Literatura académica sobre el tema "Architettura in pietra"

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Artículos de revistas sobre el tema "Architettura in pietra"

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Nobile, Marco Rosario. "Rinascimento alla francese: Gabriele Licciardo, architettura e costruzione nel Salento della metà del Cinquecento". Artigrama, n.º 30 (9 de diciembre de 2022): 193–219. http://dx.doi.org/10.26754/ojs_artigrama/artigrama.2015308140.

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Resumen
L’architettura salentina del XVI secolo offre ricchezza e profondità di riferimenti ma anche ostacoli posti contestualmente da una documentazione incompleta e priva di riscontri sicuri. Di questa labilità di assunti è intrisa la vicenda della personalità che viene considerata risolutiva, quella più nota alla storiografia architettonica: Gabriele Licciardo. Questo studio parte da una ricostruzione plausibile della biografia del maestro alla luce delle poche notizie esistenti e dell’architettura costruita. Per individuare aspetti utili ad inquadrare il caso Licciardo occorre osservare fabbriche del Salento che sono accomunate da sperimentazioni significative nel campodelle volte in pietra: l’abside (volta impostata su una geometria semi ennagonale e chiave pendente con figurazioni scultoree) della chiesa di Santa Croce a Lecce o il grande vano quadrato posto in corrispondenza dell’ala nord del castello di Cavallino (volta a spigoli vivi). Si tratta di soluzioni costruttive che non sembrano avere radici né nella tradizione costruttiva salentina né nella trattatistica italiana, mentre delineano gli esordi di una solida tradizione locale. I riferimenti possibili denunciano un milieu extra peninsulare e un bagaglio di conoscenze che hanno relazioni indirette con le soluzioni teorizzate da Philibert Delorme. Il mondo francese si affaccia quindi in Salento, rendendo all’improvviso problematici i paradigmi su cui si è basata la costruzione storiografica. Gli indizi sinora emersi e le riflessioni qui proposte obbligano a tirare conclusioni diverse da quelle sinora postulate in merito alla provenienza di Licciardo e soprattutto alla sua formazione.
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Murtinho, Vitor. "Arquitetura e romance em Antonio di Pietro Averlino". Risco Revista de Pesquisa em Arquitetura e Urbanismo (Online) 19 (28 de julio de 2021): 41–61. http://dx.doi.org/10.11606/1984-4506.risco.2021.166249.

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Resumen
Antonio Averlino, conhecido como il Filarete, é o autor do livro Trattato di Architettura. Aqui aborda-se o facto de este importante texto renascentista, um dos primeiros com ilustrações, tendo como pretexto a disciplina da arquitetura, corresponde a uma obra com uma forte componente de ficção, podendo mesmo ser considerado um romance. É sobre esta dualidade do livro de Filarete que este artigo trata.
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Sanfilippo, Matteo. "Pietro Consagra en Gibellina." Revista Eviterna, n.º 10 (28 de septiembre de 2021): 128–41. http://dx.doi.org/10.24310/eviternare.vi10.12822.

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Resumen
Lo scultore italiano Pietro Consagra con il testo La città frontale,scritto nel 1968 dopo un lungo viaggio negli Stati Uniti, si mette in polemica contro l’architettura funzionalista, avanzando l’ipotesi di una partecipazione attiva degli artisti allo sviluppo dell’impianto urbano e architettonico delle città. Gibellina, piccola città siciliana ricostruita con l’aiuto di numerosi artisti dopo il terremoto che la distrusse completamente nel 1968, è stato il campo di sperimentazione delle teorie avanzate da Consagra. Qui l’artista ha attuato parte della sua utopia di città frontale, realizzando grandi sculture e architetture tutte legate al principio della frontalità. Proprio la frontalità è l’espediente che l’artista ha utilizzato sin dagli anni cinquanta per creare un rapporto paritario fra opera e fruitore, le sculture frontali così come le architetture non cercano di imporsi e dominare il circostante da un centro ideale, si lasciano invece attraversare, invitano a un colloquio a tu per tu, creando un rapporto intimo di complicità con ciò che le circonda. Questa utopia è nata anche grazie alla volontà di Ludovico Corrao, illuminato sindaco di Gibellina per più di un ventennio, e grazie soprattutto alla popolazione che, dopo la catastrofe e la tabula rasa portata dal terremoto, ha accettato e partecipato con entusiasmo alle proposte degli artisti. Tramite un’analisi comparativa delle opere realizzate a Gibellina da Consagra, metteremo in evidenza il dibattito nato fra artisti e architetti in questo periodo sulle possibilità di sviluppo condiviso delle future città.
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De Divitiis, Bianca y Fulvio Lenzo. "Parole di pietra. Epigrafia, studio dell’antico e nuove architetture nel Rinascimento meridionale". Opus Incertum 8, n.º 1 (26 de noviembre de 2022): 18–37. http://dx.doi.org/10.36253/opus-14065.

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Resumen
This article presents the first results of an ongoing research on inscriptions in southern Italy in the late medieval and early modern periods and analyses three different ways in which inscriptions were used to make a façade ‘speak’. In first instance, it analyses two significant examples of ‘written’ buildings, where epigraphic texts played a central role in the overall ‘all’antica’ design of the façade; it subsequently considers those cases in which a monumental and long inscription traversed the entire facade; and finally it focuses on the inscriptions connected to city gates and palace portals, as well as on those cases in which it is the door itself to speak in first person. The cases presented allow us to recognise the ‘speaking façades’ created in the Kingdom of Naples as a self-aware phenomenon which relied on a consolidated tradition regarding the study of local antiquities and on a sense of continuity with both the classical and medieval past.
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D'Amelio, Maria grazia. "«Il bello, il proprio, il necessario» nel colonnato di San Pietro a Roma : architettura, economia, cantiere". Mélanges de l’École française de Rome. Italie et Méditerranée 119, n.º 2 (2007): 375–85. http://dx.doi.org/10.3406/mefr.2007.10369.

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Chamoux, Francois y Gilbert Hallier. "Un Colombier en Pierre de Taille pres d'Apollonia". Libyan Studies 25 (enero de 1994): 119–24. http://dx.doi.org/10.1017/s0263718900006270.

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Resumen
A environ sept kilomètres à l'Ouest d'Apollonia, au lieu-dit Gasr-as-Suwayrah (indication donnée par S. Stucchi), on remarque, dominant l'étroite plaine côtière, non loin du pied du djebel, un amas de ruines partiellement envahies par des buissons. Les membres de la Mission archéologique française ont reconnu ces ruines en mai 1978, sans pouvoir pousser leur examen au-delà d'une étude sommaire des vestiges actuellement visibles de l'édifice: il n'a pas été possible de procéder à un nettoyage, ni au déplacement des blocs écroulés, ni à des travaux de sondage ou de fouille. Toutefois l'architecte de la mission, Gilbert Hallier, a pris à cette occasion les mesures et les croquis de tous les éléments accessibles, ce qui lui a fourni une base d'étude suffisante pour proposer une interprétation et une restauration graphique du monument. Il s'agit d'un grand pigeonnier construit en pierre de taille, avec beaucoup de soin. C'est jusqu'à présent le seul bâtiment de ce genre qui ait été signalé en Cyrénaïque. R. G. Goodchild avais déjà remarqué cet amas de ruines. Il n'avait pas échappé à S. Stucchi, qui lui a consacré quelques lignes dans son ouvrage magistral Architettura Cirenaica en 1975. Voici comment il le décrit (p. 519): ‘una grande colombaia circolare in muratura di grossi blocchi, che all' interno presentano file regolari di nicchiette per in nidi’. L'étude de G. Hallier confirme pleinement ce que S. Stucchi avait justement noté. Elle permet désormais de proposer de ce colombier une image précise qui enrichit notre connaissance du paysage rural en Cyrénaïque.
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Tuttle, Richard J. "Review: Trattati, con l'aggiunta degli scritti di architettura di Alvise Cornaro, Francesco Giorgi, Claudio Tolomei, Giangiorgio Trissino, Giorgio Vasari by Pietro Cataneo, Giacomo Barozzi Da Vignola". Journal of the Society of Architectural Historians 51, n.º 1 (1 de marzo de 1992): 97–98. http://dx.doi.org/10.2307/990649.

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Sommaini, Fabrizio. "IL LAVORO E L'ORGANIZZAZIONE DEL CANTIERE NELLA ROMA PAPALE E IMPERIALE. LA BASILICA DI SAN PIETRO E IL COMPLESSO DI DOMIZIANO: FONTI MODERNE PER RICOSTRUIRE PROGETTI ANTICHI". Papers of the British School at Rome, 27 de julio de 2021, 1–46. http://dx.doi.org/10.1017/s0068246221000052.

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Sin dai primi studi sul cantiere e sul processo costruttivo delle architetture antiche, esempi storicamente ben documentati di età medievale e moderna sono stati presi come riferimento e termine di paragone, al fine di comprendere più approfonditamente l'industria delle costruzioni nell'antica Roma. Questo contributo riflette circa la possibilità di utilizzare due casi di studio parzialmente simili per dimensioni, ubicazione e tecniche costruttive: la Basilica di San Pietro, di età rinascimentale e barocca, in comparazione con l'antico complesso di Domiziano, estensione dei Palazzi Flavi sul Palatino. I primi risultati, che si iscrivono in un progetto di studio sul Complesso domizianeo, aggiungono nuovi elementi alla ricostruzione teorica del cantiere e del ciclo costruttivo. Si analizzano diversi aspetti di questi due progetti architettonici di grandi dimensioni (XXL structures) – la committenza, la forza lavoro, l'approvvigionamento dei materiali da costruzione, l'allestimento del cantiere – evidenziando analogie e differenze, nel tentativo di ovviare alle lacune nella documentazione antica.
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Tesis sobre el tema "Architettura in pietra"

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Bertolazzi, Angelo. "Modernismi litici (1922-1942) : la pietra nell' Architettura moderna". Thesis, Paris Est, 2013. http://www.theses.fr/2013PEST1047.

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Resumen
L'architecture moderne des années 20 et 30 est en général caractérisée par un usage des nouveaux matériaux que son l'acier, le béton et le verre. Pourtant la pierre a joué également un rôle important, quoique plus modeste, dans la définition du "style moderne", rôle qui a été peu étudié dans les nombreux travaux qui ont porté sur cette période. Pendant des siècles, la "construction pierre par pierre", a été un aphorisme de la culture occidentale qui renvoyant à l'action archaïque de construire, que ce soit au niveau de bâtiment ou de la ville. C'est la raison pour laquelle elle a toujours été associée à la tradition, et délibérément occultée par le Mouvement Moderne. Cependant elle témoigne bien des transformations en cours de la phase cruciale de la "modernisation" de la société et donc de l'architecture et de la construction. La pierre est aussi un excellent lieu d'analyse de la phase délicate de transition d'un tissu technique et commerciale traditionnel, vers une industrialisation naissante et des nouvelles technologies qui lui sont liées
Reading the project of the Modern and its constructive cultures in relation to the historical conditions and the technology, allows exploring some aspects of Modern Architecture in Europe. Besides the traditional, more studied and known triad of "moderns" materials, steel, concrete and glass, the stone also played an important role, in the definition both of "modern construction and modern style". The construction in stone was always associated with the tradition and then forgotten by the Modern Movement, during the crucial phase of society's "modernization" and therefore its architecture and construction. The stone however explains this delicate transition from the traditional art of building in stone to the new technologies
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Bertolazzi, Angelo <1978&gt. "Modernismi Litici 1922-1942. La pietra nell'Architettura Moderna". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amsdottorato.unibo.it/5416/1/bertolazzi_angelo_tesi.pdf.

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Resumen
Leggere il progetto del Moderno e le sue culture costruttive in relazione alla storia e allo sviluppo della tecnologia, consente di esplorare alcuni aspetti dell’Architettura Moderna in Europa. Oltre alla più famosa, e maggiormente studiata, triade dei materiali ‘moderni’ – l’acciaio, il calcestruzzo e il vetro – la pietra ha svolto un importante ruolo nella definizione sia dello stile che della costruzione moderna. La costruzione in pietra è stata sempre associata alla tradizione e quindi deliberatamente dimenticata dal Movimento Moderno, durante la fase cruciale della modernizzazione della società e quindi dell’architettura e della costruzione. La pietra tuttavia testimonia la delicata transizione dalla tradizionale arte del costruire alle nuove tecnologie. La ricerca ha studiato l’evoluzione delle tecniche costruttive in pietra in Francia ed in Italia, durante gli anni ’20 e ’30, in relazione alle nuove tecniche industrializzate e i linguaggi delle avanguardie. La ricerca è partita dallo studio dei manuali, delle riviste e dei progetti presentati sulle loro pagine. In Italia e in Francia il rivestimento in pietra si afferma come un sistema costruttivo ‘razionale’, dove la costruzione moderna converge lentamente verso nuove soluzioni; questo sistema ha avuto negli anni ’20 e ’30 un ruolo centrale, nel quale è stato possibile un dialogo, senza contraddizioni, tra i materiali ‘moderni’ e la pietra. L’evoluzione dalle tradizionali tecniche costruttive verso i nuovi sistemi tecnologici, ha determinato una nuova costruzione in pietra che è alla base di una modernità che non rifiuta questo materiale tradizionale, ma lo trasforma secondo i nuoci principi estetici.
Reading the project of the Modern and its constructive cultures in relation to the historical conditions and the technology, allows exploring some aspects of Modern Architecture in Europe. Besides the traditional, more studied and known triad of "moderns" materials, steel, concrete and glass, the stone also played an important role, in the definition both of "modern construction and modern style". The construction in stone was always associated with the tradition and then forgotten by the Modern Movement, during the crucial phase of society’s "modernization" and therefore its architecture and construction. The stone however explains this delicate transition from the traditional art of building in stone to the new technologies. The research studies this evolution of construction techniques in stone in France and Italy during the '20s and '30s, related to the new industrialized construction and the avant-garde languages. It begins with the study of technical manuals, the reviews and the projects presented on its pages. The stone cladding, in Italy and France, grows as a model of constructive rationality, where "modern" building techniques slowly converge toward to new solutions. The modern cladding in stone during the '20s '30s has a central role, where the dialogue is possible, without contradiction, between the materials so-called "modern" and the stone. The evolution from traditional techniques to new technological systems determined a new construction in stone that is the basis of modernity and that doesn’t reject this traditional material, but transforms it according to the new aesthetic principles.
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Bertolazzi, Angelo <1978&gt. "Modernismi Litici 1922-1942. La pietra nell'Architettura Moderna". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amsdottorato.unibo.it/5416/.

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Resumen
Leggere il progetto del Moderno e le sue culture costruttive in relazione alla storia e allo sviluppo della tecnologia, consente di esplorare alcuni aspetti dell’Architettura Moderna in Europa. Oltre alla più famosa, e maggiormente studiata, triade dei materiali ‘moderni’ – l’acciaio, il calcestruzzo e il vetro – la pietra ha svolto un importante ruolo nella definizione sia dello stile che della costruzione moderna. La costruzione in pietra è stata sempre associata alla tradizione e quindi deliberatamente dimenticata dal Movimento Moderno, durante la fase cruciale della modernizzazione della società e quindi dell’architettura e della costruzione. La pietra tuttavia testimonia la delicata transizione dalla tradizionale arte del costruire alle nuove tecnologie. La ricerca ha studiato l’evoluzione delle tecniche costruttive in pietra in Francia ed in Italia, durante gli anni ’20 e ’30, in relazione alle nuove tecniche industrializzate e i linguaggi delle avanguardie. La ricerca è partita dallo studio dei manuali, delle riviste e dei progetti presentati sulle loro pagine. In Italia e in Francia il rivestimento in pietra si afferma come un sistema costruttivo ‘razionale’, dove la costruzione moderna converge lentamente verso nuove soluzioni; questo sistema ha avuto negli anni ’20 e ’30 un ruolo centrale, nel quale è stato possibile un dialogo, senza contraddizioni, tra i materiali ‘moderni’ e la pietra. L’evoluzione dalle tradizionali tecniche costruttive verso i nuovi sistemi tecnologici, ha determinato una nuova costruzione in pietra che è alla base di una modernità che non rifiuta questo materiale tradizionale, ma lo trasforma secondo i nuoci principi estetici.
Reading the project of the Modern and its constructive cultures in relation to the historical conditions and the technology, allows exploring some aspects of Modern Architecture in Europe. Besides the traditional, more studied and known triad of "moderns" materials, steel, concrete and glass, the stone also played an important role, in the definition both of "modern construction and modern style". The construction in stone was always associated with the tradition and then forgotten by the Modern Movement, during the crucial phase of society’s "modernization" and therefore its architecture and construction. The stone however explains this delicate transition from the traditional art of building in stone to the new technologies. The research studies this evolution of construction techniques in stone in France and Italy during the '20s and '30s, related to the new industrialized construction and the avant-garde languages. It begins with the study of technical manuals, the reviews and the projects presented on its pages. The stone cladding, in Italy and France, grows as a model of constructive rationality, where "modern" building techniques slowly converge toward to new solutions. The modern cladding in stone during the '20s '30s has a central role, where the dialogue is possible, without contradiction, between the materials so-called "modern" and the stone. The evolution from traditional techniques to new technological systems determined a new construction in stone that is the basis of modernity and that doesn’t reject this traditional material, but transforms it according to the new aesthetic principles.
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Belemmi, Lucia, Samuele Vaccari y Federica Zauli. "Cavezzo, isola di pietra. Percorsi di identità urbana". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2014. http://amslaurea.unibo.it/6904/.

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La nostra ricerca si è focalizzata sul tema dell’identità di Cavezzo, risorsa preziosa che la catastrofe ha distrutto in un attimo, insieme alle vite umane e ai beni materiali. La perdita di identità comporta infatti negli abitanti la percezione di vivere la propria quotidianità in una sorta di “non luogo”. Poiché il nostro progetto non può essere in grado di risolvere il dolore umano provocato da questo evento, abbiamo agito sulla città per quella che è o che dovrebbe essere, ovvero un agglomerato di architetture, spazi pubblici e privati, capaci di restituire riconoscibilità, e dunque senso di appartenenza, ai suoi cittadini. L’obiettivo principale è stato quindi quello di dare agli abitanti un’immagine diversa ma chiara del proprio paese. L’evento del terremoto non viene infatti congelato, musealizzato o usato come pretesto per ricostruire “com’era dov’era”, ma diventa l’occasione per ripensare la città nella sua interezza e per affrontare riflessioni sulla gerarchia fra spazi collettivi e individuali, e sulla capacità di questi elementi di tenere insieme la comunità. Abbiamo deciso di chiamare la nostra tesi “Cavezzo, isola di pietra. Percorsi di identità urbana” innanzitutto perché il nostro progetto si è focalizzato su uno degli isolati urbani maggiormente sedimentati di Cavezzo, uno dei pochi luoghi radicati nella storia della città. Esso conserva il nucleo originario, nato a partire dalla chiesa di Sant’Egidio, attorno al quale si è poi sviluppato tutto l’aggregato urbano, e detiene una forte e radicata relazione con gli elementi naturali della Bassa, in quanto l’acqua del canalino che vi sorgeva è generatrice di forme e il verde instaura relazioni con la campagna limitrofa. Questi segni casuali di una natura che agisce incontrollata e plasma la forma di queste terre diventano il pretesto iniziale che dà vita a tutto il nostro progetto, sia per la sua forma, sia per la sua collocazione ed il significato che esso assume all’interno della città. Questo progetto, radicato nella storia, si snoda in diversi percorsi paralleli che vedono il susseguirsi di tre interventi che, nonostante la loro diversità, possono essere comunque letti in modo unitario. Queste tre operazioni vengono infatti tenute insieme da alcuni principi condivisi che rafforzano la leggibilità dell’intervento complessivo; in particolare una relazione rimane sempre imprescindibile per tutti: quella con la città e con le preesistenze. Tutti e tre i progetti lavorano sulla gerarchia tra spazi pubblici e privati, indagando tematiche diverse, seppur legate, come quelle della casa e del teatro.
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Campolucci, Sara y Marika Leardini. "Educazione sostenibile. Progetto di riqualificazione del complesso scolastico Ponte Pietra a Cesena". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amslaurea.unibo.it/5310/.

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Resumen
Oggetto di questa tesi è la riqualificazione energetica del complesso scolastico, formato dalla scuola materna "i Girasoli" e dalla scuola elementare "il Gelso", localizzate a Ponte Pietra, frazione di Cesena. La strategia di intervento prevede l'assunzione degli obiettivi funzionali fissati dall‟Amministrazione, ma anche una riqualificazione urbana del sito in esame e una riqualificazione architettonica delle due scuole. Per definire gli obiettivi di progetto e quindi le strategie da adottare, è stata effettuata una analisi dell'area in cui si andava ad operare e soprattutto una analisi dei due edifici in oggetto. A scala urbana, analizzando le funzioni dell'area di intervento è emerso che il lotto all‟interno del quale è inserito il polo scolastico è centrale per la frazione, ospitando infatti i principali edifici pubblici. Dall‟ analisi sono emerse diverse criticità, tra cui la localizzazione su una strada ad alto scorrimento, si è perciò previsto di inserire una "zona 30" e di riqualificare i percorsi esistenti, per garantire la massima permeabilità e valorizzare la fruizione pedonale dell'area. Per quanto concerne le funzioni, il progetto ha proposto di recuperare un edificio di quest‟area e adibirlo a spazio ricreativo costituendo un polo attrattivo che aumenti la fruizione dell‟area in ogni ora della giornata e che sia anche punto di incontro per la comunità, sia per i più piccoli sia per gli anziani. A scala architettonica, gli due edifici presentano numerosi inconvenienti. Innanzi tutto la relazione con il contesto: l‟ingresso alle due scuole risulta infatti pericoloso perché localizzato sulla strada a scorrimento veloce, e inoltre scomodo perché servito da un insufficiente parcheggio. All‟interno degli edifici,la disposizione degli spazi non permette di sfruttare appieno le potenzialità delle due piccole scuole, inoltre alcuni ambienti risultano sottodimensionati rispetto alla normativa vigente. Il progetto prevede una ridistribuzione interna dei vari ambienti, anche per consentire agli edifici di soddisfare le mutate esigenze dell'utenza . Per quanto concerne gli obiettivi di contenimento dei consumi energetici dell‟edificio fissati dall'Amministrazione, il fabbisogno attuale è stato verificato tramite un software certificato. Quindi si è proceduto ipotizzando diversi step di progressivo miglioramento delle prestazioni energetiche, simulate tramite il software, fino a fare raggiungere agli edifici la Classe energetica A. Ciò ha richiesto di intervenire sia sull'involucro che sul sistema impiantistico esistente. La tesi ha valutato anche alcuni elementi del quadro economico e finanziario dell'intervento, determinando il tempo di ritorno degli investimenti necessari per la riqualificazione energetica, in relazione alla riduzione dei consumi futuri che essa è permette di conseguire.
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Zavatta, Giacomo. "Rifunzionalizzazione e recupero di una vecchia falegnameria. La nuova biblioteca del centro Spirituale di Marola (RE)". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2022.

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Resumen
In un contesto come quello italiano, dove si è da sempre costruito con l’idea che l’edificio realizzato fosse destinato a esistere e funzionare in eterno, ci si ritrova davanti a un patrimonio edilizio molto datato, costituito da un gran numero di manufatti dismessi e spesso non demolibili per via del valore che possiedono. Qui entra in gioco il modello metodologico del recupero, ovvero l’insieme di interventi sul patrimonio esistente in grado di favorire le trasformazioni del sistema edilizio, garantendo prestazioni di sicurezza, ambientali e tecnologiche e, allo stesso tempo, essere realizzabili senza compromettere la materia esistente e il proprio valore. Il Centro Diocesano di Spiritualità e Cultura di Marola, sorto tra i castagneti dell’appennino reggiano nel XII secolo per volontà di Matilde Di Canossa, è un luogo in cui i trascorsi storici sono certamente narrati dai fabbricati che ospita, ad oggi la maggior parte in disuso. L’Associazione che gestisce il complesso ha così avviato un percorso progettuale di rifunzionalizzazione per restituire, in sintonia con la vocazione del luogo, alla comunità questi spazi. La proposta di progetto interessa la Vecchia Falegnameria, un fabbricato in pietra di epoca ottocentesca, all’interno del quale si propone di realizzare una biblioteca-sala studio a completamento dell’offerta del Centro. Un accurato studio sullo stato di conservazione ha fornito le basi per definire ipotesi di intervento: si sono realizzati dettagli costruttivi di consolidamento necessari a contrastare i fenomeni di degrado e dissesto oggi in atto. La strategia d’intervento ipotizzata per la rifunzionalizzazione ha poi trasformato l’edificio esistente in un “contenitore edilizio” al cui interno si sono realizzate le nuove superfici, adeguate allo svolgimento dell’attività imposte dalla destinazione d’uso a biblioteca. Si è scelto di utilizzare materiali e tecnologie moderne, perseguendo il concetto di riconoscibilità del nuovo rispetto all’esistente.
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Semprini, Alice. "Trattamenti innovativi a base di idrossiapatite per il consolidamento della Pietra leccese: efficacia a confronto su campioni degradati artificialmente e con presenza di sali". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2017.

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Resumen
In questo studio è stata indagata l’efficacia di un nuovo consolidante inorganico a base di idrossiapatite (HAP) su due calcari porosi, la pietra leccese e il calcare globigerina, che sebbene considerati simili in letteratura differiscono per microstruttura e composizione. L’idrossiapatite può essere ottenuta per sintesi 'wet' facendo reagire un precursore fosfatico (DAP) con ioni calcio presenti nel substrato o aggiunti esternamente. Il trattamento ha già dato risultati promettenti su altri litotipi, ma per la pietra leccese l’efficacia del trattamento era ancora da indagare compiutamente, quindi sono state effettuate prove su campioni degradati termicamente, così da avere assenza di sali e degrado uniforme. Sono state considerate formulazioni con due diverse concentrazioni di DAP (3M e 0,1M) e diversa aggiunta di ioni calcio. Nella soluzione 0,1M è stato aggiunto etanolo per favorire la dissociazione in ioni PO43- che possono reagire e formare HAP. I risultati sono stati messi a confronto con quelli ottenuti dal trattamento tradizionale con silicato di etile (TEOS): sono stati valutati gli effetti del degrado, la variazione delle proprietà meccaniche, la formazione di fasi dopo il trattamento e un primo studio sulla durabilità. I risultati ottenuti sono buoni per entrambi i trattamenti, soprattutto per quello 3M: un buon aumento delle proprietà meccaniche, una buona profondità di penetrazione e l’assenza di fasi metastabili o sottoprodotti dannosi; i risultati sono confrontabili o superiori a quelli dati dal TEOS. Il trattamento 0,1M ha invece un’efficacia minore, forse a causa dell’elevata porosità dei substrati che richiedono un’alta quantità di HAP, pertanto la sua ottimizzazione è attualmente in corso. Inoltre per la prima volta il nuovo trattamento è stato applicato su supporti contaminati da sali, quasi sempre presenti in situ, indagando la possibile formazione di fasi metastabili solubili in grado di ridurre il successo del trattamento.
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Bassi, Mattia. "Studio sperimentale su un innovativo trattamento biopolimerico antisale contro il degrado dei materiali nell'architettura antica". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2019.

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Resumen
La cristallizzazione dei sali all’interno dei materiali porosi da costruzione quali pietre, mattoni, intonaci, malte e calcestruzzo, è fonte di danno e di conseguente perdita del nostro patrimonio culturale. Questo danno è legato alla pressione di cristallizzazione che nasce all’interfaccia tra i cristalli di sale in crescita e la parete dei pori: questa pressione, dovuta a forze repulsive tra le due superfici, spesso supera la resistenza a trazione dei materiali, provocandone il danneggiamento. In questo lavoro viene analizzata la risposta di diversi substrati porosi alla cristallizzazione salina in seguito al trattamento dei materiali con una soluzione biopolimerica a base di chitosano, combinata con un trattamento consolidante con fosfato di idrogeno biammonico (DAP), volto a prevenire la dissoluzione del materiale e ad agire come ancoraggio per il rivestimento polimerico. Ci si aspetta che questo trattamento combinato elimini la repulsione tra i cristalli di sale e la parete dei pori, alleviando quindi la pressione interna. Il trattamento è stato applicato a substrati quali laterizi e pietre calcaree, in particolare calcare globigerina e pietra leccese, che sono stati sottoposti a test di cristallizzazione con solfato di sodio, ottenendo risultati diversi ma in generale promettenti, specialmente sulle pietre, lasciando aperte diverse possibilità di studi e approfondimenti futuri.
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Gugnali, Silvia. "Il consolidamento di pietre calcaree compatte attraverso un innovativo trattamento a base di idrossiapatite". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2017.

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Resumen
La tutela e la conservazione dei Beni Culturali ed in particolare la conservazione dei materiali lapidei dell’architettura storica sono l’obiettivo primario della disciplina del restauro. I numerosi trattamenti proposti per i litotipi storici si sono dimostrati poco efficaci e durevoli nel tempo. Perciò, ad oggi sono in corso numerose sperimentazioni atte ad individuare nuovi trattamenti consolidanti idonei a litotipi di varia natura. In questo studio è stata sperimentata l’applicazione di un innovativo trattamento inorganico consolidante a base di idrossiapatite (HAP) al fine di valutarne l’efficacia, la compatibilità e la durabilità sui supporti calcarei compatti. Il litotipo scelto come materiale oggetto della sperimentazione in laboratorio è il marmo di Carrara. Tale studio ha indagato differenti formulazioni del trattamento a base di idrossiapatite (DAP 3M e DAP 0,1M) in maniera sistematica, testando l’efficacia e la compatibilità ottenute con il substrato. Per caratterizzare al meglio gli effetti prodotti dal trattamento, inoltre, è stato eseguito un confronto con alcuni dei principali trattamenti inorganici ad oggi impiegati: ossalato di ammonio, acqua di calce e nanocalce. Inoltre, lo stesso trattamento a base di HAP è stato studiato anche in applicazioni in situ: la sperimentazione è stata condotta sul basamento del monumento funebre di Rolandino de’ Passeggeri a Bologna, applicando la soluzione di DAP 3M e un successivo impacco di acqua di calce. Gli esiti di entrambe le sperimentazioni hanno mostrato l’idoneità del trattamento attraverso un efficiente capacità consolidante senza significative alterazioni dei caratteri fisico-meccanici delle superfici, presentando ottimi risultati in termini di efficacia, compatibilità e durabilità. Il consolidante a base di HAP, infatti, sembra essere una valida alternativa ai tradizionali trattamenti applicati per il restauro delle pietre calcaree, superando molte delle limitazioni di questi ultimi.
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Guarneri, Cristiano <1979&gt. "Architettura del sapere: la Kunstkamera di Pietro il Grande". Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2010. http://hdl.handle.net/10579/1029.

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Resumen
Il soggetto di questo studio è un edificio: la Kunstkamera di San Pietroburgo, i cui lavori di costruzione iniziarono nel 1718 su commissione dello zar Pietro il Grande. Al suo interno furono creati oltre alle sale espositive, come suggerisce il nome stesso, anche un teatro anatomico, un planetario, un osservatorio astronomico e la biblioteca dello zar, nell’idea di farne la sede dell’Accademia delle Scienze, un’altra istituzione di Pietro il Grande. Quindi non solo una kunstkammer ma anche un centro di ricerca scientifica, non troppo dissimile negli intenti ad un moderno museo. Lo studio ha affrontato l’argomento in tre stadi, approccianti il tema con tre differenti lenti d’ingrandimento: il contesto – la città; il contenuto – le collezioni; il contenitore – l’edificio. Nel primo capitolo è stata analizzata la posizione strategica della Kunstkamera nella pianificazione urbana della nuova capitale, San Pietroburgo, e quindi il ruolo, altrettanto strategico, dell’Accademia delle scienze nell’ampio piano di riforme promosse da Pietro il Grande. Il secondo capitolo, dedicato alle collezioni, è stato incentrato sulla figura di Pietro il Grande come collezionista. Attraverso lo studio delle molteplici sistemazioni delle collezioni, prima a Mosca e successivamente a San Pietroburgo, si è potuto delineare il ruolo assegnato alla Kunstkamera nel programma collezionistico organizzato negli anni 1718-19. Infatti mentre le statue antiche e moderne acquistate in Italia venivano sistemate nel Giardino d’Estate ed i quadri comprati sul mercato olandese e fiammingo trovavano posto nei padiglioni della residenza estiva di Peterhof, i reperti della kunstkammer furono spostati dalle residenze dello zar alla loro prima sistemazione pubblica, il palazzo di Kikin. Quella del palazzo di Kikin non era però che una collocazione temporanea, poiché sempre nel 1718 – e siamo al terzo capitolo della tesi – fu posta la prima pietra della Kunstkamera. Il cantiere fu estremamente travagliato e le sue vicende sono analizzate nel dettaglio, tramite documenti d’archivio e disegni inediti. Ebbero un ruolo non trascurabile nella progettazione e nella costruzione della Kunstkamera ben tre architetti, il tedesco Georg Johann Mattarnovy, lo svizzero Nicolaus Friedrich Härbel e l’italiano Gaetano Chiaveri, un astronomo, il francese Joseph-Nicolas Delisle, e ancora molti altri operai, come muratori, carpentieri, intagliatori, pittori e decoratori. Non furono tuttavia solo queste le personalità che presero parte nell’attuazione di questo progetto architettonico e scientifico. Da un lato Gottfried Wilhelm Leibniz fornì il progetto dell’Accademia delle scienze, in cui kunstkammer, laboratori e biblioteche avevano un ruolo centrale; dall’altro l’alsaziano Johann Daniel Schumacher, bibliotecario di Pietro il Grande, organizzò dapprima l’acquisto delle collezioni e l’ingaggio degli studiosi, quindi guidò il completamento dell’edificio e l’allestimento dell’esposizione dopo la morte dello zar. La parabola di questo singolare esperimento di edificio si concluse nel 1747, quando un incendio ne bruciò la porzione sommitale e, con esso, anche parte delle sue preziose collezioni.
This study’s main topic is a building: the Kunstkamera in St. Petersburg, built starting from 1718 by the Tzar Peter the Great. Inside it, besides the exhibition rooms, as the name suggests, also an anatomic theatre, a planetary, an astronomical observatory and the Tzar’s library were arranged, with in mind the idea making it the seat of the Academy of sciences, another Peter the Great’s creation. So not only a kunstkammer but also a scientific research center, not far in intents to a modern museum. This topic is developped into three steps, approaching it with different magnifing lenses: the context, or the city; the content, or the collections; the container, or the building. In the first chapter is analysed the Kunstkamera strategic position in the urban planning of the new capital, St. Petersburg, and the role, equally strategic, played by the Academy of sciences in the reforms plan promoted by Peter the Great. The second chapter, devoted to collections, focus on the figure of Peter the Great as collector. Through the study of the collections different arrangements, before in Moscow and then in St. Petersburg, it was possible to point out the role assigned to Kunstkamera in the Peter the Great’s collecting program, especially drawn in the years 1718-19. Infact, while the ancient and modern statues purchased in Italy were arranged in the Summer Garden and the pictures bought on the Netherlandish and Flamish market found a place in the Peterhof’s pavillions, the kunstkammer’s objects were moved from the Tzar’s residences to their first pubblic settlement, the Kikin Palace. That of the Kikin Palace was only a temporary arrangement, because again in 1718 – and this is the dissertation’s third chapter – the Kunstkamera’s first stone was laid down. The construction was very long and complex and the events are sharply shown through unissued archival documents and drawings. Three architects, the German Georg Johann Mattarnovy, the Swiss Nicolaus Friedrich Härbel, and the Italian Gaetano Chiaveri, one astronomer, the French Joseph-Nicolas Delisle, and many other workers, like masons, carpenters, carvers, painters and decorators, had a part in the project and construction of the Kunstkamera. But not only these were the personalities involved in this architectural and scientific project. Gottfried Wilhelm Leibniz gave the ideas for the Academy of sciences’ project, where kunstkammer, laboratories and libraries played a central role; and again the Peter the Great’s librarian, Johann Daniel Schumacher, was important: before he organised the collections purchase and the scientists enrolment, than he drove the building accomplishment and the exhibition display after the Tsar’s death. The parabola of this singular building experiment ended in 1747, when a fire burned out the Kunstkamera’s upper part and, with it, a part of its precious collections.
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Libros sobre el tema "Architettura in pietra"

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Pietra su pietra: Architettura in pietra a secco degli Iblei. Palermo: A. Lombardi, 1998.

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Torre, Anna Maria. Pietra piarte: Cilento architettura ambiente. Cilento-Salerno: Centro culturale "Cilento Domani", 1991.

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3

Vincenzo, Pavan y Mostra internazionale di marmi, pietre e tecnologie (1999 : Verona, Italy), eds. Spazio, pietra, architettura =: Space, stone, architecture. [Faenza]: Gruppo editoriale Faenza, 1999.

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4

Vincenzo, Pavan, ed. Spazio pietra architettura =: Space stone architecture. Faenza (Ravenna): Edit Faenza, 1999.

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5

Fiorucci, Lorenzo. Ugo La Pietra: Segnale/portale, architettura/natura. Foligno: Editoriale Umbra, 2021.

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6

1962-, Martignoni Massimo, ed. Illusioni di pietra: Itinerari tra architettura e fascismo. Trento: Museo storico in Trento, 2001.

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7

Angelo, Ambrosi, Degano E y Zaccaria C. A, eds. Architettura in pietra a secco: Atti del 1⁰ Seminario internazionale "Architettura in pietra a secco" : Noci-Alberobello, 27-30 settembre 1987. Fasano, Br: Schena, 1990.

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8

Acocella, Alfonso. L' architettura di pietra: Antichi e nuovi magisteri costruttivi. Firenze: Alinea, 2004.

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9

My ArchiSign: Architettura e design in pietra - pensieri, opere e visioni. Roma: Gangemi editore SpA international, 2022.

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Vincenzo, Pavan, ed. Nuova architettura di pietra in Italia =: New stone architecture in Italy. Faenza (Ravenna): Faenza, 2002.

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Actas de conferencias sobre el tema "Architettura in pietra"

1

Ragosta, Annamaria y Bianca Gioia Marino. "Close to the volcan. Knowledge, conservation and enhancement of a Vesuvian vernacular heritage." En HERITAGE2022 International Conference on Vernacular Heritage: Culture, People and Sustainability. Valencia: Universitat Politècnica de València, 2022. http://dx.doi.org/10.4995/heritage2022.2022.15377.

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Resumen
Nell'area circostante le pendici del vulcano è individuabile un reticolo storico di architettura rurale creato dalla nota fertilità del suolo vesuviano. Il terreno, ricco di minerali per la natura piroclastica del sito, ha favorito fin dall'epoca romana la costruzione di strutture agricole, più o meno concentrate in aree dove la natura impervia del suolo consentiva un proficuo insediamento per la coltivazione. La rete di tali esempi di architettura vernacolare, situata entro i confini del Parco Nazionale del Vesuvio, è ancora oggi visibile, seppur frammentata e in stato di abbandono. Una ricerca in corso ha permesso di effettuare una prima rigorosa indagine. Tali edifici sono espressione di criteri distributivi coerenti con la loro funzione e rappresentano lo stretto rapporto tra tipologia insediativa e territorio. Questa particolarità si riflette fortemente nelle tecniche costruttive e rappresenta anche la testimonianza materiale di un particolare savoir-faire edilizio tramandato nei secoli. Vengono utilizzati materiali prelevati dal sito (es. lave, schiuma lavica, lapilli, pomice, ecc.) e sebbene non vi sia un'esatta estrazione della pietra, esiste la tecnica 'a cantieri' con una malta forte come legante. La tipologia è diversificata: dal piccolo presidio all'edificio disposto su due livelli, talvolta turriti, a seconda dell'impegno produttivo e colturale. A differenza delle masserie tradizionali poste più a valle, già oggetto di una notevole storiografia, questi casi di architettura rurale posti più a monte non sono mai stati oggetto di indagine sistematica. Il contributo si propone di mettere a fuoco questo patrimonio quasi inedito e di illustrare una metodologia di conoscenza integrata legata alle peculiarità del sito vulcanico. La conservazione di queste architetture vernacolari, infatti, gioca un ruolo centrale nella lettura e comprensione dei valori multidimensionali del paesaggio culturale Vesuvio-Baia di Napoli. Il contributo si propone di mettere a fuoco questo patrimonio quasi inedito e di illustrare una metodologia di conoscenza integrata legata alle peculiarità del sito vulcanico. La conservazione di queste architetture vernacolari, infatti, gioca un ruolo centrale nella lettura e comprensione dei valori multidimensionali del paesaggio culturale Vesuvio-Baia di Napoli. Il contributo si propone di mettere a fuoco questo patrimonio quasi inedito e di illustrare una metodologia di conoscenza integrata legata alle peculiarità del sito vulcanico. La conservazione di queste architetture vernacolari, infatti, gioca un ruolo centrale nella lettura e comprensione dei valori multidimensionali del paesaggio culturale Vesuvio-Baia di Napoli.
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Rossi, Gabriele, Massimo Leserri y Alma Benitez Calle. "Dry stone architecture: the survey as a tool to safeguard the risk of morphological or formal homologation". En HERITAGE2022 International Conference on Vernacular Heritage: Culture, People and Sustainability. Valencia: Universitat Politècnica de València, 2022. http://dx.doi.org/10.4995/heritage2022.2022.15606.

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Resumen
Ci sono esempi unici e variegati di costruzioni in pietra a secco nella regione mediterranea, il cui interesse, in Puglia (Italia) e attestato negli ultimi decenni, ha determinato un atteggiamento speculativo che ha permesso a queste architetture vernacolari di acquisire un notevole valore economico. Di conseguenza, oltre alle azioni supportate dai regolamenti comunali e dagli strumenti di pianificazione sia locale che regionale, è necessario individuarne il valore culturale e le peculiarità, tutte necessarie per attuare politiche consapevoli per una corretta tutela e conservazione. Ci proponiamo in particolare di concentrarci sul rilievo di queste architetture all'interno di questo contributo, un argomento trascurato di una certa complessità, al fine di proporre una serie di riflessioni che supportino l'attività di coloro che intendono intervenire su questi manufatti. Infatti, la loro componente plastica e l'unicità morfologica permettono loro di fondersi con sculture che richiedono l'utilizzo di metodologie e tecnologie moderne e raffinate per la loro documentazione. Pertanto, il mancato riconoscimento su caratteristiche e peculiarità ha portato ad azioni riguardanti il loro restauro con un'omologazione formale generale e la perdita della singolarità morfologica originale durante gli interventi per la loro conservazione.
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Vidal Climent, Ciro, Maite Palomares Figueres y Ivo Vidal climent. "Between the heritage and the contemporaneity of the industrial city of Alcoy". En 24th ISUF 2017 - City and Territory in the Globalization Age. Valencia: Universitat Politècnica València, 2017. http://dx.doi.org/10.4995/isuf2017.2017.5812.

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Resumen
The ARA plan, acronym for Architecture and Rehabilitation of Alcoy, was the response to a collective desire of change and to the need for the renewal of an industrial city with a deeply rooted bourgeois and working-class base. The impulse and credibility that made possible the conception of the ARA plan came from a series of projects that consolidated seriously damaged zones of the historic center, and secondarily from the economic commitment of the Generalitat with urban projects of great disciplinary interest that, at that time, had the character of pioneers for their modern procedures of intervention on the inherited city.The common framework of Plan ARA hosted many urban proposals very different in their methodology. However the sense of their cohesion in the city was evident because behind them there was a thought of order necessary for the consolidation and modernization of the urban patrimony that future challenges would ask for. The most relevant architectural project was the renovation of the neighborhood of La Sang, which won the FAD Architecture Award in 1999, but for the citizens the evidence of a remarkable change came with the construction of the public parks. Since that moment the people perceived that an ambitious and clear idea of the city was giving shape to their daily domestic outer spaces.Unfortunately a mix of political and economical issues truncated or set aside important ongoing projects so the completion of the ARA plan was never reached. and the aspiration of becoming an strategic city was forgotten.References:Vidal Vidal, Vicente M. (1992) Il Piano Ara di Alcoy. Descrizione come premessa. Lotus 71. Lotus international. Rivista trimestrale di architettura. Electa.76de Solà-Morales, Manuel (1992) Il nucleo urbano antico come categoria di progetto. Il quartiere di La Sang. Lotus 71. Lotus international. Rivista trimestrale di architettura. Electa.86Cervellati, Pier Luigi and Scannavini, Roberto. Bolonia. Política y metodología de la restauración de centros históricos. Colección Materiales de la ciudad. Editorial Gustavo Gili. Barcelona 1976.Alcoi de Fil de Vint. Arquitectura y Rehabilitación de Alcoi. Generalitat Valenciana. Conselleria d’Obres Públiques, Urbanisme i Transports. Mostra Marzo- Abril 1991
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