Academic literature on the topic 'Tessuto Adiposo Viscerale'

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Journal articles on the topic "Tessuto Adiposo Viscerale"

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Carcagnì, Addolorata. "Obesità, infiammazione e rischio cardiovascolare: la genesi dell’ateroma." Cardiologia Ambulatoriale 29, no. 1 (May 30, 2021): 30–40. http://dx.doi.org/10.17473/1971-6818-2021-1-5.

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Abstract:
Le malattie cardiovascolari associate all’aterosclerosi sono la prima causa di mortalità e morbilità. Diversi studi evidenziano che il tessuto adiposo viscerale ha un ruolo importante nello sviluppo di uno stato infiammatorio sistemico che contribuisce al rischio cardiovascolare e allo sviluppo della patologia ischemica. I mediatori circolanti dell’infiammazione partecipano ai meccanismi del danno vascolare. Nei pazienti obesi tali sostanze sono secrete direttamente dagli adipociti e dai macrofagi del tessuto viscerale e dagli epatociti e contribuiscono all’insorgere dell’insulino-resistenza. Questa rassegna mostra come lo stato infiammatorio si associa ad insulino-resistenza e come questo agisca nella formazione della placca ateromasica. Inoltre, descrive come l’insulino-resistenza potenzia altri fattori di rischio cardiovascolare associati all’obesità; e suggerisce importanti raccomandazioni nella pratica clinica per i pazienti cardiovascolari con obesità viscerale
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Kaul, S., M. P. Rothney, D. M. Peters, W. K. Wacker, C. E. Davis, M. D. Shapiro, D. L. Ergun, and Paola Fierabracci. "Assorbimetria a doppio raggio fotonico (DXA) per la misurazione del tessuto adiposo viscerale." L'Endocrinologo 13, no. 3 (June 2012): 144. http://dx.doi.org/10.1007/bf03345972.

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Fierabracci, Paola. "Captazione del fluoro desossiglucosio mediante PET/TAC nel tessuto adiposo viscerale e sottocutaneo dei soggetti obesi metabolicamente sani." L'Endocrinologo 16, no. 2 (March 14, 2015): 86. http://dx.doi.org/10.1007/s40619-015-0107-4.

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Dissertations / Theses on the topic "Tessuto Adiposo Viscerale"

1

Sanguin, Francesca. "Vitamina D e tessuto adiposo: quali possibili interazioni?" Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2012. http://hdl.handle.net/11577/3421727.

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Abstract:
Introduction: Recent studies have suggested the existence of a correlation between fat mass and serum levels of 25OH vitamin D [Vit D o 25(OH)D]. It is not yet known, however, if the type of body fat, subcutaneous or visceral, can interfere with vitamin D status. Excess central adiposity is associated sometimes to insulin resistance (IR), which in turn appears to be conditioned by the levels of Vit D. The aim of our study is to assess the levels of vitamin D and the index of IR , HOMA, after oral loading of cholecalciferol in subjects with varying body mass index (BMI) and different distribution of body fat. Case Study: We have recruited 61 healthy women not taking therapy interfering with bone metabolism, divided according to BMI in N (= 20, BMI <25, age 48.6 +/-10, 8), S (= 21 BMI> 25 <30 mean age: 50.2 +/-12.1), O (= 20, BMI> 30, mean age 51.8 +/-7.4). Every patient was supplemented with 300,000 U of oral cholecalciferol in the winter season and subjected to analysis of body composition by x-ray densitometer with assessment of sub-abdominal region (R1), questionnaire of calcium intake and sun exposure; at baseline (T0) and after 7 (T1), 30 (T2) and 90 days (T3) from the load serum Vit D, 1.25 di-hydroxyvitamin D [(1,25(OH)2D)], Parathyroid hormone (PTH), glucose and insulin (for calculating HOMA index) were determined. Results: Baseline values of Vit D were reduced in the 3 groups but significantly lower in O (p = 0.04), in O group PTH was significantly higher (p = 0.04) and 1,25(OH)2D was lower (p = 0.004). WC and R1 were significantly different between the 3 groups, the levels of blood glucose, insulin and HOMA index were higher in overweight and obese patients. After loading, Vit D levels increased significantly in T1 and T2 (p <0.0001, p = 0.002), reaching a peak higher in the N and S with respect to O, in T3 Vit D was reduced compared to T1 and T2 but still increased from baseline. PTH was significantly reduced in N and S at time T1 (p=0,03; p=0,05), while in O remained fairly stable. The levels of 1,25(OH)2D after loading increased significantly in all groups at T1 (p=0,008; p<0,0001) with the achievement of higher levels in N. There was an inverse relationship between PTH and Vitamin D to the limits of statistical significance (p = 0.07) at baseline, that became statistically significant after loading. Analyzing the performance of 25(OH)D after load, R1was the better index to predict the response of vitamin D to the load with the respect to BMI and WC. The HOMA index after loading behaved differently according to BMI, decreasing significantly in obese subjects, with a nadir in T2 (p=0,007) and then return to similar baseline levels at T3. Conclusions: In conclusion our work shows that vitamin D levels depend not only on the total amount (BMI) of fat but also on its distribution (R1), being most seized and/or consumed at the visceral fat sites. The index of insulin resistance improves after load only in obese subjects, where vitamin D deficiency is more evident.
Introduzione: Recenti ricerche hanno suggerito l'esistenza di una correlazione fra massa grassa e livelli sierici di 25OH Vitamina D [Vit D o 25(OH)D]. Non è ancora noto invece se il tipo di grasso corporeo, sottocutaneo o viscerale, possa interferire con lo stato vitaminico D. L’eccesso di adiposità centrale talora si associa all’ insulino-resistenza (IR), la quale a sua volta sembra essere condizionata anche dai livelli di Vitamina D. Scopo del nostro studio è valutare i livelli di Vit D ed l’indice di IR, HOMA, dopo carico orale di colecalciferolo in soggetti con diverso Body Mass Index (BMI) e diversa distribuzione del grasso corporeo. Casistica: sono state reclutate 61 donne sane che non assumevano terapie interferenti con il metabolismo osseo, suddivise in base al BMI in N (= 20, BMI < 25, età 48,6+/-10, 8), S (= 21, BMI > 25<30 età media: 50,2+/-12,1), O (= 20, BMI> 30, età media 51,8+/-7,4). Ogni paziente è stata supplementata con 300.000 U di colecalciferolo per os nella stagione invernale e sottoposta ad analisi della composizione corporea con densitometro a raggi X con valutazione della sub-regione addominale R1, questionario alimentare e dosaggio di Vit D, 1,25 di-idrossivitamina D [(1,25(OH)2D)], Paratormone (PTH), glicemia e insulinemia, per calcolo dell’indice HOMA, al basale (T0) e dopo 7 (T1), 30 (T2) e 90 giorni (T3) dal carico. Risultati: i valori della Vit D basali erano ridotti nei tre gruppi ma significativamente più bassi in O (p=0,04), nel gruppo O il PTH risultava significativamente più elevato (p=0,04) e la 1,25(OH)2D più bassa (p=0,004). WC e R1 erano significativamente differenti nei 3 gruppi; i livelli di glicemia, insulinemia e l’HOMA IR risultavano più elevati nei soggetti in sovrappeso e obesi. Dopo il carico, la Vit D aumentava significativamente in T1 e T2 (p<0,0001; p=0,002) raggiungendo un picco maggiore nei gruppi N ed S rispetto ad O, in T3 la Vit D era ridotta rispetto a T1 e T2 ma ancora aumentata rispetto al basale. Il PTH si riduceva significativamente in N ed S al tempo T1 (p=0,03; p=0,05), mentre in O i livelli rimanevano pressoché stabili. La 1,25 (OH)2D dopo il carico aumentava significativamente in tutti i gruppi in T1 (p=0,008; p<0,0001), raggiungendo livelli più elevati in N. Vi era una relazione inversa fra PTH e Vit D ai limiti della significatività statistica (p=0,07) al basale, mentre diventava statisticamente significativa dopo carico. Analizzando l’andamento della 25(OH)D dopo carico, l’R1 si è dimostrato l’indice predittivo migliore per determinare la risposta della Vitamina D al carico rispetto a BMI e WC. L’HOMA IR dopo il carico aveva un comportamento differente in base al BMI, riducendosi significativamente nei soggetti obesi, con nadir in T2 (p=0,007) per poi tornare a livelli simili al basale in T3. Conclusioni: In conclusione il nostro lavoro mostra come i livelli di vitamina D dipendano non solo dalla quantità totale (BMI) di grasso ma anche dalla sua distribuzione (R1) essendo maggiormente sequestrata e/o consumata a livello di grasso viscerale. L’indice di insulino-resistenza migliora dopo carico solo nei soggetti obesi, dove il deficit di Vitamina D è più manifesto.
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Montik, Nina. "Tessuto adiposo viscerale nelle donne in gravidanza: validazione della metodica ecografica." Doctoral thesis, Università Politecnica delle Marche, 2012. http://hdl.handle.net/11566/242320.

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Abstract:
L’eccessivo accumulo di grasso viscerale e l’obesità sono riconosciuti fattori di rischio per l’insorgenza di malattie metaboliche e cardiovascolari, inclusi l’intolleranza al glucosio, la dislipidemia, l’iperinsulinemia, la resistenza all’insulina e l’aterosclerosi. La distribuzione del grasso corporeo sembra essere molto importante e, in particolare, l’accumulo di grasso viscerale svolge un ruolo preponderante nello sviluppo della sindrome metabolica e della patologia cardiovascolare. Pazienti che presentato depositi eccessivi di grasso addominale possono essere considerati a rischio, anche se non propriamente obesi. La gravidanza è l’unico stato parafisiologico caratterizzato da iperfagia e cambiamenti nella composizione lipidica dell’organismo materno L’eccessivo peso materno prima della gravidanza aumenta il rischio di outcome avversi, come ad esempio il peso del neonato alla nascita, l’intolleranza glucidica e l’ipertensione gestazionale. Un recente studio, evidenzia che lo spessore del grasso viscerale correla con il rischio metabolico della gestante, in maniera maggiormente significativa rispetto al BMI della donna stessa. Secondo alcuni recenti dati, durante il corso della gravidanza si verifica un accumulo di grasso viscerale, maggiore rispetto a quello sottocutaneo, ed è molto più evidente durante il terzo trimestre di gestazione, finalizzato ad accumulo di energia per il futuro allattamento. L’elevata parità si associa ad adiposità centrale, ed un eccessivo aumento di peso in gravidanza è associato ad outcome gravidici avversi ed un rischio di obesità a lungo termine per la madre. Sono stati proposti diversi metodi per la valutazione della distribuzione corporea del tessuto lipidico, ma attualmente non esiste un metodo standard da applicare alle donne in gravidanza. La Tomografia computerizzata, considerata come “gold standard” per la valutazione della distribuzione del grasso corporeo, risulta troppo costosa e si serve di radiazione ionizzanti, rendendo inutilizzabile per ricerche su larga scala ed in particolare risulta controindicata in gravidanza. MRI è un altro valido metodo ma in questo caso la definizione del tessuto adiposo dipende dal settino dell’ “MRI-scanner” e risulta essere un metodo più costoso che efficace. Un’altra semplice procedura come il calcolo del rapporto vita-fianchi è stata usato come indicatore del volume del grasso viscerale, ma non è in grado di discriminare il grasso viscerale da quello sottocutaneo e non può essere utilizzato in gravidanza. La valutazione ecografica del tessuto adiposo appare come una tecnica riproducibile, efficace e poco costosa. Il protocollo proposto e già validato per la misurazione del grasso viscerale addominale, che utilizza la distanza a livello di L4 fra il m. retto e l’aorta, non può essere usato in gravidanza, a causa dell’aumento volumetrico dell’utero durante il II ed il III trimestre. Considerando che il II e d il II trimestre rappresentano i periodi nei quali è maggiore il deposito di grasso, è necessario un metodo alternativo da applicare alle donne in gravidanza. La misura del tessuto adiposo preperitoneale è stata descritta come attuabile in un solo studio. Il grasso epicardio è risultato strettamente correlato al grasso viscerale, e la dualità di questa misura è stata scientificamente descritta, ma non in donne in gravidanza. Lo scopo dello studio è quello di valutare quale sia il metodo migliore per misurare ecograficamente l’accumulo di tessuto adiposo viscerale durante la gravidanza.
Excess of fat cumuli and obesity are associated with increased morbidity and mortality as an independent factor as associated with related metabolic and cardiovascular diseases, including glucose intolerance, dyslipidemia, hyperinsulinemia, insulin resistance, and atherosclerosis (1). Body fat distribution seems to be very important, namely, increased visceral fat deposit plays a major role in the development of the metabolic syndrome and cardiovascular disease (2). Subjects are considered to be at risk, even if they are not obese, if they have increased adipose deposits in the abdominal area (3). Pregnancy is a unique physiological state characterized by hyperphagia and changes in maternal fat deposition(4,5). High maternal weight before pregnancy increases risk for adverse pregnancy outcome, including birth weight, gestational carbohydrate intolerance and hypertension (6-9). Moreover, a recent study suggested the better correlation of visceral fat thickness at early pregnancy with metabolic risk factor than Body Mass Index (BMI) (4). Some data show that during pregnancy there is an accumulation of visceral fat more than subcutaneous, and it is more evident during third trimester, providing energy storage for future lactation. Increasing parity is associated with central adiposity, and excess of gestational weight gain is associated with adverse outcomes in pregnancy as well as with long-term obesity risk for mother (9-12). Different methods have been proposed for fat distribution evaluation, but no standard is established for pregnant patient. Computed tomography (CT), considered a “gold standard” for body fat composition (14-19), is expensive and employs ionizing radiations, making it unsuitable for large-scale research and, in particular, contraindicated in pregnancy. MRI is also a valid method, but a the definition of adipose tissue depends on the settings of MRI –scanner and results a costly-effective method (20). Other simple procedure like waist-hip ratio was used as an indicator of visceral fat volume, but it is now found to be unable to distinguish between subcutaneous and visceral fat, and useless during pregnancy (21). Confirmed reproducibility of ultrasound in evaluation of adipose tissue make it the most acceptable and also cost-effective technique (19). Nevertheless, the proposed and validated protocol (4,13) for abdominal visceral fat area, measuring intrabdominal fat al L4 level m. rectus-aorta distance, is not valid for pregnant patients due to enlargement of uterus during II and III trimester. Considering that the II and the III trimesters are the period of major fat deposition an alternative method for pregnant patient should be found. The preperitoneal adipose tissue measurement was described as a possible in an only study (12) . The epicardical fat was studied as a tissue strongly correlated with visceral fat and the method of its measurement was also described, but not in pregnant patients (18). The aim of this study was to evaluate the best method for ultrasound measurement of visceral adipose cumuli during pregnancy.
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MANESCHI, ELENA. "Il trattamento con testosterone o oca migliora le alterazioni del tessuto adiposo viscerale indotte dalla sindrome metabolica attraverso la normalizzazione dell’insulino-sensibilità: uno studio sperimentale nel coniglio." Doctoral thesis, 2015. http://hdl.handle.net/2158/1002812.

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Abstract:
Il tessuto adiposo rappresenta nei vertebrati il principale deposito energetico dell’organismo, composto principalmente da adipociti maturi in grado di accumulare l’apporto energetico in eccesso sotto forma di trigliceridi. L'accumulo di grasso a livello viscerale è indice di un tessuto adiposo disfunzionante, non in grado di immagazzinare correttamente l'eccesso di energia, che, quindi, si deposita in siti indesiderati, come fegato, cuore, muscolo scheletrico e nel tessuto adiposo viscerale. Le conseguenze metaboliche di questo “difetto” nella partizione dell'energia sono l'obesità viscerale, l'insulino-resistenza, una dislipidemia aterogenica e un profilo infiammatorio pro-trombotico: caratteristiche tipiche della sindrome metabolica (SM). La SM, e in particolare l' obesità viscerale, è associata a deficit di testosterone (T), ma i meccanismi patogenetici di questa associazione non sono stati ancora chiariti. Nel nostro studio abbiamo utilizzato un modello animale di SM, indotto da una dieta ricca in lipidi (HFD), per 12 settimane, in conigli maschi adulti, che è stato confrontato con conigli nutriti con una dieta standard (controllo) e con conigli ottenuti da sottogruppi di conigli HFD trattati con T o con OCA, un agonista sintetico del recettore FXR implicato non solo nel controllo dell’omeostasi lipidica e glucidica, ma anche nella regolazione della funzione del tessuto adiposo. Questo modello animale di SM riflette essenzialmente le caratteristiche cliniche maggiori del fenotipo umano; è caratterizzato, infatti, da iperglicemia, dislipidemia, ipertensione, e aumento della massa adiposa viscerale. La prima parte del nostro lavoro ha riguardato lo studio gli effetti dei diversi trattamenti sulla funzione del tessuto adiposo viscerale (VAT), utilizzando varie metodiche, quali tecniche immunoistochimiche, western blot e RT-PCR. I risultati da noi ottenuti dimostrano che il grasso viscerale che si accumula nei conigli HFD è un grasso viscerale disfunzionante, costituito da adipociti ipertrofici, ipossici e caratterizzati da una minore espressione proteica a membrana del trasportatore per il glucosio (GLUT4) e da un ridotto rapporto pAKT/AKT, entrambi indice di insulino-resistenza, quando confrontati con i conigli di controllo. In accordo, l’espressione della proteina antilipolitica perilipina è risultata significativamente aumentata nel VAT dei conigli HFD, rispetto ai conigli di controllo. Nel nostro studio abbiamo inoltre dimostrato che i conigli HFD presentano infiammazione e steatosi a livello epatico, le caratteristiche principali della steatoepatite non alcolica (NASH). L’HFD ha indotto, infatti, un significativo aumento del peso del fegato e un accumulo di lipidi, abbondante e omogeneo, a livello epatico, insieme a un’aumentata espressione dei marcatori tipici della steatosi, PPARγ e adiponectina. I fegati isolati dai conigli HFD erano, inoltre, chiaramente infiammati, come dimostrato dalla maggiore espressione di TNFα e IL-6, due citochine pro-infiammatorie coinvolte nella transizione da NAFLD (steatosi epatica non alcolica) a NASH. Per approfondire gli effetti della HFD sull’espansione/disfunzione del VAT, abbiamo isolato la componente preadipocitaria indifferenziata (rPAD) dal grasso viscerale dei conigli sperimentali in modo da studiarne le caratteristiche funzionali e la capacità differenziativa. Le rPAD isolate dal VAT dei conigli HFD hanno mostrato una minore capacità di rispondere al mezzo differenziante DIM, e in particolare all’insulina, in termini di sintesi dei trigliceridi, captazione del glucosio e traslocazione a membrana di GLUT4. La resistenza all'insulina nelle rPADHFD è stata dimostrata anche dal mancato aumento di espressione dei geni specifici dell’adipogenesi, quali DKK1, c/EBPα, PPARγ, FABP4, adiponectina, e leptina. Inoltre, le rPADHFD DIM-esposte hanno mostrato una prevalente espressione di CCND1 rispetto all’espressione di CCND3, suggerendo un’alterazione del processo differenziativo. In accordo, nei conigli HFD è stata osservata, mediante microscopia a fluorescenza, una percentuale inferiore di cellule capaci di differenziarsi. Questi risultati molto interessanti evidenziano, quindi, una ridotta capacità maturativa delle rPADHFD rispetto alle rPADcontrollo. Un ulteriore segno di insulino-resistenza nelle rPAD isolate dai conigli HFD è l’alterata formazione DIM-indotta delle goccioline lipidiche, come rilevato con la microscopia confocale. In particolare, nelle rPADHFD, rispetto alle rPADcontrollo, abbiamo osservato la riduzione della neo-formazione (numero ridotto) e l’alterazione del processo di fusione (aumento delle dimensioni) delle goccioline lipidiche. In accordo, nel nostro studio, abbiamo osservato che le rPADHFD sono caratterizzate da una maggiore espressione a livello citoplasmatico della proteina SNAP23, una proteina che, in condizioni fisiologiche, è maggiormente espressa a membrana (dove media la fusione delle vescicole contenenti GLUT4), mentre in condizioni di dislipidemia viene sequestrata nel citoplasma, dove è coinvolta principalmente nella fusione delle goccioline lipidiche, con conseguente aumento della loro dimensione. In aggiunta, sia nelle rPAD non trattate che in quelle trattate con DIM, abbiamo osservato una significativa associazione positiva tra il volume della gocciolina lipidica e l’espressione di SNAP23. Questo potrebbe rappresentare un possibile meccanismo che associa lo sviluppo di resistenza all'insulina con l’aumento di volume delle goccioline lipidiche. Il risultato più sorprendente di questo studio è che entrambi i trattamenti, T e OCA, sembrano essere efficaci nel contrastare gli effetti indotti dalla SM. Entrambi i trattamenti, infatti, sono stati in grado di migliorare il profilo metabolico e di contrastare non solo l’espansione del VAT, ma anche tutte le alterazioni del VAT indotte dalla SM, riducendo la dimensione degli adipociti e l’ipossia, ripristinando il corretto signalling dell'insulina (traslocazione a membrana di GLUT4, rapporto pAKT/AKT), riducendo l'espressione della perilipina e ripristinando la corretta differenziazione della componente preadipocitaria verso un fenotipo metabolico più maturo ed efficiente. In conclusione, il nostro studio effettuato in un modello sperimentale di SM aggiunge nuove informazioni circa il legame che esiste tra ipogonadismo e obesità viscerale, alterazioni entrambe associate allo sviluppo di SM e rischio cardiovascolare. In particolare, i nostri risultati suggeriscono che i conigli HFD sono caratterizzati da un accumulo di VAT disfunzionante, in cui il normale processo differenziativo sembra essere danneggiato, a causa della compromissione della via di segnalazione dell’insulina. Il trattamento in vivo sia con T che con OCA sembra essere capace di preservare la funzione del VAT attraverso il mantenimento dell’insulino-sensibilità, che, a sua volta, consente il corretto commissionamento della componente preadipocitaria e un normale turnover cellulare. Questi effetti potrebbero essere visti come un fattore di protezione nei confronti dell’espansione ipertrofica del VAT che diventa disfunzionante, determinando le conseguenze metaboliche deleterie tipiche della SM.
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FACCHIANO, ENRICO. "Effetti del trattamento sostitutivo con testosterone sulla disfunzione del tessuto adiposo e sull’epatopatia steatosica non alcolica (NAFLD) nel paziente obeso di sesso maschile candidato a chirurgia bariatrica." Doctoral thesis, 2017. http://hdl.handle.net/2158/1077224.

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Abstract:
Lo scopo del presente studio è quello di analizzare gli effetti del testosterone sulla disfunzione del tessuto adiposo e sulla NAFLD nei pazienti obesi di sesso maschile candidati a chirurgia bariatrica, comparando i pazienti sottoposti a terapia sostitutiva con testosterone (TRT) con i pazienti ipogonadici non trattati e con quelli eugonadici.
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