Academic literature on the topic 'Teoria del testo poetico'

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Journal articles on the topic "Teoria del testo poetico"

1

Soranzo, Matteo. "Giovanni Gioviano Pontano (1429–1503) on Astrology and Poetic Authority." Aries 11, no. 1 (2011): 23–52. http://dx.doi.org/10.1163/156798911x546161.

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Abstract:
AbstractL'articolo esamina per quale ragione Giovanni Gioviano Pontano (1429–1503) ha spiegato in termini di causalità astrologica l'origine della sua autorità poetica, con lo scopo di illustrare un elemento di continuità tra Medioevo e Umanesimo. I testi presi in esame sono il poema Urania (scritto nel 1475–1494; stampato nel 1505), il dialogo Actius (scritto nel 1495–1499; stampato nel 1507), il commento al Centiloquio pseudotolemaico (scritto nel 1477; stampato nel 1512) e il trattato De Rebus Coelestibus (scritto nel 1475–1495; stampato nel 1512). Si sostiene che l'approccio astrologico all'autorità poetica di Pontano deriva dalla sua interpretazione del primo aforisma del Centiloquio, e che questa scelta era dettata dal tentativo di mettere in questione la teoria del furor poetico di Marsilio Ficino, le cui opere stavano diventando sempre più diffuse nel contesto della Napoli Aragonese alla fine del Quattrocento.
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2

Loreto, Paola. "«Inglesizzare» Dante: tre traduzioni recenti dell'Inferno da parte dei poeti americani." ACME 74, no. 2 (September 14, 2022): 181–95. http://dx.doi.org/10.54103/2282-0035/18667.

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Abstract:
Il saggio mette a confronto tre fra le traduzioni più importanti della Commedia curate da poeti americani negli anni 2000, prendendo in analisi le loro strategie e tecniche traduttive e i conseguenti risultati estetici. La base del confronto sono le intenzioni traduttive dichiarate dai poeti-traduttori, il modo in cui hanno cercato di porle in pratica, e l’interpretazione dei loro risultati alla luce della teoria dei translation studies recente. Le idee di Lawrence Venuti sulle «versioni dei poeti» e su come leggere una traduzione, specialmente in un contesto di world literature, sono risultate particolarmente utili nel caso dei tentativi di questi poeti-traduttori di riscrivere un testo poetico autonomo, e di trasportare la complessità della poesia di Dante, potentemente padroneggiata, attraverso due tradizioni letterarie diverse.
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3

Versace, Stefano. "Decifrare il Madrigale di Leopardi." ENTHYMEMA, no. 29 (July 15, 2022): 1–15. http://dx.doi.org/10.54103/2037-2426/18307.

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Abstract:
Il saggio indaga una lirica di Leopardi, il Madrigale, inedita in vita, e ritrovata su un’unico foglio tra gli autografi delle carte napoletane. La breve lirica appare in due versioni, con alcuni versi varianti riportati in fondo all’autografo. Se dal punto di vista filologico è evidente che la versione posteriore sia la seconda, non è chiaro cosa esattamente la distingua dalla prima. Il mio argomento è che i testi del Madrigale sono distinti per alcune strutture poetiche (lo schema del fraseggio prosodico, la struttura metrica di un verso variante, e la distribuzione dei pronomi personali nel testo), che sono definite solo nella seconda versione. Dopo aver proposto un’analisi di queste strutture nel Madrigale, discuto criticamente alcuni fondamenti dell’approccio strutturale al testo poetico. Di qui lascio infine emergere una lettura che connette l’analisi strutturale all’estetica sociologica, e all’antropologia letteralmente decifrando la natura di ‘Dinggedichtnegativo’ del Madrigale
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D'Agostino, Alfonso. "campagna del Henares." Carte Romanze. Rivista di Filologia e Linguistica Romanze dalle Origini al Rinascimento 10, no. 2 (December 23, 2022): 19–76. http://dx.doi.org/10.54103/2282-7447/18771.

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Abstract:
In vista di una nuova edizione del Cantar de Mio Cid, l’autore propone uno specimen dei vv. 285-294 e 404-556 dell’opera, pubblicati in una doppia edizione sinottica: un testo interpretativo e una ricostruzione critica. Il primo è fedele al manoscritto unico, limitandosi a correggere le sviste del copista; la seconda si basa sulla teoria metrica già illustrata dall’autore in altri saggi, ma fa appello anche alla tradizione indiretta, all’usus scribendi, alla conformatio textus e alla logica interna del racconto. Il testo è corredato da note filologiche.
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5

Diodato, Filomena. "La metafora tra scienze cognitive e scienze del vivente." PARADIGMI, no. 2 (August 2012): 181–92. http://dx.doi.org/10.3280/para2012-002013.

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Abstract:
L'articolo cerca di rintracciare le nuove frontiere della teoria della metafora, segnalando le sue relazioni con la seconda - e ormai terza - scienza cognitiva. Guarda inoltre alla metafora come a un momento ineliminabile del farsi della scienza, ambito nel quale il processo metaforico assume caratteristiche sui generis rispetto a quelle in opera sia nel linguaggio ordinario sia nel discorso retorico e poetico-letterario.
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6

BELMAR, ANTONIO GARCA, and JOS RAMN BERTOMEU SNCHEZ. "ATOMS IN FRENCH CHEMISTRY TEXTBOOKS DURING THE FIRST HALF OF THE NINETEENTH CENTURY:." Nuncius 19, no. 1 (2004): 77–119. http://dx.doi.org/10.1163/182539104x00034.

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Abstract:
Abstracttitle RIASSUNTO /title Gli ELMENS DE CHIMIE medicale di Mateu Orfila i Rotger (1787-1853) costituiscono una eccellente fonte storica per lo studio dell'ascesa e caduta della teoria atomica nella Francia della prima met dell'ottocento. Il libro fu ristampato otto volte fra il 1817 e il 1851; inoltre parecchie versioni ridotte furono pubblicate in inglese, spagnolo, tedesco, italiano e olandese. Vogliamo analizzare in primo luogo come la teoria atomica fu ricevuta dai libri di testo francesi appartenenti alle prime due decadi dell'ottocento. Gli atomi furono visti dagli autori francesi come strumenti pratici e non come novit teoriche. Vedremo come ci occorre nelle prime edizione dei libri di testo di Orfila e Thenard. Alla fine del 1820 nuovi metodi per il calcolo di pesi atomici furono introdotti nei libri di testo, insieme alle formule di Berzelius. Vedremo come la teoria atomica raggiunge il suo punto culminante nei libri di Orfila e Thenard tra le edizioni del 1827 e 1835. Per ultimo discuteremo perch Orfila cancell i pesi atomici della settima edizione del suo libro pubblicato nel 1843. Analizzeremo i suoi argomenti epistemologici, la sua visione della differenza fra atomi ed equivalenti, i suoi interessi per la chimica vegetale e animale e le costrizioni istituzionali (programmi ufficiali) per quello che si riferisce alla teoria atomica. Non si pu ridurre ad un solo motivo la reazione di Orfila rispetto alla teoria atomica nella decade del 1840. Lui scelse una posizione particolare fra le varie prese in quegli anni dagli autori francesi di libri di testo
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Iurlaro, Francesca. "Il testo poetico della giustizia. Alberico e Scipione Gentili leggono la Repubblica di Platone." ΠΗΓΗ/FONS 2, no. 1 (December 14, 2017): 177. http://dx.doi.org/10.20318/fons.2017.3858.

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Abstract:
Riassunto: Il presente contributo cercherà di gettare luce sulla ricezione della Repubblica di Platone (e, insieme, della Poetica di Aristotele) nel dibattito sulla poesia che in Età moderna vide protagonisti, fra gli altri, due importanti giuristi: i fratelli Alberico (1552-1608) e Scipione Gentili (1563-1616). Come giustificano questi autori l’affinità fra poesia e diritto? A quali auctoritates del passato fanno riferimento? Si mostrerà, in primo luogo, in che modo concepiscano tale rapporto; poi, attraverso quali fonti del dibattito cinquecentesco sulla poesia ne articolino gli estremi concettuali e, infine, come la lezione della Repubblica platonica possa chiarire la natura di tale dibattito, generalmente definito di matrice aristotelica piuttosto che platonica. Si vedrà come il rapporto fra poesia e diritto sia articolato, da un lato, attraverso una qualificazione dell’atto poético come analogo al procedimento retorico, proprio in aperta polemica con Platone; e dall’altro, come il rifiuto omerico espresso da Platone nella Repubblica apra una breccia ai due fratelli Gentili per affermare il primato di un altro poeta: Virgilio. Si concluderà suggerendo che l’analogia fra giustizia e poesia presente nella Repubblica costituisca una possibile chiave interpretativa del rapporto fra diritto e poesia, poiché è la presenza (non dichiarata) di un criterio platonico di giustizia a conferire validità normativa all’exemplum poetico.Parole chiave: poesia, ius gentium, retorica, Repubblica di Platone, Alberico Gentili, Scipione GentiliAbstract: The present contribution will shed light on the reception of Plato’s Republic (as well as of Aristotle’s Poetics) within the context of the early modern debate concerning poetry and poetic theory. Among the protagonists of this vivid debate, the two brothers and jurists Alberico (1552-1608) and Scipio Gentili (1563-1616) played a significant role in vindicating the existence of a strong relationship between law and poetry. In order to address this question, it has first to be assessed to which auctoritates of the past they relied upon to justify this relationship (and how they conceive of it); secondly, this article will read this phenomenon within the context of the 16th century debate concerning poetic theory. In this respect, Plato’s Republic plays a fundamental role in clarifying the conceptual stakes of such debate. In this perspective, I will argue that the relationship between law and poetry is addressed by both the Gentili brothers in terms of an analogy between poetry and rhetoric, and between rhetoric and law (in an anti-Platonic vein); on the other hand, the Gentilis seem to support Plato’s rejection of Homeric poetry in order to assess the primacy of another poet: Virgil. To conclude with, I will suggest that the parallel between poetry and justice (drawn by Plato in his Republic) might provide a possible interpretation of the relationship between law and poetry in the thoughts of Alberico and Scipio Gentili, where an implicit platonic criterion of justice seems to validate the legitimacy of the poetic exemplum.Keywords: poetry, ius gentium, rhetoric, Plato's Republic, Alberico Gentili, Scipio Gentili
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Giannacco, Valentina. "L’ideale di santità di Ildegarda di Bingen (1098-1179)." De Medio Aevo 14 (June 26, 2020): 43–52. http://dx.doi.org/10.5209/dmae.69895.

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Abstract:
L’ideale di santità di Ildegarda di Bingen emerge non soltanto dalle agiografie composte in onore di Disibodo e Ruperto, patroni dei due monasteri in cui l’agiografa visse, ma anche nella Symphonia armoniae celestium revelationum, un ciclo poetico-musicale in cui è ricostruita l’intera storia della Chiesa, dalle origini apostoliche fino alla nascita del monachesimo. Un ruolo fondamentale in questa ricostruzione è riservato a Maria e alla sua funzione materna. La Vergine ricongiunge la creazione del mondo veterotestamentaria alla rigenerazione del mondo avvenuta nel giorno dell’Incarnazione. Nel grembo di Maria e, quindi, in Cristo confluiscono tre livelli di lettura del testo del Genesi: la creazione (piano letterale), la Chiesa (piano allegorico) e il monachesimo (piano morale-tropologico). Anche Disibodo e Ruperto partecipano ai tre livelli dell’interpretazione genesiaca, ma in loro trova soprattutto spazio il piano morale. Sono, infatti, espressione dell’ascesa dell’uomo nel cammino di virtù, che ha come meta finale l’unione con Cristo.
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Story, Joanna, Judith Bunbury, Anna Candida Felici, Gabriele Fronterotta, Mario Piacentini, Chiara Nicolais, Daria Scacciatelli, Sebastiano Sciuti, and Margherita Vendittelli. "Charlemagne's black marble: the origin of the epitaph of Pope Hadrian I." Papers of the British School at Rome 73 (November 2005): 157–90. http://dx.doi.org/10.1017/s0068246200003019.

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Abstract:
IL MARMO NERO DI CARLO MAGNO: L'ORIGINE DELL'EPITAFFIO DI PAPA ADRIANO IQuesto articolo presenta nuove evidenze che identificano l'origine del marmo nero dell'epitaffio di papa Adriano I, conservato attualmente nel portico di San Pietro in Vaticano. L'epitaffio fu commissionato da Carlo Magno dopo la morte di Adriano (avvenuta il 26 dicembre del 795) ed è il più eminente esempio attualmente esistente di epigrafia carolingia. È un pezzo maestro del rinascimento carolingio. Questo articolo dimostra attraverso analisi paleontologiche, petrologiche e geochimiche che la pietra per l'epitaffio fu cavata nei pressi del flume Meuse, vicino Namur in Belgio, in un'area situata all'interno delle estese proprietà della famiglia Carolingia. Inoltre, si deduce che la pietra nera fu scelta con il consapevole intento d'imitare le espressioni classiche delle risorse imperiali, e che unitamente all'indubbia qualita dell'epigrafe e del testo poetico, la scelta del marmo può essere interpretata come una testimonianza di eredità culturale e ambizione imperiale da parte del suo patrono, che fu incoronato Imperatore in Roma nel natale dell'800, in un luogo dal quale era possibile vedere l'iscrizione, cinque anni dopo la morte di Adriano.
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Leaman, Oliver. "How to interpret the Qurʾān: a moral issue?" Doctor Virtualis, no. 17 (May 14, 2022): 213–36. http://dx.doi.org/10.54103/2035-7362/17856.

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Abstract:
Ci sono molti metodi diversi nell’interpretazione delle Scritture, e del Corano in particolare, e questi tendono a lavorare con diverse teorie del significato. Dopo tutto, la questione è cosa un particolare testo significhi effettivamente, e abbiamo bisogno di una teoria su come risolvere tali questioni, specialmente quando ci sono evidenti difficoltà nella comprensione del testo. Le argomentazioni tendono a spaziare su quale teoria del significato dia più senso al testo, o funzioni più adeguatamente come teoria del significato. Un metodo che non è stato adottato nel complesso è quello di vedere la questione almeno parzialmente come morale ed epistemologica. Dovremmo avere fiducia di poter comprendere interamente ciò che abbiamo davanti e come potremmo sapere di avere la risposta alle questioni semantiche che ogni testo porta con sé? Si potrebbe sostenere che un’etica della moderazione, dell’equilibrio e della moderazione sono importanti tecniche ermeneutiche che finora non sono state sufficientemente impiegate quando si discute su come comprendere e interpretare il Corano. There are many different approaches to interpreting scripture, and the Qurʾān in particular, and these tend to work with different theories of meaning. After all, the issue is what a particular text actually means, and we need a theory about how to resolve such questions, especially when there are apparent difficulties in understanding the text. Arguments tend to range over which theory of meaning makes most sense of the text, or works most adequately as a theory of meaning. One approach which has not been taken on the whole is to see the issue as partially at least moral and epistemological. Should we have confidence that we can understand entirely what is before us, and how would we know that we have the answer to the semantic issues that any such text brings along with it? It might be argued that an ethics of moderation, balance, and restraint are important hermeneutic techniques that up to now have not been sufficiently employed when discussing how to understand and interpret the Qurʾān.
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Dissertations / Theses on the topic "Teoria del testo poetico"

1

Marzullo, Pietro <1988&gt. "Haizi: puro talento o pura follia? La traduzione del testo poetico." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/4432.

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Abstract:
Il lavoro consiste nella traduzione e commento traduttologico, preceduti da una presentazione generale dell'autore e della sua poetica, di una raccolta di poesie del poeta Haizi. Morto suicida all'età di 25 anni, è un figura allo stesso tempo discussa e apprezzata nel panorama poetico cinese. Oltre alla traduzione delle poesie, la tesi si compone di un'analisi delle tematiche e immagini care al poeta, e tratta le varie teorie legate alla traducibilità di questa tipologia testuale.
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2

Santangelo, Giulia <1988&gt. "Il testo divulgativo medico-scientifico in Italia e in Cina: analisi, adattamento e sottotitolazione di "La teoria dei metodi diagnostici del Huang Di Nei Jing" 黄帝内经的 珍法学 e "I misteri dei cinque visceri" 五脏的奥秘 e traduzione di un capitolo di I nove tipi di costituzione 人分九种." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/4785.

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Abstract:
Il lavoro di tesi in oggetto è nato principalmente da un mio interesse personale sia nei confronti del tema, la medicina tradizionale cinese e la divulgazione medica, che nei confronti di una modalità particolare di traduzione che è di fatto la sottotitolazione. Il mio interesse per la sottotitolazione è nato già da tempo ed è stato oggetto di un mio precedente lavoro di tesi, per cui ho scelto anche in occasione di questo lavoro finale a conclusione del percorso di laurea magistrale, di seguire la stessa direzione. L’elaborato si articola in più parti legate da unico tema dominante, il testo divulgativo medico-scientifico, attraverso l’analisi di due audiovisivi tratti dalla serie di documentari ispirati al Huang Di Nei Jing intitolati “La teoria dei metodi diagnostici del Huang Di Nei Jing” e “I misteri dei cinque visceri” e un manuale divulgativo “I nove tipi di costituzione”. L’obbiettivo finale è quello di riuscire ad analizzare i tratti peculiari del testo divulgativo e vedere come e se le tipologie di testi in esame riescono a presentare dei temi e dei contenuti così ricchi a un pubblico di massa in modo comprensibile e accessibile. Lo studio è stato molto interessante perché è riuscito a mettere in luce delle analogie tra i tre prototesti in lingua cinese ma anche delle differenze, legate a vari motivi tra cui anche e spesso quelli di natura editoriale o la diversa tipologia di lettore modello o ancora la loro finalità ultima ( far conoscere aspetti della medicina tradizionale, formare ed educare sul tema ecc…). Inoltre è importante tener conto del fatto che la traduzione in lingua italiana ha dovuto sottostare ad alcune limitazioni imposte dalla tipologia testuale stessa, come nel caso del numero di caratteri per la sottotitolazione o a consuetudini editoriali specifiche del testo divulgativo medico in lingua italiana. L’elaborato presenta due capitoli introduttivi sulla storia della divulgazione in Cina e in Italia e sul rapporto tra paziente e medico che ha una forte influenza sul piano linguistico (lingua settoriale, tecnicismi collaterali), e inoltre è stato dedicato un breve capitolo introduttivo al Huang Di Nei Jing essendo l’argomento centrale dei testi cinesi. A seguire vi è il corpo della tesi costituito dai testi in lingua cinese a confronto con la traduzione in italiano dove emergono le principali scelte traduttive che verranno spiegate dettagliatamente all’interno del commmento traduttologico. Quest’ultimo è diviso in due parti a seconda delle tipologie testuali analizzate, ed è introdotto da un capitolo sull’analisi delle caratteristiche del testo divulgativo sia a livello sintattico che semantico e lessicale. Infine, è opportuno dire che varie fonti, dizionari e testi paralleli mi hanno offerto un grande contributo durante il mio lavoro; in particolare l’opera di Unschuld e la traduzione di Ilza Veith del Huang Di Nei Jing e i testi paralleli in generale sono stati in questo caso specifico molto utili insieme al supporto di dizionari quali il Ricci e il Classfied dictionary of Traditional Chinese medicine.
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3

Romanelli, Martina. "Il formicaio, il nuvolo, il caos della lingua. Francesco Algarotti critico e teorico della letteratura." Doctoral thesis, 2021. http://hdl.handle.net/2158/1238086.

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Abstract:
La ricerca prende in considerazione l’esperienza teorico-letteraria di Francesco Algarotti (Venezia, 1712 – Pisa, 1764), proponendo un’edizione di quelle opere che meglio rappresentano i tornanti obbligati di una personale riforma estetica. Si dà edizione di quattro testi, finora rimasti esclusi da un intervento che possa considerarsi realmente organico e approfondito sia in senso filologico sia ermeneutico, al punto da essere ancor oggi solo reperibili o tramite edizioni settecentesche o in ristampe di taglio antologico e prive di commento: la "Vita di Stefano Benedetto Pallavicini" (1744), le nove "Lettere di Polianzio ad Ermogene intorno alla traduzione dell’Eneide del Caro" (1745), il "Saggio sopra la rima" (1755) e la "Sinopsi di una Introduzione alla Nereidologia" (1758). Da un lato, l’approccio filologico ne evidenzia i tempi e le strategie di composizione; dall’altro, il commento illustra scritture nelle quali le scelte stilistiche e i numerosi richiami culturali sono rimodellati sulla base di un forte vincolo necessitante, orientato dall’acquisizione critica del patrimonio letterario e speculativo antico e moderno. The research takes into account the theoretical-literary experience of Francesco Algarotti (Venice, 1712 - Pisa, 1764), proposing an edition of those works that best represent the hairpin bends obliged to a personal aesthetic reform. It gives edition of four texts, hitherto excluded from an intervention that can be considered really organic and in depth both philological and hermeneutical, to the point of being still today only available either through eighteenth-century editions or in anthological reprints and without commentary: "Vita di Stefano Benedetto Pallavicini" (1744), "Lettere di Polianzio ad Ermogene intorno alla traduzione dell’Eneide del Caro" (1745), il "Saggio sopra la rima" (1755) e la "Sinopsi di una Introduzione alla Nereidologia" (1758). The philological approach highlights the timing and the composition strategies; the commentary illustrates writings in which the stylistic choices and numerous cultural references are reshaped on the basis of a strong constraint in need, oriented by the critical acquisition of ancient and modern literary and speculative heritage.
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VALENTE, LAURA. "GREGORIO NAZIANZENO Eij" ejpiskovpou" [carm. II,1,13. II,1,10] Introduzione, testo critico, commento e appendici." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251619.

Full text
Abstract:
Invitato a Costantinopoli da una delegazione nicena, che ne chiedeva l’intervento a sostegno della comunità ortodossa locale, Gregorio di Nazianzo accantonò il desiderio di dedicarsi alla vita contemplativa e si recò nella Neja ÔRwvmh: non poteva certo immaginare che negli anni trascorsi nella capitale (dagli inizi del 379 al luglio del 381) avrebbe conosciuto, a distanza di breve tempo, l’apice e il fallimento della sua attività politico-ecclestiastica. Alla guida di un piccolo gruppo di fedeli, radunati in una sala udienze privata ribattezzata Anastasia, Gregorio esercitò con impegno i suoi doveri pastorali, spendendosi soprattutto nella lotta dottrinale contro l’eresia ariana. L’elezione come vescovo della città, avvenuta per volere dell’imperatore Teodosio, rappresentò il riconoscimento dei meriti del Cappadoce nella restaurazione e nel consolidamento dell’ortodossia nicena, ma, allo stesso tempo, aprì la strada a una stagione tutt’altro che scevra di asprezze, destinata a lasciare amari ricordi nel cuore dell’autore. Chiamato a presiedere il concilio episcopale del 381, indetto con l’obiettivo di risolvere lo scisma antiocheno e condannare le eresie del tempo, il Nazianzeno sperimentò sulla propria i conflitti interni ed i giochi di potere cui si era ridotto l’episcopato. Alla malattia, che debilitò il fisico dell’autore e ne ostacolò la partecipazione a svariate attività pubbliche, si aggiunse l’ostilità dei colleghi, in particolare di alcuni vescovi egiziani, che contestarono la legittimità della sua elezione sul seggio di Costantinopoli, in quanto già vescovo nella sede di Sasima. Stanco e malato, amareggiato dai continui scontri e dall’ennesimo attacco subito dagli avversari, Gregorio decise di farsi da parte e, rassegnate le dimissioni dalla cattedra episcopale, lasciò Costantinopoli, senza neppure aspettare la conclusione del sinodo. Nella natia Cappadocia, lontano fisicamente dal clima tumultuoso e dai dispiaceri della capitale, ma turbato dalle calunnie e dalle ingiustizie subite da coloro che riteneva amici, il Nazianzeno sfogò le proprie delusioni nella scrittura poetica. All’esperienza costantinopolitana e in particolare al contesto delle dimissioni dalla cattedra vescovile fanno riferimento i carmi oggetto di questa tesi di dottorato: II,1,10 (Ai sacerdoti di Costantinopoli e alla città stessa) e II,1,13 (Ai vescovi), rispettivamente di 18 distici elegiaci e 217 esametri. In essi si intrecciano più suggestioni: la meditazione e il riecheggiamento interiore degli eventi che hanno coinvolto l’autore, la difesa del suo operato, ma soprattutto la violenta invettiva contro i vescovi, scaturita non solo dal risentimento per le vicende personali, ma dallo sdegno dell’autore per la corruzione morale e l’impreparazione della gerarchia ecclesiastica. La tesi di dottorato si apre con una bibliografia ricca e aggiornata degli studi concernenti il Cappadoce; in essa sono indicati i diversi contributi, cui si fa riferimento nel mio lavoro. Segue un’ampia introduzione che presenta i carmi sotto molteplici aspetti. Dal momento che l’invettiva contro i vescovi costituisce l’argomento principale di entrambi i componimenti, ho approfondito innanzitutto questo aspetto, ripercorrendone le testimonianze nell’esperienza biografica e nell’opera letteraria dell’autore: da quanto emerso, la polemica contro la gerarchia ecclesiastica raggiunge certamente il suo apice negli eventi costantinopolitani, ma non va ad essi circoscritta, dal momento che se ne ha traccia anche negli scritti gregoriani riconducibili ai primi anni del sacerdozio e al periodo successivo al ritorno a Nazianzo. Si è cercato poi di stabilire la data di composizione dei carmi in analisi, che, dati i contenuti, furono sicuramente scritti dall’autore nel periodo di ritorno in patria, fase in cui gli studiosi collocano buona parte della produzione poetica del Cappadoce. Più precisamente ho individuato il terminus post quem nel luglio del 381, mese in cui la cattedra costantinopolitana lasciata vacante dal Nazianzeno fu affidata a Nettario: in entrambi i testi, infatti, si fa riferimento a questo personaggio, sebbene non sia menzionato esplicitamente. Segue un’analisi dettagliata della struttura compositiva e delle tematiche dei carmi, nella quale si mostra come, pur nella loro diversità, le due poesie presentino moltissime consonanze e parallelismi a livello strutturale, in particolare nella parte incipitaria, in cui si registra la condivisione dello stesso verso iniziale, e nella sezione conclusiva. Sempre nell’introduzione è affrontato lo studio della tradizione manoscritta e dei rapporti tra i codici: i carmi in oggetto risultano attestati in 34 manoscritti (di cui 17 fondamentali per la costituzione del testo) databili dall’XI al XVI secolo e riconducibili alle raccolte antiche Σ e Δ, nei quali sono traditi sempre uno di seguito all’altro: nello specifico II,1,13 precede immediatamente II,1,10. La parte centrale della tesi è costituita dal testo critico di ciascun carme, seguito da traduzione e commento. La tesi costituisce il primo lavoro di questo tipo per il carme II,1,13; II,1,10 è stato invece oggetto di studio di due recenti edizioni: quella dei primi undici poemata de seipso del Nazianzeno curata da Tuilier - Bady - Bernardi per LesBL ed edita nel 2004 e un’edizione commentata di Simelidis, pubblicata nel 2009. Suddetti lavori non hanno rappresentato un ostacolo al progetto. Nessuno di essi infatti ha previsto lo studio simultaneo dei due testi poetici, che, a mio giudizio, non possono essere compresi a fondo se svincolati l’uno dall’altro; non sono risultati immuni da pecche sotto il profilo della critica testuale; il commento è assente nell’edizione francese, scarno e non sempre condivisibile in quella del Simelidis. La tesi è infine corredata da tre appendici che permettono di seguire la fortuna dei componimenti poetici. La prima di esse è dedicata al Commentario di Cosma di Gerusalemme ai Carmi del Nazianzeno, collocato tra la fine del VII e inizio l’VIII secolo. Il commentario, tradito da un unico manoscritto, il Vaticanus graecus 1260 del XII secolo, ha visto la sua editio princeps nel 1839 a cura del cardinale Angelo Mai nel secondo volume del suo Spicilegium Romanum, ristampata con lievi modifiche nel volume 38 della Patrologia Graeca. Una più recente edizione è stata curata da Lozza nel 2000. Nell’opera di Cosma vengono analizzati trentaquattro versi di carme II,1,13 e due di carme II,1,10; l’ampiezza delle citazioni va da un minimo di un verso a un massimo di 5. Segue un’appendice dedicata alle parafrasi bizantine, che in alcuni manoscritti contenenti i carmi, accompagnano il testo poetico. Tali spiegazioni in prosa, composte in un momento non precisabile della trasmissione dell’opera gregoriana, sono anonime, di diverso livello letterario e da intendere come un testo in continua evoluzione, oggetto di modifiche da parte di ciascun copista. Nel caso dei testi in oggetto le parafrasi trasmesse sono tre, chiamate, sulla scia di studi precedenti, Paraphr. 1, Paraphr. 2, Paraphr. 3 e delle quali la tesi fornisce l’editio princeps. L’ultima appendice è costituita dalla traduzione latina dei carmi di Giacomo Oliva da Cremona, redatta nella seconda metà del XVI secolo per incarico del Cardinal Guglielmo Sirleto e testimonianza del grande interesse per il Cappadoce in questo periodo storico. Il lavoro dell’Oliva, rimasta inedito per la morte del committente e probabilmente anche per il suo scarso valore letterario, è trasmesso da due manoscritti autografi, il Vaticanus Barberinianus lat. 636 (B) e il Vaticanus lat. 6170 (V) e trova nella tesi la sua editio princeps.
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5

SERPETTA, MARIA GIULIA. "La Regola per ben confessarsi di Giacomo della Marca: edizione e commento linguistico." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251618.

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Abstract:
Tutta le ricerche riguardanti la confessione prendono avvio – e non potrebbe che essere così – dal Concilio Lateranense IV del 1215 e in particolare dalla disposizione 21, meglio nota con il suo incipit Omnis utriusque sexus. È per far fronte all’adempimento di tale disposizione (che prescrive l’obbligatorietà annuale alla confessione per tutti i fedeli di entrambi i sessi, come il testo ci dice) che si sviluppa una letteratura finalizzata a istruire sia i sacerdoti (al tempo impreparati a svolgere il ruolo di confessori), sia i penitenti. Questi manuali si moltiplicano con l’avvento della stampa a caratteri mobili; in particolare si sviluppa il genere delle confessioni generali: opuscoli di poche pagine in cui si fornisce al penitente una guida all’esame di coscienza attraverso un particolareggiato elenco di peccati. A questo filone appartiene la Regola per ben confessarsi di Giacomo della Marca, sicuramente uno dei predicatori più noti dell’Osservanza francescana. Il confessionale, scritto sia in latino (con il titolo di De confessione) che in volgare, è un’opera molto nota e diffusa. Viene presentato un elenco di tutti i peccati possibili, organizzati secondo un’ampia varietà di griglie concettuali: i dodici articoli della fede; i sette vizi capitali; i dieci comandamenti; i cinque sensi corporali; i sette sacramenti; le sette opere della misericordia corporale e spirituale; le tre virtù teologali e i doni dello Spirito Santo, ecc. L’importanza e la diffusione del testo sono testimoniate dalle otto edizioni a stampa segnalate tra il 1465 e il 1550 (cfr. Jacobson Schutte 1983: 208-209). Sono censiti anche tre manoscritti: il codice 33, posseduto dalla Biblioteca francescana e picena di Falconara Marittima; il Ricc. 341, presente presso la Biblioteca Riccardiana di Firenze e il manoscritto 2806, conservato presso la Biblioteca Augusta di Perugia. Nonostante ciò il testo non è stato oggetto di uno studio critico approfondito. Per tale motivo, il mio lavoro si è posto l’obiettivo di approntare l’edizione del testo di uno dei maggiori rappresentanti del francescanesimo marchigiano, fornendo un ulteriore tassello per lo studio di quel settore della letteratura penitenziale costituito dai confessionali. La collazione dei manoscritti e delle stampe ha rivelato la complessa situazione testuale: gli esemplari non derivano tutti dallo stesso originale ma sono copie di testi diversi. Nell’impossibilità, quindi, di ricostruire validamente la volontà d’autore, ho scelto di riportare in edizione il testo della Biblioteca di Falconara, ritenendo che questo codice rappresenti il bon manuscrit perché lo considero portatore del testo ‘reale’, circolato al suo tempo; questo esemplare, infatti, ha un nucleo comune a tutti, presente in una forma né troppo stringata né troppo estesa. Nella seconda parte del mio lavoro, il testo è stato oggetto di un commento linguistico basato sulla veste fonetica, morfologica e sintattica, in primo luogo; successivamente mi sono concentrata su un’analisi di tipo pragmatico-testuale, fondata sulla teoria delle tradizioni discorsive, così come è stata elaborata in ambito tedesco. Lo scopo della mia ricerca è stato quindi quello di rendere nota una delle opere che maggiormente si inscrive nel clima religioso Quattrocentesco e di evidenziare se i suoi caratteri linguistici, confrontati con opere appartenenti allo stesso genere, possano codificare una vera e propria tradizione discorsiva.
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Books on the topic "Teoria del testo poetico"

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La traduzione del testo poetico. Milano: Marcos y Marcos, 2004.

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Franco, Buffoni, ed. La Traduzione del testo poetico. Milano: Guerini, 1989.

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Turi, Nicola, ed. Ecosistemi letterari. Florence: Firenze University Press, 2016. http://dx.doi.org/10.36253/978-88-6655-993-1.

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Abstract:
Cosa ci dice il crescente interesse della critica letteraria per la rappresentazione della natura e per le sue implicazioni etiche? In quali pieghe del discorso narrativo, poetico o cinematografico si collocano le manifestazioni di una sensibilità continuamente rinnovata per le contraddizioni del progresso, per la precaria convivenza tra agenti umani, animali e vegetali? E che tipo di relazioni può instaurare con l’ecocritica la semantica dei luoghi e dei paesaggi che si spiega in un mondo di finzione? Sedici saggi sospesi tra analisi del ‘testo’ e teoria della critica, sollecitati e raccolti da Nicola Turi, tentano di rispondere a questi e altri interrogativi che investono la funzione e gli orientamenti della critica contemporanea, la sua capacità di restituire le forme del linguaggio artistico, e insieme la sua ricorrente tentazione di confrontarsi, come direbbe la Bradamante di Calvino, con «la vita dietro che spinge e scompiglia tutti i fogli del libro».
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Bue, Salvatore Lo. L' arpa eolia: Teoria del principio poetico. Genova: Marietti, 1991.

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5

Modelli psicanalitici e teoria del testo. Milano: Feltrinelli, 1987.

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6

Semiosi: Teoria ed ermeneutica del testo letterario. Bologna: Il Mulino, 1988.

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7

Panosetti, Daniela. Semiotica del testo letterario: Teoria e analisi. Roma: Carocci editore, 2015.

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8

"Lingua mortal non dice": Guida alla lettura del testo poetico. Roma: Carocci editore, 2020.

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9

Letteratura come produzione: Teoria e analisi del testo. Napoli: Guida, 2010.

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10

Barbieri, Daniele. Nel corso del testo: Una teoria della tensione e del ritmo. Milano: Bompiani, 2004.

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Book chapters on the topic "Teoria del testo poetico"

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"99. NOTE PER UNA TEORIA DEL TESTO PITTORICO." In Semiotic Theory and Practice, Volume 1+2, 981–92. De Gruyter Mouton, 1988. http://dx.doi.org/10.1515/9783110868883-099.

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