Academic literature on the topic 'Violenza negli stadi'

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Journal articles on the topic "Violenza negli stadi"

1

Ferrigni, Nicola. "La violenza negli stadi. Il modello italiano per la sicurezza." RIV Rassegna Italiana di Valutazione, no. 62 (May 2016): 85–100. http://dx.doi.org/10.3280/riv2015-062007.

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2

Bifulco, Luca. "La sicurezza negli stadi in Italia Tifo, violenza, diritto e misure di contrasto." SOCIOLOGIA DEL DIRITTO, no. 3 (December 2018): 159–85. http://dx.doi.org/10.3280/sd2018-003008.

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3

Elia, Domenico F. A. "Crimini di guerra in provincia di Siena durante l'occupazione nazista." ITALIA CONTEMPORANEA, no. 261 (February 2011): 728–37. http://dx.doi.org/10.3280/ic2010-261009.

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Abstract:
Nel presente contributo l'autore indaga sulle fonti conservate negli archivi italiani (Archivio di Stato di Siena, Archivio centrale dello Stato, Roma, Archivio dell'Ufficio storico dello Stato Maggiore dell'esercito) relative ai crimini di guerra commessi nella provincia di Siena nel biennio 1943-1944 dalle forze armate tedesche e repubblicane. I crimini cosě individuati sono stati suddivisi in base alla tipologia di appartenenza (omicidio, ferimento, stupro, rastrellamento, danneggiamento di proprietŕ privata e pubblica, requisizione di beni privati e pubblici) e in modo diacronico, secondo tre fasi. La prima fase include i crimini commessi dal settembre 1943 al marzo 1944, nella quale č protagonista la violenza fascista; la seconda fase comprende i rastrellamenti antipartigiani svoltisi nel marzo del 1944; la terza, i crimini commessi durante la ritirata tedesca nell'estate del 1944. I dati raccolti hanno ricostruito l'intreccio di violenze e politica di sfruttamento al quale concorsero non solo le forze armate tedesche, ma anche quelle della Repubblica sociale italiana.
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4

Fossatti, Fabio. "L’evoluzione del conflitto in Ucraina e le proposte di risoluzione." Revista Euro latinoamericana de Análisis Social y Político (RELASP), no. 5 (August 18, 2022): 175–88. http://dx.doi.org/10.35305/rr.vi5.83.

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Abstract:
Il conflitto tra gli Ucraini filo-europei dell’ovest e i filo-russi dell’est è iniziato negli anni ’90 ed è rimasto non violento per 25 anni. I presidenti occidentali ed orientali vincevano le elezioni ogni 4-5 anni. Nel 2004, c’è stata la rivoluzione ‘arancione’ e l’Ucraina occidentale ha prevalso sull’est filo russo, e l’Ucraina è rimasta uno stato centralizzato. Nel 2014, la guerra è iniziata, e la Crimea e il Donbass hanno dichiarato un’indipendenza de facto. La Crimea fu annessa alla Russia senza violenza; la guerra è continuata (ma a un livello più basso di intensità) in Donbass. Nel febbraio 2022 la Russia ha invaso l’Ucraina dell’est, e una guerra è iniziata tra i due paesi. Sono morte 50 mila persone e vi sono stati 3 milioni e mezzo di rifugiati. Qualsiasi progetto di risoluzione è stato rifiutato da Putin e Zelensky, come uno scambio (tra Crimea russa e Donbass ucraino), un’integrazione simmetrica (il federalismo in Ucraina), una separazione mono-nazionale (di Crimea e Donbass, attraverso un referendum).
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5

Di Meo, Silvia. "Boza e la presenza migrante. Avventura, combattimento e tattiche nell'attraversamento della Frontera Sur." MONDI MIGRANTI, no. 1 (March 2022): 177–99. http://dx.doi.org/10.3280/mm2022-001010.

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Abstract:
L'articolo è il prodotto di un'indagine etnografica sviluppata sul territorio di confine della Frontera Sur, che separa l'Africa dall'Europa. L'etnografia è stata condotta sui due lati della frontiera, in Marocco e a Ceuta (Spagna), e ha riguardato l'osservazione e la partecipazione alla vita nei campi di sopravvivenza, di azione e di reclusione di un gruppo di migranti subsahariani in viaggio. Attraverso una metodologia etnografica di raccolta di storie di vita e di viaggio sono stati analizzati i discorsi e le pratiche elaborate dai migranti con lo scopo di pensare e agire lo spazio violento del confine: attraversamenti del muro frontaliero, superamento dei dispositivi di controllo e pratiche di vita negli spazi confinanti. I discorsi dei soggetti e il racconto comune dell'avventura migratoria hanno permesso di far emergere la presenza sociale e politica delle soggettività. Questa presenza è espressa dal grido Boza: categoria emica che permette ai migranti di significare l'agire dinamico, denso e mirato alla riuscita migratoria.
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6

Torre, Eugenio, Patrizia Zeppegno, Carmen Usai, Marco Rudoni, Gianluca Ammirata, Olivia De Donatis, Elena Manzetti, Debora Marangon, and Giuseppe Migliaretti. "Suicide in Verbano-Cusio-Ossola province: decade 1990-2000." Epidemiology and Psychiatric Sciences 11, no. 4 (December 2002): 277–83. http://dx.doi.org/10.1017/s1121189x00005856.

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Abstract:
RIASSUNTOScopo – Scopo del presente lavoro è quello di effettuare uno studio epidemiologico sul suicidio nella provincia del Verbano-Cusio-Ossola, tra il gennaio 1990 e il dicembre 2000. Disegno – Il lavoro si basa sull'acquisizione di dati attraverso l'analisi dei modelli 45, che registrano tutti i casi di morte violenta e di suicidio, archiviati presso la Procura della Repubblica di Verbania. Setting – La provincia del Verbano-Cusio-Ossola si estende per 2255 Km2 e conta 161248 abitanti. La Procura di Verbania copre l'intero territorio della provincia considerata. Principali misure utilizzate – Le informazioni rilevate sul campione sono state presentate in termini di analisi descrittive, stima dei tassi standardizzati della provincia del Verbano-CusioOssola. Allo scopo di valutare differenze rispetto alia media del Nord Italia, vengono utilizzati i Rapporti Standardizzati di Mortalita (RSM) ed i relativi intervalli di confidenza (IC 95%). Risultati – Negli undid anni considerati sono stati notificati aH'autorita giudiziaria 297 casi di suicidio con un tasso medio annuo di 16.74/100000 abitanti. La frequenza del suicidio nel corso degli anni presi in esame mostra un andamento disomogeneo, con significative differenze tra i due sessi. L'analisi dei RSM evidenzia la maggiore incidenza del suicidio nella provincia analizzata rispetto alia popolazione generale del nord Italia nello stesso periodo, differenza dovuta, in misura maggiore, all'elevato tasso femminile. L'analisi dei diversi parametri sociodemografici della popolazione in esame conferma i dati della letteratura intemazionale: il suicidio à più diffuso in età avanzata, tra le persone vedove e pensionate. Conclusioni – Il presente lavoro intende fornire una descrizione del fenomeno suicidio, inserendolo in un contesto geografico e culturale specifico, nell'intento di metterne in luce gli aspetti problematici in un'ottica diagnostico-clinica, che possa servire da stimolo ad un lavoro preventivo su più larga scala.
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Cameron, Samuel. "A Model of Victim Compensation." Journal of Public Finance and Public Choice 9, no. 1 (April 1, 1991): 57–65. http://dx.doi.org/10.1332/251569298x15668907345216.

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Abstract:
Abstract Il risarcimento a favore delle vittime di crimini è un meccanismo statale che è stato istituito, negli Stati Uniti, a partire dagli anni sessanta e che attualmente è in vigore in più di trenta stati.Questa forma di assistenza è stata criticata dagli economisti della scuola della Public Choice, sia perché potrebbe far aumentare l’«offerta di reati», sia perché coloro che amministrano il sistema di pagamento, perseguendo il proprio interesse personale, potrebbero favorirne l’espansione oltre la dimensione ottimale.Il primo argomento, sottoposto a verifica in un altro scritto dello stesso A., non ha trovato riscontro nell’evidenza empirica disponibile. Il fine del presente lavoro è stato quello di approfondire, sulla base dei dati disponibili, la validità del secondo argomento: quello attinente alia potenziale espansione di origine burocratica delle prestazioni di risarcimento.Se si considerano le norme in base alle quali i pagamenti devono essere eseguiti, si vede che di per sé esse rendono poco probabile una espansione eccessiva del sistema di risarcimento, dato che presuppongono che i pagamenti siano effettuati soltanto qualora si verifichino particolari circostanze (che il reato sia commesso da persone che non siano parenti del danneggiato, che le vittime cooperino con la polizia, che siano esclusi dal risarcimento coloro che hanno redditi elevati e che i crimini siano violenti).L’evidenza empirica, d’altra parte, dimostra che non vi è alcun elemento che suffraghi l’ipotesi che la probabilità di ricevere il risarcimento dipenda dal livello di criminalita. Inoltre, la relazione tra risarcimento e numero di impiegati à negativa, fenomeno del tutto contrario alle attese, ma forse spiegabile con il maggior tempo libero di cui dispone il personale, quando la burocrazia si espande. Il ritardo medio tra l’inizio della pratica e la sua conclusione tenderebbe ad aumentare con l’aumento degli impiegati e ciò ridurrebbe la probabilità media del risarcimento.
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Da Re, Antonio. "Immigrazione e salute come paradigma per la bioetica / Migration and Health as Paradigm for Bioethics." Medicina e Morale 67, no. 2 (June 20, 2018): 187–204. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2018.535.

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Abstract:
Il saggio prende in esame il parere del Comitato Nazionale per la Bioetica su “Immigrazione e salute”, approvato il 23.6.2017. Vengono analizzati criticamente alcuni aspetti ritenuti maggiormente originali: il tentativo di evitare semplificazioni e stereotipi nello studio del fenomeno dell’immigrazione (par. 1) e la conseguente scelta metodologica di esaminare tale fenomeno a partire da una solida base empirica costituita dalla conoscenza di dati statistici, studi epidemiologici, riferimenti normativi (par. 2); la giustificazione, di carattere morale e giuridico, del principio della tutela della salute come diritto e però anche come dovere, che tra l’altro è richiesto agli stessi immigrati di rispettare (par. 3); l’emergenza in termini di salute pubblica costituita dalla diffusione della malattia mentale tra i migranti, specie quando essi siano stati sottoposti a violenze e a trattamenti disumanizzanti; sulla base di ciò si solleva l’interrogativo sulla pertinenza della categoria di «effetto migrante sano», ampiamente adoperata negli studi di bioetica dell’immigrazione (par. 4); la bioetica interculturale in riferimento specialmente al rapporto medico-paziente (par. 5), con una rivisitazione critica del principio di autonomia (par. 6). La conclusione che si potrà desumere dall’analisi proposta è che quello del rapporto tra bioetica e immigrazione non è un tema settoriale o di nicchia ma può addirittura assurgere a paradigma della bioetica tout court, perché affronta, da una prospettiva particolare, questioni bioetiche di carattere più generale, che hanno attinenza con la tutela della salute di ogni soggetto, indipendentemente dall’essere migrante o meno. ---------- The paper analyzes the opinion titled “Migration and Health” and approved by the Italian Committee for Bioethics on June 23, 2017. The following aspects, considered mainly original, are critically analyzed: the attempt to avoid simplifications and stereotypes while studying migration phenomena (par. 1) and the consequent methodological choice to analyze this phenomenon coming from a solid empirical basis composed of the knowledge of statistical data, epidemiological studies, and normative references (par. 2); the moral and legal justification for the safeguarding of health principle considered as a right but also as a duty that should be fulfilled by migrants as well (par. 3); the emergency in terms of public health due to the diffusion of mental disorder and illness among migrants, especially when they have been exposed to violence and inhuman treatments; all of this calls into question the pertinence of the “health migrant effect” category, which is widely used in bioethical studies focused on migration (par. 4); intercultural bioethics, especially in reference to the patient-physician relationship (par. 5) and to the critical reconsideration of the autonomy principle (par. 6). The proposed analysis will lead to the conclusion that the relationship between bioethics and migration is not a sectorial or niche topic but could even become the paradigm of bioethics tout court. Indeed, although it comes from a particular perspective, this topic deals with general bioethical issues related to the safeguarding of health of any human being, whether he or she is a migrant or not.
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Ignazi, Piero. "LA CULTURA POLITICA DEL MOVIMENTO SOCIALE ITALIANO." Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 19, no. 3 (December 1989): 431–65. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200008650.

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Abstract:
IntroduzioneIl mondo politico-culturale della destra italiana del dopoguerra è stato trascurato, per lungo tempo, dalla comunità scientifica. A parte il pionieristico lavoro di Giorgio Galli, risalente alla metà degli anni settanta, è soltanto con l'inizio di questo decennio che si sviluppa una seria linea di ricerca su alcune componenti della destra italiana. In particolare, per motivi diversi, vengono privilegiati due versanti: la Nuova Destra e l'area radicale e terrorista. L'attenzione dedicata a questi due fenomeni non è casuale ma trova spiegazione nel fatto che essi costituiscono una sorta di “novità” rispetto al filone centrale del neofascismo: da un lato, la Nuova Destra, emersa alla fine degli anni settanta sulla scia dellaNouvelle Droitefrancese, rappresenta il contributo intellettualmente piò originale e articolato di riflessione e rielaborazione delle coordinate ideologiche e politiche della destra; dall'altro, l'area radicale e terrorista costituisce per la sua intrinseca drammaticità un forte stimolo all'approfondimento delle motivazioni, del costrutto ideologico e delle articolazioni organizzative. Gli studi condotti negli anni ottanta su queste due aree forniscono importanti tasselli alla ricostruzione o alla comprensione dellaWeltanschauungdi destra. Tuttavia è rimasto escluso da questo risveglio di interesse l'espressione piò solida e corposa della destra italiana, vale a dire il Movimento Sociale Italiano.Va subito precisato, infatti, che il MSI, i movimenti di destra radicale (DR) e la Nuova Destra (ND) pur essendo contigui, si differenziano percomplessità organizzativa, strategia politicaereferenti culturali.Per quanto riguarda la complessità organizzativa, essa è:— elevata nel MSI: il partito si struttura secondo il classico modello duvergeriano del «partito di massa» e, tra l'altro, inquadra centinaia di migliaia di iscritti;— ridotta nelle formazioni della DR: i vari gruppi si strutturano o come piccole sette (i movimenti golpisti e terroristi) o come «comitati» (i movimenti di contromobilitazione moderata e reazionaria degli anni settanta);— molto bassa nella ND: essa mantiene uno stadio fluido di movimento culturale legato ad iniziative editoriali.In merito alla strategia politica, essa si articola in tre posizioni distinte:— alternativa al regime ma accettazione (e pratica) delle regole democratiche per il MSI;— abbattimento immediato e violento del sistema e rifiuto dei meccanismi democratici per la DR;— estraneità rispetto al sistema e superamento degli istituti liberaldemocratici attraverso un processo «metapolitico» di egemonizzazione culturale e di ridefinizione delle coordinate ideologiche («al di là della destra e della sinistra») per la ND.Per quanto attiene, infine, ai referenti culturali si può affermare che, nonostante tutte le componenti attingano ad un medesimo serbatoio, esse si differenziano:a)per la diversa considerazione del contributo evoliano — superficiale-strumentale nel MSI («doveroso» omaggio ad uno dei pochissimi pensatori forti della destra ma sostanziale ininfluenza dei suoi contributi), esegetico-esistenziale nella DR («il mondo delle rovine», «rapolitia», «l'uomo differenziato», «lo spirito legionario», ecc.), marginale nella ND dove viene ridimensionato per la sua impostazione anti-moderna («il mito incapacitante»);b)per l'assenza nella DR e nella ND di alcuni cardini della cultura politica missina come il pensiero giuridico (Rocco e Costamagna) e filosofico (Gentile e Spirito) fascista.Anche se la delimitazione dei confini di queste tre componenti, è stata, in certi periodi e per certi gruppi, alquanto incerta, soprattutto perché il MSI ha rappresentato sempre ilprimum mobiledi tutta Tarea di destra (di qui i frequenti passaggi di confine tra partito e organizzazioni esterne di variroutiersdella destra), esse vanno tenute adeguatamente distinte.Ciò premesso, in questo lavoro intendiamo occuparci esclusivamente del soggetto rimasto finora più in ombra, il Movimento Sociale Italiano. Più in particolare, ci soffermeremo sui tratti salienti della «cultura politica» di questo partito quale emerge, in primo luogo, dalla pubblicistica interna e dai documenti ufficiali (e quindi l'immagine che il partito proietta — e/o intende proiettare — all'esterno) e, in secondo luogo, dalle risposte ad una serie di domande di atteggiamento fornite da un campione significativo di quadri intermedi del MSI.
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Dissertations / Theses on the topic "Violenza negli stadi"

1

SIBILIO, DAVIDE. "LA VIOLENZA IN OCCASIONE DELLE MANIFESTAZIONI SPORTIVE. IL DASPO E GLI ALTRI STRUMENTI DI PREVENZIONE E REPRESSIONE." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2021. http://hdl.handle.net/2434/852343.

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Abstract:
L’elaborato, dedicato agli strumenti di prevenzione e repressione della violenza in occasione di manifestazioni sportive, si propone di tracciare un quadro tendenzialmente completo del sistema che l’ordinamento italiano ha predisposto nel corso degli anni per contrastare il peculiare fenomeno della violenza negli stadi. La tesi, dopo una breve precisazione dell’ambito della ricerca, operata tramite la distinzione del concetto della violenza negli stadi (o teppismo calcistico) dalla violenza sportiva, si occupa inizialmente di fornire una ricostruzione storica del fenomeno in oggetto, per poi passare ad un esame di esso in chiave socio-criminologica, prendendo in considerazione sia l’elaborazione scientifica prodotta all’estero (in special modo nel Regno Unito, ma anche in altri Paesi europei), sia gli studi compiuti in Italia, che hanno evidenziato alcune caratteristiche del fenomeno tipiche del nostro Paese. L’elaborato, nella sua prima parte, prima di occuparsi degli aspetti prettamente penalistici (e processualpenalistici) della materia, tenta di offrire, in un’ottica interdisciplinare, una chiave di lettura al fenomeno, utile per individuare successivamente la proporzionalità e la ragionevolezza della risposta che l’ordinamento italiano offre. Successivamente, la tesi prende in considerazione le fonti sovranazionali – in particolare a livello europeo – che sono state emanate allo scopo di dare risposte comuni e armoniche ad un fenomeno non limitato dai confini delle singole nazioni. La strage dell’Heysel del 1985 rappresenta il tragico evento che ha per la prima volta posto all’attenzione sia della Comunità europea sia del Consiglio d’Europa i gravi pericoli che il teppismo calcistico può generare, specialmente in correlazione a grandi eventi; a partire da quel momento si è quindi assistito alla progressiva introduzione di un corpo normativo sovranazionale volto ad uniformare le legislazioni e le prassi dei Paesi europei maggiormente interessati dal fenomeno. Il riferimento a tali fonti è utile, nell’economia dell’elaborato, per verificare se le misure adottate dall’Italia siano effettivamente adeguate agli standard elaborati dall’Unione europea e dal Consiglio d’Europa. La tesi procede poi a descrivere, in modo analitico, la turbolenta evoluzione normativa che ha caratterizzato la legislazione nazionale di contrasto alla violenza in occasione di manifestazioni sportive, evidenziando sia il poderoso sviluppo della prevenzione personale in questo settore, sia l’introduzione di una serie di incriminazioni e disposizioni processuali “differenziate”, finalizzate a completare la risposta repressiva al fenomeno; nel descrivere l’evoluzione normativa, sono state sottolineate le criticità che di volta in volta si sono proposte: in particolare, sono state analizzate le varie posizioni dottrinali sviluppatesi nel corso del tempo e sono stati evidenziati i tentativi compiuti dalla giurisprudenza (anche costituzionale) di offrire un’interpretazione della legislazione antiviolenza quanto più coerente e rispettosa dei diritti dell’individuo. L’ultimo capitolo, maggiormente concentrato sulle misure di prevenzione – sia atipiche (come il DASPO), che tipiche – rivolte ai soggetti a pericolosità sportiva, mira infine a far emergere le problematiche specifiche che si sono proposte con riguardo al sistema preventivo della violenza negli stadi, analizzando in particolare le caratteristiche e le criticità della categoria del “pericoloso sportivo”, senza tralasciare alcuni dovuti accenni alle più ampie problematiche relative alla pericolosità per la sicurezza pubblica e, ancor più in generale, alla stessa legittimazione e compatibilità con il sistema costituzionale delle misure di prevenzione presenti nell’ordinamento italiano. Nella conclusione della tesi, sono presenti alcune riflessioni in merito all’inquadramento del sistema preventivo-repressivo di contrasto alla violenza dei tifosi all’interno del discusso paradigma del diritto penale del nemico, nonché alcune osservazioni in merito all’esportazione all’interno della realtà urbana (tramite il c.d. DASPO urbano) del modello efficacemente sperimentato nei confronti dei tifosi; vengono infine avanzate alcune proposte di miglioramento dell’attuale legislazione, in primo luogo, per rendere le misure vigenti più rispettose dei diritti dei soggetti che ne sono destinatari e, in secondo luogo, per introdurre un intervento su più livelli, che non trascuri gli aspetti sociali e culturali del fenomeno, e che non sia più sbilanciato sulla repressione e sulla prevenzione di polizia, con l’auspicio che il futuro legislatore non intervenga, ancora una volta, sotto la spinta dell’emergenza.
The present thesis, dedicated to prevention and repression measures of violence at sporting events, aims to outline a generally complete picture of the system that the Italian legal system has prepared over the years to counter the peculiar phenomenon of fan violence during sporting events (football matches, in particular). The thesis, after a brief clarification of the scope of the research, made through the distinction of the concept of fan violence (or football hooliganism) from sporting violence, is initially concerned with providing a historical reconstruction of the phenomenon, and then moving on to an examination of it in a socio-criminological key, taking into consideration both the scientific elaboration produced abroad (especially in the United Kingdom, but also in other European countries), and the studies carried out in Italy, which have highlighted some characteristics of the typical phenomenon of our country. The paper, in its first part, before dealing with the purely criminal (and procedural criminal) aspects of the matter, attempts to offer, from an interdisciplinary perspective, a key to understanding the phenomenon, useful for subsequently identifying the proportionality and reasonableness of the answer that the Italian legal system offers. Subsequently, the thesis takes into consideration the supranational sources – especially at European level – that have been issued in order to give common and harmonious answers to a phenomenon not limited by the borders of the individual nations. The 1985 Heysel massacre represents the tragic event that for the first time brought to the attention of both the European Community and the Council of Europe the serious dangers that football hooliganism can generate, especially in connection with major events; from that moment on, there has therefore been the gradual introduction of a supranational regulatory body aimed at standardizing the laws and practices of the European countries most affected by the phenomenon. The reference to these sources is useful, in the economics of the report, to verify whether the measures adopted by Italy are actually adequate to the standards developed by the European Union and the Council of Europe. The thesis then proceeds to describe, in an analytical way, the turbulent regulatory evolution that has characterized the national legislation to fight violence at sporting events, highlighting both the powerful development of personal prevention in this sector, and the introduction of a series of “differentiated” indictments and procedural provisions, aimed at completing the repressive response to the phenomenon; in describing the regulatory evolution, the critical issues that were proposed from time to time were highlighted: in particular, the various doctrinal positions developed over time were analyzed and the attempts made by jurisprudence (including constitutional) to offer an interpretation of anti-violence legislation that is as coherent and respectful of the rights of the individual as possible. The last chapter, more focused on prevention measures - both atypical (such as DASPO) and typical - aimed at people with sporting dangers, finally aims to bring out the specific problems that have arisen with regard to the preventive system of violence in stadiums, analyzing in particular the characteristics and criticalities of the “dangerous fan” category, without neglecting some due hints to the broader problems relating to the danger to public safety and, even more generally, to the legitimacy and compatibility with the constitutional system of the prevention measures present in the Italian legal system. In the conclusion of the thesis, there are some reflections on the framing of the preventive-repressive system to combat fan violence within the controversial paradigm of the criminal law of the enemy, as well as some observations on exporting within urban context (through the so-called urban DASPO) of the model effectively tested in relation to fans; Finally, some proposals for improvement of the current legislation are made, firstly, to make the existing measures more respectful of the rights of the individuals that are addressed to them and, secondly, to introduce an intervention on several levels, which does not neglect the cultural and social aspects of the phenomenon, and that it is no longer unbalanced on police repression and prevention, with the hope that the future legislator does not intervene, once again, under the pressure of the emergency.
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VALENTE, LAURA. "GREGORIO NAZIANZENO Eij" ejpiskovpou" [carm. II,1,13. II,1,10] Introduzione, testo critico, commento e appendici." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251619.

Full text
Abstract:
Invitato a Costantinopoli da una delegazione nicena, che ne chiedeva l’intervento a sostegno della comunità ortodossa locale, Gregorio di Nazianzo accantonò il desiderio di dedicarsi alla vita contemplativa e si recò nella Neja ÔRwvmh: non poteva certo immaginare che negli anni trascorsi nella capitale (dagli inizi del 379 al luglio del 381) avrebbe conosciuto, a distanza di breve tempo, l’apice e il fallimento della sua attività politico-ecclestiastica. Alla guida di un piccolo gruppo di fedeli, radunati in una sala udienze privata ribattezzata Anastasia, Gregorio esercitò con impegno i suoi doveri pastorali, spendendosi soprattutto nella lotta dottrinale contro l’eresia ariana. L’elezione come vescovo della città, avvenuta per volere dell’imperatore Teodosio, rappresentò il riconoscimento dei meriti del Cappadoce nella restaurazione e nel consolidamento dell’ortodossia nicena, ma, allo stesso tempo, aprì la strada a una stagione tutt’altro che scevra di asprezze, destinata a lasciare amari ricordi nel cuore dell’autore. Chiamato a presiedere il concilio episcopale del 381, indetto con l’obiettivo di risolvere lo scisma antiocheno e condannare le eresie del tempo, il Nazianzeno sperimentò sulla propria i conflitti interni ed i giochi di potere cui si era ridotto l’episcopato. Alla malattia, che debilitò il fisico dell’autore e ne ostacolò la partecipazione a svariate attività pubbliche, si aggiunse l’ostilità dei colleghi, in particolare di alcuni vescovi egiziani, che contestarono la legittimità della sua elezione sul seggio di Costantinopoli, in quanto già vescovo nella sede di Sasima. Stanco e malato, amareggiato dai continui scontri e dall’ennesimo attacco subito dagli avversari, Gregorio decise di farsi da parte e, rassegnate le dimissioni dalla cattedra episcopale, lasciò Costantinopoli, senza neppure aspettare la conclusione del sinodo. Nella natia Cappadocia, lontano fisicamente dal clima tumultuoso e dai dispiaceri della capitale, ma turbato dalle calunnie e dalle ingiustizie subite da coloro che riteneva amici, il Nazianzeno sfogò le proprie delusioni nella scrittura poetica. All’esperienza costantinopolitana e in particolare al contesto delle dimissioni dalla cattedra vescovile fanno riferimento i carmi oggetto di questa tesi di dottorato: II,1,10 (Ai sacerdoti di Costantinopoli e alla città stessa) e II,1,13 (Ai vescovi), rispettivamente di 18 distici elegiaci e 217 esametri. In essi si intrecciano più suggestioni: la meditazione e il riecheggiamento interiore degli eventi che hanno coinvolto l’autore, la difesa del suo operato, ma soprattutto la violenta invettiva contro i vescovi, scaturita non solo dal risentimento per le vicende personali, ma dallo sdegno dell’autore per la corruzione morale e l’impreparazione della gerarchia ecclesiastica. La tesi di dottorato si apre con una bibliografia ricca e aggiornata degli studi concernenti il Cappadoce; in essa sono indicati i diversi contributi, cui si fa riferimento nel mio lavoro. Segue un’ampia introduzione che presenta i carmi sotto molteplici aspetti. Dal momento che l’invettiva contro i vescovi costituisce l’argomento principale di entrambi i componimenti, ho approfondito innanzitutto questo aspetto, ripercorrendone le testimonianze nell’esperienza biografica e nell’opera letteraria dell’autore: da quanto emerso, la polemica contro la gerarchia ecclesiastica raggiunge certamente il suo apice negli eventi costantinopolitani, ma non va ad essi circoscritta, dal momento che se ne ha traccia anche negli scritti gregoriani riconducibili ai primi anni del sacerdozio e al periodo successivo al ritorno a Nazianzo. Si è cercato poi di stabilire la data di composizione dei carmi in analisi, che, dati i contenuti, furono sicuramente scritti dall’autore nel periodo di ritorno in patria, fase in cui gli studiosi collocano buona parte della produzione poetica del Cappadoce. Più precisamente ho individuato il terminus post quem nel luglio del 381, mese in cui la cattedra costantinopolitana lasciata vacante dal Nazianzeno fu affidata a Nettario: in entrambi i testi, infatti, si fa riferimento a questo personaggio, sebbene non sia menzionato esplicitamente. Segue un’analisi dettagliata della struttura compositiva e delle tematiche dei carmi, nella quale si mostra come, pur nella loro diversità, le due poesie presentino moltissime consonanze e parallelismi a livello strutturale, in particolare nella parte incipitaria, in cui si registra la condivisione dello stesso verso iniziale, e nella sezione conclusiva. Sempre nell’introduzione è affrontato lo studio della tradizione manoscritta e dei rapporti tra i codici: i carmi in oggetto risultano attestati in 34 manoscritti (di cui 17 fondamentali per la costituzione del testo) databili dall’XI al XVI secolo e riconducibili alle raccolte antiche Σ e Δ, nei quali sono traditi sempre uno di seguito all’altro: nello specifico II,1,13 precede immediatamente II,1,10. La parte centrale della tesi è costituita dal testo critico di ciascun carme, seguito da traduzione e commento. La tesi costituisce il primo lavoro di questo tipo per il carme II,1,13; II,1,10 è stato invece oggetto di studio di due recenti edizioni: quella dei primi undici poemata de seipso del Nazianzeno curata da Tuilier - Bady - Bernardi per LesBL ed edita nel 2004 e un’edizione commentata di Simelidis, pubblicata nel 2009. Suddetti lavori non hanno rappresentato un ostacolo al progetto. Nessuno di essi infatti ha previsto lo studio simultaneo dei due testi poetici, che, a mio giudizio, non possono essere compresi a fondo se svincolati l’uno dall’altro; non sono risultati immuni da pecche sotto il profilo della critica testuale; il commento è assente nell’edizione francese, scarno e non sempre condivisibile in quella del Simelidis. La tesi è infine corredata da tre appendici che permettono di seguire la fortuna dei componimenti poetici. La prima di esse è dedicata al Commentario di Cosma di Gerusalemme ai Carmi del Nazianzeno, collocato tra la fine del VII e inizio l’VIII secolo. Il commentario, tradito da un unico manoscritto, il Vaticanus graecus 1260 del XII secolo, ha visto la sua editio princeps nel 1839 a cura del cardinale Angelo Mai nel secondo volume del suo Spicilegium Romanum, ristampata con lievi modifiche nel volume 38 della Patrologia Graeca. Una più recente edizione è stata curata da Lozza nel 2000. Nell’opera di Cosma vengono analizzati trentaquattro versi di carme II,1,13 e due di carme II,1,10; l’ampiezza delle citazioni va da un minimo di un verso a un massimo di 5. Segue un’appendice dedicata alle parafrasi bizantine, che in alcuni manoscritti contenenti i carmi, accompagnano il testo poetico. Tali spiegazioni in prosa, composte in un momento non precisabile della trasmissione dell’opera gregoriana, sono anonime, di diverso livello letterario e da intendere come un testo in continua evoluzione, oggetto di modifiche da parte di ciascun copista. Nel caso dei testi in oggetto le parafrasi trasmesse sono tre, chiamate, sulla scia di studi precedenti, Paraphr. 1, Paraphr. 2, Paraphr. 3 e delle quali la tesi fornisce l’editio princeps. L’ultima appendice è costituita dalla traduzione latina dei carmi di Giacomo Oliva da Cremona, redatta nella seconda metà del XVI secolo per incarico del Cardinal Guglielmo Sirleto e testimonianza del grande interesse per il Cappadoce in questo periodo storico. Il lavoro dell’Oliva, rimasta inedito per la morte del committente e probabilmente anche per il suo scarso valore letterario, è trasmesso da due manoscritti autografi, il Vaticanus Barberinianus lat. 636 (B) e il Vaticanus lat. 6170 (V) e trova nella tesi la sua editio princeps.
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Massucci, Roberto. La sicurezza negli stadi: Profili giuridici e risvolti sociali. Milano, Italy: F. Angeli, 2011.

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Nicola, Gallo, ed. La sicurezza negli stadi: Profili giuridici e risvolti sociali. Milano, Italy: F. Angeli, 2011.

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S, Alissi Albert, and Chistolini Sandra, eds. Società ed educazione negli Stati Uniti: Razzismo, immigrazione, devianza = Society and education in the United States : racism, immigration, deviance. Torino: Società editrice internazionale, 1996.

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