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BOHR, MICHAEL. "ENGLISCHE UHREN FÜR GROSSHERZOG COSIMO III. UND DIE ANKUNFT VON IGNAZIO HUGFORD AM HOFE IN FLORENZ'". Nuncius 9, n.º 2 (1994): 593–618. http://dx.doi.org/10.1163/182539184x00964.

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Resumen
Abstract<title> RIASSUNTO </title>Durante il suo soggiorno in Inghilterra, nell'anno 1669, il Granprincipe Cosimo, in seguito Granduca Cosimo III di Toscana, sviluppava un crescente interesse per le arti e le scienze britanniche. A Londra conobbe il mercante d'arte Francesco Terriesi che alcuni anni dopo nominò «Residente fiorentino» presso la corte inglese. Al suo ritorno a Firenze, Cosimo mantenne una fitta corrispondenza con il Terriesi, il quale acquistò per il Granduca strumenti scientifici quali bussole, telescopii ed astrolabii oltre a oggetti d'arte inglesi come quadri, tappeti, mobili ed orologi.In questi anni in Inghilterra furono fatti grandi progressi nello sviluppo e nel perfezionamento di strumenti per misurare il tempo. Le ordinazioni di orologi e pendole da parte di Cosimo confermano questi progressi: le ultime innovazioni sono puntualmente descritte infatti nella corrispondenza intercorsa tra il Francesco Terriesi al Granduca. Queste lettere costituiscono una valida documentazione per datare molte nuove invenzioni e per conoscere i nomi degli artefici.Nella seconda parte dell'articolo, l'autore pubblica quelle lettere di Cosimo e del Terriesi, che riguardano l'assunzione dell'orologiaio inglese Ignazio Hugford nelle botteghe granducali fiorentine. Tali lettere permettono di chiarire alcuni punti oscuri della biografia dell'Hugford, oltre fornire nuove informazioni sulla regolamentazione delle attività artistiche nella «Galleria dei Lavori» di Firenze.
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Rao, Anna Maria. "La corte di Carlo di Borbone a Napoli: sedi e cerimoniali". Librosdelacorte.es, n.º 23 (23 de diciembre de 2021): 335–57. http://dx.doi.org/10.15366/ldc2021.13.23.013.

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Resumen
Negli ultimi anni la corte napoletana dei Borbone, a lungo trascurata dalla storiografia, è stata oggetto di studi sempre più numerosi, che hanno messo in rilievo numerosi aspetti della vita di corte: nascite, matrimoni, cerimonie funebri, apparati festivi. Questo contributo affronta un altro aspetto: la molteplicità delle sedi della corte borbonica create da Carlo di Borbone subito dopo il suo arrivo a Napoli. Appena insediatosi sul trono napoletano, il giovane sovrano avviò un impegnativo programma architettonico, rivolto a moltiplicare gli spazi della corte e a forgiare una nuova maestà: al palazzo reale di Napoli si aggiunsero i palazzi di Capodimonte e Caserta, e altre sedi minori legate alla caccia. Soprattutto Portici fu al centro dell’interesse del re e della regina Maria Amalia, che vi trascorsero ogni anno lunghi periodi.
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Garcia, Antonio Lopez. "Una corte di giustizia presso il Foro di Traiano?" Mélanges de l'École française de Rome. Antiquité, n.º 133-1 (1 de junio de 2021): 149–71. http://dx.doi.org/10.4000/mefra.11475.

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Gibson, Sheila, Janet DeLaine y Amanda Claridge. "The Triclinium of the Domus Flavia: a new reconstruction". Papers of the British School at Rome 62 (noviembre de 1994): 67–99. http://dx.doi.org/10.1017/s0068246200010047.

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Resumen
IL TRICLINIUM DELLA DOMUS FLAVIA: UNA NUOVA RICOSTRUZIONEQuesto articolo presenta una nuova ricostruzione del Triclinium della Domus Flavia sul Palatino, basato sul rilevamento delle strutturie murarie esistenti e degli ornamenti architettonici intrapreso da Sheila Gibson e John Ward-Perkins negli anni '60. Viene suggerito che il Triclinium avesse un soffitto a capriata di legno piuttosto che una volta a botte, mentre un'analisi degli ornamenti architettonici ha permesso di interpretare le decorazioni interne come il prodotto della sovrapposizione di tre ordini corinzi. Mentre è stato possibile ricostruire che le fiancheggianti corti con fontana fossero a due piani, dubbi rimangono sulla ricostruzione della corte principale del peristilio, tanto che sia la versione ad un piano che quella a due piani vengono proposte. Nella discussione finale viene spiegato l'impatto che il Triclinium doveva avere sulla contemporanea società romana, in termini di costruzione domestica convenzionale resa eccezionale dalle dimensioni colossali e dalle ricche decorazioni più normalmente associate alle case degli dei.
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Bianchi, Paola. "Divise a Palazzo". Librosdelacorte.es, n.º 25 (29 de diciembre de 2022): 207–24. http://dx.doi.org/10.15366/ldc2022.14.25.008.

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Resumen
La definizione dell'immagine militare della corte dei Savoia si realizzò compiutamente a seguito di alcune riforme avviate alla fine del regno del re Carlo Alberto, trovando applicazione nel corso dei decenni successivi. Tali riforme investirono non solo nominalmente la corte torinese, successivamente corte del Regno d'Italia, ma agirono sul profilo dei suoi organigrammi. Si trattò di un fenomeno, dunque, con effetti sociali e culturali, verificabile attraverso lo studio prosopografico dei soggeti coinvolti. La nuova "Casa militare" accolse, in tal senso, non solo la contrattazione, ma una più stretta commistione, di quanto non fosse stato nei secoli precedenti, fra dimensione curiale e governo dello Stato. Così, almeno, sino all'inizio del XX secolo, quando un regio decreto, che non aveva avuto precedenti, decise che la scelta delle figure chiamate a ricoprire le tre principali cariche di corte (ministro della Real Casa, prefetto di Palazzo e primo aiutante di campo) fosse sottoposta al controllo del governo.
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Lurgo, Elisabetta. "Diplomazia informale e strategie di resilienza. Il matromonio fra Carlo Emanuele II di Savoia e Mademoiselle de Valois nelle lettere di Margherita di Lorena, duchessa D’Orléans, a Cristina di Francia". Librosdelacorte.es, n.º 23 (23 de diciembre de 2021): 85–113. http://dx.doi.org/10.15366/ldc2021.13.23.004.

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Resumen
Il presente articolo propone un'analisi della corrispondenza fra Margherita di Lorena, vedova di Gastone d'Orléans (1615-1672) e Cristina di Francia, vedova del duca Vittorio Amedeo I di Savoia, in occasione delle negoziazioni per le nozze tra la figlia di Margherita, Mademoiselle di Valois, e Carlo Emanuele II, duca di Savoia. L'obiettivo è quello di mostrare le opportunità offerte da una multicentrica società di corte a una principessa dallo statuto controverso, per sviluppare una forma di resilienza ed esercitare un'influenza informale sulle strategie matrimoniali di una dinastia regnante.
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Flick, Giovanni Maria. "Costituzione e processo penale tra principio di ragionevolezza e uno sguardo verso l'Europa". QUESTIONE GIUSTIZIA, n.º 1 (marzo de 2010): 9–21. http://dx.doi.org/10.3280/qg2010-001002.

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Resumen
Con riferimento al processo penale la Corte costituzionale ha modulato, nei decenni, il proprio ruolo con una attenzione, volta a volta, maggiormente concentrata sui princěpi, sui valori, sul funzionamento della giurisdizione. Oggi il suo ruolo si misura, da un lato, sul delicato crinale dei rapporti tra politica (nel senso etimologico di arte del governo della cosa pubblica) e processo penale e, dall'altro, con significative e irreversibili aperture verso orizzonti piů ampi dell'ormai angusto "osservatorio" nazionale (che lasciano presagire - quanto meno secondo prospettive di larga massima - quale potrŕ essere lo scenario del "domani").
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Tomas, Émilie. "Rogliano (Haute-Corse). San Colombanu ; Luri (Haute-Corse). Castellu di Motti ; Prato-di-Giovellina (Haute-Corse). Castellu di Serravalle ; Santa Maria Sicchè (Corse-du-Sud). Palazzu de Sampiero". Archéologie médiévale, n.º 47 (20 de diciembre de 2017): 256. http://dx.doi.org/10.4000/archeomed.7074.

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Baldini, Isabella. "Rituali di corte. Il Triclinio dei XIX Letti del Grande Palazzo di Costantinopoli". Byzantinische Zeitschrift 114, n.º 1 (1 de febrero de 2021): 65–110. http://dx.doi.org/10.1515/bz-2021-9004.

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Abstract The present contribution aims at reviewing the available data on the Triclinium of the Nineteen couches. It is divided into three parts: the first is intended to overview the information that Byzantine authors have handed down to us about this great banquet hall; the second aims at proposing reconstructive hypotheses about its dimensions and architecture, as well as to investigate the material aspects related to the organisation of the banquet in late antiquity; the third part deals with the ceremonial functions that were performed in it. Contrary to what is usually assumed, the Triclinium was probably not a huge hall with nine apses on each side, but a rectangular hall with a final apse and akkoubita arranged along the perimeter walls. In terms of ritual, the Triclinium must have continued to be in use throughout the early Middle Ages, with a particular revival in the 10th century.
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Tomas, Émilie. "Castello-di-Rostino (Haute-Corse). Macinelle". Archéologie médiévale, n.º 41 (1 de diciembre de 2011): 187–88. http://dx.doi.org/10.4000/archeomed.11579.

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Cohn, Caitlin Starr. "Viaggio Intorno al Gusto: L'Odissea della Sensibilità Occidentale dalla Società di Corte all'Edonismo di Massa". Fashion Practice 3, n.º 1 (mayo de 2011): 131–36. http://dx.doi.org/10.2752/175693811x12925927157216.

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Mesqui, Jean. "Le Castellu di u Grecu en Corse". Bulletin Monumental 159, n.º 4 (2001): 333. http://dx.doi.org/10.3406/bulmo.2001.1060.

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Boyer, Jean-Paul. "Fulvio Delle Donne, La porta del sapere : cultura alla corte di Federico II di Svevia". Cahiers de civilisation médiévale, n.º 255 (1 de septiembre de 2021): 259–62. http://dx.doi.org/10.4000/ccm.8017.

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Gillett, Andrew. "Rome, Ravenna and the last western emperors". Papers of the British School at Rome 69 (noviembre de 2001): 131–67. http://dx.doi.org/10.1017/s0068246200001781.

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Resumen
ROMA, RAVENNA E GLI ULTIMI IMPERATORI D'OCCIDENTENonostante Ravenna sia stata a lungo considerata come la capitale degli imperatori tardo-romani e dei loro successori in Occidente, Odoacre e i sovrani ostrogoti, l'evidenza disponibile indica che la principale residenza imperiale del quinto secolo era invece a Roma. L'adozione di Ravenna come residenza imperiale è stata generalmente attribuita al fatto che la città, grazie alle sue paludi, era facilmente difendibile dagli attacchi, ed e stata anche imputata alia debolezza militare degli ultimi imperatori. In questo articolo viene raccolta l'evidenza relativa alle residenze degli imperatori d'Occidente tra il 401 e il 476; essa dimostra che la corte imperiale occidentale occupò Roma in periodi molto significativi, quali quelli compresi tra il 401 e il 408 e il 440 e il 449, e che Roma fu la residenza principale della corte nell'ultimo periodo di dominazione imperiale dell'Occidente, tra il 450 e il 476. Gli ultimi anni d'impero di Valentiniano III e quello di Antemio in particolare indicano il ruolo di Roma come residenza imperiale. Sia le fonti contemporanee che quelle del sesto secolo confermano l'importanza di Roma, mentre indicano scarsi riferimenti alle presunte qualità difensive di Ravenna. La presenza degli imperatori a Roma mette in evidenza la centralità dell'aristocrazia senatoriale di Roma nelle politiche occidentali del quinto secolo.
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Mele, Veronica. "La corte di Ippolita Sforza, Duchessa di Calabria, nelle corrispondenze diplomatiche tra Napoli e Milano". Mélanges de la Casa de Velázquez, n.º 45-2 (15 de noviembre de 2015): 125–41. http://dx.doi.org/10.4000/mcv.6548.

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Fantoni, Marcello. "Umanesimo repubblicano, umanesimo cortigiano. L’Italia del tre-quattrocento". Librosdelacorte.es, n.º 22 (1 de julio de 2021): 235–54. http://dx.doi.org/10.15366/ldc2021.13.22.008.

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Resumen
L’umanesimo cortigiano costituisce il fondamento di un processo che portando alla formulazione di una nuova cultura in Italia, conferirà a questa le caratteristiche che ne determineranno l’irradiamento europeo sulla base di una forza catalizzatrice che è eminentemente politica. Le ‘piccole’ corti italiane del Quattrocento funzionano, in questo, da incubatrici dei nuovi modelli di civilizzazione per le grandi corti europee dell’Antico regime.
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Papagna, Elena. "Un filoaustriaco nella corte borbónica di Napoli: Antonio Pignatelli Aymerich, Marquese di San Vicente e príncipe di Belmonte (1722-1794)." Librosdelacorte.es, n.º 23 (23 de diciembre de 2021): 299–334. http://dx.doi.org/10.15366/ldc2021.13.23.012.

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Resumen
I Il saggio prospetta alcune considerazioni sull’allineamento internazionale del Regno di Napoli nel XVIII secolo e sulla graduale apertura realizzata nei confronti dell’Austria dopo la drammatica rottura del 1734, quando Carlo di Borbone pose fine alla dominazione asburgica nel Mezzogiorno e si impadronì del trono meridionale. Attraverso un particolare caso di studio, indaga le reazioni ai mutamenti dinastici elaborate dalla società napoletana o, per meglio dire, da una parte dei gruppi dominanti. Le vicende del principe Antonio Pignatelli Aymerich sono ricostruite nella convinzione che il genere biografico, aldilà dell’evolversi delle tendenze storiografiche e dell’affinarsi delle metodologie di ricerca, conservi un suo particolare fascino narrativo e presenti un’efficacia descrittiva e interpretativa del contesto in cui si dipanano le storie indagate. La significatività del caso permette riflessioni in margine a nodi problematici centrali nella odierna storiografia, interessata agli italiani al servizio della Monarchia iberica, alle loro carriere itineranti, realizzate con il favore della corte, al loro inserimento in élites transnazionali aggregate intorno al sovrano; consente, inoltre, precisazioni sui ruoli delle donne e sulle valenze dei matrimoni misti e/o delle unioni endogamiche.
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Colby, Robert. "Dosso's early artistic reputation and the origins of landscape painting". Papers of the British School at Rome 76 (noviembre de 2008): 201–31. http://dx.doi.org/10.1017/s0068246200000477.

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Resumen
Nei loro rispettivi resoconti biografici di Dosso Dossi (1487?—1542), Paolo Giovio e Giorgio Vasari descrissero l'artista della corte ferrarese con una buona reputazione per la pittura dei paesaggi. Con questo articolo si esamineranno le reazioni critiche alla luce del programma storiografico di ciascun autore, considerando come si evolvevano gli approcci di Dosso alla pittura dei paesaggi nel corso della sua carriera. I dipinti di Dosso sono stati a lungo visti come primi esempi di un ‘paesaggio indipendente’, costrutto che deve essere esaminato di nuovo al fine di comprendere pienamente lo scopo, il contesto e il significato delle inusuali scene di paesaggio della pittura di Dosso.
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Puskás, István. "Petrarca nella Corte: Un modello di comportamento del cortegiano-umanista". Verbum 7, n.º 1 (mayo de 2005): 177–83. http://dx.doi.org/10.1556/verb.7.2005.1.10.

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Cancila, Rossella. "La corte vicereale di Sicilia tra pubblico e privato: dinamiche cortigiane, ruoli, poteri". Librosdelacorte.es, n.º 23 (23 de diciembre de 2021): 164–97. http://dx.doi.org/10.15366/ldc2021.13.23.007.

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Il saggio delinea alcuni caratteri della corte del viceré in Sicilia in età asburgica: la sua famiglia, la cerchia dei confidenti, composizione e articolazione dei ruoli istituzionali, costi, forme del coinvolgimento. Ne emerge un contesto articolato, uno scenario in cui si confrontavano poteri di diversa intensità e in competizione sul territorio, si determinavano scontri giurisdizionali, dispute patrimoniali e accordi matrimoniali, liti e vendette private: elementi che evidenziano la complessità del rapporto fra nobiltà periferica e potere centrale, relazioni interpersonali e reti di livello internazionale, pratiche negoziali diffuse, che confermano la rappresentazione di un regno niente affatto passivo alla volontà di Madrid.
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Taborelli, Luigi. "Il conte di Caylus e l'approccio «sperimentale» all'instrumentum vitreo". Mélanges de l’École française de Rome. Antiquité 107, n.º 2 (1995): 1027–59. http://dx.doi.org/10.3406/mefr.1995.1912.

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Ferreira, Patrick. "San-Gavino-Di-Tenda (Haute-Corse). Torra Al Monte". Archéologie médiévale, n.º 49 (20 de diciembre de 2019): 332. http://dx.doi.org/10.4000/archeomed.23781.

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Tomas, Émilie. "Castello-di-Rostino (Haute-Corse). L’habitat médiéval de Petricaghju". Archéologie médiévale, n.º 40 (1 de diciembre de 2010): 182–83. http://dx.doi.org/10.4000/archeomed.14265.

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Richardson, Carol. "The lost will and testament of Cardinal Francesco Todeschini Piccolomini (1439–1503)". Papers of the British School at Rome 66 (noviembre de 1998): 193–214. http://dx.doi.org/10.1017/s0068246200004281.

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Resumen
IL TESTAMENTO PERDUTO DEL CARDINALE FRANCESCO TODESCHINI PICCOLOMINIL'esistenza di un testamento risalente al 1493 del cardinale Francesco Piccolomini è stata per lungo tempo riconosciuta, sebbene il documento stesso non fosse stato più visto dopo il diciottesimo secolo. Tuttavia, in anni recenti il testamento e stato riscoperto a Roma. Il documento non solo contribuisce con importanti riferimenti alla comprensione di alcuni progetti artistici del tardo quindicesimo secolo a Roma e Siena, ma getta anche nuova luce su un'importante ma trascurata figura rinascimentale ed aggiunge interessante materiale per lo studio del protocollo nella corte papale. Quale cardinale di Siena e nipote di Pio II, il testamento rivela che attraverso il suo patronaggio Francesco Piccolomini aveva cercato di mantenere viva la memoria della sua vita così come quella dello zio ed aveva cercato di proteggerre la reputazione della famiglia.Si tratta di un esteso documento che viene qui presentato, dopo una breve introduzione, nella sua interezza, comprensivo della licenza papale e di note esplicative.
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Rurale, Flavio. ""L'affetto disordinato verso le patrie": i gesuiti tra ideale universalistico e prassi "nazionalista" nell’Europa del ‘600". Librosdelacorte.es, n.º 24 (28 de junio de 2022): 316–46. http://dx.doi.org/10.15366/ldc2022.14.24.013.

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Resumen
Il saggio intende affrontare il tema delle fedeltà plurime e “nazionali” che caratterizzano l’agire politico dei padri della Compagnia di Gesù nelle corti cattoliche del XVII secolo. In particolare analizza la crisi del rapporto con il re cattolico e le relazioni sempre più strette con la monarchia francese volute dal generale Claudio Acquaviva a partire dalla conversione di Enrico IV. La storia seicentesca dei gesuiti evidenza scelte coerenti con gli interessi nazionali perseguiti dai sovrani presso le cui corti operarono; direi anzi con i singoli partiti cortigiani. Ne esce così ridimensionata l’idea di una ordine religioso alle dipendenze del papa. L’indagine è condotta anche attraverso l’analisi dell’attività e degli scritti di alcuni docenti gesuiti di Milano e Venezia del secondo ‘600, interessati al confronto e al dibattito non solo coi loro studenti ma anche con esponenti dei ceti sociali impegnati in attività politiche, economiche e diplomatiche. Infine il saggio evidenzia l’acuirsi della contestazione verso la Compagnia di fine XVII secolo, da parte di altri ordini religiosi e della curia romana.
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Ferrari, Veronica. "Il ruolo del progetto nel rapporto con la città stratificata. Paniconi e Pediconi a Mantova". TERRITORIO, n.º 99 (agosto de 2022): 122–29. http://dx.doi.org/10.3280/tr2021-099017.

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Resumen
Il saggio illustra il contributo degli architetti romani Mario Paniconi (1904-1973) e Giulio Pediconi (1906- 1999) al programma di ricostruzione post-bellica del Piano Fanfani - gestione ina-Casa - mediante il progetto del complesso per abitazioni e negozi di piazza San Giovanni a Mantova, un intervento che sviluppa in maniera attenta e innovativa l'organizzazione planimetrica degli alloggi e sperimenta elementi compositivi diversi sui fronti che dialogano con la città. Il complesso di edilizia popolare si inserisce con la corretta misura all'interno del tessuto densamente costruito e stratificato mettendosi a sistema con la morfologia dell'edificato. I progettisti lavorano su schemi abitativi semplici e la dotazione di spazi collettivi come la grande corte-giardino e i servizi collettivi.
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Dondi, Lavinia y Michele Morganti. "Per una citt&agrave; compatta pi&ugrave; resiliente: il ruolo strategico degli i". TERRITORIO, n.º 97 (febrero de 2022): 85–94. http://dx.doi.org/10.3280/tr2021-097-supplementooa12931.

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La pandemia ha messo in luce le fragilit&agrave; della citt&agrave; compatta - da tempo assunta a modello di riferimento per la qualit&agrave; dei suoi spazi, la sua efficienza, la vitalit&agrave; e il benessere degli abitanti - specie nei tessuti edilizi pi&ugrave; densi, poich&eacute; generalmente sprovvisti di una rete di spazi aperti di prossimit&agrave;. Ma ci ha anche fatto rivolgere l'attenzione verso uno degli elementi morfologici predominanti: l'isolato e la sua corte. Seppur sottostimato in termini spaziali, sociali e ambientali, l'invaso cortilizio costituisce un potenziale prezioso per il miglioramento della resilienza urbana. Lo studio indaga tale potenziale nelle recenti esperienze europee di rigenerazione, facendo emergere cinque temi di progetto essenziali per valorizzare il tessuto connettivo semiprivato e incrementare la resilienza della citt&agrave; compatta, anche in relazione ai disastri naturali, crisi sanitarie incluse.
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Takayama, Hiroshi. "The great administrative officials of the Norman Kingdom of Sicily". Papers of the British School at Rome 58 (noviembre de 1990): 317–35. http://dx.doi.org/10.1017/s0068246200011697.

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Resumen
GLI ALTI FUNZIONARI AMMINISTRATIVE DEL REGNO NORMANNO IN SICILIAL'articolo riprende in esame la letteratura esistente riferita ai funzionari delle finanze nel regno normanno in Sicilia e descrive le responsabilità di questi alti ufficiali nella duana basata su una nuova interpretazione di questa organizzazione finanziaria e amministrativa. Il ad-diwan al-ma'mur, l'ufficio centrale predisposto per il lavoro generale e di routine a Palermo, era diretto dal ciambellano principale del palazzo reale, affiancato da due ciambellani subordinati. La duana de secretis, l'ufficio che a Palermo sovraintendeva agli speciali dazii riguardanti l'amministrazione della terra, era diretta da uno dei due ciambellani del palazzo reale. I suoi alti ufficiali erano chiamati magistri duane de secretis, ashab diwan at-tahqiq al-mἁ mur, οἱ ἐπὶ τοῦ μεγάλου σεκρέτου (οἱ ἐπὶ τοῦ σεκρέτου), O οἱ ἂρχοντες τοῦ σεκρέτον. La duana baronum, un ufficio distaccato a Salerno che doveva soddisfare l'ampia varietà di necessità amministrative locali della penisola, fu diretta dapprima dall'altro ciambellano della corte reale e successivamente dall'ammiraglio. Gli alti funzionari di questo ufficio erano chiamati magistri duane baronum oppure οἱ ἐπὶ τοû σεκρέτου τῶν ἀποκοπῶν.
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Padoa Schioppa, Caterina. "La dialettica tra città aperta e città chiusa. Il quartiere San Giusto a Prato". TERRITORIO, n.º 100 (noviembre de 2022): 130–41. http://dx.doi.org/10.3280/tr2022-100016.

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Partendo dall'osservazione, tanto del progetto quanto della forma costruita, del quartiere San Giusto a Prato di Ludovico Quaroni, ci si interroga sulla nozione di ‘città aperta' quale alternativa spaziale e ‘politica' alla tendenza della città contemporanea di organizzarsi per nuclei segregati. Se da un lato l'illusione di vivere in assenza di relazioni contestuali degenera nella formazione di enclave, dall'altro il bisogno di confini riconoscibili resta una condizione del vivere collettivo. San Giusto, con le sue corti aperte ma capaci di definire spazi circoscritti, sembra ancora offrire, a settant'anni dalla sua concezione, una forma ‘progressista' dell'abitare, in cui morfologia architettonica e urbana concorrono a favorire relazioni dialogiche tra individuo e comunità.
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Panico, Angelo. "Un foro nella realtà. Dai circumvisionisti al neo realismo di Carlo Bernari". Forum Italicum: A Journal of Italian Studies 52, n.º 2 (13 de marzo de 2018): 377–86. http://dx.doi.org/10.1177/0014585818757423.

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Negli anni ‘30 del Novecento nasce nell’Italia Meridionale un movimento culturale ctonio che, operando al di sotto della censura fascista, tenta di restituire all’arte la libertà di espressione – e ispirazione – necessaria a rappresentare la nuova realtà delle cose. Così, nella clandestinità che il momento storico imponeva, si sviluppa una vera e propria avanguardia (testimoniata dal manifesto dell’U.D.A.) orientata verso una nuova forma di realismo ben distante dalle formule canonizzate della retorica naturalistica. Spinti dalla volontà di fondare una nuova arte che riacquisti il rapporto dialettico con il reale e affascinati dal pensiero materialistico, i circumvisionisti, collegandosi alla situazione sociale meridionale e ai grandi eventi della vita contemporanea, elaboravano, come un magma germinativo, gli studi sulla nuova “grammatica della visione” (Maria Corti Principi della comunicazione letteraria), volti a fornire una precisa descrizione della realtà emersa a ridosso della Liberazione. Quanto più profonde si fanno le ricerche nel terreno culturale della clandestinità e quanto più diventano aderenti i percorsi critici alla rete di passaggi sotterranei, tanto più risulta essere opportuno soffermarsi sulla mostra di Capri nel 1928 del primo circumvisionismo, sul manifesto Uda del 1929 di Carlo Bernari, Paolo Ricci e Guglielmo Pierce come punto di partenza del primo neorealismo napoletano, al fine di delineare una macrocategoria estetica (come preciserà Bernari) non ancora cristallizzata in una vera e propria etichetta, ma aperta alle sperimentazioni avanguardistiche europee.
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Mclver, Katherine A. "Venturelli Roberto, La corte Farnesiana di Parma (1560-1570): programmazione artistica e identità culturale (Europa delle Corti. Centro studi sulle società di antico regime. Biblioteca del Cinquecento, 94.) Rome: Bulzoni, 1999. 190 pp. Euro 18.08. ISBN: 88-8319-412-8." Renaissance Quarterly 55, n.º 3 (2002): 1072–74. http://dx.doi.org/10.2307/1261578.

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Brigstocke, Hugh. "The 5th Earl of Exeter as Grand Tourist and Collector". Papers of the British School at Rome 72 (noviembre de 2004): 331–56. http://dx.doi.org/10.1017/s0068246200002750.

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Resumen
IL V EARL DI EXETER COME GRAN TURISTA E COLLEZIONISTACon questo articolo si analizzano e documentano i viaggi italiani e la collezione di quadri di John Cecil di Burghley House (1648–1700), che, dopo aver ottenuto il titolo di V Earl di Exeter nel 1678, fece una serie di grandi viaggi in Italia nel 1679–81, 1683–4 e 1699–1700, prima di morire vicino Parigi nel 1700 sulla via del ritorno a casa. Durante questi viaggi, che si estesero lungo l'intera penisola italiana, da Torino a Napoli, egli sviluppò un notevole desiderio, senza paragoni per i suoi tempi, di acquisire pitture contemporanee barocche, come estensione del suo progetto di rinnovare Burghley House, originariamente costruita tra il 1555 e il 1587. Il gusto artistico di Exeter, che abbracciò artisti come Carlo Dolci e Benedetto Gennari, così pure Calandrucci, Chiari, Gaulli, Giordano, Maratti, Preti, Recco, Ruoppolo e Trevisani, riflette per molti versi quello della corte di re Carlo II. Per la decorazione delle stanze reali a Burghley, compresa la Heaven Room e la Hell Staircase egli impiegò anche Antonio Verrio, che aveva lavorato per re Carlo a Windsor. Rimase leale alla causa Stuart per tutta la sua vita, votò contro il trasferimento del potere a William e Mary in tutte le divisioni parlamentari, e si rifiutò di presenziare come Hereditary Grand Almoner alla loro incoronazione; e avendo anche rifiutato di fare il Giuramento di Fedeltà non mise più piede nella House of Lords dopo il 13 febbraio del 1689. La disaffezione nei confronti del regime protestante ha avuto certamente un ruolo nell'ultima visita degli Exeter a Roma con i loro due figli più giovani, in occasione del Giubileo del Papa del 1699–1700.
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Carroll, Maureen. "Exploring the sanctuary of Venus and its sacred grove: politics, cult and identity in Roman Pompeii". Papers of the British School at Rome 78 (noviembre de 2010): 63–106. http://dx.doi.org/10.1017/s0068246200000817.

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Resumen
Sommarii:Indagini archeologiche condotte nel tempio di Venere a Pompei hanno dimostrato che il santuario fu costruito su un triplice portico e che degli alberi furono sistemati nella corte intorno a tre lati del tempio. Questo paesaggio è contemporaneo alia costruzione del tempio romano della metà del I secolo a.C, ed è uno dei boschi consacrati piu antichi nel mondo romano per il quale si abbiano evidenze archeologiche. I risultati del lavoro archeologico gettano luce non solo sul paesaggio del sito, ma anche su vari importanti aspetti correlati con gli sviluppi originari del recinto e dell'uso del suolo nella colonia di Pompei. Una riflessione dell'evidenza archeologica e storica e delle circostanze sociali della città nel I secolo a.C. suggerisce che il tempio e il bosco sacro degli dei tutelari della città simboleggiavano sia l'identità politica sia la divina sanzione della Pompei romana.
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Tomas, Émilie y Kewin Pêche-Quilichini. "Serra-di-Scopamène et Sorbollano (Corse-du-Sud). La fortification médiévale de Cuciurpula". Archéologie médiévale, n.º 39 (1 de diciembre de 2009): 296–97. http://dx.doi.org/10.4000/archeomed.20442.

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Stevenson, Judy. "Glass Lamps from San Vincenzo al Volturno, Molise". Papers of the British School at Rome 56 (noviembre de 1988): 198–209. http://dx.doi.org/10.1017/s0068246200009600.

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Resumen
LUCERNE VITREE DA SAN VINCENZO AL VOLTURNO, MOLISEA. S. Vincenzo al Volturno è stata rinvenuta un'interessante forma di lucerna vitrea, all'interno delle strutture della villa di V–VI secolo d.C.; “copie” di questa forma sono state riprodotte, nel IX secolo, nelle officine vetrarie annesse alla famosa abbazia benedettina. Queste lucerne possono essere riconosciute dalla forma dei manici, che si connettono alla parte superiore dell'orlo, staccandosi verticalmente da esso. Inoltre sembra che le lucerne fossero dotate di basi concave, in grado di sorreggere il pezzo, simili a quelle di una bottiglia. Le lucerne di V e VI secolo sembra avessero tre manici, laddove in quelle di IX se ne riscontrano solo due.È stato ricostruito il profilo completo di una lucerna databile fra V e VI secolo. Da altri tre siti di mia conoscenza provengono simili forme cronologicamente collocabili fra V e VI secolo: Belmonte presso Altamura, in Puglia; S. Giovanni di Ruoti presso Potenza, in Basilicata; via Carminiello ai Mannesi, a Napoli.Nell'articolo si discute l'ipotesi di una regionalizzazione della forma, nonché la possibilità di un unico centro di produzione per la regione, fra V e VI secolo; si adombra inoltre l'idea di una rinascita di tradizioni Romane e Tardo-Romane nel IX secolo.Altre forma di lucerne, come ad esempio quelle sospese a corto gambo, sono altresi ampiamente testimoniate a S. Vincenzo per ambedue i periodi di cui ci si sta occupando.
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Acucella, Cristina. "Poeti della corte di Federico II. Donato Pirovano, ed. Rome: Salerno Editrice, 2020. lxxviii + 726 pp. €24." Renaissance Quarterly 75, n.º 3 (2022): 1097–99. http://dx.doi.org/10.1017/rqx.2022.297.

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Pellecchia, Linda. "Review: La chiesa di Santa Maria delle Carceri in Prato by Piero Morselli, Gino Corti". Journal of the Society of Architectural Historians 44, n.º 2 (1 de mayo de 1985): 184–86. http://dx.doi.org/10.2307/990029.

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Denti, Giovanni. "Vienna, il crepuscolo del mondo di ieri e l'alba del mondo nuovo". TERRITORIO, n.º 58 (septiembre de 2011): 155–60. http://dx.doi.org/10.3280/tr2011-058015.

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Resumen
La costruzione degli Höfe viennesi č stata un'autentica epopea: teorici dell'austro marxismo come Otto Bauer vedevano nella realizzazione dei grandi complessi residenziali la concretizzazione del «Mondo nuovo» che avrebbe dato nuova dignitŕ sociale e culturale alla classe operaia fi no a quel momento sfruttata: il «mondo di ieri» contro il mondo nuovo. La contrapposizione tra quartieri operai e cittŕ borghese era sottolineata anche dai caratteri architettonici di questi nuovi complessi residenziali: grandi corti chiuse, ove erano concentrate le funzioni collettive e culturali, accessi trattati come «porte» e in alcuni casi, come il Karl Marx-Hof, torrette distribuite lungo la facciata che restituivano l'immagine di un sistema fortezze, simbolicamente accerchianti la Vienna edifi cata negli ultimi giorni dell'impero, costruita attorno al Ring. A distanza di circa novant'anni lo stratifi carsi della storia ha conferito alle diverse parti di Vienna un carattere fortemente coeso: come avrebbe detto Robert Musil «tutto si č amalgamato»
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Wright, A. D. "French policy in Italy and the Jesuits, 1607–38". Papers of the British School at Rome 75 (noviembre de 2007): 275–86. http://dx.doi.org/10.1017/s0068246200003561.

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Resumen
LA POLITICA FRANCESE IN ITALIA E I GESUITI, 1607–38Agli inizi della guerra dei Trent'anni (1618–48) le ostilità affliggevano la penisola italiana, benché il conflitto fosse iniziato nei territori boemi e tedeschi. Queste estensioni della guerra erano dovute in gran parte all'intervento francese nella penisola, anche prima che la Francia entrasse apertamente nella guerra principale (1635). Un simile intervento preliminare minacciò da solo di sciogliere la solidarietà cattolica, per cui fu criticato non solo in Italia ma, nella Francia stessa, anche da alcuni estremisti cattolici, che si opponevano alia politica estera del cardinale Richelieu, primo ministro di Luigi XIII. Un recente studio ha dimostrato convincentemente che la presenza, durante la guerra, presso varie corti cattoliche, di confessori della casa reale rappresentati dalla Compagnia di Gesù non risultava in nessuna normale politica adottata dagli stati cattolici che furono coinvolti nella guerra. Un'ulteriore ricerca negli archivi centrali dei Gesuiti a Roma, qui presentata, rivela quanto complessi e ambigui erano gli interessi della società, quando la politica francese colpiva gli affari italiani.
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Malvestio, Marco. "Metlica, Alessandro. Le seduzioni della pace. Giovan Battista Marino, le feste di corte e la Francia barocca". Renaissance and Reformation 43, n.º 3 (21 de diciembre de 2020): 329–31. http://dx.doi.org/10.33137/rr.v43i3.35341.

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Bertozzi (book editor), Marco y Antonio Franceschetti (review author). "Alla corte degli Estensi: Filosofia, arte e cultura a Ferrara nei secoli XV e XVI. Atti del Convegno Internazionale di Studi, Ferrara, 5-7 marzo 1992". Quaderni d'italianistica 16, n.º 2 (1 de octubre de 1995): 330–31. http://dx.doi.org/10.33137/q.i..v16i2.10370.

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De Girolami Cheney, Liana. "Marco Ruffini. Le imprese del drago: Politica, emblematica e scienze naturali alla corte di Gregorio XIII (1572–1585). Europa delle Corti 118. Rome: Bulzoni Editore, 2005. 166 pp. index. illus. map. €15. ISBN: 88-7870-065-7." Renaissance Quarterly 59, n.º 4 (2006): 1274–75. http://dx.doi.org/10.1353/ren.2008.0470.

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Hodges, Richard, Sheila Gibson y Andrew Hanasz. "Campo la Fontana: a late eighth-century triconch chapel and the Ponte Latrone at the entrance to the territory of San Vincenzo al Volturno". Papers of the British School at Rome 58 (noviembre de 1990): 273–97. http://dx.doi.org/10.1017/s0068246200011673.

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Resumen
CAMPO LA FONTANA: UNA TRICORA DEL TARDO VIII SECOLO D.C. E IL PONTE LATRONE ALL'INGRESSO DEL TERRITORIO DI SAN VINCENZO AL VOLTURNOUna tricora altomedievale è stata identificata da Franco Valente nel 1985 accanto al Ponte Latrone (una costruzione romana che attraversa il fiume Volturno presso Venafro). La tricora, che evidenzia numerose similarità con la Chiesa della Cripta a San Vincenzo al Volturno, presenta tre fasi principali. La prima è costituita da una cappella con corto nartece che porta a un abside ben costruita. La cappella aveva un'ampia porta, una piccola finestra strombata nel lobo dell'abside centrale e un tetto a cupola. La malta rinzaffata sui muri esterni e la costruzione stessa dell'abside riportano alla tecnica di lavorazione adottata a San Vincenzo nella fase 3c (ca 780–800 d.C). Nella seconda fase la cupola viene sostituita da un tetto voltato. Nel corso della terza, durante il XVIII e XIX secolo, il nartece fu ristrutturato per accogliere nel primo piano un fienile, mentre l'abside fu adattata a stalla. È probabile che questa cappella sorgesse al limite meridionale del territorio di San Vincenzo al Volturno.
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Clines, Robert John. "Natural desiderio di sapere: Roma barocca fra vecchi e nuovi mondi. Sabina Brevaglieri. La corte dei papi 31. Rome: Viella, 2019. 472 pp. €49." Renaissance Quarterly 74, n.º 1 (2021): 283–84. http://dx.doi.org/10.1017/rqx.2020.356.

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Mazzocco, Angelo. "Alessandro Ferrajoli. Il ruolo della corte di Leone X (1514-1516). Ed. Vincenzo De Caprio. Rome: Bulzoni Editore, 1984. xxxviii + 602 pp. L. 55,000." Renaissance Quarterly 40, n.º 1 (1987): 104–7. http://dx.doi.org/10.2307/2861841.

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Kisacky, Julia M. "Il romanzo e la corte: “L'Inamoramento de Orlando” di Boiardo. Roberto Galbiati. Lingue e Letterature Carocci 264. Rome: Carocci Editore, 2018. 158 pp. €16." Renaissance Quarterly 73, n.º 3 (2020): 1103–4. http://dx.doi.org/10.1017/rqx.2020.194.

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Ilardi, Vincent. "Giorgio Chittolini, ed. Gli Sforza, la Chiesa lombarda, la corte di Roma: Strutture e pratiche beneficiarie nel ducato di Milano (1450-1535). (Europa Mediterranea Quaderni, 4.) Naples: Liguori Editore, 1989. xxi + 398 pp. L.39,500." Renaissance Quarterly 45, n.º 2 (1992): 357–60. http://dx.doi.org/10.2307/2862756.

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Feeney, D. C. "G. B. Conte, Generi e lettori: Lucrezio, l'elegia d'amore, l'enciclopedia di Plinio (Saggi di letteratura). Milan: Mondadori, 1991. Pp. vi + 179. ISBN 88-04-34211-0. L 35,000." Journal of Roman Studies 82 (noviembre de 1992): 237. http://dx.doi.org/10.2307/301299.

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Holman, Beth L. "Leandro Ventura. Lorenzo Leonbruno: Un pittore a corte nella Mantova di primo Cinquecento. Rome: Bulzoni Editore, 1995. 188 illus. + 354 pp. IL 90,000. ISBN: n.a." Renaissance Quarterly 51, n.º 4 (1998): 1350–51. http://dx.doi.org/10.2307/2901979.

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Ordeig Corsini, José María. "El proyecto urbano como estrategia. A propósito de un Convegno". Ra. Revista de Arquitectura 1 (11 de mayo de 2018): 56–60. http://dx.doi.org/10.15581/014.1.25990.

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Resumen
Hoy está adquiriendo una importancia capital la relación estratégica entre los planes a largo y a corto plazo. Intentar delimitar tal estrategia es punto clave de debate, porque las actuaciones que se reclaman pretenden otorgar una identidad que nunca antes se había considerado con tanta fuerza, y que han conducido a exageraciones, bajo la cobertura de las ideas de nueva centralidad y de emblematismo. El tema se aborda intentando superar la dialéctica genérica entre la fiexibilidad y el control para distinguir especificamente algunas vertientes que deben ser más controladas y que fueron objeto de debate en el Convegno de Prato de octubre de 1995, bajo el titulo Le Cittá a Confronto con i Processi di Metropolizzazione. La conclusión aparece como paradójica en cuanto a la importancia de la forma respecto de la función, apuntando a la necesidad de reconsiderar la práctica actual urbanística, todavía anclada -a pesar de su revisión teórica- en los principios del zoning.
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