NENCIONI, FRANCESCA. "La prosa dell'ermetismo: caratteri e esemplari". Doctoral thesis, 2015. http://hdl.handle.net/2158/1003517.
Resumen
I ‘caratteri’ e gli ‘esemplari’ della prosa dell’ermetismo sono ricostruiti in questa tesi attraverso un’ottica semantica. L’endiadi di ascendenza macriana suggerisce di assumere con ‘caratteri’ i motivi, gli stilemi, i moduli sintattici e melodici che sono alla base della Weltanschauung ermetica, con ‘esemplari’ i modelli e paradigmi offerti da ciascuna delle prose selezionate (Al di qua d’una sera di Alessandro Parronchi, Biografia a Ebe di Mario Luzi, La sposa bambina di Alfonso Gatto e La donna miriade di Piero Bigongiari). Se poniamo l’accento su ‘caratteri’, si evidenzia il piano delle scelte condivise; se lo spostiamo su ‘esemplari’, si configura il livello delle opzioni individuali; il reciproco rapporto può essere sintetizzato dall’equazione caratteri : esemplari = langue : parole. Un quadro d’insieme dunque che si forma grazie a modelli di lingua simili ma con caratteristiche proprie.
Si sa che la semantica illumina sul modo di pensare e di concepire la realtà in una lingua; applicata a una koiné letteraria, aiuta a delineare l’immaginario che ne fa da sfondo. Per pervenire quindi al sistema linguistico della prosa ermetica è utile muovere dai singoli atti di parole con cui i diversi autori hanno tradotto le stesse immagini, mettendo in risalto analogie e discordanze ed estrapolando una radice comune.
Il percorso dell’analisi lessicale procede in senso inverso rispetto al processo compositivo, perché si sposta dall’asse sintagmatico a quello paradigmatico, ossia dalla combinazione definitiva risale alla selezione preliminare dei significanti.
L’iter metodologico ha coinvolto a livello del significato la scomposizione del tessuto linguistico delle opere in unità minori (temi o motivi), a livello del significante l’individuazione dei lemmi base e delle occorrenze e la successiva ricomposizione e accordo tramite le corrispondenze apparenti o sotterranee. Occorre sottolineare, infatti, che l’importanza di un lemma non sempre corrisponde al numero delle occorrenze, spesso la sua forza di attrazione semantica convoglia nella stessa orbita metafore e espressioni analogiche sostitutive (piano paradigmatico) o influenza le parole contigue (piano sintagmatico) dando vita a strutture modulari ricorrenti. Proprio in questa direzione si è rivelato fondamentale il confronto con le raccolte poetiche coeve (Avvento notturno, I giorni sensibili, La figlia di Babilonia e Morto ai paesi), che ha permesso di cogliere lo specifico della prosa grazie allo scarto delle soluzioni offerte in poesia.
È per esempio il caso di sera, il cui campo semantico si articola nelle liriche intorno a un trinomio ricorrente (iride-vetro-luna), mentre nelle prose conduce ad associazioni iconico-linguistiche diverse, pur continuando ad agire a livello nascosto. La dimensione persefonica della donna presenta invece coerenza figurativa nei due canoni, avvalendosi delle stesse categorie identificative sovraordinate (caduta/raccolta-fiori-mani per Proserpina, respicere-ophis-passus per Euridice).
Proprio l’indagine semantica condotta sistematicamente in direzione comparatistica (confronto tra le prose) e intergenerica (parallelo con le liriche) costituisce un modo nuovo e alternativo di accostarsi ai temi e alla lingua dell’ermetismo. La ricerca considera in maniera unitaria semantica, stilistica, melodia e ritmo, che toccano spesso un fondo comune illuminandosi a vicenda.
Anche le strutture melodiche, come quelle semantiche e stilistiche, presentano la stessa vis trasgressiva nei confronti della tradizione. E se per le prime due, soprattutto sul piano della poesia, l’intento divergente è stato ampiamente dimostrato, per le ultime l’ipotesi d’infrazione normativa è avanzata (e comprovata) qui per la prima volta. Di rado le unità melodiche si adeguano fedelmente ai modelli canonici, rispettandone scansioni sillabiche e rapporto tra i membri, mentre si rivelano coerenti nel sottolineare l’innalzamento della tensione emotiva e l’aderenza a situazioni inconsuete. Allontanandosi dagli stilemi ermetici (per esempio nel progredire da Stasi a Una lettera dieci anni dopo in Biografia a Ebe), la tendenza diversiva si appiattisce, a favore di una prosa maggiormente mimetica, e la struttura melodica tende a livellarsi ai moduli standard.
Estendendo lo sguardo dal piano sincronico a quello diacronico, appare degna di nota la ricostruzione completa delle varianti di Biografia a Ebe (finora attestata a livello della terza e della settima sequenza) insieme alla congettura che dalla ristampa della Sposa bambina siano espunte soprattutto le espressioni di idillio, gli ‘infrapensieri’ e le connotazioni affettive troppo forti.
Il lavoro è organizzato in due sezioni, la prima volta a esplorare tempo e spazio, la seconda ispirata alla categoria dell’assenza. La coordinata temporale è ricostruita attraverso le ore del giorno, i movimenti degli astri e dei pianeti, l’alternanza delle stagioni; il concetto di spazio si presenta nell’accezione materica per estendersi ai luoghi del cuore e ai paesaggi reali. Tramite gli slittamenti d’identità della donna, l’assenza assume le ultime frontiere della metamorfosi e del transfert prima di tradursi definitivamente nella morte. L’assenza si specifica quindi come conseguenza della caducità, che ne è l’inscindibile premessa. Lo spartiacque tra prima e seconda parte è segnato anche dall’apparato delle occorrenze, collocato in appendice ai quattro capitoli iniziali, nei quali le parole-chiave corrispondono in maniera puntuale al motivo esaminato.
Come in poesia anche in prosa la gamma prediletta delle ore cade nella fascia serale-notturna. Per la sera le valenze semantiche si modulano lungo il senso di confine e di appercezione in Al di qua di una sera, d’incontro che si trasforma in solitudine e morte in Biografia a Ebe, di coincidenza degli opposti nella Donna miriade, di cornice e rivelazione della Solitaria nella Sposa bambina. Per la notte le sfumature includono travaglio e turbamento in Biografia a Ebe e nella Donna miriade, evasione ed erosione del quotidiano nella Sposa bambina e nella Donna miriade, prodigio e morte in Al di qua di una sera, Biografia a Ebe e La sposa bambina.
Dal tempo notturno risulta inseparabile il topos della luna, che nella prosa conserva i tre aspetti di lievità, sospensione, incantesimo consacrati dalla tradizione, mentre nella lirica se ne discosta. Il motivo si rivela particolarmente idoneo a svelare la cifra stilistica di ogni autore anche in presenza del medesimo artificio retorico. La duplicatio è realizzata, ad esempio, in Al di qua di una sera con ripetizione a contatto e rafforzativo («la luna, la luna stessa»), nella Donna miriade con semplice geminatio e vocativo («tu nascosta giri nel cielo, luna luna»), nella Sposa bambina con inusuali forme copulative («Era la luna, la luna beata»).
Le stagioni presentano un processo oscillante tra persistenza e mutevolezza dei caratteri, per cui, più che per un’identità propria, si distinguono per l’interna dialettica. Sono viste in cammino, proiettate verso la scoperta del tempo successivo, oppure impegnate a proteggere fino all’ultimo le peculiarità. Non a caso in tutti i quattro testi compaiono i nomi dell’autunno e della primavera, periodi di passaggio per eccellenza. Non emerge una stagione in particolare, solo nella Sposa bambina le ricorrenze accordano la preferenza all’estate.
Gli elementi materici non mostrano una corrispondenza biunivoca tra archetipo e immaginario di ciascuna prosa; più di un dato empedocleo, infatti, si ritrova alla base dell’universo elementale della stessa opera. In Parronchi spicca l’acqua morta della fontana unita al fuoco del tramonto; in Luzi la terra, nell’accezione di radicamento/sradicamento dell’exemplum evangelico, e l’aria come medium che predispone alla metamorfosi; in Bigongiari l’acqua stagnante della laguna e l’aria che si congiunge al fuoco nel vento urens; in Gatto il mare, fonte di vita ma al contempo causa di morte, e la terra connessa al senso dell’abbandono e dell’esilio.
A interrompere l’indagine sincronica, s’interpone l’excursus sulle varianti di Biografia a Ebe e della Sposa bambina, ‘rivisitate’ a distanza di tempo (1983 e 1963) dagli autori. Dal testo di Luzi emerge un ricorrente trinomio variantistico: soppressione, sostituzione, inserimento; in quello di Gatto prevale la soppressione con rari inserimenti. L’ipotesi che il capitolo cerca di dimostrare è che le espressioni ritoccate siano quelle maggiormente marcate dallo stigma dell’ermetismo.
L’immagine della donna è tratteggiata ricorrendo alla categoria della trascorrenza, che innesca in verticale la metamorfosi incrociando le mitiche figure di Proserpina e Euridice; in orizzontale il transfert scambiando l’identità con le altre figure del racconto. Si assiste in questo caso a una complessa forma di commutazione, modellata sulla mise en abîme: duplicazione semplice, duplicazione all’infinito e duplicazione paradossale. La donna ermetica, di cui spicca da sempre l’assenza per unanime consenso della critica, è resa ora doppiamente assente perché anche in presenza è continuamente contesa dalla sovrapposizione di altre figure.
La caducità, legata a doppio nodo dall’assenza, si rivela categoria pervasiva dalle valenze polisemiche, che acquista una curvatura astrologica (eclisse, alternanza del giorno e della notte, susseguirsi di stagioni, crepuscolo) in Al di qua di una sera, esistenziale (metafisica di mistero e morte) in Biografia a Ebe, di alterazione (febbre e delirio) nella Donna miriade, di morte (come tema di un racconto, rievocazione di figure scomparse o inserto allusivo) nella Sposa bambina.