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Daminato, Federica <1988&gt. "TURISMO CULTURALE E TERRITORIO. LUOGHI E ARTE NELL'ALTA PIANURA VENETA TRA BRENTA E SILE". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/4008.

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Sokolova, Iana. "Pittura veneta a San Pietroburgo sotto i regni di Elisabetta e Caterina II (1741-1796)". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2019. http://hdl.handle.net/11577/3423318.

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Resumen
Il presente lavoro pone la lente d’ingrandimento sui rapporti artistici e culturali intercorsi tra la Repubblica di Venezia e l’Impero Russo nel XVIII secolo, dando rilievo alla presenza della pittura veneta a San Pietroburgo. Il consolidamento dei legami con Venezia, avviato nell’epoca di Pietro il Grande, aveva permesso alla pittura veneta di ‘espandersi’ fino alle sponde della città sul fiume Neva. Negli anni venti del Settecento il primo pittore veneto ad arrivare in Russia è Bartolomeo Tarsia, mentre bisogna aspettare il regno di Elisabetta Petrovna, figlia dello zar Pietro, per vedere all’opera contemporaneamente un gran numero di artisti veneti: Giuseppe Valeriani, Antonio Peresinotti, Pietro e Francesco Gradizzi, Francesco Fontebasso, Pietro Rotari, Andrea Urbani e Carlo Zucchi. In primo luogo, sono state indagate le condizioni di vita e di lavoro dei pittori veneti a San Pietroburgo con un’attenzione particolare agli ingaggi, ai privilegi e ai rapporti relazionali. Successivamente si sono prese in esame da una parte l’attività decorativa all’interno delle fastose residenze imperiali, come i Palazzi d’Inverno, i Palazzi d’Estate, il palazzo di Caterina a Tsarskoe Selo e quello di Peterhof, dall’altra l’insegnamento nelle più grandi istituzioni di formazione artistica della Russia dell’epoca. Sono stati poi delineati i profili biografici di Diego Bodissoni, Giuseppe Dall’Oglio e Pano Maruzzi, attivi come intermediari e commercianti d’arte, i quali hanno il merito di aver favorito l’approdo di dipinti della scuola veneta a San Pietroburgo.
The present work places the magnifying glass on the artistic and cultural relations between the Republic of Venice and the Russian Empire in the eighteenth century, highlighting the presence of Venetian painting in St. Petersburg. The consolidation of ties with Venice, initiated in the era of Peter the Great, had allowed Venetian painting to 'expand' to the banks of the city on the Neva river. In the 1720s the first Venetian painter to arrive in Russia was Bartolomeo Tarsia, while it was necessary to wait for the reign of Elisabetta Petrovna, daughter of Tsar Pietro, to see a large number of Venetian artists at work at the same time: Giuseppe Valeriani, Antonio Peresinotti, Pietro and Francesco Gradizzi, Francesco Fontebasso, Pietro Rotari, Andrea Urbani and Carlo Zucchi. First of all, the living and working conditions of Venetian painters in St. Petersburg were investigated, with particular attention paid to engagements, privileges and interpersonal relations. Subsequently, the decorative activity within the sumptuous imperial residences, such as the Winter Palaces, the Summer Palaces, the Catherine Palace in Tsarskoe Selo and the Peterhof Palace, were examined on one hand, while on the other hand, the teaching in the largest institutions of artistic education in Russia at the time. The biographical profiles of Diego Bodissoni, Giuseppe Dall'Oglio and Pano Maruzzi were also outlined, active as intermediaries and art dealers, who have the merit of having favoured the arrival of paintings of the Venetian school in St. Petersburg.
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3

Ciocci, Margherita <1990&gt. "Takashi Murakami: arte in vendita". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2015. http://hdl.handle.net/10579/6170.

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Pierantoni, Lisa <1989&gt. "Fra arte e politica: Francesco Galvagna (1773-1860), presidente dell'Accademia di Belle Arti a Venezia". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2015. http://hdl.handle.net/10579/6400.

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Resumen
L'elaborato ha lo scopo di chiarire molti aspetti della figura di un uomo vissuto nel diciannovesimo secolo, il barone Francesco di Galvagna, attraverso la ricostruzione della sua biografia e del suo operato durante la Presidenza dell'Accademia di Belle Arti a Venezia. La formulazione della biografia cosi come l'attività svolta presso l'Accademia sono fondate su testi del XIX secolo e su documenti d'archivio provenienti da diversi istituti. Il primo capitolo dell'elaborato è un'introduzione che tratta della personalità del Galvagna, ne descrive sommariamente i ruoli professionali, la situazione familiare, gli edifici in cui visse ed infine la collezione che conservò all'interno del Palazzo Savorgna. I capitoli seguenti invece trattano dell'operato di Francesco di Galvagna nelle vesti di Presidente dell'Accademia, nominato Presidente nel 1839 conservò il suo ruolo fino al 1851. Durante questi undici anni di presidenza cercò di risolvere i problemi di primaria importanza per l'Accademia. Si occupò in primo luogo dell'emanazione di un nuovo Statuto e Regolamento, organizzò e seguì con estrema attenzione la progettazione di una nuova ala dell'istituto ed infine curò gli aspetti amministrativi dell'erezione del monumento in onore a Tiziano nella Chiesa dei Frari a Venezia. A meno di due secoli dalla sua morte, Francesco di Galvagna meriterebbe la giusta attenzione riguardo alla sua attività sia per i suoi meriti ottenuti nella politica che per quelli legati all'ambito artistico.
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Villalonga, Fermín José. "El comercio electrónico de la venta de arte". Bachelor's thesis, Universidad Nacional de Cuyo. Facultad de Ciencias Económicas, 2013. http://bdigital.uncu.edu.ar/5623.

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Resumen
Desde la aparición de Internet como medio de comunicación masivo, los gustos y patrones de compra han cambiado notablemente. En la actualidad, se opta por comprar productos y contratar servicios utilizando medios electrónicos. Estos operan a toda hora y pueden ser visitados desde casi cualquier punto del planeta. De esta manera los clientes encuentran al instante y desde la comodidad de sus hogares:  Información exacta y oportuna de cada producto o servicio.  Elevada oferta de productos de todas partes del mundo.  Precios y planes de pago muy convenientes.  Una logística de envío pensada para cada necesidad. No es motivo de este trabajo demostrar los gustos y preferencias actuales. Pero es de vital importancia comprender que, estos cambios producidos en gran parte por los avances tecnológicos, conducen indudablemente a reformar la manera clásica de ofrecer los productos y servicios que se pretenden comercializar. Motivado por esta situación fue que se decidió abordar una investigación orientada a desarrollar un negocio que logre sacar provecho de esta novedosa y exitosa variante del mercado. Se escogió el mercado del arte para llevar a cabo el estudio, por ser ampliamente conocido por el autor y su familia. Además, la idea de llevar el convencional y clásico mercado de obras de arte a un plano moderno y poco habitual, se presentó desde el principio como un interesante desafío.
Fil: Villalonga, Fermín José. Universidad Nacional de Cuyo. Facultad de Ciencias Económicas.
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Fornasiero, Alice <1989&gt. "Influenze venete nella pittura boema. Dipinti di Jacopo Tintoretto nel castello di Praga, artisti boemi a Venezia". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/3109.

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Resumen
Il soggetto della presente tesi magistrale è stato concepito durante il mio soggiorno a Praga, dove sono rimasta particolarmente colpita dai dipinti veneti presenti nella galleria del castello di Praga. Ho voluto concentrare la mia ricerca in particolare sui dipinti di Jacopo Tintoretto che sono passati nelle collezioni del castello di Praga: da quelli direttamente commissionati all’artista da Rodolfo II, a quelli che vi sono arrivati successivamente con l’acquisto della collezione dei duca di Buckingham da parte dell’arciduca d’Austria Leopoldo Guglielmo dopo il 1649. Il risultato è un nucleo totale di circa tredici dipinti eseguiti da Jacopo Tintoretto di cui oggi soltanto tre sono rimasti nel castello: la Flagellazione di Cristo, l’Adorazione dei pastori e il Cristo e l’Adultera. Basandomi principalmente sulla Guida del Castello di Praga di J. Neumann, ho cercato di ricostruire il percorso dei singoli dipinti definendo il periodo in cui sarebbero rimasti nel castello di Praga e quindi avrebbero potuto essere visti da altri artisti come Karel Škreta e Petr Brandl. Nei capitoli successivi spazio è dedicato ai rapporti intercorsi tra Rodolfo II e i pittori veneti, nonché a ribadire l’assoluto apprezzamento della pittura veneta da parte dell’imperatore, in particolare facendo riferimento alle sue commissioni a Paolo Veronese e probabilmente a Jacopo Tintoretto e alla cospicua presenza di pittori veneti nelle sue collezioni. Nei capitoli successivi si è approfondita l’influenza della pittura veneziana su artisti del Barocco boemo, in particolare di Karel Škreta. Già noto era il viaggio dell’artista in Italia, di conseguenza ho rivolto la mia attenzione sul suo soggiorno a Venezia e sui suoi rapporti con i dipinti veneziani presenti nella galleria del castello di Praga dove pare avesse accesso e dove si sarebbe personalmente occupato del restauro di un dipinto di Jacopo Tintoretto. Anche Petr Brandl è stato oggetto della mia indagine. Nonostante sia ormai certo che Brandl non uscì mai dai confini della Boemia, sono percettibili nella sua pittura elementi di influenza italiana. In particolare ho cercato di rintracciare i mezzi attraverso i quali Brandl avrebbe potuto venire a contatto con l’arte italiana, nello specifico veneziana. Sicuramente una spiegazione è da ritrovarsi nel suo primo insegnante, Christian Schröder che in Italia aveva soggiornato quattro anni, viaggiando a Roma e a Venezia. Schröder aveva libero accesso alla galleria del castello di Praga in qualità di guardiano e lì aveva copiato una serie di 43 dipinti commissionati da Gundakar Dietrichstein per il castello di Libochovice circa negli stessi anni in cui Brandl era suo allievo. Quindi anche Brandl avrebbe potuto avere accesso alla galleria e copiare i grandi maestri. Ancora da indagare è il ruolo che Brandl avrebbe avuto nella realizzazione della serie di copie per Libochovice tra le quali la maggior parte erano dipinti di artisti veneti come Veronese, Tintoretto, Bassano. Nell’ultima parte della tesi spazio è dedicato alla figura di Christian Schröder e alla sua attività di copista in particolare per il castello di Lobochovice, ipotizzando un suo ruolo più importante nella formazione del giovane Brandl. Un capitolo che apre interessanti prospettive anche per quanto riguarda i dipinti originali che furono copiati. Confrontando l’originale nel castello di Praga con la copia di Schröder, ho già avuto modo di scoprire che la Flagellazione di Cristo di Jacopo Tintoretto è in realtà un frammento, probabilmente tagliato nel corso del XVIII secolo. Una ricerca più approfondita rivelerebbe certamente interessanti particolari, qui in appendice ci si è limitati a darne alcuni assaggi.
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Da, Re Elena <1995&gt. "L'innovativa arte di esporre: Harald Szeemann a Venezia". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2020. http://hdl.handle.net/10579/17663.

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L’elaborato consiste in un’analisi del cambiamento della figura curatoriale nel corso dei secoli. Da figura poco nota legata al sistema museale, il curatore è divenuto nel corso dei secoli una figura professionale sempre più indipendente e apprezzata nel sistema artistico. Harald Szeemann è stato un importante critico d’arte e curatore svizzero che ha innovato e rivoluzionato la pratica curatoriale nel dopo guerra attraverso le famose mostre in Svizzera e Germania. L’interazione fra artista, curatore e pubblico diventa la caratteristica delle nuove esposizioni contemporanee. Harald Szeemann ha potuto lasciare la sua impronta anche in Italia nel 1980 quando è stato chiamato insieme ad Achille Bonito Oliva, importante curatore italiano, a curare una sezione della Biennale denominata “Aperto ‘80”, spazio dedicato ai giovani artisti emergenti. Szeemann ha inoltre curato due importanti edizioni della Biennale: “dAPERTutto” nel 1999 e successivamente “Platea dell’umanità” nel 2001.
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Lorenzin, Ruggero. "Francesco Zorzi Veneto - De harmonia mundi totius cantica tria (Venezia, 1525) - Teorie musicali e kabbalah". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2013. http://hdl.handle.net/11577/3425263.

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Resumen
The work presents the results of the research project whose aim is to investigate the connection between the Renaissance music theory and the mathematical science; it takes into particular account the testimonies produced and collected in Veneto. In particular, the focus of the research is the link between the harmonic proportions, the numerology and the cabalistic symbolism contained in the treaty “Deh armonia mundi totius” by Francesco Zorzi, published in Venice, in 1525. The first section is focused on the work of Zorzi and on its musical sources, which have been identified through the perusing of “De harmonia mundi totius”. The analysis allowed to highlight a number of similarities and differences, which existed in the Venetian area in the16th Century, between the numerological system used by the traditional theory of music proportions and the Kabbalah. It has been verified how the numbers, used by the western culture to describe the tones and the tunes, can find symbolic and religious confirmations in the esoteric and mystical Hebraic teachings. So strong are these connections that they might provide the explanation for the universal order – in the duplex dimension of microcosm and macrocosm – and, therefore, stress the relation between music and the creative power of God. The passages of the treaty in which music is considered under this perspective are gathered in a specific appendix in which they are given both in Latin – the original language – and in Italian. The second section analyses the massive quantity of musical references, which can be found in “De harmonia mundi totius”, and which were examined by musicologists, but never with systematic criteria. Since Zorzi developed the theory of universal harmony from a philosophical, scientific and musical point of view, it has been of vital importance to determine the analogy with the Platonic and Pythagorean tradition. Particular attention has been paid to the fact that the position of the planets, the balance between the four elements (fire, water, air and earth), the numerical series, the geometrical figures and the bond between microcosm and macrocosm, appear to be following the same musical proportions. Moreover, the section describes the changes from the traditional musical theory to a new musical scale that followed a peculiar system of numerical series. Such is the originality of the relation between the cabalistic numerology and the musical proportions that the thesis analyses the connection established by the Kabbalah between every letter or word and the numerology. From the musicological point of view, De harmonia mundi totius is important because it offers many references to exoteric works such as Corpus Hemeticus, by Ermete Trismegito, De vita, by Ficino, and other texts connected with the cabalistic literature or the Bible tradition. As far as it is concerned, the iconographic elements from the Medieval tradition, such as the comparison between the mythological figures of the Muses and the Cherubs and Seraphs, can be studied following a new point of view. The investigation of the planets through musical scales, as far as the description of the “City of Light” through the musical concept of Apocalypse, were common at that time. Zorzi, though, crossed the boundaries and to explain these phenomena through a set of precise proportions connected one more time with the Kabbalah. The final section focuses on the correspondence between Zorzi’s theory and those of the distinguished Renaissance theorists, Franchino Garuffio and Gioseffo Zarlino. In particular, the section describes the analogies and the variances in treating the concepts of harmony and proportion. The research has been conducted through the constant consultation of the vast bibliography dedicated to Zorzi’s treaty and, from a musicological point of view, it has privileged the aspects concerning the musical repertoire and the executive praxis that characterised the period between the 15th and the 16th Century. As far as the connection between musical numerology and Kabbalah is concerned, the work aims to decode the complex system of calculations and iconographic correspondences, full of wisdom and even magical references, which represent the cornerstone of Francesco Zorzi’s theoretical system. The achieved results lead to the reevaluation of Zorzi’s figure as a music theorist. In fact, even though, from a certain point of view, De harmonia mundi totius aligns with the ancient and Medieval theories on consonances, it is evident that the author will is that of laying the foundations for the experimentation on the polyphonic language.
La tesi raccoglie i risultati del progetto di ricerca che ha avuto come obiettivo l’indagare i rapporti esistenti tra la teoria musicale rinascimentale e le scienze matematiche, considerando soprattutto le testimonianze prodotte in area veneta. In particolare, la riflessione si è concentrata sulle relazioni tra le proporzioni armoniche, la numerologia e la simbologia cabalistica contenute nel trattato di Francesco Zorzi De harmonia mundi totius, pubblicato a Venezia nel 1525. La prima sezione della tesi è dedicata all’opera dello Zorzi e alle sue fonti, specialmente a quelle di natura musicale che sono state individuate attraverso un’indagine analitica conseguente alla lettura e allo studio integrale del trattato De harmonia mundi totius. È stato così possibile enucleare una serie di analogie e divergenze presenti in area veneta nel secolo XVI tra il sistema numerologico utilizzato dalla teoria tradizionale delle proporzioni musicali e quello della kabbalah. In pratica, è stato verificato in quale misura i numeri utilizzati dalla cultura occidentale per descrivere gli intervalli e le consonanze musicali possano trovare precisi riscontri di ordine simbolico e religioso negli insegnamenti esoterici e mistici propri dell’ebraismo, fino a spiegare l’ordine dell’universo (nella duplice dimensione di macrocosmo e microcosmo) e, quindi, evidenziare sotto una nuova luce lo stretto rapporto che si voleva esistesse tra l’opera creatrice di Dio e la musica. In un’apposita appendice sono stati trascritti tutti i passi del trattato di Francesco Zorzi nei quali si parla di musica secondo questa prospettiva. Essi sono stati ordinati nell’originaria versione in lingua latina e nella traduzione in quella italiana, indicando per ognuno le fonti relative. La seconda sezione della tesi è dedicata all’analisi della ragguardevole quantità di riferimenti musicali disseminati nel trattato De harmonia mundi totius, ripetutamente presi in esame dai musicologi, mai però con criteri sistematici. Poiché lo Zorzi sviluppa la teoria dell’armonia universale da un punto di vista filosofico, scientifico e musicale che privilegia il linguaggio delle proporzioni, è stato prioritario stabilire i punti in comune con la tradizione platonica e pitagorica, con particolare riguardo per: l’utilizzo del linguaggio delle proporzioni musicali nella definizione della disposizione dei pianeti; il rapporto tra gli elementi naturali (terra, aria, acqua e fuoco), le serie numeriche e le figure geometriche; il legame del macrocosmo con il microcosmo, che si corrispondono secondo le medesime proporzioni musicali. Inoltre sono state illustrate le novità proposte dallo Zorzi rispetto alla teoria musicale tradizionale, in particolare il suo sistema di suddivisione della scala musicale e la sua rielaborazione del sistema delle serie numeriche. Risultando originale, per vari aspetti, anche l’accostamento che lo Zorzi propone tra la numerologia cabalistica e il linguaggio delle proporzioni musicali, si è cercato quindi di individuare e analizzare la natura del rapporto posto tra il valore numerico assegnato dalla kabbalah ad ogni lettera o parola e la numerologia delle serie musicali. Dal punto di vista musicologico, il trattato De harmonia mundi totius è importante anche per i numerosi riferimenti musicali ed organologici, che sono stati analizzati con attenzione per gli aspetti riconducibili in primo luogo a testi esoterici come il Corpus hermeticum di Ermete Trismegisto, alla letteratura cabalistica come il De vita del Ficino o, ancora, alla tradizione ebraica dei testi biblici. Considerati in questo contesto, assumono nuovi significati gli stessi elementi iconografici e organologici derivati dalla tradizione medievale, come l’accostamento delle figure mitologiche delle Muse a quelle delle schiere dei Cherubini o dei Serafini. Era consueto anche indagare i pianeti per mezzo degli intervalli musicali, come pure illustrare la «Città della luce» attraverso la visione musicale dell’Apocalisse, ma lo Zorzi si spinge oltre fino a descriverne le dimensioni attraverso precise proporzioni legate, ancora una volta, alla simbologia numerica della kabbalah. Considerato l’interesse che il trattato De harmonia mundi totius riserva alla teoria musicale e all’organologia, nella sezione conclusiva della tesi sono state indagate le corrispondenze esistenti tra le teorie dello Zorzi e quelle di alcuni tra i più autorevoli trattatisti del Rinascimento attivi in area veneta, quali Franchino Gaffurio e Gioseffo Zarlino. In particolare, sono stati verificati quali siano i punti in comune e le divergenze che intercorrono tra i vari teorici nella discussione dei concetti di armonia e proporzione, nell’interpretazione delle fonti iconografiche e nell’utilizzo delle testimonianze organologiche. La ricerca è stata sviluppata attraverso un costante confronto con l’ampia bibliografia dedicata al trattato di Francesco Zorzi e che, dal punto di vista musicologico, ha privilegiato gli aspetti che presentano un interesse prevalente per lo studio dei repertori musicali e la conoscenza della prassi esecutiva tra i secoli XV e XVI. Concentrandosi, invece, sul rapporto scarsamente indagato tra la numerologia della teoria musicale e quella cabbalitica, si è pervenuti a una decodificazione dei complessi calcoli numerici e delle corrispondenze simboliche e iconografiche, ricchi di rinvii sapienziali se non addirittura magici, che sono alla base del sistema teorico di Francesco Zorzi. È stata messa a fuoco l’originale rielaborazione della teoria delle proporzioni elaborata dal religioso veneziano attraverso un’abile combinazione di elementi matematici, costituiti dalla serie geometriche, aritmetiche e armoniche, e calcolo cabbalistico, fondato sulla permutazione, la duplicazione e il notariqon. I risultati ottenuti inducono a riconsiderare la figura di Francesco Zorzi come teorico musicale, superando gli schemi di lettura fin qui adottati. Infatti, se per certi aspetti il De harmonia mundi rimane in linea con la trattatistica antica e medievale, ora risulta alquanto evidente il proposito del suo autore di superare i limiti delle speculazioni tradizionali sulle consonanze e, più in generale, sull’armonia, nel tentativo di garantire delle basi scientifiche certe e aggiornate alle sperimentazioni del linguaggio polifonico.
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Checchin, Alessandra <1964&gt. "Bibliografia della pittura veneta dell'800". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/2415.

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La stesura di una "Bibliografia della pittura veneta dell'800" si propone di offrire uno strumento di supporto allo studio della pittura e degli artisti veneti del diciannovesimo secolo. Il lavoro comprende oltre 1100 schede bibliografiche ottenute prevalentemete attraverso la consultazione in internet dei cataloghi di varie biblioteche. Le schede consentono di creare dei report delle informazioni raccolte, ordinati secondo criteri diversi. La bibliografia è suddivisa in quattro parti: 1. Pubblicazioni ordinate per anno di edizione; 2. Pubblicazioni ordinate per ordine alfabetico dell'autore; 3. Titoli suddivisi per "livello bibliografico" (repertori, opere generali, monografie, cataloghi di collezioni, cataloghi di mostre, articoli o saggi brevi, tesi di laurea); 4. elenco degli studi suddivisi per ordine alfabetico degli artisti a cui si riferiscono. La bibliografia da spunto per alcuni approfondimenti , ad esempio quali artisti, quali periodi e quali luoghi sono stati maggiormente studiati. L'obiettivo a cui ambisce questo lavoro è di raccogliere il maggior numero possibile di notizie bibliografiche su tutto ciò che è stato scritto e pubblicato sui pittori, i movimenti artistici e i luoghi d'arte del Veneto nell'800.
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Cometto, Chiara <1985&gt. "Il progetto: un teatro per il Veneto. La riscoperta e la messa in scena degli autori veneti della prima met`a del Novecento". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/5085.

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La tesi analizza gli spettacoli realizzati da tre soggetti regionali, precisamente: Teatro Stabile del Veneto Carlo Goldoni, Teatri e Umanesimo Latino S.p.A e Arteven. In questo studio vengono prese in considerazione le fasi di progettazione, produzione e messa in opera di lavori teatrali scritti da autori veneti della prima metà del Novecento. L’analisi si è incentrata principalmente sulle dinamiche e i rapporti dei vari soggetti coinvolti che, con le loro risorse e competenze, hanno contribuito a rivalutare un repertorio teatrale apparentemente ‘minore’, ma fondamentale per la valorizzazione culturale del territorio veneto anche attraverso il teatro. Per dare maggiore completezza, nella prima parte del lavoro, viene presentato un sintetico excursus sulle modalità di produzione teatrale in Italia e, successivamente, una rapida panoramica sulla storia del teatro in Italia, ma soprattutto in Veneto.
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Petracco, Claudia <1992&gt. "Teatro Stabile del Veneto e Teatro Stabile del Friuli-Venezia Giulia: confronto gestionale di due organizzazioni culturali a partecipazione pubblica". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2020. http://hdl.handle.net/10579/16274.

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Lo scopo di questo lavoro di tesi è l’analisi della gestione di due Teatri Stabili regionali, del Veneto e del Friuli-Venezia Giulia, in quanto organizzazioni culturali a partecipazione pubblica. La scelta è ricaduta su questi enti in virtù della radicata cultura teatrale delle aree in cui hanno sede e della comune posizione geograficamente rilevante nel contesto europeo e mediterraneo. D’altra parte, si tratta di due città, Trieste e Venezia, che hanno avuto un percorso storico e politico di natura differente, per quanto indissolubilmente legato a causa della loro vicinanza. L’obiettivo dell’analisi è dunque definire la situazione odierna, tenendo conto delle inevitabili differenze tra le due realtà. Dopo un iniziale riepilogo del contesto culturale e delle più recenti statistiche sulla produzione e fruizione dell’arte teatrale in queste zone, si procederà ad un’approfondita descrizione dei due istituti, dando spazio ad un’analisi gestionale basata soprattutto sulle fonti pubblicamente disponibili all’interno della sezione Amministrazione Trasparente dei siti web ufficiali. A conclusione sarà richiamato il concetto di trasparenza degli enti pubblici, ne sarà descritta l'effettiva applicazione da parte dei due enti ed i limiti riscontrati per gli istituti culturali analizzati.
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Bianchi, Giovanni <1965&gt. "Arte a Venezia: 1938-1948: fermenti e segnali di rinnovamento". Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2004. http://hdl.handle.net/10579/723.

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È opinione diffusa considerare la fine degli anni trenta e i primi anni quaranta come un periodo di stasi per la storia artistica della città di Venezia; il rinnovamento infatti sarebbe cominciato soltanto nell'estate del 1945. Il lavoro qui svolto si propone di evidenziare come fermenti e segnali di rinnovamento attraversino il periodo di transizione tra gli anni trenta e gli anni quaranta dando vita a quell'aggiornamento culturale e artistico della città, che è premessa e condizione essenziale per iniziare un processo di reale trasformazione. Con quest'ottica l'obiettivo che ci siamo posti è quello di portare un contributo alla ricostruzione del sistema delle arti figurative a Venezia, tra il 1938 e il 1948; utilizzando una ricca serie di fonti di documentazione, alcune delle quali fin'ora non esplorate, e concentrando l'attenzione su alcuni temi particolari, prima non analizzati sistematicamente. Il periodo preso in considerazione (1938-1948) è stato suddiviso in tre sottoperiodi che individuano i tre capitoli della tesi: 1938 - 1939 / 1940 - 1944 / 1945 - 1948. La linea che è stata seguita nell'ordinamento del lavoro è quella di documentare l'attività e l'organizzazione dei luoghi espositivi che vengono offerti agli artisti nella città di Venezia. Vengono pertanto analizzati: le Botteghe d'Arte (1938-1948), la galleria Arcobaleno (1938-1939), la galleria Ongania (1940-1948), la galleria del Cavallino ( inaugurata nel 1942), la Piccola Galleria (1944-1947), la Galleria Venezia - Sandri (inaugurata nel 1945), ed altri spazi espositivi di minore importanza come la galleria Barozzi, la Galleria San Marco e la galleria dell'Ordine della Valigia. Nel ripercorrere le vicende di questi spazi espositivi si è cercato di far parlare il più possibile le voci dei critici dell'epoca: da Giuseppe Marchiori a Diego Valeri, da Anton Giulio Ambrosini a Berto Morucchio, da Luigi Ferrante a Gastone Breddo, da Teo Gianniotti a Silvio Branzi. Vi sono in più alcuni argomenti che esulano da questo preciso indirizzo di ricerca; questi riguardano la collezione Cardazzo e le edizioni del Cavallino, la Mostra di pittura francese contemporanea, il Premio Burano, l'associazione dell'Arco e la Scuola Libera di Arti Plastiche. Ogni capitolo è concluso da una cronologia delle attività artistiche veneziane desunta dallo spoglio sistematico della stampa periodica: della "Gazzetta di Venezia" (1938- 1940), de "Il Gazzettino" (1941-1948), de "Il Mattino del Popolo" (1947-1948). Questa permette di ripercorrere mese per mese le vicende artistiche più rilevanti che hanno interessato la città lagunare. Nel suo complesso la tesi ha richiesto un impegnativo lavoro di documentazione e di ricerca che ha comportato il recupero di testi a stampa di difficile reperimento (come i bollettini della galleria Arcobaleno o quelli della Piccola Galleria, o i cataloghi della Galleria Venezia-Sandri), di articoli pubblicati su periodici poco consultati (come "Problemi", "Veneto Liberale", "La Voce del Popolo", "II Giornale delle Venezie"), la frequentazione di archivi ordinati (Archivio Marchiori a Lendinara, l'Archivio Storico del Comune di Venezia, Archivio della Galleria del Cavallino a Venezia), ma anche ricerche tra le carte e i documenti raccolti dagli artisti stessi o salvati dai loro eredi (Archivio Anton Giulio Ambrosini, Archivio Mario Deluigi, Archivio Feruccio Bortoluzzi, Archivio Arnaldo Momo, Archivio Umberto Morucchio, Archivio Gigi De Giudici), ed infine il ricorso ad interviste dirette a protagonisti di quelle vicende. The years spanning the late Thirties and early Forties are commonly considered a period of inactivity in the artistic history of the city of Venice; indeed, resurgence would begin only in the summer of 1945. The aim of this project is to illustrate how ferment and signs of renewal traverse the transition period between the Thirties and Forties, bringing about the city's cultural and artistic renewal that is the premise and essential condition for a process of any real transformation. Among the objectives of this assignment is that of contributing to a reconstruction of the figurative arts in Venice between 1938 and 1948, using an extensive range of sources of documentation, some of which have never before been investigated, and focussing on certain specific themes not yet systematically analysed. The period examined (1938-1948) has been divided into three periods that correspond to the three chapters of the thesis: 1938-1939; 1940-1944; 1945-1948. The approach followed in structuring the work is that of documenting the activity and organisation of the exposition sites available to artists in the city of Venice. Thus, the following places are analysed: the Botteghe d'Arte (1938-1948), the Galleria Arcobaleno (1938-19939), the Galleria Ongania (1940-1948), the Galleria del Cavallino (opened in 1942), the Piccola Galleria (1944-1947), the Galleria Venezia-Sandri (opened in 1945), and other exposition spaces of lesser importance such as the Galleria Barozzi, the Galleria San Marco and the Ordine della Valigia gallery. In following the history of these spaces, considerable attention has been given to the words of the critics of the period: Giuseppe Marchiori, Diego Valeri, Anton Giulio Ambrosini, Berto Morucchio, Luigi Ferrante, Gastone Breddo, Teo Gianniotti, Silvio Branzi. There are in addition certain themes that fall outside this specific line of research. These include the Cardazzo collection and the Cavallino editions, the exhibition of contemporary French painting, the Burano Prize, the Arco Association and the Scuola Libera di Arti Plastiche. Each chapter concludes with a chronology of the Venetian artistic activity derived from the systematic examination of the newspapers of the time: from the Gazzetta di Venezia (1938-1940), // Gazzettino (1941-1948) and // Mattino del Popolo (1947-1948). This has permitted a month-by-month coverage of the most important artistic events that took place in the city. The thesis has required an exhaustive work of documentation and research that has led to the recovery of printed texts for which access is difficult (such as the bulletins of the Galleria Arcobaleno or those of the Galleria Piccola, or the catalogues of the Galleria Venezia-Sandri), articles published in rarely-consulted periodicals (such as Problemi, Veneto Liberale, La Voce del Popolo, II Giornale delle Venezie), research in ordered archives (Archivio Marchiori in Lendinara, the Archivio Storico of the Municipality of Venice, the archive of the Galleria del Cavallino in Venice). The work has, moreover, also involved the study of the papers and documents collected by the artists themselves or saved by their heirs (the archives of Anton Giulio Ambrosini, Mario Deluigi, Ferruccio Bortoluzzi, Arnaldo Momo, Umberto Morucchio, Gigi De Giudici), as well as the use of interviews with the people who played a leading role in these events.
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Amadi, Francesca <1984&gt. "Arte relazionale alla Biennale di Venezia dal 1999 al 2017". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2017. http://hdl.handle.net/10579/10827.

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La tesi descrive il dibattito critico degli ultimi decenni che riguarda l’arte relazionale e individua le opere presentate alla Biennale di Venezia tra il 1999 ed il 2017 che rientrano in questo ambito. Viene descritto il percorso artistico dei singoli artisti antecedente alle opere analizzate e viene proposta una analisi delle opere di arte relazionale.
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Souza, Mariana Pincinato Quadros de. "Uma imagem entre dois mundos: um estudo sobre o mosaico do Juízo Final de Torcello (Veneza - século XI)". Universidade de São Paulo, 2017. http://www.teses.usp.br/teses/disponiveis/8/8138/tde-08052017-120244/.

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A Basílica de Santa Maria Assunta, localizada em Torcello, uma das ilhas que compõem a Laguna de Veneza, abriga um programa iconográfico de três painéis em mosaico, caracterizados como bizantinos. Em um deles, na contrafachada, está figurado o painel do Juízo Final, nosso objeto de estudo. Produzido na segunda metade do século XI, ele inaugura (juntamente com o afresco de SantAngelo in Formis, na cidade de Cápua) a tradição de representação monumental desse tema iconográfico na Itália, aproximando-se do chamado modelo bizantino clássico, encontrado em Constantinopla a partir do século XI. Há, porém, algumas diferenças em relação aos exemplares conhecidos desse modelo bizantino, como o suporte e a localização em uma contrafachada de uma igreja. Assim, nossa preocupação nesta dissertação foi dupla: por um lado, analisar tais diferenças e, por outro, discutir o que levou à escolha deste tema ainda pouquíssimo comum para ornamentar uma igreja, buscando entender seus modos de funcionamento e as funções que desempenhava, tanto na igreja e em seu programa iconográfico quanto na própria sociedade veneziana da época de sua confecção.
The Basilica of Santa Maria Assunta, located in Torcello, one of the islands in the Venetian Lagoon, houses an iconographic program of three mosaic panels, characterized as Byzantine. In one of them, on the counter-façade, is figured the panel of the Last Judgment, our object of study. Produced on the second half of the eleventh century, it inaugurates (together with the fresco of Sant\'Angelo in Formis, in the city of Capua) the tradition of monumental representation of this iconographic theme in Italy, approaching the so-called \"classical Byzantine model\", found in Constantinople from the 11th century. There are, however, some differences from the known examples of this Byzantine model, such as the support and the location on a churchs counter-façade. Thus, our concern in this dissertation was twofold: on the one hand, to analyze such differences and, on the other hand, to discuss what led to the choice of this very uncommon subject to decorate a church, trying to understand its modes of functioning and the functions it performed, both in the church and in its iconographic program, as well as in Venetian society itself at the time of its confection.
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Bottos, Júnior Norival. "A OBRA DE ARTE EM “MORTE EM VENEZA”, DE THOMAS MANN: EMBRIAGUEZ, INFLUÊNCIA E INVERSÃO". Pontifícia Universidade Católica de Goiás, 2012. http://tede2.pucgoias.edu.br:8080/handle/tede/3805.

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This work has as main objective to discuss the importance of Thomas Mann`s intelectual reflexion about the concepts of art and how the this artist as a figure of deviation of the social and cultural context that he does not attempt to perform. For instance, we Will study how Thomas Mann appropriate to the nietzschian`s philosophy as a model os misreading tradition,to emphasize the main concepts of “drunkeness”, “sickness” and “Will to power”. We Will search yeat, how Thomas Mann promove his asthetic misreading and position himself in a originaly way in front of all tradition, promoting, as we believe, a existencial reflexion that concerns the problems of original creation and the influence of the intertextual object of art.
Este trabalho tem como objetivo principal discutir a importância da reflexão intelectual de Thomas Mann sobre os conceitos de arte moderna e de como esse artista, como desviante da tradição cultural e social do ocidente busca se posicionar esteticamente dentro de um contexto de mundo que não lhe é inerente. Para tanto, estudaremos como Thomas Mann se apropria da filosofia de Nietzsche como modelo de desleitura da tradição, destacando-se os conceitos de “embriaguez”, “doença” e “vontade de potência”. Buscaremos evidenciar também como Thomas Mann promove sua desleitura da estética tradicional e se posiciona de modo original perante a tradição, promovendo uma reflexão existencial em torno dos problemas de criação e da angústia da influência literária.
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Marin, Chiara. "La presenza delle arti figurative e sceniche nella stampa periodica lombardo-veneta (1800-1848)". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2008. http://hdl.handle.net/11577/3426120.

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Abstract This work begins with the PRIN collaboration (Progetto di Ricerca di Interesse Nazionale, i.a. Project of National Interesting Research) closed in 2006, whose aim was to study the importance of the journalistic medium in the diffusion of artistic knowledge: first of all concerning the contemporary production, and then also the history of art in general. In this field of study our work target was to analyze more systematically than before the material of the beginning of the nineteenth century which, for the specificity of the periodicals published in those years, seems particularly challenging and constitute a sort of embryonic stage of the mass artistic publication. In a period in which a specific figurative criticism was late in establishing itself and was almost absent in the first half of the nineteenth century in Italy, the literature or entertainment magazines, the books published for Christmas and the militant magazines fundamentally functioned as substitutes underlining, from time to time, those art aspects which were easier for the different types of public to use. In their scarce professionalism these headings guaranteed a plurality of points of view, fundamental for the unitary consideration of the complex universe of the nineteenth century culture, and alienated by preventive and monolithic idiosyncrasies. In fact, these magazines weren’t simple containers of ideas or expressions which could have appeared anywhere, but they acted as precise collectors of requests, tastes and educational intentions. Most of these were original and created by the medium that was sensitive to the moods of the public but was also guided by the orientation needs of these moods, according to different goals for-seen by the varies compilers. Privileged observatory for a dialectic evaluation of the classic binomial name “avant-garde and tradition”, these periodicals therefore offered the possibility to continue the study of the artistic nineteenth century landscape from many different view points. In this way such views attacked a sterile exclusive status and attracted the intellectuals’ attention on aspects of the modern-art-making that otherwise would have been ignored, helping us to understand modernity. The presence, in most parts, of the examined publications of literary arguments in contemporary with figurative, scenic and musical arts, has forced us to consider with a new point of view the controversial issue of the “sister arts”: it isn’t analyzed anymore (or not just) from the view of the art-maker, but in terms of reception and interpretation of the works themselves. Inside the mass modern informative circuits, the perception of the new and maybe overwhelming distance between art-maker and consumer encouraged, in fact, the comparative study of the different expressive typologies with the aim to achieve an historic-critic system which were easier for a variegated modern public to use. During our study it was, therefore, decisive the collection of an appropriate number of documents and testimonies that highlighted the modality and the intentions through which the relationship between figurative and scenic-arts had been concretely arranged during the nineteenth century: the target was to note all the core points in the making of that philosophy, thanks to the internal dynamics of mental actions, whose nature paid an extreme attention to the attitudes, to the orientations or simply to the taste of the coeval cultural milieu. In this way the importance of the mutual aid relationship that the different critics gave each other in this particular historical moment, had been clarified: in these years the traditional imitative concept entered a period of crisis and the usual comparison to reality, as a privilege representative of the artistic production, seemed to be unfinished and lacking inside the traditional forms of the individual arts which were already launched to a higher synthesis. We decided to arrange the documents around several key-units of the nineteenth century artistic observation that, studied from this unitary perspective of relationship among arts, receive new light from the arts themselves: first of all the Classic with the more or less constant and leading presence of Ideal Beautiful, the History and the Truth, all themes around which took place argumentations and discussions, artistic events new and old. Explaining these events and interacting with them, the publishing gives us the opportunity to focus on the neglected aspects regarding mutual prompting among the individual arts, involved in a game of interpretations which are fundamental to improve a critic system that is able to recognize and explain the quality and the innovation of works and tendencies. And so able to find the key-points of the contemporary production and to set up means suitable to highlight their peculiar meaning in a positive or negative way. If in the first chapter a dominant characteristic is found in sculpture (paragraph on the success of Canova) and partially in the pantomimic dancing, the historical subject painting comes up in the second chapter dedicated to the Twenties - Forties, as a propulsive core of intentions and civil and patriotic requests, strongly bound to the melodrama which invades the scenes with new and emotional contents. With the study of the relationship between truth and plausibility where the theatre, once again, sets a style – now acclaimed now dreaded, especially for the expressive quality of the painting – the well-known relationships between Hyez and the melodrama are retraced and put into context, in the conflicting game between affections – feelings invoked by the Purism in order to dust crystallized rules of the past – and effects – expressions to the bitter end forcing the measure of the communicative possibility of images. Then, in the fourth chapter, we face critic and linguistic arguments already shown in the previous sample-documents, focusing on the use that the commentators of the various sectors (figurative, literary, theatrical and musical) made of the relationships among different areas. These relationships were connected with the events that, in each and every field, caught the attention of that moment and so gave new elements or the immediate sensation of emotions, feelings, messages which guaranteed the best material also for other critical and literary typologies. The test carried out on the interferences of various journalists on different levels of pertinence gave a good control deriving from the creation of a descriptive and evaluating instrument which was becoming “sharper” every day. It testifies, in any case, the virtual overtaking in course of the strangled limits of the various arts and the need to spread towards the techniques and eventually towards the other artistic forms with camp invasions, more or less pertinent, more or less up to-date. Further to this exposure there are also: an attachment concerning the referring magazines with a mention of the major personalities who wrote in them, a CD with data obtained from the documents and an anthology arranged by subject of the most important parts.
Abstract Il presente lavoro prende le mosse dalla collaborazione ad un progetto PRIN, chiuso due anni fa, volto ad indagare il rilievo assunto dal mezzo giornalistico nella diffusione della conoscenza artistica, anzitutto per quanto riguarda la produzione contemporanea e poi anche la storia dell’arte in generale. Nell’ambito di questi studi, il nostro lavoro si è proposto l’obiettivo di indagare in maniera più sistematica, di quanto fatto finora, il materiale primo-ottocentesco, il quale ci è parso particolarmente stimolante per la specificità dei periodici pubblicati in quegli anni, costituendo una sorta di fase embrionale della divulgazione artistica di massa: nel tardo affermarsi di una critica figurativa specifica, quasi assente nel panorama italiano della prima metà del XIX secolo, le riviste di letteratura o di intrattenimento, strenne, riviste militanti svolsero una fondamentale funzione supplente, con l’accentuazione di volta in volta degli aspetti dell’arte più fruibili per i diversi tipi di pubblico, cui esse si rivolgevano. Nella loro scarsa professionalità, queste testate garantiscono una pluralità di visuali, fondamentali per una considerazione unitaria del complesso universo culturale ottocentesco, aliena da preventive idiosincrasie monolitiche: esse non furono infatti semplici contenitori di idee e manifestazioni, che sarebbero potute figurare comunque altrove, bensì agirono quali precisi collettori di istanze, gusti e intenzioni didattiche in buona parte originali e generati appunto dal mezzo, sensibile agli umori del pubblico, ma guidato da esigenze di orientamento di tali umori secondo finalità diverse, previste dai vari compilatori. Osservatorio privilegiato per una valutazione dialettica del classico binomio di avanguardia e tradizione, tali periodici offrono dunque la possibilità di procedere allo studio del panorama artistico ottocentesco, da una molteplicità di prospettive, tali da intaccare uno sterile esclusivismo e sensibilizzare l’attenzione degli studiosi su aspetti altrimenti trascurati del moderno fare artistico, agevolando così i nostri tentativi di comprendere la modernità. La compresenza, in gran parte delle pubblicazioni esaminate, di argomenti legati alla letteratura, alle arti figurative ed a quelle sceniche e musicali, ci ha quindi posti di fronte alla necessità di considerare con una nuova prospettiva la controversa questione delle arti sorelle, pensata non più (o non semplicemente) nell’ottica del produrre artistico, bensì nei termini della ricezione e dell’interpretazione delle opere stesse: negli anni di passaggio da un sistema di produzione e consumo dell’opera d’arte interno a predeterminati circuiti informativi e culturali, entro i quali artefici e spettatori condividevano i medesimi valori e le stesse conoscenze basilari (peraltro reiterati attraverso un intenso scambio epistolare), ad un’inedita forma di relazione, delegittimante qualsivoglia predeterminazione del pubblico, cui il prodotto artistico si rivolgeva, la percezione della nuova, forse incolmabile distanza tra artista e consumatore incoraggiò lo studio comparato delle diverse tipologie espressive, stimolando un rinnovamento nella ricerca delle sollecitazioni reciproche, offerte dall’una all’altra forma artistica, ai fini del conseguimento di un sistema storico-critico più fruibile dal variegato pubblico moderno. Nel corso della nostra indagine è stato pertanto determinante raccogliere un quantitativo opportuno di documenti e testimonianze, atto ad evidenziare le modalità e le intenzioni, secondo cui nel corso dell’Ottocento si impostarono concretamente i rapporti fra arti sceniche e figurative, cercando di cogliere tutti i punti di volta della gestazione di quel pensiero, grazie all’interna dinamica di operazioni concettuali per loro natura estremamente sensibili alle attitudini, agli orientamenti od anche semplicemente al gusto del coevo milieu culturale: si è così chiarita l’importanza dei rapporti di mutuo soccorso, che le diverse forme critiche offrirono l’una all’altra nel momento in cui, entrando in crisi la tradizionale concezione mimetica, il consueto rapportarsi al reale, quale referente privilegiato della produzione artistica, sembrò incompiuto e carente dentro le forme tradizionali delle singole arti, oramai avviate ad una sintesi superiore. Abbiamo scelto di ordinare la documentazione attorno ad alcuni nuclei chiave della riflessione artistica ottocentesca, che, indagati in questa prospettiva unitaria di relazione tra le arti, ne ricevono nuova luce: innanzitutto il Classico, con la presenza più o meno costante e conduttrice del Bello Ideale, la Storia ed il Vero, temi, intorno a cui si mossero argomenti e discussioni, eventi artistici vecchi e nuovi. Nel renderne conto ed interagendo con essi, la pubblicistica ci offre la possibilità di mettere a fuoco aspetti trascurati circa le sollecitazioni reciproche tra le singole arti, coinvolte in un gioco di rimandi interpretativi, fondamentali per l’affinamento di un sistema critico, capace di riconoscere e rendere conto della qualità e della novità delle opere e delle tendenze, di cogliere insomma i punti caldi della produzione contemporanea e mettere in campo strumenti adatti ad evidenziare, in senso positivo o negativo, il loro peculiare significato. Se nel primo capitolo una dominante viene trovata nella scultura (paragrafo sulla fortuna di Canova) e parzialmente nel ballo pantomimo, la pittura di storia emerge nel secondo capitolo, dedicato agli anni Venti-Quaranta, quale nucleo propulsivo di intenzioni ed istanze civili e patriottiche, in stretto rapporto con il melodramma, che invade le scene con i nuovi contenuti emozionali: indagando il rapporto fra vero e verosimile, dove ancora il teatro fornisce un modello, ora acclamato ora fortemente paventato, per la qualità espressiva della pittura soprattutto, nel gioco conflittuale tra affetti (sentimenti invocati dal Purismo per svecchiare le convenzioni cristallizzate del passato) ed effetti (oltranze espressive, che forzano la misura delle possibilità comunicative delle immagini) sono ripercorse e contestualizzate le note relazioni fra Hayez ed il melodramma. Quindi, nel quarto capitolo vengono affrontate direttamente questioni critico-linguistiche, già presentatesi nelle precedenti campionature, mettendo a fuoco l’uso fatto dai commentatori dei diversi settori (figurativo, letterario, teatrale, musicale) delle relazioni fra i vari campi, cercando di collegarle con eventi che, in ciascuno di tali ambiti, avessero catturato l’attenzione del momento, fornendo elementi di novità, o di immediata percepibilità di emozioni, sentimenti, messaggi, promettenti ottimo materiale anche per gli altri: la verifica ivi compiuta delle commistioni attuate dai vari gazzettieri a diverso livello di pertinenza, ha permesso di controllare lo stimolo, che ne derivò per la creazione di uno strumento descrittivo e valutativo sempre più affilato, offrendo in ogni caso testimonianza del virtuale superamento in atto dei limiti chiusi in sé delle varie arti e del bisogno di allargarsi verso le tecniche e le possibilità delle altre, con effettive invasioni di campo, più o meno pertinenti, più o meno alla moda. All’esposizione descritta sono aggiunti una scheda relativa alle riviste consultate, con la menzione dei più importanti personaggi che vi scrissero, un cd-rom con i dati ricavati dagli spogli, un’antologia disposta per argomento dei pezzi più significativi.
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Tavian, Lisa <1993&gt. "Il rapporto dialettico tra arte e impresa: il caso Oikos Venezia". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/15284.

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La tesi ha l’obiettivo di analizzare i possibili rapporti di connessione tra il mondo dell’arte e il mondo del business, in particolare quello delle imprese, cercando di tracciare quali sono le logiche e i rispettivi motivi d’interesse e di collaborazione. Dopo un approfondimento riguardante le esistenti pubblicazioni scientifiche in merito, cerco di identificare le cause e gli effetti prodotti dalla connessione tra questi due mondi. A tal proposito, Oikos Venezia venne scelta come caso studio grazie al suo dichiarato interesse per il mondo dell’arte e della cultura: partendo dall’esaminazione delle passate azioni a sfondo culturale messe in atto dall'azienda, giungo fino al racconto dell’esperienza personalmente vissuta durante la definizione delle fasi di un nuovo e importante progetto artistico, l’Oikos Video Art Project, sfortunatamente inconcluso. La tesi termina con l’osservazione delle cause che hanno condotto l’azienda ad abbandonare improvvisamente il progetto, mettendo in luce quali sono le dinamiche che differenziano l’inserimento dell’arte in azienda all'interno dei propri processi, dall'evocazione nel singolo grande evento culturale.
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Maritan, Martina <1992&gt. "Le relazioni possibili tra arte e impresa. Il caso di un distretto produttivo del Veneto". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2018. http://hdl.handle.net/10579/13416.

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Si è soliti pensare che Arte e Impresa siano due mondi diversi e distinti; il primo più legato alla ricerca del bello e alla provocazione, il secondo più incline a generare profitti. Questa convinzione però si sta mano a mano “sgretolando”. La crisi economica del 2008 ha condotto le imprese a rimettersi in gioco al fine di rimanere sul mercato. Il loro desiderio di cambiare e rispondere in modo innovativo ai nuovi bisogni le ha condotte a considerare l’arte un valido strumento di crescita e di aumento di valore. L’arte potrebbe aiutare considerevolmente le imprese a costruire nuovi modelli di sviluppo perché negli anni, mettendo sempre tutto in discussione, compresa se stessa, è riuscita a maturare un modus operandi che, se adottato dall'impresa, le consentirebbe di sviluppare nuove capacità generative per fronteggiare la competizione di settore. Il progetto “SportMuse” promosso da Ca’ Foscari e IUAV e che rientra nella linea di ricerca "Art & Business", ha coinvolto un'artista ed alcune imprese appartenenti al Distretto dello Sportsystem di Montebelluna, con l’intento di testare la possibilità di “artificare” l’impresa utilizzando linguaggi di videoarte ed interattivi. Imprese come Stonefly, Lotto, Tecnica e Scarpa si sono prestate all’esperimento, il quale ha condotto all’individuazione dei principali elementi di riuscita e di criticità di questo rapporto. L’esperienza con le quattro aziende ha permesso di creare un piccolo “manuale d’uso” per le imprese che intendano usufruire dell’arte per innovarsi.
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Sandrin, Nicolo' <1988&gt. "Forme di governance dei teatri nell’area veneta al “tempo della crisi”". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/2429.

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La tesi ha il compito di affrontare lo studio di alcune forme di gestione dei teatri Veneti per analizzarne le caratteristiche (risorse umane, modus operandi, risultati gestionali), compararle e sottolineare come la forma di governance non sia la stessa per i diversi teatri. Dopo una breve introduzione e una literature review sull’argomento si è deciso di analizzare teatri, volutamente molto distanti tra di loro presentando un quadro generale variegato per contenuti offerti, forme di gestione, volume economico e tipologia: Teatro Russolo di Portogruaro, Lo Stabile del Veneto, la Teatri SpA e il Pascutto di Santo Stino di Livenza. E’ stata inoltre posta attenzione anche ad ARTEVEN (Associazione Regionale per la promozione e la diffusione del teatro e della cultura nelle comunità venete). Ove possibile, a seconda della disponibilità dei dati offerti dalle segreterie dei singoli Teatri, si è deciso di approfondire lo storico delle stagioni offerte negli ultimi anni e di effettuare un’analisi dei dati di bilancio. Il tutto è stato svolto tenendo sempre presente la continua riduzione di finanziamenti e la costante difficoltà e incertezza che il Teatro Italiano sta affrontando negli ultimi anni a causa della crisi economica in corso.
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Chia, Samantha <1993&gt. "Il padiglione della Repubblica di Corea alla Biennale di Venezia. Arte come Identità". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/15126.

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La mia tesi prende in analisi la partecipazione della Repubblica di Corea alle esposizioni internazionali di arti visive della Biennale di Venezia dal 1995 (anno dell’inaugurazione del padiglione nazionale) a oggi. Il mio lavoro parte dalla ricostruzione storico - artistica dell’arte coreana, da quando la penisola viene unificata territorialmente nel VII secolo d.c, fino ad arrivare agli anni Novanta e al contesto postmoderno. Successivamente ho analizzato tutte e dodici le edizioni in cui la Corea ha ufficialmente partecipato, esaminandone i protagonisti, le opere e le tematiche. Da questa breve analisi ho attinto per andare ad approfondire una delle tematiche che, a mio avviso, è emersa maggiormente da queste edizioni: la questione identitaria coreana. Ho dunque approfondito questo tema facendo un focus sulle edizioni, personalità e lavori che ho ritenuto più significativi in tal senso, chiedendomi come l’approccio a questo tema fosse cambiato nel tempo e come gli artisti l’hanno sviluppato, interpretato e declinato. Ho analizzato come l’identità coreana, attraverso il mezzo artistico, si è confrontata con il contesto globale, con il post colonialismo, con il genere e come il tutto sia sfociato in un voler definire un “io” in quanto individuo unico, piuttosto che un “io” parte di una moltitudine, di una Nazione, di un gruppo etnico.
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Del, Monte Marco <1974&gt. "Il film sull'arte e la Mostra internazionale del cinema di Venezia". Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2010. http://hdl.handle.net/10579/986.

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La tesi affronta il dibattito nato attorno al film sull'arte dal dopoguerra alla fine degli anni Cinquanta attraverso la ricostruzione della storia e delle iniziative delle istituzioni internazionali create al fine di una sua regolamentazione, utilizzo e circolazione. Una volta individuato e contestualizzato il ruolo dell'Unesco, la prima parte della tesi segue la nascita della Fédération Internationale du Film sur l'Art nel 1948, i protagonisti e i successivi congressi che ne stabilirono obiettivi e politiche d'intervento, per poi passare ad altre istituzioni e all'osservazione dei differenti cataloghi prodotti a livello mondiale. La seconda parte si focalizza sul contesto dei festival internazionali e, in particolare, sulla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia. Vengono così affrontati tanto la produzione dei film stessi quanto il dibattito critico e metodologico che intorno al genere andava definendosi.
This thesis addresses the debate on films on art which emerged from the post-war years to the end of the fifties, by reconstructing the history and the initiatives of international institutions created for its regulation, use and circulation. After identifying and contextualizing the role of UNESCO, the first part of the thesis follows the birth of the Fédération Internationale du Film sur l'Art in 1948, as well as the protagonists and congresses that established its policies and targets; it shall then proceed with the analysis of other institutions and of a several catalogues produced worldwide. The second part focuses on the context of internationals festivals, in particular on the Venice International Film Festival. We shall thereby address the production of films as well as the gradual definition of critical and methodological debate around this genre.
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Cappellazzo, Gianluca <1992&gt. "Antonio Diedo e l'Accademia di Belle Arti di Venezia". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2018. http://hdl.handle.net/10579/12336.

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Locatelli, Sofia <1990&gt. "Le lapidi dell'Antico Cimitero Ebraico del Lido di Venezia. Storia, arte, poesia e paleografia". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2019. http://amsdottorato.unibo.it/8770/1/Locatelli_Sofia_Tesi.pdf.

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L’Antico Cimitero a Lido di Venezia sorse nel 1386, ma venne utilizzato regolarmente solo a partire dal 1516, anno dell’istituzione del ghetto. La sua posizione favorevole fece sì che nel corso del tempo esso venisse all’occasione sfruttato per esigenze difensive e militari. Molte lapidi andarono perse, distrutte o riusate, altre vennero trasportate in un altro terreno, che dal 1774 divenne il cimitero ufficiale noto come “Cimitero nuovo”. Le lapidi veneziane sono manufatti ricchi di cultura: il loro studio permette non solo di ricostruire la vita e le vicende dei membri della comunità, ma anche di rilevare importanti aspetti della cultura letteraria e artistica dell’epoca in quanto molti epitaffi, composti spesso da importanti rabbini, sono scritti in versi, rima e ritmo e le lapidi in molti casi hanno un’architettura ricca ed elaborata con incisi simboli araldici particolari. Questo lavoro consiste in una catalogazione di tutte le 1240 lapidi (frammenti compresi) che a tutt’oggi costituiscono il cimitero “Vecchio” del Lido. Per ognuna di esse ho elaborato una scheda dettagliata che delinea lo stile architettonico della lapide, il tipo di pietra utilizzata e una valutazione del suo stato di conservazione, una descrizione dello stemma che eventualmente è inciso sulla pietra, un’analisi paleografica della scrittura, una nota riguardante le caratteristiche poetiche e grammaticali del testo e un commentario storico, che principalmente riguarda le notizie riportate nei registri dei morti della comunità. Per 410 lapidi sono state inoltre realizzate le trascrizioni e le traduzioni dall’ebraico all’italiano dei relativi epitaffi. Il lavoro di descrizione ed edizione delle lapidi è arricchito da studi approfonditi riguardanti la storia del cimitero e della comunità ebraica di Venezia, la poesia degli epitaffi, la paleografia e l’arte, che include sia un’analisi architettonica delle lapidi, sia uno studio dell’araldica ebraica alla luce degli stemmi gentilizi incisi sulle pietre del cimitero veneziano
The Ancient Cemetery of the Lido in Venice was built in 1386, but it was regularly used only from 1516 onwards, when the Ghetto was established. Due to its favorable location, the cemetery was occasionally used for military purposes. Many tombstones were lost, destroyed or reused, others were moved to a more internal area of the lagoon, which in 1774 became the official cemetery known as “New Cemetery”. Venetian tombstones are artifacts rich in history, poetry and art. Their study allows us not only to rebuild the lives and the fortunes of the community members, but also to detect meaningful aspects of the culture of that time. A substantial number of epitaphs are written in verse, rhyme and rhythm, and tombstones show a refined and elaborate architecture engraved with peculiar heraldic symbols. This work is a catalogue of all the 1240 tombstones (fragments included) incorporated in the “Ancient” cemetery of the Lido. Each gravestone presents an analysis of the architectural style as well as the kind of stone used and an assessment of his condition, a description of the coat of arms if engraved on the stone, a paleographic analysis of the writing, a note about the poetic and grammatical features of the text and a historical commentary detailing any relevant information found in the community death records. Transcriptions and translations of the epitaphs from Hebrew to Italian have been also added for 410 tombs. This analysis is supplemented with a detailed study of the history of the cemetery and the Jewish community of Venice, as well as the poetry of epitaphs, the paleography and art. This last topic has been further explored through an architectural analysis of the tombstones and a study on the Hebrew heraldry in light of the emblems engraved on the stones of the Venetian cemetery
L'ancien cimetière du Lido de Venise a été construit en 1386. En raison de son emplacement favorable, juste en face de la lagune, le cimetière était parfois utilisé à des fins défensives et militaires. De nombreuses pierres tombales ont été perdues, détruites ou réutilisées, d'autres ont été déplacées vers une zone plus interne de la lagune, qui est devenue en 1774 le cimetière officiel connu sous le nom de «Nouveau cimetière». Les pierres tombales vénitiennes sont des artefacts riches en histoire, en poésie et en art. Leur étude nous permet non seulement de reconstruire la vie et les événements des membres de la communauté, mais également de détecter des aspects significatifs de la culture littéraire et artistique de l’époque. Cet ouvrage est un catalogue de toutes les 1240 pierres tombales incorporées dans le cimetière «Ancien» du Lido. Chaque fiche présente une analyse du style architectural des tombeaux ainsi que le type de pierre utilisé et son état de conservation, une description du blason gravé sur la pierre, une analyse paléographique de l'écriture, une note sur les caractéristiques poétiques et grammaticales du texte et un commentaire historique avec les information trouvées dans les registres de morts de la communauté. Les transcriptions et les traductions des épitaphes de l'hébreu à l'italien ont également été ajoutées pour 410 tombeaux. Cette analyse est complétée par une étude détaillée de l'histoire du cimetière et de sa communauté, ainsi que de la poésie des épitaphes, de la paléographie et de l'art. Ce dernier sujet a été approfondi par une analyse architecturale des pierres tombales et une étude inédite sur l'héraldique juive.
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Ceccon, Enrica Annamaria <1985&gt. "I concorsi di architettura all'Accademia di Belle Arti di Venezia". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2012. http://hdl.handle.net/10579/1549.

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La tesi tratta dei concorsi di architettura banditi all’Accademia di Belle Arti di Venezia nella seconda metà del Settecento. Nella prima parte si introduce l’istituzione dell’Accademia con una panoramica generale sulla sua struttura, attività e iniziale ubicazione. Nella seconda parte verranno esaminati i concorsi. Inizialmente saranno presentati i concorsi della classe di disegno del nudo per cominciare a comprendere le loro modalità di organizzazione; successivamente verranno analizzati i concorsi di architettura, soffermandosi sui regolamenti, i concorrenti, le votazioni e i premi. L’elaborato sarà completato dalle schede dei disegni e da un’appendice documentaria.
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Lestani, Laura <1987&gt. "I dipinti veneti nelle collezioni francesi del Settecento". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/5036.

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L'elaborato mette in luce le relazioni tra i collezionisti francesi e i pittori veneziani nel corso del Settecento. A questo proposito sono state raccolte una cinquantina di opere di scuola veneta che testimoniano i legami intercorsi. Inizialmente vengono prese in esame le opere eguite durante i soggiorni nella capitale francese dagli artisti veneti. Successivamente vengono presentati i principali collezionisti francesi e le opere da loro commissionate. In conclusione si illustrano i quadri confiscati durante la Rivoluzione francese.
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Missagia, Andrea <1991&gt. "Oreficerie medievali a smalto traslucido in territorio veneto". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/14621.

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Lo studio è volto ad analizzare le produzioni orafe in ambito veneto caratterizzate da una decorazione a smalto traslucido, collocabili in un arco temporale comprendente i secoli XIV e XV. Nel primo capitolo introduttivo vengono esaminati i materiali e i procedimenti tecnici utilizzati nella produzione degli smalti in età tardo medievale. Segue un catalogo suddiviso per circoscrizioni territoriali, in cui sono raccolti in ordine cronologico differenti tipologie di manufatti: reliquiari, calici, croci, e altre suppellettili liturgiche. L’analisi di questo gruppo di oreficerie è stata condotta mediante la visione ravvicinata delle opere stesse, nonché – quando possibile – attraverso la consultazione degli inventari appartenenti ai luoghi in cui questi oggetti sono o erano conservati. Nel capitolo finale si sottolineano gli aspetti di maggior rilievo caratterizzanti questo tipo di decorazione, e si ripercorre la sua evoluzione, con un focus sui particolari figurativi smaltati, dei quali si traccia lo sviluppo stilistico attraverso un’analisi iconografica ed iconologica unita al confronto con la coeva produzione pittorica e miniata veneta.
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Baldassa, Elisa <1995&gt. "La danza contemporanea: il caso Operaestate Festival Veneto". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2020. http://hdl.handle.net/10579/17356.

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Questa tesi è il frutto del mio grande interesse verso la danza contemporanea e ha come oggetto l’analisi del sistema organizzativo e produttivo italiano, in particolare il caso di Operaestate Festival Veneto di Bassano del Grappa. Dopo aver introdotto gli aspetti principali che contraddistinguono la danza contemporanea in Italia e aver analizzato il quadro normativo riguardante le arti performative entro cui i curatori e gli operatori del settore si muovono, la tesi approfondisce il caso di uno dei Festival più longevi nel panorama nazionale, di cui ricorre quest’anno il quarantesimo anniversario. Operaestate Festival costituisce un esempio virtuoso in particolare per la gestione della danza contemporanea anche grazie allo spazio accordato alle presenze internazionali e alle molte attività di produzione, ricerca e diffusione della danza che mette in campo a ogni edizione. La tesi si sofferma soprattutto sull’originalità del modello produttivo che è strettamente collegato alla progettazione della ricerca a livello europeo tramite l’intreccio di più piattaforme che, pur con approcci e oggetti di indagine differenti, vedono sempre protagonisti artisti, curatori e operatori del settore. L’ultima parte della tesi è dedicata a un’analisi del ruolo del pubblico nel sistema danza italiano e le strategie di audience development messe in atto livello locale ma sempre in un’ottica internazionale.
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Pepa, Paola Natalia <1985&gt. "Arte argentina: dall'indipendenza al contemporaneo con suggestioni europee. Quattro artisti contemporanei nella Biennale di Venezia". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/5106.

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Una rapida panoramica che orienta verso il percorso artistico della nazione Argentina, sottolineando i forti legami che la uniscono all'Italia e al resto d'Europa. L'excursus storico-artistico si arricchisce di tendenze moderne e nuove sperimentazioni, fra influenze esterne e desiderio di esprimere un'arte voce del proprio popolo, legittimata dal riconoscimento mondiale.
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Costa, Gaia <1991&gt. "Una città da conservare: Angelo Alessandri tra arte e copia nella Venezia di Otto-Novecento". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/14203.

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L'elaborato mira a ricostruire, accanto alla figura e all’attività di Angelo Alessandri – pittore che visse e operò a cavallo tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento – l’ambiente veneziano in cui egli si mosse e al quale, unitamente ad altre figure di spiccato rilievo – non solo cittadino – diede un contributo determinante sul piano dello sviluppo artistico, economico e culturale.
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Cibin, Alberto. "I futuristi alle Esposizioni Biennali Internazionali d'Arte di Venezia (1926-1942)". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2016. http://hdl.handle.net/11577/3426760.

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This research explores the history of the Futurist Group (led by Filippo Tommaso Marinetti) and its involvement in the International Biennale Art Exhibition of Venice between 1926 and 1942. The Futurists involvement during this period was continuous and exhibitors always formed a collective, at times with over thirty artists. The exhibitions in Venice during the 30s took on a major role in the reform of contemporary art events in line with the Fascist regime. This new process aimed, through subsequent selection processes, to open doors at a local level, then on to Rome’s National Quadrennial Exhibition and finally onto the international stage of the Biennale Art Exhibition of Venice where they should have represented the best of Italian art, to be viewed by and compared with foreign nations. The Venetian exhibitions give a privileged viewpoint of not only the various phases of Futurist art and its relationship with art critics of the time, but also the often conflicting and complex relationships between Marinetti’s followers and heads of the Biennale under the forced harmony of the Fascist regime.
La ricerca indaga la storia del gruppo futurista, guidato da Filippo Tommaso Marinetti, alle Esposizioni Biennali Internazionali d’Arte di Venezia tra il 1926 e il 1942. Le partecipazioni dei futuristi in questo arco temporale fu costante e avvenne sempre in forma collettiva, tanto da contare in alcune edizioni anche più di trenta espositori. Le mostre veneziane nel corso degli anni Trenta assunsero un ruolo primario nella riforma del sistema espositivo fascista in relazione all’arte contemporanea. Tale sistema prevedeva, attraverso successivi gradi di selezione, l’accesso degli artisti dapprima a manifestazioni sindacali, provinciali e interprovinciali, poi alle Quadriennali nazionali di Roma e, infine, alle Biennali internazionali di Venezia, che avrebbero dovuto rappresentare al meglio l’arte italiana in vista del confronto con nazioni straniere. Le esposizioni veneziane sono state quindi un osservatorio privilegiato per indagare non solo le varie fasi dell’arte futurista e le reazioni della critica coeva, ma anche il complesso e talvolta conflittuale rapporto tra i seguaci di Marinetti e i vertici della Biennale, sotto l’egida forzatamente armonizzante dello Stato fascista.
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Norris, Rebecca M. "Carpaccio's Hunting on the lagoon, and Two Venetian ladies a vignette of fifteenth-century Venetian life /". [Kent, Ohio] : Kent State University, 2007. http://rave.ohiolink.edu/etdc/view?acc%5Fnum=kent1185214455.

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Thesis (M.A.)--Kent State University, 2007.
Title from PDF t.p. (viewed November 14, 2007). Advisor: Gustav Medicus. Keywords: Carpaccio; Vittore Carpaccio; Hunting on the Lagoon; Two Venetian Ladies; Social Studies, Venice; Renaissance, Venice; Material Culture, Venice; Gender Studies, Venice; Furniture, Venice; Domestic, Venice; Women's Fashion, Venice; Letter Rack; Venetian Soceity. Includes bibliographical references (p. 71-75).
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PALAZZO, NADIA. "Il teatro ispano - veneto di Carlo Gozzi". Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2009. http://hdl.handle.net/10280/849.

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PALAZZO, NADIA. "Il teatro ispano - veneto di Carlo Gozzi". Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2009. http://hdl.handle.net/10280/849.

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Nienaber, J. E. "Distopie in die grafiese roman : V for Vendetta as voorbeeld". Thesis, Stellenbosch : Stellenbosch University, 2008. http://hdl.handle.net/10019.1/21688.

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Thesis (MPhil)--Stellenbosch University, 2008.
ENGLISH ABSTRACT: This thesis examines the genre of dystopian fiction in the graphic novel, V for Vendetta in which a futuristic police state, run by a totalitarian regime is portrayed. Since V for Vendetta draws on a number of other dystopian texts, New Historicist theory is employed which begins its analysis of literary texts by attempting to look at other texts as well as the historical context in which it originated, to aid in the understanding of that text. Therefore, V for Vendetta with its thorough character development and multi-dimensional storyline that the larger format of the graphic novel allows, is studied alongside other highly regarded novels. The characteristics of the nightmarish anti-utopia is identified and analysed in V for Vendetta by looking at real examples of totalitarian regimes from history. The chapters are divided into what I identified as the main themes of the totalitarian dystopia. Chapter one explains the concept of the utopia in order to grasp the concept of dystopia, and more specifically, the Totalitarian dystopia. Chapter two looks at the social structure of V for Vendetta as well as the common Totalitarian dystopia. Chapter three discusses the issue of censorship which is a recurring theme in dystopian fiction. Chapter four examines the manner in which the totalitarian regime manipulates the populace of the dystopia through propaganda. Chapter five discusses the systems of surveillance and lack of privacy in the Totalitarian dystopia and a chapter on the protagonist in dystopia concludes this study.
AFRIKAANSE OPSOMMING: In hierdie studiestuk word die genre van distopiese fiksie in die grafiese roman, V for Vendetta behandel, wat ’n futuristiese polisiestaat teen die agtergrond van ’n totalitêre staatsbestel uitbeeld. Omdat V for Vendetta by soveel ander distopiese tekste leen, word dit vanuit die teoretiese oogpunt van New Historicism bestudeer, wat in die ontleding van ’n roman ander tekste asook die geskiedkundige konteks van daardie roman ondersoek, ten einde dit beter te begryp. Daarom word V for Vendetta, wat vanweë die grafiese roman se langer formaat wat ruimte skep vir deeglike karakterontwikkeling en ’n veelvlakkige storielyn, as volwaardige roman naas ander hoogaangeskrewe romans behandel. Aan die hand van ware voorbeelde van totalitêre regimes uit die geskiedenis word die eienskappe eie aan ’n nagmerriestaat in V for Vendetta geïdentifiseer en geanaliseer en dit is waardeur ek my laat lei het ten opsigte van die hoofstukindeling. In hoofstuk een word die begrip van utopie eers duidelik gemaak om die distopie, en meer spesifiek die Totalitêre distopie te verstaan. In hoofstuk twee word daar gekyk na die sosiale samestelling en magstruktuur binne V for Vendetta en die Totalitêre distopie in die algemeen. Hoofstuk drie bespreek die kwessie van sensuur - ’n gewilde tema in distopiese fiksie. In hoofstuk vier word ondersoek ingestel na die manier waarop die Totalitêre-distopie die burgery breinspoel deur propaganda. Hoofstuk vyf bespreek die verskynsel van bewaking en die skending van privaatheid in die totaliêre distopie en in die sesde hoofstuk word daar gefokus op die protagonis in die distopie.
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Bourdua, Louise. "Aspects of Franciscan patronage of the arts in the Veneto during the later Middle Ages". Thesis, University of Warwick, 1991. http://wrap.warwick.ac.uk/35830/.

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Religious life in the later middle ages was increasingly dominated by the mendicant Orders, notably the Franciscans. Their dominance also extended to the artistic life of the day. The initial artistic campaigns of the Franciscans centred on the native province of the founder, most notably in the Upper and Lower churches of S. Francesco in Assisi. With the expansion of the Order and the death and canonization of the second Franciscan saint, Anthony of Padua, his adopted province, the Veneto, became an important centre for theological and artistic activity. The Basilica del Santo, built to enshrine the new saint's relics, rivalled the mother church at Assisi in both scale and lavishness of decoration. The fourteenth century in particular was marked by a succession of decorative programmes, a large part of which has survived. Soon the other Franciscan churches in the Veneto were similarly patronized. Unlike Umbria and Tuscany, areas where Franciscan churches are ridden with problems of dating and attribution, the Order' churches in the Veneto are probably the best documented of Italy. They provided a unique opportunity to set up a control of Franciscan patronage of the arts during the later middle ages. This thesis touches on all types of Franciscan patronage: conventual, and lay, communal and ecclesiastical. This research relied on a newly published Franciscan archive of over 27,000 documents, and is the first extensive survey of its kind for the Franciscan Order. It is hoped that this contribution has filled some gaps in our knowledge of artistic patronage. Firstly it has thrown light on the role played by the Order of friars minor in artistic projects, from the initial planning stages to the commissioning, execution and supervision of works. It has been shown that Franciscans were not always involved in artistic projects; at times they cooperated with individuals, or families, and at other times they played no part at all. Whether actively involved or more inactive, the friars were open to all sorts of artistic experiments, which means that the Franciscan church was an ideal environment for creativity.
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Prelz, Galiani Francesca <1993&gt. "I disegni dei concorsi e dei premi d'industria dell'Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2020. http://hdl.handle.net/10579/17238.

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Con tale tesi si vogliono studiare dal punto di vista storico e dal punto di vista tecnico-scientifico, i disegni dei concorsi e dei premi d’industria che fanno parte dell’Archivio storico dell’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, ripercorrendo con essi la storia dell'Istituto stesso. La tesi è divisa in tre parti che ne costituiscono il suo corpo. La prima riguarda la storia dell’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, dalle sue origini nel 1797, fondato sulla base dell’Institut francese, fino alla sua esistenza autonoma avvenuta con la rifondazione nel 1838. Si ripercorre così anche la storia dell’istituzione dei concorsi e dei premi d’industria, evidenziando in tale contesto i disegni allegati alla domanda di partecipazione, che veniva inviata alla commissione giudicatrice dei concorsi industriali. Nella seconda parte della tesi, un excursus sullo sviluppo del disegno tecnico e del suo insegnamento viene descritto in relazione allo sviluppo economico, agricolo ed industriale, in particolare nel territorio veneziano. Nella terza parte si propone la descrizione di circa cinquanta disegni, tra i più significativi e originali, descritti da apposite schede. A conclusione della terza parte, completa la ricerca un elenco esaustivo di tutti i disegni dei concorsi industriali, presenti nell’Archivio storico dell’Istituto Veneto, specificando la categoria a cui ogni oggetto rappresentato appartiene.
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Gentili, Mirco. "Modelli e Metodi per il Disegno di Aree di Tentata Vendita". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2019. http://amslaurea.unibo.it/19587/.

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L'elaborato tratta un problema tipico di molte aziende che hanno come l'obiettivo la tentata ventita, la consegna di prodotti a domicilio, il servizio porta a porta o altri servizi simili. In generale vengono analizzati scenari composti da un certo numero di clienti ed un deposito, dal quale parte giornalmente una flotta di veicoli che si occupano della consegna della merce ai clienti. Il problema trattato è conosciuto in letteratura come VRP, e vengono presentati tre algoritmi euristici per ottenere una soluzione ammissibile. In particolare gli algoritmi si occupano del disegno di aree nelle quali sono suddivisi i clienti e la ricerca dei percorsi per soddisfare i servizi richiesti. Un ulteriore algoritmo euristico consente il miglioramento di una soluzione di partenza.
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Tonetti, Ana Carolina. "Interseções entre arte e arquitetura. O caso dos pavilhões". Universidade de São Paulo, 2013. http://www.teses.usp.br/teses/disponiveis/16/16136/tde-04072013-115801/.

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Esta dissertação tem como foco central o estudo de edifícios pavilhões e sua relação com a produção tridimensional - entendida como instalação e escultura. Para tanto, articula-se o conceito de \"campo ampliado\", elaborado por Rosalind Krauss em texto de 1979 para abarcar as transformações da escultura a partir dos anos 60, com seu recente deslocamento, para o âmbito da arquitetura por parte de alguns autores, nomeadamente Antony Vidler. A pesquisa não se resume apenas a uma investigação da contribuição do espaço arquitetônico para a escultura ou da escultura para a arquitetura, mas foca especialmente a linha que as separa, visto que a tendência de convergência das duas disciplinas faz com que seu elo de reciprocidade se dissolva numa produção intersticial, realizada por artistas, arquitetos ou mesmo por ambos em colaboração. O pavilhão sempre foi entendido como um campo experimental para os arquitetos, especialmente ao longo do século XX quando ajudou a consolidar as premissas da arquitetura moderna. Hoje, apresenta grande visibilidade através de diversos programas que oferecem condições únicas de encomenda e concepção pressupondo uma arquitetura singular, que configura uma produção desvinculada do binômio forma-função e cujo assunto autorreferente é a própria arquitetura. Do ponto de vista das artes o pavilhão representa uma expansão da instalação para um todo espacial que passa a envolver também o edifício e, quando tomado como meta arquitetura, opera também como plataforma de afrontamento crítico. O embate teórico acerca dos desdobramentos do \"campo ampliado\", bem como a investigação sobre aspectos essenciais do termo \"pavilhão\", de natureza maleável, são confrontados com uma análise crítica de casos selecionados em três instituições com características bem distintas- Bienal de Veneza, Instituto de Arte Contemporânea do Inhotim e Serpentine Gallery -, e possibilitam alinhavar conclusões sobre esta produção contemporânea no limiar dessas duas disciplinas.
This dissertation is focused on the study of pavilions and their relationship with the three-dimensional production - understood as installation and sculpture. Therefore, the concept of \"expanded field\", elaborated by Rosalind Krauss in the 1979 essay to encompass the transformation of sculpture from the 60\'s, is articulated with the recent shift of this same concept into the realm of architecture by some authors, namely Antony Vidler. The research is not just an investigation on the contribution of the architectural space for sculpture or, on the other hand, from sculpture to architecture, but focuses especially the line that separates them, understood as a disposition of convergence by the two disciplines which dissolves the reciprocal bonds in a interstitial production, performed by artists, architects or even both together. The pavilion has always been understood as an experimental field for architects, especially during the twentieth century when it helped consolidate the assumptions of modern architecture. Today it has gained great visibility through several programs that offer specific conditions by commissioning and assuming a unique architecture design that sets up a production untied from the binomial form-function, resulting in a self referent building whose subject is the architecture itself. From the point of view of the arts, it represents an expansion of the installation configuring a spatial whole that also implicate the building and, when taken as meta architecture, also operates as a platform for critical confrontation. The opposition on theory about the ramifications of the expanded field, as well as a research on the essential characteristics to a malleable term, are faced with a critical analysis of selected cases in three institutions gathering rather distinct characteristics - the Venice Biennale, the Institute of Contemporary Art Inhotim and the Serpentine Gallery -, and allow conclusions on this contemporary production in a disciplinary threshold.
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Filippin, Sara. "La riproduzione fotografica delle opere d'arte a Venezia tra la metà del sec. XIX e il 1920 ca. Materiali per una ricostruzione storica". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2015. http://hdl.handle.net/11577/3423882.

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The earliest researches regarding the history of photography in Venice date back to the late 1970s, when for the first time, an overview of the dealings related to the advent and development of photography was outlined, and the names of some photographers were put in evidence. These studies, conducted mainly by Alberto Prandi, were continued in the 1980s and 1990s by Paolo Costantini and Italo Zannier who focused their attention primarily on urban views and architecture photography, analyzing historical aspects and proposing a first insight from a critical point of view. Those subjects and interpretations heavily influenced the subsequent studies, while the interest toward other applications of photography has been very poor, if not absent. Among them, the reproduction of works of art, that was very important in Venice, thanks to the worldwide reputation of the city and of its great master painters of the past. This work stands as the first research in this field of studies. It pays attention mainly to paintings, and proposes a first summary of the evolution of photographic reproduction of works of art from the middle of the nineteenth century until the First World War. It is essentially based on archival research. The archive of the Academy of Fine Arts in Venice was the main reference, in view of the role played by this Body in the second half of the nineteenth century, role that brought it in close contact with the photographic world. Other researches have been conducted at the Fondazione Musei Civici Venezia, especially in relation to the Correr Museum, as well as at the State Archives in Venice. Some other documents at the Biblioteca Marciana, the Procuratoria di San Marco, the archive of the Frari Church, the Public Libraries of Padua and Treviso, the Archives of the Uffizi Gallery, were also useful for specific topics, as well as the documents in the archive of the photographer Tomaso Filippi, now in the care of IRE, Istituzioni di Ricover ed Educazione in Venice. Filippi was also very involved in the reproduction of works of Venetian art, both in museums and in various exhibits, as well as with commissioned works. Images’ researches have mainly been conducted in the Venetian collections at the Fondazione Musei Civici Venezia, the Archivio Tomaso Filippi, the Archivio Turio Böhm, and finally the Academy of Fine Arts, but in part also at the Kunsthistorisches Institut in Florence, the Hertziana Library and the Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione - ICCD, in Rome. The documents that have emerged are very numerous, and allow to distinguish some major chronological phases and identify some names as related to this photographic field. Approximately between the 1850s and 1865s reports are mostly occasional and due to specific identified occasions. After the unification of the Veneto region to Italy (1866), and especially from 1867-1868 onward, the situation became more dynamic, with some photographers very actively engaged, among which we can name Giovanni Battista Brusa, Pietro Bertoja, Paolo Salviati, and especially Carlo Naya. A different situation characterizes again the period starting from the first half of the 1890s, both because of the technical developments in the field of photography that led to the spread of orthochromatic plates, and the beginning of large photographic campaigns conducted by Fratelli Alinari and Domenico Anderson, who were actively involved in the documentation of the works of art in venetian museums and churches. The documents found at the Academy of Fine Arts are related to the period till the end of the 1870s, after which they become limited in number, and then absent, since some law provisions put the Ministry of Public Education in charge of the regulation and management in the field of photography of art that first pertained to the Academy. For the following period, some important documents concerning the activity of the Studio Naya, the Fratelli Alinari and Domenico Anderson have been found at the Museum Correr. The structure of this thesis is strictly connected with the documents taken as bases for the analysis. The first part is devoted to the early evidences of the use of photography in the reproduction of works of art. A chapter deals with the photograph of the drawing titled Apollo and Marsyas (1857), at that time attributed to Raphael, and sheds light on this well known story (see F. Haskell, A Martyr of Attributionism), on which there used to be many obscure points. A second chapter focuses on a requested photography of the Pala d'oro in the Basilica of San Marco (1860). Although not made because of technical difficulties, this event is very significant to the history of photography because of the network of relations and issues it involved. A third chapter is devoted to the first photographic reproduction of the Grimani Breviary (1861-1862) which was a very demanding task for the author, Antonio Perini, who was concerned also with the before said subjects. A key junction point between the two chronological phases mentioned above is represented by the photographic reproduction of the drawings of the “great masters” (1864-1876), at that time in the collections of the Academy of Fine Arts, which was carried out by some photographers, the first of whom was again Perini. This theme shows the importance and interest that drawings enjoyed in that period in Venice as well as in other European countries, and involves some connections with the Raphael Project of the English Prince Consort, Albert. The period when photographic campaigns were conducted on a large scale is introduced by the fifth chapter which is devoted to the regulations of the photographic reproduction of works of art, first on a local, then on a national basis. The role of the Academy in safeguarding cultural heritage and art is described, as it involved also the photographic industry. Attention is drawn to the issue related to the activity of many copyists who frequently worked in the Accademia Gallery and in Venetian churches, in comparison with the presence in those same places of photographers. There is evidence of several complaints toward painters for their misbehavior toward paintings while no problems at all seems to have caused photographers. The last chapter deals with the photographic campaigns conducted between the end of the 1860s until the beginning of the XX century, and discusses the points that are worth noting in the documents. The thesis contains about 220 documents divided into two appendices: - Appendix A contains those relating to chapters 1-3 and 5; - Appendix B contains documents analyzed in Chapters 4 and 6, - Appendix C consists of tables, schemes and lists which can be useful for a better understanding of the text, and in some cases as a very telling synthesis of it. The three appendices are to be considered an integral part of this work which can be fully appreciated only in close connection with the documents. Besides proposing a first historical reconstruction of this photographic genre in Venice, this thesis provides further insight on some Venetians photographers, especially on Antonio Perini and Carlo Naya, and compares the work of the last with that of the Fratelli Alinari and Domenico Anderson. Through the analysis of some case studies, it also shows the important role played by photography not only for the dissemination of knowledge of the works of art, but also as an effective tool capable to create autonomous images which in many cases stood independent from the originals, and which were linked to the intimate sphere of human feelings, an aspect that greatly influenced the work of photographers.
I primi studi sulla storia della fotografia a Venezia risalgono alla fine degli anni anni ’70 del Novecento quando fu per la prima volta ricostruito un panorama generale delle vicende fotografiche legate alla città e furono messe in evidenza le personalità di alcuni fotografi. Tali studi, condotti essenzialmente da Alberto Prandi, furono proseguiti negli anni ’80 e ’90 da Paolo Costantini e Italo Zannier che focalizzarono la loro attenzione soprattutto sulla fotografia vedutistica e d’architettura, analizzandola sia sotto l’aspetto storico che proponendo le prime approfondimenti critici. Quella linea tematica e interpretativa ha improntato di se gli studi successivi, mentre l’interesse verso altri campi di applicazione è stato molto scarso se non assente. Tra di essi, l’attività di riproduzione delle opere d’arte, che fu molto importante a Venezia, grazie alla fama di Venezia e degli artisti che nel tempo ne hanno illustrato il nome. Questo lavoro si pone come prima ricerca in questo settore. Esso riguarda soprattutto le opere pittoriche, e ne propone una prima ricostruzione evolutiva a partire dalla metà del secolo XIX e fino agli anni a ridosso della prima guerra mondiale. Esso si fonda essenzialmente sulla ricerca d’archivio presso alcuni organismi cittadini. L’archivio dell’Accademia di Belle Arti di Venezia è stato il riferimento principale, in considerazione del ruolo svolto dall’Ente nella seconda metà dell’Ottocento, che lo portò a stretto contatto con l’attività fotografica. Altre ricerche sono state condotte presso la Fondazione Musei Civici Venezia, soprattutto in relazione al Museo Correr, oltre che presso l’Archivio di Stato di Venezia. Per alcuni casi specifici sono stati inoltre utili alcuni documenti presenti presso la Biblioteca Marciana di Venezia, la Procuratoria di San Marco, l’archivio della Basilica dei Frari, presso le Biblioteche Civiche di Padova e Treviso, presso l’Archivio della Galleria degli Uffizi, e infine presso le Istituzioni di Ricovero ed Educazione - IRE di Venezia, dove è conservato l’archivio di Tomaso Filippi, anch’egli attivamente impegnato nella riproduzione delle opere d’arte veneziane, sia nei musei che in occasione di mostre, che su commissione di vari studiosi. Per le ricerche iconografiche sono state fondamentali le raccolte veneziane presenti presso la Fondazione Musei Civici, presso l’archivio Filippi, l’Archivio Turio Böhm e infine il Fondo storico dell’Accademia di Belle Arti. Altre ricerche sono state condotte anche presso il Kunsthistorisches Institut di Firenze, la Biblioteca Hertziana e l’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione di Roma. La documentazione emersa è molto consistente e consente di identificare, sul piano cronologico, alcune principali fasi evolutive. Nel primo quindicennio circa della seconda metà dell’Ottocento le testimonianze furono per lo più occasionali e riconducibili a specifiche motivazioni o sollecitazioni ben individuate. Dopo l’unità d’Italia, soprattutto a partire dal 1867-1868, la situazione si fece più vivace e vide impegnati molto attivamente alcuni importanti fotografi veneziani tra i quali Giovanni Battista Brusa, Pietro Bertoja, Paolo Salviati, e soprattutto Carlo Naya. Una fase ancora diversa si verificò a partire dalla prima metà degli anni ’90, sia a motivo degli sviluppi tecnici in campo fotografico che portarono alla diffusione delle lastre ortocromatiche, sia per l’avvio a Venezia di vaste campagne di ripresa da parte dei due grandi studi fotografici dei Fratelli Alinari e di Domenico Anderson che si impegnarono attivamente sia nella documentazione dell’architettura e del paesaggio, sia anche delle opere d’arte presenti nei musei e nelle chiese della città. I documenti emersi presso l’Accademia di Belle Arti riguardano soprattutto il periodo fino alla fine degli anni ’70 dell’Ottocento. A partire da quella data essi diventano molto scarsi, fino a scomparire del tutto, dal momento che alcune disposizioni di legge trasferirono la competenza sulla disciplina in campo fotografico al Ministero della Istruzione Pubblica. Per il periodo successivo, sono invece importanti i documenti presenti al Museo Correr che riguardano l’attività dello Studio Naya, dei Fratelli Alinari e di Domenico Anderson. La tesi è organizzata in modo aderente all’andamento della documentazione. Una prima parte è dedicata ai momenti di avvio della riproduzione fotografica delle opere d’arte veneziane. Un capitolo riguarda la fotografia del disegno allora ritenuto di Raffaello, Apollo e Marsia (1857), e fa luce su una vicenda nota da tempo (cfr. F. Haskell, Un martire dell’attribuzionismo), ma sulla quale permanevano parecchi punti oscuri. Un secondo capitolo riguarda la vicenda della riproduzione fotografica della Pala d’oro della Basilica di San Marco (1860). Pur allora non realizzata a causa delle notevoli difficoltà tecniche, essa è molto significativa perché rivela una rete di relazioni e di problematiche di grande interesse per la storia della fotografia. Segue poi un capitolo dedicato alla prima riproduzione fotografica del Breviario Grimani (1861-1862) che fu un’impresa laboriosa e molto impegnativa, e che come nei due casi precedenti, vede ancora protagonista Antonio Perini. La vicenda della riproduzione fotografica dei disegni dei grandi maestri allora conservati all’Accademia di Belle Arti (1864-1876), e realizzata in tempi diversi da alcuni fotografi, il primo dei quali fu Perini, costituisce uno snodo fondamentale tra la prima e la seconda fase storica che ho sopra indicato. Essa evidenzia, anche in ambito veneziano, l’importanza e l’interesse verso il disegno già attivi da tempo in altri paesi europei e ne descrive le probabili connessioni con il “Raphael Project” del principe consorte inglese Alberto. Il periodo delle campagne fotografiche su ampia scala viene introdotto da un capitolo dedicato alle normative - prima locali, e poi nazionali - sulla riproduzione fotografica delle opere d’arte. In esso viene descritto anche il ruolo dell’Accademia in relazione alla tutela dei beni artistici che coinvolse l’ente anche nel settore fotografico. Nel capitolo vengono anche messe in luce le problematiche legate all’attività dei molti pittori copisti che frequentemente lavoravano alle Gallerie dell’Accademia e nelle chiese veneziane, in rapporto all’attività dei fotografi, mostrando come l’attività dei primi presentasse molti più problemi che nel caso dei secondi. L’ultimo capitolo riguarda le campagne fotografiche condotte tra la fine d egli anni ’60 e l’inizio del XX secolo, e analizza i documenti nei loro punti principali. La tesi pubblica ca. 220 documenti suddivisi in due appendici: - l’Appendice A raccoglie quelli relativi ai capitoli 1-3 e 5; - nell’Appendice B sono invece raccolti i documenti analizzati nei capitoli 4 e 6; - l’Appendice C raccoglie tabelle ed elenchi che possono essere utili alla migliore comprensione del testo, e ne costituiscono in alcuni casi un’efficace sintesi. Tali appendici costituiscono parte integrante del testo che può quindi essere pienamente compreso solo nel costante riferimento con i documenti. Oltre a proporre una prima ricostruzione storica di questo genere fotografico a Venezia, questa tesi fornisce ulteriori elementi di conoscenza su alcuni fotografi veneziani, soprattutto su Antonio Perini e Carlo Naya, e confronta il lavoro di quest’ultimo con quello dei Fratelli Alinari e Domenico Anderson. Attraverso l’analisi di alcuni casi di studio, essa mette altresì in evidenza l’importante ruolo avuto dalla fotografia non solo per la diffusione della conoscenza delle opere d’arte, ma come strumento efficace capace di creare immagini autonome, che in molti casi diventarono indipendenti dagli originali, e che erano molto legate alla sfera intima e personale del pubblico, un aspetto che influenzò notevolmente l’attività dei fotografi.
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Bianco, Angela <1979&gt. "Esperto in processi di valorizzazione, conservazione e gestione del patrimonio artistico culturale del "distretto" veneziano". Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2012. http://hdl.handle.net/10579/1239.

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Il presente lavoro si suddivide sostanzialmente in tre nuclei. Il primo capitolo indaga il così detto "distretto" dell'arte contemporanea veneziana e lo confronta con le più aggiornate teorie di valorizzazione del patrimonio culturale. Il secondo capitolo, definisce il nodo nevralgico della tesi e tratta il tema delle professioni museali. Il terzo nucleo, suddiviso in altrettanti capitoli, descrive i progetti realizzati: Mediatori Culturali, A.Mu.C- Archivio multimediale del contemporaneo e Art Night Venezia. Attraverso il metodo della actionresearch sono state concretamente testate alcune nuove figure professionali intese come ponte e collante tra le differenti istituzioni, sempre in funzione di una più efficace fruizione del patrimonio storico-artistico. L'esito della ricerca ha definito strategie e procedure atte a potenziare le competenze culturali e professionali di una serie di figure già dotate di un alto livello formativo ma non ancora assorbibili nello scomparto del "distretto" culturale veneziano dell'arte contemporanea, ma in prospettiva configurabili per un mercato del lavoro più ampio.
This work focuses mainly on three parts. The first chapter investigates the so called venetian “district” of contemporary art, in comparison with the most updated theories for the valorisation of the cultural heritage. The second chapter, defines the key point of the thesis and deals with the topic of the museum professions. The third part, subdivided in as many chapters, describes the projects carried out: Cultural Mediators, A.Mu.C – Multimedia Archive of Contemporary art, and Art Night Venice. Through the actionresearch method, some new professionals, intended to bridge between the different institutions, have been positively tested, aiming to a better fruition of the historical and artistic heritage. The outcome of the research has defined strategies and procedures suitable to enhance the cultural and professional expertises of highly trained subjects, who are not yet absorbable in the compartment of the venetian cultural “district” of contemporary art, but in prospect, configurable for a broader labour market.
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Todero, Luiz Ney. "De Canudos a Veneza: o projeto terra do artista plástico Juraci Dórea". Programa de Pós- Graduação em Artes Visuais da UFBA, 2004. http://www.repositorio.ufba.br/ri/handle/ri/9850.

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186f.
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Destaca-se, de forma mais ampla, o Projeto Terra e, consequentemente, o seu criador – o artista plástico Juraci Dórea, no contexto da produção artística contemporânea. A proposta do Projeto Terra visa à criação de grandes esculturas de couro e madeira, de murais e de quadros da série Histórias do Sertão inspirados na iconografia do cordel, empregando material do próprio local. Inclui-se, ainda, à proposta, a utilização do Sertão baiano como espaço não apenas temático, mas de produção, exposição e consumo das criações artísticas. Estabelecemse os horizontes de expectativas que motivam a produção/movência e a experiência/fruição das artes visuais na contemporaneidade, mediante apresentação das principais questões e experimentos atualmente vivenciados nessa área do conhecimento humano, canalizando este estudo para uma breve leitura das artes na Bahia, nas décadas de 1960 e 1970. Apresenta-se Juraci Dórea no contexto das artes plásticas contemporâneas, focalizando os perfis do artista e sua produção anterior e simultânea à realização do Projeto Terra. Descreve-se este Projeto, destacando suas concepções, propostas e projeções, bem como, a predileção do artista pelo Sertão como tema e destinação de sua experiência, por ter levado seu nome para além das fronteiras do Nordeste brasileiro. A pesquisa desenvolvida em fontes primárias e secundárias,com a utilização do método analítico-sintético como básico, e dos métodos histórico e comparativo como complementares, confirmou a hipótese levantada: o Sertão, no Projeto Terra, deixa de ser um espaço simplesmente geográfico e passa a designar uma atitude, um método ou, ainda, um procedimento pelo qual a arte, simultaneamente, se modifica e modifica o ambiente.
Salvador
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Viverit, Guido. "Problemi di attribuzione conflittuale nella musica strumentale veneta del Settecento". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2015. http://hdl.handle.net/11577/3423996.

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This thesis takes into consideration conflicting attributions, an issue occurring when a composition is ascribed to different authors in different sources. The aim of the research has been to investigate in depth this phenomenon in order to highlight its causes, considering in particular case studies from the repertory of instrumental music of Eighteenth century Veneto, analysed both from the historical-musicological and conceptual standpoint. Three cases of study were carefully selected as representative of the wider repertory: the Concert for oboe in D minor attributed to Alessandro and Benedetto Marcello, Antonio Vivaldi and Johann Sebastian Bach; the collection of trio sonatas attributed to Domenico Gallo and Giovanni Battista Pergolesi; the collection of Concerti a cinque op.1 libro terzo, attributed to Giuseppe Tartini and Gasparo Visconti. The investigation has in the first place allowed locating new sources and fresh information relative to the persons involved in the attributions. The detailed reconstruction of the history of the attributions and the examination of sources made it possible to advance different hypotheses on the originating factors of the conflicting attributions. More generally, the thesis attempts to investigate in depth all the aspects related to the context in which a work was produced and transmitted, the economic interests involved in the circulation of a musical work, the mode of production of mss. and printed sources, the practical and legal tools adopted by composers in order to protect their work and the own authorial condition and, in conclusion the concepts of author and intellectual property in the instrumental music of the mid-eighteenth century are questioned.
La tesi affronta il fenomeno delle attribuzioni conflittuali, un problema che si verifica quando una composizione è attribuita a differenti autori nelle fonti in qui essa appare. Lo scopo della ricerca è stato quello di approfondire il fenomeno per comprenderne le cause, considerando come ambito di indagine la musica strumentale veneta del Settecento e ponendo particolare attenzione sia all’aspetto storico-musicologico che a quello concettuale. Per indagare più a fondo il fenomeno sono stati presi in esame tre casi di studio attentamente selezionati in quanto rappresentativi dell’ampia casistica che il repertorio presenta: il Concerto per oboe in Re minore attribuito ad Alessandro e Benedetto Marcello, Antonio Vivaldi e Johann Sebastian Bach; la raccolta di Sonate a tre attribuite a Domenico Gallo e Giovanni Battista Pergolesi; la raccolta di Concerti a cinque op. 1 libro terzo attribuita a Giuseppe Tartini e a Gasparo Visconti. L’indagine riguardante i singoli casi di studio ha condotto all’individuazione di nuovi testimoni e di nuove informazioni relative ai soggetti coinvolti nelle attribuzioni. La ricostruzione dettagliata della storia attributiva e l’esame delle fonti ha reso possibile avanzare alcune ipotesi in merito all’origine delle varie attribuzioni considerate. Più in generale la tesi tenta di indagare in profondità tutti gli aspetti relativi al contesto in cui un’opera nacque e fu trasmessa; agli interessi economici che gravitarono attorno alla diffusione di un’opera; alle modalità di produzione delle fonti musicali; agli strumenti di cui il compositore disponeva per tutelare la propria opera e la propria condizione autoriale; in definitiva, si interroga sul concetto di autore e di proprietà intellettuale nell’ambito della musica strumentale medio-settecentesca.
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Calogero, Giacomo Alberto <1982&gt. "Marco Zoppo e il Rinascimento tra l'Emilia e il Veneto". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2014. http://amsdottorato.unibo.it/6713/1/Calogero_Giacomo_Tesi.pdf.

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La presente ricerca si occupa della figura di Marco Zoppo, pittore e artista poliedrico, nato a Cento, in Emilia, intorno al 1432. L'indagine si concentra soprattutto sugli esordi e la prima maturità di questo artista, che lo videro attivo in centri importanti come Bologna e Padova e Venezia.
This research deals with the crucial personality of Marco Zoppo, painter and multi-talented artist, who was born in Cento, Emilia, in about 1432. The study focuses primarily on his beginnings and early adulthood, which he spent mostly in important artistic centers such as Bologna, Padua and Venice.
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Calogero, Giacomo Alberto <1982&gt. "Marco Zoppo e il Rinascimento tra l'Emilia e il Veneto". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2014. http://amsdottorato.unibo.it/6713/.

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La presente ricerca si occupa della figura di Marco Zoppo, pittore e artista poliedrico, nato a Cento, in Emilia, intorno al 1432. L'indagine si concentra soprattutto sugli esordi e la prima maturità di questo artista, che lo videro attivo in centri importanti come Bologna e Padova e Venezia.
This research deals with the crucial personality of Marco Zoppo, painter and multi-talented artist, who was born in Cento, Emilia, in about 1432. The study focuses primarily on his beginnings and early adulthood, which he spent mostly in important artistic centers such as Bologna, Padua and Venice.
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Segalla, Silvia. "Le radici del cibo. Donne venete e culture della cucina tipica in differenti aree della Regione". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2015. http://hdl.handle.net/11577/3423975.

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Traditional and local cuisines are achieving resounding success, responding to the current proliferation of food philosophies and to the worldwide circulation people, goods and information. In the wide and confusing range of dietary choices and food cultures, the grandmother's cuisine and the frank conviviality of old taverns become symbols of traditional local identities, describing not only a specific food culture but also a certain way of being and constructing social relations. Starting from these premeses, this work aims to analyse the narrations of women who worked as cooks and waitresses in the kitchen and in the front of house of old “osterie”. While the geographical setting of the research is Veneto, a Region located in North-East of Italy, the historical context ranges from the Fifties to the Seventies, a period of great socio-economic transformation for the whole Region. The inquiry is based on 39 semi-structured interviews held either in Italian or in dialect. The sociological approach of this dissertation dialogue with the Gender Studies perspective, dealing particularly with Food and Gender Studies. The osterie in which the interviewees work or used to work are all family-run businesses, where everybody's tasks and responsibilities reflect his or her position within the social and the family context. Beside this, osterie were symbols of adult and male sociability because they were considered unappropriate places for women and children as customers. Given this, women's narratives depict their everyday life focusing the attention on the cooking and the serving of food. The interactions among women, family members, and customers highlight the multiple ways in which women handle the boundaries between family and work, production and reproduction, endocuisine and esocuisine (Lévi-Strauss 1967). Against and through those boundaries, women negotiate the bordes between care and personal accessibility, key concepts of gender perspective, specifically when talking with and about women (Bimbi 2014). Cookes and waitresses' narrations depict the trasmission of culinary knowledge through practice (Giard 1994, Sutton 2001), the interaction in the front of house and between the front of house and the kitchen (Goffman 1959), the organization of culinary work (Fine 1996), the relationship between family and work responsibilities, the preparation of tipical recipes (Greimas 1979). The purpose of the analisys is to underline the complexity of women's representations and self-representations, which present no clear dichotomy between the maternal construction of a proper family (Charles, Kerr 1986, 1988; Counihan 2004, 2009; Devault 1991; Douglas 1975; Lupton 1996, 2000) and of a proper work, between food as a gift (Caillé 1998, Godbout 1996, 2000, Mauss 1966) and as a commodity.
Una grande enfasi accompagna attualmente ogni discorso sulla cucina tradizionale e locale, contraltare ideale alla proliferazione di culture e filosofie alimentari che accompagna la circolazione sempre più ampia e rapida di persone, beni e informazioni. Entro questo panorama vitale ma confuso, le identità gastronomiche locali identificate con la tradizione vera o presunta incarnata nella cucina delle nonne, nella convivialità schietta delle vecchie osterie, si prestano non solo a rappresentare abitudini e certezze alimentari, ma anche a evocare, spesso idealizzandoli, figure sociali e stili relazionali. A partire da queste premesse, il presente lavoro si propone di decostruire le auto-rappresentazioni di donne hanno lavorato come cuoche e cameriere nelle cucine e nelle sale di trattorie e osterie a conduzione familiare tra gli anni Cinquanta e gli anni Settanta. La ricerca è stata condotta nelle sette province della Regione Veneto e si basa sulla raccolta di 39 interviste semi-strutturate effettuate in italiano o in veneto. Le narrazioni, contestualizzate entro un periodo storico di grande evoluzione sociale ed economica, sono sottoposte a un'analisi di carattere sociologico inserita in una prospettiva di genere e, in particolare, nel filone di studi che indaga la relazione tra genere e cibo. Nei locali a gestione familiare raccontati dalle interviste, l'assegnazione di compiti e responsabilità disegna il posizionamento di ciascuno entro lo spazio familiare e sociale. Raccontando la vita nel locale, e in particolare la preparazione e il servizio dei piatti, le narrazioni delineano l'interazione tra donne – diverse per età, status sociale e familiare – familiari e clienti – uomini adulti di diversa estrazione sociale – mettendo in luce le strategie di negoziazione dei confini tra vita familiare e vita lavorativa, produzione e riproduzione, endocucina ed esocucina (Lévi-Strauss 1967) e, con questi, quelli tra cura e accessibilità personale, costrutti fondamentale nella prospettiva di genere e, in particolare, nelle letture che individuano le donne come soggetti di studio (Bimbi 2014). L'analisi mette in luce la trasmissione infra-femminile delle conoscenze culinarie (Giard 1994), le dinamiche della sala, le strategie di conciliazione tra responsabilità familiari e impegni lavorativi, l’organizzazione del lavoro di cucina (DeVault 1991, Fine 1999), l’interazione tra il retroscena della cucina e la ribalta della sala (Goffman 1959), nonché l'esecuzione di alcune ricette tipiche (Greimas 1979). Decostruendo questi aspetti, il lavoro cerca di restituire la complessità delle rappresentazioni messe in scena, che costringono a problematizzare l'alternativa tra il cibo come dono (Caillé 1998; Godbout 1996, 2000; Mauss 1965), simbolo dell'amore ma anche delle costrizioni familiari (Charles, Kerr 1986, 1988; Counihan 2004, 2009; Devault 1991; Lupton 1996, 2000) e il cibo come merce, preparato e servito in base a logiche strettamente correlate all'interesse.
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Brunello, Francesca <1991&gt. "La fotografia nelle attività delle Onlus. Il caso del Veneto". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2017. http://hdl.handle.net/10579/10529.

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Sono molte oggigiorno le organizzazioni umanitarie che lavorano per i paesi in via di sviluppo, talmente tante che anche in questo ambito è nata una grande competizione. La raccolta fondi per questi enti è fondamentale essendo delle organizzazioni non profit, ma per raggiungere il grande pubblico hanno bisogno anch’esse di una forte comunicazione. Qui assume un ruolo fondamentale la fotografia che, intorno agli anni ’70, diventa il mezzo di comunicazione predominante anche in queste organizzazioni, che si avvalgono di fotografi professionisti per ottenere dei reportage fotografici. La fotografia è sempre più presente nelle nostre vite, oggi non riusciremmo più a vivere senza le immagini, ne siamo bombardati continuamente. Proprio per questo motivo le immagini che vengono utilizzate per la raccolta fondi delle organizzazioni umanitarie devono distinguersi dalla massa e colpire il più possibile l’osservatore per non passare inosservate. Spesso, per questo motivo vengono utilizzate immagini poco etiche nei confronti delle popolazioni ritratte, specialmente delle popolazioni africane. Si tratta soprattutto di ritratti, il volto e gli occhi colpiscono di più; ma quello che ha scatenato il dibattito che è tuttora in corso, è l’uso di immagini di bambini in stato grave di salute: il bambino con la pancia gonfia o con le mosche sul viso è ormai un cliché. E’ corretto utilizzare queste fotografie? Perché dobbiamo provare pietà per fare una donazione? Queste immagini supportano gli stereotipi derivanti dall’epoca coloniale?
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Naim, Margherita <1982&gt. "La fotografia di promozione turistica: Giuseppe Mazzotti e la costruzione di un’identità territoriale veneta (1935-1973)". Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2015. http://hdl.handle.net/10579/8276.

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Questa ricerca si propone di indagare l’attività di Giuseppe Mazzotti (1907-1981) che, giunto alla direzione dell'Ente Provinciale per il Turismo (E.P.T.) di Treviso nel secondo dopoguerra, patrocinò concorsi, mostre e pubblicazioni sul modello del Touring Club in cui la fotografia ebbe un ruolo centrale, al fine di esaltare le caratteristiche del territorio della Marca Trevigiana e la peculiarità delle ville venete. L’opera di Giuseppe Mazzotti fu ampiamente diffusa attraverso esposizioni fotografiche temporanee che furono circuitate a livello nazionale e internazionale. Nel periodo compreso tra il 1935 e il 1973, egli seppe utilizzare in maniera pervasiva il medium fotografico, basando principalmente su di esso strategie di promozione turistica e costruendo delle icone identitarie del territorio veneto.
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Pontarolo, Chiara <1997&gt. "Virtù e Beatitudini nella cupola dell'Ascensione in San Marco a Venezia (XII secolo): arte, teologia e liturgia". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2022. http://hdl.handle.net/10579/21723.

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Nell'ambito delle opere d'arte medievali il tema delle Virtù è stato ampiamente dibattuto dalla critica, a differenza delle Beatitudini, meno frequenti in ambito figurativo e quindi oggetto di studio più di taglio teologico-dottrinario che storico-artistico. Entrambi i soggetti figurano a Venezia, all'interno della basilica di San Marco, alla base del rivestimento musivo della cupola dell'Ascensione (XII secolo), collocata al centro dello spazio ecclesiale. Si tratta di una teoria di personificazioni femminili corrispondenti ad otto Virtù e otto Beatitudini. La singolarità del caso marciano è accentuata dal legame esistente tra tale gruppo di personaggi e la scena dell'Ascensione che allude esplicitamente alla Seconda Venuta di Cristo. La ragion d'essere di tale associazione potrebbe derivare da possibili nessi tra Virtù e Beatitudini da un lato e liturgia marciana dall'altro. Lo scopo del presente lavoro è comprendere il collegamento esistente tra Virtù, Beatitudini e Seconda Venuta di Cristo approfondendo l'aspetto iconografico e analizzandone il contenuto teologico. Inoltre, si cercherà di offrire una chiave interpretativa dell'insieme in oggetto considerando la tradizione liturgica di San Marco a confronto con quella bizantina della Divina Liturgia di Giovanni Crisostomo e quella romana.
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Scansani, Marco. "Giovanni De Fondulis : un protagonista dell’arte della terracotta nel Quattrocento tra Lombardia e Veneto". Doctoral thesis, Scuola Normale Superiore, 2020. http://hdl.handle.net/11384/85778.

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Vedovetto, Chiara <1987&gt. "In hoc signo: croci scolpite. Indagine sulla diffusione in area veneta, nel contesto italiano e alto adriatico". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/2522.

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Introduzione alla nascita e diffusione della Croce scolpita, a partire dalla "cultura dei megaliti" come genesi della modalità espressiva mediante pietre-segnacolo, con gli esempi specifici di Italia, Armenia, Irlanda. Analisi approfondita sulla visione della Croce, in seno alla sua trasposizione semantica da Arbor Vitae a Lignum Vitae. Esempio specifico dell'iconografia della Croce in arcata; nascita, significato e rintracciabilità di questo simbolo, mediante confronti tra gli esemplari dell'altoadriatico, veneto, centro Italia.
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