Academic literature on the topic 'Trasferimento elettronico'

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Dissertations / Theses on the topic "Trasferimento elettronico"

1

Leoni, Serena <1979&gt. "Meccanismo di trasferimento elettronico nel Complesso I mitocondriale." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/1457/1/Leoni__Serena__Meccanismo_di_trasferimento_elettronico_nel_Complesso_I_mitocondriale.pdf.

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2

Leoni, Serena <1979&gt. "Meccanismo di trasferimento elettronico nel Complesso I mitocondriale." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/1457/.

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3

Cardoni, Massimo. "Grafene: proprietà, sintesi e trasferimento con il ciclododecano." Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2016. http://amslaurea.unibo.it/10385/.

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Abstract:
Il grafene è un cristallo bidimensionale di atomi di carbonio, isolato per la prima volta nel 2004 da due fisici che per questo risultato vinsero il premio Nobel per la Fisica nel 2010. Il grafene possiede proprietà chimiche e fisiche superiori, quali un’elevata resistenza chimica e meccanica e un’eccellente conducibilità termica ed elettrica. Inoltre possiede altre due caratteristiche che lo rendono particolarmente promettente in diversi ambiti applicativi: leggerezza e trasparenza ottica. In questo elaborato ho descritto le attività svolte seguendo le ricerche che vengono svolte al CNR-IMM di Bologna, dove questo materiale viene prodotto tramite la tecnica di Chemical Vapor Deposition e studiato per l’integrazione in dispositivi elettronici ed elettro-meccanici innovativi. Durante la mia esperienza di laboratorio all’IMM ho seguito i procedimenti che portano al trasferimento del grafene sintetizzato su substrati catalitici di rame sui substrati finali per la successiva integrazione nella tecnologia del silicio. Nell’elaborato vengono da prima descritte la struttura cristallina ed elettronica e successivamente presentate alcune proprietà di cui gode e messe in relazione con i materiali attualmente in uso. Segue una breve trattazione bibliografica di alcune delle principali tecniche di produzione del grafene, trattando più nel dettaglio la tecnica CVD attualmente in uso per la sintesi di grafene all’interno dei laboratori del CNR-IMM di Bologna. La parte principale di questa esperienza di laboratorio è stato di seguire in prima persona le attuali ricerche del gruppo di lavoro per la messa a punto di un metodo alternativo che utilizza il ciclododecano per il trasferimento del grafene sintetizzato su rame al posto del classico strato sacrificale polimerico di PMMA. Nell’elaborato il confronto tra le due tecniche viene eseguito confrontando i risultati del trasferimento analizzando la morfologia dei campioni finali con tecniche di microscopia elettronica in scansione
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4

De, March Matteo. "Studi strutturali su proteine naturali e artificiali." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2011. http://hdl.handle.net/10077/4503.

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Abstract:
2009/2010
La ricerca del dott. De March Matteo, svolta nel corso dei tre anni della Scuola di Dottorato in Scienze e Tecnologie Chimiche e Farmaceutiche, ha riguardato in generale lo studio strutturale tramite diffrazione di raggi X di proteine artificiali e naturali. Essa è stata sviluppata su 3 distinti progetti, nei quali sono state sfruttate la sorgente di radiazione X convenzionale, presente al Centro di Eccellenza in Biocristallografia (CEB), e la sorgente di luce ELETTRA, sincrotrone di 3° generazione. Il primo progetto riguarda la caratterizzazione strutturale del biorecettore KE1 e del complesso Avidina-BCG. La capacità del nuovo biorecettore peptidico KE1 (35 residui) di riconoscere in modo altamente selettivo e specifico piccole molecole naturali quali i derivati dalla xantina è stata determinata tramite numerosi saggi sperimentali in soluzione dal gruppo del Dott. F. Berti. La formazione e la crescita in specifiche condizioni di cristalli singoli di questa biomolecola, ottenuta per sintesi chimica, ne ha consentito lo studio cristallografico tramite diffrazione di raggi X. La conseguente caratterizzazione strutturale ha rivelato la formazione di un motivo tipo three helix bundle parallelo, raro in natura, dal quale può essere generato un sito di coordinazione per metalli in grado di mimare strutturalmente i siti catalitici di metallo-proteine naturali. Per testare allo stato solido la capacità del biorecettore di legare i derivati xantinici sono state effettuate co-cristallizzazioni del peptide con queste molecole e soaking di cristalli formati in soluzioni di caffeina e teofillina. Per entrambi i metodi non si è osservata crescita di cristalli del complesso. Un terzo approccio si è allora basato sull’utilizzo del sistema avidina – biotina, usato per la selezione del peptide KE1 nei saggi ELISA. In questi saggi, il biorecettore è stato complessato ad una sonda sintetica (BCG), composta da una molecola di biotina legata covalentemente ad una molecola di caffeina. La porzione biotinica della sonda viene riconosciuta dall’avidina, altamente specifica per la biotina, mentre quella caffeinica dal biorecettore. Considerando la struttura cristallina del biorecettore, è stato ipotizzato che l’elevata affinità tra KE1 e sonda osservata nel saggi ELISA fosse dovuta ad interazioni non specifiche formate tra il sistema biotina-avidina e KE1, oltre alla maggiore interazione specifica del recettore con la caffeina. Gli esperimenti di cristallizzazione hanno portato in questo caso all’ottenimento di cristalli singoli in cui è presente il complesso binario tra l’avidina ed il bioconiugato (BCG). Questa struttura, ottenuta a 2.3Å di risoluzione, risolta ed affinata fino ad un valore di Rfactor del 20%, e’ la prima nel suo genere e presenta interessanti caratteristiche strutturali, in particolare nella regione di legame della proteina con la sonda. Il secondo progetto riguarda lo studio strutturale di due complessi tra l’HIV- Proteasi e nuovi inibitori di tipo solfonamidico. La caratterizzazione dei complessi tra l’enzima Proteasi da HIV e inibitori selettivi è oggetto di studio da molti anni e sempre nuovi farmaci vengono disegnati e sviluppati con lo scopo di ottenere maggiore affinità per l’enzima e di contrastare il problema dell’insorgenza di resistenze specifiche acquisite dal virus verso i farmaci commerciali più potenti. In collaborazione con la Prof.ssa M. Funicello, sono stati ottenuti nuovi complessi tra l’HIV-Pr e gli inibitori FT99 ed FT107. La principale caratteristica di questi inibitori è lo scaffold di tipo sulfonammidico, che si ritrova in alcuni inibitori commerciali ad alta selettività e specificità, quali Darunavir, Amprenavir e Tipranavir. Tramite metodiche di biologia molecolare è stato possibile clonare il gene codificante per l’HIV-Pr in E.Coli-BL21, esprimere l’enzima e purificarlo con tecniche cromatografiche. Dopo refolding e complessazione agli inibitori, sono stati prodotti cristalli singoli di entrambi i complessi che sono cresciuti in specifiche condizioni. I dati cristallografici raccolti su questi complessi enzima-inibitore hanno mostrato valori di risoluzione di 2.0Å (Ft99) e 1.45Å (FT107). Usando il metodo del Molecular Replacement sono state risolte entrambe le strutture dei complessi che sono poi state affinate fino a valori di Rfactor del 20% e 16%, rispettivamente. L’analisi della struttura dell’enzima e delle interazioni specifiche con i due composti, trovati disordinati nel sito catalitico, ha portato ad alcune considerazioni, nell’ambito di un progetto tipo Structure Based Drug Design. Le modifiche strutturali da attuare a nuove potenziali molecole basate su questo scaffold, hanno come scopo l'ottenimento di farmaci sempre più efficaci in grado contrastare le problematiche derivanti dall’uso dei farmaci commerciali. Il terzo ed ultimo progetto interessa lo studio dei citocromi C e dei complessi di trasferimento elettronico. Le strutture del citocromo c da cuore di cavallo (cyt C), cocristallizzate in presenza di ioni nitrato nelle forme ossidata (trigonale) e ridotta (monoclina), sono state risolte ed analizzate con particolare attenzione alle interazioni tra gli ioni e le catene laterali dei residui posti sulle superfici elettrostatiche. A questo proposito è stato osservato un cambiamento nel pattern di interazione ione – proteina che dipende dallo stato di ossidazione, infatti su 26 siti di interazione totali mappati 18 sono conservati in entrambe le forme mentre 8 sono caratteristici distintamente dei due stati di ossidazione. Un particolare sito, che è conservato sia nel ferri- che nel ferro- cyt C, è descritto dall’interazione con i residui Ile28 e Phe81 e rappresenta la regione in cui avviene il trasferimento dell’elettrone da/verso il centro metallico della proteina. Il baricentro delle cariche elettrostatiche superficiali, calcolato dalla posizione dei siti di interazione, è funzione dello stato di ossidazione del ferro. Per analizzare ulteriormente il significato che la modifica della superficie elettrostatica ha nell’ambito del riconoscimento molecolare in natura, è stato calcolato il vettore di spostamento del baricentro e questo è stato confrontato con la geometria delle interazioni che permettono la formazione dei complessi naturali di cui è nota la struttura cristallografica. Sfruttando sia la direzione di trasferimento elettronico che la disposizione media delle cariche elettrostatiche sulla superficie della proteina (rappresentate dai siti di mappatura), è stato studiato il meccanismo di formazione e rottura dei complessi che si generano dall’interazione tra il cyt C ed i suoi maggiori partner biologici, quali il complesso del Citocromo bc1 e la Citocromo Perossidasi. Allo stesso modo è stato analizzato un complesso che non coinvolge il citocromo c, ma una proteina strutturalmente simile, il citocromo c2, ed il Centro di Reazione. In accordo con la funzione del cyt C, si ipotizza il movimento di attacco, scivolamento e distacco della metalloproteina dai partners relativi nei macrocomplessi. Questo meccanismo basato sui dati sperimentali ottenuti utilizzando la sonda elettrostatica per campionare la superficie del citocromo è in accordo con dati di letteratura che mostrano come sia la formazione del supercomplesso cytC-III2IV2 in lievito a permettere il trasferimento dell’elettrone dal complesso III al cyt C e poi alla citocromo Ossidasi. Nell’ambito dello studio dei complessi di trasferimento elettronico, in collaborazione con la Dott.ssa G. Di Rocco, sono stati prodotti cristalli proteici di un nuovo macrocomplesso di derivazione batterica (Shewanella baltica) costituito da due eme-proteine, la Di heme protein (DHC) e la Baltica heme protein (BHP), e non ancora caratterizzato tramite diffrazione di raggi X. Analisi cinetiche e potenziometriche indicano che le due proteine interagiscono tra loro ed è plausibile un meccanismo di trasferimento elettronico dai gruppi prostetici della DHC all’eme c della BHP. A causa dell’elevato disordine strutturale dei cristalli, cresciuti in 6-7 giorni, sono stati raccolti dati a bassa risoluzione, che non hanno permesso di risolvere la struttura del complesso, anche se le prime analisi indicano che la presenza di entrambe le proteine in cella è compatibile con i dati cristallografici finora raccolti. Recentissimi dati su nuovi cristalli cresciuti in un arco temporale più lungo (60 giorni), ottenuti ad una risoluzione di 1.14Å ed indicanti parametri di cella differenti, hanno portato alla determinazione strutturale della singola proteina DHC, di cui è presente in letteratura solo una struttura omologa e derivante dal batterio Rhodobacter Sphaeroides.
XXIII Ciclo
1983
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5

Cavigli, Paolo. "Photoactive metallo-conjugates for the homogeneous conversion of solar-light energy." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2014. http://hdl.handle.net/10077/10132.

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Abstract:
2012/2013
The work of the present PhD thesis is divided in six chapters. In the first chapter, a general introduction on natural and artificial photosynthesis is presented, highlighting the key aspects and selected of the examples of metal-mediated systems proposed in the literature as synthetic candidates for performing relevant photocatalytic processes, such as water oxidation, H2 evolution and CO2 reduction are briefly described. Specific aspects related to the present work are separately presented in the introductory sections of the following chapters. In the second chapter, the design and synthesis and characterization of a small library of dyads of the type zinc-monopyridylporphyrin-Re(I)-diimine-tricarbonyl complexes, together with a detailed electrochemical and photophysical investigation, are discussed. From the state-of-the-art results obtained for the dyad fac-[Re(CO)3(bipy)(Zn•4'MPyP)](CF3SO3), a proper modification of the single components has been envisaged in order to improve the efficiency of the photoinduced charge separation process. With this aim, three different dyads have been designed. In two of them, electron-donor tert-butyl (t-Bu) groups (either three, or six, respectively) have been introduced on the meso-phenyl moieties of the zinc-porphyrin, in order to make the it a better electron donor. In the third dyad electron-withdrawing ethyl ester groups have been introduced on the bipy ligand, in order to make the rhenium fragment a better electron acceptor. The photophysical investigation proves that the latter system promote the fast formation of a charge separated upon visible light irradiation. In the third chapter, the synthesis and characterization of a new triad is reported. Starting from the rhenium(I) precursor fac-[Re(CO)3(dmso-O)3](CF3SO3), we present a variation on the synthetic pathway shown in the first chapter, in which the zinc-porphyrin is first coordinated to the rhenium(I)(CO)3 fragment via an amido-bipyridyl linker unit, leaving the third apical position of the metal center free for the subsequent introduction of a pyridyl functionalized fullerene. The detailed NMR analysis, also in comparison with intermediate systems and appropriate model compounds, has elucidated several structural features of the adduct, and, in particular, highlighted the complexity deriving from the simultaneous presence of two stereogenic centers. A detailed photophysical investigation is also reported, that evidence the formation of the charge separated species, with the positive charge located on the zinc-porphyrin fragment and the negative charge located on the fullerene component. The fourth chapter is focused on the development of new photoactive triads obtained by a metalloporphyrin-mediated self-assembling strategy. An aluminium-monopyridylporphyrin platform has been successfully used to form, via based metal hard/soft discriminations, robust photoactive two-component and three-component systems, in one-pot reactions with quantitative yields. As complementary photoactive components, a ruthenium-porphyrin and either a free-base porphyrin or a fulleropyrrolidine, both suitably functionalized with a carboxylic acid group, have been employed. A complete characterization of the two-component and three-component systems is presented. The photophysical properties arising from the two- and three- component systems containing the three different types of porphyrins, investigated by stationary and nanosecond time-resolved emission techniques, are described. In the fifth chapter, the preliminary investigations on the potential use of liposomes as supramolecular scaffolds for the anchoring of Re(bipy)-based catalysts and metalloporphyrin chromophores, and their potential employment in the photoreduction of CO2 in water media has presented. Successful inclusion of a Re(bipy) complex, suitably functionalized with a pendant alkyl chain, alone or together with either a tetracationc or a tetraanionic zinc-porphyrin, on different types of liposomes is reported. The preliminary UV-vis surveys focused on the monitoring of the photogeneration of the One-Electron-Reduced species (OER), with either UV or visible light in buffer solution, and on the monitoring of the photostability of the systems, are described. The sixth, and final chapter contains the experimental section.
Il lavoro di questa tesi di dottorato è diviso in sei parti Nel primo capitolo, viene presentata una introduzione generale sulla fotosintesi naturale e artificiale, descrivendo e sottolineando l’aspetto fondamentale dei metalli e selezionando alcuni esempi dei sistemi metal-mediated proposti in letteratura come candidati per svolgere processi fotocatalitici come l’ossidazione dell’acqua, produzione di idrogeno e riduzione della CO2. Specifici aspetti riferiti al lavoro di questa tesi saranno trattati separatamente nelle sezioni introduttive dei singoli capitoli. Nel secondo capitolo, viene discussa la sintesi e la caratterizzazione di una piccola libreria di diadi, basati su complessi del tipo zinco-porfirina(monopiridile)-Re(I)-diamino-tricarbonile, insieme ad una dettagliata caratterizzazione elettrochimica e fotofisica. Partendo dallo stato dell’arte, in cui sono stati ottenuti risultati per la diade fac-[Re(CO)3(bipy)(Zn•4'MPyP)](CF3SO3), è stata prevista una opportuna modificazione delle singole componenti con lo scopo di migliorare l’efficienza del processo di separazione di carica fotoindotto. Con questo obbiettivo, sono state pensate tre differenti diadi. In due di esse sono stati introdotti, sui gruppi meso-fenilici della zinco porfirina, rispettivamente tre a sei gruppi elettron donatori (tert-butilici), con l’intenzione di rendere la zinco porfirina un elettron donatore migliore. Nella terza diade sono stati introdotti sul legante bipiridile dei gruppi elettron attrattori, con l’intenzione di rendere il frammento di renio un migliore elettron accettore. La caratterizzazione fotofisica dimostra che quest’ultimo sistema è in grado di promuovere, sotto irraggiamento di luce visibile, una veloce formazione di uno stato a separazione di carica. Nel terzo capitolo viene riportata la sintesi e la caratterizzazione di una nuova triade. Partendo dal precursore di renio(I) fac-[Re(CO)3(dmso-O)3](CF3SO3), viene riportata una variazione del processo sintetico mostrato nel primo capitolo, in cui la zinco porfirina viene prima coordinata al frammento di renio(I)(CO)3 tramite funzionalizzazione del legante bipiridile per mezzo di un legame ammidico. In questo modo la posizione apicale del centro metallico rimane disponibile per la successiva introduzione di un monoaddotto fullerenico funzionalizzato con un gruppo piridinico. Un’analisi dettagliata della triade, sia in comparazione con gli intermedi sia con oppurtuni complessi modello, ha ben evidenziato alcune proprietà strutturali dell’addotto, in particolare evidenziando la complessità derivante dalla simultanea presenza di due centri stereogenici. Viene riportata una dettagliata caratterizzazione fotofisica che evidenzia la formazione di una specia a cariche separate con la carica positiva localizzata sul frammento zinco-porfirina e la carica negativa sulla componente fullerenica. Il quarto capitolo è focalizzato sullo sviluppo di nuove triadi fotoattive ottenute per mezzo di una strategia di auto assemblaggio mediato da una metallo porfirina. Una alluminio-porfirina monopiridile, sfruttando la discriminazione basata sulla teoria hard/soft dei metalli, è stata utilizzata con successo nella la sintesi di solidi sistemi bi- e tri-componenti, ottenuti in un singolo passaggio e con rese quantitative. Come unità fotoattive complementari sono state impiegate una rutenio-porfirina e una porfina o un monoaddotto fullerenico entrambi funzionalizzati con un gruppo acido carbossilico. Viene presentata una completa caratterizzazione sia dei sistemi bi-componenti che tri-componenti. Infine, dei sistemi bi- e tri-componenti contenenti tre differenti di porfirine, vengono descritte le proprietà fotofisiche, ottenute da tecniche di emissione stazionaria e risolte nel tempo. Nel quinto capitolo, viene descritto uno studio preliminare sull’uso di liposomi come scaffold supramolecolari per l’ancoraggio di catalizzatori basati su complessi Re(bipy) e di cromofori metallo porfirinici, con l’idea di un potenziale uso di questi sistemi per la fotoriduzione della CO2 in soluzione acquosa. Viene riportata, con successo, l’inclusione, su differenti tipi di liposomi, di un complesso di renio(bipy), opportunamente funzionalizzato con una catena alchilica, sia da solo che in combinazione con zinco porfirine tetracationiche e tetraanioniche. Viene presentata una preliminare caratterizzazione UV-vis nella quale viene monitorata la fotogenerazione della specie ridotta del complesso di renio (OER), sia per irraggiamento UV che con luce visibile, e il monitoriaggio della fotostabilità dei sistemi Il sesto capitoto contiene la sezione sperimentale.
XXVI Ciclo
1983
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6

Gniengieu, Yannick Christian. "Trasferimento di potenza wireless con un amplificatore di potenza in classe E in tecnologia GaN." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2018.

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Abstract:
La tesi si occupa della progettazione di un amplificatore differenziale in classe E a 6.78 MHz per applicazioni di trasferimento di potenza wireless (WPT) tramite accoppiamento induttivo risonante. L'amplificatore, progettato utilizzando la tecnologia di switch di potenza GaN HEMT, è in grado di fornire 50 watt di potenza con una efficienza intorno al 90%. L'amplificatore è utilizzato come trasmettitore di un link WPT a 6.78 MHz. Il progetto comprende anche la simulazione dell'intero link WPT da DC a DC. Il link traferisce ad una distanza di 5 cm una potenza di circa 40 watt con una efficienza complessiva dell'85%. I primi test sul prototipo realizzato confermano sostanzialmente i risultati delle simulazioni.
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7

Versari, Luca. "Progettazione e Realizzazione di un Convertitore Risonante LLC basato su Tecnologia Mosfet GaN per il Trasferimento Contactless dell'Energia." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2017. http://amslaurea.unibo.it/13281/.

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Abstract:
I dispositivi elettrici a batteria, ad alta e bassa potenza, hanno raggiunto negli ultimi decenni livelli di diffusione massima, tanto che in alcuni settori stanno soppiantando le vecchie tecnologie preesistenti come ad esempio nel settore automobilistico. Tutti questi nuovi prodotti hanno la necessità di essere costantemente ricaricati; la tecnologia impiegata ha subito, nel tempo, vari gradi di sviluppo in termini di velocità di ricarica, tipo di trasmissione, ed efficienza. In particolare si è sviluppata negli ultimi anni una tecnica di trasmissione della potenza, ovvero dell’alimentazione, chiamata contactless, nella quale la potenza viene trasferita senza l’ausilio di conduttori in cavo ma tramite l’induzione magnetica. I vantaggi di questa nuova tecnologia sono molteplici: maggior pulizia e isolamento da inquinanti ambientali degli strumenti di ricarica, maggior sicurezza per l’assenza di parti metalliche esposte in tensione, e senza dubbio, una maggior semplicità di utilizzo per l’utente finale. Il convertitore risonante LLC, realizzato presso il laboratorio LEMAD (Laboratorio di Macchine ed Azionamenti del Dipartimento DEI) oggetto di questa tesi, mira ad implementare un effettivo trasferimento di 500W di potenza in modo contactless ad alta efficienza e a poter rappresentare un modello per vari tipi di applicazione, dal campo automotive fino ad arrivare all’ambiente industriale. Il trasformatore, sede dell’induzione magnetica che origina il trasferimento di energia, ha la possibilità di ruotare su stesso, questo particolare rende il convertitore progettato una possibile alternativa al trasferimento di potenza tramite spazzole, presente nella maggior parte dei macchinari attualmente operanti che prevedono la presenza di parti alimentate in rotazione. Allo stesso modo il modello realizzato può risultare il punto di partenza per un sistema di ricarica contactless destinato ad auto elettriche.
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Books on the topic "Trasferimento elettronico"

1

Giannantonio, Ettore. Trasferimenti elettronici dei fondi e autonomia privata. Milano: Dott. A. Giuffrè Editore, 1986.

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