su lastrine di vetro, da sottoporre ad analisi in laboratorio, e delle stesure monocromatiche su tela. Si è effettuata la preparazione di cinque serie di tele (ognuna composta da nove tele con le pitture sovracitate), di cui una serie è stata sottoposta ad alcuni trattamenti in laboratorio mentre le altre quattro serie di tele sono state esposte in tre diversi luoghi per indagare in che modo le diverse condizioni ambientali influiscono sulle pitture in esame. Gli ambienti in cui le tele sono state esposte sono la Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Palazzo Ca’ Pesaro di Venezia, il deposito del Museo stesso ubicato in un edificio presso il Vega (Parco Scientifico e Tecnologico di Venezia) e il laboratorio di Chimica del Restauro presso il Dipartimento DAIS Ca’Foscari. Le informazioni relative alle condizioni ambientali dei diversi luoghi sono state ottenute effettuando, nell’arco di un periodo di alcuni mesi, delle misurazioni relative ai parametri termoigrometrici (temperatura ed umidità) e delle misurazioni riguardanti la quantità di ozono e di illuminamento. Di particolare importanza è stato il controllo ambientale di alcune sale di Palazzo Ca’ Pesaro, in quanto i dati ottenuti permettono una conoscenza più approfondita delle condizioni microambientali presenti in Museo da cui trarre indicazioni sulla scelta di eventuali interventi che mirino a migliorare ulteriormente le condizioni espositive delle opere. Le stesure su lastrine di vetro, studiate attraverso diverse tecniche analitiche (spettrofotometria FTIR-ATR, TG-DSC e PY-GC-MS) per avere informazioni sulla composizione delle pitture in esame, sono state poi sottoposte ad alcuni trattamenti con ozono, temperatura elevata ed umidità. In seguito a tali trattamenti, le stesure sono state analizzate nuovamente per poter indagare eventuali cambiamenti a livello composizionale e di comportamento riconducibili agli effetti indotti dai diversi agenti degradanti. Per quanto riguarda le tele, sono state eseguite osservazioni al microscopio ottico digitale, analisi in spettrofotometria FTIR-ATR e analisi colorimetriche delle superfici pittoriche prima (allo stato iniziale) e dopo i trattamenti con umidità e temperatura elevata a cui sono state sottoposte o in seguito all’esposizione nei diversi ambienti. Dalle analisi è emerso che le stesure pittoriche esposte in condizioni particolari (elevata temperatura, alto grado igrometrico, concentrazione di ozono maggiore di quella normalmente riscontrata in ambiente museale) subiscono un certo tipo di degrado visibile ad occhio nudo e rilevato mediante le tecniche di analisi utilizzate. Per le tele esposte nel Museo e nel Deposito non sono stati individuati dei cambiamenti rilevanti dal momento che, come confermato dal controllo dei parametri ambientali, le condizioni a cui sono state sottoposte le tele non possono essere ritenute dannose, considerato anche il limitato periodo di esposizione.
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Ferraresso, Silvia <1993&gt. "Fruizione culturale e nuove tecnologie: i sistemi di catalogazione online e piattaforme culturali". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2020. http://hdl.handle.net/10579/16829.

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Il settore della cultura non è rimasto immune alla rivoluzione informatica, sono diversi gli avanzamenti tecnologici che sono stati fatti negli anni e le nuove tecnologie sono entrate a far parte della vita dei consumatori di cultura. L’elaborato intende affrontare il tema riguardante il Patrimonio culturale legato alla raccolta e archiviazione di dati attraverso le nuove tecnologie quale mezzo di comunicazione e trasmissione dei contenuti culturali. Si parlerà del sistema informativo SIGECweb approfondendo il tema della catalogazione da un punto di vista storico, legislativo e si andrà a descrivere il Catalogo Generale dei Beni culturali ma non solo. L’utilizzo di piattaforme culturali come strumenti conoscitivi per una fruizione da parte del visitatore più interattiva è un tema che negli ultimi anni è stato ampiamente trattato. Si è parlato di piattaforme come Google Arts & culture, Europeana andando ad analizzare esempi pratici. Si è anche parlato di realtà aumentata e virtuale come strumenti innovativi per la diffusione delle informazioni. Per ultimo ma non meno importante, connesso alla catalogazione online delle opere d’arte verrà posta l’attenzione nel caso studio di una piattaforma recente creata da Artbag, Archeto. Fondazioni, Gallerie e Collezionisti utilizzano come strumenti di raccolta dati e organizzazione delle proprie collezioni piattaforme e software che permettono loro di gestire le collezioni e creare piani per la programmazione delle loro attività.
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Gobbo, Giulia <1995&gt. "I rapporti culturali tra la Repubblica di Venezia e la Francia nel XVIII secolo". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2021. http://hdl.handle.net/10579/19576.

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La prima parte dell’elaborato che si intende presentare riguarda i primi decenni del XVIII secolo in cui la Francia era governata dal Reggente Philippe d’Orléans. Tale periodo storico è caratterizzato da intensi rapporti culturali tra Venezia e Parigi. In particolare, verranno trattati i principali protagonisti del tempo, i quali tramite una rete di conoscenze dirette instaureranno un dialogo proficuo e di reciproco interesse. Tra costoro vi sono Rosalba Carriera, Antonio Pellegrini, Sebastiano Ricci e Anton Maria Zanetti, Pierre Crozat e John Law. Essi sono gli esponenti culturali di spicco di queste due realtà nel diciottesimo secolo. Il resto dell’elaborato tratterà in particolare del contesto culturale di Venezia, meta di studio da parte dei pittori francesi e dell'esperienza di Jean Raoux presso questa città.
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Sirocchi, Simone <1984&gt. "Strategie culturali tra Parigi e Modena nel Grand Siècle: gli artisti francesi alla corte estense". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2016. http://amsdottorato.unibo.it/7314/1/Sirocchi_Simone_tesi.pdf.

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La tesi ricostruisce l’attività degli artisti francesi alla corte estense durante il governo di Francesco I (1629-1658) e Alfonso IV (1658-1662) e la iscrive nel più ampio quadro dei legami politici e culturali tra Parigi e Modena per illustrare il contributo francese alla definizione dell’immagine del potere ducale. Lo spoglio del carteggio diplomatico dell’abate Ercole Manzieri, residente di Francesco I a Parigi a partire dal 1650, ha permesso di documentare gli intensi traffici di ritratti, gioielli e abiti che da Parigi giunsero a Modena, attestando una cospicua influenza francese sul gusto e sul costume estense. Come Manzieri, anche Girolamo Graziani, poeta e segretario di stato, fu impegnato come ambasciatore. La tesi indaga i panegirici da lui composti in lode di Luigi XIV e ne illustra la genesi, prima di focalizzarsi su Jean Boulanger, primo pittore di corte di Francesco I. Chiarita la sua formazione e i suoi primi incarichi a corte, l’attenzione è rivolta alle sue pitture nel Palazzo Ducale di Sassuolo, privilegiando la Galleria di Bacco, di cui si definiscono l’architettura, l’allestimento e la funzione. Nell’ultima sezione la tesi ricompone la committenza ‘francese’ di Alfonso IV e si concentra sull’ultimo ciclo decorativo di Boulanger nella perduta villa ducale delle Pentetorri. Nuovi documenti hanno permesso di collocare le sale dipinte dal francese nello spazio della villa e di leggere, per la prima volta nella sua organicità, l’iconografia del ciclo. Seconda monumentale impresa di Alfonso fu la commissione delle solenni esequie in onore del padre defunto, immortalate nell’Idea di un prencipe del gesuita Domenico Gamberti (1659). Quest’opera, tra le più prestigiose imprese tipografiche del Seicento, plasma l’immagine del potere ducale anche grazie a un ricco repertorio di illustrazioni che videro il coinvolgimento di diversi artisti, anche francesi, di cui si precisano i nomi e le modalità di ingaggio.
The thesis deals with the work of French artists at the Este court during the reign of Francis I (1629-1658) and Alfonso IV (1658-1662) and the broader context of political and cultural links between Paris and Modena to illustrate the French contribution to the definition of the image of ducal power. From the study of the diplomatic correspondence of Abbot Ercole Manzieri, resident of Francesco I in Paris from 1650, it resulted that Modena was among the first courts to comply with the fashion and customs of France. The thesis investigates the panegyrics that Girolamo Graziani, secretary of state, poet and ambassador of the Este court, composed in praise of Louis XIV, before focusing on the artistic path of Jean Boulanger, who was the first court painter of Francesco I. The research first clarifies his initial formation to focus then on his paintings in the Palazzo Ducale in Sassuolo, especially on the Bacchus Gallery. In the very last section, the thesis deals with the 'French client' Alfonso IV and it focuses on the latest Boulanger decorative cycle in the lost Villa ducale of Pentetorri. Documents only partially known allowed to place the rooms painted by Boulanger in the space of the villa and to read for the first time the entire cycle iconography. Second monumental Alfonso enterprise during his short reign was the solemn commission funeral for his deceased father as immortalized in the Idea di un prencipe of the Jesuit Domenico Gamberti (1659). This work, one of the most prestigious of the seventeenth century, shapes the image of ducal power thanks to a rich repertoire of illustrations. If the original project is up to Jean Boulanger, for their engraving onto copper more French engravers were involved, whose names and modes of engagement are specified in this work as well.
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Sirocchi, Simone <1984&gt. "Strategie culturali tra Parigi e Modena nel Grand Siècle: gli artisti francesi alla corte estense". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2016. http://amsdottorato.unibo.it/7314/.

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La tesi ricostruisce l’attività degli artisti francesi alla corte estense durante il governo di Francesco I (1629-1658) e Alfonso IV (1658-1662) e la iscrive nel più ampio quadro dei legami politici e culturali tra Parigi e Modena per illustrare il contributo francese alla definizione dell’immagine del potere ducale. Lo spoglio del carteggio diplomatico dell’abate Ercole Manzieri, residente di Francesco I a Parigi a partire dal 1650, ha permesso di documentare gli intensi traffici di ritratti, gioielli e abiti che da Parigi giunsero a Modena, attestando una cospicua influenza francese sul gusto e sul costume estense. Come Manzieri, anche Girolamo Graziani, poeta e segretario di stato, fu impegnato come ambasciatore. La tesi indaga i panegirici da lui composti in lode di Luigi XIV e ne illustra la genesi, prima di focalizzarsi su Jean Boulanger, primo pittore di corte di Francesco I. Chiarita la sua formazione e i suoi primi incarichi a corte, l’attenzione è rivolta alle sue pitture nel Palazzo Ducale di Sassuolo, privilegiando la Galleria di Bacco, di cui si definiscono l’architettura, l’allestimento e la funzione. Nell’ultima sezione la tesi ricompone la committenza ‘francese’ di Alfonso IV e si concentra sull’ultimo ciclo decorativo di Boulanger nella perduta villa ducale delle Pentetorri. Nuovi documenti hanno permesso di collocare le sale dipinte dal francese nello spazio della villa e di leggere, per la prima volta nella sua organicità, l’iconografia del ciclo. Seconda monumentale impresa di Alfonso fu la commissione delle solenni esequie in onore del padre defunto, immortalate nell’Idea di un prencipe del gesuita Domenico Gamberti (1659). Quest’opera, tra le più prestigiose imprese tipografiche del Seicento, plasma l’immagine del potere ducale anche grazie a un ricco repertorio di illustrazioni che videro il coinvolgimento di diversi artisti, anche francesi, di cui si precisano i nomi e le modalità di ingaggio.
The thesis deals with the work of French artists at the Este court during the reign of Francis I (1629-1658) and Alfonso IV (1658-1662) and the broader context of political and cultural links between Paris and Modena to illustrate the French contribution to the definition of the image of ducal power. From the study of the diplomatic correspondence of Abbot Ercole Manzieri, resident of Francesco I in Paris from 1650, it resulted that Modena was among the first courts to comply with the fashion and customs of France. The thesis investigates the panegyrics that Girolamo Graziani, secretary of state, poet and ambassador of the Este court, composed in praise of Louis XIV, before focusing on the artistic path of Jean Boulanger, who was the first court painter of Francesco I. The research first clarifies his initial formation to focus then on his paintings in the Palazzo Ducale in Sassuolo, especially on the Bacchus Gallery. In the very last section, the thesis deals with the 'French client' Alfonso IV and it focuses on the latest Boulanger decorative cycle in the lost Villa ducale of Pentetorri. Documents only partially known allowed to place the rooms painted by Boulanger in the space of the villa and to read for the first time the entire cycle iconography. Second monumental Alfonso enterprise during his short reign was the solemn commission funeral for his deceased father as immortalized in the Idea di un prencipe of the Jesuit Domenico Gamberti (1659). This work, one of the most prestigious of the seventeenth century, shapes the image of ducal power thanks to a rich repertoire of illustrations. If the original project is up to Jean Boulanger, for their engraving onto copper more French engravers were involved, whose names and modes of engagement are specified in this work as well.
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MANFREDI, EMANUELA. "Elaborazione di immagini digitali: applicazioni innovative ai materiali dell'arte come guida per interventi di conservazione e restauro". Doctoral thesis, Università degli studi di Genova, 2020. http://hdl.handle.net/11567/1001405.

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Girlanda, Francesca <1990&gt. "Uno scrigno di arte e storia: la pieve di San Pietro di Tillida. Un progetto di valorizzazione del sito". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2017. http://hdl.handle.net/10579/10852.

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Il mio elaborato vuole partire dallo studio delle pievi medievali in Italia ed in particolare nella zona del basso veronese, per concentrarsi sulla storia e la descrizione della pieve di san Pietro di Tillida che si trova a Bevilacqua(VR). Oltre a descriverne l'architettura ed analizzare i suoi restauri, propongo un progetto di promozione e valorizzazione della chiesetta, al fine di renderla più visibile e conosciuta ai residenti, alle persone di passaggio ed ai potenziali turisti. Il mio progetto, realizzabile concretamente, consta di segnaletica verticale e pannelli informativi per segnalare la pieve e l'organizzazione di serate culturali e programmi ludico-formativi per le scolaresche che visiteranno Bevilacqua e le sue attrazioni culturali.
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Causin, Silvia <1990&gt. "L'antico Oriente incontra il nuovo Oriente. Rapporti e scambi culturali tra i mondi bizantino, sasanide ed islamico nella The David Collection di Copenaghen". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2017. http://hdl.handle.net/10579/10433.

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Il presente progetto di ricerca espone i risultati di uno studio inerente alcuni tra i più antichi oggetti conservati in una preziosa collezione privata di arti applicate in Copenaghen, The David Collection. A partire da un’introduzione sul fondatore del museo, Christian Ludvig David, e su considerazioni inerenti alla nascita del collezionismo islamico, viene proposto un catalogo di opere metalliche appositamente selezionate che si collocano in un periodo che va approssimativamente dal IV al XII secolo. Tra i pezzi descritti è altresì incluso un reperto che non è stato oggetto di alcuna pubblicazione e che viene quindi indagato qui per la prima volta. I materiali vedranno l’esposizione di uno studio delle tecniche inerenti alla realizzazione nei contesti sasanide, bizantino ed islamico. La tesi, infatti, ha l’obiettivo dello studio delle interazioni che vi sono state tra questi due mondi e, più nello specifico, degli apporti che quello islamico può aver operato nei confronti di quello bizantino – operando da medium per motivi che possono risalire al precedente contesto dell’arte sasanide nei suoi caratteri peculiari. Pertanto la ricerca opera su un doppio binario di lavoro che prevede un carattere innovativo per il tentativo di approccio alla materia attraverso un sentiero poco battuto.
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Boccato, Marta <1997&gt. "Marco Ricci e Francesco Zuccarelli nelle stampe di riproduzione inglesi: per una storia dei rapporti culturali tra Venezia e Inghilterra nel secolo XVIII". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2022. http://hdl.handle.net/10579/20903.

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Questo elaborato propone una riflessione riguardante l'influenza del paesaggismo veneziano sullo sviluppo di una corrente artistica autoctona in Inghilterra tra XVIII e XIX secolo, evidentemente debitrice dei modelli italiani. La diffusione di questi modelli è stata sicuramente favorita dal fenomeno dei cosiddetti "artisti itineranti", che verrà ampiamente trattato nella tesi, ma la vera protagonista di questo processo di contaminazione culturale è stata la riproduzione a stampa, che ha permesso ad un pubblico sempre più vasto di familiarizzare con il linguaggio artistico dei pittori veneziani del Settecento. A seguito di una necessaria analisi dei contesti storico-sociali e artistici sia di Venezia sia della Gran Bretagna, verranno illustrati due case studies di particolare rilevanza, ovvero la riproduzione in incisione delle opere di Marco Ricci e Francesco Zuccarelli.
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Durante, Helena <1991&gt. "La dualità delle Yokohama shashin: le fotografie souvenir come mezzo di diffusione di stereotipi culturali". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/16082.

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Le fotografie della Scuola di Yokohama, delicate e visibilmente simili alle stampe ukiyoe, si diffusero ampiamente e velocemente nell’Occidente del diciannovesimo secolo. Il loro impatto con la società europea e statunitense concorse a modellare l’idea che essi avevano del Giappone e della sua società, nutrendo una serie di stereotipi culturali e sociali. Questo elaborato cerca, quindi, di mettere in luce i possibili risvolti che le Yokohama shashin ebbero sull’universo immaginativo e culturale che gli occidentali avevano della società giapponese. Partendo da un generale resoconto del contesto storico e dell’introduzione della fotografia, si soffermerà sulle Yokohama shashin come fotografie souvenir, illustrando le condizioni del mercato, sia giapponese che occidentale, e prendendo come esempi i due esponenti più illustri, Felice Beato e Kusakabe Kinbei. Successivamente verrà sottolineato come queste fotografie venissero recepite, diffuse e riprodotte dando adito a preconcetti e errate credenze, le quali sfumarono man mano con il passare del tempo, ma rimangono latenti nell’immaginazione collettiva occidentale.
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SCHIRRIPA, MARTINA. "Giovanni da Bissone e la sua bottega. La realtà sociale delle botteghe di lapicidi lombardi a Genova e gli scambi culturali fra Lombardia, Veneto, Liguria e Toscana". Doctoral thesis, Università degli studi di Genova, 2019. http://hdl.handle.net/11567/973333.

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Fiore, Enrico Maria <1995&gt. "La glocalizzazione della musica giapponese contemporanea. Processi culturali, economici e sociali nell'Universo Giappone del XXI secolo". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2021. http://hdl.handle.net/10579/18941.

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Questo elaborato parte dalla volontà di approfondire i fattori non solo socioeconomici, ma più ampiamente umani, che si manifestano nei processi di trasmissione, ricezione e assimilazione di esperienze culturali e prodotti creativi stranieri. Il focus tematico è intorno al significato del processo di glocalizzazione della musica giapponese contemporanea, intesa come ri-assimilazione culturale di elementi globali – provenienti da ambienti esterni ad un dato sistema culturale – in specifici contesti locali. Al fine di realizzare l’obiettivo prefissato, è stato ritenuto opportuno selezionare due casi di studio su cui condurre delle indagini di tipo qualitativo. L’elaborato è composto da quattro capitoli. Il primo si prepone di definire l’oggetto in sé della ricerca, ossia la musica giapponese. Nel secondo capitolo si cerca di definire quali siano quei processi che entrano in gioco quando la musica, intesa come prodotti creativi e esperienze di consumo, varca i confini nazionali per approdare in mercati esteri. Il terzo capitolo è più propriamente volto a definire in maniera puntuale la metodologia di ricerca adottata e gli obiettivi prefissati, presentando la domanda di ricerca. Si cercherà di fare questo attraverso la presentazione di due casi di studio. Infine, il quarto capitolo chiude l’opera con l’elaborazione dei dati raccolti dalle interviste alla luce delle fonti teoriche utilizzate per costruire i primi due capitoli. Il fine ultimo è quello di trovare una propria personale risposta alla domanda di ricerca presentata, la quale verrà elaborata nelle Conclusioni.
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Ferrari, Sarah. "Le ragioni culturali del "dipingeremoderno". Paesaggio, ritratto e allegoria a Venezia negli anni di Giorgione". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2014. http://hdl.handle.net/11577/3423769.

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This research project aims to gain an in-depth analysis of Venetian Humanism giving evidence to facts, institutions and individual characters playing a significant role in relation to the development of new iconographies in Venetian painting. Particular attention has been given to Neoplatonic philosophy (the debate on the immortality of the soul); the new philology introduced by Ermolao Barbaro; the fortune of pastoral poetry (Theocritus and Sannazaro); the vernacular language (Bembo’s Asolani). Specific investigation into the art of Bellini, Giorgione and the young Titian has been undertaken, with particular attention to the representation of landscape, portrait and allegory
Il lavoro consiste in un’analisi approfondita del rinnovamento culturale e artistico che interessa Venezia tra la fine del Quattrocento e l’inizio del Cinquecento. Particolare attenzione è stata data ad alcune istanze culturali che si ritiene possano aver svolto un ruolo significativo in relazione alle novità dell’arte di Giorgione: la penetrazione della filosofia neoplatonica dentro e fuori le aule universitarie, l’importanza del dibattito intorno alla questione dell’immortalità dell’anima (la rinascita di Avicenna quale interprete della filosofia aristotelica), l’avvento di una nuova filologia promossa da Ermolao Barbaro, la fortuna della letteratura pastorale (Teocrito e l’Arcadia di Sannazaro) e il successo della lingua volgare (gli Asolani di Bembo). La tesi non intende, pertanto, perseguire uno studio monografico su Giorgione, ma proporre una lettura delle sue opere fondata su un dialogo serrato con il vivace clima intellettuale dell’epoca
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Sabbadin, Lara. "Materiali per lo studio della produzione di beni suntuari documentati nelle opere letterarie di Pietro Aretino e 'dintorni'". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2013. http://hdl.handle.net/11577/3422661.

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On the basis of the wealth of information about luxury goods and their creators already found inside Pietro Aretino’s correspondence, this research examines the vast literary production of the same author in order to verify the presence of additional data, to collect, analyze and compare them to those previously recognized. The choice of Pietro Aretino as a point of departure for the investigation stems from the fact that he was an emblematic character for his time, he was in contact with many artists, he wrote a large number of works of different genres and he is well known for his interest in luxury products. In this respect, were therefore examined the three dialogues ('Le sei giornate', 'Il ragionamento delle corti', 'Le carte parlanti'), the theater texts (five comedies, one in two versions, and a tragedy), religious works (three transpositions from the Holy Scriptures and three hagiographic writings), poetical writings. The results of this first part of the work reveal that the most significant texts, and approachable to the characteristics of the correspondence, are the dialogues and theatrical texts, for their inherent adherence to reality. The remaining works also testify Aretino’s love for precious items, though he abstracted this goods from a definite historical context placing them in a mythical past. In parallel to the analysis of Aretino’s production, other contemporary texts has been investigated to see if other authors would lay such a fine attention to objects and possibly if the information would confirm the data offered by the primary author. Other sixteenth Century works of various genres were examined: historiographical texts, treatises, dialogues, letters, poems, theater writings. Some works of authors such as Lucrezia Gonzaga, Nicolò Franco, Baldassare Castiglione, Lodovico Dolce, Alessandro Caravia, have been studied in greater depth. The information that literature has passed, to be considered reliable, must inevitably be supported by confirmation from the visual arts and archival documents from the same era: the need to compare all these testimonies comes from the fact that what is narrated in a literary work or painted in a picture can not be considered necessarily always plausible because of the freedom these spaces offer to the artist’s creativity. In this research were then selected three cases of writings by artists of the beginning, middle and end of the sixteenth Century particularly attentive to the Venetian material culture: Albrecht Dürer, Lorenzo Lotto, Cesare Vecellio. It was also carried out an analysis of the main archival sources to draw upon in order to obtain confirmation to what the literature has revealed. In particular, a series of surveys in an archive less frequented by scholars as the one of Noale podesteria, peripheral country town in which the presence of luxury could be less obvious than in Venice, has shown that the richness and aesthetic research were also widespread in small villages of the Venetian hinterland, although in a less redundant way than in the capital. A further analysis was conducted on the motivations of Pietro Aretino’s arrival in Venice, an unsolved problem for which a new hypothesis is here proposed. An integral part of this research is the bibliography, divided by areas of investigation, as an important tool for the study of luxury goods belonging to the considered period.
Sulla scorta della ricchezza di informazioni a proposito di beni suntuari e dei loro artefici già rinvenuta all’interno dell’epistolario di Pietro Aretino, questa ricerca prende in esame la vasta produzione letteraria dello stesso autore allo scopo di verificare la presenza di ulteriori dati, di raccoglierli, analizzarli e confrontarli con quanto precedentemente rilevato. La scelta di Pietro Aretino quale punto di partenza per l’indagine deriva dal fatto che egli fu un personaggio emblematico per la sua epoca, fu in contatto con numerosi artisti, scrisse un numero elevato di opere di diversi generi ed è noto il suo interesse per i prodotti di lusso. Sono stati quindi esaminati sotto questo profilo i tre dialoghi ('Le sei giornate', 'Il ragionamento delle corti', 'Le carte parlanti'), i testi per il teatro (cinque commedie, di cui una in due versioni, e una tragedia), le opere a tema religioso (tre trasposizioni dalle Sacre Scritture e tre scritti agiografici), la produzione lirica. I risultati di questa prima parte del lavoro hanno rivelato che i testi maggiormente significativi e avvicinabili alle caratteristiche dell’epistolario sono i dialoghi e le pièce teatrali, per la loro connaturata adesione alla realtà. Le restanti opere testimoniano ugualmente l’amore di Aretino per gli oggetti preziosi, pur astraendoli da un contesto storico definito e collocandoli in un passato mitico. Parallelamente all’analisi della produzione aretiniana sono stati indagati altri testi coevi, per verificare se anche altri autori ponessero una simile attenzione agli oggetti pregiati ed eventualmente se le informazioni confermassero i dati offerti dall’autore principale. Sono state quindi esaminate altre opere del XVI secolo di svariati generi: testi storiografici, trattati, dialoghi, epistolari, liriche, scritti teatrali. Alcune opere di autori come Lucrezia Gonzaga, Nicolò Franco, Baldassarre Castiglione, Lodovico Dolce, Alessandro Caravia, sono state studiate in maniera più approfondita. Le informazioni che la letteratura ha tramandato, per essere ritenute attendibili, devono inevitabilmente essere supportate dalla conferma proveniente dalle arti visive e dai documenti d’archivio della stessa epoca: la necessità di incrociare tutte queste testimonianze deriva dal fatto che ciò che viene narrato in un’opera letteraria o dipinto in un quadro non si può considerare sempre necessariamente verosimile a causa dello spazio che essi offrono alla creatività dell’artista. In questo lavoro sono quindi stati selezionati tre casi di scritti di pittori di inizio, metà e fine secolo particolarmente attenti alla cultura materiale veneziana: Albrecht Dürer, Lorenzo Lotto, Cesare Vecellio. Inoltre è stata condotta una disamina su alcune fonti archivistiche cui attingere per ottenere le conferme a quanto la letteratura ha svelato. In particolare una serie di sondaggi in un archivio poco frequentato dagli studiosi come quello della podesteria di Noale, città periferica in cui la presenza del lusso poteva essere meno scontata rispetto a Venezia, ha dimostrato che la ricchezza e la ricerca estetica erano diffuse anche nei piccoli centri dell’entroterra veneziano anche se in forme meno ridondanti rispetto alla capitale. Un ulteriore approfondimento è stato condotto sulle motivazioni dell’arrivo di Pietro Aretino a Venezia, un problema mai risolto per il quale si propone qui una nuova ipotesi. Parte integrante di questa ricerca è l’apparato bibliografico, in quanto importante materiale per lo studio dei beni suntuari dell’epoca considerata, suddiviso per aree tematiche di indagine.
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Ciarla, Roberto <1951&gt. "Interazioni culturali e tecnologiche tra Cina meridionale e Sudest asiatico continentale tra la fine del 2. millennio a.C. e l'inizio del 1. millennio a.C.: la dispersione meridionale della tecnologia del rame/bronzo". Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/3058.

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La ricerca risponde a 2 concorrenti modelli di trasferimento tecnologico e affronta il problema delle traiettorie, cronologia e implicazioni socio-culturali relative alla dispersione della tecnologia del rame/bronzo in Cina e nel Sudest asiatico continentale (SEAC). I due modelli riconoscono una trasmissione tecnologica nel SEAC da ambiti culturali esterni: il primo ricerca una trasmissione diretta (della tecnologia o dei fonditori) dalle regioni orientali dell’Asia centrale a ridosso del 2000 a.C., il secondo vede nel tardo II millennio a.C. la trasmissione dalla zona degli affioramenti minerari del medio-Yangtze e attraverso Cina sud-orientale (Lingnan). Il secondo modello non rigetta la possibilità di una seconda via attraverso le valli fluviali dello Yunnan occidentale. Le evidenze della più antica metallurgia (metà-fine III millennio a.C.) nelle province nord-occidentali e centro settentrionali della Cina, originano dall’interazione con i minatori-fonditori delle steppe e foreste centro-asiatiche. La pirotecnologia del rame e del getto in matrice subì poi un processo di localizzazione (inizi II millennio a.C.) ad opera degli agricoltori sedentari del medio-Huanghe coinvolti nel processo di crescita di sofisticate entità statali, quali Erlitou e Erligang (Henan). La localizzazione della tecnologia del rame portò innovazioni tecnologiche/ideologiche ignote alle comunità di minatori-metallurgisti centro-asiatici: getto in matrici a sezioni di vasi in lega ternaria (Cu-Sn-Pb), uso dei vasi di bronzo in riti riservati all’aristocrazia, assunzione di tali vasi tra i parafernalia del potere rituale dell’élite. Contestualmente, è stata dimostrata la continuità della tecnica centro-asiatica del getto in matrici bi-valve (BVM) per la produzione di utensili polifunzionali anche nell’ambito Erlitou-Erligang (E&E). La ricerca di materie prime utili all’esercizio del potere e all’economia dell’élite E&E è stata riconosciuta come principale variabile nell’interazione tra la società complessa del medio Huanghe e le comunità a diversi gradi di complessità sociale del medio-basso Yangtze. Questa interazione accelerò (ca. 1500 a.C.) scambi di idee e di beni tra il centro di Panlongcheng e i “procacciatori” di risorse locali e beni esotici. L’interazione avviò processi di crescita sociale e tecnologica nel medio-Yangtze e a sud di esso, con diverse risposte di adattamento sociale e politico: l’entità politica Wucheng nella valle del Ganjiang, effimeri esperimenti di aggregazione socio/territoriale nel SE. La crescita dell’élite Wucheng, assieme alla disponibilità di risorse minerarie, avrebbe attratto minatori-fonditori dalle miniere del medio Yangtze: metallurgisti da Panlongcheng nei centri dell’élite Wucheng in grado di sostenere e indirizzare la produzione di vasi rituali in stile Erligang adattato al gusto della committenza. Nei centri minori lungo il Ganjiang, minatori-fonditori avrebbero invece prodotto utensili polifunzionali. Nel SE la trasmissione della tecnologia del bronzo e/o dei minatori-fonditori, favorita da affioramenti di Cu-Sn-Pb, incontrò comunità di simile cultura (e lingua), come dimostra la distribuzione delle ceramiche a motivi geometrici. Tuttavia, le instabili élite locali, incapaci di sostenere la fusione dei vasi rituali, accolsero una produzione di più basso profilo: gli utensili fusi in BVM. Ciò risulta dalle BVM (fine II-I millennio a.C.) diversificate in stili regionali rinvenute nel SE e nel SEAC. La trasmissione della tecnologia del rame/bronzo verso il SEAC: • può essere inquadrata tra la fine del II e l’inizio del I millennio a.C., • fu favorita da processi interattivi tra elite emergenti in ambiti culturali simili, • avvenne verosimilmente attraverso la fascia costiera del Lingnan.
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Bianco, Angela <1979&gt. "Esperto in processi di valorizzazione, conservazione e gestione del patrimonio artistico culturale del "distretto" veneziano". Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2012. http://hdl.handle.net/10579/1239.

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Il presente lavoro si suddivide sostanzialmente in tre nuclei. Il primo capitolo indaga il così detto "distretto" dell'arte contemporanea veneziana e lo confronta con le più aggiornate teorie di valorizzazione del patrimonio culturale. Il secondo capitolo, definisce il nodo nevralgico della tesi e tratta il tema delle professioni museali. Il terzo nucleo, suddiviso in altrettanti capitoli, descrive i progetti realizzati: Mediatori Culturali, A.Mu.C- Archivio multimediale del contemporaneo e Art Night Venezia. Attraverso il metodo della actionresearch sono state concretamente testate alcune nuove figure professionali intese come ponte e collante tra le differenti istituzioni, sempre in funzione di una più efficace fruizione del patrimonio storico-artistico. L'esito della ricerca ha definito strategie e procedure atte a potenziare le competenze culturali e professionali di una serie di figure già dotate di un alto livello formativo ma non ancora assorbibili nello scomparto del "distretto" culturale veneziano dell'arte contemporanea, ma in prospettiva configurabili per un mercato del lavoro più ampio.
This work focuses mainly on three parts. The first chapter investigates the so called venetian “district” of contemporary art, in comparison with the most updated theories for the valorisation of the cultural heritage. The second chapter, defines the key point of the thesis and deals with the topic of the museum professions. The third part, subdivided in as many chapters, describes the projects carried out: Cultural Mediators, A.Mu.C – Multimedia Archive of Contemporary art, and Art Night Venice. Through the actionresearch method, some new professionals, intended to bridge between the different institutions, have been positively tested, aiming to a better fruition of the historical and artistic heritage. The outcome of the research has defined strategies and procedures suitable to enhance the cultural and professional expertises of highly trained subjects, who are not yet absorbable in the compartment of the venetian cultural “district” of contemporary art, but in prospect, configurable for a broader labour market.
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PASCA, V. DE. "SCAMBI CULTURALI E INTERAZIONI CON L'ORIENTE MEDITERRANEO NELLA PRODUZIONE ARTISTICA DI LUSSO LONGOBARDA IN ITALIA (SECOLI VI-VIII): IL CASO DELLE FIBULE A DISCO". Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2018. http://hdl.handle.net/2434/545753.

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Il presente lavoro individua quale ambito della ricerca lo studio archeologico e al tempo stesso storico artistico delle fibule a disco portate alla luce in età longobarda (fine VI-VIII secolo) nei territori della Penisola italiana. La volontà di tale approfondimento è nata dall'esigenza di colmare un vuoto degli studi relativo a questo specifico documento di cultura materiale che, ad oggi, era stato indagato sommariamente e con il solo fine di evidenziare la ricezione di un costume della romanitas da parte di una popolazione cosiddetta "barbarica". La terminologia con la quale si è voluto indicare tale fenomeno ha preso però le distanze dall'espressione tanto superficiale quanto generica di "acculturazione", preferendo un'indagine che individuasse in tale manifestazione un processo di "assimilazione". Il primo momento di questo studio è da individuare nella redazione del Catalogo delle fibule a disco di età longobarda (secoli VI-VIII) portate alla luce sul territorio italiano. Il testo, che supporta e completa la narrazione principale, è costituito dalla schedatura di tutte le fibule a disco che rispondono ai parametri sopraindicati; tali manufatti sono stati accostati per la prima volta e, inoltre, si è cercato di fornire la loro immagine complessiva (placca anteriore e placca posteriore), nella quasi totalità dei casi inedita. L'esame approfondito del catalogo ha consentito di individuare due tipologie di manufatti, sulle cui funzioni distinte si è fondata l'intera scrittura: la prima è costituita dai monili ascrivibili alla categoria delle fibule a disco di carattere elitario (sei in tutto) che in antico, con ogni probabilità, appartenevano a individui maschili e avevano la funzione di simboli di potere; la seconda tipologia si compone invece di manufatti portati alla luce in sepolture femminili o emersi in rinvenimenti sporadici. Questi ultimi, benché spesso realizzati in materiali di pregio, erano oggetti comuni utilizzati quali accessori di chiusura del mantello femminile secondo una consuetudine mediterranea. L'analisi della seppur limitata diffusione di tali monili di pregio in ambito longobardo ha richiesto tuttavia che ci si confrontasse in principio con la creazione del prototipo di tale manufatto durante il Basso Impero e nella prima età bizantina attraverso lo studio analitico degli esemplari giunti sino a noi; che si indagasse la duplice funzione – simbolica ed estetica – che sembrerebbe aver connotato, da subito, tali preziosi manufatti, prestando una particolare attenzione al portato simbolico e cosmologico evidenziato da alcuni documenti riconducibili alla produzione artistica della Siria romana (stele funerarie, tesserae); e, infine, che si avessero chiari alcuni fenomeni di interazione culturale tra il mondo germanico e quello proto-bizantino. Quanto emerso dalla prima parte dell'indagine ha costituito la base su cui fondare la seconda parte della ricerca, certamente la più rilevante e originale perché completamente focalizzata sullo studio dei manufatti di ambito longobardo. La duplice tipologia di fibule a disco ha inevitabilmente richiesto di modellare la ricerca su due linee: l'attenzione si è quindi rivolta anzitutto sui manufatti di carattere elitario per poi spostarsi sugli oggetti più comuni. Nel primo caso si è messo in luce come la quasi totalità delle fibule elitarie vanti una provenienza dalla Langobardia Minor e, di conseguenza, da un milieu culturale fortemente influenzato dall'Italia bizantina tanto da aver sempre ricercato una sorta di autonomia rispetto alla parte settentrionale del Regnum. L'analisi del Ducato di Benevento ha quindi permesso non solo di evidenziare alcune "consonanze bizantine" bensì anche di leggere l'attestazione di tali manufatti come attributi di potere in un'ottica autonomista rispetto alla Langobardia Maior nonché quali indizi di dialogo nei confronti dell'Italia bizantina e del suo sovrano. L'analisi storico artistica ha inoltre consentito di giungere a nuove conclusioni sia rispetto alle coordinate spaziali della produzione (es. fibula da Capua) sia per quanto riguarda le datazioni (es. fibula cosiddetta Castellani). A proposito dei manufatti più comuni, oltre ad aver ridimensionato quello che anche nei più recenti dibattiti era stato definito il "fenomeno delle fibule a disco", merito di questo lavoro è stata l'identificazione dei preziosi monili che possono essere riconducibili alla cultura artistica longobarda e di quelli che, invece, attestano un momento di passaggio e sono quindi ascrivibili alla sensibilità estetica e al linguaggio espressivo merovingio.
This study aims to investigate disc brooches brought to light in Italy (VIth-VIIIth) from an archaeological and historical artistic point of view. The will of this research must be identified in the need to fill a gap in the studies related to this specific document of material culture. To date disc brooches were investigated summarily and with the sole purpose of highlighting the reception of a costume related to the romanitas by a so-called "barbaric" population. The first step of this study has been the drafting of the Catalogo delle fibule a disco di età longobarda (secoli VI-VIII) portate alla luce sul territorio italiano. This document supports and completes the thesis work: it consists of the recording of all the disk brooches which meet the above parameters. Such artifacts have been combined for the first time and, moreover, I tried to provide their overall image (front and back plate) that was in almost all the cases unpublished. The deep analysis of the above mentioned Catalogo has allowed to identify two kind of artifacts, on whose distinct functions was founded the whole writing. The first type consists of the jewels attributable to the category of élite disc brooches (six in total): these, in the early medieval period, belonged to male individuals and were symbols of power. On the contrary, the second type of disc brooches belonged to female individuals: although made of valuable materials, they served as accessories to close the cloak according to a Mediterranean tradition. The analysis of the limited diffusion of such precious jewels in the Lombard context required that we confronted in principle with the creation of the prototype of this kind of artefact during the Late Roman Empire and in the Early Byzantine age. Then we have investigated the double function - symbolic and aesthetic - which would seem to have immediately characterized these precious artifacts, paying particular attention to the symbolic and cosmological significance highlighted by some documents referable to the artistic production of Roman Syria (funerary reliefs, tesserae). What emerged from the first part of this research constituted the basis on which to base the second part of the research, certainly the most relevant and original because it is completely focused on the exam of the Lombard objects. The dual type of disc brooches has inevitably required to model the research on two lines: the focus was therefore on the élite artifacts first and then move on the most common objects. In the first case it was highlighted that almost all the élite disc brooches have a provenance from the Langobardia Minor and, consequently, from a cultural milieu strongly influenced by Byzantine Italy. The duchy of Benevento indeed tried always to achieve a kind of autonomy from the northern part of the Regnum. The historical artistic analysis has also allowed to reach new conclusions both with respect to the spatial coordinates of the production (e.g. brooch from Capua) and with regard to the dating of most of them (e.g. the so-called Castellani brooch). About the most common artifacts, in addition to having resized what even in the most recent debates had been defined the "phenomenon of disc brooches", the merit of this work was the identification of the precious jewels that can be traced back to the Lombard artistic culture and of those that, instead, attest a moment of transition and are therefore ascribable to the Merovingian aesthetic sensibility and expressive language.
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Gherdevich, Davide. "L'analisi spaziale come strumento per la ricostruzione della viabilità medievale nel Friuli Venezia Giulia". Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2009. http://hdl.handle.net/10077/3139.

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2007/2008
La ricerca mira a dare un contributo significativo alla ricostruzione della viabilità antica, di epoca romana e soprattutto di epoca medievale. La ricostruzione della rete viaria è stata effettuata attraverso apposite applicazioni di analisi spaziale contenute nei software GIS, in particolare è stata utilizzata la Cost Surface Analysis e la Line of Sight. Spesso la ricostruzione della rete viaria e resa alquanto difficile, sopratutto in territori che sono stati soggetti a bonifiche , culture intensive o a dissesti idrogeologici, in queste zone il dato archeologico è spesso mancante o parziale, ed è in questi casi che la tecnologia GIS, e più precisamente l'analisi spaziale, può aiutare a ricostruire il tracciato viario e fornire nuovi dati che possono essere usati per ulteriori analisi o per confutare e consolidare delle tesi o delle ipotesi. Le elaborazioni spaziali sono tecniche di simulazione finalizzate a classificare, rappresentare e interpretare il paesaggio archeologico, in micro o macro scala, sulla base delle relazioni spaziali e diacroniche che intercorrono fra elementi antropici, naturali, ambientali e, in parte, secondo fattori socio politici. L’analisi spaziale fa misurazioni e ha l’obiettivo di definire un quadro di riferimento all’interno del quale realizzare osservazioni. In particolare il cost surface analysis calcola l'energia consumata da un individuo che si sposta da un punto ad un altro; questo tipo di analisi ci consente non solo di valutare le percorrenze, ma anche ricostruire le strade ed i percorsi di un paesaggio antico. L’altra analisi che abbiamo effettuato e la line of sight o anche Viewshed analysis; calcola il campo visuale umano sulla base delle caratteristiche morfologiche ed ambientali del territorio, e le relazioni spaziali tra i siti all'interno del paesaggio. Le zone da me prese in considerazione per effettuare le prime analisi sono il territorio tra Gemona, Ragogna e Spilinbergo e la provincia di Trieste. Nel primo caso, dopo una prima fase di raccolta dei dati, la nostra attenzione si è concentrata sul tentativo di ricostruire la viabilità di epoca romana e medievale nella zona di trovare il possibile punto di guado sul fiume Tagliamento ed infine verificare se i castelli avessero o meno il controllo sulla rete viaria e sul guado. Per dare una risposta a queste domande abbiamo effettuato prevalentemente due tipi di analisi: il cost surface analysis e il line of sight. Come secondo caso di studio abbiamo analizzato la viabilità, soprattutto di epoca medievale, che attraversava una particolare zona della provincia triestina: la Val Rosandra. Ci siamo riproposti di ricostruire la viabilità nella zona e di confrontarla con i dati storici ed archeologici ed inoltre di verificare se vi era la possibilità di una viabilità principale che attraversasse la valle. Infine abbiamo confrontato i risultati ottenuti con la cartografia storica ed in particolare il rilievo cartografico Giuseppino di fine ‘700. In un ultima fase abbiamo controllato numerose foto aeree, concentrandoci sulla zona comprese tra Osoppo e san Daniele, alla ricerca di possibili anomalie collegabili alla viabilità. I voli visionati sono diversi:volo GAI 1954, Volo IGM 1971, volo R.A.F. 1976 a bassa quota e ad alta quota, volo E.N.E.L. 1976, volo CGR 1986, volo CGR 1998. Una prima analisi ci ha permesso di rilevare diverse possibili anomalie nella zona ad est di Osoppo, a sud di Ragogna e presso san Daniele.
XXI Ciclo
1977
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DEL, MONTE DIANA. "MOMENTI DI TEATRO PERFORMATIVO TRA ITALIA E STATI UNITI: ROBERT WILSON, MOTUS, PUNCHDRUNK". Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2017. http://hdl.handle.net/10280/18933.

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Una performance teatrale è un meccanismo complesso che viaggia attraverso molte variabili. L'approccio della lettura dell'evento performativo come nodo d'incontro e scambio di diversi agenti e aspetti è stato inoltre presentato dall'International Federation for Theater Research (IFTR) nella pubblicazione Theatrical Events. Borders, Dynamics, Frames. La tesi dottorale, in accordo con tale lettura, presenta tre case-study: Motus, Punchdrunk e Robert Wilson. I tre esempi sono qui analizzati nella loro totalità di opere d'arte, fenomeni culturali e meccanismi organizzativi, evidenziandone peculiarità, similitudini e differenze. Di ognuno sono stati valutati il processo creativo, le strategie di produzione, la relazione con la stampa e/o i mezzi di diffusione, le collaborazioni con la comunità artistica, la relazione con il pubblico. La ricerca è stata portata avanti coordinando diverse metodologie: la preferenza è stata data alle fonti primarie e al lavoro di campo nell'area di New York - interviste, fotografie, raccolta di dati e materiale iconografico. Sono stati poi consultati gli archivi della New York Public Library for the Performing Arts, della Byrd Hoffmann Foundation e del The Watermill Center. Il secondo capitolo si avvale inoltre della preziosa collaborazione sul campo dei ricercatori del gruppo ISPOCC (Initiative for the Study and Practice of Organized Creativity and Culture) della Columbia University Business School
A performance is a dynamic system that involves many variables. The importance of theatre performances as aesthetic-communicative encounters of a wide range of agents and aspects has also been stressed by IFTR, through the working group "Theatrical events" and its publication Theatrical Events. Borders, Dynamics, Frames. In accordance with the IFTR approach, the dissertation presents three case-study: Motus, Punchdrunk and Robert Wilson. The three international artists and companies are studied here as a crossroad of interactions among art, marketing, and social context, tracing similarities and differences in their theatrical productions. Specifically, the research analyzed four theatrical events: Sleep No More by Punchdrunk, Syrma Antigones project by Motus, The Discovery Watermill Day and The Old Woman by Robert Wilson. The essay is the result of a combined archive and fieldwork research based in New York. The archival materials is from New York Public Library for the Performing Arts, Byrd Hoffman Foundation, The Watermill Center, Motus theater company's archive, while the fieldwork collected visual materials such as pictures, sketches, videos as well as interviews and artists notes during the events. Part of the Sleep No More's fieldwork is in collaboration with ISPOCC (Initiative for the Study and Practice of Organized Creativity and Culture) at Columbia University Business School.
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DEL, MONTE DIANA. "MOMENTI DI TEATRO PERFORMATIVO TRA ITALIA E STATI UNITI: ROBERT WILSON, MOTUS, PUNCHDRUNK". Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2017. http://hdl.handle.net/10280/18933.

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Una performance teatrale è un meccanismo complesso che viaggia attraverso molte variabili. L'approccio della lettura dell'evento performativo come nodo d'incontro e scambio di diversi agenti e aspetti è stato inoltre presentato dall'International Federation for Theater Research (IFTR) nella pubblicazione Theatrical Events. Borders, Dynamics, Frames. La tesi dottorale, in accordo con tale lettura, presenta tre case-study: Motus, Punchdrunk e Robert Wilson. I tre esempi sono qui analizzati nella loro totalità di opere d'arte, fenomeni culturali e meccanismi organizzativi, evidenziandone peculiarità, similitudini e differenze. Di ognuno sono stati valutati il processo creativo, le strategie di produzione, la relazione con la stampa e/o i mezzi di diffusione, le collaborazioni con la comunità artistica, la relazione con il pubblico. La ricerca è stata portata avanti coordinando diverse metodologie: la preferenza è stata data alle fonti primarie e al lavoro di campo nell'area di New York - interviste, fotografie, raccolta di dati e materiale iconografico. Sono stati poi consultati gli archivi della New York Public Library for the Performing Arts, della Byrd Hoffmann Foundation e del The Watermill Center. Il secondo capitolo si avvale inoltre della preziosa collaborazione sul campo dei ricercatori del gruppo ISPOCC (Initiative for the Study and Practice of Organized Creativity and Culture) della Columbia University Business School
A performance is a dynamic system that involves many variables. The importance of theatre performances as aesthetic-communicative encounters of a wide range of agents and aspects has also been stressed by IFTR, through the working group "Theatrical events" and its publication Theatrical Events. Borders, Dynamics, Frames. In accordance with the IFTR approach, the dissertation presents three case-study: Motus, Punchdrunk and Robert Wilson. The three international artists and companies are studied here as a crossroad of interactions among art, marketing, and social context, tracing similarities and differences in their theatrical productions. Specifically, the research analyzed four theatrical events: Sleep No More by Punchdrunk, Syrma Antigones project by Motus, The Discovery Watermill Day and The Old Woman by Robert Wilson. The essay is the result of a combined archive and fieldwork research based in New York. The archival materials is from New York Public Library for the Performing Arts, Byrd Hoffman Foundation, The Watermill Center, Motus theater company's archive, while the fieldwork collected visual materials such as pictures, sketches, videos as well as interviews and artists notes during the events. Part of the Sleep No More's fieldwork is in collaboration with ISPOCC (Initiative for the Study and Practice of Organized Creativity and Culture) at Columbia University Business School.
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LEGE', ALICE SILVIA. "LES CAHEN D'ANVERS EN FRANCE ET EN ITALIE. DEMEURES ET CHOIX CULTURELS D'UNE LIGNÉE D'ENTREPRENEURS (I CAHEN D'ANVERS IN FRANCIA E IN ITALIA. DIMORE E SCELTE CULTURALI DI UNA DINASTIA DI IMPRENDITORI)". Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2020. http://hdl.handle.net/2434/726976.

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Founding member of a banking network related to the actual BNP Paribas Group, Meyer Joseph Cahen (1804-1881), adopted the “d’Anvers” when he settled in Paris in 1849. Born in Bonn, of an Ashkenazi family, he made his fortune in the Belgian city to which he associated his name, and he continued his career in France. Owner of Nainville’s castle (Essonne) and of the Petit Hôtel de Villars (Paris), he became a naturalized French citizen in 1865. The next year, he obtained the title of Count, bestowed upon him by the King of Italy Victor-Emmanuel II, thanks to the economic support he offered to the Italian Unification. Nineteen years later, King Humbert I surpassed his predecessor and raised Meyer Joseph’s eldest son, Édouard (1832-1894), to the status of Marquis of Torre Alfina. If his siblings – Emma (1833-1901), Louis (1837-1922), Raphaël (1841-1900) and Albert (1846-1903) – enrooted their pathways in the French capital, the eldest lived between Florence, Naples and Rome: he was one of the great investors involved in the urban renovation of the Italian capital, after the fall of the papacy. In France, as well as in Italy, art, and especially architecture, served to legitimize the recent nobility of a family that wished to express the fullness of its civil rights. As targets of the anti-Semitic press, the Cahen d’Anvers family experienced the consequences of the Dreyfus Affair and the horrors of the racial laws. Before the latter, they adopted what could be defined as a “top-down model of integration”. This thesis focuses on its mechanisms and development. After tracing the patriarch’s origins, it analyses the family’s matrimonial policies and it continues with an exploration of Cahen d’Anvers’ “choices” in the vast field of culture. In their salons, the readers will meet Guy de Maupassant, Paul Bourget, Marcel Proust and Gabriele D’Annunzio, as well as Auguste Renoir and Léon Bonnat. Twelve mansions offered a perfect stage for these intellectual gatherings. As a public manifestation of the family’s economic and social power, the historicist eclecticism of these properties aimed to represent the owners as a new phalanx of the old nobility. While Forge-Philippe’s manor (Wallonia), Gérardmer’s chalet (Vosges) and Villa della Selva (Umbria) expressed a certain openness to the twentieth century novelties, the three residences rented by the family (Hôtel du Plessis-Bellière, Paris; Palazzo Núñez-Torlonia, Rome; Château de la Jonchère, Yvelines) and the two properties of Meyer Joseph, as well as Rue de Bassano’s mansion (Paris) or the castles of Champs (Seine-et-Marne), Bergeries (Essonne) and Torre Alfina (Latium) dressed up their nineteenth century spaces with Ancien Régime motifs. Thanks to their historical knowledge and taste, the architects Destailleur, Giuseppe Partini and Eugène Ricard, as well as the landscapers Henri and Achille Duchêne, were able to bend the Middle Age, the Renaissance and the 18th century’s “grammars” to their patrons’ taste and ambitions.
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Giorio, Maria Beatrice. "Gli scultori italiani e la Francia. Influenze e modelli francesi nella prima metà del Novecento". Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2012. http://hdl.handle.net/10077/7419.

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2010/2011
Lo studio ha analizzato la presenza degli scultori italiani a Parigi dall'inizio del XX secolo alla fine degli anni Trenta, con l'obiettivo di ricostruire un capitolo importante della storia degli scambi artistici in Francia. Ci siamo serviti del metodo storico-filologico che è stato applicato agli scritti critici e alla stampa d'epoca. Per quel che riguarda l'inizio del secolo, abbiamo rilevato una partecipazione italiana considerevole ai principali eventi espositivi della capitale come i Salons ufficiali; il successo commerciale e di pubblico aveva consentito loro di ottenere un certo spazio tra gli artisti alla moda più conosciuti. Nel corso degli anni Venti abbiamo notato un numero meno significativo di scultori, interpretando questo fatto alla luce della situazione storica italiana, sottomessa a importanti cambiamenti, successivi all'ascesa del regime fascista. Gli italiani che si trovavano ancora in Francia in seguito alla Prima Guerra Mondiale non si inserivano pertanto all'interno delle ricerche artistiche italiane, dal momento che sostenevano degli indirizzi estetici ormai sorpassati. L'ultima parte del nostro studio si è concentrata sullo sviluppo del nuovo linguaggio artistico della penisola italiana, diffuso ormai anche all'estero. Gli scultori italiani potevano partecipare di conseguenza all'attività espositiva di Parigi, e mostrare il volto di una plastica finalmente cosciente delle proprie potenzialità. La Francia da parte sua acccoglieva di buon grado questo tipo di sperimentazioni al fine di creare un rapporto di amicizia duraturo con la nazione confinante.
This study has analyzed the presence of Italian sculptors in Paris from the beginning of the 20th Century to the end of the third decade, with the aim of reconstructing an important chapter of the history of artistic exchanges between Italy and France. We have favored an historical-philological method, based on critical publications and old French and Italian press. Concerning the beginning of the century, we have remarked a considerable participation of Italians in the main expositions in the French capital, such as official Salons; critical and market success allowed them to get a main role in the crew of the most popular artists. During the twenties, we have noted a less considerable participation of Italian sculptors; we have interpreted it in relation to historical context of fascist Italy, where the government was trying to develop a national cultural program. The Italian artists in France, after the First World War, didn't share the new Italian artistic orientation; they went on with outdated aesthetic choices. The last part of our research was interested in the development of the new Italian artistic language, finally known out of Italy. The Italian sculptors consequently could take part in arts activity in Paris, showing the face of a new sculpture, finally aware of its potentialities. France gave these experimentations a good welcome in the aim of constituting a longtime friendship with the Italian country.
Cet étude a analysé la présence des sculpteurs italiens à Paris du début du XX siècle à la fin des années Trente, afin de reconstituer un chapitre important de l'histoire des échanges artistiques en France. Nous nous sommes servis d'une méthode historique et philologique, qui a bien été appliquée aux écrits critiques et à la presse de l'époque. Pour ce qui concerne le début du siècle, nous avons remarqué une participation considérable de la part des italiens aux principaux événements expositifs de la capitale comme les Salons officiels; le succès de public et commercial leur avait permis d'obtenir une place parmi les artistes à la mode les plus connus. Pendant les années Vingt, nous avons constaté un nombre moins significatif de sculpteurs; nous avons lu ce fait en nous rapportant à la situation historique italienne, qui en ce temps subissait des importants changements dus à l'ascension du régime fasciste. Les italiens qui étaient encore présents en France après la Guerre ne s'inséraient guère dans le cadre des nouvelles recherches artistiques italiennes, ils poursuivaient, au contraire, des orientations esthétiques plutôt dépassées. La dernière partie de notre étude s'est intéressée à l'essor du nouveau langage artistique de la péninsule italienne qui pendant les années Trente se répandit enfin même à l'étranger. Les sculpteurs italiens pouvaient donc participer activement à la vie expositive parisienne, tout en montrant le visage d'une plastique qui avait enfin pris conscience de ses potentialités. La France de sa part accueillait volontiers ces expérimentations, dans le but d'instituer une relation d'amitié durable avec le pays voisin.
XXIV Ciclo
1982
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CARDONE, JASON. "LA VALORIZZAZIONE DEL BENE STORICO ARTISTICO ED ARCHITETTONICO ITALIANO TRAMITE LE NUOVE TECNOLOGIE: DUE CASI STUDIO". Doctoral thesis, 2017. http://hdl.handle.net/11562/958162.

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La mia ricerca è incentrata sulle formulazioni e le giustificazioni delle metodologie stabilite per la realizzazione di un modello virtuale e interattivo mirante a valorizzare il bene storico-artistico e architettonico. L'indagine si sviluppa sulla base di uno status quaestionis riguardante le visite virtuali nel contesto museale. Essa espone le procedure e le operazioni che, nell’insieme, hanno permesso la realizzazione del modello e del contenuto scientifico e storico-artistico fruibile tramite lo stesso. Il mio lavoro abbraccia inoltre la ricerca storico-artistica per la produzione di contenuto documentaristico fruibile tramite tale modello digitale.
My dissertation focuses on how the experience of understanding of artistic and architectural patrimony (beni culturali) can be enriched through their diffusion via new technologies. The research has taken form as a set of case studies where criteria were established leading to the choice of two significant Italian examples Renaissance buildings, each with interiors that contain accompanying ensembles of paintings integrated into the physical space where they are present. I describe the development of evaluation processes that lead to the use of different technologies and to collaborations with a wide spectrum of experts consulted in order to bring the case studies to an advanced level of applicability. This technological research was accompanied by studies in the development of content reflecting the art-historical character of the subjects involved. The methodologies of these two aspects, technological and art historical, combine in our final results, embodying the theory to practice nature of Digital Humanities as a contemporary field of study.
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ROSSI, Sandra. "Un nuovo concetto di valorizzazione: i risultati della diagnostica a Venezia nelle opere di Giorgione, Sebastiano del Piombo e Tiziano". Doctoral thesis, 2014. http://hdl.handle.net/11562/687160.

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La ricerca prende in considerazione il materiale diagnostico relativo alla pittura di Giorgione, Sebastiano del Piombo e Tiziano esistente negli archivi della Soprintendenza speciale per il patrimonio storico artistico ed etnoantropologico e per il polo museale della città di Venezia e dei comuni della Gronda lagunare e lo integra, con un approccio interdisciplinare, alla documentazione archivistica e bibliografica utile a ricostruire le vicende conservative delle singole opere. Individua quindi un nuovo strumento di valorizzazione delle informazioni acquisite sui materiali e sulle tecniche pittoriche, SICaR (Sistema Informatico per la Catalogazione dei cantieri di Restauro del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo), dimostrandone la validità sia per l’approfondimento delle conoscenze storico-artistiche sia per la comunicazione museale. Il nuovo modello proposto per l’organizzazione e la condivisione in rete dei dati scientifici permette di entrare oggi nel vivo dei singoli cantieri di lavoro degli artisti di epoche precedenti: si è pertanto in grado di ricostruire passaggi operativi altrimenti sconosciuti e di individuare i legami tra opere attualmente conservate in luoghi diversi, ma prodotte nel medesimo contesto culturale. Nello specifico della pittura veneziana del Cinquecento, infine, viene documentato grazie alla nuova gestione delle informazioni scientifiche il largo utilizzo di modelli, pratica diffusa anche nelle botteghe del secolo precedente, la cui elaborazione continua ora direttamente sul supporto, cosicché i “pentimenti” rivelati dalle indagini diagnostiche costituiscono a tutti gli effetti una tappa nel processo creativo dell’opera.
The research deals with the diagnostic materials coming from Giorgione, Sebastiano del Piombo and Titian paintings collected in the archives of the Superintendency of Fine Arts and State Museums of Venice and the adoption of an interdisciplinary approach to the existing bibliographic and archive materials and documentation enriches and enhances the conservation history of each work of art. Furthermore the research individuates in SICaR (Sistema Informatico per la Catalogazione dei cantieri di Restauro, Italian Ministry of Culture) a new instrument for understanding and promoting the information acquired on painting materials and techniques and demonstrates its importance both for new insights into the history of art and for museum communication. The proposal of a new model to organise and share scientific data directly online, allows a kind of participant observation in the workshops of the artists of the past: we can detect stages of the work otherwise unknown and highlight connections between paintings created in the same cultural context which are now in different museums. Thanks to the new organisation of scientific data, the widespread use of models in the Venetian painting of the XVI Century is proved, as it was during the XV Century. Models are elaborated directly on the support, so that the painter’s “pentimenti” shown by the diagnostic analyses disclose the various steps in the creation of the work of art.
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ACCORNERO, Chiara. "Pietro Liberi: dalle avventure di spada alle lusinghe dell'accademia. Percorsi culturali e di committemza". Doctoral thesis, 2011. http://hdl.handle.net/11562/349251.

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La ricerca si propone di tracciare una “biografia culturale”, oltre che artistica, di Pietro Liberi, analizzando attraverso le opere alcuni ambiti di committenza e specifici spaccati contestuali.
The research aims to draw a "cultural biography", in addiction to the artistic one, of Pietro Liberi, analyzing, through his works, some areas of commitment and specific contextual descriptions.
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SORRENTINO, VINCENZO. "Tra Firenze, Roma e Napoli: committenze artistiche e mediazioni culturali dei del Riccio dal '500 al '600". Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/2158/1121300.

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La presente tesi ha come oggetto privilegiato di studio la famiglia del Riccio, mercanti fiorentini a Roma e a Napoli, tra la metà del Cinquecento e i primi anni del Seicento. La ricchezza dell’Archivio Naldini del Riccio di Firenze ne ha permesso uno studio sistematico ed approfondito, basato, principalmente, su materiale documentario inedito. Le vicende dei del Riccio Baldi sono prese in esame dalla fine del Quattrocento, quando alcuni di loro si trasferirono a Firenze da Tavarnelle, fino alla metà del Seicento, quando, cioè, potrà dirsi compiuta la loro trasformazione da mercanti in cortigiani. L’interruzione della narrazione si spiegherà con il radicamento in città dei membri della famiglia, non con la sua estinzione, avvenuta nel 1772. Dopo un capitolo introduttivo, sarà illustrata la personalità di Luigi del Riccio, cruciale per la costruzione dell’identità dell’intero “clan”. Impiegato presso il banco romano degli Strozzi, agente del duca Cosimo nel 1540, egli fu anche e soprattutto amico di Michelangelo, che gli disegnò la sepoltura di suo nipote, “Cecchino” Bracci. Resosi conto dell’uso identitario e del prestigio dell’amicizia con l’artista e della fiera rivendicazione di repubblicanesimo che l’esposizione di una copia michelangiolesca rappresentava, egli commissionò a Nanni di Baccio Bigio una copia della Pietà vaticana per la cappella di famiglia in Santo Spirito. Alla morte di Luigi, suo fratello Antonio, completò la cappella fiorentina, tentando, al contempo, di vendere alcune colonne di porfido a Cosimo I, così da assicurarsene il favore. In questi anni, avvenne il passaggio da una posizione di ambiguità nei confronti del neonato ducato ad una sua più convinta e –soprattutto- necessaria accettazione. Emulando la famiglia Olivieri, con la quale erano imparentati, alcuni del Riccio, cugini di Luigi, erano presenti anche a Napoli nel secondo Cinquecento. Tra il sesto e il settimo decennio del secolo, infatti, la comunità fiorentina locale fondò una nuova chiesa “nazionale” anche grazie al contributo dei fratelli Guglielmo e Pierantonio di Giulio, che dotarono una propria cappella e acquisirono poi alcune case. La commissione al pittore senese Marco Pino per la pala d’altare della loro cappella napoletana mostrava chiaramente l’uso che s’intendeva fare dell’amicizia con Michelangelo. Fu probabilmente il rientro a Firenze di Guglielmo a riattivare il desiderio di manifestare la trascorsa amicizia. Dal 1568 in poi, le attenzioni di “visibilità” di Guglielmo si spostarono, quindi, su di una cappella fiorentina che sarebbe stata decorata nel 1579 con una copia del Cristo della Minerva, realizzata da Taddeo Landini. Il passaggio dal ‘500 al ‘600 segnò anche, almeno per alcuni del Riccio, quello da mercanti a patrizi. Se già Guglielmo aveva acquistato, nel 1575, un piccolo feudo nel vice-regno, solo il figlio Francesco sviluppò le nuove prerogative nobiliari, attraverso commissioni e acquisti artistici mirati. Suo cugino Luigi, d’altra parte, fu l’ultimo a risiedere con una certa continuità a Napoli. Qui, nel 1596, commissionò una lastra terragna a Giovanni Antonio Dosio, mentre, rientrato a Firenze, trasferì la casa familiare in un palazzo in via Tornabuoni. Alcuni dei suoi figli, Francesco Maria e Giulio, risiedettero poi a Roma e il primogenito fu anche impiegato presso la famiglia Barberini, un’esperienza determinante per le ultime commissioni prese in esame. In generale, però, già dal rientro a Firenze di Luigi, commissioni e acquisti artistici si erano fatti meno originali e ne era scaturita una certa omologazione al gusto del patriziato fiorentino. Nell’epilogo, si tratteggerà la storia della famiglia nella sua fase finale. Le due generazioni di del Riccio vissute tra Sei e Settecento riuscirono a raggiungere importanti riconoscimenti da parte dei Granduchi, tuttavia, quando nel 1772 morì Leonardo Maria, ultimo del suo ramo, la sua eredità passò ai Naldini, figli di sua sorella Caterina. Nell’Appendice A, infine, alcune tracce documentarie assicureranno, almeno dal tardo Seicento, la permanenza nella collezione del Riccio della “piccola Madonna Cowper” di Raffaello, oggi alla National Gallery of Art di Washington D.C.
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BALDESTEIN, CHIARA. "La scrittura autografa degli artisti italiani nella Roma del Quattrocento". Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11573/1204900.

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Individuazione e analisi di un corpus di documenti di mano autografa di artisti, artifex, italiani che hanno vissuto a Roma durante il XV secolo, con lo scopo di dimostrare come uno studio antropologico della scrittura sia non solo possibile ma anche estremamente produttivo.
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ZARZYCKI, JAKUB. "Italiani immaginati. Studium nad polską ikonosferą w latach 1861-1914 – malarstwo, grafika artystyczna, czasopisma ilustrowane". Doctoral thesis, 2019. http://hdl.handle.net/11573/1335662.

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Riassunto Italiani immaginati. Studio sull'iconosfera polacca 1861-1914 – pittura, grafica artistica, riviste illustrate Obiettivo del presente lavoro è quello di descrivere l'immagine degli italiani nell'iconosfera polacca negli anni 1861-1914. Nell’ambito di queste ricerche l’attenzione è stata rivolta principalmente a tre aspetti fondamentali, di cui il primo riguarda “l'orizzonte della storia dell'arte” o “ricerca sulla visualità/iconosfera”. Grazie all’ausilio delle metodologie della storia dell’arte e della “ricerca della visualità”, è stato possibile effettuare un’interpretazione dei temi, delle convenzioni, delle immagini nonché dei motivi ricorrenti legati all’iconosfera di quel periodo. Nel complesso sono state prese in esame circa duecentocinquanta opere attinte da diverse esperienze artistiche come la pittura, la grafica ed anche le illustrazioni di riviste. La maggior parte di tali opere non era stata ancora analizzata o risultava ancora poco nota in passato. In secondo luogo sono stati approfonditi i rapporti fra l'iconosfera e la produzione letteraria negli anni compresi tra il 1861 e il 1914. Tali lavori – si tratta principalmente di quadri e illustrazioni – sono stati accostati alle opinioni diffuse in quel tempo sugli italiani. Di ciò si trova riscontro nella produzione letteraria del periodo in analisi. Questo è il cardine da cui scaturisce l’intera riflessione scientifica del lavoro in oggetto. Sono stati cruciali lo studio e la descrizione delle opere frutto dell’iconosfera, in quanto esse incarnavano i principi della percezione della nazionalità italiana nell’Ottocento, noti, del resto, anche attraverso i testi letterari e paraletterari. E’ dunque all’interno di queste coordinate che il “discorso italiano”, creato a metà tra letteratura e iconosfera, è stato oggetto di interpretazione. Nel complesso sono state analizzate circa cento fonti tratte dal periodo storico di riferimento, da brevi comunicati stampa ad opere edite in più volumi. In terzo luogo si è cercato di determinare in quale misura i suddetti punti rientrino nella nota questione dell’“Italianismo”. Quest’ultimo, infatti, definito come elemento distintivo della cultura italiana o anche come realtà italiana con particolare riguardo all’aspetto culturale, attraverso i suoi effetti, esercita una certa influenza sull’artista. Sebbene a sua volta l’artista lo rielabori nelle sue opere, quei tratti distintivi di origine italiana restano ben visibili e facilmente rintracciabili. Tale processo di rielaborazione avviene in maniera più o meno consapevole e, di conseguenza, più o meno deliberata. Tutti questi temi di indagine sono stati ricongiunti ad un unico potente filo conduttore: ossia quello dell'immagologia. Le riflessioni sugli italiani sono state dunque effettuate attraverso la determinazione di come venivano di fatto percepiti, ossia in base all’immagine che si aveva di loro. A tal proposito è stata altresì esaminata la loro interazione in qualità di “diverso” nella cultura polacca. La prima sezione della tesi di dottorato è costituita dall'introduzione, in cui vengono citati i materiali di prova (circa duecentocinquanta elementi), stato della ricerca (nelle indagini avviate sia in Polonia sia all’estero, come gli studi inglesi e tedeschi), presentazione dei concetti chiave e relativa giustificazione della selezione dei singoli metodi di ricerca. E’ stata altresì effettuata un'analisi del testo di S. Mieroszewski “Dall'Italia”. La sezione successiva è dedicata allo studio di un caso sul lavoro di Julian Fałat (“Bozzetti da Roma”). Si tratta dell’analisi di un’opera unica arricchita dalla delineazione del sistema concettuale dal quale deriva la percezione culturale degli italiani nel periodo dal 1861 al 1914 nell’ambito del viaggio in Italia. In questa analisi l’attenzione è stata rivolta non solo alle opere di Fałat realizzate in Italia, ma anche alla sua corrispondenza e ai suoi diari. Tali fonti sono state trattate come esempio del “tipico viaggio in Italia” intrapreso da ogni artista polacco in quel tempo, ma anche come punto di riferimento da cui far emergere gli stereotipi dell’epoca sugli italiani. A tal proposito, sono state indicate sia le tradizioni di ricerca sia le limitazioni derivanti dall’uso di talune metodologie. Sono stati elencati i concetti chiave del lavoro di indagine, come “italianismo” e “immagologia” ed è stato chiarito anche come tali concetti si leghino a questioni di discorso e iconosfera. La seconda parte del lavoro, la più pregnante, è divisa in otto capitoli. E’ il risultato dell’elaborazione di una rete concettuale e di ricerca. Tali capitoli sviluppano le tre questioni precedentemente menzionate. Ciascuna delle opere citate viene analizzata alla luce delle proprie peculiarità, tradizioni di ricerca, stato dell’indagine ed eventuali lacune da colmare. Ognuno di questi capitoli termina con le implicazioni logiche derivanti dall’indagine. All'inizio viene delineata la questione dei materiali visivi, in particolare quelli delle illustrazioni tratte dalle riviste polacche, legati alla rappresentazione teatrale oppure all’opera. Tali rappresentazioni prediligono l’Italia come luogo d’azione. Ne sono esempi “Gioconda” (A. Ponchielli), “Muete di Portici” (D. Auber) e “Beatryks Cenci” (J. Słowacki). In larga misura predominano motivi romantici e modelli di genere. Successivamente viene esposta la questione dell’immagine degli artisti italiani del Rinascimento, come Michelangelo Buonarroti, Rafael Santi, Giovanni Pergolesi e Niccolò Paganini, presenti nella pittura polacca. Non se ne contano molti ed erano pubblicati soprattutto dalla stampa polacca in occasione degli anniversari legati a questi personaggi. Cionondimeno compaiono prove di popolarità e conoscenza di questi artisti italiani nella cultura polacca. Inoltre, il materiale di ricerca contiene anche diversi dipinti di pittori come F. Krudowski, L. Kurell ed E. Okuń. In queste opere gli artisti italiani sono raffigurati in accordo con le leggende note sulle loro vite. Il capitolo successivo è dedicato alle illustrazioni di “Romeo e Giulietta” (K. Mirecki, P. Szyndler) nonche’ del “Mercante di Venezia” (F. Tegazzo e A. Gierymski) che sono state pubblicate dalla stampa polacca. Queste scene erano chiaramente percepite come italiane anche perché presentavano scorci di Verona o Venezia. Particolarmente popolare era proprio la "scena del balcone". L’indagine è stata dedicata anche alle illustrazioni della “Divina Commedia”. Nell'iconosfera polacca non se ne rintracciano molte, tuttavia quelle disponibili rivelano una profonda conoscenza del testo da parte degli autori, come M. Kotarbiński, S. Wyczałowski, J. Męcina-Krzesz e F. Żmurko. La figura di Dante assume un ruolo cruciale: viene sempre rappresentato come eroe della narrazione. Inoltre, questi dipinti sono stati confrontati anche con le riproduzioni delle opere provenienti dall’estero pubblicate dalla stampa polacca. Successivamente è stata affrontata la singolare questione dei "veneziani antichi", cioè delle opere sulla cultura e sulla storia di Venezia. All'inizio è stato discusso il problema dello storicismo e del “renaissansismus” ossia due concetti chiave necessari all’ulteriore descrizione del materiale di ricerca. Le parti seguenti sono state corredate di immagini note. Uno dei capitoli è stato dedicato al lavoro di Aleksander Gierymski intitolato “Davanti al Palazzo Ducale”, profondamente ispirato alla pittura di Vittore Carpaccio. A quanto pare, il lavoro di Gierymski si rivela essere uno studio sulle origini della potenza di Venezia nel periodo postmedievale. A seguire sono stati descritti i dipinti polacchi ispirati a Piero Della Francesca (F. Bryk e F. Żmurko). Mostrano, prima di tutto, riferimenti formali. Il presente lavoro prende in esame anche le illustrazioni per la stampa. Una sezione a se’ e’ dedicata alla rappresentazione di musicisti veneziani oppure al motivo del “fare musica insieme” (A. Gierymski e W. Kotarbiński). A quanto pare, erano questi la giusta chiave per la percezione della storia di Venezia. E’ stata effettuata anche l'analisi del dramma, precedentemente non descritto, di Kazimierz Zalewski, “Marco Foscarini” e le illustrazioni dedicate a questa opera (F. Tegazzo). Sono state pubblicate su “Tygodnik Illustrowany” e testimoniano una conoscenza generale di Venezia nella cultura polacca. Un’attenzione particolare è stata rivolta al motivo della “morte a Venezia” e alla sua “leggenda nera” nonché ad un quadro di Maria Maddalena Andrzejkowicz-Buttowt dedicato agli umanisti della capitale. Nei capitoli successivi è stata sollevata la questione della presenza nell’iconosfera polacca degli italiani vissuti negli anni compresi tra 1861 e 1914. La quantità delle fonti a disposizione è significativa, pertanto la scelta dei materiali considerati è stata meticolosa nel tentativo di presentare l’immagine degli italiani. Si è inteso presentare la misura in cui da una parte tali immagini hanno contribuito a creare lo stereotipo dell’italiano, mentre dall’altra erano una mera copia. È stato altresì affrontato il problema degli italiani come “tipi” sia nella pittura che nelle illustrazioni per la stampa. Ciò è stato effettuato principalmente sull'esempio di una discussione avvenuta sulla stampa (W. Gerson, E. Lubowski) sull'immagine di “Praczki su Anacapri” di Zdzisław Suchodolski, sono state anche riportate quelle che erano le aspettative in relazione a tali dipinti. A quanto pare, lo stereotipo degli italiani come discendenti degli antichi greci o romani era saldamente radicato. In seguito, è stata analizzata la questione delle ciociare, ossia modelle italiane assai frequenti a quel tempo nella pittura polacca. Questi esempi sono stati comparati a quelli italiani al fine di osservare come l’immagine venisse di volta in volta plasmata in base alle attitudini artistiche. Nel caso di opere di artisti italiani l’immagine ha un carattere più simbolico, mentre nel caso delle opere polacche il focus è principalmente sull’aspetto pittoresco del costume. Nel lavoro di ricerca segue la questione legata al ruolo delle italiane coinvolte come modelle presso l’Accademia di Belle Arti a Monaco di Baviera. Questo motivo diviene più popolare con l'emigrazione delle italiane verso altre città europee dopo il 1861. Questo tipo di lavoro, ossia il ritratto dell’italiana vestita in abito da ciociara col caratteristico copricapo, è diventato il più diffuso nell'iconosfera polacca. Ciò è dovuto alle pratiche dell'Accademia di Monaco. E’ stato anche approfondito l’aspetto dei motivi legati all’Italia che scomparvero dopo il 1861, ossia quelli dei lazzaroni e dei pifferari. Appartenevano a tipici motivi pittoreschi ma nel corso del tempo furono accantonati dall'iconosfera polacca. Il capitolo successivo riguarda la rappresentazione visiva delle scene di genere i cui eroi sono italiani. La maggior parte di questi lavori mette in luce i “tipi italiani” situati nella “scena italiana”, pertanto si è deciso di analizzarli in relazione al tipo di spazio, privato e pubblico. “Un gioco di mora” di A. Gierymski viene trattato come lavoro singolare, in quanto fuori da questi schemi. E’ stata rivolta l’attenzione anche alla rappresentazione dei contatti tra italiani e turisti nell’Ottocento. Una sezione a parte è rappresentata dai dipinti raffiguranti la religiosità italiana nelle opere di autori come H. Siemiradzki, P. Szyndler, K. Miller e M. Trzebiński. Questi capolavori esaltano la religiosità italiana come elemento di genere e della vita quotidiana. In larga misura, tuttavia, si tratta di “tipi italiani” situati nello scenario che è lo spazio della chiesa. Un altro motivo degno di nota è quello della donna italiana in preghiera. Al fine di contestualizzare le opere, questi lavori sono stati corredati dalle descrizioni contemporanee delle pratiche religiose dell’epoca, in taluni casi diverse da quelle polacche. La terza parte del lavoro lascia spazio ad osservazioni generali, conclusioni e vari postulati di ricerca. In primo luogo la storia e il mito dell'Italia si sono rivelati più stimolanti per gli artisti, a differenza della realtà italiana degli anni 1861-1914. In sostanza, gli argomenti legati alla storia d'Italia sono più interessanti, ad esempio, dei “tipi” maggiormente diffusi. In secondo luogo tutti i temi italiani hanno riscosso un grande successo presso il pubblico polacco per tutto il periodo in analisi. Sono apparsi durante le mostre, talvolta sono stati decritti nelle recensioni, sono apparsi inoltre sotto forma di illustrazioni sulle riviste. Sono stati sempre accolti con interesse, nonostante gli intensi soggiorni in Italia e le opere realizzate durante questi viaggi. Le rappresentazioni degli italiani, raffigurati in queste opere, erano percepite come vere. Nell'iconosfera polacca di questo periodo compaiono più frequentemente le immagini di donne italiane. Ciò dipende dal fatto che valesse la pena dipingerle in quanto venivano percepite come modelle meravigliose e contraddistinte da una bellezza esotica diversa dai canoni della donna polacca. Questa tematica si rivela alquanto intrigante, anche se a volte ha portato alla creazione di stereotipi insani, sia da parte di pittori che di scrittori che analizzano opere ispirate a donne italiane. I postulati di ricerca più rilevanti comprendono la necessità di ulteriori ricerche sul dantismo. Non si tratta solo dell’illustrazione della “Divina Commedia”, ma soprattutto della ricerca delle opere profondamente ispirate dal testo del Vate. Inoltre, val la pena esaminare la pittura veneziana rinascimentale e la sua influenza sulla cultura polacca del XIX secolo. In dissertazione è stata anche inserita la bibliografia, la documentazione in polacco, italiano, inglese, tedesco e francese, la lista nonché’ la raccolta contenente più di duecento illustrazioni.
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TARTARI, MARIA. "The role of artistic and cultural practices in uneven urban development processes: a reasoning on a few different forms that power relationships between the agents of urban renewal and the local communities can take in processes mediated by cultural and artistic practices within the public sphere and the urban context". Doctoral thesis, 2019. http://hdl.handle.net/10808/28283.

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Resumen
The present research work is aimed at facing a debate that embraces the realms of sociology, geography and cultural studies. It builds upon the gathering of three distinct papers which common purpose is to investigate how art and cultural practices, operating through social phenomena, relate to wider systems of power in contemporary cities. Each of the three papers specifically focuses on a different form that power relationships between the agents of urban renewal and the local communities can take in processes mediated by cultural and artistic practices within the public sphere and the urban context. The conceptual framework underpinning the orientation of my research draws principally upon both the new urban sociology literature, along with the theories of Henri Lefebvre's right to the city, and the theories of some neo-Marxist thinkers, such as those of David Harvey, Peter Marcuse and Sharon Zukin. Developing from the theories based on these lines of thoughts, I here aim to analyze the debate about the art-led gentrification, reasoning about the role the creative class has played in the main long-established theories of gentrification, looking respectively at culture and capital as key drivers, and on the extent to which it is organically integrated in the gentrification processes. I also aim to contextualize the consequences of these processes in terms of social costs, dwelling on two case studies. In the first article, “Two versions of heterotopia: the role of art practices in participative urban renewal processes” I put forward a new conceptual frame, built on the comparison between two notions of heterotopia as theoretical alternatives for the reading of cities as social and participatory spaces, exploring the implications of the interaction of artistic practices with the urban space. Within this analysis, Foucault’s notion of heterotopia turns out to be potentially conducive to top-down planning processes and to gentrification, while Lefebvre’s notion is instead better suited to participatory practices as strategies of reactivation of the right to the city. In the second article, “Gentrification as space domestication. The High Line Art case”, I interpret the gentrification process as a strategy of public space domestication in the context of culture-driven urban regeneration. As a role model of this theoretical construction, I refer to a full-blown case of gentrification taking place in the area of West Chelsea in New York, focusing on its main public art project, the High Line Art, and on its specific involvement to art-driven space domestication processes. I critically question the responsibility artists have towards the environment’s identity and social bonds in which they operate once the art-led re-shaping of public space means turning it into a narratively orchestrated context of individualized consumerist entertainment. The last article finds its foundation in the gentrification without displacement debate: “The loss of place identity: when gentrification perpetuates cultural and economic misappropriation. The NoLo district case” analyses an Italian case of gentrification in its peculiar context. I here aim to assess how hegemonic models of culture-led urban development, with its commodification of public spaces and social amenities in terms of trade, meeting places and aesthetic landscape, can lead to a harmful change in social meanings at odds of local community’s identity and consistency.
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