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Dei, Fabio. "Ricordare la violenza. Il contributo di Francesca Cappelletto agli studi sulle memorie di guerra". DiPAV - QUADERNI, n.º 26 (marzo de 2010): 29–40. http://dx.doi.org/10.3280/dipa2009-026003.

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Nel lavoro antropologico di Francesca Cappelletto, un ruolo centrale ha svolto la ricerca sulla memoria delle stragi di civili compiute dalle truppe nazifasciste nella Toscana del 1944. In particolare, Francesca ha condotto una ricerca etnografica su due paesi colpiti da gravissimi eccidi, Civitella Val di Chiana e Sant'Anna di Stazzema. Questo articolo discute brevemente quattro aspetti fra i piů significativi ed originali degli studi di Francesca: a) il rilievo dato al ruolo della "comunitŕ mnemonica" come soggetto delle pratiche pubbliche del ricordo; b) la critica alla nozione di "memoria collettiva" e l'accento posto sul conflitto come elemento strutturante della memoria; c) il ruolo complementare delle narrazioni e delle immagini nella trasmissione generazionale della memoria; d) i problemi cognitivi ed etici che caratterizzano il rapporto tra ricercatore e narratori nello studio della memoria traumatica.
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Pelli, Massimo. "Nudes. La vulnerabilità dell'adolescente tra rivoluzione digitale e trasformazione antropologica". PSICOBIETTIVO, n.º 3 (diciembre de 2021): 155–65. http://dx.doi.org/10.3280/psob2021-003011.

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L'articolo propone una riflessione a partire dalla visione della serie televisiva "Nudes" su quella che sembra essere una trasformazione antropologica del modo con cui l'adolescente affronta questa fase della vita che si situa tra la fine dell'infanzia e il giovane adulto in fase di organizzazione. Per definizione un'età di passaggio in cui l'adolescente deve confrontarsi con rapidi mutamenti dell'immagine di sé, sia dal punto di vista corporeo che psicologico e relazionale. Scuola e famiglia sono lontani e assenti. L'uso dei dispositivi digitali, il revenge porn e la diffusione non consensuale di immagini intime online sono un epifenomeno di questa trasformazione antropologica dell'adolescente sospeso tra bisogno di appartenenza e bisogno di individuazione. L'articolo include un'intervista a Laura Luchetti, regista della serie televisiva "Nudes", che attraverso tre storie diverse di adolescenti ci parla del fenomeno del revenge porn e della diffusione non consensuale di immagini intime che sta diventando un fenomeno sempre più attuale.
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Fusar Poli, Elisabetta. "“L’impronta esterna del nostro Io”. Note intorno ai primi lineamenti del diritto sulla propria immagine". Italian Review of Legal History, n.º 7 (22 de diciembre de 2021): 377–417. http://dx.doi.org/10.54103/2464-8914/16893.

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Lo scritto affronta il «modernissimo» diritto sulla propria immagine, nello svolgersi delle sue dinamiche attraverso il caleidoscopico e cruciale tornante otto-novecentesco. L’attenzione è rivolta agli apporti dottrinali e giurisprudenziali che hanno contribuito a tratteggiare e poi definire un diritto soggettivo autonomo avente ad oggetto la propria immagine personale, e a trovare per esso una collocazione all’interno dell’ordine giuridico, dalla fine dell’Ottocento alla pubblicazione del Libro primo del Codice Civile. Il tema è sollecitato dall’innovazione tecnica in corso nel periodo considerato e dagli stimoli di una società ormai in fase protomediatica, nella quale la riproduzione della fisionomia umana, agevolata dalle potenzialità dei moderni mezzi di comunicazione, acuisce l’urgenza di una tutela per ciò che appare strettamente inerente alla persona e, al contempo, proiezione sociale dell’individuo, interfaccia fra la sua dimensione privata e quella pubblica. Dalla tutela dell’onore e della reputazione, alla protezione dalle incursioni indebite nella sfera personale, il complesso tema è al crocevia fra diversi spazi giuridici e si apre nel Novecento a inattesi sviluppi e trasformazioni. Si inserisce, infatti, gradualmente, entro una più complessa concezione di persona, che emerge da una riflessione scientifica trasversale ai campi della sociologia, antropologia, filosofia, biologia, e volge in direzione della ‘identità personale’.
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degli, Uberti Stefano. "Da "Modou modou a Européen": rappresentazioni e auto-rappresentazioni. Il caso delle "migrazioni clandestine in piroga" dal Senegal". MONDI MIGRANTI, n.º 3 (marzo de 2011): 99–116. http://dx.doi.org/10.3280/mm2010-003007.

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Dal 2005 ad oggi, le onde dell'oceano Atlantico che si infrangono sulle coste del Senegal, del Gambia e della Mauritania, sono state solcate da decine di migliaia migranti (per la maggior parte senegalesi) che a bordo di piroghe hanno fatto rotta verso l'arcipelago spagnolo delle isole Canarie, rischiando la loro vita per "gagner l'Europe". Molti di essi, senza regolari documenti di espatrio, dopo aver trascorso un periodo di fermo temporaneo, sono stati forzatamente rimpatriati. In Senegal il fenomeno delle migrazioni in piroga ha innescato un meccanismo di produzione sociale di immagini e discorsi sull'emigrazione e sulla figura del migrante in rapporto all'"Altrove" europeo. Questo articolo desidera esplorare, in una prospettiva etno-antropologica, queste rappresentazioni/auto-rappresentazioni attraverso un'analisi che fa dialogare i significati veicolati dai media senegalesi e le narrazioni di migranti e non-migranti. Questa "dialettica del quotidia-no" ci racconta delle ambivalenze e delle trasformazioni in corso nella societŕ senegalese; mostra il ruolo assunto dal fenomeno delle migrazioni in piroga nel segnare un'inversione nella rappresentazione celebrativa del migrante. Lo studio delle costruzione sociale del migrante emerge allora come un terreno fertile per far luce sull'Altra sponda delle migrazioni e per interrogare le retoriche ufficiali sulle "migrazioni clandestine" dall'Africa.
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Inglese, Salvatore y Miriam Gualtieri. "Il Banco senza nome della memoria. Il caso Aby Warburg tra antropologia e psicopatologia culturale". RIVISTA SPERIMENTALE DI FRENIATRIA, n.º 2 (julio de 2012): 17–38. http://dx.doi.org/10.3280/rsf2012-002002.

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Nel 1929, Aby Warburg presentň ufficialmente il suo ultimo progetto, un atlante composto di grandi telai in legno, ricoperti da tela nera, sui quali erano collocate riproduzioni fotografiche di opere d'arte. Il titolo scelto per l'atlante fu Mnemosyne, la parola greca che significa "memoria" e che č scolpita persino sull'ingresso della sede della sua biblioteca. Il presente lavoro intende offrire un'analisi di Warburg come eroe culturale dell'Occidente, in cui vita, malattia mentale e studi rivelano i rapporti tra memoria, trauma e oblio. Secondo Warburg la creazione di immagini č un meccanismo di reminiscenza e le forme artistiche possono essere trasmesse, trasformate e riportate a nuova vita. Egli utilizzň la parola Nachleben per indicare la sopravvivenza degli engrammi mnesici trasmessi nello spazio e nel tempo. Alcune forme diventano, di conseguenza, i contenitori di ciň che Warburg chiama Pathosformeln, un paradigma concepito intorno alla figura della fanciulla in movimento - Ninfa. Un viaggio in America tra gli Hopi gli forně l'intuizione di una sopravvivenza moderna di antiche usanze e illuminň le sue ricerche storico-artistiche. Ciň nondimeno gli Hopi svanirono dall'opera di Warburg fino alla loro ricomparsa nella conferenza del 1923, come espediente per essere dimesso dai medici della clinica psichiatrica di Kreuzlingen, diretta da Ludwig Binswanger. Al fine di studiare il caso culturale e clinico di Warburg e la relazione universale tra memoria e oblio nei contesti sociali, gli autori muovono da due punti di vista - antropologico e etnopsichiatrico - e mettono in luce alcuni effetti dello scambio tra civiltŕ diverse.
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Trębski, Krzysztof. "LA QUESTIONE “GENDER”: UNA SFIDA PER L’ANTROPOLOGIA CRISTIANA". Forum Teologiczne 20 (13 de diciembre de 2019): 97–108. http://dx.doi.org/10.31648/ft.4806.

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La teoria del “gender” si riferisce all’opinione che l’identità sessuale non è determinata dal sesso biologico di una persona, ma indica il genere in cui un individuo si identifica in base ai propri desideri soggettivi. Tale teoria tratta le differenze tra i sessi come elettive e socialmente costruite. Sostiene che una persona può nascere con un corpo che non corrisponde all’identità maschile o femminile “percepita”. Questo ha profonde implicazioni sociali: nega la differenza e la reciprocità nella natura di un uomo e una donna e immagina una società senza differenze sessuali, eliminando così la base antropologica della famiglia.La Chiesa cattolica respinge questa ideologia, insegnando che Dio crea le persone come maschio o femmina e che il corpo e l’anima sono così uniti da formare un essere completo; quindi la differenza sessuale non è un incidente o un difetto, ma è un dono di Dio che aiuta le persone ad avvicinarsi l’uno all’altra e a Dio stesso. La Chiesa afferma altresì che il proprio sesso biologico fa parte del piano divino e che ogni persona dovrebbe riconoscere e accettare la propria identità sessuale basata sulla complementarietà dei sessi. Ogni persona è chiamata a sviluppare la propria identità sessuale in un modo che integri la propria mascolinità o femminilità nell’ambito delle relazioni con gli altri.L’articolo presenta l’insegnamento del Magistero della Chiesa cattolica e spiega che la complementarità tra i sessi non è intesa come fonte di oppressione o disuguaglianza, ma testimonia la bellezza del piano di Dio per l’umanità.
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Scotti Jurić, Rita y Lorena Lazarić. "TRADUZIONE E TRADIZIONE. ALCUNE RIFLESSIONI SULLA POESIA DI DANIEL NAČINOVIĆ". Folia linguistica et litteraria XI, n.º 30 (2020): 175–93. http://dx.doi.org/10.31902/fll.30.2020.11.

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C’è una differenza sostanziale tra chi si esprime con la lingua standard e chi lo fa in dialetto. Gli studi sulla traduzione della poesia dialettale sono pochi e le prospettive teoriche denunciano per lo più difficoltà implicite in una tale operazione, ma non forniscono modelli operativi soddisfacenti. La domanda che ci si pone è se sia corretto tradurre la poesia ciacava nel dialetto istroveneto o lo si debba fare in italiano standard. Nel saggio si discuteranno le peculiarità della scrittura poetica dialettale di Daniel Načinović: l'espressività della lingua orale legata alla concretezza e all’immediatezza, l'uso frequente di immagini e paragoni, di suoni onomatopeici, di forme allocutive e di modi di dire. In particolare si analizzeranno le tecniche traduttive che permetteranno di recuperare quell'orizzonte antropologico che può essere testimoniato non solo dal ciacavo che lo esprime, ma anche dall'istroveneto che questo mondo lo conosce e lo vive.
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Felice, Flavio. "La nozione di diritti umani nella prospettiva della dottrina sociale della Chiesa". Revista Pistis Praxis 6, n.º 3 (13 de septiembre de 2014): 817. http://dx.doi.org/10.7213/revistapistispraxis.06.003.ds04.

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L’obiettivo di questo articolo è quello di dimostrare la diversità de prospettive della dottrina sociale della Chiesa su i diritti umani. Sottolinea la prospettiva personalista come la più appropriata per comprendere e giustificare l’interesse generale della dottrina sociale per il tema e l’affermazione dei diritti umani. La Chiesa vede nei diritti umani l’opportunità di promuovere e difendere l’universalità della dignità umana, intesa come carattere stampato da Dio creatore per le sue creature. La prospettiva antropologico-cristiana ha per fondamento la persona umana creata a immagine e somiglianza di Dio. La dottrina sociale della Chiesa, mostra una pluralità di dimensioni, essenziali per definire chi è l’essere umano, e, a sua volta, per la promozione e la difesa della dignità umana di fronte alle istituzioni giuridiche, politiche ed economiche. I diritti umani e la dottrina sociale hanno in Giovanni Paolo II uno dei principali teorici. I diritti umani sono un punto di riferimento per tutte le fasi della vita umana e dei contesti politici, sociali, economici e di culturali. Fonte e sintesi dei diritti umani è il diritto alla vita e il diritto alla libertà religiosa.
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Grocholewski, Zenon. "Sakrament małżeństwa : fundament teologiczny prawodawstwa kościelnego". Prawo Kanoniczne 40, n.º 1-2 (5 de junio de 1997): 175–200. http://dx.doi.org/10.21697/pk.1997.40.1-2.08.

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L’Autore tratta prima dell’origine divina dei matrimonio, degli elementi che determinano la sua natura (la diversità di sesso, il «consortium» di tutta la vita, l’unità, L’indissolubilità), la sua finalità (il bene dei coniugi, la procreazione e l’educazione della prole, il bene della società) e l’atto con cui viene istaurata una concreta comunità coniugale (ossia il consenso matrimoniale), per rilevare che tutti questi elementi - che possono apparire separati о facilmente separabili - assumono una organica unicità nel concetto dell’amore coniugale. Questo concetto, centrale e fondamentale nella dottrina teologica conciliare e postconciliare, abbraccia, spiega e pone nella giusta luce quanto e stato riferito in precedenza. Di conseguenza, l’А. dedica la parte principale della trattazione proprio al concetto dell’amore coniugale, rilevando che: 1. esso trova la sua sorgente ed immagine nell’amore di Dio; 2. tutti gli elementi essenziali dei matrimonio, dei quali si e parlato all’inizio, sono esigenze intrinseche del vero ed autentico amore coniugale; 3. si tratta dell’amore essenzialmente volitivo; 4. il consenso matrimoniale, per essere veramente un patto d’amore, deve contenere in se un vero obbligo d’amore senza limiti e senza riserve, il quale obbligo quindi non puo venire meno a causa dell’infedelta di uno o di entrambi i coniugi oppure a causa di qualche insuccesso; 5. tale obbligo d’amore non e facile e perció richiede grandezza d’animo, spirito di sacrificio, prontezza nell’accettare la croce. In seguito vengono delineati i principali presupposti antropologia del diritto matrimoniale canonico, che pongono in ulteriore luce il concetto dell’amore coniugale. L’uomo, da una parte, ha una vocazione divina e soltanto in Dio trova la propria realizzazione; dall’altra parte invece e ostacolato, nell’attuazione di questa vocazione, dalle resistence della propria concupiscenza, percio diviso in se stesso; pero egli e salvato dalle sue debolezze mediante lo Spirito di Cristo. In questa prospettiva si colloca anche il matrimonio. Esso quindi non puo essere considerato nullo a causa di difetti psichici che rendono difficile la convivenza coniugale o di riduzioni che la persona sperimenta a motivo dell’influsso dell’inconscio nella vita psichica ordinaria, e tanto meno a causa delle deficienze di ordine morale. L’ultimo oggetto della trattazione e la sacramentalità del matrimonio di due battezzati. L’A. sottolinea che la realtà del matrimonio naturale diventa sacramento in forza del battesimo, nonché spiega che cosa concretamente comporta questo inserimento del matrimonio nell’evento della salvezza, ossia la sacramentalità del matrimonio. Nella conclusione l’А. rileva come detti principi teologia postulano e aiutano a comprendere le norme di diritto canonico matrimoniale, sostantivo e procedurale.
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Fagioli, Simone. "‘I’m your automatic colour’ La colorazione automatica delle immagini in antropologia". 2 | 2 | 2021 CONSOLIDATION, n.º 2 (10 de diciembre de 2021). http://dx.doi.org/10.30687/mag/2724-3923/2021/04/005.

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Colour photographs now represent almost all the images produced with the new reality capture tools, mobile phones, which in 2020 ‘took’ 90% of all photos of that year. Black and white is relegated to artistic expression, even newspapers have converted to colour for some years. In the history of photography, although research on colour is attempted from the early stages, it is necessary to wait until 1861 with the experiences of James Clerk Maxwell who created a stable colour image. However, it is from the fifties of the twentieth century that the use of colour becomes ‘popular’ even in a more aesthetic dimension than an objective reproduction of reality. Part of the ethnographic, anthropological, archaeological and field research, on the other hand still makes use of consolidated and inexpensive black and white for a long time. On these images largely available online and open source you can conduct automatic colouring experiences. The procedure, managed with artificial intelligence algorithms with deep learning processes, is always more widely used with free applications and allows to obtain qualitatively more and more relevant results, even if some critical analysis is still necessary. This article presents the state of the art to 2021 of automatic colouring, with the comparison between algorithms developed since 2016 and showing with experimental examples both the possibilities of rendering and even the critical issues that emerged with the application in anthropological photographs, with the aim of extracting information that is not very evident in the originals in black and white.
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Perricone, Rosario. "Post-fotografia etnografica". Boletín de Literatura Oral, 3 de diciembre de 2020, 103–22. http://dx.doi.org/10.17561/blo.v.5372.

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È evidente come la nostra società tecnologica sia legata senza alcun dubbio alla diffusione delle immagini. Autori come Gottfried Boehm, John Mitchell, Hans Belting hanno indagato la natura dell'immagine ponendo le basi, negli anni Novanta, per l'idea di un pictorial turn, di una cultura totalmente dominata dalle immagini che è diventata adesso una possibilità tecnica reale su scala globale. Un nuovo statuto dell'immagine che si usa raccogliere sotto l'etichetta di iconic turnerinserito nel più vasto campo visual culture studies. L'uso del termine cultura accanto a quello di visuale è indicativo dell'ampiezza del campo d'indagine che visual culture studies si prefiggono di ricercare: essi non vogliono limitarsi alla constatazione della predominanza del visuale nella società contemporanea e a una valutazione della sua componente estetica, ma vogliono procedere verso una ricerca di tipo antropologico in cui la cultura visuale è analizzata come particolare stile di vita che esprime certi significati e valori non solo nell'arte e nell'alta cultura, ma anche nelle istituzioni e nel comportamento quotidiano. Proveremo ad applicare questo nuovo paradigma alle fotografie: anziché chiederci che cosa le immagini significano, proviamo a chiederci che cosa vogliono.
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Sgreccia, Elio. "L’insegnamento di Giovanni Paolo II sulla vita umana La prospettiva cristocentrica". Medicina e Morale 56, n.º 5 (30 de octubre de 2007). http://dx.doi.org/10.4081/mem.2007.301.

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L’articolo intende ricostruire il pensiero di Giovanni Paolo II sulla vita umana, così come risulta dal suo insegnamento, sottolineandone la concezione sulla dignità e il valore dell’uomo. Dopo un’attenta analisi dell’ambiente culturale in cui si svolge e si colloca il suo pensiero, l’Autore pone in evidenziare i punti fondativi delle sue argomentazioni filosofico-teologiche in risposta alla cultura laica. Di fronte alla cultura secolarista, infatti, egli assunse una posizione epistemologica imperniata sull’incontro di tre ambiti del sapere: il sapere scientifico, il sapere antropologico (inteso come incontro tra fede e ragione) e il sapere etico. Tale incontro avviene ponendo al vertice il sapere antropologico, come in forma di un triangolo ideale. La concezione antropologica plenaria – che abbraccia e unifica tutte le dimensioni che il pensiero cristiano anche nel periodo della modernità ha esaminato – assume così valore centrale nella speculazione del Pontefice: da un lato, con essa si intende sottolineare come la vita del corpo nella sua condizione terrena viene a partecipare della inviolabilità per la sua unione alla persona e per la sua partecipazione alla sua dignità che deriva dal Creatore. Dall’altro, il personalismo etico di Giovanni Paolo II si arricchisce di due elementi essenziali: la creaturalità e l’inserimento in Cristo. La comprensione del valore della vita del singolo uomo in qualsiasi condizione e momento della sua esistenza è così ricondotto a queste due polarità: l’uomo è creato a immagine e somiglianza di Dio, ma l’Immagine perfetta e vivente di Dio è l’uomo, Cristo Gesù per cui ciascuno di noi è figlio nel Figlio. Le due polarità sono così riassunte nell’incontro dell’antropologia con la Cristologia. ---------- The article aims to reconstruct John Paul II’s thought on human life, as it results from his teaching, underlining the conception on the dignity and the value of human being. After a careful analysis of the cultural environment in which his thought develops and takes place, the author shows the fundamental point of his philosophical- theological reasoning in reply to the secular culture. In front of the secular culture, in fact, he assumed an epistemological position hinged on the meeting of three spheres of knowledge: scientific knowledge, anthropological knowledge (understood as the meeting between faith and reason) and ethical knowledge. Such meeting happens setting to the vertex the anthropological knowledge, as in form of an ideal triangle. The complete anthropological conception – that embraces and unifies all the dimensions that the Christian thought has examined even in the period of the modernity – assumes, so, a central value in the speculation of the Pontiff: from one side, with it he intends to underline how the life of the body in its terrestrial condition comes to participate of the inviolability for its union to the person and for its sharing its dignity that derives from the Creator. From the other, the ethical personalism of John Paul II is enriched by two essential elements: the creatural nature and the insertion in Christ. The understanding of the value of the life of the single man in any condition and moment of his existence it is so brought back to these two polarities: the man is created to image and similarity of God, but the perfect and living image of God is the man Jesus Christ for which every of us is son in the Son. This two polarities are so reassumed in the meeting of the anthropology with the Christology.
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Scordari, Chiara Carmen. "Mending a Frail Humankind: Remedial Hermeneutics and Messianic Anthropology in Joseph Soloveitchik". Colloquia Humanistica, n.º 11 (21 de diciembre de 2022). http://dx.doi.org/10.11649/ch.2757.

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Mending a Frail Humankind: Remedial Hermeneutics and Messianic Anthropology in Joseph SoloveitchikThis essay focuses on Joseph Soloveitchik’s re-semantization and renewal of the Jewish concept of messianism. In his view, the idea of Messiah is personified and, at the same time, deferred, as an allegory for ceaseless and ever-changing transformations, both individual and communitarian. Biblical personae endowed with a messianic impulse, such as Abraham, Esther, Mordecai, Tamar, and Ruth, are seen by Soloveitchik as eschatological and metahistorical figures, co-redeemers and co-creators with God, and models with whom human beings may identify. In this framework, particular attention will be paid to Soloveitchik’s conception of midrashic hermeneutics, as an always open process of individual and collective self-knowledge and self-redemption; and to the dialectical opposition between “revealed world” and “hidden world” as the constitutive element of Soloveitchik’s vision of the humanity-to-come.Riparare l’umanità fragile: ermeneutica correttiva e antropologia messianica in Joseph Soloveitchik In Joseph Soloveitchik l’esperienza dell’umanità post-Shoah, negativa e difettiva, suscita la contro-immagine di un’umanità futura da riparare e riconciliare. Coniugando il messianismo naturalistico-restaurativo di Maimonide con l’idea coheniana di tempo futuro ideale, Soloveitchik trasforma l’attesa in un Messia personale in progetto antropologico, sviluppando un’idea di redenzione intra-mondana, immanente all’uomo e alla storia. In questa cornice, le figure bibliche di Abramo, Ester, Mordecai, Tamar e Rut sono ri-vissute e ri-esperite come modelli escatologici e metastorici di resistenza e creatività umana, e tappe del processo di continua scoperta e attuazione di sé, nei diversi tempi e luoghi della storia, individuale e nazionale. Da qui l’idea di un’ermeneutica che si fa modalità di rivelazione e auto-comprensione storica ed esistenziale, nonché strumento di redenzione e progettazione dell’umanità-a-venire.Naprawa kruchej ludzkości: hermeneutyka naprawcza i antropologia mesjańska u Josepha Soloveitchika U Josepha Soloveitchika doświadczanie człowieczeństwa po Shoah, negatywne i ułomne, wzbudza antyobraz przyszłej ludzkości, którą należy naprawić i zaprowadzić wśród niej zgodę. Łącząc naturalistyczno-restauracyjny mesjanizm Majmonidesa z kohenowską ideą idealnej przyszłości, Soloveitchik przekształca oczekiwanie na osobowego Mesjasza w projekt antropologiczny, rozwijając ideę wewnątrzświatowego zbawienia, immanentnego zarówno dla człowieka, jak i historii. W tym ujęciu biblijne postacie Abrahama, Estery, Mordechaja, Tamar i Rut są ponownie przywoływane i doświadczane jako eschatologiczne oraz metahistoryczne modele ludzkiego oporu i twórczości – etapy w procesie ciągłego poznania i aktualizacji własnego ja, które zachodzą w różnych czasach i momentach historii tak indywidualnej, jak i narodowej. Stąd idea hermeneutyki, która staje się modalnością historycznego i egzystencjalnego objawienia i samorozumienia, ale także instrumentem odkupienia i planowania przyszłej ludzkości.
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Addis, Maria Cristina y Davide Sparti. "Estetiche dell’aggiustamento. Spazio, movimento, corpi nel tango argentino e nel contact improvisation". Revista Acta Semiotica, 29 de junio de 2022, 276–91. http://dx.doi.org/10.23925/2763-700x.2022n3.58418.

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Il nostro contributo riguarda due forme di danza, il tango argentino e il contact improvisation, in cui l’aggiustamento — in quanto sintassi inter-attanziale e in quanto “valore del valore” della pratica stessa — struttura la danza ed è al contempo l’oggetto della “rappresentazione” che essa genera. La prima parte sintetizza l’approccio teorico al “fenomeno danza”, per introdurre in seguito il lettore alle due danze e concentrarsi sulla loro dinamica interna, tentando di mettere in luce la tensione fra programmazione e aggiustamento che articola l’improvvisazione congiunta e struttura il processo dell’apprendimento. Una volta ricostruite — a grandi linee e in via del tutto provvisoria — le forme di interazione che le governano “da dentro”, la ricerca sposta l’attenzione sul senso che tali pratiche estetiche assumono da fuori, in quanto oggetti antropologici, rituale tramite cui danzatori reificano e presentificano una narrazione al cui centro è un’interazione per aggiustamento. Le osservazioni, anch’esse in fieri e in forma di “appunti”, si concentrano in particolare sui temi e contenuti opposti e speculari investiti nell’interazione sensibile fra i corpi e nella loro comune esperienza del presente, per avanzare nelle conclusioni alcune riflessioni relative agli immaginari di genere e più in generale di corpo e sessualità dischiusi dalla pratica.
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Russo, Maria Teresa. "La buona medicina sintesi di prudenza e sollecitudine: una riflessione a partire da Paul Ricoeur". Medicina e Morale 64, n.º 1 (28 de febrero de 2015). http://dx.doi.org/10.4081/mem.2015.31.

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Parlare di buona medicina significa sottolineare la dimensione morale dell’atto medico, sottraendolo sia al legalismo sia al relativismo della scelta soggettiva. La deontologia, infatti, è esposta a un duplice rischio: quello di ridursi all’ambito della coscienza e pertanto al sistema di valori del medico o, al contrario, quello di trasformarsi in mero codice, assimilandosi così al diritto positivo. Nel primo caso, gli spazi di autonomia decisionale del medico o del paziente si allargano ingiustificatamente, mentre nel secondo si trasforma in un rapporto contrattuale quella che è una relazione intersoggettiva asimmetrica, pretendendo di cautelarsi da ogni rischio o di risolvere i contenziosi a colpi di diritto penale. Né l’una né l’altra immagine della deontologia tengono conto che l’incontro tra la professionalità del medico e la vulnerabilità del paziente ha nella cornice normativa una condizione necessaria ma non sufficiente, che deve essere completata e giustificata alla luce di un’etica delle virtù. Appare importante, dunque, la distinzione operata da Paul Ricoeur tra il giusto, il legale e l’equo, soprattutto in quelle circostanze che richiedono dal medico decisioni delicate in un contesto di incertezza o di grave conflittualità. È in questa prospettiva che si inserisce l’esercizio della prudenza o phrónesis, indispensabile per formulare un giudizio orientato alla scelta di quel meglio che è possibile nella circostanza specifica, conciliando il rigore della norma generale con la singolarità della situazione concreta. Nei saggi dedicati all’arte medica, Ricoeur traccia una vera e propria architettura dell’alleanza terapeutica, stratificandola in tre livelli: prudenziale, deontologico e teleologico. Il giudizio prudenziale è inseparabile da quelle garanzie deontologiche, che preservano la fragilità dell’alleanza terapeutica, minacciata da diverse istanze. D’altra parte, l’etica medica resta priva di giustificazione se non è ancorata a una precomprensione antropologica, che tenga conto dell’integrità e dignità della persona del paziente. ---------- Speaking of good medicine is a way to underline the moral dimension of the medical act and to subtract it both from any legalism and relativism of a subjective choice. In fact, deontology is exposed to a double risk: on the one hand, it can be reduced to private conscience and therefore to a scale of values of the doctor; on the other hand, it can be completely transformed and be assimilated into a code of positive laws. In the former case, the space for the decision-making autonomy of the doctor or the patient expands beyond any justifiable limit. In the latter case, deontology, which is actually an asymmetric interpersonal relation, becomes a purely contractual matter, where positive law is considered the only means for protecting oneself from risks and for solving any contentious by using legal proceeding. Neither the one nor the other concept of deontology consider that the professionalism of the doctor and the vulnerability of the patient move within a normative framework with conditions that are necessary but not sufficient, which has to be completed and justified in the light of virtue ethics. Therefore, Paul Ricoeur’s distinction between what is just, legal, and good proves to be of great importance, in particular in those uncertain and conflicting situations that demand delicate decisions from the doctor. It is in this context that prudence or phrónesis makes its appearance. In fact, prudence is indispensable to formulate a judgment that tends towards the best possible decision under specific circumstances, combining the rigor of the general norm with the singularity of the concrete situation. In his essays dedicated to medical art, Ricoeur is outlining something like a real architecture of therapeutic alliance, articulated in three moments: prudential, deontological, and theological. Prudential judgment is inseparable from deontology, which guarantees support and protects the vulnerability of the therapeutic alliance threatened by various requests. On the other hand, medical ethics is not justified if it is not based on an anthropological understanding respectful of the personal integrity and dignity of the patient.
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