Academic literature on the topic 'Tutela pre unitaria'

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Journal articles on the topic "Tutela pre unitaria"

1

Musacchio, Vincenzo. "Spunti critici sull’art.1 (primo comma) della Legge n. 194/1978." Medicina e Morale 45, no. 5 (October 31, 1996): 935–39. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1996.899.

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Abstract:
L’articolo 1 primo comma della legge n.194/1978, la legge sull’interruzione della gravidanza, stabilisce, benchè dapprima sebra voler tutelare la vita, che in determinati casi è consentito interrompere la gravidanza. Il problema sociale che va risolto quanto prima è quello di stabilire se il bene giuridico “vita” (che per altro assume rilevanza costituzionale) venga concretamente tutelato e garantito dall’attuale legislazione che oltretutto vige da secici anni senza aver mai subito significative modificazioni in favore della vita del nascituro. Per sviluppare tali problematiche è bene definire mediante metodologie prossime alla certezza scientifica il concetto di vita umana ed il suo effettivo inizio. Secondo i più autorevoli studiosi della materia il concetto di vita individuale è un unicum indifferenziato il cui effettivo inizio biologico incomincia a decorrere dal momento della fecondazione, quando lo spermatozoo entra nella cellula uovo. Premesso che la vita umana è un concetto unitario e che il diritto penale per elaborare il concetto di vita non possa generare parametri convenzionali od assiomatici, può senz’altro dedursi che il bene “vita” merita una tutela giuridica adeguata all’evoluzione della scienza. Da un’approfondita analisi dell’art. 1 della legge che al primo comma afferma che la vita umana va tutelata fin dal suo inizio, si può concludere che tale articolo è costituzionalmente illegittimo per difetto di tassatività poichè la sua apllicazione contraddice proprio quel primo comma.
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Perulli, Adalberto. "Per una disciplina del lavoro "in tutte le sue forme e applicazioni"." SOCIOLOGIA DEL LAVORO, no. 164 (December 2022): 70–90. http://dx.doi.org/10.3280/sl2022-164004.

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Abstract:
L'articolo intende indagare criticamente l'attuale assetto del Diritto del lavoro ancora focalizzato, da un punto di vista assiologico e regolativo, sulla predominanza della fattispecie del lavoro subordinato, laddove sarebbe il tempo di riconsiderare come tutto il lavoro rientri nel processo di produzione capitalistico. Superando la frattura esistente tra norma giuridica e realtà sociale, un'idea unitaria e al contempo pluralistica di lavoro può consentire una nuova politica del diritto e una diversa architettura regolativa, finalizzate alla costruzione di tutele sociali legate al lavoro personale a favore di altri, indipendentemente dal tipo negoziali e dalle forme con-trattuali impiegate, e a prescindere dalle categorie giuridiche della autonomia o subordinazione.
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Crialesi, Silvia. "Roma capitale del regno d'Italia: l'inserimento dei ministeri negli organismi conventuali." STORIA URBANA, no. 132 (February 2012): 271–95. http://dx.doi.org/10.3280/su2011-132010.

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Abstract:
La vicenda dell'uso dei complessi conventuali romani, quali sedi di ministeri ed uffici governativi per la nuova capitale del Regno d'Italia, si inserisce nel piů vasto quadro del riuso degli immobili appartenenti agli enti religiosi soppressi dopo l'unificazione ed č un esempio della complessa situazione determinatasi a Roma dopo il 20 settembre 1870. I problemi che si affrontano in questa fase, inoltre, costituiscono un passaggio significativo nel lungo e travagliato processo di costituzione dell'ordinamento di tutela dei beni artistici del nuovo stato unitario, sia a livello centrale sia periferico.
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Niglio, Olimpia. "La política cultural en Italia y las innovaciones del siglo XXI." Culturas. Revista de Gestión Cultural 3, no. 1 (May 25, 2016): 1. http://dx.doi.org/10.4995/cs.2016.5271.

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Abstract:
<p>Este artículo analiza el desarrollo de la política cultural en Italia desde las primeras experiencias del siglo XVI hasta principios del siglo XXI con la reforma institucional por el Ministro Darío Franceschini. En el país pre-unitario fueron muy importantes las contribuciones de los diferentes gobernadores locales que han impuesto políticas de conservación para evitar la dispersión de las obras de arte. Después de la unidad de Italia (1861) las leyes de tutela del patrimonio nacional han contribuido a encaminar importantes iniciativas que se han desarrollado concretamente sólo al final del siglo XX. Son grandes las novedades institucionales y normativas activadas en el siglo XXI, y en esta contribución proponemos algunoss importantes hechos de reflexión y de profundización.</p>
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Boga, Diletta. "Il contratto per conto di chi spetta nel settore del turismo." RIVISTA ITALIANA DI DIRITTO DEL TURISMO, no. 20 (October 2018): 242–74. http://dx.doi.org/10.3280/dt2017-020004.

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Abstract:
A differenza del contratto a favore di terzi, il contratto di assicurazione per conto di chi spetta, disciplinato dall'art. 1891 cod. civ., prevede un regime in base al quale i diritti derivanti dal contratto spettano all'assicurato, mentre gli obblighi derivanti dal contratto stesso devono essere adempiuti dal contraente, ad eccezione di quelli che per loro natura possono essere adempiuti solo dall'assicurato. Pertanto, nessuna delle parti può essere considerata terza (parte) in relazione al contratto di assicurazione perché, nel caso del contratto per conto di chi spetta, i diritti della controparte dell'assicuratore riguardano sia il contraente che il soggetto assicurato. Si tratta di uno strumento di autonomia privata meritevole di tutela giuridica anche per i contratti non legati all'assicurazione (e diversi dall'assicurazione stessa), in particolare per quei contratti conclusi dal tour operator con i fornitori di servizi primari al fine di assemblare le varie componenti di un pacchetto turistico (trasporto, alloggio, partecipazione ad eventi culturali o altro). In tali casi, esiste una separazione tra il contraente (tour operator) e l'utente del servizio (turista) relativamente alle prerogative che sono di competenza della controparte del fornitore: la giustificazione di tale separazione è nel contratto tra i tour operators e i turisti (viaggio organizzato), relativo ad un contratto di servizio, per cui il turista riconosce il vantaggio di avere un unico interlocutore, responsabile dell'organizzazione del viaggio organizzato, inteso come risultato unitario.
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Aversano, Francesco. "Regole sul cibo e sviluppo turistico dell'impresa agricola. Il caso dei food events." RIVISTA ITALIANA DI DIRITTO DEL TURISMO, no. 19 (February 2018): 7–37. http://dx.doi.org/10.3280/dt2017-019001.

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Abstract:
La crescita del business nel settore alimentare non è solo legata alle tradizionali attività di distribuzione commerciale, ma anche al settore dell'ospitalità e del tempo libero. La frequente organizzazione di eventi gastronomici è, infatti, un fenomeno che è sicuramente in evoluzione, attraverso la vendita diretta dei prodotti, degustazioni o banchetti. Inoltre, anche le attività produttive e amministrative legate a determinati luoghi sono fattori che guidano lo sviluppo turistico. In questo contributo verranno analizzate tali opportunità, per aziende e territori, attraverso la legislazione del settore alimentare che è un modello di riferimento unitario, perché ha lo scopo di tutelare la sicurezza degli alimenti e salvaguardare il consumatore. In proposito, la legislazione del settore alimentare prevede norme volte a tutelare il consumatore sotto il profilo informativo e a promuovere i prodotti con un valore particolare. Inoltre, la genuinità dei prodotti e la loro origine hanno assunto un'importanza crescente non solo nella scelta del prodotto, ma anche riguardo l'origine del prodotto stesso. Analizzare la legislazione europea del settore alimentare significa, quindi, verificare anche la possibile afferenza alle attuali regole del mercato turistico, il clamore inevitabile sull'assenza di rischio alimentare, quale fattore importante per l'affidabilità della somministrazione del cibo.
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Cossiri, Angela, and Giulia Messere. "Il cibo dalla Costituzione alle pratiche educative nel quadro delle politiche per la sostenibilità." AGRICOLTURA ISTITUZIONI MERCATI, no. 1 (November 2021): 5–29. http://dx.doi.org/10.3280/aim2019-001001.

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Abstract:
Il cibo, anche a seguito di recenti contenziosi, sta assumendo sempre più una rilevanza costituzionalistica. Oltre a tutelare il diritto al sostentamento, la Costituzione ne presidia la libertà di scelta, che trova ancoraggio nelle libertà personali, di coscienza e religiosa. Il cibo è altresì connesso al diritto alla salute: da questo punto di vista, emerge il problema costituzionale del costo del cibo salubre, che non dovrebbe produrre disuguaglianze. Le questioni vanno inquadrate considerando i diritti delle generazioni future, a cui l'attuale comunità sociale è legata dal dovere di solidarietà. In questo contesto, si colloca l'educazione alimentare, riconosciuta nei programmi dell'Agenda 2030 dell'ONU e nelle Linee Guida per l'Educazione Alimentare del MIUR, in cui prende forma un'idea di azione globale integrata fra tutti i soggetti chiamati a promuovere corrette abitudini sul cibo. Tuttavia, su questo versante, recenti studi hanno evidenziato alcune debolezze nella cooperazione per programmi comuni e unitari verso un'educazione alimentare promossa sul piano nazionale.
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Krzynówek, Jerzy. "Funkcje i stosowanie "precarium" w rzymskim prawie klasycznym." Prawo Kanoniczne 36, no. 3-4 (December 10, 1993): 137–48. http://dx.doi.org/10.21697/pk.1993.36.3-4.06.

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Abstract:
In sintesi si possono desumere, dall’analisi dei testi presentati, le seguenti deduzioni: il precario,che nacque come rapporto gratuito, poteva essere usato anche per fini alimentari, ma nel periodo classico questa sua funzione non era primaria. L’analisi dei testi rileva che la funzione base del precario, nel periodo menzionato, era di dare una elasticità ai negozi con i quali esso veniva collegato. Questo fenomeno si verificava spesso nell’ambito dei contratti che tendevano al trasferimento della propriétà. Il precarista aveva molte volte una aspettativa all’acquisizione della propriétà della cosa che aveva chiesto in precario. Collegando il pignus о la vendita alla concessione precaria non si facevano soltanto gli interessi del precarista, il quale poteva sfruttare la cosa prima del perfezionamento del contratto, ma anche quelli del concedente che non aveva nessun interesse a tenere la cosa presso di sé, mentre aveva bisogno di assicurare il suo diritto oltre le normali azioni derivanti dal contratto stipulato. La prova che spesso si ricorreva alla pratica di collegamento del precario con gli altri contratti, si desume dal corso dello sviluppo post-classico dell’istituto in questione. In quest’ultimo periodo il precario era divenuto un contratto stipulato per un tempo prestabilito ed a pagamento; esso è stato classificato come contractus innominatus e tutelato con l’actio prescripti verbis, dunque avendo assunto queste nuove caratteristiche, in particolare l’onerosité, è diventato affine alla locatio conductio. I compilatori tentarono di restituire al precario la sua struttura classica, ma dai testi collocati nel titolo ,,De precario” e da altri, disseminati nelle diverse parti del Digesto (che fanno riferimento all’istituto in questione), traspare la mancanza di una concezione unitaria dell’istituto. L’assenza di una struttura unica ha comportato che, nel periodo giustinianeo, il precario non ha svolto una funzione ben definita.
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TRUSIANI, Elio. "Dal Centro Storico alla Città Storica: la dimensione progettuale della conservazione − Il caso di Roma." Desenvolvimento e Meio Ambiente 9 (June 17, 2004). http://dx.doi.org/10.5380/dma.v9i0.3084.

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Abstract:
Com a adoção do Plano Regulador, Roma finalmente adquiriu uma nova perspectiva para construir o seu desenvolvimento, partir de um sistema histórico-ambiental tutelado e valorizado (base concreta da sustentabilidade), valorizando a reorganização funcional e espacial das suas estruturas subterrâneas. Uma cidade projetada em uma dimensão metropolitana e organizada segundo um modelo policêntrico – no qual se chama atenção aos trabalhos regulares e superamentos do velho conceito de centro “histórico”, conjugado à parte mais antiga do centro urbano, e a assunção do conceito de “cidade histórica” – compreende um universo mais vasto e difuso no território (do medieval ao Renascimento ao Novecentos). Um método inovador de leitura da cidade, não mais por zonas homogêneas mas por tecidos − isso permite superar o modo de tratamento unitário por zonas inteiras e lê-las ao invés de diferenciá-las, sobretudo em uma cidade como Roma, e para tanto ler as atuais exigências de transformação, procurando conferir, ou restituir, ao final cidade histórica a difícil tarefa de regular a valorização, orientar as estratégias de requalificação, construir as condições do projeto, recuperando, em tal sentido, a dimensão projetual da conservação. Resumo Con l’adozione del Piano Regolatore, Roma ha finalmente una nuova prospettiva per costruire il suo sviluppo all’interno di un sistema storico-ambientale tutelato e valorizzato, base concreta della sostenibilità, finalizzato alla riorganizzazione funzionale e spaziale delle sue strutture insediative. Una città proiettata in una dimensione metropolitana e organizzata secondo un modello policentrico, in cui si pone all’attenzione degli addetti ai lavori il superamento del vecchio concetto di centro “storico”, legato alla parte più antica del centro urbano, e l’assunzione del concetto di “città storica”, comprendente un universo più vasto e diffuso nel territorio (dal medioevo al Rinascimento al Novecento). Un metodo innovativo di lettura della città: non più per zone omogenee ma per tessuti − questo permette si superare il modo di trattamento unitario per intere zone e leggerne invece le differenze, soprattutto in una città come Roma, e pertanto leggerne le attuali esigenze di trasformazione, cercando di conferire, o restituire, al termine città storica il difficile compito di regolare la valorizzazione, orientare le strategie di riqualificazione, costruire le condizioni del progetto, recuperando, in tal senso, la dimensione progettuale della conservazione.
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Casini, Carlo, and Marina Casini. "Una nuova riflessione sul significato dell’obiezione di coscienza alla luce di una sentenza ingiusta Nota a Cass. n. 14979 del 2 aprile 2013." Medicina e Morale 62, no. 2 (April 30, 2013). http://dx.doi.org/10.4081/mem.2013.100.

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Abstract:
Il contributo esamina la sentenza della Corte Suprema di Cassazione n. 14979 del 2013 che ha per tema l’obiezione di coscienza all’aborto. Nella fattispecie, un medico ginecologo viene pesantemente condannato per aver fatto valere il suo diritto di sollevare obiezione di coscienza (previsto dalla legge 194/1978) per attività che secondo i giudici non sono coperte dall’obiezione di coscienza. Nella prima parte dell’articolo, gli Autori muovono osservazioni critiche riguardo alla particolare severità della sentenza e riportano la ricostruzione dei fatti così come emerge dalle indagini giudiziarie. Di seguito concentrano l’attenzione sul significato e l’estensione del concetto di intervento medico- chirugico in generale e abortivo in particolare, osservando che nella misura in cui un’attività, sebbene non rientrante nel “nucleo” dell’intervento, è programmata dall’inizio come fase conclusiva (tanto che se non vi fosse la certezza di effettuarla, non potrebbe neanche iniziarsi l’intervento) tale attività è parte integrante dell’intervento stesso e dunque, trattandosi di aborto, coperta da obiezione di coscienza. Rilevante ai fini di questa valutazione è l’evidente nesso di causalità che tiene in un tutto unitario i vari momenti che si susseguono cronologicamente. La questione squisitamente giuridica della revoca immediata dell’obiezione viene risolta alla luce della differenza tra l’eventuale accettazione preventiva e l’esecuzione dell’ordine imprevisto. L’aspetto comunque più significativo è legato all’interrogativo che fa da cornice a tutto il contributo: perché tanta avversione contro l’obiezione di coscienza sanitaria con riferimento all’aborto? La risposta si trova nella negazione esplicita o implicita, ma anche nella semplice dimenticanza, che il figlio è figlio sin dal momento del concepimento. “Il diritto di aborto – si legge nella sentenza della Cassazione – è stato riconosciuto come ricompreso nella sfera di autodeterminazione della donna”. Questo pensiero, sottolineano gli Autori, è espressione di una deriva che, avviatasi con la sentenza costituzionale del 1975, avanzata con la legge 194/1978 e gravemente consolidatasi con la pretesa del “diritto” di aborto, nasce dal rifiuto di porre lo sguardo sul figlio concepito e, di conseguenza, avversa l’obiezione di coscienza. Per questo c’è ancor più bisogno di ripetere, concludono gi Autori, che il fondamento e la tutela dell’obiezione di coscienza dipendono dal riconoscimento che il concepito è uno di noi. Interessanti anche gli spunti giuridici di livello internazionale. ---------- The article examines the judgement of the Supreme Court of Cassation n. 14979 of 2013 about conscientious objection to abortion. In this case, a gynecologist was heavily condemned for having asserted his right to raise conscientious objection (provided by Law 194/1978) for activities that according to the judges are not covered by the conscientious objection. In the first part of the article, the Authors criticize the particular severity of the sentence and report the reconstruction of the events emerging from the judicial investigations. Afterward they focus attention on the meaning and the extension of the concept of surgical intervention to understand what the boundaries are of an abortion. Whether a final activity is planned from the outset (so that if it were not sure to perform it, the intervention should not be started) this activity is an integral part of the intervention itself and, therefore, in the case of abortion, covered by conscientious objection. For the purposes of this evaluation, the Authors write, it is very important the clear causal link that takes into a unified whole the various moments that follow one other chronologically. The purely legal question of immediate withdrawal of the objection is resolved in the light of the difference between the possible preventive acceptance of the execution and the execution of an unexpected order. The most significant aspect, however, is tied to the question that frames the entire contribution: why so much aversion against conscientious objection with regard to abortion? The answer lies in the express or implied negation – but also in the simple forgetfulness – that the child is a child from the moment of conception. “The right to abortion – it is written in the Supreme Court’s ruling – has been recognized as coming within the sphere of women’s self-determination” This thought, the Authors point out, is an expression of a drift originally triggered by the constitutional ruling of 1975, then advanced with the Law 194/1978 and finally severely consolidated with the claim of “right” to abortion. Since this drift arises from the refusal to look at the child conceived, consequently it adverse conscientious objection. For this there is even more need to repeat, the Authors conclude, that the foundation and the protection of conscientious objection depends on the recognition that the unborn is one of us. The legal references on the international level are also interesting.
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Dissertations / Theses on the topic "Tutela pre unitaria"

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MANASSERO, STEFANIA. "Il trasferimento della capitale da Torino a Firenze. Le sedi ministeriali dell'Italia unita come banco di prova delle politiche per i beni culturali / The capital's transfer from Turin to Florence. The ministry offices of united Italy as a testing ground for policies for cultural heritage." Doctoral thesis, Politecnico di Torino, 2015. http://hdl.handle.net/11583/2617606.

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Abstract:
La vicenda del trasferimento della capitale del regno d’Italia da Torino a Firenze è nota e non mancano importanti studi di riferimento sugli aspetti storico-politici e amministrativi di questo delicato passaggio. Meno indagate risultano alcune questioni più propriamente tecniche, di carattere urbanistico e soprattutto architettonico: in questo ambito la letteratura approfondisce il tema dell’ingrandimento della città scelta provvisoriamente come capitale, ossia Firenze, e dei nuovi significati che Torino, ormai ex-capitale, tenta più o meno consapevolmente di assumere, mentre sfiora soltanto il problema della scelta delle sedi per l’apparato burocratico. La ricerca di dottorato colma, in maniera innovativa, tale vuoto perché, a partire dal trasferimento delle sedi governative da Torino e a Firenze, si pone l’obiettivo di rintracciare il dibattito culturale da esso generato. In questi stessi anni iniziano infatti a delinearsi specifiche politiche per i beni culturali, chiamate a superare i localismi pre-unitari per elaborare un quadro di tutela nazionale: le differenti logiche di intervento, in un’alternanza tra prerogative locali e governative spesso in disaccordo, scatenano vivaci discussioni facilmente ripercorribili attraverso la pubblicistica del tempo e gli sberleffi offerti dalla satira, ricca di vignette sul tema, che raccoglie gli umori dell’opinione pubblica e offre una prospettiva sul senso di un disorientamento diffuso tra i cittadini. Il trasferimento, fortemente intriso di provvisorietà, si presta quindi ad essere un interessante caso studio, una sorta di banco di prova per comprendere quali siano state le difficoltà di trovare un sottile equilibrio tra le strategie di tutela per gli edifici messi a disposizione, tutti di grande valore storico e architettonico, e le necessarie modifiche per le nuove destinazioni d’uso. Un equilibrio reso ancora più precario se messo a confronto con la stretta tempistica delle operazioni di trasloco di mezzi, documenti e uomini. Nell’ottobre del 1864 è stabilito che le operazioni dovranno attuarsi nel più breve tempo possibile e comunque a partire dal maggio dell’anno successivo. In pochi mesi occorre quindi provvedere alla sistemazione di tutte le sedi fiorentine, lasciando uno strascico di ulteriore incertezza circa il destino di quelle torinesi, abbandonate in fretta e furia. Esistono attenzioni e criteri specifici per riconvertire le sedi ministeriali a nuovi impieghi? Certamente le disposizioni sulla soppressione dei conventi e le leggi sull’esproprio giocano un ruolo di primo piano, qui analizzato criticamente e posto a confronto con le moderne teorie sul restauro che proprio in questi stessi anni si dibattono con vivacità. Il tema della provvisorietà accompagna quindi costantemente gli eventi e suggerisce di ricostruire le vicende in una prospettiva storica più ampia, che travalica i primi anni di unità nazionale e giunge al passato recente: nel momento in cui i ministeri trovano una sistemazione nella città di Roma, la celeberrima ‘terza Roma’ destinata ad assumere il ruolo di capitale definitiva del regno d’Italia, vanno identificate nuove destinazioni d’uso negli edifici torinesi e fiorentini. Possono essere individuate logiche comuni tra le due città apparentemente chiuse ad ogni confronto tra loro? L’aspra dialettica tra le esigenze governative e gli obiettivi municipali non determina più ora il prevalere delle istanze del governo centrale, ma si configura in una netta vittoria da parte delle due città. Torino e Firenze sono consapevoli dei vincoli rappresentati dalla normativa statale, soprattutto quella in via di definizione riferita ai beni culturali e, facendo presa sulla sua debolezza e fragilità, individuano con astuzia le pieghe attraverso le quali far emergere le loro specifiche esigenze, anche in chiave di risarcimento per il periodo in cui sono state messe a disposizione della macchina statale. La tesi è organizzata in un primo capitolo dedicato all’inquadramento normativo riferito ai ‘monumenti’, oggi diremmo beni culturali, nel periodo pre e post unitario: il servizio di tutela, assai disomogeneo nelle varie realtà locali, cerca con difficoltà di proporsi in una prospettiva nazionale. Il percorso tracciato, com’è noto, evidenzia importanti criticità che perdurano per molto tempo e non possono essere trascurate nella ricostruzione delle scelte politiche attuate durante il trasferimento della capitale. Per comprendere la complessità di tali operazioni, è stato necessario identificare la ‘consistenza’ di una macchina burocratica così complessa. L’organizzazione amministrativa nei vari uffici ministeriali cambia anche considerevolmente in funzione del peso politico assunto da ciascun ministero, e le differenze in termini di competenze, unità e numero di uffici si traducono in spazi architettonici più o meno ampi, collocati in edifici di proprietà statale dall’alto valore rappresentativo oppure relegati in stabili anonimi e regolati da contratti di affitto. Per organizzare il consistente materiale di studio in modo chiaro ed esaustivo, è stato scelto lo strumento della schedatura delle sedi ministeriali torinesi e fiorentine, che occupa i capitoli centrali del lavoro. L’indagine è stata condotta facendo un costante riferimento alle fonti bibliografiche e documentarie, queste ultime conservate sia presso gli archivi storici della città di Torino e di Firenze, sia presso gli archivi di Stato di Torino, Firenze e Roma, in modo da privilegiare il costante confronto tra la dimensione municipale e quella centrale. Le voci di schedatura delineano in sintesi i caratteri storici e architettonici di ciascun edificio, mentre approfondiscono maggiormente l’ambito cronologico riferito alle esigenze governative e locali sino ai più recenti cambiamenti: l’analisi quindi supera lo studio delle sue peculiarità artistiche, del resto già presenti in molte pubblicazioni indicate in una bibliografia specifica, allo scopo di intrecciare inediti rapporti tra il singolo stabile e le vicende risorgimentali e post risorgimentali, in una chiave di lettura innovativa. Incrociando i dati desunti dalle schede, interpretati anche sulla base del sistema normativo sui beni culturali di inizio Novecento, si è giunti alla stesura del capitolo conclusivo che individua per le sedi ministeriali ormai dismesse cinque famiglie in base alla funzione che le accomuna: didattica, militare, culturale, amministrativa e residenziale. L’indagine cercherà di capire se è possibile cogliere una logica comune di recupero e riutilizzo degli edifici, che diventano chiara espressione della volontà di trasmettere una serie di valori omogenei, nel solco del difficile percorso verso l’acquisizione di una solida identità nazionale. I complessi architettonici sottoposti all’indagine sono stati l’espressione di un continuo cambiamento d’uso, quasi destinato a non avere mai fine. Possibile che le scelte operate siano state dettate soltanto da fortuite contingenze e da singole occasioni d’uso? Poco probabile. L’approfondimento critico dello studio attraverso l’indispensabile confronto con il coevo piano normativo dedicato ai beni culturali, inserito volutamente all’inizio e alla fine della stesura della tesi, ha permesso di cogliere alcuni atteggiamenti comuni alle due città, forse non sempre consapevoli, che testimoniano una chiara espressione di attenzione ad un bisogno di volta in volta collettivo o municipale. E’ stato possibile dimostrare che l’identità nazionale tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento è stata costruita, varrebbe la pena dire strutturata, soprattutto tentando di rispondere a queste esigenze: istruire i cittadini, rafforzare la memoria collettiva e garantire l’unità tanto amministrativa quanto militare, a fondamento di un sentire comune che, almeno nelle intenzioni dei diversi attori politici e amministrativi, presto avrebbe potuto e dovuto accomunare tutto il popolo italiano.
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RENGHINI, Cristina. "Il sistema di tutela brevettuale nell'Unione Europea: il Brevetto Europeo con effetto unitario e il Tribunale Unificato dei Brevetti." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251086.

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Abstract:
Dopo più di quarant’anni di tentativi tesi alla realizzazione di un titolo di protezione brevettuale “comunitario”, nel 2012 sono stati emanati due regolamenti, il n. 1257/2012 e il n. 1260/2012, attuativi di una cooperazione rafforzata tra ventisei Stati membri dell’Unione europea: essi creano un brevetto europeo con effetto unitario e ne disciplinano il regime di traduzione applicabile. L’anno successivo, venticinque Stati membri hanno firmato un accordo istitutivo del Tribunale unificato dei brevetti. I summenzionati strumenti normativi costituiscono il c.d. “pacchetto brevetti”, che entrerà in vigore una volta che almeno tredici Stati membri, tra cui Germania, Francia e Regno Unito, avranno ratificato l’Accordo. Rispetto al panorama attuale, caratterizzato da una frammentazione normativa e giurisdizionale, tale nuova architettura porterà indubbiamente notevoli vantaggi. Da un lato, infatti, i regolamenti europei introducono un “nuovo brevetto” che estende la sua efficacia oltre i confini nazionali; la portata della protezione e gli effetti saranno infatti uniformi in tutto il territorio degli Stati membri partecipanti. Dall’altro, il Tribunale unificato, competente a giudicare quasi tutte le controversie in materia brevettuale, si sostituirà ai giudici nazionali, garantendo l’uniformità della giurisdizione e delle decisioni. Tuttavia, il risultato ottenuto con il “pacchetto brevetti” non sembra essere adeguato agli obiettivi di unitarietà che le istituzioni europee e gli Stati membri si erano prefissati. Si tratta infatti di un quadro normativo complesso, che combina il diritto dell’Unione europea, il diritto internazionale (in particolare l’Accordo sul Tribunale unificato e la Convenzione sul brevetto europeo), e il diritto nazionale degli Stati membri, a cui gli atti citati rinviano in diverse occasioni, e che istituisce due strumenti, il brevetto europeo con effetto unitario e il Tribunale unificato dei brevetti, dalla natura assai controversa. Per tale ragione, la nuova normativa solleva molteplici questioni di natura costituzionale, in ordine alla compatibilità del nuovo sistema con l’ordinamento giuridico dell’Unione europea. Uno dei profili problematici di particolare interesse riguarda la cooperazione rafforzata in tema di tutela brevettuale unitaria, che sembra essere stata instaurata per eludere il dissenso di Italia e Spagna in relazione al regime linguistico applicabile. Inoltre, nei due regolamenti europei manca una vera e propria disciplina sostanziale, sollevando pertanto dei dubbi sull’effettiva “unitarietà” del nuovo brevetto. Infine, alcune caratteristiche del Tribunale unificato, quali la sua particolare struttura, il riparto interno delle competenze, il regime linguistico e la previsione di un periodo transitorio in cui è possibile ancora adire il giudice nazionale, si pongono in contrasto con il fine di unificazione giurisdizionale. A tali considerazioni si aggiunge che la decisione del Regno Unito di uscire dall’Unione europea potrebbe compromettere l’entrata in vigore del “pacchetto brevetti”. Obiettivo del presente lavoro è quello di analizzare in modo organico l’intera disciplina, nell’ottica di verificarne l’effettiva compatibilità con l’ordinamento dell’Unione europea. Solamente attraverso un approccio sistematico fondato sui principi e sugli strumenti dell’UE, si possono superare le attuali criticità che emergono dal “pacchetto brevetti”, nell’ottica di un effettivo miglioramento di tale nuova disciplina e del conseguente raggiungimento di una reale unitarietà nella tutela brevettuale.
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BASILI, Silvia. "Gli attuali scenari del commercio internazionale dei prodotti agroalimentari, tra vecchie e nuove questioni di sicurezza alimentare: una riflessone comparatistica ta UE, USA e CINA." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251081.

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Abstract:
Il commercio dei prodotti agroalimentari ha assunto oggi una dimensione globale, che pone una serie di questioni su cui è necessario riflettere. Una di queste riguarda la sicurezza alimentare intesa nell'accezione di food safety, ossia come il diritto di ogni individuo a consumare cibo sano e sicuro. La sicurezza alimentare implica l'assenza di elementi estranei che sono riconducibili ai residui dei trattamenti antiparassitari, veterinari, contaminanti ambientali o ancora l'assenza di adulterazioni nel processo di produzione, che possono comportare un rischio per la salute dei consumatori. La tesi analizza le principali dinamiche internazionali relative all'attuale commercio dei prodotti agroalimentari, focalizzando l'attenzione sulla questione della sicurezza alimentare, che da un lato deve garantire senza compromessi la tutela di tutti i consumatori, e dall'altro però, le misure adottate non devono costituire inutili ostacoli commerciali per le imprese alimentari esportatrici. L'analisi inizia dagli accordi nati nell'ambito della WTO, con la firma del Trattato di Marrakech nel 1994, con lo scopo di favorire gli scambi commerciali internazionali attraverso una maggiore armonizzazione delle differenti normative di riferimento. Per quanto riguarda specificamente la sicurezza alimentare si fa riferimento all'Accordo SPS sulle misure sanitarie e fitosanitarie e al Codex Alimentarius, che hanno lo scopo di creare un sistema di norme internazionali valido all'interno dei paesi membri della WTO per tutelare la salute dei consumatori e garantire pratiche eque nel commercio degli alimenti. Dal contesto multilaterale della WTO si procede ad analizzare il ruolo degli accordi bilaterali o regionali, nati in seguito alla crisi del multilateralismo, iniziata con il round di Doha nel 2001e dovuta principalmente all'eterogeneità delle posizioni dei Paesi membri. In particolare nell'ambito degli accordi bilaterali si fa riferimento al partenariato transatlantico sul commercio e gli investimenti (TTIP) recentemente negoziato tra UE e USA, e fermo per ora a tale fase. Si tratta di un accordo di libero scambio volto ad abbattere molte barriere commerciali esistenti tra le due sponde dell'Atlantico, con particolare riferimento a quelle non tariffarie consistenti in divergenze normative che ostacolano le esportazioni, tra cui vanno sicuramente ricomprese le misure sanitarie e fitosanitarie, che si sono rivelate le questioni maggiormente dibattute nel corso delle trattative del TTIP, offrendo lo spunto per analizzare in chiave comparatistica le due diverse tradizioni giuridiche di food safety, delineate attraverso la tematica degli OGM, dove emerge la distanza dell'approccio giuridico tra le due potenze transatlantiche. L'uso delle moderne tecniche di ingegneria genetica in campo alimentare è stato uno dei temi particolarmente discussi nell'ambito delle negoziazioni; gli OGM erano già stati oggetto di una controversia tra Europa e USA nell'ambito della WTO. In ogni caso il TTIP, nonostante il suo fallimento, segna comunque la volontà delle due potenze di trovare una base normativa comune. L'ultima parte della tesi riguarda invece l'evoluzione della sicurezza alimentare in Cina, che grazie alla rapida crescita economica degli ultimi anni, si attesta ad essere una delle potenze protagoniste degli scambi commerciali mondiali, completando in tal modo il quadro internazionale di riferimento. L'introduzione nel 2009 della prima legge sulla sicurezza alimentare, poi modifica nel 2015, rappresenta un primo avvicinamento ai sistemi normativi occidentali. L'analisi delle diverse normative di food safety nel contesto europeo, statunitense e cinese mostra come la globalizzazione economica abbia determinato anche una globalizzazione giuridica o meglio un progressivo allineamento dei diversi sistemi normativi. La necessità di facilitare gli scambi commerciali per competere a livello mondiale ha favorito l'avvicinamento dei vari ordinamenti giuridici. Pertanto si assiste a una sorta di "contaminazione legislativa" estranea alla politica commerciale comune della WTO, ferma da tempo ad una fase di completa stagnazione. In particolare per quanto riguarda il settore alimentare si auspica che il progressivo avvicinamento dei sistemi normativi sul tema della sicurezza alimentare possa favorire la nascita di una food law unitaria a livello globale, che sappia rispondere alle esigenze economiche - commerciali della libera circolazione dei prodotti, e contemporaneamente garantire la tutela di tutti i consumatori, assicurando un elevato livello di qualità e sicurezza.
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Books on the topic "Tutela pre unitaria"

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Bologna, Chiara. Stato federale e «national interest». Le istanze unitarie nell'esperienza statunitense. Bononia University Press, 2021. http://dx.doi.org/10.30682/sg253.

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Abstract:
Le crescenti richieste di maggior autonomia da parte degli enti territoriali, stimolate dal processo di globalizzazione dell'economia e dalla crisi fiscale dello stato sociale, non fanno venir meno la necessità di interventi delle istituzioni nazionali che preservino l'unità giuridica e la coesione sociale dello stato. L'esperienza del regionalismo italiano è sotto questo profilo emblematica: il venir meno, con la riforma costituzionale del 2001, della clausola dell'interesse nazionale, non ha fatto venir meno l'esigenza di tutelare le istanze unitarie, richiedendo, come ha sottolineato la Corte costituzionale in più occasioni, «una deroga alla normale ripartizione di competenze». Può essere allora interessante cercare di capire come tale deroga sia avvenuta in un ordinamento, come quello statunitense, che si confronta da più di due secoli con la ripartizione verticale del potere e che sembra oggi, con la presidenza di Barack Obama, avviarsi ad una nuova stagione di vigorosi interventi nazionali. L'osservazione di un sistema come quello statunitense, propriamente federale, è ancor più utile in presenza di un innegabile avvicinamento tra il modello dello stato federale e quello dello stato regionale. Con quali meccanismi, allora, la federazione statunitense ha superato i limiti che il catalogo dei poteri enumerati in Costituzione sembrava assegnarle? Con quali strumenti è intervenuta, ad esempio, per garantire diritti civili e sociali?
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Arcuri, Alberto. Sicurezza integrata e welfare di comunità. Edited by Tommaso Giupponi. Fondazione Bologna University Press, 2022. http://dx.doi.org/10.30682/sg314.

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Abstract:
Il volume affronta il rapporto tra la sicurezza integrata (intesa come l’insieme degli interventi assicurati dai diversi livelli territoriali di governo, al fine di concorrere, alla promozione e all’attuazione di un sistema unitario e integrato di sicurezza per il benessere delle comunità territoriali) e il welfare di comunità (inteso come l’insieme delle azioni che istituzioni e comunità territoriali realizzano per creare un senso condiviso di benessere e una maggiore inclusione sociale). L’obiettivo è quello di offrire un contributo alla riflessione che, negli ultimi tempi, si va sviluppando intorno all’evoluzione che ha aperto la nozione giuridica di sicurezza oltre il nucleo primigenio della tutela all’integrità fisica delle persone e dei loro beni, per agganciarla alla questione sociale e ai temi del welfare, con un approccio integrato non solo a livello istituzionale, ma anche sociale, grazie all’apporto di quella “capillare” rete di prossimità fatta di singoli cittadini, enti e associazioni del c.d. privato sociale. I diversi contributi ospitati, in questo senso, offrono uno sguardo, interdisciplinare e teorico-pratico, su alcune delle principali manifestazioni di tale complesso rapporto. Infatti, se la sicurezza integrata deve essere intesa come una richiesta di protezione complessiva, allora essa non può prescindere né dai meccanismi attraverso cui la Repubblica garantisce i diritti e redistribuisce risorse e oneri, né dalla partecipazione attiva dei cittadini e delle comunità, le cui energie possono (e devono) essere valorizzate non solo nella realizzazione di specifici interventi, ma anche nella loro ideazione e programmazione, in conformità con le recenti previsioni del Codice del Terzo settore. Tommaso F. Giupponi è Professore ordinario di Diritto costituzionale nell’Università di Bologna, dove insegna anche Diritto parlamentare e Diritto della sicurezza pubblica. I suoi principali filoni di ricerca sono la condizione giuridica dello straniero, la forma di governo e la sua evoluzione, le immunità costituzionali, il segreto di stato, il referendum abrogativo, il processo di integrazione europea, la sicurezza, la decisione di bilancio, le autonomie regionali e locali. Tra le sue pubblicazioni, si ricordano gli studi monografici Le immunità della politica (2005) e Le dimensioni costituzionali della sicurezza (2010). Per i tipi di BUP ha curato, da ultimo, il volume L’Amministrazione di pubblica sicurezza e le sue responsabilità (2017). Alberto Arcuri è Assegnista di ricerca in diritto costituzionale alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e docente a contratto di Constitutional Law: foundations and global perspectives all’Università di Bologna. Le sue ricerche e pubblicazioni riguardano soprattutto le fonti del diritto, la forma di governo e la loro evoluzione, con particolare riferimento al Governo, alla sua organizzazione e al suo potere normativo.
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Conference papers on the topic "Tutela pre unitaria"

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Cedroni, Anna Rita. "Roadmap per una citta sostenibile: Vienna." In International Conference Virtual City and Territory. Roma: Centre de Política de Sòl i Valoracions, 2014. http://dx.doi.org/10.5821/ctv.7915.

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Abstract:
Al di là di più di duemila anni di tradizione storica, l’Austria, ha mostrato con coraggio, fin dall’entrata nella Comunità Europea, il suo sviluppo economico così come la sua modernità e la sua apertura verso l’esterno. La dinamicità culturale e tecnologica della sua capitale, l’ha resa uno degli esempi più apprezzati da tutta l’Europa fin dall’inizio di questo secolo. In poco più 15 anni, Vienna è diventata di fatto la città europea con la migliore qualità della vita. Il merito di tale successo è dato sicuramente da due componenti fondamentali: la stabilità politica del Paese e il metodo di gestione dei processi di pianificazione territoriale e urbana. L’attuale sviluppo del territorio mostra come alla base di tale qualità i fattori prevalenti siano l’architettura, ma anche le politiche urbanistiche territoriali. Sta di fatto, spiega un recente rapporto del comune di Vienna sul tema risparmio energetico e sostenibilità, che per garantire e mantenere una tale qualità della vita, occorre tener conto di tre costanti essenziali nelle dinamiche dei processi di sviluppo urbano: il rinnovamento, la ristrutturazione e l’espansione. Tali elementi consentono poi il confronto con modelli europei culturalmente più avanzati. La tutela dell’ambiente e del patrimonio ambientale si inseriscono in questo processo come una delle sfide più importanti che scaturiscono da tale confronto. Questo paper si prefigge di trattare l’esperienza viennese, ripercorrendo il lungo, ma rapido processo di cambiamento cominciato all’inizio degli anni Ottanta. Strumento generale di pianificazione urbanistica, il Piano di Sviluppo della Città (Stadtentwicklungsplan), ha costituito e costituisce tuttora lo strumento decennale di previsione e di programmazione energetica a livello urbano e territoriale, stabilendo le direttrici strategiche di espansione, di ristrutturazione e di rinnovamento della Città e del suo hinterland. Ma l’esclusività di tale strumento, è da vedere nell’anticipazione di temi come il consumo energetico, la sostenibilità e nell’individuazione della tutela ambientale, come questione prioritaria da includere nei programmi d’intervento da attuare a breve termine. Infatti, con la formulazione del primo Programma KliP (Klimaschutzprogramm) (1999–2009) e, successivamente, del secondo Programma KliP (2010-2020), vengono elaborati dei “pacchetti” di provvedimenti con obiettivi ben definiti, come per esempio la riduzione del 21%, a persona, dei gas di emissione e di gas propellenti rispetto ai valori rilevati nel 1990. Gli strumenti con i quali raggiungere tali obiettivi sono: la riduzione del fabbisogno energetico, l’introduzione di fonti di energia ecosostenibile, l’uso di materiali biologici nell’edilizia pubblica e privata a grande e piccola scala, ma soprattutto, gli interventi sulla mobilità, sulla gestione dei rifiuti e sulla protezione del paesaggio. Accanto ai Piani di Sviluppo, Il Programma SEP (Städtische Energieeffizienz-Programm), definisce le linee generali da seguire nella gestione della politica dei consumi energetici a lungo termine, ovvero fino alla fine del 2015. I risultati portano già nel 2011 ad un aumento della quota di energia rinnovabile del 10% del volume totale del consumo di energia. Tra gli incentivi ci sono quelli rivolti alla realizzazione di centrali elettriche, inceneritori per il riciclo di materie dalle quali ricavare energia, mentre un ruolo sempre più importante è dato dall’uso della geotermia, e dell’energia solare. La continuità programmatica culmina nella formulazione di un progetto unitario, SMART CITY WIEN, che riunisce ben dieci gruppi differenti di interessi, istituzioni pubbliche, enti privati, centri universitari di ricerca, ecc., attorno ad una visione a lunga scadenza: Smart Energy vision 2050. Al centro della tavola rotonda le tematiche: lo sviluppo della popolazione, l’ambiente, i metodi di gestione, l’economia, l’energia e la mobilità. Accanto a queste, sostenibilità, partecipazione, diversità, efficienza di risorse, sviluppo regionale integrato come pure sviluppo economico equilibrato sono gli elementi fondamentali per la preparazione delle decisioni future.
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