Dissertations / Theses on the topic 'Valore economico della cultura'

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1

Bernardi, Erika. "Gestione della diversità. Modelli ed evidenze empiriche." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2009. http://hdl.handle.net/11577/3426533.

Full text
Abstract:
The importance of diversity management subjects is growing more and more in these last years, because migration phenomena, business internationalization and globalization create a diverse workforce. The main objective of this research is to identify which are the major and necessary requirements to implement diversity management policies in organizations successfully. The research project is divided into four steps. First of all a preliminary and extensive literary review has been realized. It has allowed defining the subjects of biological, social and economic diversities and of diversity management, their main streams of research and their key characteristics. Then it has been possible to map and to classify the main models for diversity management. The models are characterized by the typology of diversity policies implemented and by the types of diversity managed (gender or cultural diversities). The analysis of models allows highlighting an important research gap: the all models analyzed study marginally the necessary requirements to manage diversity successfully. This gap draws this research in that direction. In the second step of analysis it has been realized a second literary review dedicated to the major elements which are the main requirements to manage diversity efficiently. This second literary analysis allows identifying organizational culture, integration cultural values and the managerial skills as main requirements. Afterwards the theoretical model of study for this research has been carried on. This model has guided the empirical research. The model is made up of three variables identified in literature: organizational culture, integration cultural values and managerial skills. Among these variables some causal relations have been hypothesized. Also the causal relations have been verified in the empirical research. The theoretical model of study is made up of other two variables – diversity integration instruments and organizational implementation of diversity. These last two variables haven’t been studied in this research because they are much more analyzed in the existent literature. In order to verify the validity of the model, of its variables and of the causal hypothesized relations among variables, it has been conducted an empirical research. The research methodology is the multiple case studies, while the semi-structured interview and questionnaire are the instruments utilized for data collection. The companies involved in the research project are four important international and multinational ones. The research unit of case studies is the multicultural working groups, located in Italy or in foreign countries. The empirical research was articulated into two phases. The fist one is a preliminary analysis realized by semi-structured interviews directed to human resource managers. It allows testing that organizational culture, integration cultural values and managerial skills are the major requirements for implementing diversity management policies successfully. The study of some multicultural working groups of companies was the second phase of empirical research; data collection instrument was the questionnaire. The data collected have been analyzed with SPSS®. In order to test the model, it has been developed a measurement model with the statistical techniques as linear bivariate correlation and linear multiple regression. The two phases of empirical research allow obtaining important results of research with both theoretical and managerial implications: from the theoretical point of view: it has been verified that organizational culture, integration cultural values and managerial skills are the major requirements to implement diversity management policies successfully and efficiently; the validity of theoretical model of study has been verified empirically as well; from the managerial point of view: the research allows identifying the best organizational culture and managerial skills that facilitate the introduction of an organizational culture of integration.
Il tema della gestione della diversità sta acquistando sempre maggiore importanza in un momento come questo in cui fenomeni migratori, internazionalizzazione delle aziende e globalizzazione dei mercati rendono la forza lavoro caratterizzata da una notevole diversità. L'obiettivo principale della ricerca è stato individuare quali fossero i requisiti necessari per implementare con successo politiche di gestione della diversità all’interno delle organizzazioni. Il progetto di ricerca è stato suddiviso in quattro fasi. Durante la prima fase è stata eseguita una ricerca bibliografica che ha permesso di realizzare un quadro di sintesi sui temi della diversità – biologica, sociale ed economica – e della gestione della diversità evidenziandone i principali filoni di studio e le caratteristiche più importanti. Inoltre in questa prima fase di analisi sono stati mappati e classificati i principali modelli per la gestione della diversità che si differenziano per le pratiche implementate e per le diversità affrontate (di genere e culturale). Lo studio dei modelli ha consentito di evidenziare un importante gap: tutti i modelli affrontano solo marginalmente lo studio dei requisiti necessari per una gestione efficace delle diversità. Tale incompletezza ha spinto a concentrare la ricerca proprio su questi aspetti. Nella seconda fase della ricerca è stata eseguita una seconda analisi della letteratura maggiormente focalizzata sugli elementi che costituiscono i requisiti principali per un’efficace gestione delle diversità. L’analisi ha permesso di identificare nella cultura organizzativa, nei valori culturali di integrazione e nelle competenze del management tali requisiti. Successivamente il progetto di ricerca si è esplicitato nell’elaborazione del modello teorico di studio che ha guidato tutta l’analisi empirica. Il modello elaborato è costituito dalle tre variabili individuate in letteratura: cultura organizzativa, valori culturali di integrazione e competenze manageriali. Tra queste sono stati ipotizzati nessi causali che sono stati verificati nella successiva fase empirica della ricerca. Infine il modello è completato da altre due variabili – strumenti per l’integrazione delle diversità e implementazione delle diversità. Queste ultime variabili e le loro relazioni non sono state studiate in questa ricerca in quanto ampiamente analizzate in letteratura. Al fine di testare la validità del modello, delle variabili che lo costituiscono e dei nessi causali ipotizzati è stata condotta una ricerca empirica. La metodologia di ricerca utilizzata è quella dei casi studio multipli, mentre la raccolta dei dati è stata eseguita mediante interviste semi-strutturate e questionario. Le aziende coinvolte nel progetto di ricerca sono quattro importanti realtà industriali internazionali e multinazionali. I casi studio hanno avuto come unità di indagine i gruppi di lavoro multiculturali dislocati in Italia e all’estero. La verifica empirica si è articolata in due fasi. Una prima indagine preliminare condotta mediante interviste semi-strutturate rivolte ai responsabili delle risorse umane ha permesso di verificare che effettivamente cultura organizzativa, valori culturali di integrazione e competenze manageriali sono dei fattori importanti su cui agire per implementare le politiche di gestione della diversità. La seconda parte della ricerca empirica si è focalizzata sullo studio di alcuni gruppi di lavoro multiculturali; la raccolta delle informazioni è avvenuta mediante questionario. I dati raccolti sono stati analizzati con l’ausilio del software statistico SPSS®. Per il test è stato sviluppato un modello di misura mediante l’utilizzo di tecniche statistiche quali la correlazione lineare e l’analisi di regressione lineare multipla. Le due fasi della ricerca hanno permesso quindi di pervenire a importanti risultati che hanno sia implicazioni teoriche che manageriali: da un punto di vista teorico: è stato verificato che cultura organizzativa, valori culturali di integrazione e competenze manageriali costituiscono i principali requisiti per una efficace implementazione di politiche di gestione della diversità; inoltre è stata verificata empiricamente la validità del modello teorico che lega tra loro tali variabili; da un punto di vista pratico: la ricerca ha permesso di individuare la cultura organizzativa e le competenze manageriali che meglio di altre facilitano l’introduzione di una cultura organizzativa di integrazione.
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2

Seleni, Martina. "Le nuove frontiere per il fund raising per la cultura. Il distretto culturale evolutivo. Esempi tecnici di progettazione culturale sul territorio." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2011. http://hdl.handle.net/10077/4497.

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Abstract:
2009/2010
Questo lavoro, che ha preso avvio dall’idea di approfondire il tema del fundraising, successivamente è confluito in un ambito di studio più vasto: quello della produzione di cultura che testimonia l’interesse della società nel suo complesso a costruire un assetto di rapporti che assicuri e diffonda un benessere generale. Ci si è resi conto che il valore economico è sempre più sottoposto ad un giudizio da parte della società civile, la quale ormai pretende che le produzioni accrescano la qualità dell’esistenza e la coesione sociale. Tutto ciò esalta il ruolo della cultura prodotta direttamente o indirettamente, e mostra come questa – sviluppata in tutte le sue forme – alimenti il valore economico e l’utilità presente nella polis di cui siamo parte. Si tratta di una problematica generale che però assume speciale rilevanza per i soggetti che producono professionalmente cultura e cioè per le cosiddette industrie culturali. Di certo il decremento della spesa pubblica per la cultura perpetratosi negli ultimi vent’anni ha spinto chi opera nel settore a ricorrere a nuove modalità di finanziamento per sostenere le proprie attività istituzionali. Ecco, quindi, il fiorire di tutta una serie di innovative strategie di raccolta fondi per la cultura. Alcune di queste, vengono mutuate direttamente dalle tecniche di fundraising tradizionalmente utilizzate dalle organizzazioni non profit per il sostegno delle più svariate cause sociali. Altre, invece, affondano le loro radici nelle politiche si sviluppo territoriali e vanno di pari passo con percorsi di partnership pubblico-privato (PPP) avviati allo scopo di rendere più competitivi determinati territori. Nel primo capitolo di questo lavoro abbiamo classificato i beni artistici e culturali ed abbiamo elencato i tradizionali finanziatori del settore in Italia. Abbiamo descritto, in particolar modo, il ruolo dei privati, delle imprese e delle Fondazioni di origine bancaria nel sostegno alla cultura. Si è poi analizzato il quadro normativo entro cui si inseriscono le sponsorizzazioni e le erogazioni liberali, ponendo particolare attenzione agli incentivi fiscali all’investimento privato in cultura. Nel secondo capitolo abbiamo invece descritto le principali tecniche del “fundraising”, la “scienza della sostenibilità finanziaria di una causa sociale”. Il fundraising non coincide solo con il momento della raccolta di fondi, ma va inteso anche come processo di sviluppo dei fondi. Abbiamo cercato quindi di fornire dei criteri per la stima del tasso di rendimento del fundraising, tramite il calcolo dell’indice FACE (Fundraising, Administration Cost and total Expenditure) e del tasso di rendimento sugli investimenti (ROI), e per l’applicazione di metodologie di valutazione della convenienza di un investimento di fundraising. Nel terzo capitolo abbiamo ampliato la definizione di “fundraising” al nuovo concetto di “fundraising territoriale per la cultura”. Le tecniche di raccolta fondi che caratterizzano il fundraising, vengono, infatti, tradizionalmente adottate dalle aziende non profit per garantire sostenibilità economica a progetti con finalità sociali, inseriti nell’ambito di attività di cooperazione allo sviluppo. Ma le stesse tecniche possono essere vantaggiosamente utilizzate anche dai sistemi territoriali interessati a sostenere determinati progetti culturali in loco. Da qui, siamo passati alla definizione dei concetti di “distretto culturale” e “distretto culturale evoluto”. Si tratta di sistemi, territorialmente delimitati, di relazioni che integrano il processo di valorizzazione delle dotazioni culturali, con le infrastrutture e con gli altri settori produttivi che a quel processo sono connesse. La chiave del successo dell’attività di fundraising in un distretto culturale sta nella collaborazione tra le imprese, i privati cittadini e gli Enti Pubblici che lo compongono. In questo modo, si creano rapporti che non si esauriscono nella mera raccolta di danaro, ma che sfociano in una vera e propria partecipazione alle attività ed ai progetti culturali. Una forma di collaborazione efficace, tipica delle politiche dei sistemi territoriali come il Distretto Culturale Evoluto, è la Partnership Pubblico Privata (PPP), dove Enti Pubblici, imprese, privati cittadini ed organizzazioni non profit uniscono le loro forze al fine di valorizzare le caratteristiche strategiche del territorio, tra cui naturalmente le sue eccellenze culturali. Nel quarto capitolo siamo andati a descrivere il valore in senso generale derivante da un investimento in cultura. Tale valore presenta sia un aspetto quantitativo che un aspetto qualitativo: se per il primo si può tentare una valutazione con l’utilizzo delle tecniche proprie della finanza, il secondo si fonda su strumentazioni concettuali assai stilizzate di matrice scientifica più recente. Abbiamo spiegato come l’investimento in cultura sia un’importante componente della corporate social responsability delle imprese che lo sostengono, e come determini un impatto positivo sulla loro performance d’investimento, generando un valore misurabile attraverso i flussi di cassa incrementali derivanti dal progetto: le vendite possono aumentare sia per effetto del miglioramento dell’immagine aziendale, che si traduce in una crescita del giro di affari, sia per effetto della nascita di nuovi punti vendita o della creazione di nuovi mercati, come conseguenza dell’attivazione del progetto. L’attività culturale, inoltre, non si limita a generare flussi incrementali di progetto, ma comporta un vero e proprio aumento del valore di mercato dell’impresa. Il valore di un’impresa che segue detta logica aggiungerà al valore di mercato ottenuto attualizzando il proprio Free Cash Flow secondo i criteri della teoria classica del valore, una componente +/-ΔU che rappresenterà la produzione di utilità sociale. I fatti dimostrano che i valori dell’integrazione cultura/economia possiedono un’utilità sociale per l’impresa, le altre imprese ed il territorio, in quanto sostengono l’occupazione, la legalità, la fiducia, generano l’aiuto verso le realtà sociali svantaggiate o bisognose, ed il mondo dei giovani. In conclusione la cultura genera flussi di ricchezza, crea valore economico ed aggiunge a tutto ciò un’utilità sociale fondata su un’intesa tra i soggetti che appartengono alla polis. Detto questo, abbiamo applicato l’analisi teorica esposta ad alcuni casi pratici. Nel quinto capitolo, si sono analizzate le politiche di fundraising del FAI, il Fondo Ambiente Italiano. Si è descritto l’indice FACE della Fondazione e si è poi passati all’analisi del ROI delle principali modalità di raccolta fondi utilizzate. Proprio sulla base di tale analisi, siamo arrivati ad una interessante conclusione: le modalità di raccolta fondi che, come le corporate membership, non prevedono una vera e profonda partecipazione, emotiva ma anche imprenditoriale, alla causa culturale, possono rivelarsi instabili, insicure, specialmente in periodi di crisi. Tecniche di raccolta fondi che invece prevedono la partecipazione delle imprese nel capitale dell’organizzazione (vedi ad esempio “I 200 del FAI”) o il loro coinvolgimento nella gestione dell’attività culturale, saranno destinate a generare ottimi risultati. Le nuove frontiere del fundraising per la cultura, insomma, consistono nella partecipazione attiva di chi finanzia un determinato progetto artistico al capitale della realtà che lo promuove o alla sua gestione e sviluppo. Nell’ultimo capitolo abbiamo trattato l’esperienza del Distretto Culturale della Valle Camonica, che ha intrapreso un investimento in cultura concepito come volano di sviluppo del territorio. Si è ipotizzata, infine, la creazione di un Distretto Culturale in provincia di Trieste, ed abbiamo motivato l’opportunità di realizzare al suo interno un Polo della Musica. Si tratta della proposta ideata dallo studio ARTEMA per il riutilizzo di alcuni magazzini del Porto Vecchio di Trieste a favore di iniziative culturali particolarmente significative e aventi peraltro un’intrinseca capacità di stimolo nei confronti di ulteriori attività, potendo con ciò contribuire all’auspicato processo di rivitalizzazione della realtà locale. Tale studio è stato avviato su incarico di un’aggregazione di dieci soggetti - tra istituzioni, fondazioni e associazioni - operanti a Trieste nel settore musicale (tra di loro spiccano il Conservatorio Giuseppe Tartini ed il teatro lirico Giuseppe Verdi), tutti qualificati da un notevole impegno e dall’alta riconoscibilità nel settore artistico e della formazione. Per l’avvio di questo progetto, abbiamo ideato una proposta di fundraising che coinvolge sì gli Enti pubblici e le Fondazioni bancarie presenti sul territorio, ma si rivolge anche e soprattutto alle imprese ed ai privati cittadini, nell’ottica di un coinvolgimento diretto ed attivo al progetto.
XXIII Ciclo
1979
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3

Ferronato, Federica <1988&gt. "Il contributo della sostenibilità alla creazione del valore economico: il caso Favini." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/3679.

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Abstract:
Per lungo tempo le industrie si sono sviluppate ponendosi come obiettivo prioritario la generazione di profitto, senza considerare le ripercussioni negative che i loro processi generavano sull’ambiente e sulle persone. Era convinzione diffusa che il pianeta avrebbe assorbito tutto, rigenerandosi all’infinito. La situazione attuale, invece, contraddice in maniera inconfutabile queste supposizioni. Di fronte a questo modello, ormai non più sostenibile, di sviluppo socio-economico risulta indispensabile l’adozione di misure concrete. Le imprese in questo senso hanno una grossa responsabilità e devono iniziare a perseguire una strategia orientata ad uno sviluppo sostenibile. È proprio questa l’ottica in cui si sta muovendo l’azienda presa in esame in questo elaborato, che ispirandosi a questo fondamentale principio cerca di operare realizzando il giusto equilibrio tra responsabilità economica, ambientale e sociale, tutelando in questo modo anche le generazioni future. Dopo una presentazione generale dell’azienda si procede all’identificazione dei principali interventi messi in atto in campo di sostenibilità. A tal fine vengono ripercorse, secondo una logica temporale, le tappe salienti, indagando l’origine di questo nuovo orientamento, dalle prime fasi fino ad arrivare alla situazione attuale. Sulla base di quanto è emerso, e avvalendosi di alcuni modelli teorici, è stato possibile identificare le strategie messe in atto in campo ambientale e la sua posizione all’interno del “viaggio” verso forme più evolute di sostenibilità. Successivamente si avanzeranno alcune ipotesi su potenziali interventi che l’azienda potrebbe mettere in atto per giungere ad un concetto di “Cradle to cradle”, secondo alcuni principi identificati da McDonough e Braugart, che ne hanno fatto di questo approccio il loro pensiero dominante.
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Vallati, Ludovica <1997&gt. "Capitali Italiane della Cultura e Capitali Europee della Cultura - progetti per lo sviluppo economico e culturale." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2021. http://hdl.handle.net/10579/20431.

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Abstract:
L'elaborato vuole indagare i ritorni economici e sociali delle due manifestazioni "Capitale Italiana della Cultura" e "Capitale Europea della Cultura". Si analizzeranno i due percorsi che hanno portato alla creazione delle manifestazioni, i diversi processi di selezione ed i diversi meccanismi di sostegno economico. Nel secondo capitolo si farà una rassegna delle teorie economiche a sostegno delle manifestazioni culturali e della rigenerazione urbana ed economica con al centro la cultura, analizzando anche le criticità sollevate a riguardo dagli studiosi. Nel terzo capitolo si analizzeranno due case study relativi alle precedenti Capitali Italiana della Cultura, ossia Pistoia 2017 e Palermo 2018, focalizzando l'attenzione sul dossier di candidatura, analisi delle attività portate a termine durante la manifestazione ed analisi dei ritorni economici registrati post manifestazione. La stessa metodologia verrà adottata nel quarto capitolo dove si analizzerà la Capitale Europea della Cultura Matera 2019.
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Perrotti, Eva <1990&gt. "IL VALORE DELLA CULTURA NELLA PUBBLICITA' INTERNAZIONALE Uno sguardo alla Cina." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2015. http://hdl.handle.net/10579/7358.

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Abstract:
Il grande 'paese di mezzo' è tornato alla ribalta. Grazie alla sua crescita esponenziale registrata negli ultimi trent'anni, la Cina è passata da paese in via di sviluppo a seconda economia mondiale in tempi record. Con le riforme di Deng Xiaoping il paese si è aperto all'occidente e l'economia pianificata ha gradualmente lasciato il posto a quella di mercato con caratteristiche cinesi (controllata dal Partito). I prodotti occidentali si sono diffusi a macchia d'olio. Come hanno fatto le grandi aziende occidentali a catturare l'attenzione di consumatori dalle necessità e abitudini lontane? La tesi mira ad esaminare la cultura della Cina in un'ottica interculturale e ad analizzare l'influenza che fattori e codici culturali cinesi esercitano sulla comunicazione pubblicitaria delle aziende straniere. In primo luogo, sono stati introdotti i concetti di cultura, secondo le teorie di G. Hofstede, E. T. Hall e F. Trompenaars, di comunicazione e di pubblicità. Alla luce di ciò, si è proceduto ad inquadrare la Cina. Quest'ultima è stata raccontata attraverso le teorie definite in precedenza e l'analisi delle scelte comunicative di diverse pubblicità. E' stata poi fatta una panoramica sull'evoluzione della pubblicità commerciale nel paese e definiti i maggiori canali di comunicazione persuasiva. In seguito, si sono definite le strategie più adatte e sono stati analizzati casi di standardizzazione e adattamento sia del messaggio pubblicitario che del prodotto.
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Pellizzari, Sonia <1978&gt. "Nuove frontiere del mercato: la cultura della responsabilità nell’agire economico." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2008. http://amsdottorato.unibo.it/1095/1/Tesi_Pellizzari_Sonia.pdf.

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Abstract:
La tesi di dottorato focalizza su quei fenomeni nei quali è particolarmente visibile una diffusa propensione all’assunzione di responsabilità nei confronti del significato e delle conseguenze del proprio agire di mercato. La tesi esamina le implicazioni connesse ad una nuova etica del consumo sia dal punto di vista del consumatore sia da quello dell’impresa, in particolare indaga l’atteggiamento di consumatori e produttori rispetto a pratiche di responsabilità sociale di impresa. Nel primo capitolo “Dimensioni di un consumo in evoluzione” le griglie concettuali interpretative del fenomeno del consumo vengono distinte da quelle peculiari del sistema produttivo, arrivando all’individuazione di strumenti che svelano le logiche proprie del fenomeno indagato. In questo scenario la società complessa corrisponde alla società dei consumi e il consumo diventa area esperienziale, capace anche di creare senso, orizzonti valoriali e di assumere valenze interattive e simboliche. Nel secondo capitolo “Il cittadino consumatore” è stato rappresentato il variegato mondo del consumatore, quel cittadino che si esprime politicamente non solo con il voto ma anche attraverso le proprie pratiche di consumo che veicolano scelte, ideali, valori. Sono rappresentati i tanti volti del consumatore “responsabile”, “critico” ed “etico”, attraverso lo studio del commercio equo e solidale, i Gas, la finanza etica, tutti significativi segnali di mutamento con cui governi e imprese sono chiamati a confrontarsi. Vengono prese in esame ricerche nazionali e internazionali per meglio comprendere quanto e con quali modalità sono diffuse, nella popolazione, pratiche di consumo responsabile rispetto a ben identificate pratiche di Rsi. Nel terzo capitolo “La Responsabilità Sociale d’Impresa” si approfondisce il concetto di responsabilità sociale di impresa: sono illustrate le evoluzioni che questa prassi ha subito nel corso della storia, le sue differenti declinazioni attuali, gli elementi che la distinguono, i suoi strumenti. Nel quarto capitolo “La responsabilità sociale di impresa e la grande distribuzione” vengono analizzate le relazioni esistenti tra la grande distribuzione (Coop e Conad) e la Rsi, considerando anche il ruolo della grande distribuzione, nella metropoli, nelle scelte di consumo. Nello specifico si vogliono comprendere le strategie aziendali, la struttura organizzativa, i servizi, i prodotti “etici” distribuiti e la loro relazione con il consumatore. Il quinto capitolo “La ricerca” contiene la ricerca empirica, 60 interviste in profondità somministrate a consumatori di Coop e Conad e a elementi rappresentativi (dirigenti) delle aziende in questione; l’elaborazione dei dati avviene con l’analisi di contenuto attraverso la costruzione di frasi chiave. Le conclusioni finali a cui perveniamo cercano di fare luce sul mondo del consumo e su quello dell’impresa nel momento in cui si confrontano con la responsabilità del proprio agire. Emergono diversi elementi per sostenere che la cultura della responsabilità assume un peso tutt’altro che marginale nelle strategie di azione delle imprese e nell’analisi del comportamento dei consumatori. Il sistema impresa assume la responsabilità come elemento qualificante la propria politica industriale, legandolo alla sostenibilità, alla reputazione, al rapporto fiduciario con il cliente. Analizzando il ruolo dei cittadini consumatori nello spazio di riferimento, nell’impegno e nel tentativo di decidere, attraverso determinati consumi, il modo di vivere il proprio territorio, abbiamo forse compreso qualcosa in più. Si veicola attraverso le scelte di consumo un’idea di vivere la città per cui è imprescindibile la qualità della vita, perseguita anche attraverso l’approvazione o, di converso, il disconoscimento delle imprese e dei rispettivi prodotti. Nell’analisi dell’atteggiamento partecipativo del cittadino verso la propria sfera pubblica possiamo sostenere che la dimensione del consumo tracima di gran lunga il mercato prefigurando un differente modello di società.
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Pellizzari, Sonia <1978&gt. "Nuove frontiere del mercato: la cultura della responsabilità nell’agire economico." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2008. http://amsdottorato.unibo.it/1095/.

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Abstract:
La tesi di dottorato focalizza su quei fenomeni nei quali è particolarmente visibile una diffusa propensione all’assunzione di responsabilità nei confronti del significato e delle conseguenze del proprio agire di mercato. La tesi esamina le implicazioni connesse ad una nuova etica del consumo sia dal punto di vista del consumatore sia da quello dell’impresa, in particolare indaga l’atteggiamento di consumatori e produttori rispetto a pratiche di responsabilità sociale di impresa. Nel primo capitolo “Dimensioni di un consumo in evoluzione” le griglie concettuali interpretative del fenomeno del consumo vengono distinte da quelle peculiari del sistema produttivo, arrivando all’individuazione di strumenti che svelano le logiche proprie del fenomeno indagato. In questo scenario la società complessa corrisponde alla società dei consumi e il consumo diventa area esperienziale, capace anche di creare senso, orizzonti valoriali e di assumere valenze interattive e simboliche. Nel secondo capitolo “Il cittadino consumatore” è stato rappresentato il variegato mondo del consumatore, quel cittadino che si esprime politicamente non solo con il voto ma anche attraverso le proprie pratiche di consumo che veicolano scelte, ideali, valori. Sono rappresentati i tanti volti del consumatore “responsabile”, “critico” ed “etico”, attraverso lo studio del commercio equo e solidale, i Gas, la finanza etica, tutti significativi segnali di mutamento con cui governi e imprese sono chiamati a confrontarsi. Vengono prese in esame ricerche nazionali e internazionali per meglio comprendere quanto e con quali modalità sono diffuse, nella popolazione, pratiche di consumo responsabile rispetto a ben identificate pratiche di Rsi. Nel terzo capitolo “La Responsabilità Sociale d’Impresa” si approfondisce il concetto di responsabilità sociale di impresa: sono illustrate le evoluzioni che questa prassi ha subito nel corso della storia, le sue differenti declinazioni attuali, gli elementi che la distinguono, i suoi strumenti. Nel quarto capitolo “La responsabilità sociale di impresa e la grande distribuzione” vengono analizzate le relazioni esistenti tra la grande distribuzione (Coop e Conad) e la Rsi, considerando anche il ruolo della grande distribuzione, nella metropoli, nelle scelte di consumo. Nello specifico si vogliono comprendere le strategie aziendali, la struttura organizzativa, i servizi, i prodotti “etici” distribuiti e la loro relazione con il consumatore. Il quinto capitolo “La ricerca” contiene la ricerca empirica, 60 interviste in profondità somministrate a consumatori di Coop e Conad e a elementi rappresentativi (dirigenti) delle aziende in questione; l’elaborazione dei dati avviene con l’analisi di contenuto attraverso la costruzione di frasi chiave. Le conclusioni finali a cui perveniamo cercano di fare luce sul mondo del consumo e su quello dell’impresa nel momento in cui si confrontano con la responsabilità del proprio agire. Emergono diversi elementi per sostenere che la cultura della responsabilità assume un peso tutt’altro che marginale nelle strategie di azione delle imprese e nell’analisi del comportamento dei consumatori. Il sistema impresa assume la responsabilità come elemento qualificante la propria politica industriale, legandolo alla sostenibilità, alla reputazione, al rapporto fiduciario con il cliente. Analizzando il ruolo dei cittadini consumatori nello spazio di riferimento, nell’impegno e nel tentativo di decidere, attraverso determinati consumi, il modo di vivere il proprio territorio, abbiamo forse compreso qualcosa in più. Si veicola attraverso le scelte di consumo un’idea di vivere la città per cui è imprescindibile la qualità della vita, perseguita anche attraverso l’approvazione o, di converso, il disconoscimento delle imprese e dei rispettivi prodotti. Nell’analisi dell’atteggiamento partecipativo del cittadino verso la propria sfera pubblica possiamo sostenere che la dimensione del consumo tracima di gran lunga il mercato prefigurando un differente modello di società.
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Maggi, Stefano. "Martket - creazione di valore economico e culturale per la città attraverso l'arte invisibile." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2021.

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Abstract:
Una panoramica sulle dinamiche del mondo dell’arte e in particolare su quelle del mercato. Dal lavoro di ricerca affiancato al confronto con professionisti del settore è nata una proposta di servizio, offerta di valore coerente con quelli che sono gli attuali bisogni del mondo dell’arte. E' stata fatta al fine di dare al lettore una base, il più possibile completa, sulle cause e le conseguenze del problema dell’arte invisibile, quella abbandonata nei caveau. MARTKET è quindi un servizio che si occupa di creare valore economico e culturale attraverso l’arte invisibile, pubblica e privata, offrendo servizi fisici e digitali.Per i primi è prevista una struttura all’interno della quale sono pensati spazi dedicati alle esposizioni, al deposito, al restauro, allo studio e alla produzione artistica; per le opere esposte è prevista la possibilità di noleggio, prestito e compra-vendita, godendo di vantaggi fiscali e la revisione della legge della notifica per le opere messe sul mercato attraverso il servizio. Per quanto riguarda il ramo digitale del servizio, tutte le opere vengono digitalizzate e archiviate in un database che cataloga ogni opera indicizzandola in base a specifici parametri e legandola a tutte le documentazioni relative, creando un vero e proprio passaporto dell’opera d’arte. Le opere digitalizzate possono essere esposte e fruite in una viewing room digitale e le stesse possono essere convertite in NFT: vengono create delle copie digitali dell’ opera autenticate tramite tecnologia blockchain che possono essere vendute in un marketplace dedicato.
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Mazzucco, Veronica <1987&gt. "CULTURA E SVILUPPO ECONOMICO. Le vocazioni di alcuni territori del Nordest nella candidatura a Capitale Europea della Cultura." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/2622.

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Abstract:
Nel presente lavoro di tesi si intende andare a valutare in quali termini è possibile parlare di cultura come driver dello sviluppo economico per un territorio. In un periodo in cui molto si è parlato a livello globale di industrie culturali e creative per rendere manifesto l’impatto economico della cultura, diventa fondamentale guardare all’origine del processo per capire come esso si inneschi. Si andranno ad analizzare inizialmente le offerte culturali di tre province del Nordest d’Italia, ovvero, Belluno, Pordenone e Treviso. Per ciascuna si cercherà di capire quale sia la sua predisposizione culturale, se vi siano delle realtà che assumono un ruolo caratterizzante per il territorio e quali effetti queste ultime abbiano dal punto di vista economico. La scelta di tali province è funzionale alla seconda parte di analisi, nella quale viene sviluppato un confronto con le riflessioni avviate in sede di candidatura di Venezia con il Nordest (“Le Venezie 2019”), a Capitale Europea della Cultura nel 2019. Lo scopo della tesi è quello di riflettere criticamente, rispetto ai tre territori considerati, sui punti principali di tale candidatura, il cui tema caratterizzante è imperniato sul binomio economia-cultura.
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Grigolon, Matilde <1993&gt. "Cultura Nazionale e Cultura Organizzativa: Come la cultura di una Nazione influenzi la gestione aziendale. La Svezia: la spiegazione del “Soft Swedish Management Style” attraverso l’analisi di valori, tradizioni e pensieri." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2018. http://hdl.handle.net/10579/13798.

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Abstract:
la Tesi indaga il concetto di Cultura cercando di definire la relazione esistente tra Cultura Nazionale e Cultura Organizzativa, con l’intento di cogliere le dimensioni culturali che più influenzano le attività gestionali. Per comprendere tale relazione viene considerato il ruolo svolto dal management cross culturale sottolineando l’importanza della comprensione culturale per la gestione aziendale nelle sue fasi di internazionalizzazione. Il successo mondiale di numerose aziende Svedesi hanno spinto a ricercare le fonti che conducono a tali risultati, e ad indagare i segreti che definiscono il così-detto “Swedish Model”. Con il supporto di espatriati italiani in Svezia, si è cercato dunque di scoprire in che modo si strutturino le loro scelte e le loro attività aziendali. L’indagine ha portato a dover svolgere una ricerca culturale che mettesse in luce valori, abitudini e tradizioni svedesi che chiarissero il perché di determinate “practices” nel contesto lavorativo . Nel fare ciò sono inoltre emerse le maggiori sfide comunicative affrontate dagli espatriati e il modo con cui sono state abbattute quelle barriere culturali che impediscono l’adattamento ad una cultura differente.
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GASPARINI, NICOLETTA. "La dimensione culturale della politica regionale dell'Unione europea: i fondi strutturali per la cultura: criticità e prospettive di sviluppo per il territorio laziale." Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2014. http://hdl.handle.net/2108/201853.

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RABELLO, LYRA ANA PAULA. "L'identità culturale e lo sviluppo socio economico della regione Serrana nello stato di Espìrito Santo in Brasile. Una strategia per il governo della trasformazione territoriale." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2007. http://hdl.handle.net/10280/84.

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Abstract:
Nell'ultimo decennio il processo di sviluppo insediativo ha avuto un impatto rilevante sul territorio della regione di montagna dello Stato di Espírito Santo. Di conseguenza occorre una pressione sull'economia, sull'ambiente e sull'identità culturale della regione. Il contributo di questa ricerca è il suggerimento di uno strumento per il governo della trasformazione del territorio serrano all'associazione per lo sviluppo sostenibile della regione di montagna dello Espírito Santo; un approccio orientato ad utilizzare meglio le risorse del paesaggio culturale della regione per apportare migliorie alla qualità complessiva del territorio Serrano.
The impact of the new rural space developments on spatial quality in the Espírito Santo State mountain region has been intensified in the past decade. It brings pressure to bear on the economy, the environment and the cultural identity with consequences to the health and safety of the region. This research contribution is the suggestion of an additional action programme to the 'Espírito Santo mountain region sustainable development association' ADEMES. A development-oriented approach addressed to make a better use of the Serrana Region's cultural landscape to improve the quality of its changing rural space.
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RABELLO, LYRA ANA PAULA. "L'identità culturale e lo sviluppo socio economico della regione Serrana nello stato di Espìrito Santo in Brasile. Una strategia per il governo della trasformazione territoriale." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2007. http://hdl.handle.net/10280/84.

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Abstract:
Nell'ultimo decennio il processo di sviluppo insediativo ha avuto un impatto rilevante sul territorio della regione di montagna dello Stato di Espírito Santo. Di conseguenza occorre una pressione sull'economia, sull'ambiente e sull'identità culturale della regione. Il contributo di questa ricerca è il suggerimento di uno strumento per il governo della trasformazione del territorio serrano all'associazione per lo sviluppo sostenibile della regione di montagna dello Espírito Santo; un approccio orientato ad utilizzare meglio le risorse del paesaggio culturale della regione per apportare migliorie alla qualità complessiva del territorio Serrano.
The impact of the new rural space developments on spatial quality in the Espírito Santo State mountain region has been intensified in the past decade. It brings pressure to bear on the economy, the environment and the cultural identity with consequences to the health and safety of the region. This research contribution is the suggestion of an additional action programme to the 'Espírito Santo mountain region sustainable development association' ADEMES. A development-oriented approach addressed to make a better use of the Serrana Region's cultural landscape to improve the quality of its changing rural space.
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Scattolin, Alessandra <1986&gt. "Standard internazionali e valori storici e culturali nel turismo del lusso in Italia Cesa del louf, Dolomites Exclusive Chalet Arabba." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2021. http://hdl.handle.net/10579/18609.

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Abstract:
Il progetto di tesi sugli “Standard internazionali e valori storici e culturali nel turismo di lusso in Italia” si pone l’obiettivo di approfondire i nuovi concetti del lusso, legati alla ricerca della valorizzazione storica e culturale del turismo. L'elaborato presenterà un excursus dei cambiamenti nel settore e del concetto di lusso per poi soffermarsi sul case study dello chalet Cesa del louf di Arabba, nelle Dolomiti, uno dei cinque siti patrimoni dell'UNESCO in Italia. Il progetto Cesa del louf è caratterizzato dal recupero storico e culturale del vecchio maso alpino e presenta diverse sinergie con gli attori locali su diversi livelli: arte, artigianato, enogastronomia, sport, istituzionale. Rappresenta un esempio di come i trend di valorizzazione storica e culturale siano degli importanti driver per orientare la scelta della location da parte della clientela italiana ed estera nel settore del lusso.
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D'ORLANDO, DARIO. "Archeologia e Cultura delle aree interne della Provincia Sardinia: l'archeologia come indicatore culturale, economico e insediativo durante la fase di occupazione romana in Sardegna." Doctoral thesis, Università degli Studi di Cagliari, 2021. http://hdl.handle.net/11584/313354.

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Abstract:
The project aims to a complete analysis of the settlement pattern of Roman Sardinia from the conquer of the Island until the arrival of the Vandals. The sample areas were two rural territories located respectively south-west and north-west from the borders of the inner part of the Island controlled by Sardinian Barbarian people. The second chapter focus on the acculturation and Romanization issues in the international debate while the third concerns an historical presentation of Roman Sardinia and a critical analysis of the economic exploitation theories and positions about Romanisation in the Sardinian academic world. The fourth chapter is the catalogue of the thesis which presents archaeological evidences and a first quantitative analysis. The fourth chapter focuses on a series of digital tools and analytical models concerning the study of settlement patterns, main and secondary road systems and new methodologies about land survey studies. Distributive patterns and interpolation analysis were conducted on the data samples of the Progetto Sub Terris lead by Marco Giuman in the territory of Ortacesus since 2018. The sixth chapter took into account landscape archaology theories and the theme of economic exploitation of the rural areas. In this part of the thesis were analysed two different landscape concerning an agricultural and a pastoral territory in a close connection with rural administration issues. Those analysis focuses mainly on the application of the so-called Von Thunen model and the theory of the Central places. Last but not least, the thesis focuses on the narrative of the different economies and economic systems verified in the study with a perspective of a new synthesis of rural exploitation models of Roman Sardinia. Another aspect was the analysis of Sardinian identity issues in the Roman phase and the verification of Roman influence in the landscape administration with a deepening about cultural elements linked to the human impact on the rural landscapes.
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Calabrese, Marianna. "La gestione manageriale e l'accountability: studio dei processi di produzione del valore (culturale, sociale ed economico) per i musei pubblici. L'analisi empirica: realizzazione del primo "rapporto di attività" del Museo di Capodimonte." Doctoral thesis, Universita degli studi di Salerno, 2013. http://hdl.handle.net/10556/1464.

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Abstract:
2011 - 2012
Il dibattito sempre più acceso che riguarda il potenziamento del settore culturale e creativo allo scopo di trasformarlo in un grande generatore economico e sociale, coinvolge una varietà di apporti e di implicazioni, volti ad imprimere la propria matrice umanistica, sociologica, economica. Il tema della definizione del suo valore in un’ottica di gestione, secondo una prospettiva d’analisi economico-aziendale, trova come primo obiettivo la necessità di individuare un insieme di principi e pratiche autenticamente condivisibili tra la comunità professionale dei conservatori e dei curatori e quella degli economisti e degli studiosi di management. Ad oggi, infatti, la molteplicità di approcci teorici esistenti e il mancato raggiungimento di una sintesi univoca tra di essi, sono alla base della difficoltà che lo studioso di management incontra. Un approccio manageriale allo studio del settore e alla gestione strategica di esso, implica dunque un’analisi dello scenario interpretativo che mappa i suoi confini, al fine non soltanto di identificare caratteristiche e funzioni, ma anche di esplicitare l’importanza del suo ruolo rispetto alle connessioni e criticità congiunte alla qualificazione o quantificazione del suo valore, il quale si riflette all’intero ecosistema economico determinando sia accumulazione di capitale culturale (materiale e immateriale), sia valore economico. Sulla base di tale premessa, l’analisi del settore museale e la ricerca di un modello strategico capace di risolvere i problemi gestionali ed operativi dei musei, impone innanzitutto il superamento della problematica relativa l’inquadramento concettuale dell’intero comparto culturale, finalizzata ad una “reale” identificazione delle sue specificità complesse e, successivamente, la definizione dei processi di produzione del valore inerenti le funzioni istituzionali del museo. Il valore che esso genera necessariamente attraverso un processo di scambio con specifiche comunità di portatori di interesse assume carattere multidimensionale: si tratta di valore differente e specifico, quale economico-monetario, d'uso e di scambio, meritorio e scientifico, pubblico e identitario, che viene prodotto per ciascuna “comunità di interlocutori” verso cui l’istituzione risulta orientata. Appare fondamentale però sottolineare che come ogni istituzione educativa, quella museale si rivolge simultaneamente ad una molteplicità di portatori di interesse (e non a una sola comunità di utenti); tra essi prevalgono i soggetti pubblici (lo stato, nelle sue articolazioni nazionali e periferiche), le comunità scientifiche e professionali, il pubblico dei visitatori, nonché gli sponsor e i donor che sostengono finanziariamente le iniziative, oltre i privati, le aziende e gli esercizi commerciali che ricavano un'utilità economica indiretta dalla sua presenza. Da ciò deriva che in modo simultaneo e competitivo, avvengono specifiche negoziazioni all’interno dei diversi sistemi di relazione disponibili, che determinano le condizioni e le risorse per la sopravvivenza e la crescita dell'istituzione stessa. Nei confronti del settore pubblico (stato, regioni, enti territoriali), la significatività reale e potenziale del valore generato verte intorno alla responsabilità, che ha l’istituzione di gestione museale, di tutelare la realtà di "bene pubblico" del patrimonio culturale nelle sue diverse componenti. Ne discende che nei confronti della cittadinanza, e delle sue istituzioni di rappresentanza, suddetto valore non può essere riportato unicamente ad una dimensione di costo-beneficio in quanto non è un valore monetario, bensì va esteso alle componenti immateriali di natura identitaria, educativa, di qualità della vita, di natura "meritoria", per le quali si esplica in diverse dimensioni. In particolare, ponendo in risalto una di queste, ovvero la sua sostenibilità ed economicità (efficacia/efficienza) rispetto ad indicatori di carattere pubblico, emerge la necessità di sostenere l’opinione secondo cui i musei sono istituzioni orientate a fini cui la collettività intera attribuisce un valore e che pertanto essi sono tenuti a produrre risultati misurabili sul piano qualitativo e quantitativo. Rispetto alle problematiche di carattere economico-finanziario dell’ambito museale, se da un lato si richiede ai policy makers locali e regionali, nazionali ed internazionali, l’attuazione di nuove scelte di gestione al fine di individuare soluzioni - tanto nella gestione organizzativa quanto in quella finanziaria - che consentano all’istituzione museale sia di conseguire una maggiore autonomia dall’apparato pubblico, sia di attuare strategie innovative di prodotto e di processo in grado di aumentare il consumo di cultura (secondo una logica “edificante”) ottenendo il miglior risultato finanziario compatibile con tali obiettivi, dall’altro le istituzioni museali, sono chiamate a rispondere alla necessità di accountability, ovvero di "rendere conto", all'interno e all'esterno dell'istituzione, delle proprie scelte allocative. Sulla base dei dati forniti dal sistema informativo, e mediante l’utilizzo di documenti - rendiconti - che dovrebbero consentire di valutare il raggiungimento degli equilibri dell’azienda pubblica, la rendicontazione rileva l’andamento della gestione oltre che i risultati conseguiti, e al contempo, permette la formulazione di un giudizio sull’efficacia del comportamento istituzionale della medesima. In tal modo, le conoscenze prodotte tramite il sistema informativo insieme all’utilizzo corretto degli strumenti contabili, risultano essenziali all’intero ciclo della pianificazione/programmazione e controllo, e servono altresì ad attivare un circuito virtuoso attraverso cui la comunicazione genera il controllo sociale. Il presente lavoro di ricerca ha l’obiettivo di analizzare come la gestione dei processi di produzione del valore nei musei, così come concepiti dalla letteratura in materia nonché dalla proposta ministeriale per la definizione dei livelli minimi uniformi di qualità della valorizzazione (d.m. 1 dicembre 2006), possa contribuire allo sviluppo strategico dell’istituzione museale, anche attraverso la definizione di un modello di accountability e comunicazione istituzionale quale l’Annual Report”, in grado di organizzare, gestire e comunicare responsabilmente gli esiti della sua attività ai vari stakeholder. Il processo di ricerca si compone di cinque capitoli. Nella prima parte, il primo e il secondo propongono un inquadramento concettuale rispettivamente del prodotto culturale al fine di comprenderne la logica economica e organizzativa, con particolare riguardo ai concetti di “valore” e di “specificità” fondamentali all’interpretazione del problema strategico delle organizzazioni di produzione culturale, e del “settore artistico-culturale” allo scopo di stabilire quali sono i suoi confini e quali sono, di conseguenza, le istituzioni che è necessario analizzare. Il terzo capitolo analizza la struttura del “Museo, azienda pubblica” attraverso un suo inquadramento teorico volto a descriverne la natura, gli assetti istituzionali soprattutto rispetto alla gestione in forma autonoma (D.Lgs. 1998 n. 368) prevista per la “Soprintendenza speciale per il Polo museale”, i percorsi strategici per il rinnovamento della gestione museale, i percorsi di valutazione in relazione al principio di accountability e alla sottointesa necessità di costruire un’adeguata responsabilità informativa nei musei. La seconda parte concerne l’analisi empirica, più specificatamente il quarto capitolo illustra la metodologia della ricerca adottata per lo sviluppo del lavoro, mentre il quinto capitolo presenta l’analisi empirica articolata sulla realizzazione dell’“Annual Report (Rapporto di attività) Museo di Capodimonte 2011/2012”, un documento/strumento di accountability che attualmente rappresenta la più evoluta pratica di rendicontazione sociale messa a punto nell’ambito museale. Considerando quindi, due direttrici di orientamento, vale a dire una teorica tesa alla concettualizzazione di nuovi modelli di gestione museale oppure finalizzata all’individuazione dei processi a cui è opportuno far riferimento per definire i livelli minimi di qualità delle attività di valorizzazione, e l’altra operativa rappresentativa degli indirizzi di orientamento proposti dalle istituzioni operanti nel settore museale, le domande di ricerca enunciate sono: in quali termini l’attività di gestione del settore culturale può avvalersi delle metodologie e tecniche che sono state sviluppate dall’analisi teorica aziendale, a livello nazionale ed internazionale, e che tipo di “traslazione” si rende necessaria in ragione della “specificità” e “significatività” del comparto culturale? In che misura l’Annual Report può rappresentare uno strumento per lo sviluppo strategico dei Musei? In merito alla prima domanda, i quesiti della ricerca hanno evidenziato alcuni approcci teorici e metodologie di matrice economico-manageriale concepite sulla necessità di considerare la particolarità dei prodotti e delle risorse, nonché la natura dei processi di produzione in esame, che risultano “fortemente condizionati dalla ricerca di un equilibrio, sovente instabile, tra orientamenti e finalità culturali e orientamenti e finalità economiche” [Soda 2001]. In questa forte caratterizzazione, si rinvengono le specificità del management di queste organizzazioni, e dunque le diversificate chiavi di gestione strategica, intrinsecamente connesse, a cui è riconducibile una logica essenzialmente polarizzata dai concetti di commitment, risorse, prodotti. Per quanto riguarda il secondo quesito di ricerca, esso è basato sull’ipotesi positiva che l’Annual Report può supportare l’implementazione delle tesi proposte, attraverso la rappresentazione esplicitata della complessità di gestire obiettivi manageriali, economici ed estetici. Inoltre, mediante una “qualificazione valoriale” di questo documento/ strumento di rendicontazione si cercherà di dimostrare come la sua redazione, potrebbe realizzare un sistema valoriale in grado di attribuire valore aggiuntivo all’istituzione museale, a livello sia culturale, sia economico. L’approccio metodologico utilizzato per perseguire l’obiettivo della ricerca è di tipo qualitativo, in quanto al fine di rispondere alla seconda domanda di ricerca, è stato realizzato il primo “Annual Report (Rapporto di attività) 2011-2012 del Museo di Capodimonte” (Napoli). [a cura dell'autore]
XI n.s.
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FABBRI, JACOPO. "Aspetti di produzione e consumo della ceramica di uso comune a Prato (XIV-XVI secolo)." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2011. http://hdl.handle.net/10280/1007.

Full text
Abstract:
Questa tesi si propone di offrire un contributo agli studi su un centro situato in una delle aree maggiormente sviluppate nell'Europa nel Tardo Medioevo. La ricerca si basa principalmente sull'analisi dei manufatti ceramici di uso comune (contenitori da dispensa, vasellame da cucina e per altre attività domestiche). In parte l'analisi riguarda il vasellame da mensa. Attraverso lo studio della produzione ceramica, si approfondiscono le fasi di sviluppo e di crisi di un centro urbano fino all' Età Moderna, chiarendone le dinamiche e i processi di trasformazione, nell'ambito dei manufatti di uso comune in correlazione con l'analisi delle fonti scritte e della documentazione archeologica nel suo complesso (in particolare l'archeologia degli elevati e la sintesi delle informazioni da essa derivata). Il centro di Prato costituisce quindi, grazie al un'abbondante documentazione scritta e materiale, un osservatorio privilegiato per lo studio delle dinamiche economico-sociali in Toscana e a un livello più ampio, in Europa tra XIV e XVI secolo.
This analysis aims to contribute to studies on a town situated in one of the most developed areas in Europe in the Late Middle Ages. The research is based primarily on analysis of pottery in common use (containers, cookware and other household activities). Part of the analysis concerns Maiolica Arcaica. Through the study of ceramic production, we will explore stages of development and crisis of an urban center until the 'Modern Age, clarifying the dynamics and transformation processes in the context of the artifacts commonly used in conjunction with analysis of written documentation and archaeological evidence as a whole (particularly the archeology of buildings and synthesis of information derived from it). The center of Prato is then, thanks to the extensive documentation, a privileged observatory for the study of socio-economic dynamics in Tuscany and a broader level, in Europe between the fourteenth and sixteenth century.
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FABBRI, JACOPO. "Aspetti di produzione e consumo della ceramica di uso comune a Prato (XIV-XVI secolo)." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2011. http://hdl.handle.net/10280/1007.

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Abstract:
Questa tesi si propone di offrire un contributo agli studi su un centro situato in una delle aree maggiormente sviluppate nell'Europa nel Tardo Medioevo. La ricerca si basa principalmente sull'analisi dei manufatti ceramici di uso comune (contenitori da dispensa, vasellame da cucina e per altre attività domestiche). In parte l'analisi riguarda il vasellame da mensa. Attraverso lo studio della produzione ceramica, si approfondiscono le fasi di sviluppo e di crisi di un centro urbano fino all' Età Moderna, chiarendone le dinamiche e i processi di trasformazione, nell'ambito dei manufatti di uso comune in correlazione con l'analisi delle fonti scritte e della documentazione archeologica nel suo complesso (in particolare l'archeologia degli elevati e la sintesi delle informazioni da essa derivata). Il centro di Prato costituisce quindi, grazie al un'abbondante documentazione scritta e materiale, un osservatorio privilegiato per lo studio delle dinamiche economico-sociali in Toscana e a un livello più ampio, in Europa tra XIV e XVI secolo.
This analysis aims to contribute to studies on a town situated in one of the most developed areas in Europe in the Late Middle Ages. The research is based primarily on analysis of pottery in common use (containers, cookware and other household activities). Part of the analysis concerns Maiolica Arcaica. Through the study of ceramic production, we will explore stages of development and crisis of an urban center until the 'Modern Age, clarifying the dynamics and transformation processes in the context of the artifacts commonly used in conjunction with analysis of written documentation and archaeological evidence as a whole (particularly the archeology of buildings and synthesis of information derived from it). The center of Prato is then, thanks to the extensive documentation, a privileged observatory for the study of socio-economic dynamics in Tuscany and a broader level, in Europe between the fourteenth and sixteenth century.
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GARBELLINI, NADIA. "Saggi sulla Teoria della Dinamica Economica Strutturale - crescita, progresso tecnico, e domanda effettiva." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2011. http://hdl.handle.net/10280/960.

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Abstract:
La presente tesi ha due scopi paralleli. In primo luogo, intende essere una rilettura concettuale attraverso di `Structural Change and Economic Growth' (Pasinetti 1981), alla luce del chiarimento di alcune questioni sia metodologiche che concettuali, e della contestualizzazione dell'opera all'interno dell'intero percorso intellettuale che, dal 1962 al 1988, ha condotto Pasinetti alla definizione esplicita e rigorosa del concetto di settore verticalmente iper-integrato. In secondo luogo, fornisce una generalizzazione dell'intero schema teorico sviluppato da Pasinetti (1981), attraverso la reintroduzione dell'intero insieme delle relazioni inter-industriali, la riformulazione per mezzo di matrici partizionate, e la presentazione dei sistemi dei prezzi e delle quantità in termini di ricerca di autovalori e autovettori. La parte dinamica dell'analisi è stata generalizzata con la discretizzazione del tempo, originariamente continuo, e l'introduzione di saggi di crescita non stabili delle variabili esogene. Il primo e l'ultimo capitolo sono dedicati al raggiungimento del primo obiettivo; il secondo e il terzo a quello del secondo.
The present dissertation has two parallel aims. First of all, it intends to provide a conceptual excursus through Pasinetti's `Structural Change and Economic Growth', in the light of the clarification of some methodological and conceptual issues, and of the contextualisation of the book within the whole intellectual path, going from 1962 to 1988, which led Pasinetti to the completion of the explicit and rigorous definition of the concept of vertically hyper-integrated sector. Secondly, it performs a generalisation of the whole theoretical framework put forward by Pasinetti (1981), through the re-introduction of the whole set of inter-industry relations, the reformulation by means of partitioned matrices, and the restatement of the price and quantity systems as eigenproblems. The dynamic part of the analysis is generalised by the introduction of discrete, rather than continuous, time, and of non-steady rates of change of the exogenous variables. The first and the last chapters are devoted to the achievement of the first task; the second and the third to that of the second.
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GARBELLINI, NADIA. "Saggi sulla Teoria della Dinamica Economica Strutturale - crescita, progresso tecnico, e domanda effettiva." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2011. http://hdl.handle.net/10280/960.

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Abstract:
La presente tesi ha due scopi paralleli. In primo luogo, intende essere una rilettura concettuale attraverso di `Structural Change and Economic Growth' (Pasinetti 1981), alla luce del chiarimento di alcune questioni sia metodologiche che concettuali, e della contestualizzazione dell'opera all'interno dell'intero percorso intellettuale che, dal 1962 al 1988, ha condotto Pasinetti alla definizione esplicita e rigorosa del concetto di settore verticalmente iper-integrato. In secondo luogo, fornisce una generalizzazione dell'intero schema teorico sviluppato da Pasinetti (1981), attraverso la reintroduzione dell'intero insieme delle relazioni inter-industriali, la riformulazione per mezzo di matrici partizionate, e la presentazione dei sistemi dei prezzi e delle quantità in termini di ricerca di autovalori e autovettori. La parte dinamica dell'analisi è stata generalizzata con la discretizzazione del tempo, originariamente continuo, e l'introduzione di saggi di crescita non stabili delle variabili esogene. Il primo e l'ultimo capitolo sono dedicati al raggiungimento del primo obiettivo; il secondo e il terzo a quello del secondo.
The present dissertation has two parallel aims. First of all, it intends to provide a conceptual excursus through Pasinetti's `Structural Change and Economic Growth', in the light of the clarification of some methodological and conceptual issues, and of the contextualisation of the book within the whole intellectual path, going from 1962 to 1988, which led Pasinetti to the completion of the explicit and rigorous definition of the concept of vertically hyper-integrated sector. Secondly, it performs a generalisation of the whole theoretical framework put forward by Pasinetti (1981), through the re-introduction of the whole set of inter-industry relations, the reformulation by means of partitioned matrices, and the restatement of the price and quantity systems as eigenproblems. The dynamic part of the analysis is generalised by the introduction of discrete, rather than continuous, time, and of non-steady rates of change of the exogenous variables. The first and the last chapters are devoted to the achievement of the first task; the second and the third to that of the second.
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ALBERTIN, ROBERTO. "Il Multinational Managerial Community Index per analizzare l’internazionalizzazione d’impresa da una prospettiva incentrata sul comportamento collaborativo internazionale dei manager relativamente alla propria catena del valore." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2017. http://hdl.handle.net/10280/35759.

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Abstract:
La presente tesi teorica propone il MOPC index per misurare quanto i manager abbiano generato una comunità multinazionale di gestione aperta di un generico processo considerando congiuntamente l’affiliazione, la connettività interna, la forza e la multinazionalità. A tal fine ho impiegato il SAOM-Behavior valutando la collaborazione internazionale di processo ed annessa propensione come variabili multiple i cui valori e co-evoluzione dipendono dalla co-influenza tra le collaborazioni internazionali fasiche, tra le medesime e le rispettive propensioni fasiche e tra queste ultime. L’intensità relazionale dipende dal modello mentale condiviso, generatosi a livello di team internazionale, su una certa fase del processo mentre la propensione è funzione dell’orientamento e dell’attitudine alla collaborazione internazionale fasica. Il MOPC index è stato applicato alla comunità multinazionale di innovazione aperta e di gestione aperta introducendo due indici teorici: MOIC index e MOMC index. Infine ho teorizzato la catena del valore del manager (MVC) impiegando il processo innovativo e gestionale; considerando le collaborazioni internazionali sui due processi con annesse propensioni, si ho analizzato la collaborazione internazionale sulla MVC, la relativa propensione e la loro co-evoluzione. Cosi facendo, ho introdotto il MMC index per misurare la comunità multinazionale manageriale e, mediante questo, la multinazionalizzazione d’impresa da una prospettiva relazionale manageriale.
This thesis presents the theoretical MOPC index to measure how much the managers generate a multinational open process community by considering the affiliation, the internal connectivity, the strenghtness and the multinationality. I employed the SAOM-Behavior by evaluating the international process collaboration and the respective propensity as multiple variables whose value and co-evolution depend on the co-influence between the international collaborations phasic, between the same and the respective propensities phasic and between them. The intensity of these relationships depends on the International phasic team mental model sharing (TMMS) while the propensity’s one depends on the orientation and the attitude. Then the MOPC index has been applied to measure the multinational open innovation community and the multinational open management community by introducing the MOIC index and the MOMC index. Finally, I introduced the managerial value chain (MVC) as composed of the innovative and the management process. By integrating the international collaborations related to the two processes and their propensities It’s possible to measure the international MVC collaboration, the correlated propensity and their co-evolution. In doing so, I introduced the MMC index to determine the multinational managerial community’s degree and use it to evaluate the firm’s multinationalization by a managerial relational perspective.
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ALBERTIN, ROBERTO. "Il Multinational Managerial Community Index per analizzare l’internazionalizzazione d’impresa da una prospettiva incentrata sul comportamento collaborativo internazionale dei manager relativamente alla propria catena del valore." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2017. http://hdl.handle.net/10280/35759.

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Abstract:
La presente tesi teorica propone il MOPC index per misurare quanto i manager abbiano generato una comunità multinazionale di gestione aperta di un generico processo considerando congiuntamente l’affiliazione, la connettività interna, la forza e la multinazionalità. A tal fine ho impiegato il SAOM-Behavior valutando la collaborazione internazionale di processo ed annessa propensione come variabili multiple i cui valori e co-evoluzione dipendono dalla co-influenza tra le collaborazioni internazionali fasiche, tra le medesime e le rispettive propensioni fasiche e tra queste ultime. L’intensità relazionale dipende dal modello mentale condiviso, generatosi a livello di team internazionale, su una certa fase del processo mentre la propensione è funzione dell’orientamento e dell’attitudine alla collaborazione internazionale fasica. Il MOPC index è stato applicato alla comunità multinazionale di innovazione aperta e di gestione aperta introducendo due indici teorici: MOIC index e MOMC index. Infine ho teorizzato la catena del valore del manager (MVC) impiegando il processo innovativo e gestionale; considerando le collaborazioni internazionali sui due processi con annesse propensioni, si ho analizzato la collaborazione internazionale sulla MVC, la relativa propensione e la loro co-evoluzione. Cosi facendo, ho introdotto il MMC index per misurare la comunità multinazionale manageriale e, mediante questo, la multinazionalizzazione d’impresa da una prospettiva relazionale manageriale.
This thesis presents the theoretical MOPC index to measure how much the managers generate a multinational open process community by considering the affiliation, the internal connectivity, the strenghtness and the multinationality. I employed the SAOM-Behavior by evaluating the international process collaboration and the respective propensity as multiple variables whose value and co-evolution depend on the co-influence between the international collaborations phasic, between the same and the respective propensities phasic and between them. The intensity of these relationships depends on the International phasic team mental model sharing (TMMS) while the propensity’s one depends on the orientation and the attitude. Then the MOPC index has been applied to measure the multinational open innovation community and the multinational open management community by introducing the MOIC index and the MOMC index. Finally, I introduced the managerial value chain (MVC) as composed of the innovative and the management process. By integrating the international collaborations related to the two processes and their propensities It’s possible to measure the international MVC collaboration, the correlated propensity and their co-evolution. In doing so, I introduced the MMC index to determine the multinational managerial community’s degree and use it to evaluate the firm’s multinationalization by a managerial relational perspective.
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ANDREONI, ELENA. "VALORIZZAZIONE E RECUPERO DELLE AREE PROTETTE IN AMBITO URBANO: UNA STRATEGIA ATTUATIVA SULLA BASE DELLE INNOVAZIONI DEL CODICE DEI BENI CULTURALI E DEL PAESAGGIO." Doctoral thesis, 2009. http://hdl.handle.net/11573/918431.

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Abstract:
Oggetto della ricerca è l’eliminazione delle attività incompatibili presenti nelle aree protette in ambito urbano o metropolitano, perseguibile tramite il loro trasferimento, pianificato e governato dal soggetto pubblico, precisando che per incompatibilità si intende quella che viene esplicitamente riconosciuta dall’Amministrazione e/o dagli Enti gestori e determinata dagli strumenti urbanistici, senza entrare nel merito della valutazione che sta alla base di tale riconoscimento e dichiarazione. Obiettivo della tesi è stato quello di ipotizzare un percorso praticabile per le PA, basato sulla convergenza di strategie urbanistiche ed economiche. I diversi strumenti - urbanistici e non - e modalità, vengono proposti in una “combinazione” innovativa ma strettamente legata alle possibilità offerte dalla disciplina urbanistica, alla luce delle rilevanti novità giuridiche in campo di tutela paesaggistica e ambientale. La tesi è articolata in due parti distinte: nella prima si definiscono il tema di ricerca e le problematiche ad esso connesse, analizzando le possibilità di intervento finora attuate e i loro limiti; nella seconda viene proposta la strategia di intervento e ne vengono esaminate le componenti normativo- giuridiche, economiche e sociali. Valutando le diverse possibilità in mano alla Pubblica Amministrazione per intervenire nelle aree protette al fine di eliminare le attività incompatibili, si delineano in modo spiccato le difficoltà che caratterizzano questo tipo di manovre, nonostante a volte le normative prefigurino scenari diversi e meno complessi di quanto siano nella realtà. Le grandi problematicità riscontrate sono da imputarsi principalmente a fattori di tipo economico, di coordinamento istituzionale, di natura procedurale- normativa e organizzativa. È importante sottolineare che le possibilità di gestione delle attività incompatibili interne alle aree protette non sono state mai oggetto di un’indagine sistematica e organica, nonostante la presenza rilevante della problematica sul territorio; le soluzioni concrete attuate sul territorio – piuttosto rare - rispecchiano questa mancanza di sistematicità tanto nell’analisi quanto nella scelta delle modalità operative, che solitamente funzionano sulla base del singolo caso. Intento della tesi è proporre nuove ipotesi per la fattibilità delle operazioni di riqualificazione ambientale e paesaggistica basate sull’eliminazione delle attività dichiarate incompatibili. Se considerare la tematica del tutto nuova nel panorama disciplinare è forse eccessivo, poiché in diverse realtà territoriali viene segnalata la presenza di attività e opere non compatibili con le aree protette e diverse leggi regionali ne danno riscontro, certamente innovativo è l’approccio proposto, che riconosce alla tematica una sua autonomia disciplinare. Il soggetto affrontato è infatti di grande rilevanza e necessita di una trattazione non solo teorica ma anche e soprattutto operativa specificamente disegnata per esso, a partire proprio dagli aspetti unici che questo tipo di conflitti mette in gioco. Non essendovi studi specifici, la costruzione della strategia che propongo è stata effettuata mettendo a sistema diversi aspetti. Da un lato l’analisi della problematica è stata fatta “sul campo”, tramite il lavoro di consulenza professionale da me svolto per la delocalizzazione delle attività site nel Parco Regionale dell’Appia Antica a Roma. La possibilità di verificare direttamente le maggiori difficoltà operative con cui debbono confrontarsi le Amministrazioni nel gestire l‘eliminazione delle attività incompatibili, ha costituito un serbatoio di esperienza indispensabile per mettere correttamente a fuoco anche le possibili soluzioni da proporre. D’altra parte le osservazioni desunte dalla pratica sono state spostare su un livello più teorico e generale. Posto che non vi sono stati che pochissimi esempi di risoluzione operativa della problematica – in particolar modo mi riferisco al caso di Montebelluna e al PAN Borsacchio – la ricerca ha proceduto secondo le linee indicate a seguire. È stata mia cura analizzare come altre realtà italiane o europee si confrontassero con due tematiche: il trasferimento di attività non compatibili con gli obiettivi pubblici, ancorché non localizzate in aree protette, e la gestione/acquisizione di porzioni di aree protette che correvano il rischio di essere edificate tramite il trasferimento di diritti edificatori ancora non esercitati. A partire da esse ho lavorato con una procedura che funzionasse “per esclusione” per verificarne l’applicabilità all’oggetto della ricerca. Per la prima tematica le metodologie operative utilizzate sono state cioè confrontate con gli elementi tipici di un’area protetta e con le limitazioni che essa impone per la sua stessa natura di pregio. Per la seconda tematica le metodologie sono state confrontate con le ulteriori problematiche sociali ed economiche esistenti nel caso di diritti edificatori esercitati, attività realizzate e operanti nel territorio. La conclusione di questa prima fase è stata da un lato la necessità di mettere a sistema tutela e valorizzazione – non impossibile, come dimostrato tramite alcuni casi studio – dall’altro l’opportunità di operare con meccanismi consensuali al fine di tutelare non soltanto l’area protetta ma anche gli aspetti sociali e occupazionali. Una volta stabiliti questi caratteri indispensabili, propri di una procedura operante in aree di pregio naturalistico – ambientale e con diritti di privati già ampiamente consolidati, ho aperto un confronto con le potenzialità offerte dalle innovazioni in campo giuridico – normativo e con le applicazioni in campo ambientale di alcuni principi economici che sono alla base del successo di altri tipi di strumenti di riqualificazione urbana. Per il raggiungimento dell’obiettivo hanno quindi giocato un ruolo fondamentale le innovazioni in materia di beni culturali e del paesaggio offerte dal nuovo Codice e gli studi di economia ambientale. Queste sono state confrontate con le limitazioni e i caratteri specifici dell’oggetto della ricerca, al fine di verificarne le possibili applicazioni. I principali elementi di novità che vengono avanzati nella trattazione riguardano infatti l’approccio complessivo che mette a sistema più strumenti e discipline per controllare e gestire il problema delle attività incompatibili. In primo luogo, secondo la proposta che avanzo in questa tesi, il piano paesaggistico, con i suoi contenuti rafforzati e innovati dal Codice Urbani, costituisce l’elemento di riferimento che ha il compito di recepire e organizzare ad una scala metropolitana o regionale la strategia nel suo complesso. Esso può infatti indicare quei progetti prioritari e divenire in tal modo la cornice strategica e l’atto di indirizzo per le delocalizzazioni e le riqualificazioni. Deve però coordinarsi con strumenti in grado di avere una operatività reale sul territorio, sia per poter agire in modo efficace dal punto di vista ricognitivo nell’individuazione degli elementi da trasferire, sia per poter operare dal punto di vista attuativo. A tal fine diviene indispensabile il coordinamento con un piano che abbia valenza urbanistica, piano dell’area protetta o piano urbanistico generale che sia. In altre parole è fondamentale che vi sia una convergenza di obiettivi tra i vari soggetti pubblici che hanno i poteri politici ed economici per poter intervenire sul territorio trasformandolo e riqualificandolo. La cooperazione e il dialogo tra gli Enti che sono a vario titolo coinvolti nella tematica, e la conseguente coerenza tra gli strumenti urbanistici che disciplinano il territorio, è indispensabile per ambire ad una reale efficacia. L’altro elemento forte su cui si basa la strategia che avanzo nella tesi risiede nella profonda convinzione della necessità di integrare contributi delle discipline economiche all’interno degli strumenti di pianificazione urbanistica, a partire dalla loro fase di ideazione- redazione. Solo la valutazione preliminare degli aspetti economici e finanziari in gioco consente all’Amministrazione Pubblica di governare e pianificare la manovra di trasferimento e acquisizione dei suoli liberati in modo realmente conveniente per la collettività. Gli elementi da considerare sono non soltanto quelli più “tradizionali” relativi alla stima dei costi degli interventi di tutela e riqualificazione dell’area protetta, ma anche quelli relativi alla valutazione economica delle esternalità e degli interessi immobiliari generati. La tesi indaga quegli aspetti di economia ambientale ritenuti basilari per costruire consapevolmente la struttura operativa di riqualificazione. Nel caso di un’area protetta infatti è necessario porre in essere nuove valutazioni e incentivi economici che inducano al trasferimento delle attività incompatibili, poiché la valorizzazione fondiaria normalmente utilizzata nelle politiche di riqualificazione urbana non può coesistere con le necessità di tutela proprie di un’area di pregio riconosciuto. L’elemento di innovazione che propongo di inserire all’interno degli strumenti urbanistici è la considerazione del valore edonico e della rendita posizionale da esso generata. Certamente questo aspetto, di grande interesse dal punto di vista applicativo, richiede una struttura tecnica in grado di interpretare e gestire in modo diverso il territorio. Gli Enti pubblici dovrebbero a tal fine, almeno in fase di redazione degli strumenti, formare e inserire in organico personale in grado di esaminare e proporre approcci multidisciplinari e che possieda elevate capacità gestionali. Per ciò che attiene il nuovo ruolo delle aree protette, che vedono passare il loro status da elemento da tutelare ad elemento che costituisce patrimonio collettivo e risorsa comunitaria, credo si tratti di un processo di trasformazione più ampio, già in essere nella nostra società, anche se i risultati in termini di approccio debbono ancora svilupparsi. Resta comunque di grande importanza il riconoscimento del valore collettivo del bene “ambiente e paesaggio” e questo richiede di porre la massima attenzione in fase di comunicazione e partecipazione per tutto ciò che attiene le trasformazioni nelle aree protette. La modalità di attuazione proposta si inserisce appieno nel dibattito sul trasferimento dei diritti edificatori che attraversa la disciplina urbanistica ormai da alcuni anni, e ne propone un’applicazione finalizzata alla riqualificazione ambientale. Rispetto alle fattispecie più indagate e approfondite, il caso oggetto di tesi si differenzia poiché i diritti edificatori sono già stati esercitati e questo pone in essere alcune problematiche specifiche, che rendono l’intera fattibilità più complessa. Infatti, se da un lato la manovra urbanistica di trasferimento potrà utilizzare quelle procedure “compensative” già ampiamente sperimentate – soprattutto in alcune regioni – e sulle quali ci si confronta da diversi anni, dall’altro ritengo vi siano alcune peculiarità specifiche che non possono essere trascurate. Affinché vi sia la possibilità di realizzare l’eliminazione delle attività incompatibili e l’acquisizione delle aree interessate al patrimonio pubblico è infatti necessario che l’operazione nel suo insieme sia conveniente anche per il privato. Tale convenienza è basata su un’attenta ponderazione del valore economico dell’operazione nel suo complesso e, nel caso di attività incompatibili in un’area protetta, non credo si possa prescindere dai valori edonici incorporati dall’attività svolta, né dai costi di dismissione dell’attività, sospensione e trasferimento, nonché eventuale bonifica dell’area ceduta. Tutti questi elementi devono essere valutati per la loro incidenza economica al fine di determinare non soltanto una permuta congrua, ma anche una localizzazione adeguata in termini di rendita posizionale. Rivestono inoltre non poca rilevanza le problematiche sociali, soprattutto in termini occupazionali. Questo ultimo aspetto, assieme alle valutazione delle difficoltà finanziarie in cui versano le amministrazioni, è fra quelli che mi hanno più fortemente indirizzata verso la creazione di una proposta che preveda una partecipazione alla manovra di trasferimento da parte delle aziende coinvolte spontanea e non coatta. Quindi, secondo l’ipotesi sviluppata, la partecipazione diviene legata alla capacità della Pubblica Amministrazione di renderla appetibile, incentivandola dal punto di vista economico e giuridico. Gli obiettivi che l’Amministrazione raggiunge in termini di liberazione e acquisizione dipendono dunque in certa misura dall’abilità dell’Amministrazione stessa nel costruire un percorso condiviso e conveniente; percorso del quale in questa tesi cerco di fissare alcuni elementi irrinunciabili. Indubbiamente l’elevata complessità del procedimento, ove non venga accuratamente controllata e gestita dal soggetto pubblico, rischia di comprometterne la fattibilità. Proprio per questo motivo ritengo sia indispensabile una regia d’insieme in grado di controllare le trasformazioni nel loro complesso, che indirizzi la strategia e ne verifichi in modo puntuale la coerenza, controllando che la flessibilità necessaria in questo tipo di operazioni non vada in alcun modo a compromettere gli obiettivi o la positività del bilancio dei risultati per la collettività.
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BOUSSOUS, Nabil. "Beni culturali e valore d’uso: conoscenza tacita, creatività e innovazione." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251082.

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Abstract:
Il lavoro di tesi indaga la definizione di bene culturale secondo una interpretazione estensiva del termine "cultura", data dalla sovrapposizione del concetto di cultura a quello di civiltà. In chiave di lettura antropologica, cultura e civiltà si presentano come sinonimi. Sicché, la nozione di beni culturali giunge a costituire un insieme aperto e suscettibile di continuo ampliamento, talché, ossequio al relativismo culturale, il concetto di cultura, meglio ingloba anche quelle pratiche ed usanze tradizionali che altre accezioni del termine lo sogliono contrapporre a "barbarie". Si è voluto così porre enfasi sulla pari meritevolezza di tutte quelle culture a lungo classificate come "altre". In altra istanza s’è colto il nesso trapelante tra il concetto di cultura e quello di conoscenza affinché l’analisi potesse essere convogliata verso l’altrettanta sua fondamentale variante tacita. L’intersezione col nuovo paradigma dell’economia della conoscenza ne ha fatto punto di riflessione e spunto di ricerca. In vero, la relazione esistente tra fruizione del beni culturali e lo sviluppo della conoscenza tacita ne ha ulteriormente suffragato l’impatto in termini di creatività e innovazione. Elementi, entrambi, necessari per l’acquisizione di un vantaggio competitivo nell’economia della globalizzazione. Successivamente, il "valore d’uso" associato alla fruizione del patrimonio culturale è stato analizzato. Dopo una sua prima scomposizione nelle due componenti, educativa ed edonistica, si è proceduto all’analisi della loro stretta interdipendenza funzionale. Il fine ultimo è stato quello di comprendere il loro contributo in termini di creatività e innovazione intese quale forma tangibile dell’espressione culturale. Si è cercato di dimostrare come la fruizione dei beni culturali, resa possibile mediante tecniche aggiornate di marketing sensoriale (o esperienziale), capaci di intercettare il mutamento dei benefici attesi dai consumatori, consente il raggiungiumento di uno stadio relativamente superiore di acculturazione tale da configurare un ricco bagaglio di conoscenza tacita. Addotta, poi, a fattore produttivo immateriale indispensabile per la creazione di prodotti place-specific forti degli attributi distintivi tradotti in termini di non replicabilità, inimitabilità e della difficile riproducibilità in altri contesti. Infine, il concetto di "Industrie Culturali e Creative" si è rivelato quello meglio atto ad inglobarne gli attributi, di modo che ci si è assunti l’onere di indagare le politiche finanziarie dell’UE all’uopo adottate in sua tutela.
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BULGINI, Giulia. "Il progetto pedagogico della Rai: la televisione di Stato nei primi vent’anni. Il caso de ‹‹L’Approdo››." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251123.

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Abstract:
Non c’è dubbio sul fatto che la RAI, dal 1954 a oggi, abbia contribuito in misura considerevole a determinare la fisionomia dell’immaginario collettivo e dell’identità culturale dell’Italia. Si tratta di un assunto che, a distanza di più di sessant’anni, resta sempre di grande attualità, per chi si occupa della questione televisiva (e non solo). Ma a differenza di quanto avveniva nel passato, quando la tv appariva più preoccupata dei reali interessi dei cittadini, oggi essa sembra rispondere prevalentemente a dinamiche di mercato, in grado di alterarne la funzione etica e sociale. E nonostante il livello di istruzione e di benessere economico si siano evidentemente alzati, in questi ultimi anni si è assistito a programmi di sempre più bassa qualità e in controtendenza a un incremento del potere modellante e suggestivo sull’immaginario dei telespettatori. C’è di più: l’interesse verso la tv ha coinvolto anche gli storici dell’epoca contemporanea, i quali hanno iniziato a prendere coscienza che le produzioni audiovisive sono strumenti imprescindibili per la ricerca. Se si pensa ad esempio al ‹‹boom economico›› del Paese, negli anni Cinquanta e Sessanta, non si può non considerare che la tv, insieme agli altri media, abbia contributo a raccontare e allo stesso tempo ad accelerare i progressi economici e sociali di quell’epoca. Partendo, dunque, dal presupposto che la televisione da sempre esercita un potere decisivo sulla collettività, si è scelto di concentrarsi sulla fase meno indagata della sua storia, quella della televisione delle origini: ‹‹migliore›› perché senza competitor, ‹‹autentica›› perché incontestabile e soprattutto ‹‹pedagogica›› perché è di istruzione e di formazione che, quell’Italia appena uscita dalla guerra, aveva più urgenza. La storia della televisione italiana inizia il 3 gennaio 1954, con la nascita del servizio pubblico televisivo e insieme di un mezzo che, di lì a poco, avrebbe completamente rivoluzionato la società italiana, trasformandola in una civiltà di massa. Si accorciano le distanze territoriali e insieme culturali e la società inizia a omologarsi nei gusti, poi nei consumi e infine nel pensiero. Il punto d’arrivo si colloca negli anni Settanta, quando ha termine il monopolio della RAI, che fino a quel momento era stato visto come il garante del pluralismo culturale. La RAI passa dal controllo governativo a quello parlamentare, mentre si assiste al boom delle televisioni private e alla necessità della tv di Stato di stare al passo con la concorrenza, attraverso una produzione diversa da quella degli esordi. Dunque cambia la tv, come pure cambia la sua funzione e la forma mentis di chi ne detiene le redini. Ne risulta un’indagine trasversale, che passa nel mezzo di molteplici discipline che afferiscono alla materia televisiva e che non evita di porsi quelle domande scomode, necessarie tuttavia a comprendere la verità sugli artefici della prima RAI e sui loro obiettivi. E allora: qual era il valore attribuito alla televisione degli esordi? Era davvero uno strumento pedagogico? Sulla base di quali presupposti? Chi scriveva i palinsesti di quegli anni? Chi e perché sceglieva temi e format televisivi? Chi decideva, in ultima analisi, la forma da dare all’identità culturale nazionale attraverso questo nuovo apparecchio? Il metodo di ricerca si è articolato su tre distinte fasi di lavoro. In primis si è puntato a individuare e raccogliere bibliografia, sitografia, studi e materiale bibliografico reperibile a livello nazionale e internazionale sulla storia della televisione italiana e sulla sua programmazione nel primo ventennio. In particolare sono stati presi in esame i programmi scolastici ed educativi (Telescuola, Non è mai troppo tardi), la Tv dei Ragazzi e i programmi divulgativi culturali. Successivamente si è resa necessaria una definizione degli elementi per l’analisi dei programmi presi in esame, operazione resa possibile grazie alla consultazione del Catalogo multimediale della Rai. In questa seconda parte della ricerca si è voluto puntare i riflettori su ‹‹L’Approdo››, la storia, le peculiarità e gli obiettivi di quella che a ragione potrebbe essere definita una vera e propria impresa culturale, declinata in tutte le sue forme: radiofonica, di rivista cartacea e televisiva. In ultimo, sulla base dell’analisi dei materiali d’archivio, sono state realizzate interviste e ricerche all’interno dei palazzi della Rai per constatare la fondatezza e l’attendibilità dell’ipotesi relativa agli obiettivi educativi sottesi ai format televisivi presi in esame. Le conclusioni di questa ricerca hanno portato a sostenere che la tv delle origini, con tutti i suoi limiti, era uno strumento pedagogico e di coesione sociale. E se ciò appare come un aspetto ampiamente verificabile, oltreché evidente, qualora si voglia prendere in esame la televisione scolastica ed educativa di quegli anni, meno scontato risulta invece dimostrarlo se si decide – come si è fatto – di prendere in esame un programma divulgativo culturale come ‹‹L’Approdo››, che rientra nell’esperienza televisiva definita di ‹‹educazione permanente››. Ripercorrere la storia della trasmissione culturale più longeva della tv italiana degli esordi, per avvalorarne la funzione educativa, si è rivelata una strada interessante da battere, per quanto innegabilmente controversa, proprio per il principale intento insito nella trasmissione: diffondere la cultura ‹‹alta›› a milioni di telespettatori che erano praticamente digiuni della materia. Un obiettivo che alla fine della disamina si è rivelato centrato, grazie alla qualità della trasmissione, al suo autorevole e prestigioso groupe d'intellectuels, agli ascolti registrati dal ‹‹Servizio Opinioni›› e alla potenzialità divulgativa e penetrante della tv, nel suo saper trasmettere qualunque tematica, anche quelle artistiche e letterarie. Dunque se la prima conclusione di questo studio induce a considerare che la tv del primo ventennio era pedagogica, la seconda è che ‹‹L’Approdo›› tv di questa televisione fu un’espressione felice. ‹‹L’Approdo›› conserva ancora oggi un fascino innegabile, non foss’altro per la tenacia con la quale i letterati difesero l’idea stessa della cultura classica dal trionfo lento e inesorabile della società mediatica. Come pure appare ammirevole e lungimirante il tentativo, mai azzardato prima, di far incontrare la cultura con i nuovi media. Si potrebbe dire che ‹‹L’Approdo›› oggi rappresenti una rubrica del passato di inimmaginata modernità e, nel contempo, una memoria storica, lunga più di trent’anni, che proietta nel futuro la ricerca storica grazie al suo repertorio eccezionale di immagini e fatti che parlano di arte, di letteratura, di cultura, di editoria e di società e che raccontano il nostro Paese e la sua identità culturale, la stessa che la televisione da sempre contribuisce a riflettere e a delineare. Lo studio è partito da un’accurata analisi delle fonti, focalizzando l’attenzione, in primo luogo, sugli ‹‹Annuari della Rai›› (che contengono le Relazioni del Cda Rai, le Relazioni del Collegio Sindacale, i Bilanci dell’Esercizio e gli Estratti del Verbale dell’Assemblea Ordinaria). Altre fonti prese in esame sono gli stati gli opuscoli di ‹‹Servizio Opinioni››, le pubblicazioni relative a studi e ricerche in materia di televisione e pedagogia e le riviste edite dalla Rai Eri: ‹‹Radiocorriere tv››, ‹‹L’Approdo Letterario››, ‹‹Notizie Rai››, ‹‹La nostra RAI››, ‹‹Video››. Negli ultimi anni la Rai ha messo a disposizione del pubblico una cospicua varietà di video trasmessi dalle origini a oggi (www.techeaperte.it): si tratta del Catalogo Multimediale della Rai, che si è rivelato fondamentale al fine della realizzazione della presente ricerca. Altre sedi indispensabili per la realizzazione di questa ricerca si sono rivelate le due Biblioteche romane della Rai di Viale Mazzini e di via Teulada.
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Caishuang, Hu. "The influence of management mechanisms on employee satisfaction and turnover intention in small and medium private enterprises: an empirical study in China's Pearl River Delta region." Doctoral thesis, 2020. http://hdl.handle.net/10071/22711.

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Abstract:
This thesis examines how small and medium-sized private enterprises (SMPE) can improve employee satisfaction and reduce employee turnover intention by effectively managing their management mechanisms which are in turn determined by such factors as leadership style, culture, and employee value preferences. More specifically, this study answers the following questions: (1) what effects do different management mechanisms exert on employee satisfaction and turnover intention? and (2) what are the determinants of effective management mechanisms? Based on a literature review of relevant management theories and empirical studies, we develop a research model on the determinants and outcomes of management mechanism in SMPE. An in-depth case study was conducted in a manufacturing company that specializes in medical, industrial and consumer lights. The case study provides qualitative support to the relationships outlined in our research model. A questionnaire was then used to collect survey data from 12 SMPEs in five cities in China's Pearl River Delta region. These companies are a variety of industries including manufacturing, high-tech enterprises, medical device and service companies. A final sample of 588 survey responses were collected and processed to quantitatively test our research model and hypotheses. The research results show that culture, leadership style and employee value preference have significant and positive effects on management mechanisms. In turn, effective management mechanisms have a positive and significant effect on employee satisfaction which have a significant and negative effect on employee turnover intention. Our findings suggest that, in order for SMPEs to reduce their employee turnover, they need to improve their management mechanisms by effectively managing their culture, leadership style and employee value preferences.
Esta tese estuda a forma como pequenas e médias empresas (PMEs) do setor privado na China, objeto de inquérito, podem melhorar a satisfação dos trabalhadores e reduzir a sua intenção de saída utilizando mecanismos de gestão determinados pelo estilo de liderança, cultura e valores dos próprios trabalhadores. Mais concretamente a tese procura responder às seguintes questões: (1) quais os efeitos dos diferentes mecanismos de gestão na satisfação dos trabalhadores e na sua intenção de abandonar a empresa? (2) e quais os determinantes desses mecanismos de gestão? Para estudar estas questões e com base na revisão da literatura relevante e de outros estudos empíricos desenvolveu-se um modelo de investigação conceptualizando os determinantes dos mecanismos de gestão utilizados em PMEs e os seus efeitos esperados. Foram depois realizadas entrevistas para aperfeiçoamento do questionário e desenvolvido um estudo de caso numa empresa especializada em produtos de iluminação para uso médico, industrial e doméstico. O caso permitiu um melhor enquadramento teórico das relações representadas no modelo de investigação. Foi também administrado um questionário a 12 PMEs em cinco cidades localizadas na região chinesa do Delta do Rio das Pérolas pertencentes a diversas indústrias incluindo a produção de equipamentos médicos, alta tecnologia e serviços. Foi obtido um total de 588 questionários validamente preenchidos que depois foram analisados para testar o modelo de investigação e as hipóteses colocadas. Os resultados mostram que a cultura, o estilo de liderança e os valores dos trabalhadores têm um impacto positivo nos mecanismos de gestão, que estes influenciam positivamente a satisfação dos trabalhadores e que, por sua vez, esta influencia negativamente a sua intenção de saída. Conclui-se que, a fim de reduzir a rotatividade do pessoal, as PMEs inquiridas necessitam de melhorar os seus mecanismos de gestão cuidando da cultura organizacional, do estilo de liderança e da sua adequação aos valores defendidos pelos trabalhadores.
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MARANO, Jonathan Francesco. "CHINA’S NEW NORMAL: DEVELOPMENTAL MODEL REFORM AND IMPLICATIONS FOR FOREIGN BUSINESSES." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251083.

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Abstract:
L’elaborato affronta la tematica del New Normal in Cina, inteso come il programma di riforme che la Repubblica Popolare Cinese ha predisposto per accompagnare la nuova fase di transizione, che vede il sistema-Paese abbandonare il vecchio paradigma della “Fabbrica del Mondo”, alla ricerca di un nuovo modello di sviluppo. Tale modello passa attraverso la ricollocazione verso l’alto dell’economa nazionale nella catena del valore globale ed una maggiore attenzione nei confronti degli aspetti maggiormente qualitativi della crescita economica, nonché di una accresciuta integrazione nell’economia mondiale, grazie ad una promozione dello stato di diritto e di un ambiente economico maggiormente trasparente ed aperto nei confronti degli operatori internazionali. Nell’analisi delle politiche e delle riforme che accompagnano questo cambiamento, svolta attraverso l’analisi di settori considerati strategici e particolarmente significativi (ambiente, sanità e food safety), la premessa alla base del lavoro è che tale transizione non è semplicemente descrivibile come mera convergenza verso un modello ricalcante i sistemi politici ed economici delle economie avanzate occidentali. La riforma è bensì intesa come un processo incrementale, che all’adozione delle cosiddette best practices internazionali affianca un approccio pragmatico, che non recede la linea di continuità con il background storico, politico, istituzionale e culturale -spesso contraddittorio- di quella che è considerata essere la più antica civiltà ortogenetica del mondo. Il contributo chiave del presente lavoro è la problematizzazione, nei suoi vari aspetti, di questa congiuntura storica e del suo portato nei confronti delle strategie di medio e lungo termine degli operatori economici stranieri che decidono di operare in Cina, i quali da un lato possono godere di grandi opportunità di mercato liberate dalle riforme, dall’altro devono essere consapevoli delle sfide inevitabilmente poste dal cangiante contesto giuridico, economico ed istituzionale e delle sue traiettorie di sviluppo.
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PETRINI, Maria Celeste. "IL MARKETING INTERNAZIONALE DI UN ACCESSORIO-MODA IN MATERIALE PLASTICO ECO-COMPATIBILE: ASPETTI ECONOMICI E PROFILI GIURIDICI. UN PROGETTO PER LUCIANI LAB." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251084.

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Abstract:
Con l’espressione “marketing internazionale” ci si riferisce a quell’insieme di attività adottate dall’impresa al fine di sviluppare o perfezionare la propria presenza sul mercato estero. Oggetto della presente ricerca è l’analisi degli aspetti problematici che tali attività sollevano sul piano giuridico: attraverso un approccio basato sull’integrazione della cultura economica del marketing d’impresa con quella più propriamente giuridica, l’indagine mira ad individuare le fattispecie di marketing rilevanti sotto il profilo giuridico e giuspubblicistico, ad analizzarne i profili che risultano più critici per l’impresa e proporre soluzioni concrete. La ricerca è stata condotta in collaborazione all’azienda Gruppo Meccaniche Luciani, che oltre ad essere un affermato fornitore di stampi per calzature, progetta design innovativi attraverso una sua articolazione organizzativa creativa, denominata Luciani LAB. L’impresa investe molto nell’innovazione, ed in questo senso, particolarmente significativo è stato l’acquisto di una potente stampante 3D, tecnologicamente all’avanguardia, che ha consentito all’azienda di progettare diversi prodotti, tra cui una borsa, realizzarli in prototipazione rapida, e successivamente renderli oggetto di specifiche campagne promozionali, illustrate nel presente lavoro. Viene evidenziato come queste rispecchino la peculiarità dell’approccio al marketing da parte della piccola/media impresa, descritto dalla dottrina maggioritaria come intuitivo ed empirico, distante da quello teorico e strategico del marketing management. La collaborazione con l’impresa partner del progetto ha costituito il riferimento principale per l’elaborazione del metodo con cui condurre la ricerca: l’azienda ha promosso i propri prodotti mediante diverse strumenti di marketing, come inserti pubblicitari su riviste, campagne di e-mail marketing e fiere di settore. Queste attività si distinguono tra esse non solo rispetto alle funzioni, alle differenti modalità con cui vengono impiegate e al pubblico cui si rivolgono, ma anche e soprattutto rispetto alla disciplina giuridica di riferimento: ognuna di esse infatti è regolata da un determinato complesso di regole e solleva questioni che si inseriscono in una specifica cornice giuridica. Al fine di giungere ad una sistematica trattazione dei profili giuridici connessi, si è scelto di classificare le diverse azioni di marketing in tre gruppi: quelle riferite alla comunicazione, quelle inerenti l’aspetto del prodotto e quelle che si riferiscono al cliente Per ognuna di queste aree si individua una precisa questione critica per l’impresa, e se ne trattano i profili problematici dal punto di vista giuridico. In relazione al primo gruppo, ovvero la comunicazione pubblicitaria d’impresa, si evidenziano le criticità connesse alla possibilità di tutelare giuridicamente l’idea creativa alla base del messaggio pubblicitario: si mette in discussione l’efficacia degli strumenti giuridici invocabili a sua tutela, in particolare della disciplina del diritto d’autore, della concorrenza sleale e dell’autodisciplina. Si prende come riferimento principale il contesto italiano, considerando la pluralità degli interessi pubblici, collettivi ed individuali coinvolti. Il secondo profilo d’indagine riguarda la disciplina giuridica riconducibile all’e-mail marketing, uno degli strumenti più diffusi di comunicazione digitale. L’invasività di questo sistema nella sfera personale dei destinatari impone l’adozione di adeguati rimedi da parte delle imprese per evitare di incorrere nella violazione delle disposizioni a tutela della privacy. Si trattano le diverse implicazioni derivanti dall’uso di tale strumento, in particolare quelle riferite al trattamento dei dati personali alla luce della normativa vigente in Italia e nell’Unione Europea, e connesse alle modalità di raccolta degli indirizzi e-mail dei destinatari potenzialmente interessati. Infine, la costante partecipazione alle fiere di settore da parte dell’azienda dimostra quanto l’esteriorità del prodotto costituisca uno strumento di marketing decisivo per la competitività aziendale, dunque grande è l’interesse dell’impresa a che il suo aspetto esteriore venga protetto dall’imitazione dei concorrenti. Il tema giuridico più significativo che lega il processo di marketing al prodotto dell’azienda è proprio la protezione legale del suo aspetto, ovvero la tutela del diritto esclusivo di utilizzarlo, e vietarne l’uso a terzi. L’aspetto di un prodotto può essere oggetto di protezione sulla base di diverse discipline che concorrono tra loro, sia a livello nazionale che sovranazionale, dei disegni e modelli, del marchio di forma, del diritto d’autore e della concorrenza sleale. Si è scelto di concentrare il lavoro, in particolare, sulla prima: si ricostruisce il quadro normativo e l’assetto degli interessi implicati dalla fattispecie, per arrivare ad evidenziare le principali criticità nell’interpretazione delle norme, sia a livello nazionale, che nell’Unione Europea. Si approfondiscono gli orientamenti di dottrina e giurisprudenza di alcune disposizioni chiave per l’applicazione della disciplina, quali gli artt. 6 e 7 del Regolamento CE, n. 6/2002, concernenti rispettivamente il «carattere individuale» e la «divulgazione», i due requisiti fondamentali per ottenere la registrazione e conseguente protezione giuridica del disegno. Tali nozioni sono soggette ad interpretazioni parzialmente difformi da parte dei giudici dei diversi Stati membri, e ciò contribuisce a minare l’applicazione omogenea della disciplina in tutto il territorio UE. In questo senso, viene messo in evidenza il ruolo chiave dell’orientamento della Corte di Giustizia dell’Unione Europea nell’interpretazione di tali concetti, avente l’effetto di uniformare l’approccio degli Stati. La Direttiva 98/71/CE ha introdotto la possibilità di cumulare la protezione conferita all’aspetto del prodotto dalla disciplina dei disegni e modelli con quella riconosciuta dalle altre normative. Tale previsione solleva questioni di rilievo sistematico e concorrenziale: ci si interroga su quali problemi di tipo sistematico e di concorrenza vengano sollevati dal riconoscimento su uno stesso prodotto della protezione sia come disegno che come marchio di forma, e sia come disegno che come opera dell’ingegno. In particolare nell’ambito del diritto dei marchi d’impresa e del diritto d’autore, le tutele hanno durata potenzialmente perpetua, diversamente dalla registrazione come disegno o modello, che garantisce la titolarità del diritto di utilizzare il proprio disegno in via esclusiva per un periodo limitato di massimo 25 anni. Questa differenza temporale rende il cumulo problematico sia a livello di coordinamento, che di concorrenza, poiché incentiva il sorgere di “monopoli creativi” sulle forme del prodotto. Il presente lavoro ha come obiettivo l’ampliamento della conoscenza sul tema del marketing con particolare riferimento ai profili giuridici che si pongono, con riguardo alla promozione del prodotto nell’ambito dell’Unione Europea. Si ritiene che il valore aggiunto e l’aspetto più originale della ricerca consista nella sua forte aderenza alla realtà della piccola/media impresa: tramite l’integrazione della ricerca giuridica e dello studio dei fenomeni di marketing si delineano i problemi pratici che questa si trova a dover affrontare nell’implementazione delle attività quotidiane di marketing. Tale indagine vuole essere utile a tutte le piccole/medie imprese che si trovano impreparate nell’affrontare le sfide poste dal marketing e nel conoscere le implicazioni giuridiche che da questo derivano.
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RECCHI, Simonetta. "THE ROLE OF HUMAN DIGNITY AS A VALUE TO PROMOTE ACTIVE AGEING IN THE ENTERPRISES." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251122.

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Abstract:
Ogni azienda che si riconosca socialmente responsabile deve occuparsi dello sviluppo delle carriere dei propri dipendenti da due punti di vista: quello individuale e personale e quello professionale. La carriera all’interno di un’azienda coinvolge, infatti, la persona in quanto individuo con un proprio carattere e una precisa identità e la persona in quanto lavoratore con un bagaglio specifico di conoscenze e competenze. L’azienda ha, quindi, il compito di promuovere carriere professionalmente stimolanti che si sviluppino in linea con i suoi stessi valori, la sua visione e la sua missione. Nel panorama moderno, aziende che sviluppano la propria idea di business nel rispetto dei lavoratori proponendo loro un percorso di crescita, si mostrano senza dubbio lungimiranti. Un tale approccio, però, non basta a far sì che vengano definite socialmente responsabili. I fattori della Responsabilità Sociale d’Impresa sono infatti numerosi e, ad oggi, uno dei problemi principali da affrontare è quello del progressivo invecchiamento della popolazione. Dal momento che la forza lavoro mondiale sta invecchiando e che si sta rispondendo al problema spostando la linea del pensionamento, tutte le aziende sono obbligate a mantenere le persone il più a lungo possibile attive e motivate a lavoro. L’età è spesso visto come un fattore di diversità e di discriminazione, ma nello sviluppare la mia argomentazione, cercherò di dimostrare che una politica del lavoro che supporti l’idea dell’invecchiamento attivo può trasformare questo fattore da limite in opportunità. Il rispetto degli esseri umani, a prescindere dalle differenze legate all’età, dovrebbe essere uno dei valori fondanti di ogni impresa. Nel primo capitolo della tesi, svilupperò il tema della dignità umana così come è stato concepito a partire dalla filosofia greca fino alla modernità. La dignità intesa come valore ontologico, legato all’essenza dell’uomo, diventerà con Kant il fattore di uguaglianza tra tutti gli esseri viventi, la giustificazione del rispetto reciproco. Il concetto di dignità verrà, poi, definito nel secondo capitolo come il principale valore che deve ispirare l’azione sociale delle imprese, come l’elemento che garantisce il rispetto di ogni dipendente che prima ancora di essere un lavoratore è un essere umano. La dignità è ciò che rende l’essere umano degno di essere considerato un fine in se stesso piuttosto che un mezzo per il raggiungimento di un fine esterno. Nell’era della globalizzazione, dove il denaro è il valore principale, gli esseri umani rischiano di diventare un mezzo al servizio dell’economia. A questo punto, il rispetto della dignità deve divenire il fondamento di un ambiente di lavoro che promuove la crescita e la fioritura dell’essere umano. Nel secondo capitolo cercherò quindi di dimostrare come l’idea di dignità possa promuovere un management “umanistico” centrato sul rispetto dell’essere umano. Un’impresa socialmente responsabile può promuovere il rispetto di ogni lavoratore se fa propri i valori di dignità e uguaglianza. Attraverso la teoria dello Humanistic Management che veicola tali valori, il lavoro diventa un luogo in cui l’uomo può esprimere se stesso, la sua identità, le sue conoscenze e competenze. Inoltre, dal momento che la popolazione sta invecchiando, le aziende devono farsi carico della forza lavoro più anziana, come è emerso sopra. A questo punto, nel terzo capitolo, il concetto della Responsabilità Sociale d’Impresa sarà analizzato nel suo legame con i temi dell’invecchiamento attivo e della diversità sul posto di lavoro. Conosciamo diverse ragioni di differenza a lavoro: genere, cultura, etnia, competenze, ma qui ci concentreremo sul fattore età. È naturale che i lavoratori anziani abbiano un’idea di lavoro diversa da quella dei giovani e che le loro abilità siano differenti. Ma questa diversità non deve essere valutata come migliore o peggiore: essa dipende da fattori che analizzeremo e che l’impresa socialmente responsabile conosce e valorizza per creare un ambiente di lavoro stimolante e collaborativo, eliminando possibili conflitti intergenerazionali. Alcune delle teorie che permettono di raggiungere tali obiettivi sono il Diversity Management e l’Age Management: ogni impresa può promuovere pratiche per valorizzare gli anziani, permettendo loro di rimanere più a lungo attivi e proattivi a lavoro e di condividere le proprie conoscenze e competenze. L’ultimo capitolo della tesi si concentrerà su un caso di azienda italiana che ha sviluppato uno strumento di valorizzazione di collaboratori over 65. Sto parlando della Loccioni, presso cui ho svolto la ricerca applicata e che promuove il progetto Silverzone, un network di persone in pensione che hanno conosciuto l’azienda nel corso della loro carriera e che continuano a collaborare con essa ancora dopo il pensionamento. Per capire l’impatto qualitativo e quantitativo che il progetto ha sull’azienda, ho portato avanti un’analisi qualitativa dei dati ottenuti grazie a due tipi di questionari. Il primo ha visto il coinvolgimento dei 16 managers della Loccioni a cui sono state sottoposte le seguenti domande: 1. Chi sono i silver nella tua area di business? Quali i progetti in cui essi sono coinvolti? 2. Qual è il valore del loro supporto per l’azienda? E, allo stesso tempo, quali sono le difficoltà che possono incontrarsi durante queste collaborazioni? 3. Qual è la frequenza degli incontri con i silver? 4. Perché l’azienda ha bisogno di questo network? Successivamente, ho sottoposto un altro questionario agli 81 silver della rete. Di seguito i dettagli: 1. Qual è il tuo nome? 2. Dove sei nato? 3. Dove vivi? 4. Qual è stato il tuo percorso formativo? 5. Qual è stata la tua carriera professionale? 6. Come e con chi è avvenuto il primo contatto Loccioni? 7. Come sei venuto a conoscenza del progetto Silverzone? 8. Con quali dei collaboratori Loccioni stai lavorando? 9. In quali progetti sei coinvolto? 10. Potresti descrivere il progetto in tre parole? 11. Che significato ha per te fare parte di questa rete? 12. Nella tua opinione, come deve essere il Silver? 13. Che tipo di relazioni hai con i collaboratori Loccioni? 14. Quali dimensioni umane (dono, relazione, comunità, rispetto) e professionali (innovazione, tecnologia, rete) emergono lavorando in questo progetto? Il progetto Silverzone è sicuramente una buona pratica di Age Management per mantenere più a lungo attivi i lavoratori over 65. I progetti in cui i Silver sono coinvolti hanno un importante impatto economico sull’impresa, in termini di investimento ma anche di guadagno. Ad ogni modo, qui la necessità di fare profitto, stando a quanto è emerso dai risultati delle interviste, è subordinata al più alto valore del rispetto dei bisogni umani che diventa garante di un posto di lavoro comfortable, dove si riesce a stringere relazioni piacevoli, collaborative e produttive.
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BELLETTI, Eleonora. "SUSTAINABLE TOURISM AND VALUE CO-CRATION: CHALLENGES AND OPPORTUNITIES FOR RURAL AREAS." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251118.

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Abstract:
La co-creazione di valore in ottica di sviluppo turistico di una destinazione è oggi un hot topic della ricerca scientifica sul destination management. L’obiettivo del presente lavoro è, da un lato, quello di fornire a studiosi ed operatori di settore alcuni spunti critici di riflessione sulle relazioni, le interazioni tra stakeholder e la gestione delle risorse del territorio in un’ottica di sviluppo turistico; dall’altro lato è quello di mostrare il ruolo, in tale contesto, che la nascita di modelli innovativi di agribusiness basati su un approccio culturale e sul supporto delle nuove tecnologie possono giocare, in particolare nelle aree rurali delle Marche. Al fine di comprendere le dinamiche, le idee e le spinte motivazionali dei soggetti coinvolti nel processo di ricerca, si è scelto di optare per un approccio qualitativo, nel quale i metodi privilegiati sono stati il case study e l’etnografia. Sono stati quindi analizzati dialoghi, interazioni, materiale informativo di vario genere, documenti ufficiali, field notes ed interviste semi-strutturate con soggetti chiave. La ricerca mette in evidenza come un cambio di paradigma culturale sia necessario per apportare reale innovazione e sviluppo sul territorio, sia in termini di relazioni ed interazioni tra stakeholder, sia in termini di gestione delle risorse. Questo cambiamento può favorire inoltre l’affermazione di modelli di agribusiness innovativi, che in parte stanno già iniziando a diffondersi, che rispondono a nuovi principi economici ed istanze sociali e culturali diverse rispetto al passato. Una successiva ricerca quantitativa potrebbe essere utile per una generalizzazione delle evidenze emerse dal presente lavoro e misurare l’effettiva ampiezza e diffusione dei vari argomenti qui descritti e discussi. La presente indagine contribuisce in particolare a sottolineare il valore di un approccio culturale e creativo anche in ambiti apparentemente distanti e guidati da logiche diverse.
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FORESI, Elisa. "A Multisectoral Analysis for economic policy: an application for healthcare systems and for labour market composition by skills." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251178.

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Abstract:
L’Agenda Digitale Europea stabilisce il ruolo chiave delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) grazie a un mercato digitale unico basato su internet veloce e superveloce e su applicazioni interoperabili, al fine di ottenere vantaggi socioeconomici sostenibili COM(2010)245. Le TIC producono un'innovazione di prodotto e cambiamenti strutturali all'interno di tutto il sistema economico e possiamo affermare che dal punto di vista multisettoriale hanno un ruolo moltiplicativo sulla crescita economica, poiché l’aumento della domanda di TIC stimola a sua volta tutte le altre produzioni. Inoltre come riscontrato in letteratura economica, nelle istituzioni internazionali, nonché confermate dai dati periodici rilasciati dagli uffici statistici nazionali, una maggiore incidenza della popolazione attiva formalmente istruita in associazione con l'adozione delle TIC è altamente correlata ad una crescita robusta, sostenibile ed equa. In questo quadro è importante valutare il ruolo delle TIC nel sistema economico, in particolare verrà analizzato il ruolo delle TIC sia rispetto ad un particolare settore quello della sanità, che dal lato dei soggetti che dovrebbero essere parte attiva nella gestione delle TIC ovvero la situazione delle abilità digitali dei lavoratori dipendenti. Il primo articolo si focalizza sul ruolo delle TIC nella determinazione dell’output del settore sanitario, utilizzando il database WIOD (World Input Output Database), di 24 paesi nell’arco temporale 2000-2014, tenendo conto anche dei differenti sistemi sanitari nazionali. La produzione del settore “Sanità e Servizi Sociali” assume, almeno in alcuni paesi specifici, il ruolo di stimolo all’innovazione che compensa ampiamente quello di peso sul bilancio pubblico. Nel secondo articolo analizziamo come l’uso delle TIC stia progressivamente aumentando nel sistema sanitario italiano e in particolare come l'introduzione del Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE), strumento di condivisione dei dati sanitari del singolo cittadino, potrebbe determinare cambiamenti nella produzione sui servizi sanitari. Verranno analizzati gli eventuali cambiamenti strutturali dei processi produttivi e della produzione totale applicando l'Analisi Strutturale di Decomposizione (SDA). La base dati di riferimento sarà la tavola di Input-Output riferita a due diversi periodi al fine di individuare i risultati sia degli effetti tecnologici sia della domanda finale a livello settoriale. Infine l’ultimo articolo ha l’obiettivo di valutare le conseguenze dei cambiamenti nella composizione dell'occupazione per competenza digitale all’interno del flusso di produzione e distribuzione del reddito. Verrà costruita una Matrice di Contabilità Sociale (SAM) che consente di rappresentare le relazioni tra i cambiamenti di produzione delle attività e i cambiamenti di compensazione dei dipendenti per competenze, grado di digitalizzazione e genere. LA SAM sviluppata nel documento è relativa all'Italia nel 2013; il lavoro è disaggregato in competenze formali / non formali / informali e, inoltre, competenze digitali / non digitali. Le abilità digitali del lavoro seguono la definizione di “competenza formale” della Commissione Europea (2000): i) competenza formale a seconda del livello di istruzione e formazione; ii) competenza non formale acquisita sul posto di lavoro e attraverso le attività delle organizzazioni e dei gruppi della società civile; iii) competenza informale non acquisita intenzionalmente durante la vita. In questo quadro è stata introdotta un'ulteriore classificazione di input di lavoro basata sull'uso / non utilizzo di computer collegati a Internet. Sulla base della SAM, è stato implementato un modello multisettoriale esteso. Infine, verrà individuata una struttura adeguata di domanda finale che consente di ottenere i migliori risultati in termini di valore aggiunto distribuiti a lavoratori più qualificati con una elevata competenza digitale.
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