Academic literature on the topic 'TEORIA GENERALE DEL DIRITTO'

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Journal articles on the topic "TEORIA GENERALE DEL DIRITTO"

1

Fittipaldi, Edoardo. "Dogmatica in Leon Petrazycki: giusrealismo e principio di legalitŕ." SOCIOLOGIA DEL DIRITTO, no. 2 (November 2010): 45–76. http://dx.doi.org/10.3280/sd2010-002003.

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Abstract:
Scopo di questo articolo č chiarire la distinzione petrazyckiana fra teoria generale (psico-sociologica) del diritto e scienza del diritto descrittiva, da un lato, e dogmatica giuridica, dall'altro. Fittipaldi discute anzitutto alcune affermazioni generali di Petrazycki circa le finalitŕ della dogmatica giuridica. Egli esamina poi il trattamento petrazyckiano del concetto di ‘legge' in sede di teoria generale (psico-sociologica) del diritto e in sede di (teoria generale della) dogmatica giuridica. Al fine di meglio evidenziare i punti fondamentali della posizione teorica di Petrazycki, Fittipaldi compara il concetto petrazyckiano di ‘legge' con quello di Kelsen. In questo modo Fittipaldi mostra che la distinzione petrazyckiana fra scienza del diritto descrittiva e dogmatica giuridica presenta notevoli vantaggi teorici rispetto alla distinzione kelseniana fra sociologia del diritto e giurisprudenza normativa. Tuttavia, egli mostra anche che l'approccio petrazyckiano necessita di essere completato col concetto kelseniano di ‘Grundnorm'. Secondo Fittipaldi la teoria generale del diritto e la (teoria generale della) dogmatica giuridica, necessitano ciascuna di un proprio concetto di ‘Grundnorm'.
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D'Albergo, Salvatore. "Storicitŕ del diritto e antistoricitŕ della teoria generale." DEMOCRAZIA E DIRITTO, no. 1 (June 2010): 215–47. http://dx.doi.org/10.3280/ded2009-001013.

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3

Bobbio, Norberto. "L’interpretazione delle leggi e la ragion di Stato." DESC - Direito, Economia e Sociedade Contemporânea 2, no. 1 (October 4, 2019): 144–53. http://dx.doi.org/10.33389/desc.v2n1.2019.p144-153.

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4

Bobbio, Norberto. "A interpretação das leis e a razão de Estado." DESC - Direito Economia e Sociedade Contemporânea 2, no. 1 (October 4, 2019): 154–63. http://dx.doi.org/10.33389/desc.v2n1.2019.p154-163.

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5

Bellini, Piero. "Gli apporti di teoria generale del diritto della canonistica italiana." Ius Canonicum 6, no. 12 (April 13, 2018): 507–27. http://dx.doi.org/10.15581/016.6.22306.

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6

Chiarini, Giovanni. "I DOVERI GIURIDICI NELL'ORDINAMENTO COSTITUZIONALE ITALIANO." Revista de Direito Brasileira 22, no. 9 (June 25, 2019): 235. http://dx.doi.org/10.26668/indexlawjournals/2358-1352/2019.v22i9.5325.

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Abstract:
Questo breve scritto intende affrontare il concetto di dovere giuridico, analizzandolo in particolare nell’ambito della teoria generale del diritto. Partendo da una breve disamina, astratta e filosofica, di tale significato, si è poi cercato di analizzare il dovere come "dovere costituzionale", con particolare riferimento alla Costituzione Italiana e facendo un breve excursus, anche storico, delle carte costituzionali precedenti e della loro attualità.
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Ferrari, Vincenzo. "Gino Giugni e la teoria del diritto." GIORNALE DI DIRITTO DEL LAVORO E DI RELAZIONI INDUSTRIALI, no. 134 (May 2012): 190–203. http://dx.doi.org/10.3280/gdl2012-134007.

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8

Delgado Rojas, Jesús Ignacio. "Andrea Porciello, Diritto e morale: tre questioni. Scorci di teoria del diritto." DERECHOS Y LIBERTADES: Revista de Filosofía del Derecho y derechos humanos, no. 47 (April 22, 2022): 349–55. http://dx.doi.org/10.20318/dyl.2022.6886.

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9

Sobański, Remigiusz. "Prawo kanoniczne a kultura prawna." Prawo Kanoniczne 35, no. 1-2 (June 5, 1992): 15–33. http://dx.doi.org/10.21697/pk.1992.35.1-2.02.

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Abstract:
Si presenta la versione polacca di una relazione tenuta nell’ambito dei seminari sul tema „Scienza giuridica e diritto canonico” al’Università di Torino 2. 5. 1990. Il testo originale viene pubblicato nel volume sullo stesso tema curato da Rinaldo Bertolino, Torino 1991. Ci presentiamo le osservazioni finali. 1. Il diritto canonico non può non giovarsi dello sviluppo della cultura giuridica (allo stesso modo che l'intero magistero della Chiesa non può non giovarsi del patrimonio culturale dell’umanità). Immutato è il quesito di fondo: in che misura queste vicende possono riuscire utili ad esprimere la „verità” ecclesiale. L’utilità dipende dallo sviluppo delle scienze giuridiche, come di quelle ecclesiali: il che significa che il diritto canonico ha, di fronte alla cultura giuridica, un atteggiamento aperto ed assorbente, pur se differenziato e non privo di critica. 2. Per sua vocazione universale la Chiesa ha un atteggiamento aperto di fronte alla cultura giuridica d’ogni ambiente in cui esse è presente ed agisce. Il riferimento alla cultura giuridica locale e i rapporti con le vicende delle culture regionali sono omogenei con i principi fondamentali della relazione Chiesa universale-Chiese locali. L’influsso del diritto romano e di quello germanico sul diritto canonico, da un lato; la romanizzazione del diritto dei barbari attraverso la Chiesa o, anche, l’influsso del diritto canonico p. es. sul diritto polacco dall’altro, dimostrano quanto il contatto della Chiesa con la cultura giuridica dell’ambiente possa ruiscire fecondo. 3. Negli ultimi secoli la presenza del diritto canonico nella cultura giuridica è, al massimo, passiva. Cerca d’assicurarsela una presenza mediante l’adattamento. Se anche sia vero che qualunque presenza debba accompagnarsi con la disponibilità ad imparare, occorre riconoscere che questa posizione unicamente difensiva non consente al diritto canonico di incidere e di ispirare la cultura giuridica. Inoltre, l’esito di questa presenza (passiva) è parziale, non solo perché le premesse filosofiche che fondano il pensiero giuridico sono (o sembrano essere) per la Chiesa inaccettabili, ma perché, in seguito all‘atteggiamento esclusivamente recettizio, si corre il rischio di trasferire nell’ambito metagiuridico tutto cio che non si ritrovi nell’ottica delle attuali dottrine giuridiche. 4. Non c’è dubbio che la Chiesa non sia l’ambiente topico di sviluppo delle scienze giuridiche e che la scienza giuridica goda di una sua piena autonomia. Ma la comunione ecclesiale, non di raro definita Ecclesia iuris, non lo è in seguito alla recezione del diritto ab extrinseco, ma in forza della propria immanente dimensione giuridica. (Senza di essa non avrebbe ragion d’essere un autonomo diritto canonico, ed i problemi organizzativi della Chiesa potrebbero essere risolti alla stregua del solo diritto ecclesiastico dello Stato). Si deve quindi riconoscere che la Chiesa, iscritta nella storia umana del diritto, ha qualche cosa da dire nella sfera del diritto, sia nella sua dimensione ideologica che in quella della sua realizzazione pratica. L’assenza di un ruolo ispiratore del diritto canonico sulla scienza giuridica contemporanea dovrebbe dar a pensare per la più che i fondamentali problemi giuridici vengono continuamente discussi dai cultori di diritto: viviamo tuttavia in un mondo di nazioni sempre più unite nel quale le interferenze di differenti teorie e sistemi giuridici tendono ad aumentare e le dottrine giuridiche si rivelano particolarmente suscettibili agli influssi di molteplici filosofie. 5. Su un contatto non unidirezionale ma bilaterale del diritto canonico con la cultura giuridica si potrà contare soltanto allora, quando la canonistica abbia fatto proprio il metodo del Concilio Vaticano II, durante il quale la Chiesa ha rinunciato a presentarsi ratione status, ed ha invece cercato di esporre la sua natura secondo la propria convinzione di fede. Anche nel diritto canonico bisogna finalmente decidersi ad una riflessione profondo sulla Chiesa alla luce della fede, sulle proprie radici e finalità, per poter realizzare il diritto ecclesiale nel modo più coerente e per potere, per cio stesso, dialogare con le altre culture giuridiche. Il dialogo non nascerà da una passiva traslitterazione, quasi a ricalco, del diritto civile nell’ambiente ecclesiale, ma attraverso una franca ed aperta meditazione sulle proprie premesse ontologiche, le proprie peculiarità, le proprie esigenze: anche quelle di una „nuova giustizia”. Soltanto allora la presenza del diritto canonico nella cultura giuridica potrà essere non solo riproduttiva, ma anche produttiva. 6. Anche sotto questo punto di vista appare urgente la necessità di una robusta elaborazione di una teoria generale del diritto canonico. Si tratta di una teoria del diritto della Chiesa secondo il suo proprio „credo Ecclesiam”, non già elaborata all’interno di rigide teorie aprioristiche. Troppo generiche e scarsamente feconde le prese di posizione a favore di una deteologizzazione del diritto ecclesiale e, al contrario, le obiezioni stesse contro una presunta sua teologizzazione. Non si tratta invero di una „teologizzazione”, ma di prendere in seria considerazione i principi teologici, grazie ai quali il dialogo con la cultura giuridica diventa possibile e razionale.
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Strazzeri, Marcello. "La giuridificazione organizzativa dello stato sociale." SOCIOLOGIA DEL DIRITTO, no. 3 (February 2012): 105–12. http://dx.doi.org/10.3280/sd2011-003009.

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Abstract:
La tendenza alla giuridificazione si colloca all'interno di un processo storico piů generale, della cui dinamica sociale ed istituzionale scandisce snodi essenziali. E tuttavia si puň propriamente parlare di giuridificazione quando tale tendenza assume, nelle societŕ moderne, una rilevanza tale da produrre una vera e propria proliferazione del diritto scritto. Correlativo e conseguente al processo di giuridificazione č l'ampliamento della sfera di attivitŕ, precedentemente regolata in modo informale, che viene assoggettata a normazione giuridica. La codificazione giuridica specialistica di stati di fatto globali interviene in una fase di ulteriore spinta del processo sotto forma di "coagulazione del diritto". Ispirandosi alla teoria dell'agire comunicativo, l'articolo esamina l'ascesa, l'affermarsi e il proliferare del processo di giuridificazione, con l'obiettivo di stabilire se e come tale tendenza abbia favorito l'emergere e il definirsi istituzionale di istanze del mondo vitale; se, inoltre, allo stato attuale del processo, queste istanze possano ancora essere promosse o non sia auspicabile un processo inverso di de-giuridificazione.
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Dissertations / Theses on the topic "TEORIA GENERALE DEL DIRITTO"

1

PARRAVICINI, SIMONE. "L'OGGETTO DEL GIUDIZIO NELLA TEORIA GENERALE DEL PROCESSO: IL FRAZIONAMENTO DELLA DOMANDA GIUDIZIALE." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2021. http://hdl.handle.net/10280/96572.

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Abstract:
La tesi di dottorato ha inteso esaminare il tema – complesso e sempre attuale - della definizione della nozione di oggetto del giudizio sotto il particolare profilo della frazionabilità della domanda giudiziale, ovvero di quel fenomeno per cui l’attore agisce in giudizio azionando una sola parte del diritto vantato o chiedendo al giudice una pronuncia su un quid che in via più o meno sicura, si allontana da quello che viene descritto come diritto soggettivo. Dopo l’esame delle diverse pronunce giurisprudenziali che hanno affrontato il tema in esame e delle principali linee ricostruttive proposte dalla letteratura, si è evidenziato come tale richiesta di tutela (ossia in caso di frazionamento della domanda in senso proprio) sebbene possa corrispondere ad un interesse dell’attore, tuttavia si scontri con la natura indisponibile della nozione positiva di oggetto del giudizio, ovvero con la definizione – operata dall’ordinamento – di ciò che possa essere accertato nel corso del giudizio. La non sussumibilitá di quanto dedotto dall’attore in caso di frazionamento della domanda giudiziale nella nozione positiva di oggetto del giudizio consente quindi di censurare il fenomeno della parcellizzazione della tutela giurisdizionale: in tale ottica si sono quindi distinte le ipotesi di frazionamento in senso proprio da quelle in cui tale discrasia sia solo apparente e si è tentato – seppur per sommi capi – di definire l’esito delle domande deducenti un quid alius rispetto alla questione circa l’esistenza di una posizione giuridica soggettiva.
Doctoral thesis intended to examine the topic - complex and always current - of the definition of the judgment’s object under the particular profile of the fractionability of judicial question, that is phenomenon for which the claim is proposed by asking the judge for a pronunciation on a quid that more or less safely, detaches what is described as subjective right. After the examination of the different jurisprudential pronunciations that have addressed the subject in question and of the main reconstructive lines proposed by judicial doctrine, it has highlighted how this request for protection although it may correspond to an interest of the claimant, however it clashes with the unavailable nature of the positive concept of the judgment’s object, or with the definition - made by positive judicial system - of what can be established in the course of the judgment. The non-subsumability of the object deducted by claim in case of judicial application parting in the positive concept of the object of the judgment therefore allows to censorate the phenomenon of parcellization of jurisdictional protection.
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PARRAVICINI, SIMONE. "L'OGGETTO DEL GIUDIZIO NELLA TEORIA GENERALE DEL PROCESSO: IL FRAZIONAMENTO DELLA DOMANDA GIUDIZIALE." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2021. http://hdl.handle.net/10280/96572.

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Abstract:
La tesi di dottorato ha inteso esaminare il tema – complesso e sempre attuale - della definizione della nozione di oggetto del giudizio sotto il particolare profilo della frazionabilità della domanda giudiziale, ovvero di quel fenomeno per cui l’attore agisce in giudizio azionando una sola parte del diritto vantato o chiedendo al giudice una pronuncia su un quid che in via più o meno sicura, si allontana da quello che viene descritto come diritto soggettivo. Dopo l’esame delle diverse pronunce giurisprudenziali che hanno affrontato il tema in esame e delle principali linee ricostruttive proposte dalla letteratura, si è evidenziato come tale richiesta di tutela (ossia in caso di frazionamento della domanda in senso proprio) sebbene possa corrispondere ad un interesse dell’attore, tuttavia si scontri con la natura indisponibile della nozione positiva di oggetto del giudizio, ovvero con la definizione – operata dall’ordinamento – di ciò che possa essere accertato nel corso del giudizio. La non sussumibilitá di quanto dedotto dall’attore in caso di frazionamento della domanda giudiziale nella nozione positiva di oggetto del giudizio consente quindi di censurare il fenomeno della parcellizzazione della tutela giurisdizionale: in tale ottica si sono quindi distinte le ipotesi di frazionamento in senso proprio da quelle in cui tale discrasia sia solo apparente e si è tentato – seppur per sommi capi – di definire l’esito delle domande deducenti un quid alius rispetto alla questione circa l’esistenza di una posizione giuridica soggettiva.
Doctoral thesis intended to examine the topic - complex and always current - of the definition of the judgment’s object under the particular profile of the fractionability of judicial question, that is phenomenon for which the claim is proposed by asking the judge for a pronunciation on a quid that more or less safely, detaches what is described as subjective right. After the examination of the different jurisprudential pronunciations that have addressed the subject in question and of the main reconstructive lines proposed by judicial doctrine, it has highlighted how this request for protection although it may correspond to an interest of the claimant, however it clashes with the unavailable nature of the positive concept of the judgment’s object, or with the definition - made by positive judicial system - of what can be established in the course of the judgment. The non-subsumability of the object deducted by claim in case of judicial application parting in the positive concept of the object of the judgment therefore allows to censorate the phenomenon of parcellization of jurisdictional protection.
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Todesco, Sara. "Per una ricostruzione teorico-generale del concetto di abuso del diritto." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2008. http://hdl.handle.net/11577/3425178.

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Abstract:
This work examines the notion of abuse of rights. It is a choice solicited by the ascertainment of its vitality and of the increasing interest shown towards it by the elaborations of the doctrine as well as by jurisprudential applications. It is, moreover, a notion arisen from the doctrine and the jurisprudence. Only some legal systems, not our own, have absorbed it as a prescriptive rule, and there is no doubt that this circumstance represents a peculiar matter of interest. The perspective of investigation chosen, and considered most helpful for the purpose of understanding the abuse of rights, certainly involves dedicating space to the elaboration of the doctrine and to the jurisprudential cases that have made use of this instrument. Nonetheless, this does not mean to engage once more again (several have been the monographs dedicated to the abuse of rights by now) in an as most complete reconstruction as possible of its systematic traits and of its conditions of use. This work rather wants to be a reflection on the general theory of law. As a matter of fact, the notion of abuse of rights calls the attention of the expert to numerous and structural issues, which question the instruments that in the positivist and formalist vision of the regulations of inter-subjective relations still predominant today, constitute its protagonists (the rules, and the subjective rights meant as expressions of the same rules); the role of the interpreter and the jurist; finally, it questions in a particularly perceptive way about the function and the methods of the theoretical understanding of juridical phenomena and of the role of juridical science. It appears possible to reasonably assert that the notion of abuse of rights - beyond its practical function and its concrete application to many situations that emerge in the progress of relations and do not find any other adequate solutions - is especially relevant in this last perspective, that is to say in pointing out the function that the juridical science fulfils and must fulfil in interpreting, understanding and directing the solution of questions that involve the ratio and the structure itself of the juridical system. More explicitly, the thesis that this work means to prove is that the category of abuse of rights, which arises and then exists as an operative instrument of the interpreter and the jurist in order to satisfy well determined needs of the juridical system (and historically, in reaction to well determined conceptions of the juridical system), may be usefully, and perhaps especially considered and investigated as an instrument of the juridical science, that is as a "juridical concept" by means of which the jurist approaches the understanding, the interpretation and theorisation of the juridical experience. To this end the structure of this work has been arranged in three parts. The first part intends to define the boundaries and the structural significance of the notion of abuse of rights. This implies, first of all, that the conceptual categories that contribute to reconstruct the notion are to be accounted for: the category of subjective rights (in that the notion of abuse of rights originates in reaction to its strictly individualist foundation, and a control of the exercise of rights is proposed) and that of offence. Traditionally, the abuse of rights is considered as a tertium genus between the prospect of acting in accordance with a right and acting unlawfully. The abuse of rights as a concept defines itself necessarily in relationship with these other two concepts. On the other hand the thorough understanding of the conceptual autonomy of the abuse of rights demands to account for some instruments - of a former origin, that is widely elaborated and used in other legal systems - which share the same ratio of the prohibition of abuse and with it contribute to the identification and sanction of unlawful occurrences. These are the notions of exceptio doli generalis, the prohibition of venire contra factum proprium and the institution of the Verwirkung. The second part of the work directly deals with the questions relating to abuse through the investigation of the standpoints of the doctrine and the jurisprudence. Ample space is dedicated to the analysis of the most representative elaborations of the doctrine, both Italian and French. This survey leads to the identification of a significant line of development that starting from the first standpoints that deal with abuse as an issue of exclusively moral or ideological nature, rather evolves in the direction of an increasing awareness of the conceptual autonomy and of the utter juridical essence of the notion of abuse. Likewise significant appears to be the examination of jurisprudential verdicts, whilst the awareness of the conceptual and systematic significance of the notion of abuse undoubtedly proves to be inferior. Nonetheless, the reference to it is more and more frequent and reveals to be an instrument necessary to highlight crucial requirements of the system of inter-subjective relations. The last part is concerned with explaining precisely these conclusions suggested and justified by the analysis of the discipline and the jurisprudence. Moreover, in the light of the starting thesis, according to which the abuse of rights may be considered as a juridical concept and thus the lines of its development may represent the path of formation of a juridical concept, this last part also wants to account for the acquisitions of the philosophy of law and of the general theory of law on the theme of juridical concepts. Thus the standpoints of the famous controversy of the years 1935-1945, which had as its protagonists particularly Pugliatti, Jemolo, Cesarini Sforza and Calogero, are dealt with as well as the standpoints elaborated with regard to juridical concepts pertaining to the analytical philosophy, in a particular way in Scarpelli's and Pintore's works. Besides, the examination of these authors' beliefs leads to the ascertainment of the inadequacy of the reading keys that they propose in order to understand what a juridical concept is, how it is born and what power of understanding it grants. In the yet big differences of presuppositions and attitude that characterize these authors, however, they do not actually diverge form the epistemological horizon that asserts the conventional and operative nature of concepts and their inevitable dependence on the positive datum. Therefore, the answer to the hypothesis that the examined question of abuse lets perceive still remains open: that of a concept which delineates itself as such not from a prescriptive provision but from a real, substantial need of "ordering" of inter-subjective relations that is progressively received, elaborated, "systematised" by the work of the doctrine and the jurisprudence.
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BERNARDONI, ROSITA. "L'istituto del recesso nella teoria generale del contratto e nella legislazione di tutela del consumatore." Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2008. http://hdl.handle.net/2108/698.

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Abstract:
Il progressivo diffondersi ed affermarsi del c.d. diritto dei consumatori – introdotto nell’ordinamento giuridico italiano grazie all’attuazione di alcune direttive comunitarie emanate, tutte, a partire dalla metà degli anni ottanta - sembra aver inciso radicalmente sulle nozioni codicistiche di accordo ed efficacia vincolante del consenso cristallizzate nell’art. 1372 c.c., determinando la crisi definitiva di uno dei principi basilari del diritto dei contratti. Fondamentale strumento di tutela che il legislatore individua a favore del consumatore, nella sua veste di contraente debole, è il diritto potestativo a recedere, secondo modalità e profili del tutto divergenti rispetto a quanto previsto in via generale dall’art. 1373 c.c. Trattasi di una tecnica di tutela adeguata, volta a garantire il consumatore da incauti acquisti, senza mortificare, attesa anche l’esiguità dei termini entro i quali giovarsi del rimedio, “le opposte esigenze di celerità e sicurezza degli scambi commerciali”. Tale diritto si caratterizza, in particolare, per: 1) il suo riconoscimento sempre in favore di un solo contraente, il consumatore, per l’appunto; 2) la sua sottoposizione ad un breve termine di decadenza; 3) la sua riferibilità anche alle mere proposte contrattuali e non solo ai contratti; 4) la sua essenziale gratuità (non essendo possibile prevedere corrispettivi o penalità); 5) il carattere incondizionato, libero e discrezionale del relativo esercizio; 6) la sua irrinunciabilità; 7) la sua operatività anche nei contratti ad effetti reali e la sua esercitabilità anche dopo la produzione di tali effetti; 8) il suo travolgere gli effetti negoziali. La condizione di presunta debolezza del consumatore, in altri termini, trova nel diritto di recesso o meglio nello ius poenitendi, come viene comunemente definito, il mezzo per affrancarsi dagli effetti di un consenso contrattuale che potrebbe essere stato non sufficientemente ponderato. A questa ratio se ne affianca un’altra che amplia la prospettiva funzionale dell’istituto, riconnettendolo al mercato. Si è osservato, infatti, che con il recesso si mira a proteggere la parte debole del rapporto contrattuale e, al contempo, si introducono modalità e regole di funzionamento del mercato, mediante l’imposizione di obblighi informativi e di particolari effetti contrattuali. Il recesso, allora, assurge a “tecnica di regolazione del mercato” e il legame indissolubile tra contratto e mercato fa del recesso un istituto strumentale alla massimizzazione dell’efficienza allocativa e della snellezza degli scambi: il consumatore, nella logica della legislazione comunitaria, deve essere messo quanto prima nella condizione di tornare sul mercato, libero da vincoli giuridici ed economici derivanti da una precedente contrattazione non andata a buon fine.
The progressive spreading and achievement of [the so called] consumer rights – introduced in the mid Eighty in the Italian legal system thanks to implementation of some European directives - seems to extremely affect basic law knowledge of contract and binding effectiveness of acceptance fixed in art. 1372 c.c., producing the definitive crisis of one of the basic contract law principles. Main legal instrument of protection of consumers’ interests is withdrawal right, in way completely different from what provided for art. 1373 c.c. It’s a method of protection of consumers from unfair trading without distort the speed and the security of the commercial practice. Withdrawal right features: 1) acknowledgment always in behalf of one contracting party: the consumer 2) short expiry date 3) reference also to general contract proposal 4) it’s cost-free 5) its practice is unreserved, unconstrained and discretionary 6) it cannot be renounced 7) its efficiency also in real contracts In the withdrawal right, better in the ius poenitendi, as usually defined, the condition of presumed consumers weakness is the way to free from a mislead action.
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SPRICIGO, BIANCAMARIA. "La "riflessione critica" sull'illecito commesso alla luce dei principi costituzionali e della teoria generale del reato: problemi e prospettive." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2013. http://hdl.handle.net/10280/1797.

Full text
Abstract:
La tesi si occupa del concetto di “riflessione critica” dell’autore di reato sull’illecito commesso. Secondo l’art. 27 d.P.R. 30 giugno 2000, n. 230, essa consiste in una riflessione dialogica concernente le condotte antigiuridiche e colpevoli, le correlate motivazioni, le conseguenze che discendono per l’autore medesimo e le possibili azioni di riparazione attuabili nella fase di esecuzione. La ricerca si sviluppa in cinque momenti: il primo capitolo focalizza l’attenzione sullo studio di un fondamento costituzionale del concetto di “riflessione critica”, anche al fine di una rinnovata lettura del finalismo rieducativo; il secondo capitolo mette in luce i punti di intersezione tra “riflessione critica” sull’illecito commesso e “teoria generale del reato”; il capitolo successivo offre una panoramica degli ostacoli e dei problemi operativi che impediscono la piena predisposizione di un modello responsabilizzante e che sollecitano ipotesi di riforma del sistema penale e penitenziario; nel quarto capitolo ci si sofferma sull’approfondimento delle premesse di un modello dialogico e riparativo di giustizia; quindi, il capitolo conclusivo si dedica a un’esplorazione dei confini e delle congruenze dei concetti di “rehabilitation” e “restorative justice”, per muovere oltre verso la considerazione di un modello di giustizia ispirato all’idea di “responsività” [John Braithwaite] e di “restorative justice dialogue” [Mark S. Umbreit]. In sostanza, lo studio mira a proporre un modello che faciliti, in modo dialogico e inclusivo, forme di responsabilità attiva nel settore penale.
The dissertation examines how offenders deal with “critical rethinking” on their crimes. According to art. 27 d.P.R. 30 June 2000, n. 230, it consists in a dialogical reflection on the wrongdoings they committed, their motivations, the consequences that follow on for the offenders themselves, and the possible reparations during the post-sentencing phase. The study is divided into five chapters. The first chapter focuses on the research for a constitutional basis of the “critical rethinking” and for a renewed understanding of the “finalismo rieducativo” (equivalent to the rehabilitative goal). The second chapter highlights the points of intersection between the “critical rethinking” and the “general theory of crime”. The third chapter summarizes the obstacles and the operative problems that hamper the implementation of this dialogical reflection and describes hints for a possible reform of the criminal justice system, particularly with regard to the post-sentencing phase. The fourth chapter proposes an in-depth analysis of some of the basic key-concepts for the introduction of a dialogical-restorative model of justice. Finally, the fifth chapter investigates the relationship between “rehabilitation” and “restorative justice” and takes into consideration a justice model that is inspired by “responsivity” [John Braithwaite] and “restorative justice dialogue” [Mark S. Umbreit]. By means of that, the study aims at providing a framework for an active assumption of responsibility in a more dialogical and inclusive culture.
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SPRICIGO, BIANCAMARIA. "La "riflessione critica" sull'illecito commesso alla luce dei principi costituzionali e della teoria generale del reato: problemi e prospettive." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2013. http://hdl.handle.net/10280/1797.

Full text
Abstract:
La tesi si occupa del concetto di “riflessione critica” dell’autore di reato sull’illecito commesso. Secondo l’art. 27 d.P.R. 30 giugno 2000, n. 230, essa consiste in una riflessione dialogica concernente le condotte antigiuridiche e colpevoli, le correlate motivazioni, le conseguenze che discendono per l’autore medesimo e le possibili azioni di riparazione attuabili nella fase di esecuzione. La ricerca si sviluppa in cinque momenti: il primo capitolo focalizza l’attenzione sullo studio di un fondamento costituzionale del concetto di “riflessione critica”, anche al fine di una rinnovata lettura del finalismo rieducativo; il secondo capitolo mette in luce i punti di intersezione tra “riflessione critica” sull’illecito commesso e “teoria generale del reato”; il capitolo successivo offre una panoramica degli ostacoli e dei problemi operativi che impediscono la piena predisposizione di un modello responsabilizzante e che sollecitano ipotesi di riforma del sistema penale e penitenziario; nel quarto capitolo ci si sofferma sull’approfondimento delle premesse di un modello dialogico e riparativo di giustizia; quindi, il capitolo conclusivo si dedica a un’esplorazione dei confini e delle congruenze dei concetti di “rehabilitation” e “restorative justice”, per muovere oltre verso la considerazione di un modello di giustizia ispirato all’idea di “responsività” [John Braithwaite] e di “restorative justice dialogue” [Mark S. Umbreit]. In sostanza, lo studio mira a proporre un modello che faciliti, in modo dialogico e inclusivo, forme di responsabilità attiva nel settore penale.
The dissertation examines how offenders deal with “critical rethinking” on their crimes. According to art. 27 d.P.R. 30 June 2000, n. 230, it consists in a dialogical reflection on the wrongdoings they committed, their motivations, the consequences that follow on for the offenders themselves, and the possible reparations during the post-sentencing phase. The study is divided into five chapters. The first chapter focuses on the research for a constitutional basis of the “critical rethinking” and for a renewed understanding of the “finalismo rieducativo” (equivalent to the rehabilitative goal). The second chapter highlights the points of intersection between the “critical rethinking” and the “general theory of crime”. The third chapter summarizes the obstacles and the operative problems that hamper the implementation of this dialogical reflection and describes hints for a possible reform of the criminal justice system, particularly with regard to the post-sentencing phase. The fourth chapter proposes an in-depth analysis of some of the basic key-concepts for the introduction of a dialogical-restorative model of justice. Finally, the fifth chapter investigates the relationship between “rehabilitation” and “restorative justice” and takes into consideration a justice model that is inspired by “responsivity” [John Braithwaite] and “restorative justice dialogue” [Mark S. Umbreit]. By means of that, the study aims at providing a framework for an active assumption of responsibility in a more dialogical and inclusive culture.
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RUSSETTI, DANIELE. "Abuso del diritto: principio interpretativo o categoria generale del diritto dell'unione europea." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2013. http://hdl.handle.net/10281/41955.

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Abstract:
L’abuso trova origine nella tensione tra la libertà di agire e gli scopi personali sottesi a tale agire. Lo scontro tra i suddetti elementi costituisce il terreno fertile su cui questo si innesta e cresce. Difatti, il diritto soggettivo si articola nella (lecita) possibilità di assumere un comportamento previsto dalla norma e, quindi, di poter agire per soddisfare un interesse degno di tutela a livello legislativo. Dal momento che questo, inteso come agere licere, è una facoltà “positiva”, l’ordinamento giuridico non può tollerare il perseguimento di obiettivi non contemplati dalla ratio normativa il quale si presenta come la negazione stessa di un corpus iuris. Configurandosi in termini di facoltà non soggetta ad alcuna regola, esso si pone in aperto contrasto con il principio di sistematicità e di coerenza che caratterizzano un sistema di norme. Ecco che la fattispecie dell’abuso nasce dal continuo ed inesorabile impegno da parte dell’ordinamento di riconoscere ai singoli individui, siano essi persone fisiche o giuridiche, uno spazio di libertà per il perseguimento di interessi “personali” degni di tutela da parte dell’ordinamento, senza che ciò possa sconfinare in un’azione priva di fondamento giuridico. Secondo il diritto UE, l’abuso si è posto e si pone come la sintesi del binomio libertà di azione o scelta vs scopo ultimo dell’azione o scelta. Se da un lato i Trattati istitutivi dell’UE attribuiscono ai soggetti libertà fondamentali da poter utilizzare in uno spazio giuridico senza frontiere, dall’altro si pone il problema di arginare tutti quei fenomeni in cui il formale esercizio del diritto attribuito sia del tutto incoerente con l’obiettivo della norma, dando vita a possibili forme di contrasto tra quanto concesso e, dunque, quanto effettivamente realizzato. È proprio in un’ottica di concorrenza tra gli ordinamenti, e quindi di circolazione dei modelli normativi, che si concretizza la possibilità di utilizzare il diritto per fini non coerenti con il dettato normativo, i.e. in maniera abusiva. Consapevoli di ciò, i Giudici della Corte di Giustizia, al fine di evitare un impiego distorto del diritto UE, hanno enucleato l’assunto secondo cui non è possibile utilizzare abusivamente (o fraudolentemente) il diritto comunitario/europeo. A detta di chi scrive, tale inciso deve essere giustificato alla luce di quella peculiare esigenza di individuare una clausola generale idonea a colmare le possibili lacune di un sistema particolarmente complesso come quello europeo, con inevitabili riflessi a livello nazionale. Stante il limitato ambito di applicazione delle misure interne volte a tutelare i sistemi giuridici nazionali, la Corte di Giustizia ha voluto “creare” uno strumento in grado non solo di preservare la coerenza del sistema europeo da possibili usi impropri dello stesso, ma anche di evitare che attraverso questo, si dessero vita a fenomeni di elusione o frode della disciplina nazionale. L’abuso è stato individuato ogni qual volta i singoli abbiano utilizzato le libertà di matrice europea per finalità non ammesse dalle disposizioni normative che attribuivano tali posizioni giuridiche. Inoltre, si è considerata legittima l’azione degli Stati membri di non riconoscere la fattispecie integrata dal singolo in quanto realizzata in palese violazione della sovranità delle leggi nazionali, ossia dello Stato di origine. Così facendo, l’esercizio delle disposizioni europee, eventualmente dotate di efficacia diretta, viene paralizzato, con il conseguente riconoscimento di forza cogente della norma nazionale impropriamente elusa. Il vero problema dell’abuso si pone quando ci si trovi di fronte a comportamenti individuali che corrispondono a fattispecie di esercizio di situazioni giuridiche, determinate da una norma positiva in modo più o meno dettagliato, ma in ogni caso tale da attribuire, prima facie, una precisa protezione a colui che agisce. È proprio in tali situazioni che si viene a creare quell’apparenza di legittimità del comportamento individuale, conforme alla fattispecie astratta di esercizio di un diritto contemplata dalla norma, che generalmente non corrisponde alla ratio ultima della disposizione e, quindi, del sistema giuridico europeo. La richiamata formula, e i casi in cui è stata utilizzata, fanno emergere, ictu oculi, che la nozione di abuso (nonché quella di frode!) e il correlato divieto sono legati proprio all’esercizio delle facoltà connesse alle libertà fondamentali, in particolare quando si considerino situazioni in cui si profili una diversità di disciplina normativa di determinate fattispecie tra le legislazioni nazionali. L’abuso e la frode costituiscono l’uso improprio, id est oltre i limiti, della facoltà offerta dall’ordinamento europeo di scegliere tra più alternative nell’ambito dell’esercizio delle libertà fondamentali. Ecco, dunque, che sulla base di quanto supra esposto è possibile ravvisare l’importanza del divieto dell’abuso del diritto. Coniugando la duplice veste di canone ermeneutico nonché di categoria generale del diritto dell’Unione Europea, il divieto si mostra nella sua veste di correttivo alle lacune normative del sistema giuridico sovranazionale. Assolve la funzione di risolvere i conflitti normativi, di proteggere gli spazi comuni e di garantire il continuo adattamento del diritto europeo alla trasformazione della società. La sua stabilità funzionale si lega, quindi, ad un’intrinseca dinamicità operativa, tesa da un lato a precludere l’esercizio improprio delle libertà fondamentali e dall’altro a tutelare la coerenza sistematica dell’ordinamento UE. Il divieto in questione si presta ad essere un correttivo malleabile alle imprevedibili fenomenologie abusive e, dunque, stante la peculiare natura che lo contraddistingue, si appalesa quale rimedio evolutivo inquadrabile nel novero delle metodologie anti-formali che consente una tutela effettiva dal lato sostanziale. Ecco dunque che si pone come la giusta sintesi fra il principle of construction che caratterizza la corretta interpretazione del diritto in generale, sia da parte del singolo operatore economico che da parte delle Amministrazioni nazionali, e una categoria generale di sistema che informa l’ordinamento UE. Preme sottolineare come l’essenza della richiamata clausola deve fare i conti, però, con la relativa applicazione pratica che non può tradursi in una capziosa ed ingiustificata limitazione di quella autonomia privata che caratterizza gli operatori che agiscono nel mercato interno UE. La libertà dei singoli nello scegliere le modalità più adeguate per realizzare la propria attività è imprescindibilmente collegata a quel concetto di autonomia privata tutelata sia a livello nazionale che europeo. In particolare, la facoltà di agire, avvalendosi di quanto messo legittimamente a disposizione dall’ordinamento in cui si opera, costituisce una declinazione della più generale libertà di iniziativa economica, intesa quale comportamento volontario volto alla realizzazione degli interessi del soggetto che agisce. Allo stesso tempo tale autonomia di scelta è subordinata alle legittime possibilità contemplate dal sistema giuridico di riferimento, non potendo ammettere le azioni che non risultano coerenti con le finalità che permeano tale ordinamento. Anche in questa direzione, allora, può essere valutato l’abuso del diritto e il divieto ad esso correlato. Quando si sostiene l’impossibilità di utilizzare abusivamente il diritto UE, si vuole definire indirettamente la gamma di scelte che l’ordinamento europeo reputa compatibili con gli obiettivi a cui questo tende, nel rispetto dei principi di certezza del diritto e del legittimo affidamento dei singoli. In forza di ciò, il divieto sotteso all’esercizio abusivo del diritto europeo deve essere interpretato in modo da non pregiudicare i comportamenti o le operazioni legittime. La portata di tale proibizione risulta chiara: il diritto invocato da un soggetto è escluso quando l’attività posta in essere non ha altra spiegazione che quella di raggiungere impropriamente un beneficio che collide con gli scopi e con i risultati ammessi e tutelati dalle disposizioni di una determinata branca del diritto. Operazioni così siffatte non meritano di essere protette poiché si manifestano nella loro tensione di sovvertire la finalità dello stesso sistema legale in cui si collocano. Il divieto di abuso del diritto costituisce, dunque, anche una limitazione alla libertà di iniziativa dei singoli che opera quando l’esercizio di un diritto si concretizza in una fattispecie che, sebbene rispetti le condizioni normativamente poste per l’applicazione della disciplina positiva, si pone in contrasto con gli obiettivi da essa perseguiti e, al contempo, è priva di valide motivazioni idonee a giustificarla. L’autonomia privata, che ricomprende la libertà di scelta delle forme giuridiche attraverso cui realizzare i propri obiettivi, non costituisce, quindi, un dogma assoluto. Nel mercato interno questa non può essere considerata un valore intangibile in quanto trova fondamento e limite nei valori e nei principi che permeano l’ordinamento europeo. Alla luce di ciò, è possibile cogliere il precario equilibrio che caratterizza l’autonomia privata in seno all’Unione. La tutela di questa libertà non contempla quelle azioni il cui scopo è rappresentato dal raggiungimento di un vantaggio mediante comportamenti artificiosi e/o ingannevoli, privi di adeguate motivazioni che possano legittimare tali condotte; per contro, ove tale autonomia e, dunque, la sottesa libertà di iniziativa non fossero adeguatamente garantite, verrebbero compromessi gli stessi obiettivi a cui tende il sistema giuridico europeo, ossia la realizzazione e il consolidamento di uno spazio senza frontiere in cui la libertà di scelta e l’equivalenza tra gli ordinamenti giuridici ne costituiscono l’essenza. Ecco, quindi, la necessità di interpretare le azioni poste in essere alla luce dello scopo ultimo cui tendono in quanto solo così è possibile da un lato accertare la natura abusiva delle condotte e dall’altro lasciare impregiudicati i comportamenti legittimi frutto di quella libertà di scelta posta a fondamento dell’autonomia privata e dello stesso ordinamento europeo.
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FLORIAN, STEFANIA. "Il diniego di provvedimento e teoria generale dell'azione amministrativa." Doctoral thesis, Università degli studi di Ferrara, 2016. http://hdl.handle.net/11392/2403422.

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Abstract:
La questione che ci si propone di indagare è la natura giuridica del diniego esplicito di provvedimento amministrativo richiesto dal privato. In particolare, si intende approfondire quali eventuali effetti giuridici il diniego produca e, alla luce di ciò, se esso possa considerarsi un vero e proprio atto giuridico, secondo un profilo di teoria generale. Nel primo capitolo si analizza la ricostruzione tradizionalmente proposta, che ha rilevato come il diniego di provvedimento favorevole, in quanto espressione di una volontà puntuale, sia da considerare un atto giuridico vero e proprio e che, proprio in quanto tale, esso possa essere impugnato dal cittadino ed annullato dai competenti organi giurisdizionali, laddove illegittimo. L’atto giuridico, infatti, secondo la comune concezione costituisce, innanzitutto, una fattispecie dinamica, cioè un fattore di modificazione della realtà giuridica preesistente. Tuttavia, per poter ricondurre a questa categoria la semplice espressione di una volontà negativa, occorre prima individuare l’effetto o gli effetti giuridici, in cui dovrebbe manifestarsi il valore dinamico della figura, che è oggetto di indagine nel secondo capitolo. Si osserva, quindi, che nella comune descrizione del modo di operare della pronuncia negativa è implicita l’idea che il punto di incidenza del suo effetto sia costituito da quella stessa situazione che verrebbe modificata, in senso favorevole, dal provvedimento positivo. A ben vedere, però, la causa del pregiudizio subito dal privato non è costituita dal rifiuto, in sé, ma dall’omessa emanazione del provvedimento atteso, cioè dalla mancata realizzazione di un vantaggio, che, sostanzialmente, risulta identico nella sua consistenza e nella sua portata, tanto nel caso di rifiuto di provvedimento quanto nel caso di mera inerzia. Posto che i medesimi lemmi sono utilizzati, dai vari autori, in modo difforme e non sarebbe possibile costruire linearmente la figura del rifiuto di provvedimento, se non in forza di basi terminologiche certe, si è ritenuto utile precisare la classificazione delle figure giuridiche soggettive che si intende accogliere, senza avere la pretesa di prendere in esame tutte le ricostruzioni per delimitarle l’una rispetto all’altra, ma cercando di mettere in rilievo come, nel considerarle, non si possa prescindere da una considerazione del fenomeno di produzione giuridica. Il terzo e ultimo capitolo è dedicato allo studio di alcuni profili di tutela giurisdizionale, poiché al problema della natura giuridica del diniego di provvedimento, è collegato lo stabilire la reale natura, costitutiva o di mero accertamento, della pronuncia sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio che, ai sensi dell’art. 34, comma 1, lett. c, ultimo periodo, della legge 2 luglio 2010, n. 104, è ammessa non solo per le ipotesi di silenzio, ma anche nel caso di diniego espresso.
What is going to be investigted is the legal nature of the explicit refusal of the administrative measure required by a private person. In particular, what is being studied in depth is which possible legal consequences are produced by a refusal, furthermore whether it can be considered a real legal transaction, according to general theory. In the first chapter the traditional reconstruction is analized, which points out how the refusal of a measure in favour, being the expression of a precise will, is to be considered a real legal transaction, consequently, because of this, it can be impugned by the citizen and repealed by the competent bodies if illegitimate. The legal transaction, according to common concept, is first of all a kind of dynamic legal paradigm, that is a modifying element of the pre-existing legal reality. Yet, to bring back into this category the simple expression of a negative will, one should first single out the legal effect/effects, in which the dinamics value should be manifested; this is being dealt with in the second chapter. Therefore, it is noted that, in the common description of the way of performing of the negative verdict, it is implicit the idea that the point of incidence of its effect is the very situation which would be favourably modified by the positive measure. In truth, the cause of the prejudice suffered from the private person is not the refusal per se but the omitted issue of the expected measure, that is not getting an advantage which is identical in its consistency and significance both in the case of a refusal and of mere inertia. Given that the same entry words are used in different ways by several authors and it would not be possible to reconstruct the refusal of measure straightforwardly without sure terminological basis, it is believed to be useful a precise classification of the subjective legal figures to be accepted without claiming to examine all the reconstructions to limit one compared to the other but tryong to highlight how, taking them into consieration, one cannot but consider the phenomenon of the legal production. The third, and last, chapter is devoted to the study of some profiles of legal guardianship because, linked to the problem of the legal nature of the refusal of measure one must define the real nature, constitutive or mere investigation, of the verdict on the ground of the claim taken to trial which, according to art. 34, paragraph 1, letter c, last sentence of the law July 2nd 2010, n. 104, is granted both in the case of silence and of expressed refusal.
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Carlo, Antonino <1967&gt. "Il Segretariato Generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2008. http://amsdottorato.unibo.it/745/1/Tesi_Carlo_Antonino.pdf.

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Abstract:
Il tema di ricerca sul Segretariato Generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri si colloca su di un terreno che potremmo definire, genericamente, giuspubblicistico, posto al confine tra il diritto costituzionale ed il diritto amministrativo. Tale visione sistematica trae fondamento alla apparente vocazione del Segretariato, di soggetto istituzionale dalla doppia attitudine: da un lato, infatti, è preposto alla traduzione - in termini strettamente operativi - dell’indirizzo politico governativo e dall’altro svolge un’attività di monitoraggio e di raccolta di informazioni generali necessarie per il migliore svolgimento dell’azione governativa. Pertanto, per l’inquadramento e l’analisi delle differenti problematiche che avvolgono l’istituto sono state recuperate, per i profili d’interesse, diverse categorie giuridiche, alcune di stampo marcatamente costituzionalistico (a titolo esemplificativo, la funzione, l’indirizzo politico, il rapporto di fiducia, la posizione costituzionale del Presidente del Consiglio, dei Ministri e del Consiglio dei Ministri, categorie cui è stata aggiunta, per alcuni aspetti, la disciplina elettorale e, in particolare, la stessa formula elettorale, suscettibile di apportare una spiccata “mobilità decisionale” tra i diversi organi di cui si compone il Governo), accostate ad altre di specifico interesse amministrativistico (il coordinamento, l’atto politico, l’atto di alta amministrazione, la direzione, le strutture in cui si dipana l’organizzazione, l’azione amministrativa, la gestione finanziaria). Lo sviluppo del tema è proposto, in via preliminare, facendo riferimento all’inquadramento generale dell’istituto, attraverso l’esame della genesi e dello sviluppo della struttura burocratica oggetto dello studio, tenendo conto della versatilità operativa, sia sul versante strutturale, sia funzionale, dimostrata nel corso degli decenni di storia costituzionale del Paese, spesso costellata da avvenimenti politici e sociali controversi e, a volte, non privi di accadimenti drammatici. La dottrina non ha dedicato specifici studi ma si è occupata dell’argomento in via incidentale, nell’ambito di trattazioni di più ampio respiro dedicate alla funzione di governo nelle sue varie “declinazioni”, legando “a doppio filo” il Segretariato Generale della Presidenza del Consiglio al Presidente del Consiglio soprattutto nella misura in cui afferma che il Segretariato è struttura meramente servente del premier di cui sembrerebbe condividerne le sorti specie con riferimento alla conformazione strutturale e funzionale direttamente collegata alla maggiore o minore espansione dei suoi poteri (reali) di coordinamento e di direzione della compagine governativa, ponendo in secondo piano le funzioni “di continuità” istituzionale e di servizio al cittadino che pure sono assolte dall’organo. Ciò premesso, si è tentato di fornire una visione generale del Segretariato nella sua dimensione ordinamentale ed operativa, attraverso la ricognizione, scomposizione e ricomposizione delle sue numerose attribuzioni per saggiare il suo reale natura giuridica. In conclusione, anche a fronte della posizione netta della giurisprudenza, si è optato per ritenere che il Segretariato generale della Presidenza del Consiglio dei ministri sia attratto tra gli organi amministrativi.
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Carlo, Antonino <1967&gt. "Il Segretariato Generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2008. http://amsdottorato.unibo.it/745/.

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Abstract:
Il tema di ricerca sul Segretariato Generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri si colloca su di un terreno che potremmo definire, genericamente, giuspubblicistico, posto al confine tra il diritto costituzionale ed il diritto amministrativo. Tale visione sistematica trae fondamento alla apparente vocazione del Segretariato, di soggetto istituzionale dalla doppia attitudine: da un lato, infatti, è preposto alla traduzione - in termini strettamente operativi - dell’indirizzo politico governativo e dall’altro svolge un’attività di monitoraggio e di raccolta di informazioni generali necessarie per il migliore svolgimento dell’azione governativa. Pertanto, per l’inquadramento e l’analisi delle differenti problematiche che avvolgono l’istituto sono state recuperate, per i profili d’interesse, diverse categorie giuridiche, alcune di stampo marcatamente costituzionalistico (a titolo esemplificativo, la funzione, l’indirizzo politico, il rapporto di fiducia, la posizione costituzionale del Presidente del Consiglio, dei Ministri e del Consiglio dei Ministri, categorie cui è stata aggiunta, per alcuni aspetti, la disciplina elettorale e, in particolare, la stessa formula elettorale, suscettibile di apportare una spiccata “mobilità decisionale” tra i diversi organi di cui si compone il Governo), accostate ad altre di specifico interesse amministrativistico (il coordinamento, l’atto politico, l’atto di alta amministrazione, la direzione, le strutture in cui si dipana l’organizzazione, l’azione amministrativa, la gestione finanziaria). Lo sviluppo del tema è proposto, in via preliminare, facendo riferimento all’inquadramento generale dell’istituto, attraverso l’esame della genesi e dello sviluppo della struttura burocratica oggetto dello studio, tenendo conto della versatilità operativa, sia sul versante strutturale, sia funzionale, dimostrata nel corso degli decenni di storia costituzionale del Paese, spesso costellata da avvenimenti politici e sociali controversi e, a volte, non privi di accadimenti drammatici. La dottrina non ha dedicato specifici studi ma si è occupata dell’argomento in via incidentale, nell’ambito di trattazioni di più ampio respiro dedicate alla funzione di governo nelle sue varie “declinazioni”, legando “a doppio filo” il Segretariato Generale della Presidenza del Consiglio al Presidente del Consiglio soprattutto nella misura in cui afferma che il Segretariato è struttura meramente servente del premier di cui sembrerebbe condividerne le sorti specie con riferimento alla conformazione strutturale e funzionale direttamente collegata alla maggiore o minore espansione dei suoi poteri (reali) di coordinamento e di direzione della compagine governativa, ponendo in secondo piano le funzioni “di continuità” istituzionale e di servizio al cittadino che pure sono assolte dall’organo. Ciò premesso, si è tentato di fornire una visione generale del Segretariato nella sua dimensione ordinamentale ed operativa, attraverso la ricognizione, scomposizione e ricomposizione delle sue numerose attribuzioni per saggiare il suo reale natura giuridica. In conclusione, anche a fronte della posizione netta della giurisprudenza, si è optato per ritenere che il Segretariato generale della Presidenza del Consiglio dei ministri sia attratto tra gli organi amministrativi.
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Books on the topic "TEORIA GENERALE DEL DIRITTO"

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Bobbio, Norberto. Teoria generale del diritto. Torino: G. Giappichelli, 1993.

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Costanzo, Angelo. Teoria generale del diritto: Regole, casi, teorie. Torino: G. Giappichelli, 1998.

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3

Modugno, Franco. Appunti per una teoria generale del diritto: La teoria del diritto oggettivo. 3rd ed. Torino: G. Giappichelli Editore, 2000.

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4

Modugno, Franco. Appunti per una teoria generale del diritto: La teoria del diritto oggettivo. Torino: Giappichelli, 1988.

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5

Jori, Mario. Manuale di teoria generale del diritto. 2nd ed. Torino: G. Giappichelli, 1995.

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6

Waldstein, Wolfgang. Teoria generale del diritto: Dall'antichità ad oggi. Roma: Pontificia università lateranense, 2001.

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7

Voci di teoria generale del diritto: Prolegomeni a una dottrina del diritto, accertamento, apparenza ... 3rd ed. Milano: Giuffrè, 1985.

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8

Mela, Agostino. Il concetto di possesso: Un'indagine di teoria generale del diritto. Torino: G. Giappichelli, 1993.

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9

Falzea, Angelo. Ricerche di teoria generale del diritto e di dogmatica giuridica. Milano: Giuffrè, 1997.

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10

Pagallo, Ugo. Testi e contesti dell'ordinamento giuridico: Sei studi di teoria generale del diritto. 2nd ed. Padova: CEDAM, 1999.

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Book chapters on the topic "TEORIA GENERALE DEL DIRITTO"

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Barba, Vincenzo. "La teoria tridimensionale del diritto." In Il diritto come libertà, 7–26. Quodlibet, 2022. http://dx.doi.org/10.2307/j.ctv2sbm7rm.3.

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Guastini, Riccardo. "LA TEORIA DEL DIRITTO DEL «GIOVANE» BULYGIN." In Eugenio Bulygin en la Teoría del Derecho contemporánea, 179–210. Marcial Pons, ediciones jurídicas y sociales, 2022. http://dx.doi.org/10.2307/j.ctv37xg1t8.12.

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3

Civello, Gabriele. "Il principio del sibi imputet nella teoria del reato: l’auto-responsabilità nel prisma della tipicità penale." In Diritto penale e autoresponsabilità, 143–56. Nomos Verlagsgesellschaft mbH & Co. KG, 2020. http://dx.doi.org/10.5771/9783748924074-143.

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