Literatura académica sobre el tema "Antifosfolipidi"
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Artículos de revistas sobre el tema "Antifosfolipidi"
Mathian, A., M. Hié, M. Pha y Z. Amoura. "Sindrome da anticorpi antifosfolipidi". EMC - AKOS - Trattato di Medicina 22, n.º 3 (agosto de 2020): 1–6. http://dx.doi.org/10.1016/s1634-7358(20)44131-2.
Texto completoLanza, P. L., V. Rossi, R. Bonofiglio, W. Auteri, A. Armentano y G. Santoro. "Sindrome da anticorpi antifosfolipidi (APA)". Rivista di Neuroradiologia 8, n.º 4 (agosto de 1995): 523–29. http://dx.doi.org/10.1177/197140099500800406.
Texto completoManganelli, Rocco, Salvatore Iannaccone y Walter De Simone. "Sindrome da anticorpi antifosfolipidi primaria (PAPS): descrizione di un caso clinico evoluto in lupus eritematoso sistemico". Italian Journal of Medicine 4, n.º 2 (junio de 2010): 116–21. http://dx.doi.org/10.1016/j.itjm.2010.03.002.
Texto completoGernone, Giuseppe, Francesco Papagno, Vito Pepe y Francesco Soleti. "Insufficienza renale acuta del postpartum: una diagnosi complessa?" Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 25, n.º 1 (3 de noviembre de 2013): 26–31. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2013.998.
Texto completoDel Papa, N., W. Maglione, D. P. Comina, G. Di Luca y D. Comi. "Sindrome “overlap” sclerosi sistemica/sindrome da anticorpi antifosfolipidi: descrizione di un caso complesso per la gestione multispecialistica e per le strategie terapeutiche adottate". Archivio di Ortopedia e Reumatologia 121, n.º 2-3 (noviembre de 2010): 43–44. http://dx.doi.org/10.1007/s10261-010-0042-7.
Texto completoSaputra, Doni y Irza Wahid. "Sindroma Antifosfolipid Primer". Jurnal Kesehatan Andalas 8, n.º 2 (14 de mayo de 2019): 450. http://dx.doi.org/10.25077/jka.v8.i2.p450-454.2019.
Texto completoSaputra, Doni y Irza Wahid. "Sindroma Antifosfolipid Primer". Jurnal Kesehatan Andalas 8, n.º 2 (14 de mayo de 2019): 450. http://dx.doi.org/10.25077/jka.v8i2.1024.
Texto completoKalemci, Serdar, Fatma Çiftçi, Yasemin Karabacakoğlu, Aydın Çiledağ, Ayten Kayı Çankır, Melek Tulunay y Akın Kaya. "Katastrofik tip antifosfolipid sendromlu bir olgu". Tuberk Toraks 62, n.º 3 (29 de septiembre de 2014): 255–57. http://dx.doi.org/10.5578/tt.7360.
Texto completoPandjaitan, Inolyn, Nanang Sukmana y Shufrie Effendy. "Profil Antibodi Antifosfolipid pada Pasien HIV/AIDS". Jurnal Penyakit Dalam Indonesia 4, n.º 4 (30 de diciembre de 2017): 188. http://dx.doi.org/10.7454/jpdi.v4i4.148.
Texto completoRicarte, Irapuá Ferreira y Lívia Almeida Dutra. "Manifestações neurológicas da síndrome do anticorpo antifosfolipídio". Revista Paulista de Reumatologia, n.º 2018 abr-jun;17(2) (30 de junio de 2018): 12–17. http://dx.doi.org/10.46833/reumatologiasp.2018.17.2.12-17.
Texto completoTesis sobre el tema "Antifosfolipidi"
Bortolati, Maria. "L’aferesi nel trattamento della Sindrome da Anticorpi Antifosfolipidi e del Blocco Cardiaco Congenito Autoimmune". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2009. http://hdl.handle.net/11577/3425605.
Texto completoIntroduzione. Le tecniche di aferesi rappresentano una valida scelta terapeutica nel trattamento di malattie autoimmuni gravate da una prognosi severa. In questo studio vengono descritti e discussi alcuni protocolli terapeutici di aferesi finalizzati al trattamento delle gravidanze ad alto rischio nelle pazienti con Sindrome da Antifosfolipidi (APS), della Sindrome da Antifosfolipidi Catastrofica (CAPS) e del Blocco Cardiaco Congenito (CHB) di tipo autoimmune. La plasmaferesi e l’immunoadsorbimento nelle gravidanze di donne con APS ad alto rischio. Nel nostro studio è stato messo a punto e usato un protocollo di trattamento di secondo livello comprendente l’aferesi associata alle terapie convenzionali, nell’intento di prevenire le complicanze gravidiche nelle donne affette da APS primaria ad elevato rischio. Sono state seguite 159 gravidanze di donne affette da APS nel periodo aprile 1991-gennaio 2008. In 13 gravidanze di 9 pazienti sono state applicate tecniche di aferesi quali la plasmaferesi e l’immunoadsorbimento, secondo modalità che sono state modificate nel corso degli anni sulla base dell’esperienza acquisita nel trattamento dei singoli casi. I risultati ottenuti suggeriscono che un adeguato trattamento aferetico in associazione con anticoagulazione a dose terapeutica e immunoglobuline endovena potrebbe rappresentare una valida opzione terapeutica nella prevenzione e nel trattamento delle complicanze gravidiche in donne con APS ad alto rischio. La plasmaferesi nel trattamento della CAPS. La CAPS è una variante rara dell’APS gravata da un’elevata mortalità. Il protocollo di trattamento più efficace comprende l’utilizzo di anticoagulanti, steroidi e plasmaferesi. Tuttavia le modalità del trattamento aferetico della CAPS non sono ben standardizzate; in particolare è controversa la scelta del liquido di sostituzione più adatto. Il plasma fresco congelato è attualmente il fluido di rimpiazzo maggiormente utilizzato; se da un lato esso contiene anticoagulanti naturali, dall’altro è però anche ricco di fattori della coagulazione, prodotti di attivazione del complemento e citochine che potrebbero aggravare lo stato trombofilico del paziente. Abbiamo trattato con risultato favorevole 4 casi di CAPS; le sedute aferetiche sono iniziate durante la prima settimana dalla diagnosi ed è stata utilizzata una soluzione di albumina come liquido di sostituzione. Il trattamento era eseguito giornalmente per 3 giorni e poi diradato e sospeso quando le condizioni cliniche del paziente lo consentivano. Una donna era trattata anche con anticoagulanti mentre le altre 3 ricevevano oltre agli anticoagulanti alte dosi di cortisone. I nostri risultati suggeriscono che la plasmaferesi, iniziata tempestivamente e con l’albumina come rimpiazzo, può essere considerata un trattamento efficace e sicuro nei pazienti con CAPS. La plasmaferesi nel CHB autoimmune. La casistica dello studio comprendeva 9 casi di CHB non autoimmune e 36 di CHB autoimmune, le cui caratteristiche cliniche sono state tra loro confrontate. Nel gruppo di casi non correlati ad anticorpi anti-SSA/SSB materni erano presenti 3 blocchi completi in utero e 4 blocchi erano instabili. Il decesso si è verificato in 3 casi, sempre dopo la nascita; a 6 bambini è stato applicato il pace-maker. I casi associati ad anticorpi anti-SSA/SSB materni presentavano tutti un blocco cardiaco completo in utero, tranne 2. Sono deceduti 10 di questi bambini, uno ha sviluppato una miocardiopatia dilatativa e 26 sono stati sottoposti ad applicazione di pace-maker. Il blocco autoimmune è risultato più spesso stabile e completo e legato ad una prognosi complessivamente peggiore rispetto a quello non autoimmune. In considerazione della severità prognostica del CHB autoimmune la madre di un feto con blocco incompleto riscontrato alla 22^ settimana gestazionale è stata trattata con plasmaferesi in aggiunta alla terapia steroidea convenzionale, ottenendo un arresto dell’evoluzione del blocco e la nascita di una bambina con CHB incompleto e senza segni di scompenso cardiaco. La nostra esperienza, che concorda con quella di alcune segnalazioni in letteratura, suggerisce che il trattamento aferetico potrebbe contrastare la progressione della malattia. Conclusioni. Il nostro studio mette in evidenza i benefici dell’aferesi nel trattamento delle gravidanze ad alto rischio nelle pazienti con APS, della CAPS e del CHB di tipo autoimmune. La modalità di esecuzione di tale terapia dovrebbe essere adeguata alle caratteristiche cliniche del singolo paziente.
Olivieri, Silvia. "Gli autoanticorpi nella sclerosi sistemica e nella sindrome da antifosfolipidi: significato clinico e ruolo patogenetico". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2010. http://hdl.handle.net/11577/3427555.
Texto completoLa tesi comprende due tipi diversi di ricerca: uno riguardante la sclerosi sistemica (SSc) e l’altro la sindrome da anticorpi antifosfolipidi (APS). Il lavoro è stato svolto in parte presso il “Thrombosis and Haemostasis laboratory of the University Medical Center of Utrecht”, in parte presso il laboratorio di Genetica dell’Università di Padova e principalmente presso il laboratorio di Immunopatologia della Cattedra di Reumatologia dell’Università di Padova. Inizialmente lo scopo dello studio è stato quello di approfondire alcuni aspetti genetici della SSc come la formazione di micronuclei (MN), le rotture instabili del DNA e l’apoptosi dei linfociti nei pazienti con SSc. Successivamente è stato indagato il meccanismo patogenetico della trombosi nell’APS attraverso lo studio della resistenza alla proteina C attivata. Sono stati poi valutati l’influenza clinica dei diversi valori di cut-off nella determinazione degli anticorpi anticardiolipina e il significato clinico di un particolare anticorpo antifosfolipide specifico per l’acido lisobisfosfatidico (LBPA). I risultati ottenuti studiando i pazienti affetti da SSc indicano che, solo nei pazienti positivi per anticentromero (ACA) e anti-topoisomerasi I (ATA) è presente un significativa prevalenza di MN, indice di danno cromosomico. Inoltre solo in questi due gruppi di pazienti esiste una interferenza nel meccanismo di protezione normalmente utilizzato dalle cellule per stabilizzare le rotture a doppio filamento del DNA. I sieri di questi pazienti sono stati utilizzati anche per calcolare, tramite la tecnica TUNEL (terminal deoxynucleotidyl transferase-mediated deoxyuridine triphosphate nick end labeling), la frequenza di linfociti apoptotici. I linfociti dei pazienti anti-RNA polimerasi III (ARA) positivi sono risultati più soggetti ad apoptosi rispetto a quelli dei pazienti ACA e ATA positivi; ciò può essere dovuto a un diverso danno cellulare o ad una diversa percezione dello stesso danno cellulare tra pazienti ARA, ACA e ATA positivi. Quando abbiamo approfondito la resistenza della proteina C attivata nell’APS abbiamo dimostrato che non è necessario il legame diretto degli anticorpi con i fosfolipidi di membrana per determinare l’aumento della resistenza alla proteina C attivata. Per quanto riguarda l’influenza dei differenti valori di cut-off degli anticorpi anticardiolipina abbiamo osservato che nella classificazione dell’APS il cut-off > 99° percentile è più sensibile di quello >40 GPL. Esso consente infatti di individuare un maggior numero di pazienti con singola positività per aCL e/o con impegno ostetrico esclusivo. Infine, lo studio del significato clinico degli anticorpi anti-LBPA in pazienti con sindrome da antifosfolipidi primaria ha dimostrato che tali anticorpi al momento non possono essere considerati uno strumento utile alla diagnosi dell’APS e nella distinzione dei diversi sottogruppi clinici e di laboratorio della malattia.
Ciprian, Manuela. "Fattori di rischio per il primo evento trombotico in soggetti positivi per anticorpi antifosfolipidi. Studio multicentrico, prospettico, di follow-up". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2010. http://hdl.handle.net/11577/3423201.
Texto completoFATTORI DI RISCHIO PER IL PRIMO EVENTO TROMBOTICO IN SOGGETTI POSITIVI PER ANTICORPI ANTIFOSFOLIPIDI. STUDIO MULTICENTRICO, PROSPETTICO, DI FOLLOW-UP Introduzione. La sindrome da anticorpi antifosfolipidi (APS) è definita dalla persistente presenza di anticorpi antifosfolpidi (aPL) nel sangue in associazione a manifestazioni trombotiche e/o impegno ostetrico. Alcuni studi hanno recentemente tentato di identificare gli elementi predittivi dell’evento trombotico negli aPL carriers, ma differenze sostanziali nel disegno degli studi, nei criteri di selezione dei pazienti, nei profili anticorpali e nei fattori di rischio considerati rendono difficile trarre delle conclusioni definitive. Obiettivi. Identificare i fattori di rischio per il primo evento trombotico nei pazienti positivi per aPL e valutare l’efficacia della profilassi. Metodi. Lo studio ha incluso pazienti/soggetti provenienti da 11 Centri Reumatologici facenti parte del Gruppo di Studio sulla APS della Società Italiana di Reumatologia. I criteri di inclusione erano i seguenti: età compresa tra 18 e 65 anni, anamnesi negativa per trombosi. I criteri di laboratorio erano: due positività consecutive per aPL, in accordo con i criteri di Sidney, ad almeno 12 settimane di distanza l’una dall’altra. Le donne con l’impegno ostetrico della APS erano incluse. I dati demografici, di laboratorio e clinici erano raccolti all’arruolamento e una volta all’anno durante il follow-up. Il profilo anticorpale era determinato anche al momento dell’evento trombotico. Gli anticorpi anti-cardiolipina e anti-beta2glicoproteina I sono stati determinati da 5 Centri con metodo Elisa “in-house” e dai rimanenti 6 Centri con kits commerciali. Il Lupus Anticoagulant (LA) è stato testato secondo i criteri dell’ International Society of Thrombosis and Haemostasis. Risultati. Duecentocinquantotto pazienti/soggetti (223 donne e 35 uomini di età media 40.9 anni ± 11.1 SD) sono stati reclutati tra l’Ottobre 2004 e l’Ottobre 2008. Il follow-up medio è stato di 35 mesi ± 11.9 SD (range 1-48). Quattordici pazienti (5.4%, annual incidence rate 1.86%) hanno sviluppato il primo evento trombotico (in 9 casi venoso, in 5 arterioso) durante il follow-up. Sette di questi stavano assumendo un trattamento profilattico al momento dell’evento (6 in modo continuativo ed 1 in corso di gravidanza). In 5 casi il primo evento trombotico si è verificato durante un periodo ad alto rischio (gravidanza/puerperio, immobilizzazione o chirurgia). L’ipertensione ed il LA sono stati identificati dall’analisi multivariata come fattori di rischio indipendenti per la trombosi (OR=3.6 con 95% CI= 1.2-11, p<0.05 e OR=3.7 con 95% CI= 1-13.8, p<0.05, rispettivamente). E’ risultato inoltre che la profilassi con aspirina a basso dosaggio (100 mg) e/o eparina durante i periodi ad alto rischio è significativamente protettiva (OR=0.1 con 95% CI= 0.01-0.9, p<0.05), mentre la profilassi data in modo continuativo non è protettiva. Conclusioni. Da questo studio prospettico di follow-up è risultato, in linea con quanto emerso nel nostro precedente studio retrospettivo, che l’ipertensione è un fattore di rischio per il primo evento trombotico in aPL carriers asintomatici. Inoltre anche il LA è risultato un fattore di rischio per trombosi e la profilassi, somministrata nei periodi ad alto rischio, è risultata, infine, protettiva.
Bontadi, Agnese. "Studio dell'attivazione piastrinica ed endoteliale in pazienti con sindrome da anticorpi antifosfolipidi ad alto rischio in trattamento aferetico". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2012. http://hdl.handle.net/11577/3422099.
Texto completoLa sindrome da anticorpi antifosfolipidi (APS) è una patologia autoimmune caratterizzata da manifestazioni trombotiche e/o da complicanze ostetriche associate alla presenza nel sangue di anticorpi antifosfolipidi (aPL), come gli anticorpi anticardiolipina (aCL), gli anti-beta2glicoproteina I (anti-β2GPI) e i lupus anticoagulants. È stata inoltre individuata una variante severa dell’ APS che si riscontra nell’1% dei pazienti chiamata Sindrome da Antifosfolipidi Catastrofica (CAPS). Essa è caratterizzata da fenomeni tromboembolici a carico di più distretti, con quadro clinico rapidamente ingravescente e gravato da un'elevata mortalità. La terapia tradizionale antitrombotica dell’APS non è sempre sufficiente a contrastare le complicanze presentate dai pazienti. Vi sono infatti casi, considerati ad alto rischio, in cui risulta necessario affiancare alla terapia convenzionale, trattamenti cosiddetti di 2° livello che sono generalmente costituiti dai boli di immunoglobuline endovena e/o da tecniche di aferesi. Nella prima parte dello studio sono state seguite tre pazienti in corso di gravidanza con APS ad alto rischio sottoposte ad un trattamento comprendente la terapia antitrombotica e l’aferesi (plasmaferesi e immunoadsorbimento su colonna) ed è stata valutata la capacità di rimozione degli anticorpi aCL e anti- β2GPI di classe IgG da parte di entrambi i trattamenti aferetici. I livelli anticorpali sono stati dosati tramite metodica ELISA "home made" in campioni sierici (n. 184) raccolti prima e immediatamente dopo ogni seduta aferetica. I risultati hanno mostrato un calo significativo dei livelli degli aCL IgG e anti-β2GPI IgG in tutte e tre le pazienti (p=0,00, p=0,00, p=0,00, rispettivamente) dopo ogni seduta di aferesi. E’ stato inoltre indagato l’andamento dei livelli anticorpali pre-trattamento durante il corso delle gravidanze. Si è osservato un “trend” significativamente decrescente degli aCL IgG durante la gravidanza in tutte e tre le pazienti (p=0,00, p=0,00, p=0,001, rispettivamente). Mentre gli anti-β2GPI IgG hanno avuto un andamento significativamente decrescente solo nelle due pazienti che avevano i valori anticorpali basali più elevati (p=0,00, p=0,00, rispettivamente). Nella seconda parte del lavoro, abbiamo valutato l’effetto in vitro sull’attivazione piastrinica degli anticorpi anti-β2GPI IgG, rimossi dall’aferesi. Abbiamo misurato l’espressione piastrinica di P-selettina (P-sel). Gli anti-β2GPI sono stati estratti dal plasma della paziente n. 3 descritta nello studio precedente, con APS in fase di quiescenza e dal plasma della stessa paziente durante la fase catastrofica della malattia. I risultati hanno mostrato che gli anti-β2GPI non hanno alcun effetto sull’espressione piastrinica di P-sel e quindi sull’attivazione piastrinica, mentre sono in grado di potenziare significativamente l’attivazione piastrinica indotta da dosi sottosoglia di un agonista piastrinico. Inoltre gli anti-β2GPI presenti nella variante catastrofica della malattia hanno indotto un incremento sgnificativamente maggiore dell’espressione piastrinica di P-sel rispetto agli anti-β2GPI della fase quiescente. Infine, a seguito dei risultati ottenuti in precedenza, nella terza parte dello studio abbiamo valutato l’effetto ex vivo degli aPL sulle piastrine e sull’endotelio tramite il dosaggio dei principali markers di attivazione piastrinica ed endoteliale in campioni plasmatici di pazienti con APS. I risultati hanno mostrato che i pazienti con APS hanno livelli plasmatici della maggior parte dei markers indagati significativamente più elevati rispetto ai controlli. Inoltre nella variante catastrofica dell’APS si è riscontrata una concentrazione significativamente maggiore di P-sel solubile rispetto all’ APS quiescente.
Salvan, Elisa. "L'efficacia del trattamento in rapporto al rischio nella sindrome da antifosfolipidi in corso di gravidanza. Studio retrospettivo multicentrico europeo". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2013. http://hdl.handle.net/11577/3422649.
Texto completoBackground. Il trattamento ottimale della Sindrome da Antifosfolipidi (APS) ostetrica è attualmente sconosciuto. La terapia con aspirina a basso dosaggio (LDA) da sola o associata all’eparina rappresenta il trattamento convenzionale per l’APS ostetrica. Nonostante questo trattamento, circa il 20% delle gravidanze hanno esito sfavorevole. Recentemente abbiamo individuato alcuni fattori di rischio aggiuntivi di perdita gravidica in corso di gravidanza trattata con terapie convenzionali. Scopo della Tesi. Confrontare gli outcomes di gravidanza ottenuti a seguito dei diversi trattamenti e definire dei precisi profili di rischio al fine di analizzare l’efficacia della terapia sulla base della stratificazione del rischio. Materiali e Metodi. E’ stato condotto uno studio europeo di tipo retrospettivo e multicentrico. Sono stati raccolti i dati basali e quelli in corso di gravidanza di donne affette da APS, diagnosticata sulla base dei Criteri di Sydney, che presentavano almeno uno dei seguenti tre fattori di rischio aggiuntivi: associazione con il Lupus Eritematoso Sistemico (LES), triplice positività per Antifosfolipidi (aPL) e pregressa trombosi. Sono state prese in considerazione le pazienti trattate con le seguenti terapie: LDA, eparina a dose profilattica ± LDA, eparina a dose terapeutica ± LDA, protocolli di II livello (plasmaferesi/immunoassorbimento e/o immunoglobuline endovena) e nessuna terapia. Le determinazioni degli anticardiolipina e anti-Beta2 Glicoproteina I sono state eseguite presso i singoli Centri con il metodo ELISA seguendo procedure diverse sia “home-made” che commerciali, mentre il Lupus Anticoagulant è stato testato con una serie di metodi emocoagulativi in accordo con la corrente letteratura. I metodi statistici utilizzati sono stati l’analisi univariata e la regressione logistica. Risultati. Il numero di gravidanze considerate nello studio è stato complessivamente 202, relative a 158 pazienti. L’età media delle donne al momento della gravidanza era 32,5 anni ± 4,6 DS (range: 20-44) con una durata media di malattia di 5,2 anni ± 4,5 (range: 0-22). L’esito favorevole è stato osservato in 149 gravidanze (73,8%), che si sono concluse con la nascita di 150 neonati (un parto gemellare), di cui 78 (52%) maschi e 72 femmine (48%), nati mediamente alla 36,2^ SG ± 3 DS, con un Apgar medio a 5 minuti di 9,1 ± 1,3 DS e un peso in percentili di 55,8 ± 24,9 DS. Ci sono state 53 perdite (26,2%). In assenza della considerazione del rischio non si sono osservate differenze significative nelle prevalenze dei nati vivi tra le donne che assumevano le diverse tipologie di trattamento prese in considerazione. L’outcome primario è stato analizzato in relazione ai 7 profili di rischio definiti sulla base delle combinazioni di: pregressa trombosi, LES e triplice positività aPL. Accorpando i trattamenti convenzionali, l’unico profilo su cui è stata rilevata una differenza statisticamente significativa è stato quello caratterizzato dai fattori “triplice positività aPL + pregressa trombosi”, dove si è osservata una prevalenza di bambini nati vivi pari al 92,9% nei trattamenti di II livello versus il 58,3% nei trattamenti convenzionali (Fisher test, p-value < 0,05 e OR 9,3; 95% CI:1,3 - 65,6). Questi risultati sono stati confermati dall’analisi di regressione logistica che ha fornito una stima dell’odds ratio aggiustata per le variabili confondenti (OR 9,6; 95% CI: 1,1-84,3). Discussione. Da questo studio è emerso un sottogruppo di donne caratterizzato dalla presenza di “triplice positività aPL + pregressa trombosi”, dove la terapia di II livello è risultata più efficace per numero di nati vivi rispetto al trattamento convenzionale. In particolare si è messa in evidenza l’importanza dell’uso del trattamento di II livello nell’APS ostetrica. Possiamo concludere che la terapia dell’APS ostetrica andrebbe differenziata sulla base del rischio. In particolare, nelle donne con “triplice positività aPL + pregressa trombosi” il trattamento di elezione potrebbe essere quello di II livello associato alla terapia convenzionale.
Ourique, Carolina Santos de Oliveira. "Patogenia e Abordagem Terapêutica do Sindrome Antifosfolipidico na Gravidez". Master's thesis, Instituto de Ciências Biomédicas Abel Salazar, 2009. http://hdl.handle.net/10216/52818.
Texto completoOurique, Carolina Santos de Oliveira. "Patogenia e Abordagem Terapêutica do Sindrome Antifosfolipidico na Gravidez". Dissertação, Instituto de Ciências Biomédicas Abel Salazar, 2009. http://hdl.handle.net/10216/52818.
Texto completoPinho, Samantha Cristina de. "Detecção de autoanticorpos antifosfolipides por adsorção de afinidade utilizando magenetolipossomas". [s.n.], 2000. http://repositorio.unicamp.br/jspui/handle/REPOSIP/267579.
Texto completoDissertação (mestrado) - Universidade Estadual de Campinas, Faculdade de Engenharia Quimica
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Resumo: O encapsulamento de ferrofluidos no núcleo de lipossomas origina vesículas denominadas magnetolipossomas, que podem ser eficientemente separadas da solução quando sob a ação de um campo magnético de alto gradiente. Essa propriedade possibilita a aplicação dos magnetolipossomas como adsorventes específicos em processos de separação de estruturas como células e biomoléculas. A maior vantagem desta abordagem é a simplicidade e eficiência. Anticorpos antifosfolípides constituem uma importante classe de biomoléculas, para a qual fosfolipídios específicos podem ser usados como ligantes de afinidade. A incorporação desses fosfolipídios na matriz estrutural dos lipossomas produz suportes coloidais de elevada área específica, com sítios de afinidade sobre a superficie, que são úteis para aplicação em processos de separação e detecção dessa classe de anticorpos. Os autoanticorpos estão presentes no soro de pacientes portadores de doenças autoimunes e a sua detecção apresenta dificuldades no que diz respeito à reprodutibilidade e à variabilidade dos suportes usados em kits comercialmente disponíveis. A adsorção específica de autoanticorpos na superficie dos magnetolipossomas e o desenvolvimento de sinal magnético resultante da ligação constitui técnica alternativa promissora para o diagnóstico de autoanticorpos. As vantagens do novo método seriam a reprodutibilidade, versatilidade do suporte e a condução do ensaio em etapa única. O objetivo deste trabalho foi o estudo da preparação e caracterização de magnetolipossomas de afinidade, além da avaliação do desempenho desses suportes na ligação dos autoanticorpos. Na preparação dos magnetolipossomas, foi usada magnetita coloidal como ferrofluido, cardiolipina, fosfatidiletanolamina e fosfatidilserina como lipídios de afinidade e fosfatidilcolina como lipídio estrutural. A adsorção dos anticorpos na superficie dos magnetolipossomas foi estudada em mistura e de modo frontal em coluna capilar. Como resultado da preparação das partículas obteve-se associação adequada entre a magnetita e os fosfolipídios, reprodutibilidade e boa estabilidade. Em relação à adsorção dos anticorpos observou-se que há especificidade, demonstrando a potencialidade de utilização dos magnetolipossomas no desenvolvimento de uma nova técnica de detecção de autoanticorpos antifosfolípides
Abstract: The entrapment of ferrofluids into the core of liposomes provides vesic1es called magnetoliposomes, which can be efficient1y captured ITom a solution under the action of a high gradient magnetic field. Due to this property, it is possible the aplication of magnetoliposomes as specific adsorbents in separation processes of structures like cells and biomolecules. The main advantage of this approach is its simplicity and efficiency. Antiphospholipid antibodies are an important c1ass of biomolecules, to whom specific phospholipids can be used as affinity ligands. The aggregation of these phospholipids in the structural matrix of the liposomes produces co1110idal supports with high specific surface area, with affinity sites on the surface, which are useful for applications in separation processes and detection of this antibody c1ass. They are present in the sera of patients with autoimmune diseases, and their detection presents difficulties in respect to the reprodutibilty of results, due to the heterogeneity of the molecules in this group. In addition, there is the multi-step characteristic of the ELISA assay, the most commonly used, and the variability of the supports in the available commercial kits. The specific antibody adsorption on the surface of magnetoliposomes and the development of a magnetic signal due to the linking is an alternative technique for the autoantibody diagnostico The advantages of the new method would be the reprodutibility, versatility of the supports and a single-step assay. The aim of this work was the preparation and characterization of affinity magnetoliposomes, and the evaluation of their performance in the interaction with autoantibodies. In their preparation colloidal magnetite was used as ferrofluid, cardiolipin, serine and ethanolamine as affinity lipids and choline as the structural one. The antibody adsorption was studied in batch and plug-flow mode in capilar column. As a result of the preparation, we obtained reprodutibility, and as for the adsorption, we observed that there is a good potentiality to use magnetoliposomes in the development of a detection technique of antiphospholipid antibodies
Mestrado
Desenvolvimento de Processos Biotecnologicos
Mestre em Engenharia Química
Galli, Monica Maria Teresa. "Involvement of protein cofactors in the expression of antiphospholipid antibodies". [Maastricht : Maastricht : Rijksuniversiteit Limburg] ; University Library, Maastricht University [Host], 1993. http://arno.unimaas.nl/show.cgi?fid=6236.
Texto completoMattia, Elena. "Contributo alla determinazione degli anticorpi anticardiolipina e anti - beta2 glicoproteina I". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2015. http://hdl.handle.net/11577/3424236.
Texto completoIntroduzione. Gli anticorpi antifosfolipidi (aPL) sono un gruppo eterogeneo di autoanticorpi specifici per complessi fosfolipide-proteina o proteine leganti i fosfolipidi. La loro presenza in pazienti con trombosi e/o complicanze ostetriche definisce la sindrome da anticorpi antifosfolipidi (APS). L'APS viene considerata primaria (PAPS) se presente in forma isolata, altrimenti secondaria se associata ad altra malattia autoimmune sistemica che solitamente e' il lupus eritematosus sistemico (LES). I criteri di laboratorio per la classificazione di APS includono la presenza di tre aPL ed in particolare del lupus anticoagulant (LA) e/o di livelli medio-alti di anticorpi anticardiolipina (aCL) IgG/IgM e/o di livelli medio-alti di anticorpi anti-Beta2glycoproteina I (anti-Beta2GPI) IgG/IgM, tutti confermati non prima di 12 settimane. Attualmente, le metodiche ELISA per la determinazione degli aCL e anti-Beta2GPI di classe IgG/IgM, nonostante svariati tentativi, non sono ancora standardizzate. Di recente, alcuni studi hanno confrontato le performance dei test ELISA con quelle di altre tecnologie anche completamente automatizzate tra le quali rientrano sia il fluorescence enzyme immunoassay (FEIA) che il chemiluminescence immunoassay (CLIA). Questi lavori, tuttavia, hanno prodotto risultati non concordanti. Gli anticorpi aCL e anti-Beta2GPI di classe IgA non sono ancora considerati criterio di laboratorio per la classificazione dell'APS e la loro rilevanza clinica e' al momento oggetto di dibattito. Inoltre gli aPL non sono considerati soltanto strumenti di classificazione dell'APS, ma anche parametri per la stratificazione del rischio di sviluppare le manifestazioni cliniche della malattia. In particolare, gli anticorpi anti-Beta2GPI specifici per un preciso epitopo situato nel Dominio I della molecola sembrano essere associati maggiormente al rischio di trombosi piuttosto che all'impegno ostetrico e di conseguenza sarebbero correlati a un quadro clinico piu' severo dell'APS. Obiettivi. Lo scopo della tesi e' stato di confrontare la performance di un ELISA home made con quella delle tecniche FEIA e CLIA nel rilevamento degli anticorpi aCL IgG/IgM e anti-Beta2GPI IgG/IgM in un'ampia e omogenea coorte di pazienti affetti da sindrome da anticorpi antifosfolipidi primaria (PAPS) e in un gruppo di soggetti con i criteri clinici per la classificazione di APS ma ELISA negativi per i criteri di laboratorio. I risultati sono stati confrontati con quelli ottenuti in un gruppo di controllo comprendente donatori sani e pazienti con malattie autoimmuni diverse dall'APS. Successivamente e' stata valutata la rilevanza clinica degli aCL e anti-Beta2GPI di classe IgA e degli anticorpi anti-Dominio I (anti-DI) di isotipo IgG in un'ampia ed omogenea coorte di pazienti affetti esclusivamente da PAPS. Inoltre, la sensibilita' diagnostica di questi anticorpi e' stata valutata in un gruppo di pazienti sieronegativi per gli aPL convenzionali, ma con manifestazioni cliniche di APS. Di entrambi gli anticorpi e' stato anche indagato il valore prognostico nell'ambito dell'APS. Metodi. Gli aCL e gli anti-Beta2GPI di classe IgG/IgM/IgA sono stati determinati usando il metodo FEIA (EliA TM, Phadia AB, Sweden). Inoltre gli aCL e anti-Beta2GPI di classe IgG/IgM sono stati anche analizzati assieme gli anticorpi anti-DI IgG utilizzando il metodo CLIA (HemosIL AcuStar®). Le raccomandazioni del produttore sono state seguite scrupolosamente per entrambe le tecniche. Per il confronto dei risultati ottenuti con le diverse metodiche e' stato usato un test ELISA home made, eseguito seguendo le raccomandazioni del Forum europeo sugli aPL. Tutti i sieri sono stati testati anche per LA seguendo le linee guida aggiornate utilizzando il tempo di veleno di vipera Russell ed il tempo di protrombina parziale attivata, entrambi con fosfolipidi diluiti, come tests di screening. Risultati e Conclusioni. (1) Confronto ELISA home made con FEIA. Le sensibilita' delle tecniche ELISA home made e FEIA sono risultate essere simili ad eccezione degli aCL di classe IgM che sono risultati significativamente piu' frequenti nei pazienti PAPS con il metodo ELISA. I due metodi avevano una specificita' simile, un'elevata concordanza e una correlazione significativa tra i livelli anticorpali. Inoltre il metodo FEIA non ha rilevato alcuna significativa prevalenza degli anticorpi antifosfolipidi nei pazienti ELISA negativi, ma con manifestazioni cliniche di APS. In conclusione, questi risultati suggeriscono che il metodo FEIA e' paragonabile al test ELISA home made. Se confermato da altri studi su ampie casistiche di pazienti affetti da PAPS, questi risultati potrebbero supportare l'uso del FEIA nella determinazione degli aCL e anti-Beta2GPI nell'analisi di routine. Risultati e Conclusioni. (2) Confronto ELISA home made con CLIA. Quando e' stata confrontata la tecnica ELISA home made con la tecnica CLIA, e' emerso che il metodo CLIA aveva una sensibilita' significativamente piu' bassa per gli aCL IgM e gli anti-Beta2GPI IgG/IgM rispetto a quella dell'ELISA; invece la sua specificita' e' risultata significativamente piu' alta per gli anticorpi aCL IgM e anti-Beta2GPI IgM. Le due tecniche hanno mostrato un'alta e significativa concordanza e una significativa correlazione dei titoli anticorpali. Inoltre il CLIA ha rilevato gli anticorpi aCL IgG/IgM e anti-Beta2GPI IgG nei pazienti sieronegativi in ELISA. Vi era infatti una prevalenza di aCL IgG e di anti-Beta2GPI IgG significativamente maggiore nei pazienti sieronegativi con i criteri clinici di APS che nella popolazione sana di controllo. In conclusione, il metodo CLIA, nonostante una minore sensibilita', ha mostrato una specificita' piu' alta per alcuni aPL e un buon livello di concordanza e di correlazione con la metodica ELISA home made. Il CLIA, inoltre, e' stato in grado di rilevare gli aCL IgG e gli anti-Beta2GPI IgG nei pazienti sieronegativi non identificati dall'ELISA. Se confermato da ulteriori studi, il CLIA potrebbe essere considerato un metodo valido per la valutazione di pazienti con manifestazioni cliniche di APS, ma con gli aPL negativi al test ELISA home made. Risultati e Conclusioni. (3) Gli aCl e gli anti-Beta2GPI di classe IgA: Gli aCL e gli anti-Beta2GPI di classe IgA sono stati testati con il metodo FEIA e sono risultati sgnificativamente presenti rispettivamente nel 19% e nel 50% dei pazienti affetti da PAPS. I loro titoli medi erano piu' elevati nei pazienti con impegno trombotico rispetto alle pazienti con impegno ostetrico. Tuttavia solo gli anti-Beta2GPI IgA erano significativamente associati alla trombosi. Quando sono stati analizzati i pazienti FEIA negativi per aCL IgG/IgM e per anti-Beta2GPI IgG/IgM ma con le caratteristiche cliniche di APS, nel 10,6% di essi sono stati trovati gli anticorpi anti-Beta2GPI IgA. Questo dato e' risultato essere significativo nel confronto con la popolazione sana di controllo. In conclusione, la positivita' per gli anticorpi anti-Beta2GPI IgA definita con il metodo FEIA e' risultata clinicamente rilevante nei pazienti PAPS. Inoltre la presenza di anticorpi anti-Beta2GPI IgA era significativa nei pazienti sieronegativi per gli isotipi IgG e IgM. Questi risultati suggeriscono che nei pazienti con segni/sintomi clinici di APS, ma che non soddisfano i criteri di laboratorio per gli anticorpi antifosfolipidi convenzionali si potrebbero determinare gli anticorpi anti-Beta2GPI di classe IgA al fine di incrementare la sensibilita' diagnostica per APS. Risultati e Conclusioni. (4) Gli anti-DI IgG: La sensibilita' e la specificita' degli anticorpi anti-DI IgG rilevati con il metodo CLIA erano paragonabili a quelle degli anticorpi aCL IgG e anti-Beta2GPI IgG. Si e' riscontrata una significativa concordanza, un'associazione e una correlazione dei titoli anticorpali degli anti-DI IgG con gli aCL IgG e gli anti-Beta2GPI IgG. Inoltre gli anticorpi anti-DI IgG hanno mostrato una minore prevalenza e titoli medi piu' bassi nelle complicanze ostetriche rispetto ai pazienti con trombosi e ai pazienti con entrambi i coinvolgimenti clinici. Per quanto riguarda i profili anticorpali degli aPL convenzionali, il gruppo con la triplice positivita' antifosfolipidica ha mostrato una maggiore prevalenza e maggior titoli medi degli anticorpi anti-DI, rispetto ai gruppi con singola e duplice positivita'. In conclusione, gli anti-DI, rilevati con la tecnica CLIA, possono essere considerati dei promettenti biomarkers per la valutazione del rischio clinico di trombosi vascolare e di triplice positivita' per gli aPL convenzionali, solitamente associata ai quadri clinici piu' severi di APS. Pertanto, essi possono costituire uno strumento aggiuntivo utile per eventuali decisioni cliniche e terapeutiche.
Capítulos de libros sobre el tema "Antifosfolipidi"
Di Masso, Stefania, Domenico Prisco y Caterina Cenci. "Sindrome Da Anticorpi Antifosfolipidi". En Le malattie rare del sistema immunitario, 55–61. Milano: Springer Milan, 2013. http://dx.doi.org/10.1007/978-88-470-5394-6_6.
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