Academic literature on the topic 'Transcription factor EB (TFEB)'
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Journal articles on the topic "Transcription factor EB (TFEB)"
Nezich, Catherine L., Chunxin Wang, Adam I. Fogel, and Richard J. Youle. "MiT/TFE transcription factors are activated during mitophagy downstream of Parkin and Atg5." Journal of Cell Biology 210, no. 3 (August 3, 2015): 435–50. http://dx.doi.org/10.1083/jcb.201501002.
Full textMarkby, Greg Robert, and Kei Sakamoto. "Transcription factor EB and TFE3: new metabolic coordinators mediating adaptive responses to exercise in skeletal muscle?" American Journal of Physiology-Endocrinology and Metabolism 319, no. 4 (October 1, 2020): E763—E768. http://dx.doi.org/10.1152/ajpendo.00339.2020.
Full textDang, Thao Thi, and Sung Hoon Back. "Translation Inhibitors Activate Autophagy Master Regulators TFEB and TFE3." International Journal of Molecular Sciences 22, no. 21 (November 8, 2021): 12083. http://dx.doi.org/10.3390/ijms222112083.
Full textWundersitz, Sebastian, Cristina Pablo Tortola, Sibylle Schmidt, Ramon Oliveira Vidal, Melanie Kny, Alexander Hahn, Lukas Zanders, et al. "The Transcription Factor EB (TFEB) Sensitizes the Heart to Chronic Pressure Overload." International Journal of Molecular Sciences 23, no. 11 (May 25, 2022): 5943. http://dx.doi.org/10.3390/ijms23115943.
Full textSu, Qian, Bin Zheng, Chen-yao Wang, Yun-zhi Yang, Wen-wen Luo, Shu-min Ma, Xin-hua Zhang, et al. "Oxidative Stress Induces Neuronal Apoptosis Through Suppressing Transcription Factor EB Phosphorylation at Ser467." Cellular Physiology and Biochemistry 46, no. 4 (2018): 1536–54. http://dx.doi.org/10.1159/000489198.
Full textChang, Jin-Zhe, Shu-Dong Chen, Hui Zheng, and Hua-Ping Zhang. "Downregulation of transcription factor EB inhibits the growth and metastasis of colorectal carcinomas." European Journal of Inflammation 16 (January 2018): 205873921880533. http://dx.doi.org/10.1177/2058739218805333.
Full textArgüello, Graciela, Elisa Balboa, Pablo J. Tapia, Juan Castro, María José Yañez, Pamela Mattar, Rodrigo Pulgar, and Silvana Zanlungo. "Genistein Activates Transcription Factor EB and Corrects Niemann–Pick C Phenotype." International Journal of Molecular Sciences 22, no. 8 (April 19, 2021): 4220. http://dx.doi.org/10.3390/ijms22084220.
Full textCorà, Davide, Federico Bussolino, and Gabriella Doronzo. "TFEB Signalling-Related MicroRNAs and Autophagy." Biomolecules 11, no. 7 (July 4, 2021): 985. http://dx.doi.org/10.3390/biom11070985.
Full textWang, Shujun, Yanse Chen, Hongluan Wu, Xiaoyu Li, Haiyan Xiao, Qingjun Pan, and Hua-Feng Liu. "Role of Transcription Factor EB in Mitochondrial Dysfunction of Cisplatin-Induced Acute Kidney Injury." International Journal of Molecular Sciences 24, no. 3 (February 3, 2023): 3028. http://dx.doi.org/10.3390/ijms24033028.
Full textAlcalde, Alejandra Diaz, Edoardo Vallariello, Elena Astanina, Emanuele Middonti, and Federico Bussolino. "Abstract 2355: Transcription factor EB modulates fibrotic response in pancreatic ductal adenocarcinoma." Cancer Research 83, no. 7_Supplement (April 4, 2023): 2355. http://dx.doi.org/10.1158/1538-7445.am2023-2355.
Full textDissertations / Theses on the topic "Transcription factor EB (TFEB)"
Armani, Andrea. "Transcription factor EB controls metabolic flexibility during exercise." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2017. http://hdl.handle.net/11577/3422410.
Full textIl muscolo scheletrico è il tessuto più abbondante dell’organismo e rappresenta più del 40% della massa corporea. Questo organo è responsabile del 30% della spesa energetica a riposo, suggerendo la sua importanza non solo a livello di locomozione ma anche nel controllo del metabolismo a livello sistemico. Infatti il muscolo scheletrico è un tessuto estremamente dinamico, capace di modulare il suo metabolismo in seguito a stimoli di diversa natura. Uno stimolo che attiva maggiori adattamenti metabolici è l’esercizio, che è noto attivare anche l’autofagia. L’esercizio fisico stimola molti effetti benefici sul contenuto e funzionalità mitocondriale, ossidazione degli acidi grassi e assorbimento del glucosio; tuttavia, è considerato uno stimolo che danneggia la normale omeostasi delle fibre muscolari per cui necessita di essere controbilanciato dall’attivazione di meccanismi trascrizionalmente controllati che contrastano gli stress meccanici e metabolici prodotti durante la contrazione. Il ruolo dei fattori di trascrizione FoxO e TFEB nel regolare la degradazione proteica e l’autofagia è largamente conosciuto. Tuttavia, il ruolo di TFEB nel muscolo scheletrico e i suoi possibili effetti nel regolare gli adattamenti derivanti dall’esercizio in questo tessuto non sono ancora chiari. TFEB è stato proposto come fattore chiave nel coordinare autofagia e biogenesi lisosomiale in cellule in coltura, con diverse evidenze che dimostrano la regolazione della sua attività. In particolare è noto come la fosforilazione operata da mTORC1 sia in grado di prevenire l’attivazione di TFEB sequestrandolo nel citoplasma. Tuttavia, non esistono dati riguardanti le possibili fosfatasi coinvolte nell’attivazione di TFEB. Mediante l’utilizzo di uno High Content Screening in grado di monitorare la traslocazione di TFEB nel nucleo durante la starvation, abbiamo identificato il gene PPP3CB, codificante la subunità catalitica della calcineurina, come uno dei migliori geni coinvolti nella rilocalizzazione di TFEB. Abbiamo dimostrato che l’attività della calcineurina è necessaria e sufficiente per spingere TFEB nel nucleo, dove può espletare la sua funzione. Tuttavia, la calcineurina è noto essere attiva nel muscolo scheletrico durante la contrazione come conseguenza dei transienti di calcio. Per questo motivo ci siamo chiesti se l’attività della calcineurina possa influenzare la traslocazione di TFEB nel nucleo anche nel muscolo scheletrico durante l’esercizio fisico. Utilizzando un reporter TFEB-GFP abbiamo dimostrato che l’attività della calcineurina è necessaria e sufficiente a promuovere la traslocazione nucleare di TFEB anche nel muscolo scheletrico durante la contrazione. Tuttavia il significato fisiologico di questo avvenimento rimane da essere spiegato. Per rispondere a questa domanda abbiamo usato degli approcci di gain e loss of function utilizzando infezioni virali con vettori per l’overespressione di TFEB, una linea di topi con delezione muscolo specifica di TFEB e un’altra linea in cui l’overespressione di TFEB può essere attivata in muscolo grazie al tamoxifen. Da uno studio di espressione genica in muscoli overesprimenti TFEB e TFEB deficienti, abbiamo trovato che le vie di segnale principalmente coinvolte dalle manipolazioni genetiche erano quelle correlate alla biogenesi mitocondriale, utilizzo dei lipidi e omeostasi del glucosio. Abbiamo perciò cominciato a dissezionare il ruolo di TFEB nel muscolo scheletrico provando che la sua attivazione è richiesta per la biogenesi mitocondriale, che è per l'appunto aumentata nei muscoli transgenici. Infatti, in questi abbiamo trovato un aumento nel numero e nella dimensione dei mitocondri, mentre abbiamo riportato solo una piccola percentuale di mitocondri disfunzionali nei muscoli knockout. Questi cambiamenti sono accompagnati da un’attivazione dei geni TFEB-dipendenti responsabili per la biogenesi e funzionalità mitocondriale. Inoltre, questi cambiamenti morfometrici e di espressione genica correlano con un aumento nella respirazione mitocondriale e nell’attività dei complessi della catena respiratoria. Per questo motivo i muscoli transgenici producono più ATP dei wildtype, mentre i muscoli KO presentano una ridotta sintesi di ATP a causa di una disfunzionalità della membrana mitocondriale che dissipa il gradiente protonico. Tuttavia, per capire se questi cambiamenti dipendono direttamente da TFEB indipendentemente da PGC1α, abbiamo monitorato l’espressione di NRF1/2, TFAM e altri geni coinvolti nella biogenesi mitocondriale in un modello in cui PGC1α è deleto e TFEB overespresso. Questi dati di espressione uniti alle misure delle attività dei complessi dimostrano che TFEB è in grado di indurre autonomamente la biogenesi mitocondriale legandosi direttamente ai promotori dei geni NRF1 e NRF2. A questo punto abbiamo sottoposto a esercizio i topi riscontrando che gli animali transgenici resistono maggiormente all’attività fisica; al contrario i topi KO presentano una marcata intolleranza all’esercizio a causa della scarsa produzione di ATP. Per spiegare meglio questo fenomeno, grazie a misurazioni di parametri metabolici abbiamo riscontrato che i topi KO fanno affidamento maggiormente nell’ossidazione del glucosio sia a riposo che durante le fasi iniziali dell’esercizio fisico, spiegando l’intolleranza con la fine delle riserve di glicogeno. Inoltre, le quantificazioni del lattato nel siero prima e dopo l’esercizio suggeriscono che i muscoli KO dipendono maggiormente dalla glicolisi anaerobia a differenza delle controparti wildtype e transgenica. A questo punto, per investigare più in dettaglio il ruolo dell’ossidazione del glucosio che sembra essere alla base dell’intolleranza all’esercizio, abbiamo misurato i livelli di glucosio intramuscolare negli animali KO, notando che a riposo questi presentano una riduzione considerevole delle riserve. Per questo motivo gli animali KO, dopo i primi momenti di esercizio, sono costretti a cambiare il loro metabolismo verso una maggiore ossidazione degli acidi grassi che comunque non riesce a supportare la domanda energetica a causa dei mitocondri disfunzionali. Tutte queste evidenze indicano che TFEB controlla più il metabolismo rispetto all’autofagia la quale non è influenzata dalla modulazione genetica di TFEB; più in dettaglio TFEB sembra controllare direttamente il metabolismo del glucosio che è alterato negli animali TFEB-deficienti. Un ridotto assorbimento del glucosio e una ridotta sintesi del glicogeno durante gli EU-clamps spiegano perché le riserve di glicogeno sono ridotte negli animali KO mentre la controparte transgenica ne accumula in più. Questi effetti fenotipici sono accompagnati da un cambiamento nell’espressione di geni connessi all’omeostasi del glucosio, con maggiore presenza di trascritti per i trasportatori di glucosio and regolatori della sintesi del glicogeno nei muscoli transgenici, anche in assenza di PGC1α. Inoltre, l’overespressione di TFEB è in grado di modulare anche l’attività di nNOS e AMPK, influenzando l’omeostasi del glucosio non solo dal punto di visto trascrizionale, ma impattando anche sulle vie di segnale ad esso correlate. In conclusione tutte queste scoperte sostengono fortemente una nuova visione di TFEB come un fattore chiave nella regolazione della flessibilità metabolica durante l’esercizio fisico in modo indipendente da PGC1α.
BALDASSARI, Federica. "Involvement of transcription factor EB (TFEB) and c subunit of mitochondrial F1/FO ATP synthase in cellular homeostasis." Doctoral thesis, Università degli studi di Ferrara, 2015. http://hdl.handle.net/11392/2389104.
Full textMarchand, Benoît. "Rôle des Glycogène synthase kinases 3 (GSK3) dans la régulation de l’autophagie et du facteur de transcription EB (TFEB) dans les cellules pancréatiques tumorales humaines." Thèse, Université de Sherbrooke, 2016. http://hdl.handle.net/11143/8185.
Full textAlvarez, Valadez Karla. "Targeting intracellular cholesterol transport for inducing lysosomal damage and immunogenic cell death in cancer." Electronic Thesis or Diss., université Paris-Saclay, 2023. http://www.theses.fr/2023UPASL123.
Full textLysosomes serve as an intracellular platform that coordinates anabolic and catabolic processes, cell signaling, and transcriptional programs. These organelles allow the adaptation of cancer cells to a changing microenvironment by supplying them with essential metabolites and energy for their survival and proliferation. A major player in the lysosomal adaptive response is the transcription factor EB (TFEB), which is part of the microphthalmia/transcription factor E (MIT/TFE) family of transcription factors. TFEB plays a pivotal role in driving the expression of several genes associated with lysosome function and biogenesis, including those participating in autophagy. The latter is a critical lysosomal catabolic process in the cell. While TFEB and autophagy function as adaptive mechanisms to reestablish cellular homeostasis in response to stressors, TFEB-induced lysosomal biogenesis and enlargement can render cancer cells more vulnerable to compounds targeting lysosomes. This vulnerability opens the door for developing new strategies to combat cancers by simultaneously targeting the lysosome and activating TFEB. This study initially aimed to uncover novel pharmacological agents that function as agonists of TFEB and exhibit substantial cytotoxicity against cancer cells. By conducting cell-based drug screening of the Prestwick library, consisting of 1200 Food and Drug Administration (FDA)-approved compounds, we identified two antidepressants, sertraline and indatraline, as potent inducers of TFEB nuclear translocation. Both compounds promoted cholesterol accumulation within lysosomes, resulting in lysosomal membrane permeabilization, disruption of autophagy, and cell death. Molecular docking analysis unveiled that indatraline and sertraline may inhibit cholesterol traffic by binding to the same cavity where cholesterol typically binds to the lysosomal cholesterol transporters, Niemann-Pick type C1 (NPC1) and NPC2. In cancer cells, sertraline and indatraline elicited immunogenic cell death, converting dying cells into prophylactic vaccines that were able to protect against tumor growth in mice. In a therapeutic setting, a single dose of each compound was sufficient to significantly reduce the outgrowth of established tumors in a T cell-dependent manner. These results identify sertraline and indatraline as immunostimulatory agents that operate through a novel mechanism that connects lysosomal cholesterol accumulation to lysosomal membrane permeabilization, ultimately leading to immunogenic cell death. These results support the repositioning of sertraline and indatraline as immunostimulatory agents for cancer treatment and encourage the broadening of this study to other lysosomal cholesterol transport inhibitors
Bois, Philipp Du. "Transcriptional regulation of MuRF1 in skeletal muscle atrophy." Doctoral thesis, Humboldt-Universität zu Berlin, Mathematisch-Naturwissenschaftliche Fakultät I, 2014. http://dx.doi.org/10.18452/17079.
Full textSkeletal muscle mass is permanently balanced as a result of fine tuned protein synthesis and degradation mechanisms. Skeletal muscle atrophy occurs when protein degradation exceeds protein synthesis, which happens in a variety of conditions, such as aging, starvation, cancer, cachexia or denervation. Degradation of muscle mass can sometimes be useful, e.g. as source for lipids, amino acids and glucose in case of critical malnutrition as well as several other physiological conditions. But a solid composition and thereby functional maintenance of muscles is necessary for healthy individuals as well as individuals suffering from atrophy releasing diseases as to retain their mobility and to preserve full heart functions. Since degradation of structural proteins in muscle tissue has been addressed mainly to the ubiquitin-proteasome-system, the regulation of the participating components needs to be understood in detail to develop constructive treatments and therapies for atrophy prevention. One of the key enzymes in skeletal and heart muscle atrophy is the E3 ubiquitin ligase MuRF1. Its expression levels and protein content was found to be elevated in almost every know atrophy model. MuRF1 is very critical for the muscles composition and thus their functional integrity, as it marks and initiates degradation of structural and contractile proteins via the UPS. Since MuRF1 plays a prominent role in muscle atrophy, its transcriptional regulation needs to be well understood to develop effective therapies for all the different atrophy models MuRF1 has been linked to. Several transcription factors have been identified to regulate MuRF1 at different ratios and in diverse atrophy models. Importantly, they do not explain all MuRF1 inducing events observed. To fill some of the remaining knowledge gaps, the studies aims were to find new transcriptional regulators for MuRF1 and to analyze potential involvements of the obtained candidates in pathways affecting skeletal muscle atrophy.
Torra, i. Talavera Albert. "Transcription factor EB-mediated neurotrophic and neuroprotective effects: relevance to Parkinson’s disease." Doctoral thesis, Universitat Autònoma de Barcelona, 2019. http://hdl.handle.net/10803/667794.
Full textParkinson’s disease (PD) is a chronic neurodegenerative disorder mainly characterized by progressive loss of dopaminergic neurons in the substantia nigra pars compacta (SNpc). Albeit diverse efforts have been carried out to halt the progression of PD, none of them have been fully satisfactory. The possible implication of transcription factor EB (TFEB) as a therapeutic target in PD has gained momentum since it was discovered that TFEB controls lysosomal biogenesis and autophagy and that its activation might counteract lysosomal impairment and protein aggregation, which have long been described in neurodegenerative diseases, including PD. However, the majority of putative direct targets of TFEB described to date is linked to a range of biological processes that are not related to the autophagy-lysosomal system. Therefore, to deepen our knowledge on TFEB function in neurons may be crucial to develop a potential therapeutic strategy for PD and other related neurological disorders. In this thesis, we assessed the effect of overexpressing TFEB by means of an adeno-associated viral vector in mouse substantia nigra dopaminergic neurons and studied several molecular processes activated upon TFEB overexpression that may offer potential benefits in the context of PD. In this line, we demonstrated that TFEB overexpression drove a previously unknown bona fide neurotrophic effect accompanied by an enhanced dopaminergic function, activation of pro-survival signaling pathways and mitochondrial changes that altogether may contribute to render neurons less prone to cell death. To delve further into this concept, we studied the therapeutic potential of TFEB in a parkinsonian context, that induced by the neurotoxin MPTP. In this regard, we showed that TFEB overexpression was indeed able to block MPTP-induced neurodegeneration both at the cell body level as well as striatal dopaminergic terminals and restored neuronal activity/function and phenotype in the MPTP mouse model of PD. Moreover, TFEB overexpression also counteracted the deleterious events like lysosomal depletion and mitochondria-mediated cell death that are linked to MPTP neurotoxicity and PD. Besides, we unraveled that activating the autophagy-lysosomal pathway by knocking down the master repressor of autophagy ZKSCAN3 did not prevent MPTP-induced neurodegeneration or atrophy. Altogether, our results uncover new mechanisms decisive for the neuroprotective effect elicited by TFEB and highlight increasing TFEB activity as a therapeutic approach to fight neuronal death and restore neuronal function in PD and other neurodegenerative diseases.
Bécot, Anaïs. "Les APP-CTFs au cœur du processus pathologique de la maladie d’Alzheimer : contribution du système lysosomal-autophagique et de la sécrétion exosomale." Electronic Thesis or Diss., Université Côte d'Azur (ComUE), 2019. http://theses.univ-cotedazur.fr/2019AZUR6039.
Full textAlzheimer’s disease (AD) is characterized by the pathological accumulation of extracellular and intracellular aggregates (Aβ and Tau) in the brain. AD is also associated with an early alteration of the major degradation pathway of aggregated proteins, the autophagic-lysosomal pathway. Recent works have suggested that this defectcouldbothbeacauseandaconsequenceofearlyintraneuronalaccumulation of C99 (also named as APP-CTFβ), the direct precursor of Aβ. Due to its toxicity, C99 could be a possible key player of AD etiology. The accumulation of this product occurs mainly within organelles of the endolysosomal network, but our recent observations also indicate an extracellular accumulation of C99 in later stages of the disease, or in conditions where the Aβ-generating enzyme, γ-secretase, is blocked. The first aim of my PhD project was to investigate the possible beneficial effect of restoringlysosomal-autophagicfunctiononC99accumulation. Tothisend, weused a viral strategy to overexpress TFEB, a master regulator of both lysosome biogenesis and autophagy, in a mouse model of AD (3xTg-AD mouse). Two approaches were tested aiming to express TFEB either before or after the beginning of C99 accumulation, by injecting AAV-TFEBs into the ventricles of newborn mice or by stereotaxic injection into 3 month-old mice, respectively. These studies have shown a strong TFEB-mediated reduction of C99 accumulation when using both the preventive and curative approach. The aim of the second part of my PhD work was to understand the reasons of the extracellular accumulation of C99. We postulated that this C99-associated immunostaining could correspond to exosomal-associated C99. Exosomes are nanosizedvesiclesofendocyticoriginthatarereleasedfromcellsandknowntotransport neurotoxic proteins. In our study based on pharmacological, immunocytochemical and genetic approaches, we have confirmed this hypothesis and have shown the presence of C99, and of its direct derived-fragment C83 (APP-CTFα), existing as both monomers and oligomers, in exosomes purified from AD cell and mouse models. Moreover, our data have shown that the levels of these APP-CTFs are strongly increased by γ-secretase inhibition, thus explaining the higher levels of extracellular staining in γ-secretase treated animals. In conclusion, my PhD work shows 1) a new potential therapeutic strategy based on TFEB activation aiming to reduce early C99 accumulation and 2) the presence of monomeric and oligomeric C99 in exosomes in AD models and a link between γ-secretase inhibition and oligomerisation. Future studies are needed to elucidate the exact role of these C99-enriched exosomes in AD
La, Spina Martina. "Pharmacology, biochemistry and biomedical applications of plant stilbenes." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2017. http://hdl.handle.net/11577/3423240.
Full textQuesta tesi riguarda la ricerca che ho condotto su aspetti della farmacologia e delle attività biologiche di due stilbeni, il Resveratrolo (Rv) e lo Pterostilbene (Pt), componenti polifenoliche principali rispettivamente della vite e dei mirtilli. Negli ultimi anni queste due molecole hanno attirato l’attenzione della comunità scientifica grazie alle loro attività biologiche di rilievo per molte settori della medicina. Numerosi studi descrivono le loro azioni protettive nei confronti di sindromi metaboliche, contro il cancro e la neurodegenerazione. Al giorno d’oggi, questi effetti non vengono attribuiti tanto alle loro proprietà antiossidanti quanto alla loro capacità di modulare, direttamente o indirettamente, l’attività di proteine-chiave in vie di segnalazione intracellulare tra loro interconnesse. Un punto importante è che non sono stati riportati effetti collaterali negativi del loro utilizzo. Nonostante questi aspetti positivi, Rv e Pt presentano dei punti deboli. Entrambi sono soggetti ad un intenso metabolismo di fase II che ne limita significativamente la biodisponibilità. Inoltre, mentre molto lavoro è stato condotto con il fine di elucidare i meccanismi di azione del Rv, quelli dello Pt rimangono ancora in gran parte da chiarire. Durante il mio corso di dottorato, mi sono occupata di entrambe queste problematiche. Descrivo di seguito: 1) I tentativi effettuati per aumentare la biodisponibilità del Rv e dello Pt 2) Gli studi dei processi intracellulari innescati dallo Pt e la valutazione del suo potenziale terapeutico in due modelli in vivo 1) Per far fronte al problema della scarsa biodisponibilità sono stati adottati diversi metodi. Il mio gruppo di ricerca è ricorso alla produzione di pro-farmaci. Nel caso dei polifenoli, un buon pro-farmaco implica l’utilizzo di gruppi protettori per mascherare i gruppi ossidrilici tipici di queste molecole e per evitare le modifiche metaboliche da parte degli enzimi coniugativi di fase II. Tali sostituenti, chiamati “pro-moieties”, sono legati chimicamente alla struttura stilbenica in modo reversibile nelle condizioni fisiologiche d’impiego. Essi assumono particolare importanza per l’assorbimento dei composti, mentre la tipologia del legame è cruciale affinché le molecole attive vengano rigenerate con cinetiche adeguate. Noi abbiamo voluto creare dei pro-farmaci da somministrare oralmente. Pertanto essi dovevano essere relativamente stabili nel tratto gastro-intestinale e più labili negli altri compartimenti biologici (fluidi corporei e organi). Quando ho iniziato la mia esperienza nel gruppo di ricerca del Dott. Mario Zoratti, erano stati sintetizzati dei derivati del Rv come esteri carbammici N,N-bisostituiti recanti come sostituenti (pro-moieties) PEG 350 o gruppi glicosidici. Questi profarmaci aumentavano la scarsa solubilità in acqua del composto fenolico, ma si sono rivelati troppo stabili in ambiente fisiologico per essere utilizzati come pro-drugs. Abbiamo quindi deciso di creare dei derivati carbamoilici N-monosostituiti che si prevedeva sarebbero stati meno stabili. Un aspetto importante è che questa struttura chimica è essenzialmente stabile in acido, mentre può essere idrolizzata a pH vicino alla neutralità o basico. In un primo set di composti si sono utilizzati come promoieties degli aminoacidi. Oltre ad aumentare la solubilità in acqua, ci si aspettava che gli aminoacidi potessero essere riconosciuti da specifici sistemi di trasporto espressi a livello degli enterociti favorendo l’assorbimento intestinale della molecola. In un altro gruppo di derivati carbamoilici N-monosostituiti, tutti e tre, due o uno solo degli ossigeni fenolici del Resveratrolo sono stati decorati con gruppi poliossidrilati (diidrossipropil o 6-deossigalattosil). In questo caso si sperava che i trasportatori di zuccheri potessero intervenire per facilitarne l’assorbimento attraverso l’epitelio intestinale. Come ci si attendeva, tutti i composti sintetizzati venivano idrolizzati con cinetiche compatibili con la loro utilizzazione come pro-drugs. L’assorbimento dopo somministrazione orale invece è risultato essere insoddisfacente, senza alcuna evidenza di un coinvolgimento di traslocatori di membrana. Il Rv galattosilato non ha raggiunto la circolazione sistemica in nessun caso. I risultati migliori sono stati ottenuti con i derivati amminoacidici mono-sostituiti. Ipotizziamo quindi che la struttura estesa e tripartita dei prodrugs con protezione completa interferisca con il riconoscimento ed il trasporto da parte dei sistemi di membrana. Tutte le procedure sintetiche, la caratterizzazione e la valutazione farmacocinetica di queste famiglie di composti sono già state pubblicate. Gli articoli relativi sono inclusi in questa tesi come capitoli 1 e 2. Dopo aver completato il lavoro coi pro-farmaci del Rv, ho iniziato un nuovo progetto riguardante lo Pt. Questo ha rappresentato il principale tema delle ricerche del mio programma di PhD. Poiché lo Pt era stato poco studiato da un punto di vista farmacologico, ne abbiamo dapprima valutato la distribuzione nel sangue e negli organi (capitolo 3). Abbiamo quindi messo a punto un metodo per la quantificazione di questa molecola e suoi metaboliti negli organi di ratto. Il protocollo che abbiamo sviluppato ha permesso di preservare la stabilità del composto e di ottenere un’estrazione quantitativa dello Pt e dei suoi metaboliti dalle matrici biologiche. Le analisi HPLC/UV hanno rivelato che, in seguito ad una somministrazione singola di una dose pari a 88µmoli/Kg di peso corporeo, i livelli di Pt in diversi organi erano maggiori rispetto a quelli riscontrati nel sangue, raggiungendo valori nell’ambito di varie nmoli/gr (µM). Inoltre, lo Pt-4’-solfato è stato identificato come la principale specie metabolica. I suoi livelli erano più alti rispetto a quelli dello Pt in tutti gli organi presi in considerazione tranne che nel cervello. Alla luce di questi risultati, abbiamo lavorato ulteriormente per cercare di limitare le modificazioni metaboliche da parte degli enzimi di fase II. Ho quindi sfruttato l’esperienza acquisita dal lavoro con i pro-farmaci del Rv e in collaborazione con il gruppo di ricerca della Prof. Paradisi del Dipartimento di Scienze Chimiche dell’Università di Padova, abbiamo sintetizzato e caratterizzato una serie di derivati dello Pt recanti amminoacidi come pro-moieties, collegate all’ossidrile in posizione 4’ tramite un legame carbammico mono-sostituito. Le cinetiche di idrolisi di questi composti sono risultate adatte per il loro utilizzo. I derivati con catene laterali idrofobiche si sono distinti per gli elevati livelli di Pterostilbene rigenerato nel sangue dopo somministrazione intra-gastrica ai ratti. Abbiamo pertanto selezionato il più promettente tra questi composti e ne abbiamo controllato la distribuzione negli organi, seguendo lo stesso protocollo utilizzato per lo Pt. In questo caso, il pro-farmaco per se è stato identificato come la specie predominante in tutti gli organi eccetto che nel cervello, ma soprattutto, i livelli di Pt rilasciati sono risultati notevolmente maggiori, e quelli di solfato minori, se paragonati a quelli ottenuti somministrando la molecola originaria (capitolo 4). 2) Come accennato in precedenza, i meccanismi intracellulari alla base degli effetti benefici dello Pt non sono stati ancora completamente delucidati. Alcune ricerche suggeriscono che le sue proprietà potrebbero essere attribuite all’induzione dell’autofagia. Ho quindi deciso di indagare questo aspetto (capitolo 5). L’autofagia è una via di degradazione la cui errata regolazione è associata a varie condizioni patologiche. Il Prof. Ballabio ed i suoi collaboratori hanno dimostrato che questo processo è regolato principalmente dal Fattore di Trascrizione EB (TFEB), inibito da mTORC1. Ho quindi voluto verificare gli effetti dello Pt su questo fattore di trascrizione. Ho dimostrato che questo polifenolo è in grado di stimolare l’attività di TFEB inducendo la sua migrazione nel nucleo e promuovendo la sua espressione. In accordo con quanto osservato, lo Pt ha provocato un aumento della lipidazione della proteina LC3 e dei livelli di espressione di alcuni geni lisosomiali target di TFEB. È stata valutata anche l’efficacia dei due metaboliti principali dello Pt, Pt-4’-solfato e DiidroPt, poiché essi rappresentano le specie principali ritrovate in circolo dopo somministrazione dello Pt. Mentre il primo composto è risultato essere inerte, il secondo si è mostrato attivo come lo Pt, ma a concentrazioni più alte. Ulteriori studi sono stati effettuati per esplorare le vie di segnalazione a monte di questi fenomeni. Misurazioni basate sull’utilizzo di sonde FRET hanno messo in evidenza che lo Pt incrementa la concentrazione di cAMP e attiva CREB. Come riportato in precedenti lavori, questo nucleotide ciclico può indurre indirettamente l’attivazione dell’AMPK, noto antagonista di mTORC1. La stimolazione di questo asse di segnalazione cellulare potrebbe quindi essere alla base dell’attivazione del TFEB. In accordo con questa ipotesi, abbiamo osservato una riduzione dell’attività chinasica di mTORC1. Trattamenti farmacologici volti ad aumentare le concentrazioni di cAMP o attivare l’AMPK si sono tuttavia rivelati meno efficaci dello Pt indicando che questo polifenolo induce la migrazione di TFEB al nucleo modulando diverse vie di segnalazione cellulare. La traslocazione nucleare di TFEB, oltre ad essere sotto il controllo di mTORC1, può anche essere regolata dalla Calcineurina. Di recente, è stato dimostrato che questa fosfatasi può essere attivata da ROS esogeni ed endogeni. Nel contesto di queste ricerche, ho evidenziato che lo Pt aumenta la produzione mitocondriale di queste specie e che questo fenomeno è correlato alla migrazione del TFEB. Alla luce di ciò, è possibile ipotizzare che questa rappresenti una via alternativa attraverso la quale lo Pterostilbene influenza la localizzazione subcellulare del fattore di trascrizione (capitolo 5). Lo stabilirsi dell’azione pro-autofagica dello Pt in cellule in coltura mi ha spinto a saggiare il suo potenziale terapeutico per il trattamento delle distrofie muscolari da carenza di Collagene VI. Queste malattie sono caratterizzate principalmente dall’accumulo di mitocondri non funzionali. Concomitanti difetti del processo autofagico aggravano ulteriormente le condizioni patologiche e conducono alla morte di tipo apoptotico delle miofibrille. Come indicato dalla letteratura scientifica, l’utilizzo di un morfolino antisenso è attualmente la strategia migliore per ottenere un fenotipo marcato di distrofie muscolari da carenza di Collagene VI in zebrafish. Abbiamo quindi iniettato specifici oligonucleotidi antisenso diretti contro l’esone 9 dell’mRNA codificante per il Collagene VI nelle uova fecondate di tali pesci. In questo modo abbiamo indotto una delezione “in frame” della regione N-terminale del dominio a tripla elica della molecola di Collagene VI e una profonda alterazione della struttura delle fibre muscolari. I dati che ho ottenuto indicano che il trattamento con lo Pt induce un recupero pari a più del 30% nella struttura delle fibre muscolari ed un notevole aumento dell’attività motoria. Questa parte del progetto è stata svolta in collaborazione con il Prof. Bernardi e il Dott. Marco Schiavone del Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università di Padova. Nonostante i nostri risultati non dimostrino direttamente che il miglioramento delle condizioni patologiche sia dovuto all’induzione dell’autofagia, è plausibile che la stessa serie di eventi che si verificano in vitro possano aver luogo anche in vivo. A supporto di questa ipotesi, abbiamo verificato che lo Pt è in grado di aumentare i livelli di una proteina mCherry la cui espressione è posta sotto il controllo di elementi influenzati dal cAMP (CRE) in una linea transgenica reporter di zebrafish (questo modello è stato generato dalla Dott.ssa Patrizia Porazzi e dalla Prof.ssa Natascia Tiso del Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova). Tali fenomeni necessitano di essere ulteriormente approfonditi (capitolo 6). Infine, durante il mio percorso di dottorato, ho preso parte ad un altro progetto ancora in corso nel mio laboratorio di ricerca. Le analisi farmacocinetiche condotte in ratti hanno riportato che lo Pt è particolarmente abbondante nel cervello. Questa evidenza è in linea con diversi studi che dimostrano la capacità del polifenolo di migliorare le prestazioni di animali anziani in test comportamentali. I meccanismi molecolari alla base di questi effetti sono stati poco caratterizzati anche in questo contesto. Il lavoro che ho condotto in vitro, e confermato in zebrafish, dimostra che lo Pt è in grado di indurre un aumento di cAMP attivando CREB. È stato dimostrato che questo fattore di trascrizione svolge un ruolo cruciale per il consolidamento della memoria perché in grado di promuovere la neurogenesi in soggetti adulti a livello del giro dentato, una parte dell’ippocampo. La memoria, insieme ad altre funzioni cognitive, peggiora notevolmente con l’invecchiamento. Alla luce di ciò, in collaborazione con la Prof.ssa Nicoletta Berardi ed il gruppo di ricerca del Dott. Alessandro Sale (Istituto di Neuroscienze - Pisa), abbiamo messo a punto un lavoro sperimentale volto a valutare cambiamenti molecolari nel giro dentato e nell’ippocampo in seguito ad un eventuale miglioramento cognitivo in ratti anziani da parte dello Pt (capitolo 7). I risultati che abbiamo ottenuto hanno confermato che, dopo somministrazione cronica di questo composto, gli animali dimostrano un miglioramento della memoria. Inoltre, nonostante la statistica necessiti di essere ampliata aggiungendo più individui, sia analisi Western blot che RT-qPCR suggeriscono che tale trattamento ha indotto una up-regolazione di CREB. Allo stesso tempo, è stato misurato un aumento della massa mitocondriale. Questi effetti sono più evidenti a livello del giro dentato piuttosto che nella parte restante dell’ippocampo e suggeriscono fortemente il verificarsi di processi di rimodellamento neuronale. Nonostante ciò, non sono state riportate differenze nei livelli di PSD95. Per le prossime analisi saranno presi in considerazione marker diversi di plasticità sinaptica. In conclusione, le ricerche che ho condotto hanno permesso di delineare uno dei meccanismi responsabili delle proprietà dello Pt e di incrementare la sua biodisponibilità. Pertanto, essi potrebbero esse utili per lo sviluppo di futuri trattamenti terapeutici o preventivi.
Hsieh, Cheng-Wei, and 謝正偉. "Lysosome-responsive Transcription Factor EB Activation upon Mitophagy Degradation Stress." Thesis, 2016. http://ndltd.ncl.edu.tw/handle/66573960627460377270.
Full text國立清華大學
化學系
104
Except of the simplified view of lysosomes as the final compartments of degradation process, lysosomes are increasingly regarded as upstream organelles in the control of cell functions. Therefore, lysosome homeostasis should be tightly regulated to match the catabolic needs as well as to maintain lysosomal pathways. Here we use light-induced mitophagy substrates to disturb lysosome homeostatsis and reveal how lysosome biogenesis responses quantitatively to different levels of degradation stress. We observed that TFEB-mediated lysosomal genes activation is upregulated in dose-dependent manner upon variants mitophagy degradation stresses. This stress-response coordination is quantitatively modulated by mTOR inactivation. We further show that mitophagy-dependent mTOR inactivation is mediated by spatially recruiting mTOR activity regulators, DEPDC5 and FLCN, on autolysosome, a hybrid organelle of autophagosome and lysosome. Also, blocking autophagosome-lysosome fusion, by knocking down STX17, makes TFEB activation response decoupling from stress. These results suggest lysosome and autolysosome are functionally different in respect of mTOR activity and TFEB activation. Through fusing with autophagosomes, lysosomes sense degradation stress and decode into fine-tuning TFEB activation in the maintenance of self-regulated homeostasis.
Nidhiry, Anna S. "The role of the lysosome and transcription factor EB in tuberous sclerosis complex." Thesis, 2020. https://hdl.handle.net/2144/41147.
Full text2022-06-07T00:00:00Z
Book chapters on the topic "Transcription factor EB (TFEB)"
Gonçalves, João, Helena Soares, Norman L. Eberhardt, Sarah C. R. Lummis, David R. Soto-Pantoja, David D. Roberts, Umadas Maitra, et al. "TFEB/Transcription Factor EB (AGS12)." In Encyclopedia of Signaling Molecules, 1842. New York, NY: Springer New York, 2012. http://dx.doi.org/10.1007/978-1-4419-0461-4_101354.
Full textLi, Wei, Yang Liu, Min Hao, Meng Yang, Shuang Zhao, Zhenxing Liu, and Aipo Diao. "Expression of Transcription Factor EB (TFEB) Promotes Cancer Cell Proliferation, Migration and Invasion." In Lecture Notes in Electrical Engineering, 745–53. Singapore: Springer Singapore, 2017. http://dx.doi.org/10.1007/978-981-10-4801-2_77.
Full text"TFEB/Transcription Factor EB (AGS12)." In Encyclopedia of Signaling Molecules, 5373. Cham: Springer International Publishing, 2018. http://dx.doi.org/10.1007/978-3-319-67199-4_103808.
Full textConference papers on the topic "Transcription factor EB (TFEB)"
Marchand, Benoît, Alexandre Raymond-Fleury, and Marie-Josée Boucher. "Abstract 315: Regulation of the transcription factor TFEB and the autophagic/lysosomal network by GSK3 in pancreatic cancer cells." In Proceedings: AACR Annual Meeting 2014; April 5-9, 2014; San Diego, CA. American Association for Cancer Research, 2014. http://dx.doi.org/10.1158/1538-7445.am2014-315.
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