Academic literature on the topic 'Vitro coltura'

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Journal articles on the topic "Vitro coltura"

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Ruta, Claudia. "La coltura in vitro per la conservazione della biodiversità orticola." Italus Hortus 25 (2018): 1–11. http://dx.doi.org/10.26353/j.itahort/2018.1.3690.

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2

Botto, A., S. Ungari, S. Riba, S. Ribero, C. Dadone, M. Mediago, and R. Zolfanelli. "Coltura Cellulare E Test Di Chemiosensibilità in Vitro Nelle Neoplasie Vescicali Superficiali: Risultati Preliminari Dell'Applicazione Clinica." Urologia Journal 58, no. 5 (October 1991): 570–72. http://dx.doi.org/10.1177/039156039105800520.

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3

Di Lullo, A. M., M. Scorza, F. Amato, M. Comegna, V. Raia, L. Maiuri, G. Ilardi, E. Cantone, G. Castaldo, and M. Iengo. "An “ex vivo model” contributing to the diagnosis and evaluation of new drugs in cystic fibrosis." Acta Otorhinolaryngologica Italica 37, no. 3 (June 2017): 207–13. http://dx.doi.org/10.14639/0392-100x-1328.

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Abstract:
La fibrosi cistica (FC) è una malattia autosomica recessiva causata da mutazioni nel gene CFTR (Cystic Fibrosis Transmembrane conductance Regulator). Finora sono state descritte circa 2000 mutazioni, ma per la maggior parte di esse è difficile definirne l’effetto senza complesse procedure in vitro. Abbiamo effettuato il campionamento (mediante brushing), la cultura e l’analisi di cellule epiteliali nasali umane (HNEC) utilizzando una serie di tecniche che possono aiutare a testare l’effetto delle mutazioni CFTR. Abbiamo eseguito 50 brushing da pazienti FC e controlli, e in 45 casi si è ottenuta una coltura positiva. Utilizzando cellule in coltura: i) abbiamo dimostrato l’espressione ampiamente eterogenea del CFTR nei pazienti e nei controlli; ii) abbiamo definito l’effetto di splicing di una mutazione sul gene CFTR; iii) abbiamo valutato l’attività di gating di CFTR in pazienti portatori di differenti mutazioni; iv) abbiamo dimostrato che il butirrato migliora in modo significativo l’espressione di CFTR. I dati provenienti dal nostro studio sperimentale dimostrano che l’uso del modello ex-vivo di cellule epiteliali nasali è un importante e valido strumento di ricerca e di diagnosi nella studio della FC e può anche essere mirato alla sperimentazione ed alla verifica di nuovi farmaci. In definitiva, in base ai nostri dati è possibile esprimere le seguenti conclusioni: 1) il prelievo delle cellule epiteliali nasali mediante brushing è applicabile senza alcuna anestesia ed è ben tollerato da tutti i pazienti affetti da FC (bambini e adulti), è scarsamente invasivo e facilmente ripetibile, è anche in grado di ottenere una sufficiente quantità di HNECs rappresentative, ben conservate, idonee allo studio della funzionalità di CFTR; 2) la conservazione delle cellule prelevate è possibile fino a 48 ore prima che si provveda all’allestimento della coltura e ciò permette di avviare studi multicentrici con prelievi in ogni sede e quindi di ottenere una ampia numerosità campionaria; 3) la coltura di cellule epiteliali nasali può essere considerata un modello adatto a studiare l’effetto molecolare di nuove mutazioni del gene CFTR e/o mutazioni specifiche di pazienti “carriers” dal significato incerto; 4) il modello ex-vivo delle HNECs consente inoltre di valutare, prima dell’impiego nell’uomo, l’effetto di farmaci (potenziatori e/o correttori) sulle cellule di pazienti portatori di mutazioni specifiche di CFTR; tali farmaci possono modulare l’espressione genica del canale CFTR aprendo così nuove frontiere terapeutiche e migliori prospettive di vita per pazienti affetti da una patologia cronica come la Fibrosi Cistica; 5) la metodologia da noi istituita risulta essere idonea alla misura quantitativa, mediante fluorescenza, dell’attività di gating del canale CFTR presente nelle membrane delle cellule epiteliali nasali prelevate da pazienti portatori di differenti genotipi; in tal modo è possibile individuare: a) pazienti FC portatori di 2 mutazioni gravi con un’attività < 10% (in rapporto ai controlli -100%), b) soggetti FC portatori contemporaneamente di una mutazione grave e di una lieve con un’attività tra 10-30%, c) i cosiddetti portatori “carriers”- eterozigoti - con un’attività tra 40-70%. In conclusione la possibilità di misurare l’attività del canale CFTR in HNECs fornisce un importante contributo alla diagnosi di FC, mediante individuazione di un “cut-off diagnostico”, ed anche alla previsione della gravità fenotipica della malattia; quindi quanto rilevabile dalla misura del suddetto canale permette di prospettare per il futuro la possibilità di valutare meglio i pazienti per i quali il test del sudore ha dato risultati ambigui (borderline o negativi). La metodica da noi sperimentata consente anche di monitorare i pazienti durante il trattamento farmacologico, valutando in tal modo i reali effetti delle nuove terapie.
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4

Di Pietro, Maria Luisa, and Roberta Minacori. "Qual è il rischio delle tecniche di fecondazione artificiale?" Medicina e Morale 47, no. 3 (June 30, 1998): 465–97. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1998.832.

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Abstract:
L’articolo mette a fuoco i rischi che, o per l’imperizia dell’operatore, o per le procedure previste dalla tecnica di fecondazione, sono responsabili della morbilità e mortalità della donna e/o del nascituro. Uno dei rischi per la donna è legato alla stimolazione ovarica che si attua con una induzione farmacologica e che provoca la cosiddetta “iperstimolazione ovarica” e tumori della mammella e dell’ovaio. Altri rischi sono legati alle complicanze delle procedure di fecondazione artificiale e che riguardano soprattutto la fase di recupero delle ovocellule, la coltura in vitro, il trasferimento dei gameti e degli embrioni nelle vie genitali della donna. Il prelievo degli ovociti viene eseguito sotto controllo ecografico con rischio di dolori pelvici o addominali, infezioni ed emorragie, mentre il trasferimento dei gameti si esegue con la laparoscopia con complicanze legate all’anestesia. Il primo rischio per l’embrione è che non arrivi a vita autonoma per mancato trasferimento nelle vie genitali della donna, il mancato attecchimento nell’utero, l’aborto spontaneo o provocato, la maggiore incidenza di morbilità o di mortalità perinatale. Altri fattori negativi sono dovuti alla micromanipolazione dei gameti. Inoltre, dall’analisi della letteratura si evince che i nati da fecondazione artificiale presentano maggiori malformazioni congenite e una più elevata incidenza di prematurità. A tutti questi problemi si aggiunge l’inadeguata informazione fornita alle coppie che ricorrono alla fecondazione artificiale sui rischi, sugli effetti collaterali, sulle percentuali di successo.
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Capuana, Maurizio. "Le colture in vitro per il fitorimedio." Italus Hortus, no. 24 (2018): 15–28. http://dx.doi.org/10.26353/j.itahort/2017.3.1528.

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6

Botto, A., C. Bumma, S. Riba, S. Ungari, and R. Zolfanelli. "Chemiosensibilità Del Carcinoma Renale Su Colture Cellulari in Vitro." Urologia Journal 56, no. 4 (August 1989): 507–12. http://dx.doi.org/10.1177/039156038905600420.

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Vitali, G., L. Conte, S. Foddai, and M. Nicoletti. "Colture in Vitro di Withania Somnifera Dunal (Solanaceae) Chemotipo Italiano." Giornale botanico italiano 128, no. 1 (January 1994): 453. http://dx.doi.org/10.1080/11263509409437260.

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Canzi, M., P. Coral, T. Roggio, L. De Filippo, and G. Panarello. "Valutazione clinico/morfologica di Amukine Med® e Braunol®, su CVC in spisilicone." Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 23, no. 2 (January 24, 2018): 19–22. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2011.1431.

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Abstract:
La gestione infermieristica riveste un ruolo importante per la sopravvivenza dell'accesso vascolare per emodialisi, soprattutto quando per la sua realizzazione sono stati utilizzati materiali protesici etcrologhi. Scopo di questo studio è di valutare in vitro e in vivo gli eventuali effetti collaterali e l'efficacia di due disinfettanti tra i più comunemente usati (ipoclorito di sodio allo 0,057 Amukine Med® e iodopovidone al 10% Braunol®,) per le medicazioni dei cateteri venosi centrali. Lo studio è stato effettuato da gennaio 2003 a gennaio 2004. In tale periodo abbiamo valutato in vitro mediante esame morfologico gli effetti sui cateteri incubati a breve e lungo termine nei 2 disinfettanti e in vivo l'incidenza di reazioni cutanee locali e la positività dell'esame colturale del tampone cutaneo, in 17 malati uremici con “Tesio cat®” Medcomp (spisilicone) come accesso vascolare per emodialisi. Non si sono notate differenze morfologiche significative nello studio in vitro tra i campioni trattati con i due disinfettanti. Il contatto prolungato dello spisilicone con Amukine Med e Braunol anche in ambiente libero non ha determinato alterazioni morfologiche della parete all'esame macro e microscopico. Nello studio in vivo, condotto su due gruppi composti da 10 pazienti nel gruppo Amukine Med e 7 pazienti in quello con Braunol, sono state effettuate 1088 medicazioni (640 con Amukine Med pari al 58,8% medicazioni totali e 448 con Braunol pari al 41,2% medicazioni totali) pari al 40,5% delle sedute dialitiche con ambo le tecniche di disinfezione. Dagli esami colturali (271 tamponi) in 71 casi è stata riportata crescita batterica; 68 Staphilococcus Epidermidis; 2 Escherichia Coli (gruppo Amuchina Med) 1 Pseudomonas Aeruginosa (gruppo Braunol). Negli ultimi 3 casi (1/68 mesi d'esposizione) era presente sepsi locale. Non si sono rilevate differenze nell'incidenza di infezioni locali o di effetti collaterali indotti dai due disinfettanti.
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Forni, C., A. Frattarelli, and M. Grilli Caiola. "Studi Sulla Rigenerazione in Colture in Vitro di Fragaria X Ananassa Duch." Giornale botanico italiano 130, no. 1 (January 1996): 387. http://dx.doi.org/10.1080/11263509609439622.

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De Angeli, S., A. Fandella, C. Gatto, S. Buoro, C. Favretti, G. L. Drago Ferrante, and G. Anselmo. "Stromal cell and human prostatic epithelial cell in-vitro co-coltures: Growth and morphology." Urologia Journal 63, no. 1_suppl (January 1996): 65–68. http://dx.doi.org/10.1177/039156039606301s16.

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Abstract:
A study was carried out on the effect of stroma-epithelium interaction on cellular growth and morphology in co-coltures of U285 prostatic epithelial cells with human prostatic and esophageal stromal cells and with murine fibroblasts of the 3T3-J2 line. The proliferation rate was determined by growth tests of neutral red and kenacid blue. Morphological observations were made under optical microscope on the same cultures used for the growth tests. Results highlighted a marked reduction in cellular growth in the co-cultures compared to control cultures, as well as the tendency of the stromal and epithelial cells to re-organise themselves in pseudo-acinous structures.
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Dissertations / Theses on the topic "Vitro coltura"

1

Rossi, Melissa. "Realizzazione di un protocollo di coltura in vitro di tessuto endometriale equino e studio dell'espressione di geni correlati alla produzione di citochine infiammatorie dopo co-coltura dei campioni con due diverse dosi di cellule staminali mesenchimali." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2017. http://hdl.handle.net/11577/3426786.

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Abstract:
Despite the presence of an intense research in the field of the equine reproduction over recent decades, there has been no significant increase in the population's fertility. To date, few therapeutic protocols are available for the treatment of equine reproductive disorders because of the peculiarities of species but also for the ethical, clinical and economical reasons adressed to the in vivo tests. An easily obtainable sample for performing reliable in vitro tests is the endometrial biopsy; however, the lack of studies regarding the maintenance of the vitality for this sample is still an obstacle. For this purpose, the first aim of the present work has been the creation of a protocol for the culture of equine endometrial biopsies; moreover, we assessed the survival of two different kind of biopsy (incisional and excisional) by the estimation of mitochondrial activity, DNA quantity and the histology of the samples at 3 and 7 days of in vitro culture at 37°C and 5% CO2. Results show that incisional biopsies maintain an adequate level of vitality up to 3 days, representing a valid sample to be used for in vitro testing. In addition, the method allows the evaluation of innovative therapies such as mesenchymal stem cells (MSCs). MSCs have been shown to support tissue regeneration and to modulate inflammatory processes. For these reasons, MSCs could be used in equine endometritis and/or endometrosis, inflammatory-based pathologies that represent one of the major reproductive diseases for horse because of reducing the fertility of the animal and increasing costs for breeders. However, further insights are needed to improve the knowledge about their mechanism of action and their practical use. On the light of that, the second aim of this project has been the evaluation of the expression of genes related to the production of inflammatory cytokines after co-culture for 3 days of incisional endometrial biopsies with two different doses of adipose derived stem cells (ADSCs) (1x10^5 and 3 x 10^5 cells). The preliminary results allow us to hypothesize that the presence of ADSCs modifies the expression of genes involved in the production of cytokines with an immunomodulatory effect and possible activation of anti-bacterial and anti-fibrotic mechanisms that could be the starting point for the restoration of damaged endometrium. In addition, for some cytokines this immunomodulatory effect seems to be dose-dependent and deserves further studies.
Negli ultimi decenni, nonostante si sia registrata un'intensa attività di ricerca nell'ambito della riproduzione equina, non si è verificato un significativo aumento della fertilità della popolazione. A oggi, le terapie disponibili per il trattamento di patologie della sfera riproduttiva sono limitate a pochi protocolli sia per le peculiarità di specie ma soprattutto per le difficoltà etiche, cliniche ed economiche che si devono affrontare per la sperimentazione di nuovi trattamenti in vivo. Un campione facilmente reperibile per eseguire tests da utilizzare in ambito riproduttivo è la biopsia endometriale; tuttavia, la mancanza di studi riguardanti il mantenimento della vitalità di questo tipo di campione quando coltivato in vitro rappresenta ancora un ostacolo. A questo scopo, il presente lavoro si è posto come primo obiettivo l’ideazione di un protocollo di coltura di tessuto endometriale equino e la valutazione della sopravvivenza di due diversi tipi di biopsia endometriale (incisionale ed escissionale) mediante stima dell'attività mitocondriale, della quantità di DNA e dell'aspetto istologico del campione a 3 e 7 giorni di coltura in vitro a 37°C e 5% CO2. I risultati dimostrano che con il protocollo testato le biopsie incisionali mantengono un livello adeguato di vitalità fino ai 3 giorni rappresentando un campione valido da utilizzare per prove in vitro. Inoltre, la metodica consente la valutazione di innovativi fronti terapeutici come quello delle cellule staminali mesenchimali (MSCs). Tali cellule si sono dimostrate capaci di favorire la rigenerazione tissutale e modulare i processi infiammatori. In quest’ottica le MSCs potrebbero trovare impiego nella terapia di cavalle affette da endometrite e/o endometriosi, patologie su base infiammatoria che rappresentano uno dei principali problemi in ambito riproduttivo andando a ridurre la fertilità dell'animale e ad aumentare i costi per gli allevatori. Tuttavia, le conoscenze riguardanti il loro meccanismo d'azione e il loro impiego pratico richiede ulteriori approfondimenti. A tal scopo, la seconda parte di questo progetto ha valutato l'espressione di geni correlati alla produzione di citochine infiammatorie dopo co-coltura per 3 giorni di biopsie incisionali endometriali con due diverse dosi di cellule staminali equine di origine adiposa (ADSCs) (1x10^5 e 3 x 10^5 cellule). I risultati, seppur preliminari, permettono di ipotizzare che la presenza delle ADSCs modifichi l'espressione di geni coinvolti nella produzione di citochine con effetto finale immunomodulante e con possibile attivazione di meccanismi anti-batterici e anti-fibrotici che potrebbero essere alla base del ripristino della funzionalità endometriale. Inoltre, per alcune citochine questo effetto immunomodulatorio sembra essere dose-dipendente e merita ulteriori approfondimenti.
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CASALES, Fabrizio Giuseppe. "Applicazione della coltura in vitro alla propagazione di portinnesti di agrumi tolleranti al virus della tristezza e del gelso." Doctoral thesis, Università degli Studi di Palermo, 2014. http://hdl.handle.net/10447/91228.

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Giantin, Mery. "Effetti di fattori intrinseci ed estrinseci sull'espressione in vivo ed in vitro degli enzimi farmaco-metabolizzanti epatici del bovino." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2008. http://hdl.handle.net/11577/3426269.

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Abstract:
Cytochrome P450 superfamily (CYP) comprises an ubiquitous enzyme system, with the highest concentration found in the liver. These enzymes play a crucial role in the metabolism of xenobiotics and endogenous compounds. Their primary role is converting lipophilic compounds to more polar and hydrophilic metabolites by means of oxidative, reductive and hydrolitic reactions. Products of these chemical reactions can then be conjugated with polar endogenous compounds and readily excreted by the organism (Ioannides, 2006). The evaluation of liver biotrasformation pathways in veterinary species, but expecially in cattle, is considered very important, particularly for the presence of potentially harmful residues in foodstuff of animal origin (Sivapathasundaram et al., 2001). Thus, very few informations about bovine metabolism are actually available in literature and they primarily focused on catalytic activities and protein expression data (Sivapathasundaram et al., 2001; Nebbia et al., 2003; Szotáková et al., 2004; Dacasto et al., 2005). Recently, increasing importance has been given to toxicogenomics, the science which studies the correlations between genome structure, activity and toxicological effects of xenobiotics (Aardema and McGregor, 2002). The recent advances in molecular biology have resulted in the possibility to set up innovative, sensitive and specific biomolecular tecniques, that can be successfully applied in Drug Metabolism (DM) studies (Tugwood et al., 2003). As a consequence, the aim of the present research project consists on the application of some recent biomolecular techniques, as the quantitative Real Time PCR (Q RT-PCR), in order to study the expression and the regulation of some genes involved in bovine DM. The following methodological approach has been adopted: firstly a bibliographic search to identify genes involved in xenobiotics metabolism and then, collection of the corresponding available mRNA sequences from databases; clonage and sequencing of bovine sequences not yet available; primers design and set up of bovine-specific Q RT-PCR assays; total RNA isolation from cattle liver samples either of control or experimentally treated with illicit growth promoters; finally, the application of Q RT-PCR assays for the relative quantitation of selected transcripts (genes involved in xenobiotics metabolism and/or transcription factors) in: (a) beef cattle belonging to different meat cattle breeds; (b) veal calves and beef cattle illegally treated with dexamethasone (DEX) administered alone per os or intramuscularly, or in association with 17ß-oestradiol (E2: this last treatment has been considered only in beef cattle); (c) in primary cultures of bovine hepatocytes incubated with endogenous/exogenous precursors of steroids and in beef cattle illegally treated with the same molecules, in order to compare in vivo/in vitro effects. Messanger RNA results were successfully compared and/or correlated with catalytic activity data obtained by using marker substrates known as specific for each considered CYP isoform or phase II enzyme, but also with protein expression data (CYP1A, 2B, 2C, 2E and 3A immunoblotting and semiquantitative densitometric analysis). Partial sequences coding for bovine CYP2B, CYP4A, UGT1A4, RXR?, GR, HNF4? and 17ßHSDII genes (all involved in DM and its regulation) have been cloned, sequenced and submitted to GenBank; furthermore Q RT-PCR assays for a total of 28 transcripts have been designed and set up. Forementioned assays were applied to evaluate the hepatic biotransformative pattern in 18-20 months old beef cattle belonging to three different meat cattle breeds (Charolais, CH; Piedmontese, PM; Blonde d'Aquitaine, BA). Statistically significant differences (P<0.05 or less) have been noticed in CYP1A1, CYP1A2, CYP2B6, CYP2C9, CYP2C18, CYP3A4, UGT1A1, UGT1A6, UGT2B17, GSTA1, GSTM1, GSTP1 mRNA expression. In particular, CH presented the lowest mRNA expression for all the forementioned transcripts except for UGT1A6, if compared with the similar expression profile of PM and BA. Results obtained at the pre-transcriptional level were confirmed at the post-translational one by immunoblotting, only in the case of CYP2B and CYP3A: in this respect, protein expression data for these two enzymes demonstrated the same trend among breeds (CH
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CASTIGLIONE, GIULIA. "Effetti metabolici in vitro degli inibitori delle deacetilasi istoniche su colture primarie di epatociti di ratto." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2009. http://hdl.handle.net/11577/3426424.

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Abstract:
Histone acetylation/deacetylation are pivotal epigenetic mechanisms responsible for regulating chromatin structure and DNA transcription, respectively leading to a higher o a lesser degree of accessibility to transcription factors and RNA polymerase, i.e. turning on/off genetic expression. It has been described that histone deacetylase inhibitors (HDAIs) can influence hepatic DNA expression and tumor cell lines differentiation but few data about their effects on hepatocytes are available. Freshly isolated Sprague-Dawley rat hepatocytes seeded on matrigel were cultured in control medium or in medium containing one of the following HDAIs: sodium butyrate (NaBu, 500 nM), valproic acid (VPA, 2 mM) or tricostatin A (TSA, 10 mM). After 4 days, cell viability and function were tested by albumin secretion (sandwich ELISA, normalizing the data with the protein content assayed by the Bradford’s method with Comassie Blue), albumin expression (RT-PCR analysis), urea synthesis after ammonia challenge (colorimetric method), cytotoxicity (LDH release measurement) and cell proliferation (BrDU incorporation). Albumin secretion doubled after hepatocyte exposure to NaBu in comparison to controls (92.35 ±18.97 ?g/mg protein vs 44.36 ±7.81 ?g/mg protein; p=0.02) while it was inhibited by VPA (25.09 ± 3.02 vs 44.36 ±7.81 ?g/mg protein; p=0.03) and unaffected by TSA (46.9 ± 9.12 ?g/mg protein vs 44.36 ±7.81 ?g/mg protein; p=0.83). A similar behaviour was observed at RT-PCR analysis of albumin expression (data are relative values compared to controls which are by default 1; VPA: 2.2; NaBu: 12.6; TSA: 1.8). Urea metabolism was preserved in all conditions (controls: 25.47 ± 4.06 ?g/mg protein/h; VPA: 23.45± 4.87 ?g/mg protein/h, p=0.75; NaBu: 30.53 ± 6.98 ?g/mg protein/h, p=0.54; TSA: 25.89 ± 5.97 ?g/mg protein/h, p=0.95). Cells were significantly less viable when exposed to NaBu (54.26 %, p<0.001) or VPA (40.12 %, p=0.0097) than controls (70.74%) while TSA was less cytotoxic (67.85 %, p=0.56). Hepatocyte proliferation was increased with VPA (19.82 ± 3.19 BrDU-positive cells/mm2) and decreased with NaBu (2.05 ± 0.84 BrDU-positive cells/mm2) when compared to controls (5.88 ± 0.70 BrDU-positive cells/mm2). NABU appears to be a differentiating agent on cultured hepatocyte, being able to stimulate albumin expression and production. Urea synthesis was however unaffected. NaBu appears to be less hepatotoxic than VPA, which provides a good proliferative stimulus. TSA played a quasi neutral role. These results suggest a possible use of HDAIs to improve hepatic specific functions in bioartificial liver devices.
L’acetilazione e la deacetilazione del DNA sono meccanismi epigenetici cruciali responsabili della regolazione della struttura della cromatina e della trascrizione del DNA, che consentono una maggiore o minore accessibilità ai fattori di trascrizione e alla RNA polimerasi, inducendo o inibendo rispettivamente l’espressione genica. In letteratura è descritto che gli inibitori della deacetilazione degli istoni (HDACIs = histone deacetylase inhibitors) possono influenzare il DNA inducendo la traduzione di geni tipicamente espressi nelle cellule del fegato ed il differenziamento di linee cellulari tumorali verso il pattern epatico, tuttavia sono ancora pochi i dati disponibili sui loro specifici effetti sugli epatociti. Epatociti di ratto Sprague-Dawley appena isolati sono stati seminati su piastre con substrato di matrigel e coltivati con medium di controllo o con medium contenente uno dei seguenti HDACIs: il sodio butirrato (NaBu, 500 nM), l’acido valproico (VPA, 2 mM) e la tricostatina A (TSA, 10 mM). Dopo 4 giorni sono stati determinati i seguenti parametri: la funzionalità del metabolismo epatico tramite l’analisi della secrezione di albumina (sandwich ELISA, normalizzando i dati per il contenuto proteico misurato con il metodo di Bradford tramite il Blu di Comassie), l’analisi dell’espressione genica di albumina (analisi di Real Time PCR, RT-PCR), la quantificazione della sintesi di urea (realizzata mediante metodo colorimetrico con il carico di ammoniaca), la stima della citotossicità (quantificazione del rilascio di latticodeidrogenasi [LDH] mediante spettrofotometria) e della proliferazione cellulare (incorporazione di bromodesossiuridina [BrDU] mediante microscopia a fluorescenza). La secrezione di albumina è risultata raddoppiata dopo l’esposizione degli epatociti al NaBu rispetto ai controlli (92.35 ± 18.97 ?g/mg proteine contro 44.36 ± 7.81 ?g/mg proteine; p = 0.02), mentre è stata inibita dal VPA (25.09 ± 3.02 ?g/mg proteine contro 44.36 ± 7.81 ?g/mg proteine; p = 0.03) e non è influenzata dal TSA (46.9 ± 9.12 ?g/mg proteine contro 44.36 ± 7.81 ?g/mg proteine; p = 0.83). L’analisi dell’espressione di albumina tramite RT-PCR conferma tali risultati (i dati sono espressi come valori relativi rispetto ai controlli i quali per convenzione hanno valore 1; VPA = 2.2; NaBu = 2.6; TSA = 1.8). Il metabolismo dell’urea è risultato inalterato (controlli = 25.47 ± 4.06 ?g/mg proteine/ora; VPA = 23.45 ± 4.87 ?g/mg proteine/ora, p = 0.75; NaBu = 30.53 ± 6.98 ?g/mg proteine/ora, p = 0.54; TSA = 25.89 ± 5.97 ?g/mg proteine/ora, p = 0.95). Le cellule sono risultate significativamente meno vitali se esposte al NaBu (54.26 %, p <0.001) ed al VPA (40.12 %, p = 0.0097) rispetto ai controlli (70.74%), mentre il TSA si è dimostrato meno citotossico (67.85 %, p = 0.56). La proliferazione degli epatociti è risultata incrementata nell’esposizione al VPA (19.82 ± 3.19 cellule BrDU-positive/mm2, p <0.01) mentre è diminuita con il NaBu (2.05 ± 0.84 cellule BrDU-positive/mm2) rispetto ai controlli (5.88 ± 0.70 cellule BrDU-positive/mm2, p <0.01). Il NaBu sembra quindi essere un agente di differenziazione per gli epatociti in grado di stimolare l’espressione genica dell’albumina e la sua secrezione. Tuttavia la sintesi di urea sembra non esserne influenzata. Il NaBu è risultato meno epatotossico del VPA, il quale costituisce peraltro un buono stimolo proliferativo. Il TSA gioca un ruolo quasi neutro ai dosaggi testati. Questi risultati suggeriscono di approfondire un possibile utilizzo degli HDACIs per incrementare le funzioni tipiche degli epatociti non solo in vitro ma anche nei dispositivi per il fegato bioartificiale.
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CERQUENI, GIORGIA. "In vitro strategies and development of bioengineered approaches for studying age-related osteochondral diseases." Doctoral thesis, Università Politecnica delle Marche, 2021. http://hdl.handle.net/11566/292220.

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Abstract:
The purpose of this PhD project is the development of in-vitro culture models to study different aspects of Osteoarthritis (OA), an entire joint degenerative disease that involved articular cartilage, synovium and subchondral bone. The global incidence of knee OA is 203 per 10,000 person-year that grows with the increase of age, reaching a peak between 70-79 years old, thus dragging the peak of prevalence in old age. The main OA disabling symptom is pain that is typically intermittent and weight-bearing (mechanical) and can lead to psychological stress. Contrary to the common description of a wear-related pathology, OA is the consequence of an active and unbalanced process of repair and destruction. The actual causes of OA are still unidentified and there is still debating on the precise order of events that trigger its onset. There is currently no predetermined in-vitro model of OA disease. This is essentially due to the defective knowledge on the onset of this pathology and to the numerous tissue modifications involved that make difficult to in-vitro reproduce OA. A clear comprehension of the various mechanisms engaged in the pathology is necessary to understand its progression, as well as the targets to restore joint function. Here, two different in-vitro culture models to study different aspects of OA were applied to investigate: (i) the involvement of adult stem/stromal cells of the synovial membrane in bone remodeling, through an indirect 2D co-culture approach and (ii) the crosstalk between chondrocytes and subchondral bone in normal and pathological condition, developing an engineered 3D scaffold and simulating an inflamed microenvironment. These two models allowed the investigation of the cell behaviours from the three tissues involved in the pathogenesis of OA, and the development of a possible in-vitro platform for future studies encompassing the three components simultaneously.
Lo scopo di questo progetto di dottorato è lo sviluppo di modelli di coltura in-vitro per studiare diversi aspetti dell'osteoartrosi (OA), una malattia degenerativa che coinvolge tutti i tessuti dell’articolazione tra cui la cartilagine articolare, la membrana sinoviale e l'osso subcondrale. L'incidenza globale dell'OA del ginocchio è di 203 per 10.000 persone all’anno e cresce con l'aumentare dell'età, raggiungendo un picco tra i 70-79 anni. Il principale sintomo disabilitante dell'OA è il dolore, tipicamente intermittente e portante (meccanico) che può, in alcuni casi, a stress psicologico. Contrariamente alla comune descrizione di una patologia correlata all'usura, l'OA è la conseguenza di un processo attivo e sbilanciato di riparazione e distruzione. Le cause che portano all’insorgenza di tale patologia non sono ancora state del tutto identificate e si dibatte ancora sull'ordine preciso degli eventi coinvolti nella sua progressione. Attualmente, la scarsa conoscenza della patogenesi dell’OA e le numerose modificazioni tissutali che la caratterizzano hanno reso complicato lo sviluppo di un modello in-vitro. È quindi necessario comprendere i meccanismi coinvolti nella progressione della patologia, nonché i target di nuovi trattamenti per il ripristino della funzionalità articolare. Qui, due diversi modelli di coltura in-vitro per indagare diversi aspetti dell'OA: (i) il coinvolgimento di cellule staminali / stromali adulte della membrana sinoviale nel rimodellamento osseo, attraverso un approccio di co-coltura 2D indiretta e (ii) il crosstalk tra condrociti e osso subcondrale in condizioni normali e patologiche, sviluppando uno scaffold 3D ingegnerizzato e simulando un microambiente infiammato. Questi due modelli hanno permesso lo studio dei comportamenti cellulari di tre tessuti coinvolti nella patogenesi dell'OA e lo sviluppo di una possibile piattaforma in-vitro per futuri studi che potranno comprendere simultaneamente queste tre componenti.
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BARRACO, Giuseppe. "La coltura in vitro per la conservazione del germoplasma vegetale." Doctoral thesis, 2011. http://hdl.handle.net/10447/102391.

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PALCHETTI, ENRICO. "Studio della tuberizzazione in vitro della patata (Solanum tuberosum L.) e ruolo dell'azoto." Doctoral thesis, 2004. http://hdl.handle.net/2158/779900.

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MORICCA, SALVATORE. "Coltura in vitro ed analisi della variabilità genetica di Cronartium flaccidum." Doctoral thesis, 1994. http://hdl.handle.net/2158/515859.

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BETTINI, PRISCILLA PAOLA. "Analisi della variabilità somaclonale in presenza ed assenza di pressione selettiva in Nicotiana tabacum e Chenopodium album." Doctoral thesis, 1989. http://hdl.handle.net/2158/650742.

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Abstract:
Somaclones both selected and not selected for tolerance to the triazine herbicide atrazine were used to compare tissue culture-induced variability in the presence or absence of stress. Two types of repeated sequences (rDNA and a randomly cloned, anonymous sequence) were analysed both qualitatively and quantitatively, and overall genome variation was assessed by RAPDs. Multiplicity differences were found for the two sequences both between the tolerant and susceptible group and within each group with respect to leaf DNA, but no qualitative differences were detected with either RFLPs orRAPDs. Moreover, we investigated whether stress-induced variation in the atrazine target gene, the chloroplast psbA gene, was responsible for herbicide tolerance by analysing two possible resistance mechanisms: the presence of a specfic point mutation in the gene and its amplification and/or increased expression. Some somaclones were shown to be a mosaic for psbA gene mutation, but the number of cells or plastid genomes involved seemed too low to account for tolerance in the whole tissue. Atrazine tolerance could then be due to an increase in the number of plastids/plastid genomes or/and to a permanent response to respiration inhibition whose basis is, up to now, unknown.
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STOPPOLONI, DANIELA. "Studi "in vitro" per la valutazione degli effetti della Glucosammina (GlcN) e di un suo N-acetil derivato (NAPA) sulle vie anaboliche in condrociti primari umani." Doctoral thesis, 2013. http://hdl.handle.net/11573/918684.

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Abstract:
L’ osteoartrite (OA) è la più comune tra le patologie degenerative che colpiscono le articolazioni, rappresentando da sola il 70% del totale. Proprio per la sua diffusione nella popolazione, per la sua natura degenerativa e per l’attuale mancanza di terapie in grado di arrestarne la progressione, l’OA costituisce un notevole fardello per la salute pubblica. L’OA è un insieme eterogeneo di condizioni che conducono al progressivo assottigliamento della cartilagine articolare fino alla sua totale perdita, all’ipertrofia del sottostante tessuto osseo con formazione di osteofiti e sclerosi ossea e all’ispessimento della capsula articolare. Momentaneamente gli unici farmaci impiegati nel trattamento dell’osteoartrite sono: paracetamolo (farmaco d’elezione), farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), cortisonici, inibitori selettivi della cicloossigenasi di tipo II (COXIB), farmaci questi ad azione antinfiammatoria e analgesica, volti quindi solo al trattamento della sintomatologia; tra le altre terapie invece rientrano: il trattamento infiltrativo intrarticolare con sostanze atte a migliorare la lubrificazione articolare (es. acido ialuronico), le terapie fisiche e riabilitative spesso effettuate in ambiente termale ed i condroprotettori, composti orientati a modulare l’attività metabolica dei condrociti allo scopo di rallentare i processi degenerativi e di stimolare i processi di riparazione della cartilagine, che comprendono glucosammina solfato (GlcN), condroitin solfato, diacerina e acido ialuronico, classificati nell’insieme come Symptom Modifyng Drugs (SMDs). Il principale scopo di questo studio quindi è quello di analizzare l’efficacia del 2-(N-Acetil)-L-fenilalanilamido-2-deossi-β-D-glucosio (NAPA) e della GlcN nello stimolare la produzione di nuova matrice extracellulare, in condrociti primari umani; inoltre quello di identificare quale sia la minima quantità, delle due molecole, capace di modulare i pathways anabolici condrocitari. Gli studi sono stati condotti incubando i condrociti primari umani con diverse quantità delle due molecole sia in condizioni di crescita in monostrato (2D) che in tridimensione (3D); questo ha permesso di capire che la coltura in tridimensione è molto più adatta per lo studio della sintesi di alcuni componenti della matrice extracellulare come il Glicosamminoglicano solfato (GAG) e l’Acido Ialuronico (HA), mentre la coltura in monostrato è adatta per valutare la modulazione genica. La sintesi dei componenti della matrice è sotto il controllo di fattori di crescita quali TGF-β (transforming growth factor), IGF-1 (insuline-like growth factor) ed OP-1 (osteogenic protein). E’ stata pertanto studiata la capacità di NAPA e GlcN di influenzare i livelli di produzione di IGF-1 ed OP-1, allo scopo di trovare una spiegazione per l’efficacia delle due molecole nello stimolare l’attività anabolica dei condrociti. I risultati ottenuti indicano che il NAPA e la GlcN influiscono sulla sintesi dei componenti della matrice extracellulare in maniera dose-dipendente; il NAPA si è mostrato efficace nell’aumentare la sintesi dei GAGs alla concentrazione di 1mM, mentre la GlcN mostra risultati apprezzabili a 5mM, anche se a questa concentrazione evidenzia un consistente effetto citotossico. Il NAPA inoltre è risultato molto più efficace della GlcN nell’indurre la produzione di collagene II, mentre la GlcN è maggiormente in grado di stimolare la produzione di acido ialuronico. Entrambe le molecole sono capaci di indurre la sintesi di IGF-1 ed OP-1 con differente efficacia. In conclusione quindi si può affermare che la GlcN e il suo N-peptidyl derivato sono in grado di aumentare la produzione dei componenti della matrice extracellulare a diverse concentrazioni e di interferire con pathway cellulari differenti, infatti, il NAPA è molto più efficace sul pathway di IGF-1, mentre la GlcN influenza maggiormente quello dell’OP-1. Il diverso effetto anabolico di NAPA e GlcN osservato, insieme all’individuazione delle loro concentrazioni ottimali potrebbero essere utili per formulare nuove strategie di riparazione della cartilagine.
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