Academic literature on the topic 'Verona romana'
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Journal articles on the topic "Verona romana"
Vieira Malanovicz, Aline. "Roteiro turístico temático de direito romano." PODIUM Sport, Leisure and Tourism Review 11, no. 2 (May 13, 2022): 258–92. http://dx.doi.org/10.5585/podium.v11i2.19024.
Full textMontero Herrero, Santiago. "La mujer romana y la expiación de los andróginos." Vínculos de Historia. Revista del Departamento de Historia de la Universidad de Castilla-La Mancha, no. 8 (June 20, 2019): 33. http://dx.doi.org/10.18239/vdh_2019.08.02.
Full textPacker, James, and Luigi Sperti. "I capitelli romani del Museo Archeologico di Verona." American Journal of Archaeology 90, no. 2 (April 1986): 248. http://dx.doi.org/10.2307/505447.
Full textBeltrame, Alessandra. "Alunni stranieri nelle scuole dell'infanzia di Verona." DiPAV - QUADERNI, no. 26 (March 2010): 75–94. http://dx.doi.org/10.3280/dipa2009-026006.
Full textGavini, Alberto. "Isis frugifera (e non solo) nell’Italia romana - FEDERICA FONTANA, con un contributo di EMANUELA MURGIA, I CULTI ISIACI NELL’ITALIA SETTENTRIONALE. 1. VERONA, AQUILEIA, TRIESTE (Polymia. Studi di Archeologia 1; Edizioni Université di Trieste2010). Pp. iii + 411, many ills. ISBN 978-88-8303-313-1. EUR. 30." Journal of Roman Archaeology 24 (2011): 615–18. http://dx.doi.org/10.1017/s1047759400003731.
Full textLepri, Nicoletta. "Per una traduzione italiana delle Medidas del romano di Diego de Sagredo (1526)." Translationes 6, no. 1 (January 1, 2014): 65–77. http://dx.doi.org/10.1515/tran-2015-0005.
Full textGagiu, Adrian. "The first recorded occurrence of Hirudo verbana Carena, 1820 (Hirudinea: Arhynchobdellida: Hirudinidae) in Romania." Travaux du Muséum National d'Histoire Naturelle "Grigore Antipa" 53, no. 1 (December 1, 2010): 7–11. http://dx.doi.org/10.2478/v10191-010-0001-z.
Full textEsteban, César, and Antonio Espinosa Ruiz. "El equinoccio en el ritual ibérico. El santuario de La Malladeta (La Vila Joiosa, Alicante)." Archivo Español de Arqueología 91 (June 1, 2018): 265. http://dx.doi.org/10.3989/aespa.091.018.013.
Full textEsteban, César, and José Ángel Ocharan Ibarra. "Estudio arqueoastronómico de dos santuarios ibéricos en abrigos rocosos: Cueva del Rey Moro (Ayora, Valencia) y Cueva Negra (Fortuna, Murcia)." Lucentum, no. 37 (December 8, 2018): 93. http://dx.doi.org/10.14198/lvcentvm2018.37.05.
Full textMateș, Dana, Violeta Claudia Calotă, Cătălin Alexandru Staicu, Lavinia Călugărenu, Mădălina Ipate, Michaela Mărgineanu, Marina Ruxandra Oțelea, et al. "ORCHESTRA project in Romania - a prospective occupational cohort to study the impact of COVID-19 pandemic on healthcare workers." Romanian Journal of Occupational Medicine 72, no. 1 (October 26, 2021): 54–58. http://dx.doi.org/10.2478/rjom-2021-0008.
Full textDissertations / Theses on the topic "Verona romana"
Pagan, Monica <1989>. "Scultura funeraria romana dei Musei Archeologico e Lapidario di Verona." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2022. http://hdl.handle.net/10579/22072.
Full textGRASSI, ELISA MARIA. "L'artigianato metallurgico nella Cisalpina romana: i casi di Milano e Verona. Aspetti insediativi e tecnologici." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2009. http://hdl.handle.net/10280/848.
Full textGRASSI, ELISA MARIA. "L'artigianato metallurgico nella Cisalpina romana: i casi di Milano e Verona. Aspetti insediativi e tecnologici." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2009. http://hdl.handle.net/10280/848.
Full textPagan, Monica <1989>. "Sculture romane del Museo Archeologico di Verona." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/4799.
Full textBigerel, Jérémy Dereu Mireille. "Jules Verne : le Roman du savoir Valeurs et fonctionnements de l'écriture savante dans les romans de Jules Verne (1828-1905) /." Nancy : Université Nancy 2, 2005. http://cyberdoc.univ-nancy2.fr/htdocs/docs_ouvert/doc224/2005NAN21007.pdf.
Full textLiguori, Simone <1988>. "Un nucleo inedito di tombe romane a Verona. La necropoli dell'ex Cinema Capitol." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/3296.
Full textBigerel, Jérémy. "Jules Verne : le Roman du savoir : valeurs et fonctionnements de l'écriture savante dans les romans de Jules Verne (1828-1905)." Nancy 2, 2005. http://docnum.univ-lorraine.fr/public/NANCY2/doc224/2005NAN21007.pdf.
Full textKnowledge occupies a large portion in Verne's (1828-1905) works. In his books, the reader gets acquainted with new learning about the world around him : geography, ethnology, history, techniques, all these scholarly fields imprint themselves in the fictional work in order to create the "Knowledge's novels". As an actor of a time when culture's booming and science's progress had many followers the writer reflected on knowledge and the role it plays in narration within the Voyages extraordinaires. Never using the same tools, he offered several books where popularization was always present whether it was in long paragraphs or in short sentences, during dialogs or descriptions. Those scientific or cultural data take part at carefully chosen places. Even the characters are under the influence of this main purpose. Jules Verne, who was not interested in theory, thought in his cycle about the links between knowledge and science, between knowledge and fiction, between knowledge and society. This thesis deals with all this epistemological meditation, which is inherent to the nineteenth century, and shows precisely what was the writer's romantic look on his own times
Murgia, Emanuela. "Culti romani e non-romani nella fase di romanizzazione dell'Italia nord-orientale: resistenze e sopravvivenze, strutture, rituali e funzioni." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2012. http://hdl.handle.net/10077/7401.
Full textRispetto alle premesse di una ricerca, nata con l’obiettivo di indagare i processi di interazione tra cultualità indigena e religio romana nell’Italia nord-orientale, nelle possibili forme di “resistenza”, “sopravvivenza”, “integrazione”, i risultati sono, in un certo senso, controcorrente rispetto alle più recenti riflessioni sulle forme del sacro in fase di romanizzazione. La possibilità di comprendere le modalità attraverso le quali la romanizzazione modificò l’esistente comporta, inevitabilmente, una conoscenza della religiosità preesistente peraltro non riconducibile ad una sola facies etnico-culturale. Gli esempi in tal senso sono numerosi: dal caso macroscopico del frazionamento delle tribù celtiche e liguri nell’Italia nord-occidentale, a quello più difficilmente percepibile del comprensorio territoriale dove fu dedotta Aquileia, che al momento della calata dei Galli Transalpini, nel 186 a.C., si presentava quasi come una zona “cuscinetto”, tra Veneti ed Istri. La restituzione di un sistema religioso “di sostrato” unitario si è confermato, quindi, gravida di rischi di genericità. Un’attenta analisi dei contesti e dell’evoluzione storica dei diversi centri nel venetorum angolus ha rivelato con immediatezza quanto questa presunta unitarietà sia, nella realtà dei fatti, apparente: il “sostrato” etnico di Verona, in cui confluiscono elementi veneti, cenomani e retici, non è certo quello di Altino, così come il ruolo assunto da Padova nei confronti di Roma non è in alcun modo assimilabile a quello di Este, che continuò a essere percepita come “veneticità”. In questo senso, quindi, concludere che “nell’ambito della Gallia Cisalpina la zona veneta è quella in cui sono maggiormente attestati culti non romani, conseguenza del fatto che la penetrazione romana avvenne in modo pacifico e non a seguito di una conquista”, ovvero in virtù di una corroborata amicitia, non permetterebbe di cogliere criticità e complessità dei fenomeni cultuali in fase di romanizzazione. L’aver contestualizzato l’evidenza documentaria riferibile al sacro in senso geografico, etnografico e poleografico si è rivelato, dunque, ineludibile. Questo approccio ha permesso di constatare, per esempio, come le modalità di trasformazione dei culti a Padova ed Este siano state, per così dire, antitetiche benché entrambe nell’ottica di una innovazione. Il principale santuario extraurbano di competenza patavina, S. Pietro Montagnon, fu abbandonato proprio nel corso del III secolo a.C., quando, secondo la storiografia moderna, fu avviata la romanizzazione del comparto veneto. Più in generale, da Padova non proviene alcuna testimonianza epigrafica relativa a teonimi indigeni in forma latinizzata. Si tratta di un elemento di estremo rilievo della cosidetta Selbstromanisierung. Ad Este, invece, la romanizzazione non comportò un abbandono generalizzato dei luoghi di culto. Il santuario di Reitia, per esempio, mantenne il suo primato e se ci fu un adeguamento al modello romano, questo fu soprattutto in termini architettonico-monumentali. Per entrambe i centri veneti, quindi, un’adesione al nuovo ma con evidenti sfumature. Un’analisi di questo tipo, volta cioè a ricondurre le fonti disponibili ad un contesto comune, ha dovuto tenere conto, fin dal suo avvio, di un condizionamento, ovvero che l’evidenza documentaria disponibile corrisponde quasi esclusivamente alla fase di romanizzazione compiuta. Per questo motivo, comprendere “dove-quando-come si verificano i meccanismi di trasformazione; dove-quando-come si sovrappongono, o si impongono, alla tradizione locale; dove-quanto-come si integrano le diverse componenti” ha imposto inevitabilmente una prospettiva “romana”. In considerazione del valore politico della religione romana, la continuità di un determinato culto indigeno non è stata interpretata secondo parametri di “persistenza”, ”resistenza” o “mediazione”, ma piuttosto di “ufficialità” o “non ufficialità”. Laddove si è potuta cogliere, la dimensione ufficiale di un culto epicorico è emersa nelle fonti attestanti l’intervento più o meno diretto di una magistratura civica, o si è dedotta dalla presenza di santuari organizzati di natura pubblica o, ancora, da riferimenti al calendario locale che, come noto, era definito annualmente dai magistrati iurisdicenti con una notevole autonomia rispetto alle regole dell’Urbe e in sintonia con le caratteristiche specifiche del corpo civico di riferimento. Un caso significativo è quello dell’aedes Belini a Iulium Carnicum restaurata nella seconda metà del I secolo a.C. con il consenso dell’autorità vicana e grazie al contributo finanziario di un collegium. Un culto, quindi, pienamente romanizzato nella forma benché celtico sia Belenus: più che di una religiosità epicoria, la sua presenza si rivela espressione della celticità stessa della comunità carnica. Un esempio altrettanto interessante è quello del santuario altinate in località Fornace: alla divinità di tradizione venetica Altnoi sarebbe subentrato nel I secolo a.C., nel segno di una continuità funzionale, ovvero di divinità poliadica, Iuppiter Altinatis. Se la dimensione “pubblica” costituisce l’osservatorio privilegiato per l’analisi dei culti in fase di romanizzazione, ciò non toglie che anche la permanenza di una religiosità indigena o, al contrario, l’adattamento ai culti romani nello spazio personale in alcuni casi è stato considerato quale indicatore dei fenomeni di acculturazione. Un esempio efficace è quello dei noti dischi bronzei “di schietta cultura veneta”, raffiguranti la cosiddetta dea clavigera o figure maschili/militari per i quali si è pensato ad un programmatico “recupero di culti di sostrato”. Una delle questioni più interessanti affrontate in questo studio è stata quella della cosiddetta interpretatio, ovvero del rapporto tra divinità “importate” e personalità divine preesistenti. Ciò che sembra accomunare la maggior parte degli studi sulle forme di cultualità in Italia settentrionale, è la ricerca sistematica di radici “celtiche”, ma anche “venetiche”, “retiche”, “etrusche”, a divinità tipicamente italiche, quali Minerva, Fortuna, Neptunus, Hercules, che si sarebbero sovrapposte, per analogia di funzioni, a numi locali. L’analisi della documentazione epigrafica, tuttavia, ha dimostrato che spesso la tipologia delle offerte e i formulari votivi sono coerenti con quelli di tradizione italica e che la presenza di onomastica indigena, spesso considerata indicativa di una persistenza di cultualità di sostrato, sembra allinearsi con quella riscontrata anche in altri tituli sacri compresi quelli alla triade capitolina. La persistenza di teonimi non-romani, come Reitia, Leituria, Temavus, è stata spesso valutata spia di “resistenza” da parte degli indigeni alla nuova religio o, di contro, “tolleranza” dei Romani. I dati emersi da questa ricerca hanno consentito di integrare questo quadro rendendolo, per quanto possibile, meno schematico. Un esempio per tutti: a Brixia il dio locale Bergimus, associato al Genius Coloniae Civicae Augustae, sembra assumere una dimensione poliadica assurgendo a punto di riferimento per la componente cenomane del centro ormai romanizzato. In altri contesti, infine, la presenza di culti non romani, considerati in genere sinonimo di tenace resistenza alla romanizzazione è risultata, piuttosto, frutto di una devozione successiva, il più delle volte con specifico valore politico. Di questo processo fa parte anche il fenomeno di “reviviscenza delle divinità celtiche o, più in generale, indigene” che ebbe “la connotazione di un’opposizione di tipo politico all’accentramento di potere effettuato a Roma, a cui le aree periferiche, almeno a partire dall’età antonina, si ribellarono facendo leva sulla riappropriazione di una cultura religiosa autoctona, quando non addirittura della nuova religione cristiana”. Molta documentazione della piena età imperiale andrebbe riconsiderata in ragione di questi aspetti. Da ultimo si è cercato di valutare il peso delle élites romane nella gestione dei sacra. Questo fenomeno era già noto per i centri coloniari, come ad esempio ad Aquileia, Ariminum, Cremona, Piacenza, Luna, dove l’intervento delle aristocrazie romane è particolarmente evidente nella scelta di motivi allusivi alla difesa dal “barbaro” attraverso la diffusione dell’Apollo Liceo. Anche a Patavium l’introduzione del culto di Iuno, connotato in senso “trionfale”, è sembrato ascrivibile ai più alti livelli di committenza, se l’ipotesi di un coinvolgimento di M. Aemilius Lepidus coglie nel segno. Un ruolo non secondario, a Patavium e non solo, riveste l’intervento augusteo, che introduce, nella grande risistemazione del pantheon, il culto dei Lares e quello a Concordia.
XXIV Ciclo
1979
Laycock, Joseph Peter. "The church and the seer: Veronica Lueken, the Bayside movement, and the Roman Catholic hierarchy." Thesis, Boston University, 2012. https://hdl.handle.net/2144/31581.
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The traditionalist Marian movement known as "the Baysiders" began in 1968, when Veronica Lueken, a Catholic housewife from Bayside, Queens, first claimed she was receiving messages from heaven. Thousands flocked to her church to see "the seer of Bayside." Lueken's messages from Mary and other heavenly beings were apocalyptic and described a conspiracy within the Vatican. Church authorities censured Lueken's movement and eventually obtained an injunction banning her vigils from Bayside. However, she continued to appeal to traditionalist Catholics and gave regular prophecies until her death in 1995. Her "Bayside Prophecies" spread across the United States and throughout the world. Though this movement peaked in the 1980s, Baysiders continue to promote Lueken's prophecies today. This dissertation argues that the Bayside movement is best understood relationally-as the result of a dialectic between Lueken, her followers, and Church authorities. Opposition from officials of the Diocese of Greater Brooklyn alienated Lueken from Church authorities, pushing her deeper into her new role as a Marian seer. Similarly, diocesan officials used increasingly confrontational measures to censure Lueken and publicly distance themselves from her movement. This dialectical process led Lueken and her followers to form a new understanding of themselves and their relationship to the Catholic Church, becoming a sectarian movement. The dialectical model employed in this dissertation combines sociological models of charisma and sectarian movements with the reflexive considerations raised by lived religion historiography, which interrogate the assumptions and categorical frameworks of the historian. Religion scholars often frame divergent groups such as the Baysiders by using categories such as "new religious movement" or "folk piety" in ways that quarantine them from the larger religious landscape. This dissertation argues that by emphasizing the dialectic between divergent movements and established religious and secular institutions, it is possible to incorporate such movements into a larger narrative of religious history without entrenching their status as deviant or "other."
2031-01-01
Zvonareva, Alina. "Giacomino da Verona e altri testi veronesi nel MS. Colombino 7-1-52: edizione e commento linguistico." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2012. http://hdl.handle.net/11577/3422544.
Full textLa presente tesi ha come oggetto il ms. 7-1-52 della biblioteca Colombina di Siviglia (d’ora in avanti S), esaminato secondo un approccio filologico-linguistico. Si tratta di un codice trascritto in Italia settentrionale a fine Trecento – inizio Quattrocento, che tramanda undici testi di contenuto religioso in veneto e toscano. Tra i componimenti ci sono dei sermoni in versi (De Jerusalem celesti, De Babilonia infernali, Dell’amore di Gesù, Del Giudizio Universale, Della caducità della vita umana; l’autore dei primi due testi è Giacomino da Verona, gli altri sono anonimi), delle preghiere di carattere dossologico (Lodi della Vergine, Preghiera alla Vergine e alla santissima Trinità), la Leggenda di santa Margherita (un testo agiografico settentrionale), un poemetto sulla passione di Cristo in toscano, la Lamentatio beate Virginis di Enselmino da Montebelluna (un testo appartenente alla tradizione dei ‘pianti della Vergine’), una breve preghiera a Giovanni Battista. Il ms. in questione ha attirato finora l’attenzione degli studiosi solo in quanto testimone di alcuni di questi componimenti settentrionali delle origini - quindi sempre solo per scopi di edizione critica. Il codice finora non è mai stato sistematicamente esaminato dal punto di vista storico-linguistico (a parte qualche tentativo intrapreso all’inizio del secolo scorso, con risultati molto discutibili), eppure la veste linguistica di almeno alcune sue sezioni merita di essere studiata in quanto presenta una serie di fenomeni notevoli. L’analisi proposta in questa tesi si limita alle cc. 1r-41v. del ms., le quali contengono i primi sette componimenti citati sopra. Questa sezione della silloge racchiude un’altra raccolta più piccola, individuabile sulla base del contenuto, dei dati codicologici e paleografici e della lingua. Nella tesi è proposta un’analisi dei tratti linguistici che presentano le cc. 1r-41v, nonché l’edizione interpretativa di questa parte del codice. Lo studio della lingua di S viene messo in relazione con l’aspetto ecdotico, ovvero la tradizione manoscritta dei singoli testi tramandati. Un dato importante è costituito dai rapporti di S con un altro testimone: i sette testi trascritti alle cc. 1r-41v del ms. colombino 7-1-52 sono tràditi anche dalle cc. 50r-111r del ms. 4744 (it. Zanetti XIII) della biblioteca Marciana di Venezia (d’ora in avanti V). La redazione del codice marciano è più vicina all’archetipo e all’originale sia dal punto di vista cronologico sia da quello linguistico: V è databile agli inizi del Trecento e di provenienza veronese; il codice tramanda, oltre alla summenzionata raccolta di componimenti didattico-moraleggianti e devozionali in versi, alcuni altri testi importanti per lo studio del veronese antico. I componimenti del corpus si leggono nello stesso ordine in entrambi i codici, il che dimostra che la raccolta doveva esistere già nell'archetipo a cui risalgono S e V; una serie di errori congiuntivi confermano [il soggetto è “una serie” !] l’esistenza di un archetipo comune dei ai [dativo di vantaggio, mi pare più elegante e diffuso nel linguaggio filologico] due testimoni. Per lo studio del codice S il confronto con la redazione di V risulta utile sotto vari aspetti, soprattutto storico-linguistici e critico-testuali [aspetti è plurale, quindi ho messo anche gli aggettivi al plurale]. Relativamente al primo aspetto, il materiale fornito da V aiuta a interpretare una serie di fenomeni fono-morfologici registrati in S. Si è tenuto conto delle lezioni del codice V anche nell’allestimento dell’edizione interpretativa della redazione di S. All’interno della raccolta di sette componimenti si distinguono i primi due testi, gli unici di cui si conosca il nome dell’autore, Giacomino da Verona, e di cui ci siano pervenuti, oltre a V e S, altri due testimoni: il ms. Qt. XIII. I. 26 della biblioteca Arcivescovile di Udine (cc. 40r-50v) e il ms. Canoniciano Italiano 48 della biblioteca Bodleiana di Oxford (cc. 1r-5v, dove è trascritto solo il primo dei due componimenti, con lacune). Nella preparazione della tesi si è tenuto conto anche del materiale di questi due mss.: U e O sono stati sistematicamente consultati per l’allestimento dell’edizione interpretativa di S (relativamente ai testi che U e O tramandano), nonché per il glossario che accompagna tale edizione. Invece nella nota linguistica si è ritenuto di non estendere il confronto anche ai codici di Udine e Oxford, per evitare di appesantire l’esposizione. La tesi è divisa in due parti, la prima delle quali è focalizzata sul codice, mentre nella seconda l’attenzione si sposta su alcuni dei testi di cui S è testimone. Nell’introduzione alla tesi vengono sinteticamente presentati i testi trascritti in S – con particolare attenzione al corpus ‘veronese’ definito sopra – e la loro tradizione manoscritta; vengono indicati gli aspetti di interesse che presenta il ms. S e gli studi esistenti sull’argomento; vengono definite le problematiche studiate nella tesi e la struttura del lavoro stesso. La prima parte della tesi comprende la descrizione del ms. S, la nota linguistica, i criteri di edizione, l’edizione interpretativa delle cc. 1r-41v di S, le note al testo e il glossario. La descrizione del manoscritto contiene informazioni sugli aspetti paleografico-codicologici, nonché alcune considerazioni sui principi organizzativi di tutta la silloge. La nota linguistica è pensata come un confronto sistematico tra i fenomeni linguistici riscontrati in due redazioni degli stessi componimenti, quella di S e quella di V. Il confronto con un codice marcatamente veronese (V) fa trasparire meglio il polimorfismo e l’ibridismo che presenta il testimone S. Tale ibridismo non è dovuto alle intenzioni dell’autore, ma all’accumularsi di innovazioni risalenti a diversi livelli della tradizione manoscritta. I dati linguistici mettono in luce alcuni aspetti della diffusione del testo: essendo un testimone piuttosto tardo, distante quasi un secolo dagli originali dei testi che tramanda, trascritto da un amanuense che dimostra di avere poca dimestichezza con la lingua dell’originale (il veronese di fine Duecento – inizio Trecento) e contenente numerose forme che risalgono verosimilmente ai suoi antecedenti, S permette di postulare dei passaggi del testo, nel corso della trafila di copie, attraverso diverse aree municipali dell’Italia settentrionale. Nel quadro variopinto dei fenomeni linguistici che presenta il ms. si individuano più strati: l’ascendente veronese, qualche intermediario veneto abbastanza tardo (verosimilmente al processo di copia ha partecipato più di un amanuense veneto, le copie intermedie sono databili approssimativamente alla seconda metà - fine del Trecento e localizzabili tra Venezia e Padova; la zona bellunese-trevigiana è esclusa con un buon margine di sicurezza), uno strato emiliano (probabilmente bolognese), la patina toscaneggiante. Come risultato, in seguito a diverse copiature in città diverse si osserva il passaggio da un dialetto specifico di una città del nord (Verona) a un volgare veneto depurato da molti tratti specificamente locali (una specie di ‘veneto illustre’); tale volgare presenta tuttavia alcuni significativi fenomeni linguistici veneziani e padovani. Allo stesso tempo, la testimonianza di S suggerisce che in un determinato momento la lingua dei testi abbia fatto un passo nella direzione di un volgare ancora più genericamente settentrionale, ma con alcune incrostazioni verosimilmente emiliane. Gli elementi toscaneggianti che si riscontrano nel codice sembrano dovuti, piuttosto che a una mano fiorentina (per ulteriore passaggio del ms.), alla toscanizzazione che avranno portato con se le copiature di area veneta e emiliana, secondo un processo ormai avanzato a fine Trecento. La nota linguistica presenta una descrizione sistematica della lingua di S in tutti i suoi aspetti, con particolare attenzione ai fenomeni più caratteristici di ciascuna delle scriptae di cui S conserva tracce. Le note al testo commentano prevalentemente i nostri emendamenti e altre scelte editoriali che abbiamo adottato, nonché alcune correzioni di cui segnaliamo la plausibilità, senza tuttavia metterle a testo. Il glossario è selettivo e registra esclusivamente voci antiche nella lingua moderna scomparse o presenti con grafia o significato diversi. In molti casi i singoli lemmi non si limitano alla registrazione delle forme, ma comprendono una breve discussione che a volte precisa gli aspetti etimologici e lessicali, altre volte motiva alcune scelte ecdotiche di carattere linguistico soltanto accennate nelle note al testo; nel caso di vocaboli o esiti fonomorfologici poco comuni si indicano altri testi che presentano occorrenze di tale lessema o esito. Si riportano, laddove ciò è stato ritenuto utile, anche le corrispettive lezioni degli altri tre codici (V, O e U), per rendere possibile il confronto delle varianti – di sostanza, ma soprattutto formali – di S con quelle del resto della tradizione. Nella seconda parte della tesi proponiamo un’edizione critica dei quattro testi che non hanno un’edizione moderna: Dell’amore di Gesù, Del Giudizio universale, Lodi della Vergine, Preghiere. Questi componimenti erano stati editi solo una volta, a metà Ottocento, da Adolfo Mussafia: la sua edizione è pregevole (soprattutto considerata la sua altezza cronologica), ma non priva di errori di trascrizione e di interpretazione; inoltre, questa edizione era stata allestita sulla base del solo codice V. L’edizione proposta nella tesi collaziona V (ms. base) con S. La veste linguistica del testo critico di norma fa riferimento alla versione fornita dal codice V. L’apparato è positivo e registra sia le lezioni accolte nel testo sia quelle rifiutate. Il testo critico è corredato dai criteri di edizione, da una nota metrica che descrive le particolarità dell’anisosillabismo rilevate nei testi che si editano, da note editoriali che spiegano le scelte effettuate e segnalano elementi dubbi o ambigui dal punto di vista ecdotico, e infine dal glossario che registra le forme accolte nel testo critico che si è ritenuto utile segnalare al lettore; nel caso delle voci presenti anche nel glossario relativo al codice S (la prima parte della tesi) si rinvia al rispettivo lemma di tale glossario per informazioni più complete. La bibliografia finale comprende esclusivamente i titoli citati nella tesi. La lista è divisa in due parti: abbiamo elencato prima la bibliografia citata in forma abbreviata, ovvero gli studi citati frequentemente o comunque più volte e in sezioni testuali distanti tra di loro; abbiamo fornito anche la lista della bibliografia citata in forma piena, che fa riferimento ai contributi citati una volta sola oppure più volte a brevissima distanza (all’interno dello stesso paragrafo).
Books on the topic "Verona romana"
Verona romana. Sommacampagna, Verona: Cierre edizioni, 2015.
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Find full textCalcagni, Annamaria Conforti. Le mura di Verona: La città e le sue difese, dalla fondazione romana all'unità d'Italia. Caselle di Sommacampagna, (VR): Cierre, 1999.
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Find full textDimore, ville, palazzi veronesi: Conoscere Verona attraverso le prestigiose dimore, i palazzi pubblici e privati, le ville, i ponti storici, i monumenti, i progettisti e i committenti di tutte le epoche, dalla Verona romana ai nostri giorni. Caselle di Sommacampagna (Verona): Cierre grafica, 2017.
Find full textStella, Busana Maria, Basso Patrizia, Tricomi Anna Rosa, and Pesavento Mattioli Stefania, eds. La lana nella Cisalpina romana: Economia e società : studi in onore di Stefania Pesavento Mattioli : atti del Convegno, Padova-Verona, 18-20 maggio 2011. Padova: Padova University Press, 2012.
Find full textPatrizia, Basso, and Buchi Ezio, eds. Est enim ille flos Italiae--: Vita economica e sociale nella Cisalpina romana : atti delle giornate di studi in onore di Ezio Buchi, Verona 30 novembre-1 dicembre 2006. Verona: QuiEdit, 2008.
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Petoletti, Marco, and Angelo Piacentini. "The Veronica of Boniface of Verona." In The European Fortune of the Roman Veronica in the Middle Ages, 250–59. Turnhout: Brepols Publishers, 2018. http://dx.doi.org/10.1484/m.convisup-eb.5.131056.
Full textBruun, Christer. "1. Greek or Latin? The owner’s choice of names for vernae in Rome." In Roman Slavery and Roman Material Culture, 19–42. Toronto: University of Toronto Press, 2012. http://dx.doi.org/10.3138/9781442660991-003.
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Full textFarina, Angelo, Antonella Bevilacqua, Lamberto Tronchin, and Nicoletta Dal Ronco. "Digitally acoustic reconstruciton of the Roman theatre of Verona at its orginal shape." In 2021 Immersive and 3D Audio: from Architecture to Automotive (I3DA). IEEE, 2021. http://dx.doi.org/10.1109/i3da48870.2021.9610965.
Full textRainoldi, Valeria. "Welfare policy in Verona: from Sant’Antonio hospital to New hospital complex." In International Conference Virtual City and Territory. Roma: Centre de Política de Sòl i Valoracions, 2014. http://dx.doi.org/10.5821/ctv.7989.
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Full textCodau, Loredana. "ART NOUVEAU EXPRESSIONS IN THE ROMANIAN FINE ARTS ALLEGORIES BY ARTIST NICOLAE VERMONT (FROM THE BUCHAREST PINACOTHEQUE COLLECTION)." In 5th SGEM International Multidisciplinary Scientific Conferences on SOCIAL SCIENCES and ARTS SGEM2018. STEF92 Technology, 2018. http://dx.doi.org/10.5593/sgemsocial2018h/61/s14.041.
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Full textMollica, Sonia. "Tradition and semantics: the case of Aeolian architecture." In HERITAGE2022 International Conference on Vernacular Heritage: Culture, People and Sustainability. Valencia: Universitat Politècnica de València, 2022. http://dx.doi.org/10.4995/heritage2022.2022.14070.
Full textMaruggi, Maria. "L'eau comme élément symbolique dans La Chartreuse de Parme de Stendhal, Les Années de Virginia Woolf et dans Le Guépard de Tomasi di Lampedusa." In XXV Coloquio AFUE. Palabras e imaginarios del agua. Valencia: Universitat Politècnica València, 2016. http://dx.doi.org/10.4995/xxvcoloquioafue.2016.3132.
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