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Cavazzuti, F., R. Nardi y C. D'Anastasio. "Implicazioni etiche nel trattamento farmacologico dell'anziano". Medicina e Morale 43, n.º 4 (31 de agosto de 1994): 637–65. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1994.1006.

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Resumen
In età senile la prescrizione di un trattamento farmacologico implica numerosi problemi etici poiché la patologia iatrogenica da farmaci assume maggiore importanza e gravità rispetto alle età precedenti. Un eccesso di medicamenti espone l'anziano ad una più elevata percentuale di effetti collaterali e sono frequenti in età senile l'autoprescrizione di medicamenti e la scarsa adesione al trattamento farmacologico instaurato dal medico. Gli Autori ribadiscono alcuni principi etici nella prescrizione di farmaci a pazienti anziani per indurre, nel rispetto della persona, minimi rischi con il massimo di benefici. E' necessario abituarsi ad una corretta anamnesi farmacologica, circoscrivere l'obiettivo terapeutico principale, non prescrivere più farmaci di quanto il soggetto possa tollerare. E' anche indispensabile semplificare lo schema di trattamento e fornire tutte le informazioni possibili al paziente ed ai familiari per migliorare l'adesione alla terapia prescritta. Occorre infine controllare la comparsa di eventuali effetti collaterali, tenendo presente che l'anziano è sempre un soggetto ad alto rischio di patologia iatrogenica da farmaci e di inadeguata compliance al trattamento. Nella "cura globale" del paziente in età senile l'obiettivo principale è di recuperare il massimo dell'autonomia consentita e di mantenerla il più a lungo possibile. Ciò significa non soltanto una terapia farmacologica, ma anche la prescrizione di interventi riabilitativi, di attività motoria, di attività occupazionali e socializzanti. L'età avanzata e molto avanzata non è mai un ostacolo ad un trattamento farmacologico, ma occorrono più prudenza, maggiori controlli e verifiche ed una nuova cultura meno medicalizzante. Gli Autori elencano i criteri utili per migliorare l'adesione alla terapia con farmaci, i possibili livelli di responsabilit del medico nell'indurre i rischi di una patologia da medicamenti in età senile e le ipotesi di soluzione dei problemi etici connessi. Presenza di patologia multipla non significa sempre poliprescrizione. I farmaci vanno limitati alle patologie emergenti, creando delle priorità di trattamento per problemi clinici, riducendo i dosaggi ed evitando medicamenti di non comprovata utilità ed efficacia.
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Vezzoli, Giuseppe, Lorenza Macrina y Teresa Arcidiacono. "Citocromi P450 ed interazione tra i farmaci". Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 26, n.º 4 (27 de noviembre de 2014): 359–60. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2014.939.

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Resumen
Il citocromo P450 è una famiglia di enzimi coinvolti nel matabolismo di diversi farmaci. Attraverso di essi si verificano fenomeni di interazione che possono fare insorgere tossicità farmacologica oppure ridurre l'efficacia terapeutica dei medicinali. I farmaci antiepilettici, come la carbamazepina, attivano l'espressione del citocromo P450 CYP24A1 e possono perciò causare deficit di vitamina D accelerando il catabolismo dei suoi metaboliti attivi. Altri farmaci possono modificare l'attività di altri enzimi della citocromo P450. Tra questi l'omeprazolo inibisce CYP3A4 e attraverso di esso aumenta l'attività dei calcio antagonisti, delle statine, della ciclosporina e del tacrolimo. All'opposto la carbamazepina aumenta l'attività di CYP3A4. I nefrologi che spesso prescrivono terapie complesse devono perciò aver presente queste interazioni farmacologiche.
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Longo, Flavia y Giovanni Mansueto. "Anastrozolo: Attività Anti-aromatasica Intracellulare ed Interazioni Farmacologiche". Tumori Journal 85, n.º 6 (noviembre de 1999): A19—A25. http://dx.doi.org/10.1177/030089169908500626.

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Cazzato, Luciano, Claudia Citarella, Margherita Casanova, Angela Tullo, Maria Luigia Iaculli y Vincenza D’Onghia. "La granulocitoaferesi". Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 25, n.º 4_suppl (23 de julio de 2013): S23—S26. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2013.1085.

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Rettocolite Ulcerosa e Morbo di Crohn, note come Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali, sono largamente diffuse nei paesi occidentali. L'eziologia è multifattoriale e comprende una predisposizione genetica e squilibri immunologici del tratto digerente che attivano il processo flogistico della parete intestinale. La terapia delle Malattie Infiammatorie Intestinali comprende amino salicilati, cortisonici, immunosoppressori, ciclosporina e agenti biologici, farmaci gravati da una grave tossicità a lungo termine e da fenomeni di resistenza. Dal momento che granulociti e monociti attivati, insieme a citochine proinflammatorie e alla deregolazione dell'attività dei linfociti T regolatori (T®), hanno un ruolo cruciale nell'infiammazione cronica intestinale, l'aferesi selettiva dei monociti e dei granulociti, una tecnica che rimuove i leucociti attivati dal sangue in regime di circolazione extracorporea, potrebbe rappresentare un presidio terapeutico sicuro ed efficace. Vari studi multicentrici sull'efficacia terapeutica della granulocitoaferesi hanno dimostrato che questa rappresenta un'opzione sicura per i pazienti resistenti alla terapia farmacologica oppure un trattamento ben tollerato in associazione con protocolli terapeutici tradizionali, capace di indurre periodi di remissione clinica prolungati e una significativa riduzione dell'assunzione di cortisonici. Ulteriori studi sono necessari per definire meglio la frequenza del trattamento, i volumi ematici da processare, la migliore terapia farmacologica da associare alla granulocitoaferesi e la sua efficacia in altre patologie autoimmuni.
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Venneri, F., A. Pinna y B. Tosi. "Risk management in sanità - il problema degli errori". Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 22, n.º 3 (24 de enero de 2018): 9–10. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2010.1221.

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Il caso sottoposto ad analisi sistemica utilizzando lo strumento audit clinico gestione del rischio ha riguardato la caduta accidentale di un paziente. La caduta rappresenta un evento sentinella, cioè un evento che ha una soglia di allarme elevato rappresentando un indicatore di rischio elevato. Lo strumento utilizzato dal facilitatore è stato l'audit clinico e l'antefatto con cui i partecipanti hanno potuto discutere ed evidenziare le criticità è rappresentato dalla scheda FMEA (Failure Modes and Effects Analysis) dove viene riportata la descrizione degli accadimenti in maniera sequenziale e cronologica. Il facilitatore inizia la discussione con il metodo del brainstorming e richiede a ognuno dei partecipanti di evidenziare le criticità in termini di fallimenti attivi e fattori latenti. Successivamente a questa fase, il facilitatore continua la discussione focalizzando l'attenzione dei partecipanti sulle azioni correttive e le proposte di miglioramento. Alla fine della discussione verrà redatto un alert report che riassume le criticità accadute e le soluzioni di miglioramento proposte al fine di elaborare un piano di attività ordinato e cronologico da seguire. Nel programma di miglioramento verranno evidenziati anche gli indicatori per misurare e monitorare il percorso delle azioni correttive al fine di assicurare la progressione degli eventi. La finalità sia dello strumento che del metodo è quella di porre intorno a un tavolo i professionisti e farli discutere sull'evento senza focalizzare la loro attenzione sulle responsabilità. Il caso in esame ha evidenziato sia criticità nella prescrizione e somministrazione della terapia farmacologia nonché un livello di sorveglianza non sufficientemente idoneo a prevenire l'evento. Le azioni correttive verranno inviate al nucleo centrale di gestione del rischio clinico che dovrà assicurare la condivisione delle azioni di miglioramento.
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Marchetti, Paolo, Domenico A. P. Gallà, Grazia Cifone, Enrico Ricevuto y Corrado Ficorella. "Meccanismo D'Azione E Farmacologia Di Nuovi Composti Organometallici Attivi Nel Trattamento Del Carcinoma Del Colon-Retto". Tumori Journal 86, n.º 3_suppl1 (mayo de 2000): S6—S8. http://dx.doi.org/10.1177/03008916000863s103.

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Di Lullo, A. M., M. Scorza, F. Amato, M. Comegna, V. Raia, L. Maiuri, G. Ilardi, E. Cantone, G. Castaldo y M. Iengo. "An “ex vivo model” contributing to the diagnosis and evaluation of new drugs in cystic fibrosis". Acta Otorhinolaryngologica Italica 37, n.º 3 (junio de 2017): 207–13. http://dx.doi.org/10.14639/0392-100x-1328.

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Resumen
La fibrosi cistica (FC) è una malattia autosomica recessiva causata da mutazioni nel gene CFTR (Cystic Fibrosis Transmembrane conductance Regulator). Finora sono state descritte circa 2000 mutazioni, ma per la maggior parte di esse è difficile definirne l’effetto senza complesse procedure in vitro. Abbiamo effettuato il campionamento (mediante brushing), la cultura e l’analisi di cellule epiteliali nasali umane (HNEC) utilizzando una serie di tecniche che possono aiutare a testare l’effetto delle mutazioni CFTR. Abbiamo eseguito 50 brushing da pazienti FC e controlli, e in 45 casi si è ottenuta una coltura positiva. Utilizzando cellule in coltura: i) abbiamo dimostrato l’espressione ampiamente eterogenea del CFTR nei pazienti e nei controlli; ii) abbiamo definito l’effetto di splicing di una mutazione sul gene CFTR; iii) abbiamo valutato l’attività di gating di CFTR in pazienti portatori di differenti mutazioni; iv) abbiamo dimostrato che il butirrato migliora in modo significativo l’espressione di CFTR. I dati provenienti dal nostro studio sperimentale dimostrano che l’uso del modello ex-vivo di cellule epiteliali nasali è un importante e valido strumento di ricerca e di diagnosi nella studio della FC e può anche essere mirato alla sperimentazione ed alla verifica di nuovi farmaci. In definitiva, in base ai nostri dati è possibile esprimere le seguenti conclusioni: 1) il prelievo delle cellule epiteliali nasali mediante brushing è applicabile senza alcuna anestesia ed è ben tollerato da tutti i pazienti affetti da FC (bambini e adulti), è scarsamente invasivo e facilmente ripetibile, è anche in grado di ottenere una sufficiente quantità di HNECs rappresentative, ben conservate, idonee allo studio della funzionalità di CFTR; 2) la conservazione delle cellule prelevate è possibile fino a 48 ore prima che si provveda all’allestimento della coltura e ciò permette di avviare studi multicentrici con prelievi in ogni sede e quindi di ottenere una ampia numerosità campionaria; 3) la coltura di cellule epiteliali nasali può essere considerata un modello adatto a studiare l’effetto molecolare di nuove mutazioni del gene CFTR e/o mutazioni specifiche di pazienti “carriers” dal significato incerto; 4) il modello ex-vivo delle HNECs consente inoltre di valutare, prima dell’impiego nell’uomo, l’effetto di farmaci (potenziatori e/o correttori) sulle cellule di pazienti portatori di mutazioni specifiche di CFTR; tali farmaci possono modulare l’espressione genica del canale CFTR aprendo così nuove frontiere terapeutiche e migliori prospettive di vita per pazienti affetti da una patologia cronica come la Fibrosi Cistica; 5) la metodologia da noi istituita risulta essere idonea alla misura quantitativa, mediante fluorescenza, dell’attività di gating del canale CFTR presente nelle membrane delle cellule epiteliali nasali prelevate da pazienti portatori di differenti genotipi; in tal modo è possibile individuare: a) pazienti FC portatori di 2 mutazioni gravi con un’attività < 10% (in rapporto ai controlli -100%), b) soggetti FC portatori contemporaneamente di una mutazione grave e di una lieve con un’attività tra 10-30%, c) i cosiddetti portatori “carriers”- eterozigoti - con un’attività tra 40-70%. In conclusione la possibilità di misurare l’attività del canale CFTR in HNECs fornisce un importante contributo alla diagnosi di FC, mediante individuazione di un “cut-off diagnostico”, ed anche alla previsione della gravità fenotipica della malattia; quindi quanto rilevabile dalla misura del suddetto canale permette di prospettare per il futuro la possibilità di valutare meglio i pazienti per i quali il test del sudore ha dato risultati ambigui (borderline o negativi). La metodica da noi sperimentata consente anche di monitorare i pazienti durante il trattamento farmacologico, valutando in tal modo i reali effetti delle nuove terapie.
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Masola, V., S. Granata, M. Proglio, G. Gambaro, A. Lupo y G. Zaza. "Eparanasi: un nuovo biomarker di fibrosi e un potenziale target farmacologico per ridurre la progressione del danno renale cronico". Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 24, n.º 2 (26 de enero de 2018): 10–15. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2012.1131.

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Il trattamento poli-farmacologico ha determinato, nel corso degli anni, un significativo rallentamento della progressione della malattia renale cronica verso lo stadio di uremia terminale, ma siamo ancora distanti dallo sviluppo di interventi terapeutici in grado di bloccare questo inesorabile e irreversibile processo. Studi clinico-patologici hanno chiaramente dimostrato che il principale elemento coinvolto nel danno renale è la fibrosi tubulo-interstiziale e che il meccanismo patogenetico alla base di questa condizione ha inizio in larga parte nel compartimento tubulare. In particolare, il processo di transizione epitelio-mesenchimale gioca un ruolo importante nella genesi del danno cronico. Durante questo processo, le cellule epiteliali tubulari subiscono un incremento significativo di markers di superficie di natura mesenchimale e, grazie al rimodellamento del citoscheletro e alla degradazione della membrana basale, sono in grado di migrare nell'interstizio dove svolgono un ruolo chiave nel processo patogenetico. In questo contesto, sembra avere un ruolo chiave l'enzima eparanasi, una endo-β-D-glucuronidasi che taglia le catene dell'eparan-solfato a livello di siti specifici intracatena, e partecipa attivamente alla degradazione e al rimodellamento della matrice extracellulare. La degradazione dei vari costituenti dell'ECM, inclusi i proteoglicani eparan-solfato fa-vorisce il rilascio di fattori trofici quali il FGF-2 che induce l'espressione dei marcatori mesenchimali alfa-SMA, VIM e FN, porta alla degradazione della membrana basale mediante la secrezione di metalloproteinasi della matrice ed aumenta la motilità cellulare. L'epressione dell'eparanasi è regolata da fattori di trascrizione, dalla metilazione del DNA e da varie molecole endogene. L'importanza di questo enzima è stata confermata clinicamente dal riscontro di una sua iperespressione in preparati istologici di biopsie effettuate in soggetti affetti da nefropatie croniche (per esempio, nefropatia diabetica). Pertanto visto l'importante ruolo dell'eparanasi sono in fase di standardizzazione numerose strategie per inibire la sua espressione genica e/o la sua attività enzimatica. Infine, è stato proposto il suo possibile utilizzo come biomarker di progressione del danno tubulo-interstiziale da utilizzare routinariamente in ambito nefrologico.
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Sequenza, Maria Josè, Dorian Soru, Alessandro Carrus, Maria Maddalena Sedda, Simeone Andrulli, Vincenzo Barbera, Domenico Ferrara y Francesco Logias. "Benzodiazepine: indicazioni terapeutiche e utilizzo nel paziente nefropatico". Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 25, n.º 4 (16 de diciembre de 2013): 304–9. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2013.1062.

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Le benzodiazepine, costituite da un anello benzenico unito a un anello diazepinico e a un radicale fenilico, sono una classe di farmaci elettivamente utilizzati per il trattamento dei sintomi ansiosi. Esse incrementano la trasmissione dell'acido gamma-amminobutirrico (una sorta di ansiolitico endogeno) e, perciò, presentano un effetto ansiolitico, ipnoinducente o sedativo, miorilassante, anticonvulsivante e anestetico generale. Presentano minime interazioni farmacologiche con altri farmaci ma troppo spesso vengono utilizzate come terapia a lungo termine e non quando è strettamente necessario. Il farmacista territoriale può svolgere un ruolo sempre più importante per risolvere questo problema. Nel paziente con una patologia renale, occorre tenere in alta considerazione la farmacocinetica di questi farmaci e, quindi, l'assorbimento, la degradazione e l'escrezione sia dei principi attivi che dei loro metaboliti, fattori alterati nell'insufficienza renale. I pazienti con patologia renale fanno un uso di benzodiazepine maggiore rispetto alla popolazione generale, tuttavia è necessaria una riduzione del dosaggio di circa un terzo della dose massima consentita in pazienti con una funzione renale normale. Sono, inoltre, necessarie delle ricerche che indaghino sulle principali ragioni dell'utilizzo delle benzodiazepine da parte dei pazienti nefropatici.
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Dai Prà, Mirko. "Uno studio di caso di paziente con Disabilità Intellettiva e disturbo Bipolare in contesto residenziale: comportamenti aggressivi, furto, Qualità della Vita e terapia farmacologica. Un intervento Comportamentale e Cognitivo." RIVISTA SPERIMENTALE DI FRENIATRIA, n.º 2 (septiembre de 2020): 115–40. http://dx.doi.org/10.3280/rsf2020-002007.

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Il presente lavoro si pone lo scopo di descrivere un intervento diretto ad un paziente con disabilità cognitiva e disturbo Bipolare e la valutazione degli esiti rispetto a: comportamenti di aggressività e furto, terapie farmacologiche assunte e Qualità della Vita. Metodo: È stato utilizzato un intervento integrato con tecniche di tipo Comportamentale e Cognitivo condotto dall'équipe riabilitativa a seguito di valutazione funzionale del caso con modello Comportamentale ABC (Antecedenti Behavior Conseguenze) con un paziente di 41 anni con disabilità cognitiva di tipo moderato e disturbo Bipolare. L'intervento è stato progettato con modelli di condizionamento operante e l'équipe riabilitativa è stata istruita. Al primo intervento è seguito un secondo additivo di token economy volto a rinforzare i comportamenti acquisiti. In fine è stato eseguito un intervento di tipo Cognitivo seguendo i principi della psicoeducazione ed è stato adattato alle capacità di comprensione dell'utente. Gli outcome sono stati il tipo e la quantità di farmaci assunti, il numero di comportamenti aggressivi e di comportamenti di furto, i risultati relativi alla Qualità della Vita percepita. È stato condotto uno studio di caso. Risultati: Sono diminuiti comportamenti di Aggressività e furto, diminuita l'assunzione di Benzodiazepine e di Antipsicotici, diminuita la somministrazione di terapie meccaniche restrittive quali terapia al bisogno Intra Muscolo e isolamento in camera, migliorata la Qualità della Vita nei domini Ruolo e salute Fisica, Salute in Generale, Vitalità, Attività Sociali Ruolo e Stato emotivo. Conclusioni: L'intervento si è dimostrato efficace a livello di decremento di comportamenti problema, diminuzione dei farmaci assunti e di Qualità della Vita percepita. Il lavoro offre spunti di riflessione relativi ai fattori del gruppo di lavoro e dei singoli che possono favorire l'intervento.
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De Masi, Franco. "Psicodinamica dell'attacco di panico. Un'utile integrazione tra psicoanalisi e neuroscienze". PSICOBIETTIVO, n.º 3 (noviembre de 2011): 75–104. http://dx.doi.org/10.3280/psob2011-003005.

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Questo lavoro vuole spiegare alla luce di considerazioni psicoanalitiche e neuroscientifiche lo schema ripetitivo dell'attacco di panico. Freud aveva considerato l'attacco di panico come una "nevrosi attuale", lontana da processi conflittuali. Alcune ricerche neuroscientifiche hanno dimostrato che le reazioni psicosomatiche, scatenate dalle situazioni di pericolo, dipendono al circuito primitivo della paura (che include l'amigdala), sono caratterizzate da risposte immediate ma non accurate e possono essere anche attivate da stimoli percepiti erroneamente come pericolosi. Il terrore traumatico č fissato nella memoria implicita e puň essere successivamente scatenato da uno stimolo condizionato legato alla situazione precedente di pericolo. Nell'attacco di panico, simile a un micro delirio costruito nella solitudine e nell'angoscia, l'evento traumatico creato nell'immaginazione acquisisce lo stesso potere dell'evento traumatico reale. Nel corso del tempo, tra corpo e psiche si stabilisce un corto circuito in cui il terrore rinforza le reazioni somatiche e le corrispondenti costruzioni psichiche. Le varie organizzazioni e i diversi livelli (biologico, neuro scientifico, associativo, traumatico) dell'attacco di panico determinano i diversi tipi di approccio terapeutico (farmacologico, cognitivo e psicoanalitico). Mentre il trattamento psicofarmacologico tende a ridurre la reazione neurovegetativa e il metodo cognitivo tenta di correggere i processi associativi e percettivi dei segnali di paura, la terapia psicoanalitica č allo stesso tempo un mezzo specifico per liberare i pazienti dagli attacchi di panico e un percorso indispensabile per la loro crescita emotiva.
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Sebastiani, Giuseppe y Annalisa Falcone. "Cultura e pratica psichiatrica nella medicina di base. Una indagine sui medici di Bari". Epidemiologia e Psichiatria Sociale 2, n.º 3 (diciembre de 1993): 205–10. http://dx.doi.org/10.1017/s1121189x0000703x.

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RiassuntoScopo - Fornire informazioni sui rapporti tra medicina generale e psichiatria nelFItalia meridionale, facendo luce su attitudini, opinioni e comportamenti dei medici di base inerenti a problemi e situazioni di carattere psichiatrico o, in generale, emotivo. Disegno - Invio di un questionario contenente domande sulla gestione dei pazienti portatori di problemi psicologico/psichiatrici in relazione alle variabili demografiche e di formazione professionale dei medici stessi. Setting - Medicina di base di Bari. Principali misure utilizzate - Confronto fra le caratteristiche dei medici che hanno risposto al questionario e quelle della popolazione totale mediante il test del chi-quadrato nonché percentuali di risposte alle varie domande. Risultati - Ha restituito il questionario circa il 20% dei medici, fra i quali il numero di soggetti in possesso di specializzazione(-i) è significativamente maggiore che nella popolazione totale. Le attività formative in campo psichiatrico, ritenute necessarie dal 94% dei partecipanti, sono peraltro piu regolarmente praticate da non oltre il 13% degli stessi. Il 56% dei medici stima la morbilità psichiatrica nel 10-30% delle visite. Soltanto il 19% dei partecipanti è d'accordo nel considerare la legge 180 «un salto di qualita nell'assistenza del paziente psichiatrico». Il 53% dei medici inviano i pazienti allo psichiatra in meno del 10% dei casi (il 60% delle volte per problemi di tipo ansioso-depressivo). Nel 25% circa dei disturbi psicosomatici vengono prescritti antispastici, mentre «cerebroattivi» e «ricostituenti» sono utilizzati rispettivamente nel 75 e 23% delle condizioni di astenia psichica e scadimento della performance intellettuale. Conclusioni - La bassa percentuale di medici che hanno risposto al questionario limita la generalizzabilità dei dati ottenuti. In base al campione raccolto sembrano comunque doversi sottolineare la percezione della difficoltà di gestire il disagio emotivo (peraltro di comune riscontro nella pratica quotidiana), l'esigenza di disporre di piu ampie opportunita di formazione specifica e di coUaborazione con gli psichiatri (a fronte della scarsa integrazione attuale) e la necessità di una maggiore razionalizzazione dei trattamenti farmacologici.
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Marri, Marcello. "Valutazione e terapia del dolore nel disabile grave". CHILD DEVELOPMENT & DISABILITIES - SAGGI, n.º 3 (abril de 2012): 49–54. http://dx.doi.org/10.3280/cdd2010-003008.

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Negli ultimi anni la ricerca di laboratorio e quella clinica hanno aperto nuovi scenari nella fisiopatologia del dolore, permettendo un'approfondita comprensione di numerosi eventi presenti nella persona sofferente. La trasformazione del dolore da "sintomo-segnale d'allarme" caratteristico dell'evento acuto in una vera e propria sindrome "dolore-malattia" caratteristica del quadro cronico č in funzione della "persistenza nel tempo" o della "alta intensitŕ non controllata". All'evoluzione temporale del dolore č associato l'impatto negativo sulla persona. Differenze di ordine neurofisiologico, neuropsicologico e comportamentale giustificano la distinzione dolore acuto-sintomo/dolore cronico-sindrome [4]. Queste scoperte, insieme ad una nuova sensibilitŕ culturale che si č fatta strada nella societŕ civile, hanno permesso a molti operatori sanitari di porre il dolore al centro dell'attenzione della loro attivitŕ assistenziale. Pertanto si sono predisposti e vengono seguiti in molti Centri di cura protocolli e/o procedure che prevedono l'utilizzazione di scale per la valutazione dell'intensitŕ percepita del dolore o della inabilitazione che ne consegue e per la misurazione della componente affettiva, in diversi tipi di soggetti e/o in diversi quadri patologici, utilizzando, come nel caso dei neonati/lattanti o di condizioni cliniche estreme (coma farmacologico), il rilievo del cambiamento di alcuni parametri vitali o fisiologici. Queste scale possono essere distinte, semplificando e dal punto di vista della modalitŕ di "somministrazione", in due gruppi: quelle di Autovalutazione e quelle di Eterovalutazione. Numerose équipe hanno lavorato per trovare i segni comportamentali e fisici idonei a reperire e misurare il dolore nel bambino con disabilitŕ complessa e che non puň esprimersi verbalmente [3]. In Francia l'équipe dell'Ospedale "San Salvadour" (Hyčres) ha messo a punto una scala di 10 item, la DESS (Douleur Enfant San Salvadour), sul modello della DEGR (Douleur Enfant Gustave Roussy). I 10 punti si riferiscono alle modificazioni, in presenza di dolore, di segni neurologici abituali [2]. Un gruppo canadese ha messo a punto e validato una lista di 30 item molto semplici (pianto, grido, gemito, smorfia ecc.) che non necessita di conoscenza preliminare del bambino con disabilitŕ: č la NCCPC (Non-Communicating Children's Pain Checklist) [1]. Per trattare il dolore abbiamo a disposizione due approcci: cercare di interferire con il Sistema Eccitatorio filtrando o inibendo la trasmissione del messaggio "dolore" o rinforzare il Sistema Inibitorio. I mezzi a disposizione per ridurre il dolore sono numerosi e complementari. Per ottenere buoni risultati č sovente necessario associarne molti.
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Cozzolino, Edoardo y Gianmaria Zita. "Approcci clinici al disturbo da gioco d'azzardo". MISSION, n.º 48 (octubre de 2017). http://dx.doi.org/10.3280/mis48-2016oa4955.

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Il DSM-5, include per la prima volta il Disturbo da Gioco d'Azzardo (DGA) nel capitolo dei Disturbi Correlati a Sostanze e Disturbi da Addiction. Tale riclassificazione ha definitivamente validato un cambiamento nell'approccio clinico a questa addiction comportamentale. In questo lavoro si affronta il problema del DGA attraverso un'analisi epidemiologica, diagnostica, della comorbidit&agrave; psichiatrica e dei possibili trattamenti farmacologici. Gli autori inoltre illustrano l'impianto metodologico e l'esperienza clinica dell'Equipe sul DGA della citt&agrave; di Milano dopo tre anni di attivit&agrave;. La sfida nell'affrontare questa "nuova" dipendenza sottintende l'obbligo di aggiornare le modalit&agrave; cliniche con cui affrontare e curare la patologia; il sistema d'intervento si deve confrontare, inoltre, con la necessit&agrave; di migliorare l'efficienza e l'accuratezza nella gestione dei processi di lavoro.
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Minisola, Salvatore, Viviana De Martino y Marco Occhiuto. "Osteoporosi premenopausale". L'Endocrinologo, 2 de febrero de 2023. http://dx.doi.org/10.1007/s40619-023-01205-w.

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SommarioL’osteoporosi premenopausale viene definita come un’osteoporosi a insorgenza prima della fisiologica cessazione della funzione gonadica, in assenza di qualsiasi causa identificabile che possa sottendere la riduzione della densità minerale ossea. Vi sono infatti numerose malattie, condizioni oppure farmaci che sono in grado di determinare una riduzione della densità minerale ossea non solo nella donna in premenopausa ma anche nella donna in postmenopausa e nel soggetto di sesso maschile. La reale prevalenza dell’osteoporosi premenopausale non è chiara, principalmente perché non vi è accordo unanime sui criteri diagnostici. Il percorso diagnostico non differisce da quello che viene utilizzato nelle altre malattie metaboliche dello scheletro. Per ciò che concerne la terapia, è necessario fornire ai pazienti un adeguato apporto di calcio e vitamina D, suggerire una dieta bilanciata soprattutto per quanto riguarda l’apporto proteico e consigliare, infine, un’adeguata attività fisica. Nei casi in cui è opportuno impostare una terapia farmacologica, occorre dare la preferenza ai farmaci a emivita breve in considerazione della fertilità delle pazienti. Infine, è necessario un coordinamento con specialisti di numerose branche della medicina per la migliore gestione di queste giovani malate.
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Torti, Serena, Roberta Di Matteo, Antonella Giolito, Simona Arcidiacono, Tiziana Barocelli, Denise Gatti, Lorella Gambarini, Tatiana Bolgeo y Antonio Maconi. "Nephro Walking: attivazione di un programma di attività fisica per il benessere psicofisico nel paziente dializzato e trapiantato - studio pilota". Working Paper of Public Health 10 (19 de septiembre de 2022). http://dx.doi.org/10.4081/wpph.2022.9538.

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Background: L’inattività fisica è un problema di particolare rilevanza nei pazienti con insufficienza renale cronica, una categoria di pazienti in cui il peggioramento sostanziale della forma fisica e della fragilità è fortemente associato a prognosi avversa e ridotta qualità della vita. Lo scopo di questo studio pilota è quello di implementare un programma di attività fisica all’interno del percorso terapeutico di pazienti adulti in trattamento sostitutivo renale (peritoneale e emodialitico) e trapiantati, al fine di incrementare la performance fisica e migliorare la qualità di vita. Metodi: Studio pilota, interventistico non farmacologico, a singolo braccio, monocentrico, no-profit, su un campione di convenienza di almeno 10 individui affetti da nefropatia reclutati da novembre 2021 a gennaio 2022. I pazienti saranno sottoposti a un programma di camminata terapeutica costituito da 22 sedute. Verranno misurati l’indice di recupero immediato, la composizione di massa corporea, i parametri ematochimici e la qualità di vita. Conclusioni: L’applicazione di questo studio su piccola scala, ha lo scopo di verificarne la fattibilità e l’adeguatezza per ricavare informazioni che permettano di progettare studi futuri.
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Iannone, M. T., F. Bordin, C. Magnani, C. Mastroianni, G. Casale y D. Sacchini. "Ruolo ed attività di un Comitato di Bioetica in un Centro di cure palliative: l’esperienza di Antea". Medicina e Morale 62, n.º 1 (28 de febrero de 2013). http://dx.doi.org/10.4081/mem.2013.112.

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L’articolo esamina l’attività del Comitato di Bioetica di Antea (CB-Antea), Associazione onlus dedicata all’assistenza gratuita a domicilio ai pazienti in fase avanzata di malattia, istituito nel 2008. Il CB-Antea si propone di proteggere e promuovere i valori della persona umana in tutte le attività assistenziali e scientifiche che si svolgono all’interno dell’Associazione. Tale attività si estrinseca attraverso la formulazione di linee-guida comportamentali per problemi clinico-assistenziali, l’espressione di pareri per rispondere a quesiti specifici su temi di bioetica, l’attenta valutazione dei princìpi e dei canoni che sottendono ad una buona relazione operatore-paziente, anche attraverso l’informazione e il consenso agli atti medici che vi si svolgono. Questo organismo si è proposto, sin dall’inizio, come il luogo di condivisione dell’attività assistenziale, in cui esperti di varie discipline potessero contribuire a supportare tanto il personale sanitario, motivandolo ad assumere uno stile etico condiviso e individuando percorsi di sensibilizzazione alle problematiche di etica e di bioetica di fine vita, quanto i pazienti ed i familiari per riflettere ed affrontare al meglio tutte le questioni potenzialmente conflittuali. Il CB-Antea, organizzato ai sensi della normativa italiana vigente, è organo consultivo per la direzione sanitaria, l’amministrazione, il personale – sanitario e non – di Antea, ed eventualmente di enti diversi ed altre persone interessate che ne facciano richiesta. I principali ambiti di attività del Comitato di Bioetica del Centro Antea sono: formazione e sensibilizzazione bioetica; analisi etica di casi clinici; ideazione, approvazione, coordinamento e attuazione di progetti di ricerca in ambito farmacologico, clinico non farmacologico, assistenziale, sociale, psicologico e formativo; formulazione di linee guida comportamentali e raccomandazioni per problemi clinico-assistenziali interni ad Antea. Dalla sua istituzione ad oggi, il CB-Antea si è dedicato ad alcuni temi importanti, quali la Carta dei Valori Antea; la promozione e riconoscimento di Antea come Centro di Ricerca; la produzione di protocolli, procedure operative e materiale facilmente fruibile per il personale della struttura; supporto alla stesura dei progetti di ricerca; rivalutazione dei processi informativi e di consenso. ---------- The article deals with the activities of the “Antea” Ethics Committee (CB-Antea), a non-profit association dedicated to providing free care for advanced/ terminal patients. CB-Antea was established in 2008, aimed to protect and promote the values of the human person in all scientific and charitable activities that take place within the Association. This activity is expressed through the formulation of behavioral guidelines and the expression of advices for addressing issues in palliative medicine and care; the careful evaluation of the principles and standards that underlie a good health professional – patient relationship, through information and consent to medical procedures that take place in Antea. This body has been proposed, from the outset, as the place for sharing the care process, in which experts from different disciplines could help support both the medical staff to assume a shared ethical professional style and the patients and their families to better address all potentially conflicting issues. The CB-Antea has an advisory role for the Antea healthcare work and administration. The main activities are: training in bioethics; clinical ethics consultation; support for designing and conducting of Antea clinical-sociale research projects; development of internal behavioral guidelines and recommendations. From 2008, CB-Antea is devoted to some important issues, such as the drafting of Antea Charter of Values; the promotion of Antea as Research Centre; the production of protocols, operating procedures and material easily accessible for clinical staff; support for the preparation of research projects; revaluation of information processes and consent
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Fontanella, Guest Editors: A., G. Pentella, G. Bordin y F. Bertoncini. "La ricerca finalizzata in Area Medica: approfondimenti assistenziali dell’Associazione A.N.Í.M.O." Italian Journal of Medicine, 11 de julio de 2019, 1–62. http://dx.doi.org/10.4081/itjm.q.2019.5.

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Introduzione Il gruppo di ricerca dell’Associazione ANÍMO La ricerca infermieristica Obiettivo del lavoro Metodi Metodologia operativa e ambiti di attività I livelli di approfondimento metodologici Approfondimento metodologico Evidence-Report il cateterismo vescicale Approfondimento metodologico Evidence-Report il cateterismo venoso periferico a breve termine Approfondimento metodologico Evidence-Report il dolore cronico in medicina interna Risultati Evidence-Report: i risultati da Revisioni di Linee Guida Il cateterismo vescicale a permanenza Il cateterismo venoso periferico a breve termine La gestione del dolore cronico in medicina Evidence-Based Care-sheet: What we know e what we can do Le lipodistrofie associate alla pratica iniettiva La nutrizione nel paziente con polimorbilità Scompenso cardiaco e fine vita Terapia anticoagulante orale e processi educativi: il ruolo dell’infermiere La somministrazione di liquidi per via sottocutanea L’ictus cerebrale: rischi e prevenzione Focus di approfondimento, the most updated research La somministrazione dei farmaci per os in pazienti disfagici e/o portatori di SNG o PEG Il dolore cronico nei pazienti con disturbi cognitivi Le cadute negli anziani Il monitoraggio dei parametri vitali Il Lock dei cateteri venosi centrali: quale soluzione? Quali evidenze? La responsabilità del professionista infermiere nella terapia farmacologica La mancata aderenza alle prescrizioni: un problema da non sottovalutare in medicina interna La gestione della stipsi nelle degenze di area medica: ruolo dell’infermiere La malnutrizione in ospedale L’uso della contenzione è un indicatore di buona pratica assistenziale e di buona cultura? Riposo a letto o mobilizzazione precoce? L’uso delle checklist in area medica La flebite da infusione La sorveglianza infermieristica: una competenza necessaria in medicina interna Umidità e calore della miscela di aria nei trattamenti di ventilazione non invasiva: quali evidenze? Diabete, intervento educativo, ruolo dell’infermiere La terapia anticoagulante e il ruolo dell’infermiere: alcune evidenze Il ritorno dell’ipodermoclisi: quali evidenze? Gli aspetti assistenziali prevalenti nelle cure infermieristiche alla persona colpita da ictus Lo scompenso cardiaco: epidemiologia e interventi assistenziali Conclusioni Bibliografia
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